Recuperare una causa persa

Hamano e Haruki

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    Che cosa rende uno shinobi tale? Un discorso lungo e complesso che prenderebbe in esame tante materie, quali storia, filosofia, ma anche economia, scienza e chimica.
    Mentre per capire cosa non rende una persona un vero shinobi bastava guardare Hamano. Sempre se si riusciva a sopportare il suo tanfo abbastanza da poterlo osservare.
    Nonostante il suo ammirevole tentativo di ritornare ad essere un ninja di Suna con tanto di postazione sopra le mura del villaggio, l'Iga doveva ancora fare i conti con le sue crisi di depressione, la sua agorafobia, la sua asocialità ed un'altra serie di problemi mentali che facevano seriamente dubitare del fatto che una volta era un membro funzionale della società.
    Era mattina, e solitamente in quell'orario Hamano passava delle ore a letto cercando di trovare la forza di alzarsi e di combinare qualcosa, ma spesso finiva con lui sotto le coperte fino a che non doveva alzarsi per andare in bagno, e il ragazzo aveva imparato a tenerla per giorni interi.
    Quella mattina no però. Hamano si era già alzato, seduto sul suo letto, una mano appoggiata alla testa quasi fosse rassegnato, e l'altra che reggeva una lettera giuntagli dall'amministrazione.
    L'unica cosa che riusciva a smuovere il ragazzo era quel poco di senso civico e di rispetto delle autorità che ancora aveva, e quindi una lettera da parte dell'amministrazione era qualcosa di più che sufficiente a convincerlo ad alzarsi.
    Leggere però il contenuto della missiva gettò il ragazzo ancora più nello sconforto. I toni della lettera erano pacati, molto burocratici, ma nonostante tutto Hamano non si era ancora rimbecillito così tanto e riusciva a leggere tra le righe.
    Il testo diceva di un "richiamo forzato nell'interesse del villaggio" e di "un controllo dello stato psico-fisico" e non accennava a molto altro, ma il ragazzo aveva capito. Aveva tirato troppo la corda e adesso stava per spezzarsi.
    Il villaggio non lo considerava più una risorsa indispensabile per Suna. Quello era il suo ultimo richiamo, se non si fosse riuscito a mostrarsi all'altezza probabilmente sarebbe finito davvero a dormire per strada, senza più un lavoro o una ragione di vita.
    Hamano lasciò cadere la lettera a terra mentre con entrambe le mani si afferrò la testa, chiudendosi in un pianto muto e soffocato.
    Non riusciva a capire come aveva fatto a cadere così in basso e non riusciva neanche a capire come poteva uscirne, ma era fiducioso che col tempo ci sarebbe riuscito. Ma adesso il tempo stava finendo.
    Rimase in quella posizione per qualche minuto buono prima di alzarsi. Cercò di recuperare un po' di calma ma era evidentemente agitato. Una piccola scintilla però gli impediva di perdere completamente le speranze, la stessa scintilla che lo aveva spinto a rimettersi in gioco e che forse lo avrebbe salvato dal suo licenziamento come shinobi della sabbia.
    Era una situazione disperata ma non impossibile.

    [...]

    Il ragazzo si recò nel punto d'incontro segnato nella lettera, un anonimo dojo sperso tra le vie del villaggio, e lì si era messo in attesa dell'esaminatore, colui che avrebbe deciso il fato dell'Iga.
    Nonostante l'animo agitato e preoccupato del ragazzo aveva trovato il tempo e la determinazione di farsi una doccia e radersi la barba, in modo da non farsi scambiare per un barbone ubriaco. Per l'occasione aveva indossato la sua uniforme da guardiano delle mura anche se non sentiva di meritarsi un tale indumento per una persona vigliacca come lui. Per completare indossava la sua protesi metallica e aveva appresso anche la sua arma, Meiyo la nodaichi, anche se ormai la portava con sé giusto per un maggior senso di sicurezza più che per altro. Ormai non avvertiva più lo spirito della sua arma, e non credeva di essere più degno e capace per utilizzarla al meglio.
    Titubante e insicuro del suo futuro Hamano entrò nel dojo, nella speranza di uscire da lì con ancora un lavoro.
     
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    Cattivi Presagi

    I



    Dio gli aveva concesso un'altra visione. Era accaduto pochi giorni prima, mentre stava pregando. Ad un certo punto la sua mente era stata trasportata in un altro luogo e aveva potuto contemplare uno dei molti futuri possibili. Aveva visto le montagne che circondavano il villaggio e le strutture gestite dai guardiani. Gli edifici erano stati abbandonati e versava in uno stato di degrado assoluto. Sembrava che nessuno se ne prendesse cura da anni, o forse secoli. Poi l'intera catena montuosa aveva iniziato a crollare. Prima un pezzo. Poi un'altro e così ancora, finché non era rimasta che polvere. Il villaggio era ormai privo di barriere e orde di nemici si ammassavano all'orizzonte. Quel presagio di sventura l'aveva allarmato, ma Haruki non si era lasciato vincere dallo sconforto. Aveva ricevuto il Dono proprio per evitare che accadesse ciò che riusciva a vedere.
    Comprendere il significato di quelle immagini non era stato affatto difficile. Haruki aveva immediatamente pensato ad Hamano Iga, il Guardiano che aveva conosciuto nel palazzo dei Sand Scorpions. Esattamente come la catena montuosa che nei suoi sogni circondava Suna, anche lui non versava in una buona condizione. Gli era stato strappato un braccio, ma quello era il minore dei suoi problemi, poiché ciò che aveva perso veramente era lo spirito necessario ad essere un buon ninja. Si era completamente lasciato andare, abbandonandosi alla pigrizia e all'autocommiserazione. Non si curava più del suo aspetto, non rispettava i suoi impegni come Guardiano e aveva addirittura smesso di partecipare a qualsiasi missione. Haruki si era trattenuto dal prendere qualsiasi provvedimento nei suoi confronti solo in nome dell'amicizia che lo legava al suo Maestro, ma era chiaro che non avrebbe più potuto essere così clemente. Hamano andava rieducato il prima possibile. Per questa ragione, aveva deciso di occuparsene personalmente. Se le parole di Hoshikuzu e Hohenheim non erano bastate, Haruki era sicuro che un approccio più pragmatico gli avrebbe sicuramente giovato.
    Appena entrato nel Dojo, Hamano si sarebbe ritrovato nell'elegante sala principale. Al centro del tatami avrebbe visto Haruki. Invece delle solite vesti, il monaco indossava un Gi scarlatto e i suoi occhi erano coperti da una semplice benda nera. Sedeva in ginocchio, conservando la rigidità che caratterizzava i suoi modi. Dietro di lui, a qualche metro di distanza, c'era Shirai, l'attendente personale dell'Amministratore. Anche lui, come il suo superiore, indossava un semplice Gi. Gli indumenti del ragazzino erano di un colore diverso rispetto a quelli di Haruki. Poiché Hamano non aveva familiarità con le usanze del Tempio della Fiamma, probabilmente non sarebbe riuscito a capirlo, ma il giallo delle sue vesti simboleggiava la sua subalternità al Miyazawa.

    A giudicare dall'odore di cosmetici che Haruki sentiva venire dal suo corpo, Hamano doveva essersi finalmente lavato e tagliato la barba. L'amministratore ne fu piacevolmente sorpreso. Non era certo una persona a cui importava della bellezza fisica, ma non poteva sopportare che un ninja del suo villaggio se ne andasse in giro conciato come un ubriacone. Inoltre, lasciava intendere che il giovane avesse già imboccato il cammino verso la guarigione. Quando l'Iga fosse stato abbastanza abbastanza vicino da poter conversare senza alzare la voce, Haruki l'avrebbe salutato. Buongiorno, Hamano Iga. Con la mano destra gli avrebbe fatto segno di sedersi. Sa perché è stato convocato qui? Avrebbe chiesto con voce neutra, senza poi aggiungere nient'altro.
     
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    Hamano era ovviamente agitato.
    Il suo ingresso nel dojo e la vista dell'amministratore del villaggio lo fecero agitare tanto che si poteva avvertire il nervosismo dell'Iga. Se c'era lui voleva dire che la situazione dell'Iga era davvero disperata.
    In quel momento si rese veramente conto dell'incredibile ammontare di tempo perso a fare nulla e di quanto fosse stato indegno come ninja di Suna, voleva dar voce alle sue parole, urlare, forse piangere, strapparsi i capelli per quanto era arrabbiato con sé stesso, ma adesso non era il momento.
    Doveva provare, o almeno cercare di farlo, che era sulla strada del recupero e che voleva in tutti i modi tornare ad essee utile al villaggio e a sé stesso.
    C'era da sperare di essere sufficientemente convincente per far capire all'amministratore le sue intenzioni.
    Rinsavito un po' da quella sua piccoli crisi Hamano accennò un inchino in direzione dei due, farfugliando qualche parola confuso di saluto, dimenticandosi totalmente della cecità dell'amministratore nonostante avesse una benda legata sugli occhi.
    Si avvicinò, insicuro di cosa dire. Voleva iniziare il discorso in maniera da mettere subito in chiaro le cose, far capire che sapeva cosa voleva fare da lì in avanti, ma anche dalla sua faccia si capiva che la troppa ansia non gli faceva trovare le parole giuste per iniziare, infatti non ne ebbe il tempo.
    Il troppo nervosismo non gli fece ricambiare subito il saluto dell'amministratore ma seguì subito le sue indicazioni e si sedette davanti a lui in ginocchio sul tatami, abbastanza indeciso su dove fissarlo dato che gli occhi non erano disponibili, perciò si accontentò di fissare lo sguardo su una piccola macchia per terra.
    Aspettò qualche secondo e arrivò una domanda che tutto sommato si aspettava. Ovviamente non era una domanda facile per l'Iga da rispondere.
    Tossì nervoso e poi inizò a parlare con voce insicura. >>Ehm... sì, cioè, credo di sì, insomma... ci sono cose che ho fatto, o meglio non fatto...<< si fermò un attimo per alzare lo sguardo e fissare l'amministratore, per cercare di capire se stava andando bene o no, ma non riuscì a capire niente, e la cosa lo innervosì tanto da spingerlo a parlare con tono più preoccupato. >>Sto cercando di migliorare.. lo giuro, anche perché non so mentire... voglio essere d'aiuto al villaggio, voglio essere uno shinobi...<< stava quasi ansimando dall'agitazione con cui pronunciava le parole e probabilmente avrebbe continuato a parlare in questo modo se all'improvviso nell'aria non risuonò il rumore di un potente ceffone.
    Quello che lo avevano tirato e quello che lo avevano ricevuto erano la stessa persona, ovvero Hamano Iga. Forse una piccola scintilla di quello che era un tempo, forse un momento di lucidità, sta di fatto che il ragazzo si fermò improvvisamente dal suo farfugliare sconclusionato e imbarazzante. Nuovamente chinò il capo e riprese a parlare con voce più sicura. >>Mi perdoni. Intendevo dire che sì, posso intuire il motivo della mia convocazione. Non cercherò scuse, accetterò qualunque cosa il villaggio deciderà per me<< Rimase in silenzio, in attesa del suo giudizio.
     
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    Contatto

    II



    Sorrise, quando sentì Hamano entrare. La goffaggine del suo saluto gli aveva immediatamente fatto capire che doveva essere in grande imbarazzo, quindi Haruki decise di sorridere. Piegò leggermente le labbra, senza scoprire i denti. Così dovrebbe andare. Si disse, cercando di mantenere quell'espressione senza sembrare un idiota. Col tempo era diventato più bravo a fingere, ma chiunque avrebbe notato l'artificiosità di quel sorriso, deducendo immediatamente che fosse lì per pura cortesia. Haruki aveva scelto di indossare quella maschera soltanto perché gli era stato detto che aiutava a far sentire a proprio agio gli altri. Pochi trovavano confortevole la serietà che caratterizzava ogni aspetto della sua persona.


    Era stato Shinzo, l'uomo che per Haruki più assomigliava ad un padre, a farglielo notare. Era successo l'ultima volta che si erano visti, poco dopo il suo ritorno a Suna. Gli aveva detto che non sarebbe mai riuscito nella sua missione, se si fosse chiuso al mondo. Poi era sparito senza lasciare alcuna traccia. Era dovuto partire per una missione su ordine degli Anziani e Haruki non sapeva se e quando avrebbe fatto ritorno. All'inizio non aveva compreso quello che voleva insegnargli. Perché avrebbe dovuto cambiare sé stesso se era il mondo ad essere corrotto? Perchè si doveva adeguare a quegli uomini, se erano loro a peccare? Si era arrovellato per ore in cerca di una risposta, dannandosi per la solitudine in cui era stato abbandonato. Anche se aveva sempre represso quei sentimenti, affidandosi al dogmatismo e alla cieca obbedienza ai precetti religiosi, aveva sofferto molto per la sua condizione. Benché la fede e la determinazione riuscissero sempre a cancellare ogni dubbio dal suo cuore, essere stato lasciato da solo con un carico tanto gravoso aveva pesantemente segnato la sua psiche, trasformandolo nell'inflessibile Amministratore di Suna che tutti conoscevano. Fu solo passando molto tempo ad osservare i suoi nuovi compagni che era riuscito a trovare la soluzione. L'ascetismo e le punizioni corporali, così come le privazioni e il digiuno, l'avrebbero avvicino a Dio e all'illuminazione, ma ciò non l'avrebbe aiutato nella sua opera di conversione. Le persone che lo circondavano non comprendevano la lingua che lui era abituato a parlare. Non poteva rivolgersi a loro come avrebbe fatto con i suoi confratelli. Pertanto doveva accettare alcuni uomini potevano imparare soltanto attraverso il dolore e la violenza, mentre altri preferivano le dimostrazioni di clemenza e misericordia. Per cambiarli, doveva prima capirli. Haruki desiderava soltanto compiere il suo dovere e creare un mondo migliore, in cui tutti avrebbero potuto vivere serenamente, lontani dalla guerra e dalla paura. Il suo obiettivo non era cambiato, ma ora, invece di pretendere da tutti un comportamento simile al suo, si sarebbe fatto carico del loro dolore e dei suoi peccati, immergendosi totalmente in quel mondo che aveva rinnegato molti anni fa.


    Il sorriso di Haruki svanì immediatamente quando percepì lo schiaffo che Hamano si era dato. Dovrebbe avere più rispetto per se stesso. Sentenziò senza mezzi termini. Non è accettabile che un guardiano di Suna si mostri debole in pubblico. Anche se le sue parole erano severe, la sua voce sarebbe apparsa lenta e pacata. Io e lei non siamo semplici shinobi. Noi rappresentiamo il Villaggio. Accentando i ruoli di cui ci hanno investiti, abbiamo anche rinunciato alla nostra individualità. È nostro compito comportarci in maniera irreprensibile. Si interruppe per qualche secondo, prima di riprendere a parlare. Lei pensa che io l'abbia fatta chiamare qui per punirla. Per metterla difronte alla conseguenza delle sue inadempienze. Se quello fosse stato l'Haruki di un anno fa, Hamano non si sarebbe affatto sbagliato. Tuttavia, quel giorno, invece di giudicare, avrebbe prima provato ad ascoltare.Lei si sbaglia. L'ho convocata qui perché mi preoccupo per lei, esattamente come mi preoccupo per tutti i miei concittadini. Il Miyazawa non era certo un tipo sentimentale, ma stava parlando con la massima sincerità. Io sono qui per fornirle tutto il mio sostegno. E per capire. Desidero comprendere cosa l'ha portata ad abbandonare l'onore e l'orgoglio che la contraddistinguevano. È stata la perdita del braccio a farle dimenticare ciò per cui aveva scelto di combattere? Oppure c'è altro? Prima di lasciare che il chunin gli rispondesse, Haruki avrebbe cercato di convincerlo delle sue buone intenzioni. So che potrà sembrarle difficile confidarsi con me, ma sappia che voglio soltanto aiutarla. Non può continuare a trattarsi in questa maniera. Lei merita qualcosa di molto meglio.
     
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    Più o meno Hamno se l'aspettava. Certo, nella sua testa era molto più plausibile venire cacciato dal villaggio con disonore, nudo come un verme e cosparso di sangue per attirare i predatori del deserto, ma tutto sommato si apettava una specie di discorsetto per quella che è la sua situazione.
    Non c'era bisogno che l'amministratore gli ricordasse che lui, come altri, erano shinobi di Suna, e che il loro compito era quello di servire la loro comunità senza farsi influenzare dai propri problemi.
    Il villaggio prima di tutto.
    Hamano lo sapeva bene. Fino a poco tempo fa era lui quello che rappresentava al meglio questa filosofia di vita, e ovviamente non se lo era dimenticato. Ma ovviamente, vedendo come si era ridotto, era normale che gli altri dubitassero del fatto che l'Iga e della sua propensione a servire il villaggio.
    La cosa che lo stupì comunque fu la disponibilità e l'apertura da parte dell'amministratore. Non sapeva bene perché, ma Hamano si aspettava di avere davanti un uomo freddo e calcolatore, anche perché sono caratteristiche imprescindibili per una persona che ricopre quel ruolo, quindi quando lo sentì parlare di disponibilità nell'ascoltare le sue ragioni, Hamano alzò leggermente il capo per cercare di incontrare gli occhi bendati dell'uomo, con una faccia leggermente dubbiosa.
    L'idea di dover confessare tutto quello che stava passando lo faceva sentire leggermente a disagio, anche perché data la sua non grandissima stabilità mentale ci voleva veramente poco per far sì che l'onorevole Hamano Iga si mettesse a piangere come un bambino mentre elencava tutte le disgrazie che la sua mente fagocitava.
    Sarebbe terminata con lui incapace di guardarsi allo specchio per il resto della vita, ed una probabile espulsione dal villaggio per eccesso di imbarazzo provocato all'amministratore.
    Si fece forza però, perché sapeva che ne andava del suo futuro. Letteralmente.
    >>Sicuro di volere sapere? C'è il rischio che possa risultare estremamente patetico.<<
    Attese qualche secondo, più per trovare le parole da usare che in attesa di un consenso dell'amministratore.
    >>Sa, in realtà non lo so bene neanche io. So solo che da qualche anno a questa parte ogni cosa che faccio è circondata da uno strano senso di... inutilità<<
    Disse l'ultima parola con un tono che faceva sembrare che quella potesse essere la prima volta che Hamano le dava un significato.
    >>Ogni cosa che faccio, ogni parola che dico, ogni mio ragionamento... penso proprio di trovarmi decisamente inutile<<
    Rilassò la sua postura, fino a quel momento estremamente rigida.
    >>Se poi mi confronto con persone come Hoshi o Hohe, bhè, capisce bene che sfiguro decisamente, soprattutto se teniamo conto che tutti noi abbiamo iniziato la nostra carriera di shinobi praticamente insieme.<<
    Sospirò. Si poteva sentire quanto tutto quello che diceva gli facesse male. L'idea di essere stato lasciato così indietro rispetto a tutti era stata sicuramente una causa del suo stato odierno.
    >>Ma sa una cosa? Lei dice che non posso punirmi in questo modo e che io meriti di meglio, ma sappiamo entrambi che non è vero. Non siamo certo in periodo di pace, e per Suna più che per gli altri villaggi un ninja inutile è solo un peso morto.<<
    Il tono si inasprì leggermente. Non voleva essere un insulto rivolto all'amministratore ma più una bieca constatazione razionale. L'essere un Iga lo aveva abituato a questo genere di ragionamenti onesti con sé stesso.
    >>Quindi mi dispiace, ma io continuerò a trattarmi in questa maniera, a flagellarmi delle mie colpe, a non perdonarmi mai per ciò che ho fatto a me e al villaggio<<
    Questa volta Hamano invece parlò digrignando i denti, quasi come se fosse quella rabbia che provava sé stesso a dargli energia, in una visione quasi masochistica del suo futuro.
    Gli era già successo una cosa simile con Hohe sulle mura del villaggio, dove non era riuscito ad accettare le parole di conforto dell'amico.
    Improvvisamente Hamano si accorse del suo atteggiamento. L'imbarazzo di quello che avevo detto e del suo atteggiamento gli fece bofonchiare qualche parola di scusa per il suo atteggiamento per tornare nello stato semi depresso con cui era entrato nel dojo.
    Rimase qualche secondo in silenzio, indeciso su come continuare quella discussione. Decise che non c'era bisogno di parole e con un gesto lento, quasi depresso, si sfilò la sua nodaichi che portava legata sulla schiena, per poi poggiarla tra lui e l'amministratore.
    Hamano rimase a fissarla per poi parlare con voce triste.
    >>Non la so più usare. Ormai è come se non l'avessi mai impugnata, non la sento più come estensione di me stesso, non riesco più a maneggiarla, la sola idea di estrarla per combattere mi... spaventa<<
     
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    Granelli di Sabbia

    III



    Per quanto Haruki si fosse sforzato di essere comprensivo, non riuscì a reprimere del tutto i sentimenti generati dalle parole del Guardiano. Hamano gli appariva debole. Fragile. Indegno. Del tutto sordo a quanto gli aveva detto, continuava a voler crogiolarsi nell'autocommiserazione, senza nemmeno fare un tentativo per riscattarsi. Per il monaco tutto ciò era inaccettabile. Pertanto, nonostante quel fallimento iniziale, non si sarebbe arreso finché Hamano non avrebbe cambiato il proprio atteggiamento. Allungò il braccio destro verso di lui, poi con la mancina sollevò la manica fino all'altezza del gomito, mostrandogli le migliaia di cicatrici che solcavano la sua pelle. Non sarò certo io a impedirle di flagellarsi, ma ciò non significa che le permetterò di continuare ad umiliarsi pubblicamente. Ritrasse il braccio, prima di ricominciare ad ammonire l'Iga. Come dovrebbe esserle già chiaro, lei ha abbandonato questo privilegio quando ha deciso di diventare un Guardiano. Il suo corpo non le appartiene. La sua mente non le appartiene. Il suo Chakra non le appartiene. Ormai era chiaro che Haruki non si stava più rivolgendo a lui come suo pari, ma come diretto superiore. Non vuole perdonarsi? Preferisce continuare a indugiare in questa patetica lagna? Non posso imporle di smettere, ma c'è qualcosa che non deve dimenticare: lei, esattamente come qualsiasi altro ninja di questo paese, non è altro che uno degli infiniti granelli che compongo lo Sabbia. Ogni volta che si sminuisce pubblicamente, umilia anche il Villaggio e il suo clan.



    Si alzò in piedi, rimanendo a meno di un passo di distanza da Hamano e dalla sua preziosa nodachi. Ciò non le sarà più perdonato. Accompagnato da uno scoppio sordo, il piede destro sarebbe calato sulla nodachi, investendola con un'ondata di puro chakra distruttivo. Incapace di resistere alla forza del Jinchuuriki, la lama si sarebbe spezzata, mentre il fodero avrebbe scagliato schegge di legno per tutta la stanza. Un'arma che non può essere impugnata non ha scopo di esistere. Haruki avrebbe preferito evitare di essere così brutale, ma non sembrava esserci un'alternativa. Lei si considera soltanto un peso per Suna e ormai ha abbonato l'idea di potersi redimere. Di poter tornare a indossare con orgoglio il simbolo del nostro villaggio. Le sue parole mi hanno fatto capire che non c'è niente che io, Hoshikuzu o Hohenheim potremmo dire per farle cambiare idea e che lei non ha alcuna intenzione di cambiare. Gli erano state già concesse molte possibilità per redimersi e tornare a servire il villaggio con onore. Ora avrebbe dovuto affrontare a viso aperto le sue mancanze e i suoi peccati. Pertanto, in qualità di rappresentate del Consiglio, non mi resta che proclamare la sentenza. Con effetto immediato le verrà tolto il ruolo di guardiano e il grado di Chunin. D'ora in poi lei non appartiene più a questo Villaggio. Dovrà abbandonare la sua casa, i suoi famigliari e i suoi amici. Sarà considerato a tutti gli effetti un Nukenin. Le saranno concesse 6 ore per allontanarsi volontariamente da Suna, poi verrà inviata una squadra a rimuoverla con la forza. Il tono di Haruki non ammetteva repliche. Nessuno avrebbe creduto che si trattasse di un bluff o di una menzogna. Aveva l'autorità per cacciarlo dal villaggio ed era del tutto intenzionato a farlo. Tuttavia, in nome dell'amicizia che la lega al mio maestro, sono pronto ad offrirle un'ultima possibilità. Mi affronti, si batta per il suo Villaggio e ciò che rappresenta. Se riuscirà a vincere, verrà reintegrato a pieno titolo e non la disturberò più. Ovviamente, Hamano avrebbe ottenuto la sua redenzione solo a caro prezzo. La scelta è sua, ma è bene che sappia che combatterò con l'intento di ucciderla perché i peccati degli indegni devono essere mondati con il sangue e con il fuoco. La vecchia Suna era morta nello stesso momento in cui il monaco rosso aveva messo piede nel Palazzo dell'Amministrazione in qualità di Consigliere. Nessuno avrebbe più potuto permettersi di cancellare ogni colpa alla maniera di Hoshikuzu, con una bevuta e una pacca sulle spalle.


    Edited by Bartok. - 27/3/2017, 00:05
     
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    4° Post Attivo





    Il suo discorso così autocommiserante ovviamente non scalfì minimamente l'amministratore. Si sarebbe sorpreso se con le sue parole fosse riuscito a cavarsela con una pacca sulle spalle e qualche parola di conforto. Sarebbe stato da stupidi pensare che l'uomo in carica di amministrare il villaggio avrebbe accettato lo stato di Hamano come shinobi in depressione del villaggio di Suna.
    Ma Hamano era uno stupido.
    Non lo colpì il numero elevato di cicatrici dell'uomo davanti a lui, che stava cercando di fargli capire quanto il suo atteggiamento fosse deplorevole e malsano, così come il suo discorso di essere un granello di sabbia al servizio del villaggio gli entrò da un orecchio e gli uscì dall'altro. Non era strafottenza la sua, semplicemente sapeva quel discorso meglio di chiunque altro, solo che oggi non lo trovava più così ferreo come ragionamento. Nel suo stato d'animo aveva iniziato a pensare la totale abnegazione verso la causa del villaggio, per quanto nobile essa sia, rischi anche di rovinare le persone, così come stava succedendo a lui. Si era sempre chiesto come sarebbero andate le cose se fosse stato meno legato al villaggio e un po' più a sé stesso. Magari oggi non si troverebbe in quella situazione.
    Alzò leggermente lo sguardo per seguire i movimenti dell'amministratore. La sua voce, il suo portamento, il suo atteggiamento facevano capire ad Hamano che non era più disposto ad ascoltare i melodrammi dell'Iga, e a lui andava bene così. Proprio non riusciva a colloquiare normalmente con un suo diretto superiore, gli risultava innaturale.
    Ma ciò che fece proprio non se lo aspettò.
    Reagì con un attimo di ritardo, la sua mano si allungò nel momento in cui vide il piede calare ma non poté fare nulla. Vide i vari pezzi della sua arma volare per la stanza, e Hamano non poté far altro che rimanere immobile, con il braccio proteso e un urlo strozzato in gola.
    Nel momento in cui la sua nodachi si spezzò Hamano sentì qualcos'altro infrangersi dentro di lui. Aveva un legame particolare con quell'arma, aveva passato talmente tanto tempo ad usarla tra allenamenti e combattimenti da considerarla ben più che una semplice lama. Era riuscito anche a sentirne quello che era il suo spirito, anche a comunicarci, era una parte di sé e adesso quella parte non c'era più.
    Così come il suo futuro.
    Sembrava che il suo comportamento non fosse più accettabile, che il suo crogiolarsi addosso fosse stato ritenuto eccessivo per il villaggio. L'amministratore lo stava sollevando da ogni suo incarico.
    Per un attimo ad Hamano la cosa sembrò uno scherzo, di cattivo gusto ma pur sempre uno scherzo. Alzò lo sguardo per cercare un cenno d'intesa con l'amministratore ma non ce n'era la minima traccia. Per quel che gli riguardava, per lui Hamano era un nukenin, e tra sei ore se ne doveva andare.
    Sentì tutte le sue ansie, la sua depressione, le sue paranoie, tutto premergli fortissimo il petto. Cominciò a respirare affannosamente, quasi gi stesse per arrivare un attacco di panico, e per quanto cercasse di nasconderlo era visibile che tutto questo lo aveva scosso fin dentro l'animo.
    Non sapeva minimamente cosa fare, cosa dire, come comportarsi. Soltanto un turbinio di emozioni che gli stavano offuscando la testa, rendendogli impossibile anche solo capacitarsi della situazione.
    Uscì qualche lamento, qualche sibilo dalla sua bocca, ma niente di articolato o lontanamente comprensibile.
    Un uomo praticamente distrutto.
    O forse no.
    Sembrava quasi che ci fosse una possibilità.
    Uno scontro. Un semplice e brutale scontro.
    La parte ancora razionale di Hamano, dopo aver udito la proposta di reintegrarlo interamente in caso di vittoria lo stava facendo dubitare anche della veridicità della sua espulsione dal villaggio, ma quella sua parte era sommersa da una marea incontrollabile di voci dentro la testa del ragazzo che urlavano frasi rabbiose e ingiuriose verso sé stesso, verso sconosciute divinità e anche verso l'amministratore.
    Insomma, se quella era una semplice esca per far arrabbiare Hamano e farlo reagire l'Iga ci era cascato interamente.
    Passò qualche secondo in cui il ragazzo rimase immobile, non più col braccio teso verso la lama ormai infranta, ma diligentemente seduto sulle ginocchia, col capo chino, quasi in contemplazione di ogni possibile pro e contro delle sue future azioni.
    Era da tempo che non si sentiva così.
    La sua crisi lo aveva portato ad avere sbalzi d'umore degni di un'adolescente durante la pubertà, mentre ora era stranamente tranquillo.
    Certo, dentro di lui montava una rabbia e una furia quasi omicida, ma era una rabbia stranamente razionale.
    Forse perché aveva finalmente qualcuno su cui riversarla ma decise che non era il caso di pensarci. Aveva fatto la sua scelta.
    Finalmente decise di alzarsi, affrontando così l'amministratore. Si parò davanti a lui a meno di mezzo metro di distanaza, fissandolo intensamente in quella benda che portava davanti agli occhi. Sapeva che l'uomo avrebbe percepito le sue intenzioni.
    Silenziosamente si girò e si portò a circa sei metri di distanza. Si tolse la divisa da guardiano delle mura e la piegò accuratamente per poi appoggiarla li vicino per terra, rimanendo così a petto nudo e mostrando il suo corpo ormai non più quello di una volta. I muscoli allenati erano spariti, gli addominali forgiati tra le fatiche scomparsi. Rimaneva soltanto un corpo pieno di cicatrici, sottopeso e visibilmente trascurato. Ma Hamano era quello, e non aveva intenzione di nasconderlo.
    Si guardò la sua protesi sinistra e gli scappò un sorriso strozzato. Da quanto tempo era che non la usava correttamente?
    Distese il braccio e lo puntò sopra la testa dell'amministratore e poi fece scattare il meccanismo.
    Con un forte rumore la sua mano metallica venne sparata in avanti, seguita da un cavo che la teneva collegata al resto della protesi. Il colpo passò l'amministratore arrivò al limite della sua portata, e con un movimento del braccio Hamano fece scattare il meccanismo di riavvolgimento, facendo così tornare la mano nella sua posizione.
    Il tutto durò qualche secondo ma l'Iga si meravigliò di essere riuscito a fare tutto correttamente dopo tanto tempo dall'ultima volta. Sembrava quasi che la sua rabbia lucida stesse facendo riaffiorare i vecchi ricordi del ragazzo su quella che era la sua vita precedente, la sua vita da shinobi.
    In quel momento sembrava pronto ad ogni cosa, ad ogni evenienza, ad ogni esito di quell'incontro, ma anziché lasciarsi andare e fare quello che le voci malsane nella sua testa gli stavano urlando, allargò le braccia, abbandonando ogni difesa.
    >>Sa, vorrei proprio tirarle un pugno in faccia. Il problema è che non so quanto questa mia convinzione sia frutto del momento o sia vera rabbia.. Ho un tale casino in testa che riesco a malapena a restare lucido.<<
    Sembrava quasi sollevato nel dire queste cose, quasi si stesse confidando, cosa che non faceva da troppo tempo.
    >>Quindi le chiedo di colpirmi.
    Il suo primo attacco lo prenderò in pieno e non mi difenderò.
    Questo mi aiuterà a capire veramente ciò che voglio fare da ora in poi. Se poi dovessi attaccarla le chiedo di non considerarla come insubordinazione.<<

    Detto questo il ragazzo attese, per capire finalmente che cosa farne della sua vita.
     
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    La Furia del Demone

    IV



    Hamano aveva avuto tutto. Era nato nel clan Iga, una delle famiglie più ricche e prestigiose di Suna, era cresciuto tra le amorevoli cure dei suoi genitori, circondato da amici preziosi come Hoshikuzu e Hohenheim e infine gli era stato concesso il grande onore di servire come Guardiano. Eppure aveva deciso di gettare tutto il vento, di sprecare l'enorme potenziale e la fortuna che la Fiamma gli aveva concesso. Come neve lasciata al sole, aveva atteso che il suo corpo sfiorisse e così anche la sua mente, riducendosi ad una pallida imitazione di ciò che era stato. A differenza dell'Iga, il monaco rosso non aveva avuto nulla. Non aveva mai conosciuto i suoi genitori. Era cresciuto tra mendicanti e prostituite, patendo la fame e la sete. Finché non era stato accolto nel Tempio non aveva conosciuto altro che miseria e terrore. Eppure non si era mai arreso. Per quante torture la vita gli infliggesse, Haruki aveva continua sulla sua strada, attaccato alla vita con la stessa forza della malerba, che ritorna a crescere ogni qual volta la si cerchi di estirpare. Difronte allo scempio che Hamano aveva fatto di se stesso, il Jinchuuriki non riusciva a provare altro che disgusto. Avrebbe tanto voluto ucciderlo. Lo disprezzava perché nel profondo del suo cuore, per quanto cercasse di negarlo a se stesso, lo invidiava. Hamano aveva sempre avuto tutto quello che a lui era stato negato e Haruki non riusciva a perdonargli di aver sprecato ogni opportunità. Perfino difronte alla possibilità che gli aveva appena offerto si era dimostrato del tutto inadeguato. La farsa che aveva insegnato con la protesi e il rampino non riuscì minimamente ad impressionare l'amministratore, che aveva immediatamente capito che sarebbe stato colpito. Ciò non aveva fatto altro che inasprire il suo disappunto. Poi, invece di combattere con tutte le sue forze per riguadagnarsi il suo posto nel villaggio, aveva avuto l'ardire di mettersi a braccia aperte difronte a lui, invitandolo a colpirlo in pieno petto. Ancora una volta aveva sputato sul grande privilegio che gli era stato offerto.

    Haruki strinse con forza il pugno destro fino a far sbiancare le nocche. Se l'avesse colpito con quel braccio, indurito dal Kiseki incastonato sulla spalla, probabilmente gli avrebbe sfondato il torace, lasciandogli soltanto qualche secondo per maledire il cielo e la propria inettitudine. Cercò di scacciare la rabbia e l'impellente bisogno di strappargli anche il braccio sano, pensando a quanto dolore avrebbe provocato al suo maestro. Non poteva fargli un simile torto. Aveva intenzione di punire Hamano, ma non avrebbe potuto tener fede alle sue minacce. Non perché non ne avesse l'autorità o avesse deciso di essere clemente, ma soltanto perché sapeva che il suo maestro se ne sarebbe risentito. Nonostante ciò, avrebbe comunque risolto la questione in un altro modo. Infatti, anche se alla fine non sarebbe stato esiliato, Haruki si sarebbe impegnato per far si che Hamano passasse almeno un paio di settimane confinato nell'Ospedale del Villaggio. Aveva tentato di usare la diplomazia per convincerlo a tornare ai suoi doveri, ma aveva fallito, esattamente come avevano fallito Hohenheim e Hoshikuzu. Ora era tempo di fare alla maniera dei Monaci della Fiamma. Ora sarebbero stati il sangue e il dolore a parlare per lui.

    Visto che si trattava a tutti gli effetti di uno scontro tra due ninja parigrado, Haruki avrebbe sfruttato l'occasione per mettere alla prova le nuove conoscenze che aveva appreso. Non degnando di alcuna risposta le farneticazioni di Hamano, con un movimento fulmineo avrebbe toccato il suolo, imprimendo un fuuinjutsuBarriera d'Individuazione
    Villaggio: Specializzazione
    Posizioni Magiche: Tocco (0)
    L'utilizzatore, imponendo un sigillo sul terreno, può innalzare una barriera invisibile di raggio pari a 150 metri. All'interno l'utilizzatore può Percepire qualsiasi manifestazione di chakra e Percepire qualsiasi ingresso di oggetti. È possibile percepire i ninja occultati tramite 'Chakra Nullo' o conoscenze analoghe solo quando oltrepassano la barriera.
    Tipo: Fuuinjutsu - null - Ninpou
    (Livello: 4 / Consumo: Alto )
    [Da chunin in su]

    Tecnica Economica (-50%) + Fuuinjutsaro
    Consumo: 3 Bassi
    . Aveva eretto una barriera di individuazione cosicché avesse potuto controllare attentamente il chakra dell'avversario. D'altronde, non voleva rischiare di ucciderlo seriamente. Hoshikuzu non gliel'avrebbe mai perdonato. Poi, allentò il sigillo che legava il Rokubi al suo corpo. Lasciò che una grande quantità di chakra inondasse il suo corpo e la sua mente, rafforzando il primo e insediando la seconda. Questi cambiamenti si sarebbe riflessi anche nel mondo esterno, facendogli perdere la fermezza granitica che lo contraddistingueva. Ora sarebbe apparso feroce e colmo di rabbia, quasi bestiale. Hamano non avrebbe avuto nemmeno il tempo di essere spaventato da quel cambiamento repentino nel suo atteggiamento. Divorando la distanza che li separava con uno scatto ferino, Haruki avrebbe tentato di colpirlo al centro del petto con un diretto devastante. Avrebbe usato la mano sinistra, caricandola con una dose massiccia di chakra, mescolando il proprio e quello del demone. Avrebbe esaudito il desiderio del Guardiano, anche se era sicuro che si sarebbe immediatamente pentito di non averlo attaccato per primo.


    Oh, questa volta fai sul serio, piccolo monaco. Non hai paura di perdere il controllo e fargli del male? Sussurrò la creatura dal profondo della sua prigione. La rappresentazione di Haruki che si trovava nel mondo interiore sorrise lievemente. Non sottovalutarmi, Demone. È la Fiamma a guidare la mia mano. Un rosario nero iniziò a scorrere tra le sue dita, mentre le labbra componevano versi in una lingua antica quanto il mondo stesso. Presto il secondo frammento del sigillo sarebbe stato completato e allora avrebbe mosso un altro passo verso il suo obiettivo finale: il controllo assoluto sulla forza di un Bijuu.

    Edited by Bartok. - 6/5/2017, 00:52
     
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