La nascita di una kunoichi

[Free GdR] Harumi - Ayuuki - Kairi

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    La nascita di una kunoichi

    Post i ~ Oni





    Dense nubi scure coprirono il cielo sopra il villaggio, quasi a voler manifestare l'ira dei kami. L'abitato era composto da una dozzina di piccole case dai tetti di paglia, raccolte intorno ad una capanna più grande dalla forma allungata, davanti cui si apriva una sorta di cortile in terra battuta definibile piazza. Un raggio di luce filtrò tra le nuvole, colpendo in viso la ragazza che giaceva raggomitolata al centro dello spiazzo. A fatica, riaprì gli occhi. Un sasso l'aveva colpita sulla tempia, facendole perdere i sensi per qualche minuto. Altre pietre si trovavano tutto intorno al suo corpo martoriato. Dal braccio le scendeva un sottile rivolo di sangue che, goccia dopo goccia, macchiava il suolo. I capelli neri erano scarmigliati, le vesti insozzate da un misto di terra e sudore. Appoggiò incerta entrambe le mani al suolo, cercando di rimettersi dritta, ma le ginocchia le cedettero e rimase seduta. Si sentiva debole, erano giorni che non mangiava. Faceva parte del rituale, dicevano. Non osava alzare gli occhi sugli uomini che la circondavano, ma percepiva comunque i loro sguardi carichi di odio e paura. Erano stati loro, dopo averla trascinata fuori dall'angusta stanza dove l'avevano rinchiusa, a ricoprirla di insulti, sputi ed infine pietre, finché un uomo più vecchio degli altri, percuotendo un elaborato bastone al suolo, li aveva fatti smettere. Figlia dell'oscurità, pagherai per tutte le tue colpe e così ci libererai dalla maledizione che grava sul nostro villaggio. Iniziate i preparativi per la purificazione. I popolani, senza esitare, iniziarono ad accatastare fascine a pochi metri da dove stava la giovane, incapace di spostarsi, rassegnata al suo destino. Quando il cumolo fu sufficentemente alto il vecchio, brandendo un otre d'olio, iniziò a irrorare la pira, pronunciando formule rituali, il cui reale significato era stato ormai da lungo tempo dimenticato. Dalle finestre delle case più vicine, le donne e i membri più giovani della comunità osservavano la scena in silenzio con distacco, quasi non fosse affar loro. Solo i bambini continuavano a vociare, ripetendo gli epiteti uditi dai grandi nei giorni precedenti. Il più ricorrente era oni, demone. Nei giorni che aveva passato da sola nell'oscurità Harumi si era convinta che, in fondo, avessero ragione. Non potevano che avere ragione. Lei era un mostro che, per venire al mondo, aveva ucciso la sua stessa madre. Aveva portato la cattiva sorte su chiunque si fosse presa cura di lei, come l'anziano capovillaggio e sua moglie. I due, ormai in età avanzata e senza figli, l'avevano accolta nella loro dimora come un dono. Ma nei sedici anni che erano seguiti il villaggio aveva sofferto una serie di disgrazie come mai a memoria d'essere umano. Prima una violenta siccità aveva distrutto il raccolto di riso, costringendo gli abitanti a indebitarsi per comprare il cibo e non morire di fame; poi le piogge eccessive avevano rotto gli argini dei canali, lasciandoli nuovamente senza sostentamento. Ed ancora, una frana aveva travolto e ucciso un'intera famiglia; un branco di lupi selvaggi durante un severo inverno era scesa dalle montagne circostanti divorando gli armenti; e gli animali sopravvissuti erano morti poco dopo per un'epidemia. In ogni caso la causa, agli occhi dei contadini, era lei. Il capo espriatorio, la spiegazione logica per ciò che logico non è. Solo la protezione e l'affetto dei due genitori adottivi l'avevano protetta. Ma infine il capovillaggio era morto, stroncato da un malore, e la moglie lo aveva seguito nel giro di qualche mese, prima vittima di un morbo sconosciuto che si era diffuso nel villaggio provocando uno o più morti per famiglia. Gli animi della gente erano esasperati, e quella era stata la goccia che aveva fatto trabocchare il vaso. Avevano accusato la ragazza di stregoneria, di aver avvelenato la donna con cui viveva tramite arti oscure e, non soddisfatta, aver poi esteso la maledizione all'intero abitato. A quel punto, la sua sorte era segnata. Ora, immobilizzata dalla paura, aspettava il suo destino ad occhi chiusi, con le mani giunte in preghiera, chiedendo perdono per essere nata. Dietro di lei il vecchio che dirigeva la cerimonia aveva deposto il suo bastone per impugnare una fiaccola. Due uomini le si fecero incontro per portarla sull'altare sacrificale dove sarebbe arsa.
    Le due kunoichi erano state coinvolte dall'Accademia nell'imminente missione nel Paese del Ferro con un ruolo, tutto sommato, secondario. Insieme ad altre tre squadre avevano il compito di garantire le comunicazioni e la sicurezza del campo base sito nel Paese delle Risaie. Quel giorno dovevano svolgere una ricognizione alle spalle dell'accampamento, assicurandosi che le cinquanta miglia circostanti fossero sgombre da eventuali infiltrati dei ribelli, e impedendo l'accesso a persone non autorizzate. Il tempo stava rapidamente cambiando in quell'angolo del continente e le nuvole facevano presumere che un temporale di quelli violenti era in arrivo. Il vento freddo soffiava da nord, proveniente dal mare. Erano ormai giunte al limite estremo del perimetro da controllare, quando diverse colonne di fumo attrassero la loro attenzione. Se, insospettite, avessero risalito la vallata da cui provenivano, avrebbero trovato uno spettacolo desolante. Ogni centro abitato posto lungo lo stesso torrente era infatti stato colpito dalla stessa epidemia, e ovunque si bruciavano i cadaveri per impedire che si diffondesse, tanto che l'odore acre di carne che ardeva ammorbava l'aria. In uno di questi alcuni uomini con la bocca e il naso coperti da un fazzoletto, intenti a seppellire alcuni morti, avrebbero raccontato loro come, nell'ultimo paese della vallata, si stava per eseguire un rito antico per debellare il male che affliggeva tutti loro, e che si auguravano che funzionasse. Se avessero insistito per chiedere spiegazioni tuttavia quelli si sarebbero fatti stranamenti evasivi, finché il più giovane di essi, abbassando la voce, avrebbe rivelato la verità. Solo con la morte si poteva ottenere la vita. Le kunoichi si trovavano di fronte ad una scelta: ignorare la questione per far rapporto al campo base, oppure intervenire per scoprire cosa le sibilline parole dell'uomo significassero. Entrambe le scelte avrebbero comunque cambiato il destino di Harumi, per sempre.
     
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