All'apice della radice

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  1. Waket
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    I - Non fidarsi degli sconosciuti



    Un classico. Nel momento in cui scesero nel presunto quartier generale, il grassone attirò i vari dipendenti, armati fino ai denti, che lavoravano là sotto. Inutile dire che, se Shin non avesse fatto nulla, Hebiko gli avrebbe tagliato la gola senza ripensamenti, lasciandolo morire soffocato nel suo stesso sangue, prima di mettersi in posizione preparandosi a difendersi in ogni modo che conoscesse.

    Mi hanno fregata di nuovo. Stupida! Non lascerò più ostaggi in vita!

    Sciolse la trasformazione, ritenendola ormai inutilmente ingombrante, mettendosi leggermente più davanti rispetto al genin di Konoha. Era un suo collega, bisognava fidarsi dei compagni shinobi, ed aveva avuto modo di capire che lui fosse attualmente più debole di lei, perciò lo stava istintivamente difendendo. Qualche attimo prima che scattasse verso il nemico più vicino, una grossa esplosione li colse alla sprovvista, sfondando il soffitto e sotterrando tutti i potenziali avversari. Vipera fissò con aria sconvolta la chioma rossastra che sbucava dal polverone alzato dalle macerie, fissandolo con l’aria di chi non sapeva bene se ringraziare per l’essere arrivato al momento giusto nel posto giusto, o se sputargli l’acido che gli era rimasto poiché aveva appena dimostrato di poter risolvere da solo la missione. Optò per un silenzio imbarazzante, mentre, ancora in posizione di guardia, lo fissava raccogliere avidamente tutte le fisch che trovava, minuziosamente e senza lasciarne nemmeno una nascosta tra le macerie.
    Lo sguardo della vipera era indescrivibile: non appena si riprese dallo pseudo shock, lanciò tutti i suoi kunai, uno detro l’altro, verso il sunese, che li evitò senza il minimo sforzo. Ad ogni kunai corrispondeva una parola, con diverse alterazioni di voce:

    -Stupido! Sunese! Lercio! Sfruttatore! Io ti ammazzo!! Non mi importa come! Ti strappo la gola a MORSI! MI HAI SENTITO?!

    Ma nulla, come se niente fosse il rosso finì il suo discorso, sparendo poi dalla scena del crimine con velocità inaudita. Hebiko tremava per la rabbia, indecisa su chi o cosa sfogarsi. Ma il destino aveva deciso di piazzarle davanti un nemico intoccabile.
    Un’enorme figura coprì la poca luce che era rimasta, facendo ombra sui due piccoli genin (e nel caso di Hebiko piccolissima, dai suoi 160 cm), che, fissando Shin, fece una sua supposizione.

    ...Tu hai chiamato CHI?

    Le sottilissime pupille della vipera fissarono il suo compare improvvisato, con uno sguardo che non prometteva assolutamente nulla di buono. Lui, il suo compagno shinobi, che fino a quel momento sembrava averla aiutata durante quella bizzarra serata, che aveva accettato la missione del sunese assieme a lei e che pareva l’avessero svolta con successo, colui del quale avrebbe dovuto fidarsi ciecamente, le aveva invece teso una trappola, chiamando l’Hokage in persona.

    La prossima volta che ti incontro sei morto.

    Una promessa? Certo, una frase del genere detta ad un konohaniano davanti all’Hokage stesso non era poi una gran genialata. Con un ultimo e disperato scatto, tentò di raggiungere l’unica via di fuga, venendo bloccata dalle possenti mani del Kage senza troppa delicatezza.

    Lasciami!! Tu non sai chi sono!!

    Forse sfruttare il suo essere la segretaria dell’amministratore rischiava di essere una pessima idea. Se l’Hokage avesse voluto tenerla in ostaggio per ricattare Febh? Certo, lui probabilmente l’avrebbe lasciata lì godendosi la sua ritrovata libertà. Non era sicura quanto valesse la pena rischiare, ma il sentirsi in trappola la faceva agire d’istinto e senza controllo, tanto che finì col vomitare dell’acido per via dello stress.

    ...Sniff. Scusate.

    Lo sfogo le permise di calmarsi per un istante, fissando Shin con rabbia quando quella montagna d’uomo chiese spiegazioni.

    Stupido sunese.

    Sarebbe toccato a Shin l’onere del raccontare la vicenda. Hebiko preferì restare in silenzio, se avesse detto una frase sbagliata avrebbe potuto rischiare di finire prigioniera a Konoha, e la cosa non le andava troppo a genio.
     
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