Serpenti danzanti

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  1. Waket
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    III - Quiete prima della tempesta?



    L’arma passò presto in secondo piano, date questioni che Hebiko riteneva decisamente più importanti. Come l’odiare quel senso di onnipotenza dato dalla consapevolezza di non potersi sfogare su di lui come avrebbe dovuto: quella piccola soddisfazione personale, dovuta la sua pressione psicologica, la aiutava se non altro a non sentirsi sottomessa.
    Nonostante fosse Jonin contro genin, si poteva percepire il terrore negli occhi dello Yakushi, che sembrava sincero mentre tentava di scollarsi inutilmente. Non che la cosa aiutasse in qualche modo la Vipera a calmarsi, ma più tardi, a mente lucida, avrebbe probabilmente chiuso un occhio sulla faccenda. In quel momento no. I suoi occhioni dorati erano mortalmente puntati su Febh, che, dopo essersi scollato con successo per un secondo, ritornò alla posizione originale come una molla. Hebiko indietreggiò appena, iniziando ad intuire come ci fosse effettivamente una forza estranea che lo attirava, ragionando sul cosa potesse essere. Peccato che quel momento durò a malapena qualche secondo, perché negli attimi successivi lo sguardo dapprima sorpreso si iniettò di sangue: estrasse la sua lama preferita, sibilando aggressiva in coro con il suo nuovo esercito, pronta a staccargli un braccio, esitando appena grazie a quel briciolo di sanità che le suggeriva che, per una volta, la colpa non era del ragazzo.

    STACCATI. O lo farò personalmente!

    Febh sembrò avere la stessa idea. Staccarsi di netto un braccio, con la spada che aveva cercato di nascondere fino a quel momento. Entrambi vennero colti alla sprovvista, Hebiko si lasciò sfuggire un sussulto vedendo la spada stessa animarsi contro la volontà dello Yakushi e… arrotolarlesi addosso delicatamente, sfiorandola col freddo ferro dal quale era composta senza nemmeno ferirla o danneggiare i vestiti.
    Entrambi si bloccarono nuovamente, la Vipera non era mai stata più confusa. Febh gridò lamentoso, probabilmente più arrabbiato con la spada stessa che con la sua segretaria, mentre lei, resasi conto del momento, mollò la presa sul suo collo, osservando con leggero timore la spada. Per un po’, il suo timore delle trappole la irrigidì, temendo che la presa si sarebbe stretta da un momento all’altro. Invece nulla, quell’ammasso di metallo sembrava aver preso vita propria, e pareva che apprezzasse starsene con la ragazza. Esattamente come la miriade di serpentelli che l’avevano seguita fin da quella mattina.

    Uh… Io non ho fatto niente. Giuro.

    Placata lei, placato anche il suo piccolo esercito. Non era molto placata la confusione nella sua testa, fino a che non fu l’Amministratore stesso a lanciare l’indizio che la fece rabbrividire da capo a piedi.

    Fo-forgiata chi??

    Ecco, il dettaglio che avrebbe potuto rimettere ordine nella sua testa e, allo stesso tempo, causare una tempesta di pensieri. L’atteggiamento della Vipera cambiò drasticamente, sia dal tono di voce che dai suoi movimenti. Staccò la mano di Febh con una piccola sberla, minacciandolo con un sibilo, ma decisamente meno minaccioso dei precedenti. Tentò di staccarsi di dosso la spada, con la stessa delicatezza con la quale cercava di liberarsi dei serpenti in precedenza, mentre borbottava parole a caso, incapace di mettere a fuoco l’argomento.

    Ehnbeh, sì, sai, il profumo, ehrm, serpenti, mhfn, spada…

    Non riusciva a pronunciare una frase sensata. Non voleva, a dirla tutta. Continuava a balbettare ed emettere versi incomprensibili, sputacchiando solo poche parole di senso compiuto, e nel mentre pensava. Pensava se dirgli la verità, se cogliere il momento, far finta di nulla. Probabilmente se fosse riuscita ad inventarsi qualcosa, o a sfruttare una delle numerose debolezze del jonin, magari sarebbe riuscita a scamparla. Eppure non voleva. Sapeva che doveva sfruttare quella situazione, che non sarebbe riuscita a nascondere il suo passato per sempre, e che Raizen, nonostante l’avesse aiutata a rendersi conto della situazione, non avrebbe potuto aiutarla ulteriormente da quel punto di vista. Le serviva l’aiuto di un otese, di uno fidato, magari qualcuno che poi le avrebbe permesso di sviluppare ulteriormente i suoi poteri; parlarne con la persona sbagliata poteva costarle la vita. Shinken era stato ragionevole, ma Febh? Poteva, una cosa del genere, risvegliare quel lato che tutti temevano e del quale lei aveva avuto solo un assaggio il giorno del furto dei sigilli?
    Doveva buttarsi. Non era per nulla convinta, sentiva un blocco allo stomaco che per qualche istante strozzò le sue parole prima che uscissero, ma sapeva di doverlo confessare almeno a lui. Pregando mentalmente i Kami che lo Yakushi potesse aver sviluppato un minimo di affetto per lei da permettergli di evitare reazioni mortali, si decise a sputare il rospo.

    Sai, credo semplicemente che sia… uhn… una cosa di famiglia. Intendi?

    Se ne stava circa al centro della stanza ora, a forza di indietreggiare. Si era fatta piccola piccola, con la testa bassa, a malapena reggeva lo sguardo.

    Um, insomma, il vecchio rettile, ecco. O-Orochimaru, Ehn… Diciamo che… potrei… uhm… Avere molto in comune? ...Voglio dire! Solo… Geneticamente parlando.

    Farneticava, riordinando quelle quattro parole in croce che avrebbero dovuto aiutare il ragazzo di fronte a lei a capire di cosa stesse parlando. Con la coda dell’occhio, controllava la porta. Se le cose si fossero messe male, avrebbe perlomeno tentato di scappare, illudendosi di poter sfuggire ad un jonin.
     
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