I fratelli Jindai

Giocata introduttiva per Ryosuke e Kogen Jindai

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  1. Bartok
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    Il Peccato Originale

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    La giornata era iniziata esattamente come tutte le altre, ma in meno di ventiquattro ore la mia vita sarebbe cambiata per sempre. Mentre come ogni mattina prima di quella stavo facendo colazione insieme a mio padre e mio fratello, non potevo immaginarmi che cosa sarebbe successo. O meglio, che cosa Ryosuke aveva in mente di organizzare. Non avevo notato niente di strano né nel suo comportamento, né in quello di Satoshi. Forse Ryosuke mi era parso un po' più eccitato del solito, però non avevo attribuito a quel sentimento la giusta importanza. D'altronde, il giorno dopo sarebbe stato il nostro diciottesimo compleanno, mi sembrava normale che fosse un po' agitato. Mi dissi che probabilmente aveva preparato una qualche sorpresa per festeggiare. Ryosuke si preoccupavamo molto per me, cercava sempre di rendermi felice, quindi mi era sembrata l'ipotesi più plausibile. Spesso mi domando cosa sarebbe successo se avessi realizzato ciò che si agitava nei suoi pensieri. Avrei cercato di cambiare qualcosa? L'avrei fermato? Oppure avrei fatto finta di niente, ripetendo tutte le azioni alla stessa maniera?

    Appena avemmo finito di mangiare, lasciai mio fratello e mio padre per andare a lavorare. Uno degli abitanti del paese vicino al nostro mi aveva offerto dei soldi per aiutarlo a preparare le scorte di legno per l'inverno. Avevo subito accettato, poiché eravamo a corto di denaro. Stavamo spendendo un sacco per cercare di impaperare l'arte ninja. Non c'erano grandi villaggi o accademie dove eravamo nati, quindi c eravamo sempre arrangiati con quel poco che riuscivamo a recuperare. Rotoli e equipaggiamento di scarsa qualità non erano difficile da reperire sul mercato e ogni tanto riuscivamo a farci dare qualche lezione dagli shinobi che passavano di lì, ma tutto ciò non era sufficiente a sviluppare pienamente le nostre capacità. Ci serviva di più. Più soldi, più materiale, più informazioni, più insegnanti decenti. Per questa ragione io e mio fratello ci spaccavamo la schiena ogni santo giorno. Pensavamo che in quel modo saremmo riusciti a sfuggire dal paese e avevamo intenzione di farlo al più presto.

    Dopo una giornata passata ad accatastare tronchi e ad abbattere alberi, tornai a casa completamente esausto. L'abete vicino alla nostra abitazione era crollato, distruggendo parte dell'edificio. Appena vidi cosa era successo, mi precipitai all'interno per verificare che non fosse successo niente a Ryosuke. Lo trovai a terra, ricoperto di lividi. Non era rimasto ferito nell'incidente, ma quel figlio di puttana l'aveva pestato per bene. Probabilmente l'aveva incolpato di quanto era successo e aveva deciso di punirlo con un sacco di legnate. Ero incazzato, ma non c'era niente che potessi fare. Mi sentivo impotente e quindi frustrato. Repressi quei sentimenti poiché sapevo che non mi avrebbero aiutato. Dovevo guardare al futuro e alle possibilità che ci stavano difronte. Dovevo resistere alla tentazione di prendere a pugni Satoshi, perché non avrebbe fatto altro che renderlo più furioso. Andai in bagno a prendere il necessario per medicarlo, poi lo aiutai a mettersi a letto. Non preoccuparti. Dissi, mentre gli spalmavo un unguento sulle tumefazioni. Presto ce ne andremo da qui. E troveremo anche mamma. Questo non glielo dissi. Lui odiava nostra madre, ma io non avevo mai smesso di cercarla. Non mi ero mai arreso all'idea che non l'avremmo mai più rivista.

    Il resto della serata si svolse in maniera molto più tranquilla. Avevo preparato la cena ed ero andato a portarla anche a Ryosuke, che però non riuscì a mangiare. Sapevo che non avrebbe retto ad una giornata di lavoro a stomaco vuoto, quindi ne conservai un po' per il giorno seguente. Sbrigate le ultime faccende, mi coricai, del tutto ignaro di quello che gli Dei avevano in serbo per me.

    Non mi ero addormentato da molto, quando sentì la voce di mio fratello sussurrarmi all'orecchio. Ryosuke, sono stanco morto. Mi farai domani gli auguri. Ora voglio dormire. Protestai, mentre ancora non avevo aperto gli occhi. Un regalo? Sentendo quella parola decisi di svegliarmi. Non volevo trattarlo male. Pensavo che dovesse essersi impegnato molto per prepararmi quella sorpresa, quindi non era giusto che lo ignorassi così. Mi misi a sedere sul divano, mi stropicciai gli occhi con entrambe le mani e infine presi coscienza di quanto stava succedendo. Scattai in piedi come una molla, sconvolto da quanto avevo appena visto. Sentivo il cuore battermi all'impazzata nel petto, mentre l'adrenalina entrava in circolo. Cosa cazzo vuoi fare Ryosuke? Non fare il coglione e lascialo andare. Esclamai senza ottenere la risposta che volevo. Mio fratello proseguì il suo insensato discorso invitandomi a parlare con Satoshi. Lo guardai negli occhi e vidi una gran paura, ma anche una rabbia infinita. Se l'avesse liberato subito, ci avrebbe sicuramente massacrato di botte. Dai, Ryosuke lo stai solo facendo incazzare. Smettila con questa scemata. Anche se era l'unica persona al mondo a cui tenevo, non condividevo affatto quella scelta e trovato irritanti le espressioni altisonanti che utilizzava. Ovviamente, anche questa volta la mia supplica venne totalmente ignorata. Anzi, Ryosuke proseguì i suoi discorsi stralunati, mentre nostro padre si agitava legato alla sedia. Non dire stronzate, Ryosuke. Non puoi ucciderlo! È comunque nostro papà! Non credevo l'avesse fatto, ma ero comunque terrorizzato. Anche io volevo punirlo, anche io volevo essere libero, ma non così. Non era giusto quello che stava facendo. Forse avrei dovuto fermarlo, ma quella notte il terrore per le conseguenze di quel gesto e l'ansia del momento mi tenevano bloccato lì, immobile difronte al divano. Poi Ryosuke varcò la linea di non ritorno. Vidi il Kunai attraversare l'aria, uno squarcio rosso si aprì sull'addome di Satoshi. Un'espressione attonita comparve sul mio volto, mentre l'emozione aveva preso il sopravvento, privandomi anche della capacità di ragionare. Sapevo che dovevo fare qualcosa, ma non sapevo cosa. Dovevo fermare Ryosuke? Soccorrere nostro padre? Tentare di fermare l'emorragia? Chiamare aiuto? Il mio corpo e la mia mente erano completamente paralizzati. L'urlo che uscì dalla sua gola, come un tuono cancellò qualsiasi altro pensiero dalla mia testa, riportandomi alla realtà. Nessuno al mondo contava più di Ryosuke per me. Non potevo tradirlo. Dovevo aiutarlo. Dovevo proteggerlo. Lui aveva la precedenza. Afferrai il mio cappellino e il suo braccio destro. Lo strattonai e mi misi a correre. Dovevamo scappare al più presto. Presto le guardie sarebbero arrivate. Ci precipitammo verso l'uscita e una volta raggiunto l'esterno, mi diressi a nord, verso il bosco che circondava la nostra abitazione. Presi quella decisione istintivamente, non c'era tempo per ragionare. Dovevamo allontanarci il più possibile. Dovevamo sparire prima che qualcuno scoprisse ciò che Ryosuke aveva fatto. Ciò che avevamo fatto. Perché ormai ero consapevole di essere suo complice. La cosa non mi turbava. Avrei seguito mio fratello fino in capo al mondo, però ora dovevano correre. Correre senza guardarci indietro, fino a che non saremmo stati abbastanza lontani. Lontani da Kusa, dal luogo in cui eravamo nati e lontani da nostro padre.
     
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