Il villaggio di Nanashi

add controllo del chakra per i jindai

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    La vita del taglialegna

    Post Primo - Il villaggio di Nanashi



    [Seguito diretto de "I fratelli Jindai". Ambientata prima de "Le braccia del peccato"]



    A volte ci voleva così poco per essere felici. Uccidere nostro padre, inscenare la nostra morte, dare fuoco alla nostra casa, scappare da Kusa.

    Si, tutto questo ci aveva portato ad essere felici, per quanto fosse solo una situazione momentanea ed io e Kogen lo sapevamo bene. Per evitare di essere coinvolti in vari pettegolezzi attraversammo il paese di Kusa, per deviare parzialmente a Konoha e poi tornare a Kusa da quel confine per far credere di essere giunti dal paese del fuoco e non da quello dell'erba. Una piccola idea di Kogen, di cui comprendevo la potenzialità.

    Ci eravamo stabiliti, momentaneamente ovviamente, nel villaggio di Nanashi un piccolo paese di taglialegna e commercianti che si trovava lungo un fiume. Il villaggio si trovava vicino ai confini tra Taki, Konoha e Tetsu ed era situato alle pendici di una delle cascate che davano il nome al paese. Il fiume era circondato da una lussureggiante foresta, dissimile però da quelle di Kusa. Era un villaggio simile a quello da cui provenivamo ma senza Satoshi. Avendo già lavorato come tagliaboschi io e Kogen ci adattammo in fretta a quell'ambiente e ci facevamo ben volere dagli altri operai che avevano trovato in noi due giovani ragazzi desiderosi di lavorare, e non due ninja pomposi ed arroganti com'erano di solito gli "sporchi accademici" che giungevano dal villaggio della foglia.

    Sentimmo parlare dell'incidente di Tsuya, ma i racconti erano molto discordanti ed a noi non interessavano. Per ora volevamo soltanto mantenere un basso profilo, almeno fino a quando non potessimo considerare totalmente chiusa la storia della nostra "fuga", e quel villaggio era perfetto per restare in tranquillità. Ero inoltre diventato molto amico della figlia del capofalegname, Fugumi. Era una giovane ragazza che non mi nascondeva si stava guardando attorno per cercare marito, com'era consuetudine, ed era chiaramente attratta dal fascino dell'esterno, del mondo fuori da quel villaggio che non aveva mai abbandonato. Aiutava molto il fatto, secondo lei, che il padre mi ritenesse un gran lavoratore (il mio fisico allenato mi consentiva di trasportare molto più legname di altri operai) e che la giovane Akane, sua sorella più piccola, vedesse in me un fratello maggiore.

    In breve, io e Kogen eravamo spesso invitati a mangiare da loro (specie visto che avevamo detto a tutti che eravamo rimasti di recente orfani, i nostri genitori morti di una brutta malattia) il che era un bene dato che, seppur abituati a cucinare, i nostri piatti non potevano competere con una mano femminile ai fornelli.

    Eravamo felici, in breve, ed i giorni oscuri sembravano essere finiti. Non potevamo sbagliarci di più.

    Per quanto mi riguardava non avevo incubi riguardanti i nostri "crimini", dormivo come un sasso la notte e rimanevo spesso sulle mie al lavoro dato che non ero un gran parlatore, anche se ero abbastanza erudito. La mia "erudizione" mi avrebbe fatto sentire strano ed alieno rispetto agli altri e non volevo percepire di nuovo quella strana sensazione di non appartenenza.

    Io e Kogen, nonostante tutto, ci ritrovavamo spesso finito il lavoro in un luogo isolato per continuare i nostri allenamenti ed aumentare le nostre conoscenze e capacità di ninja anche se cercavamo di tenere il tutto nascosto dagli altri del villaggio. Non vedevano di buon occhio nemmeno gli shinobi della cascata, figurarsi due stranieri. Ci sarebbe voluto molto poco per mandarci contro dei ninja di Taki per farci interrogare e non ero sicuro che io e Kogen potessimo tenere nascosta la verità dopo torture o interrogazioni mentali, un segreto quello di cui ero recentemente venuto a conoscenza.

    Eravamo incredibilmente prudenti, remori di quanto era avvenuto non appena entrati a Taki. Avevamo commesso un errore, e avevamo pagato quasi con la vita. Non sarebbe mai più avvenuto questo. Avrei protetto Kogen, a costo della mia vita. A costo di dannare la mia anima.

    Quella mattina, come sempre, ero stato preso di mira dal mio caporeparto, un ragazzo di nome Gorumo, che faceva il filo a Fugumi e mi vedeva come una minaccia ai suoi piani di succedere al capofalegname (ed il modo migliore per farlo secondo lui era sposare sua figlia). La ragazza tuttavia aveva capito ben presto la verità su quel viscido, interessato a lei soltanto per pompare qualcosa e per i soldi del padre che, seppur non ricco, lo era comunque più di Gorumo.

    Ovviamente non poteva far molto per rendere la mia vita difficile, tranne darmi dei turni più pesanti, ma non mi lamentavo lo vedevo più come un allenamento. Un paio di volte avevo anche subito degli incidenti, ma non potevo essere sicuro che fosse stato lui, quello era un lavoro rischioso e gli incidenti potevano capitare.

    Ero leggermente sovrappensiero quella giornata e non mi accorsi che l'albero stava cadendo dalla parte sbagliata.

    Cazzo

    Corsi cercando di avvertire uno degli altri lavoratori di spostarsi ma quello non mi stava sentendo. Era il vecchio Fuu, noto per essere sordo come una campana.

    Porca Puttana

    Non avevo altra scelta. Impastai una buona quantità di chakra per migliorare la mia velocità e spinsi con forza il vecchio Fuu fuori dalla traiettoria dell'albero, rimanendo però io incastrato sotto. [Velocità Blu. OverCAP + Sovrimpasto. Consumo di chakra: Medioalto. Gambe paralizzate per un round, Due leggere e mezzo di danno alla vitalità]

    Ebbi solo un secondo prima di rendermene conto. Non potevo più muovermi. Le mie gambe erano bloccate.

    Fanculo

    L'albero cadde ma, per fortuna, venni bloccato a terra solo da un ramo. Le mie gambe fibrillavano, continuavano a vibrare ma senza potersi muovere ed io mi sentivo incredibilmente affaticato. L'albero era troppo pesante, non sarei mai riuscito a liberarmi da solo, mentre il vecchio Fuu realizzava solo in quel momento ciò che era successo.

    Gli altri erano ancora increduli dalla rapidità con cui mi ero mosso. Che ci facevo li sotto? Come ci ero finito? Ma aveva veramente fatto quella distanza in così poco tempo?

    Dovevano cominciare a muoversi, se volevo avere qualche possibilità di salvare le gambe.
     
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0 replies since 3/9/2016, 14:59   27 views
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