Il fabbro e la veggente

free tra Shu e Cube

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  1. ~Cube
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    Il Fiore Lupo

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    Ritorno a Casa.



    Quando consegnai il tirapugni a Dong rimasi nel più completo silenzio in attesa del giudizio del fabbro, così tenuto in considerazione dall'Accademia. Il mio maestro osservò con attenzione il prodotto, da varie angolazioni, e testando anche la sua resistenza battendolo contro l'incudine. Poi, ad un certo punto, mi fissò e annui in segno di soddisfazione.

    -Bel lavoro Kato. Onestamente non avrei pensato che saresti riuscito ad ottenere così buoni risultati in così poco tempo. E' chiaro che alle tue spalle hai già molta esperienza. Ti ho insegnato le basi, ora tocca a te costruirti un tuo metodo- furono le parole telegrafiche del marito della veggente. Scrollai la testa, realizzai che più di così non sarei stato in grado di fare e Dong lo sapeva. Avevo dato il massimo e non potevo di certo lamentarmi di quello che avevo appreso in quelle ore di duro lavoro, la mia risposta fu tardiva poiché dettata un po' dal bisogno di raccogliere l'aria e tirare il fiato prima di parlare, vista la fatica che stavo poco a poco stemperando:-La ringrazio Dong-sensei. E le prometto che farò tesoro dei suoi consigli.-

    Così, con quelle parole, gli insegnamenti di Dong terminarono e mi rivestii subito. Giusto il tempo di indossare la maglia che rientrammo in casa. Senza fermarci uscimmo nuovamente, questa volta dalla parte dell'ingresso e fu in quel momento che notai il mio compagno alle prese con la sorta di allenamento imposto dalla vecchiaccia preveggente. Non lo stavo invidiando, sapevo cosa stavano facendo tuttavia era un qualcosa assolutamente al di fuori delle mie conoscenze e compotenze e dunque mi limitai ad osservare, alla stessa maniera di Dong.

    Shu, non che ci fossero dubbi visto il suo grado, riuscì nel compito e la signora Sun si complimentò con il ragazzo. Annuii verso il Chunin, in segno di riconoscimento. E così anche “l'allenamento” di Shu terminò. Realizzai in quel momento che non rimaneva che partire alla volta del Paese del Ferro.

    Il viaggio ebbe inizio il giorno seguente, alle luci dell'alba. Partimmo, lasciandoci dietro una casa praticamente svuotata. Dove mobili, libri e arredamenti erano stati tutti imposti e relegati all'interno dei rotoli di richiamo. Durante il tragitto non fui di parola, del resto non era il mio carattere. Tuttavia Shu, un po' per spezzare la monotonia del viaggio, prese a parlarmi. Ascoltai con attenzione e la domande che mi pose andò a scuotermi leggermente. Mi stava chiedendo qualcosa che avevo appena superato. Un evento, in pratica, che mi aveva cambiato. Decisi che mi sarei limitato sul vago. Senza entrare troppo nel merito della questione, che del resto rimaneva personale.

    -Shinichi? Un tuo allievo? Perdonami, se me lo avevi detto non l'avevo capito. In ogni caso mi lasci alquanto sorpreso. Ho visto che cosa è in grado di fare Shinici e se tu sei il Maestro... bhé meriti il mio massimo rispetto.- erano parole sincere, non potevo nulla contro la forza e abilità di Shinichi – in ogni caso per dirti in breve è successo un casino immenso. In pratica mi sono ritrovato nel Anarouch ad affrontare una sorta di combattimento in Arena. Non per mia volontà, ma per obbligo di Shinichi stesso e un suo caro amico. Con il susseguirsi degli eventi il suo caro amico è diventato il mio Sensei e la notte dei festeggiamenti, perché abbiamo vinto poi all'Arena, è spirato...- mi fermai con il discorso, la voce leggermente rotta dall'emozione -...Tutto questo pochi giorni fa purtroppo. Mi sento di dire che Shinichi ha pianto terribilmente la scomparsa del suo amico Daichi Yotsuki.- attesi qualche secondo -Te invece? Mi sembri così diverso da Shinichi... eppure sento che qualcosa che vi unisce. Cosa ti ha spinto a prenderlo come allievo?- attesi la sua risposta per poi proseguire con la parte finale del mio discorso:- Per quanto riguarda invece l'Amministratore, non ho problemi a dirlo, probabilmente hai più informazioni te di me. Ho avuto modo di parlaci solo in pochissime occasioni e per pochi minuti. Ecco, mi sento di dire che lui sa che esisto, ma niente di più.-
     
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