Gelide nottate

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    Passeggiata notturna

    I



    Dato che la sua prima “visita” al villaggio non era stata delle pià accoglienti, stavolta avrebbe potuto approfittare del momento per farci un giro. L’entrata appariva maestosa ed accogliente, con la montagna che si innalzava in lontananza, illuminata dalle ultime luci di quella giornata. Poteva prendersi il tempo per scegliere il ristorante più raffinato dove cenare, la locanda coi letti più morbidi, ed il giorno dopo fare un giro al mercato svuotando del tutto il portafoglio in robaccia che avrebbe portato a casa e in ufficio (magari solamente i souvenir più resistenti). Il problema era che non aveva voglia di fare nessuna di queste cose.
    Camminava stringendosi le braccia, come se la temperatura si fosse improvvisamente abbassata, maledendo nuovamente l’addestramento subito. Aveva un mal di testa talmente fastidioso che non riusciva nemmeno a concentrarsi sul trovare l’Amministrazione, nonostante non fosse difficile trovare un edificio tanto enorme. I passanti che l’aiutarono dandole informazioni su come arrivarci erano quasi tutti piuttosto gentili, anche se alcuni sembravano guardarla con aria strana. Forse i suoi occhi, più probabilmente la creatura che portava sulle spalle, ma volente o no aveva gli occhi dei curiosi puntati addosso. Se fosse stata al pieno delle sue forze, avrebbe sicuramente reagito in maniera infastidita facendolo ben notare. In quel momento invece, si limitava a sibilare, stanca, decisa a raggiungere l’Hokage la sera stessa solamente perché la guardiana le aveva detto che lo avrebbe avvisato del suo arrivo.
    Arrivata davanti all’Amministrazione, entrò presentandosi alla segretaria, con voce stanca:

    Hebiko Dokujita.

    Sarebbe rimasta in silenzio, aspettandosi che sapesse già tutto. Se così non fosse stato, avrebbe sbuffato, quasi pretendendo che la donna fosse in grado di leggerle nel pensiero, gesticolando con una mano:

    L’Hokage, l’ufficio. Devo vederlo.

    Avrebbe aspettato le dovute indicazioni, mentre Darwin, visto il trattamento ricevuto in precedenza dalla guardiana, sarebbe saltato scodinzolando sulla scrivania della reception, in attesa delle sue “meritate” attenzioni.
     
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    Tiepidi pomeriggi







    La giornata di Raizen da un bel po’ di tempo a quella parte era drasticamente cambiata, c’era un tempo in cui tra una missione e l’altra bighellonava senza alcuna meta per il villaggio, o si spostava per questo o quell’altro affare. Ora per la maggiore doveva convincersi del fatto che fosse un passatempo leggersi i rapporti delle missioni e cercare indizi riguardanti i grandi eventi che stavano sconquassando il mondo ninja.
    Ancora però non era riuscito a convincersene del tutto e dopo qualche ora generalmente buttava tutto all’aria, ritirandosi nel suo appartamento al quale l’ufficio aveva un accesso diretto.
    Era li che si trovava quando bussarono alla porta dell’ufficio, pigramente steso sul divano davanti al fuoco a leggere una rivista scientifica, ma non di quelle vere, quelle che parlavano un po’ cafone e ti facevano annusare il culo alla scienza, più che fartela conoscere realmente. Un passatempo ricercato che più di una volta si era dimostrato utile durante le missioni, il buon vizio di lasciare le porte di collegamento aperte e la luce dell’ufficio accesa gli permetteva di far credere che fosse ancora a lavoro, doveva solamente correre a sedersi visto che tanto la scrivania non la ordinava mai e sembrava fosse sempre intento a far qualcosa.

    Ah, chiedono di me?
    E chi?


    Quando gli venne detto che era Hebiko se ne sorprese.

    Ah si?
    Boh, va bene, mandamela quando arriva.


    Alzò le spalle con semplicità e quando Hitomi si richiuse la porta alle spalle socchiuse gli occhi, ripensando a quando inietto il siero alla ragazza.
    Quando questa aprì la porta dello studio l’avrebbe trovato con una tazza di latte e caffè in mano, intento a leggere sui fogli, sul serio questa volta, non sapendo quanto la ragazza avrebbe impiegato ad arrivare infatti aveva deciso di occupare il tempo completando il lavoro.

    Oh, un otese.

    Sorrise poggiando i fogli. Raizen non sapeva che aspetto avesse l'ufficio di Febh, ma aveva personalmente curato l'arredo del proprio dando un impronta assai naturale al tutto, tanto da farlo sembrare un angolo di foresta addomesticato per diventare un ufficio, dando un incredibile sensazione di tepore che tutto quel legno rendeva reale conservando ottimamente il caldo o il freddo, e permettendo al Colosso di sopportare al meglio quell'ambiente sempre e comunque claustrofobico per i suoi gusti.

    Che ti manca?

    Chiese con curiosità prima di focalizzarsi sul volto della ragazza e notare quanto poco salutare fosse.

    Che faccia.
    Ma da dove vieni?
    Prenditi una sedia va.


    Non fece gli onori di casa, porgendogliela, ma gliela indicò, mancanza di cortesia che sottolineava la confidenza che Raizen si era preso praticamente da subito, forse lasciandosi prendere la mano dalla differenza di grado ed esperienza abissale che li separava.
     
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    "Ti devo parlare"

    II



    Darwin non fu in grado di ottenere le attenzioni desiderate, data la reazione di sorpresa misto disgusto della segretaria. La Vipera lo riprese con sé sibilando, infilandolo nella borsa che aveva con sé, dirigendosi borbottando verso l’ufficio indicatole.

    Stupida racchia. Il mio Darwin è adorabile.

    Entrò così come faceva nell’ufficio di Febh, senza bussare o altro, con la differenza che Raizen era stato avvertito del suo arrivo, mentre lo Yakushi veniva solitamente beccato a poltrire o fare qualcosa di pericoloso. Si soffermò per un po' ad ammirare l’ordine di quel posto: scartoffie sulla scrivania a parte, era tutto in ordine e pulito, senza segni di bruciature, di riparazioni fatte frettolosamente o polli che timbrano documenti urgenti.

    Vorrei lavorare qui.

    Venne distratta dalla domanda dell’Hokage, alla quale rispose con un confuso: “eh?”, poco prima di riprendersi e ricordarsi cosa ci facesse lì.

    Ah, sì! Mi serve parlare. Ciao intanto.

    Alla suo commento sul suo aspetto, la Vipera assottigliò lo sguardo, cercando di guardarlo storto, ma apparendo più come un’anziana che aveva perso gli occhiali.

    Cos’ha che non va la mia faccia?



    La mancanza di formalità non la turbò affatto. Lei stessa non era abituata a toni del genere, dato che dava del “tu” a chiunque, e a malapena ricordava di inchinarsi appena di fronte ad alte cariche. E considerando che non aveva accennato ad alcun inchino non appena entrata nell’ufficio dell’Hokage stesso la diceva lunga sulla sua considerazione della formalità. La sua confidenza era invece data dalla precedente esperienza fatta: era pur sempre la prima persona alla quale aveva rivelato le proprie paure, anche se ora Febh era ad un livello superiore, ed anche il motivo per il quale lei si trovava lì.
    Si sedette mettendosi comoda, lasciando che Darwin uscisse dalla borsa mentre vi cercava un fazzoletto. La creatura si apprestò ad esplorare la stanza, scodinzolando non appena incrociò lo sguardo con Raizen, correndo verso la scrivania per arrampicarvisi e salirci in cima, tentando lo stesso approccio che aveva avuto con la segretaria poco prima.

    Una tizia di Konoha ha addestrato me ed un altro beota. Il suo brillante addestramento comprendeva una nuotata in acque gelide.

    Il resto si intuiva dalla sua faccia.

    Devo parlarti di… Ah, sì.

    Senza preavviso, ma con delicatezza, allungò entrambe le braccia verso Raizen, portandole sotto al suo volto, accarezzandolo con attenzione come se stesse cercando qualcosa. Una volta individuata la famosa pallina che si era fatto impiantare per chissà quale motivo di sicurezza, la rossa ritornò a sprofondare nella sua sedia, borbottando sottovoce a se stessa:

    Certo, chi altri poteva essere, si trova nel suo stupido ufficio. Devo parlarti del nostro patto. ...Non è che avresti un’aspirina? Ho un mal di testa terribile.

    Se c’era una cosa che non sopportava era quella sensazione di debolezza che dava la febbre. Faticava a restare concentrata su un unico discorso, stropicciandosi gli occhi infastidita, aspettando che il suo rimedio arrivasse in fretta. Si era tutta rannichiata sulla sedia, quasi non rendendosi conto di trovarsi nell’ufficio di un Kage, e non quello per il quale lavorava, ma qualcuno con cui aveva un grosso debito alle spalle.
     
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    Volatili

    A propulsione fisica con scoppio ritardato








    Quando Hebiko gli chiese della sua faccia lo stupore di Raizen si palesò prima nella sua faccia che nella sua voce.

    È da un pezzo che non ti capita uno specchio davanti al naso immagino.

    Avrebbe rovistato qualche secondo in uno dei cassetti della scrivania, sollevando un discreto suono di ciarpame, piccoli oggetti di plastica, vetro, metallo e legno che urtavano tra di loro. Era molto probabilmente il cassetto dedicato ad accogliere quegli oggetti di cui non faceva un uso continuativo ma che potevano sempre servire.
    Quando emerse aveva uno specchio in mano.

    Diciamo che nel reparto di malati terminali ho visto persone che rispetto a te erano il ritratto della salute.

    Rovistò nuovamente, questa volta estraendo dei fazzoletti.

    Tieni, son più che sicuro che a breve ti serviranno.

    Si stava per poggiare sulla scrivania quando con la coda dell’occhio osservò qualcosa, non riuscì ad identificarlo subito, colpa della visuale periferica e del misto disordinato di animali che era ma la reazione fu fulminea: qualche istante prima che la gallina geneticamente modificata potesse poggiare le zampe sulla scrivania il volto di Raizen mutò, sgranando gli occhi, mentre la destrorsa scattò verso l’essere impattando senza possibilità di scampo. Solamente la manata probabilmente avrebbe ridotto l’essere ad un sacchetto di ossa scomposte attaccate ad un becco, l’impatto sul muro l’avrebbe definitivamente spalmato sullo stesso.

    CHE CAZZO ERA?!?
    L’HAI VISTO?!?


    Si stava guardando in giro per verificare se ce ne fossero degli altri quando la genin si protese verso di lui per afferrargli il viso e tastarglielo.

    No!
    No!
    No!
    Non è il momento di smancerie!


    Che poi Hebiko stesse solo cercando di rintracciare la sferetta per lui poco importava in quel momento, era preso da tutt’altro.

    Potrebbero essercene degli altri di quei cosi e non so da dove sono arrivati!

    Cominciò a sollevare i fogli sulla scrivania mentre continuava a parlare distrattamente.

    E di che diavolo stai parlando?
    Aspirine, patto?
    Che cazzo c’entrano?


    Guardò rapidamente sotto il mobilio accorgendosi che nella stanza non c’erano altri pseudovolatili, solo adesso che aveva appurato che era l’unico presente nella stanza e provava a rievocarne le fattezze si rese conto che era una cosa prettamente Otese.

    Oh… era tuo per caso?

    Chiese indicando il macinato spalmato sul muro.
     
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    Rigenerazione difettosa

    III



    La ragazza prese lo specchietto con aria stanca, fissandosi e quasi sobbalzando alla vista del suo riflesso.

    Oh Kami. Ho bisogno di darmi una sistemata al più presto.

    Per quanto non lo desse a vedere, Hebiko teneva parecchio al suo aspetto fisico ed al suo lato femminile. Aveva sempre un trucco semplice addosso, cercava di non eccedere nel cibo (tranne quando capitava di fronte a negozi di dolci col portafogli pieno), aveva un armadio sufficiente da soddisfare le esigenze di una donna nonostante indossasse sempre la solita roba e la vita da ninja la aiutava a mantenersi in forma.
    Prese il fazzoletto senza nemmeno guardarlo in faccia, concentrata a togliersi di dosso il trucco fin troppo sbavato, non accorgendosi dello schiaffo alla velocità della luce che ricevette Darwin, venendo lanciato senza pietà contro la parete. Il suono di centinaia di microfratture sembrò rimbombare nella stanza, ma la bestia non esplose come Raizen poteva aspettarsi. L’incredibile abilità di rigenerazione e resistenza della chimera gli permise non solo di tenere tutto il suo corpo unito (circa), ma gli permise di riprendersi in tempi brevissimi. I lamenti di dolore lasciavano intuire che la botta l’aveva sentita. Lentamente sarebbe tornato in piedi, al suo interno un ossicino alla volta si sarebbero riuniti, rigenerandosi, ridandogli una forma adatta a mantenersi in piedi e non farlo sembrare una pezza buttata via da qualcuno.
    Mentre la Vipera si avvicinava alla ricerca di quell’inutile pallina, notò Raizen agitarsi, mentre osservava irrequieto in giro per la stanza alla ricerca di qualcosa. Confusa, e non poco imbarazzata dal suo commento, reagì sibilando aggressiva, troppo debole per osare uno schiaffo, ma non abbastanza per ignorarlo del tutto. Senza considerare il fastidio che le aveva provocato quell’urlo.

    SSSSSH! Ho mal di testa, cretino… Visto cosa, cosa?! E’ cosa comune tra voi capovillaggi essere degli psicopatici!?

    Arrossì, ma la cosa non si notò visto il rossore già presente per il malessere:

    S-smancerie!? Stavo cercando la stupida… cosa che ti sei fatto mettere sotto la mascella!! Il giorno del siero, non ricor… Mi stai ascoltando?

    Più lo vedeva frugare in giro alla ricerca di chissà quale spettro ignorando almeno in apparenza le sue parole, più si innervosiva. Portò le braccia lungo i fianchi, visibilmente infastidita, ribollendo di rabbia quando Raizen le parlava confuso, continuando a cercare chissà cosa. Era un po’ come avere a che fare con Febh, ma peggio, perché su di lui non aveva controllo. Inspirò preparandosi a ruggirgli addosso, quando l’Hokage le indicò il suo animaletto domestico, guarito quasi del tutto dallo schiaffo, ma con le zampe rivoltate al contrario.

    D-Darwin!! Cos’è successo!?

    Si avvicinò a lui, prendendolo in braccio, prima di ritornare sulla sua sedia, accucciandovisi con la creatura tra le braccia. Si voltò fissando torvo l’uomo di fronte a sé:

    E di chi pensavi che fosse! Deficiente!! ...Guarda qua, ha tutte le zampette storte!! No, tranquillo Darwin, l’orco brutto e cattivo non ti toccherà più.

    Coccolò la creatura, trovando conforto nel sentire il calore dato dal suo pelino misto piume, borbottando tra se:

    Fa un sacco freddo qui…

    Cercò di tornare a concentrarsi sul motivo della sua visita, massaggiandosi la fronte con una mano, mentre con l’altra teneva Darwin ben stretto a sé, visibilmente terrorizzato dalla presenza di Raizen, dal quale di tanto in tanto provenivano degli scricchiolìì, segno che le ossa cercavano di rimettersi in posizione. Le uscì un mugolìo confuso, mentre faceva del suo meglio per riordinare le frasi nella sua testa:

    Il patto… Quello del siero, dai. Che c’eri tu che mi hai rotto un braccio, e poi hai detto che invece era colpa di Orochimaru, solo che poi l’ho detto a Febh e non gli andava bene… Cioè, no, non è che non gli andava bene il siero. Non andavo bene io, ha detto. Si è fatto tutto serio, faceva un sacco paura, tipo che ad un certo punto mi strozzava ma non mi stava mica toccando… Credo non mi abbia uccisa per un soffio. E insomma. ...Di cosa stavamo parlando?

    Tornò a fissarlo, con gli occhi rossi e leggermente lucidi, continuando a massaggiarsi la testa. Al contatto la fronte era piuttosto calda.

    ...E poi ti ho detto che ho mal di testa… Dov’è la mia aspirina?

    Hebiko non era sicuramente pratica di formalità, ma in quel momento, accucciata com’era sulla sedia, non era pienamente consapevole delle sue condizioni. Sentiva un enorme senso di stanchezza, voleva solamente cambiare l’accordo fatto in precedenza il prima possibile e poi raggiungere subito una locanda dove riposarsi e recuperare le forze. E magari trovare un modo per aggiustare Darwin.
     
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    Housekage









    Si voltò da lei quando venne chiarito cosa era la creatura, che a quanto pareva aveva anche un nome.

    Oh, ha anche un nome?
    Per essere corretta dovevi dargliene almeno tre, uno per ogni specie di cui è composto.
    Penso di aver visto poche cose così brutte.
    Non voglio essere offensivo eh, ma insomma.


    Fece una smorfia con cui cercava di dire che non aveva scelta.

    Ma comunque, ora che me lo ricordi.

    Con la medesima noncuranza con cui lei toccò il viso di Raizen lui toccò a lei il seno, e non lesinò di certo le palpate, anche se non sembrava dalla prima o dalla seconda, o dalla terza, o dalla quarta non erano casuali, stava infatti cercando la piccola sferetta che gli mise nel seno.

    Si.
    Sei sicuramente tu.


    Disse dopo averla rintracciata.

    C’è un problema però.
    Seppia.
    Io non dovevo sapere dove l’avevi posizionata, come tu non dovevi saperlo… ma visto che ormai avevi cominciato il gioco tanto valeva…


    Disse con un sorriso malizioso.

    Comunque, andiamo di la, sei l’ultimo appuntamento della mia giornata, e in casa ho il fuoco fatto.

    Alzò le sopracciglia.

    Accidenti. Fa così antico dire “ho il fuoco fatto”
    Ma vabbè…


    Si alzò in piedi e la condusse nell’appartamento dopo aver spento le luci dell’ufficio, alzando una mano per zittirla in caso volesse riprendere a parlare.

    Si, si.
    La tua aspirina, ora che andiamo di la te ne do qualcuna, non so se le ho in realtà, non mi succede mai di avere mal di testa, eventualmente ti prendi qualcosa di un po’ più forte, male che vada ti fa dormire bene.
    …e un po’ più del solito magari.


    L’appartamento era indiscutibilmente ben arredato, ma con uno stile più pratico rispetto allo studio, doveva essere comodo e accogliente, visto che era il luogo in cui avrebbe dovuto passare il suo tempo libero, poche cose ricordavano il mondo ninja li dentro, e tra quelle poche era inclusa la figura di Raizen.
    Il soggiorno si sviluppava attorno ad un grande camino che riscaldava tre divani due a tre posti e una poltrona, probabilmente la Montagna decideva in quale dei tre sdraiarsi in base a quale parte del corpo sentiva più freddo, e non era da escludere che li girasse tutti e tre in base alla posizione. La grossa poltrona era insolitamente posta al centro, segno che quella era la casa di un uomo solo in fin dei conti, era in pelle, di un gradevole color marrone, ma non sufficientemente scuro da farlo apparire nero, seppure nella sala al loro ingresso l’unica fonte di luce fosse il camino. Contrastava in maniera singolare con il resto dell’ambiente, i divani infatti erano sostanzialmente due grossi cuscini lievemente sagomati sospesi da terra da due gambe di metallo ed il camino un taglio orizzontale di un paio di metri alto poco meno di uno, mentre la poltrona classicheggiante e morbida era in pelle, era scorretto dire che ci si sedeva, piuttosto si sprofondava in una nuvola.

    Siediti pure NEL divano, mi raccomando.

    Parlava distrattamente, lasciandola in compagnia del suo Darwin mentre lui andava nella cucina, probabilmente a cercare l’aspirina richiestagli.
    Rimasta da sola Hebiko potè notare quanto in quella casa ci fosse carenza di tocco femminile: era tutto in perfetto ordine maschile.
    Il che voleva dire che non c’era un singolo soprammobile eccezion fatta per qualche scultura dalla forma sinuosa e singolare, difficile non desiderare di toccarle, ognuna aveva una forma e una ruvidezza propria, alcune erano così lisce da riflettere l’intorno, probabilmente Raizen le aveva fatte o acquistate proprio per quella ragione. L’assenza di polvere era sicuramente da attribuirsi ad una domestica, ma pareva che la Montagna avesse dell’autocontrollo quando si parlava di ordine. Nel basso tavolino infatti erano presenti esclusivamente una rivista ed un libro, i restanti erano riposti o nella libreria che si incassava in una delle pareti del soggiorno o in un portariviste accanto alla poltrona.
    Le finestre davano quasi tutte sul villaggio, poche sulla montagna dei kage e quelle erano parzialmente oscurate dalle persiane socchiuse, difficile dire per quale ragione.

    Tiè.
    Non è un aspirina, ma viene dritta dalle serre del villaggio.
    Funziona sicuramente meglio, checchè ne possano dire quei morti di fame dei sunesi che si vantano di quelle quattro gocce di distillato di fame che riescono a produrre ogni anno o voi otesi mangiacarogne le nostre serre sono le più fornite e curate.
    Quella tisana ti rimetterà in sesto pure le malattie che non sai d’avere.
    I kiriani non li ho citati solo perché dalle loro steppe desolate il massimo che ci raccolgono è muffa e muschio.
    Ed è pure calda.


    Quando gli prese la tazza di mano lui si spostò, accomodandosi sul divano come se ci fosse tornato dopo una breve pausa e ricercasse nello stesso la sua sagoma. Se Hebiko si fosse trovata li l’avrebbe gentilmente presa per la collottola e poggiata sul divano. Sistematosi avrebbe poggiato i gomiti sui braccioli e rilassate le spalle sullo schienale si sarebbe concentrato sull’otese.

    Ah. Deficiente sarà tua mamma, tua nonna e pure tua zia e rispettivi mariti per essersele sposate.

    No, non gli era sfuggito quel piccolo insulto, anche se probabilmente non stava badando al fatto che quasi certamente, biologicamente parlando, stava insultando un unica persone ed era da tutti riconosciuta come un genio, per quanto deviato.

    Chiunque si sarebbe spaventato a vedere quella roba, cioè, quanti cazzo di occhi ha per lato? Tipo venti?
    Sono più che certo che qualcuno sia inciampato su una rastrelliera di dna casuali per crearlo, quella reazione è fin troppo giustificabile.


    Disse senza il minimo tono di risentimento, probabilmente perché la bestiola si era rimessa in sesto da se, dopotutto era pur sempre umano ed in quanto tale dotato di un cuore, far soffrire le creature senza alcun motivo gli dispiaceva. Forse.

    E poi è tornato intero, no?

    Aggiunse facendo spallucce.

    Ora, mentre deliravi per il freddo e la stanchezza mi dicevi qualcosa riguardo il patto?
    Febh quelle cose fastidiose le fa mediante il chakra adesivo, se la cava bene ad usarlo e diciamo che spinge le sue proprietà un passo in avanti, letteralmente.
    Ma raccontami, che è successo?


    Chiese sinceramente incuriosito.
     
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    "That's mine now"

    VI



    Se ne stava sulla sedia a coccolare tranquilla la sua bestiola, con tanto di bacini e frasine consolatorie mentre attendeva la sua completa guarigione, quando Raizen la prese alla sprovvista, palpandola senza troppi complimenti. Un fuoco le si accese negli occhi, e presa saldamente la base della coda di Darwin, iniziò ad usarlo come fosse un martello contro il colosso, probabilmente facendogli si e no il solletico, pur sforzandosi di impiegarci tutta la forza possibile, mentre la chimera perdeva piume e gridava ad ogni colpo.

    Stupido! Pervertito! Sono una spia! Non la tua puttana!!

    Troppo debole per infierire ulteriormente, ma non fermandosi fino a che non si fosse staccato, si rese finalmente conto delle condizioni della sua creaturina, rimettendola in piedi e riassemblandola come meglio riuscì a fare, tornando a coccolarsela dispiaciuta. La rabbia però non era ancora svanita, alimentata da quel fastidioso mal di testa:

    E come pensavi di fare, genio?? Che dovevo fare, aspettare fino a che tu non te ne uscivi con un metodo diverso? E’ una cosa stupida.

    Sprofondò sulla sedia, con la sua creatura stretta tra le braccia, tenendogli il broncio mortalmente offesa, incapace di punirlo alla sua maniera. Si rialzò all’improvviso, con tanto di ditino alzato:

    E POI! Con tutti i posti dove potevi nasconderla, PROPRIO Lì?! Questa me la paghi.

    Se avesse cercato di giustificarsi con qualcosa del tipo “è il punto più morbido”, avrebbe risposto sibilando, stringendo istintivamente la coda di Darwin e facendolo sudare freddo:

    Sono fatta di serpenti! Sono TUTTA morbida!!

    Lo seguì nel suo alloggio personale, estremamente bisognosa di un rimedio per il fastidio che provava, restando apparentemente impassibile, ma allargando le pupille all’udire la parola “fuoco”. Non appena mise piede nel salottino, non aspettò nemmeno l’invito ad accomodarsi datole dall’uomo, lanciandosi senza troppi complimenti esattamente nella poltrona davanti al fuoco. “Nella”, perché era così morbida che la sentiva quasi avvolgervisi addosso, ma il freddo dato dalla febbre l’avrebbe spinta a cercare una coperta, o la cosa più morbida che le somigliasse, avvolgendosela avidamente attorno e posizionandosi davanti al camino in quella poltroncina speciale, con Darwin appallottolato su uno dei bracciali, entrambi a godersi il calore come due rettili sotto al sole. Non aveva la forza di sbirciare i dintorni per esplorare la stanza, se ne sarebbe rimasta lì al calduccio, in pace, attendendo paziente l’arrivo della sua medicina.
    Medicina che non tardò ad arrivare in formato tisana, che prese delicatamente allungandosi verso l’Hokage. Quando tentò di poggiarsi nuovamente allo schienale, sentì la grossa mano del Colosso prenderle il vestito, cercando di alzarla e spostarla da lì: rapidamente posò la tazza a terra senza far cadere una sola goccia (in fondo l’addestramento per l’equilibrio aveva dato qualche risultato), allungando entrambe le braccia ed annodandole più volte attorno alla poltrona, sibilando aggressiva:

    No. Mia.

    In quel momento il fatto di trovarsi nella residenza di un Kage non suo nella sua testa non aveva molta importanza. Forse il mal di testa, forse il suo carattere poco formale, forse il carattere stesso di Raizen estremamente confidenziale, senza dimenticare il tremendo mal di testa che le rendeva difficile concentrarsi; un miscuglio di eventi che l’aveva portata a sentirsi più a casa di quanto non fosse. Perciò prendere possesso della poltrona preferita dal Colosso era un gesto come un altro. C’era solo da sperare che Raizen non se la prendesse in maniera esagerata. Avrebbe anche cercato una buona scusa:

    Me lo devi. Mi hai palpata senza permesso. Ora devi chiedermi scusa, e lo farai cedendomi la poltrona.

    Che avesse avuto la soddisfazione di tenersela o meno, aveva poca importanza, i divani erano tanto comodi quanto la poltrona, ma le sarebbe apparso un broncio insoddisfatto in faccia se non avesse avuto il posto che voleva.
    Annusò la tisana, bevendone qualche sorso prima di rispondere agli insulti che non ottennero poi un gran risultato:

    Con tutti gli insulti che potevi farmi hai trovato il più inutile e quello sul quale sarei pienamente d’accordo con te.

    Darwin si posò sul divano rimasto libero, mentre la Vipera fulminava Raizen con lo sguardo, soffiando delicatamente sulla sua tisana.

    Di certo non è stato creato per sfilare ai concorsi di bellezza. Se è sopravvissuto fino ad ora è sicuramente merito di quella rigenerazione. Ma non sembra adatto al combattimento, penso sia per quello che han deciso di abbandonarlo.

    Ora si godeva la bella vita con la sua padroncina, più o meno. Fino ad ora al villaggio lei era l’unica che lo trattava con i guanti (certo, a volte aveva degli scatti di rabbia e lo usava come arma impropria, ma poi gli chiedeva scusa).
    Si strinse su se stessa, era arrivato il momento delle domande serie e del motivo per il quale si era fatta vedere. Pur infastidita dal mal di testa, trovò la forza per concentrarsi, abbassando lo sguardo e rabbrividendo ancora ripensando a quella terribile giornata:

    B-beh. Febh fa parte dei ninja di Oto che non sopportano Orochimaru. E quando gli ho confessato dei miei poteri e della loro origine… Non l’ha presa molto bene. Presumo non gli andasse giù sapere di avere una “spia della Serpe” che gironzolava liberamente nell’Amministrazione.

    Pronunciò quella frase con disgusto, sibilando silenziosa, prima di proseguire:

    Credevo davvero mi avrebbe uccisa lì per lì senza troppi complimenti. Parlavano tutti di questo suo lato, ma… Insomma, ci ho lavorato per mesi, e non mi era mai capitato di vederlo a quel modo, sembrava tutta un’altra persona. Una persona che ripeteva più volte di potermi distruggere in qualsiasi momento.

    Si prese una pausa, rabbrividendo, cercando di arrivare al punto finale più in fretta possibile:

    Ma poi mi ha messa alla prova, e sembra aver cambiato opinione su di me. Ho anche firmato un contratto con i serpenti. Insomma, alla fine è andato tutto bene.

    Accennò un finto sorrisetto, continuando il suo discorso prima che Raizen potesse intervenire:

    Però quell’episodio mi ha un po’ segnata. Ora mi sono guadagnata la sua fiducia, e perderla significherebbe sicuramente restarci secca. Perciò sono venuta fin qui per chiederti di cambiare il mio compito. Non ho il coraggio di dirgli io di Diogene, se per qualche motivo associa una qualsiasi delle mie parole ad Orochimaru, quello pensa che tutta la fatica per guadagnarmi la sua fiducia fosse una farsa e, se vuole essere gentile, mi uccide sul momento. In caso contrario, non voglio nemmeno immaginare.

    Prese qualche sorso della sua tisana, premendosi la fronte, piuttosto calda, terribilmente infastidita dal mal di testa.

    Io appoggerò le tue idee. Ok? Impedire a Diogene di distruggere Oto, o di prenderne il controllo, o qualsiasi cosa quello psicopatico punti a fare. Ma non posso informare io direttamente Febh. Le probabilità che le cose vadano male sono fin troppo alte.


    Edited by Waket - 18/2/2017, 20:45
     
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    Case insicure








    La chimera impattava con ben poca gentilezza sul viso di Raizen lasciando di tanto in tanto qualche graffio con gli ossi rotti dagli impatti precedenti sul suo viso, niente che lui non potesse sopportare.

    Non ho mai pensato che tu lo fossi, ma se ti aggrada pensarlo chi sono io per impedirtelo?

    Disse tra un femore di piccione e un becco. Sputacchiò una penna prima di riprendere a parlare.

    Semplicemente era il luogo migliore, sulla natica l’avresti sentito sedendoti, mentre la tua mascella è troppo piccola ti avrebbe dato noia quando masticavi.
    L’ho fatto pensando a te.


    Un cinquanta e cinquanta in realtà, ma nessuno lo obbligava ad essere del tutto sincero.

    E poi chi diavolo lo sapeva che eri fatta di serpenti?

    Indietreggiò lievemente con la testa, non era difficile comprendere che l’affermazione l’avesse turbato.

    Fatta di serpenti… brrr.
    Solo voi otesi eh.
    Soltanto voi.
    Mai sentito un kiriano, un sunese o un konohaniano o qualsiasi altro dannato ninja del mondo che è composto di animaletti.
    Mai.


    Si trasferirono quindi nel soggiorno dove la vipera, o meglio le vipere, tentarono di prendere possesso della sua poltrona.

    Tua?
    No. Decisamente no.


    La alzò ulteriormente da terra, di fatto un’ altezza quasi vertiginosa per Hebiko e la scosse qualche volta, il tutto tenendo la tazza di tisana perfettamente immobile, segno che la cosa impegnasse una parte della sua forza assai irrisoria.

    Toh, guarda te come sei vitale, pensavo quasi che la tisana ti servisse.
    Anche se devo ammettere che cedertela per una palpata è decisamente un trattamento di favore.


    Sorrise, tuttavia non avrebbe smesso di scuoterla fino ad ottenere ciò che voleva: far scivolare via la poltrona dalla presa, ammorbidendone l’impatto col piede. Quando il mobilio venne assegnato ai giusti occupanti avrebbe posato Hebiko con delicatezza sul divano per poi passargli a tisana.

    Dopo averla bevuta capirai che è un pagamento più che consono per il disturbo.
    E non cercare di stuzzicare la mia fantasia con gli insulti, sarebbe peggio che sfidarmi ad una scazzottata.


    Poi osservò Darwin, la strana creatura con un nome altrettanto particolare.

    Credo sia stato creato semplicemente per errore.
    Guardalo e sii onesta. Non può essere stato creato per nessun’altro motivo.


    La povera creatura scrutava la stanza mentre Raizen la indicava, non sapeva se veniva o meno compreso, ma la cosa non gli impedì di essere inclemente mentre esternava la realtà dei fatti.

    Si fossero sforzati un pelino con l’intelligenza… penso sia poco più sveglio di una gallina.

    Tacque per qualche secondo fissando la bestiola.

    Ma posso comprendere che faccia pena. Hai uno spiccato lato da crocerossina vedo.

    Dopo quell’ultima considerazione venne il momento di Hebiko e Raizen l’ascoltò, mentre per la stanza, si alzava una musica da sala piacevole, quasi di nascosto.
    La montagna non aveva attivato nulla, era probabile che quell’evento fosse programmato in qualche modo, ma accorgersi della musica non sarebbe stato semplice in quanto il volume non avrebbe sovrastato il normale tono di voce di una persona e si sarebbe alzato lentamente e con un ritmo scandito da quello stesso della musica.
    Era indubbiamente piacevole sostare nel soggiorno dell’Hokage.
    Quando si trasferì nell’appartamento pensò infatti che se proprio doveva rinunciare alla vita all’aperto avrebbe dovuto farlo in grande stile, appropriandosi di tutte le comodità che desiderava.
    Musica che, tuttavia, non avrebbe distratto Raizen dalle parole di Hebiko.

    Momento.

    Avrebbe detto una volta che la serpe avrebbe terminato di parlare.

    Orochimaru è vivo?

    Aveva però detto che Febh non voleva spie dello stesso attorno, cosa abbastanza singolare che oltre a confermare l’odio dello Yakushi verso Orochimaru faceva sorgere qualche dubbio riguardo quella storia. L’immortale aveva ripreso le attività dopo un lungo sonno cosa che poteva infastidire Oto essendo lui un leader abbastanza distante, oppure gli otesi volevano tenere il fondatore del loro villaggio lontano dai loro affari.
    C’erano pochi motivi per cui un ninja, un amministratore voleva tenere con una tale foga qualcuno lontano dai suoi impicci.

    O meglio, visto che pare lo sia, perché Febh non lo desidera tra i piedi?

    Sollevò poi gli occhi verso il soffitto.

    C’è da dire che come villaggio fate schifo.
    Tu vuoi cambiare il nostro accordo per paura che il tuo attuale… accidenti se è difficile associare le due cose… amministratore ti faccia del male anziché difenderti?
    E cosa rientra nel perdere fiducia?
    Pronunciare troppo spesso il nome Orochimaru?
    Non dirgli che hai mangiato un panino quando sei a dieta?


    Scosse le spalle.

    Sono cazzi tuoi se abiti in una fogna a cielo aperto popolata di ratti.
    Per quanto mi riguarda non c’è problema, non ho mai fatto troppo affidamento su questo accordo onestamente.
    Consideralo sciolto se ti aggrada lasciare tutto com’è adesso.
    Ma ricorda, hai fin troppe informazioni preziose, se cadono nelle mani della persona sbagliata sei morta.
    Non è curioso che ad ucciderti possa essere proprio la persona a cui queste informazioni gioverebbero?


    La guardava senza sosta mentre parlava.

    Sei invischiata nel fango fino alla punta dei capelli e il meglio che il tuo villaggio ha da offrirti è una minaccia di morte.

    Non pensava sarebbe mai accaduto, ma la considerazione che aveva di Febh calò lievemente, era stato il suo maestro, un durissimo maestro, e nonostante i metodi qualcosa gli aveva insegnato, il che ancora gli permetteva di stare lievemente sopra la media nella sua scala di gradimento, ma dopo quel racconto sarebbe stato lievemente sotto. Di certo non una minaccia o qualcosa da temere, ma di sicuro da tenere sott’occhio. Febh, il tontolone con la forza smisurata alla guida di Oto era un conto, Bef il freddo calcolatore con la propensione a fidarsi troppo delle deduzioni era decisamente un’ altra cosa.
     
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    Dubbi

    V



    La faccia della Vipera lasciava intendere come continuasse a crede stupido quel metodo di riconoscimento. Si infiammò una seconda volta quando l’altro espresse disgusto per la sua natura:

    Non l’ho chiesto io di essere così!

    Circa. Il siero l’aveva pur sempre accettato lei, c’era da dire che forse nessuno dei due fosse stato a conoscenza di quel tipo di effetto. La cosa non le dava fastidio, solamente quando la punzecchiavano su quel suo bizzarro lato di sé.
    Una volta nel salottino, i primo tentativo del Colosso di riprendersi la poltrona fu vano, con lei che si limitò a stringere la presa, nonostante l’altezza decisamente insolita per i suoi standard.

    Trattamento di favore un cavolo. E’ il minimo. Stupratore.

    Sussurrò appena, sibilando aggressiva, finendo col dover mollare la presa dopo una furiosa scrollata da parte dell’uomo: nelle condizioni in cui si trovava la sua testa non era l’ideale ricevere un trattamento simile. Si lasciò posare sul divano mezza stordita e arrabbiata, riprendendo la tisana offertale e bevendone qualche sorso.
    Raizen venne distratto da Darwin, osservandolo girare per la stanza ed insultandolo senza troppi complimenti. Insulti ai quali la chimera rispose voltandosi nella direzione del suono e scodinzolando, rifiutandosi però di avvicinarsi nuovamente a quell’individuo. La Vipera si limitò a seguire con lo sguardo il suo animaletto, chiamandolo a sé sul divano e borbottando una risposta, ancora leggermente stordita dalla scossa:

    E’ in grado di tenermi compagnia ed è indistruttibile. Per il luogo in cui vivo è fin troppo efficiente, poco importa se non ha l’intelligenza, con la rigenerazione che possiede l’istinto di sopravvivenza è qualcosa di superfluo.

    Poi arrivò il momento dei discorsi più seri. Finì il discorso senza interruzioni, Raizen commentò solamente alla fine, con una domanda di difficile risposta:

    Io non… non lo so. Muore mai davvero? Qui dentro sembra sia sufficientemente vivo da avere una sua coscienza.

    Sì, in parte stava mentendo, Febh le aveva detto di averlo ucciso con le sue mani. Ma un frammento della sua anima era pur sempre dentro di lei, e in chissà quante altre persone o esperimenti. Era difficile credere che fosse effettivamente scomparso se c’era la possibilità che prendesse possesso del suo corpo in un momento di debolezza. La seconda domanda le sembrò terribilmente stupida, fissando il Kage con gli occhi spalancati, aspettandosi che si rimangiasse tutto dicendo che fosse solo una battuta o qualcosa del genere.

    Scusa, fammi capire. TU lo vorresti tra i piedi? Nel tuo ufficio? A sperimentare liberamente con chiunque voglia nel tuo villaggio? Sperimentare sui TUOI cittadini? Uno… “scienziato” senza morale il cui unico scopo è pura ricerca personale?

    Rimase a fissarlo in silenzio, aspettandosi che si rendesse conto della sua affermazione.
    Il successivo discorso la lasciò leggermente spiazzata, era pronta a difendere il suo paese Natale a spada tratta, ma le successive parole non le permisero di reagire come avrebbe dovuto. Si limitò ad abbassare lo sguardo sulla tazza, riflettendo. In effetti da un Kage o Amministratore che sia, ci si dovrebbe aspettare protezione, sentirsi al sicuro sotto al suo comando, non temere la morte al primo passo falso. Se la fiducia era comunque stata guadagnata, c’era pur sempre il domandarsi se Febh fosse davvero in grado o desideroso di proteggere i suoi abitanti e sottoposti. Proteggere lei. La sua paura non doveva essere quella di fare un passo falso: poteva aver paura di deluderlo, poteva temere di non essere all’altezza di determinati compiti, ma non avrebbe dovuto nascondergli cose per paura che la cosa lo facesse reagire male. Eppure era quello che era successo. Sì, stavolta si era concluso bene, ma le prossime?
    Non potè trattenere un’espressione arrabbiata quando l’uomo le confessò che non aveva dato poi molta importanza al loro patto. Non riuscì a trattenersi dall’interromperlo, rispondendo con un sibilo, chiaramente offesa:

    Scusami se non sono all’altezza. Ma grazie per il siero, vedo che anche tu possiedi uno “spiccato lato da crocerossina” per le cose che ti fanno pena.

    Le successive parole la colpirono come un pugnale al cuore. Non poteva controbattere, se lei era lì per chiedere di cambiare il suo patto era proprio perché non si sentiva al sicuro nel farlo. E non avvisando Febh della cosa, c’era il rischio che Diogene ottenesse quello che voleva, peggiorando solamente la sua situazione e probabilmente quella dell’intero villaggio.
    Spiazzata, si accucciò sul divano, con la tazza stretta tra le sue mani e gli occhi leggermente lucidi. Non si aspettava di certo di arrivare fino a quel punto, ma stava iniziando ad avere forti dubbi. Sì, non aveva mai fatto poi troppo affidamento agli altri, ma questo valeva finché viveva di stenti per strada. Nel momento in cui dava i suoi servigi e potenzialmente la sua vita per un villaggio ci si sarebbe aspettati protezione, ma la cosa non era del tutto vera, o almeno non lo sembrava. Si sentiva quasi più al sicuro in quella casa, pur lontana dal suo villaggio ed in un luogo a lei sconosciuto, che nella propria dimora.

    Voglio andare a… si bloccò, rimangiandosi le parole. No, non aveva più così tanta fretta di tornarsene a casa, ora come ora. A-ad una locanda. Sì. Ho bisogno di una doccia calda. Qualcosa di accogliente ma non troppo costoso, grazie. Ci devo passare la notte. E ho fame.

    Si era limitata a fargli distrattamente la lista delle sue esigenze, ancora visibilmente concentrata sul precedente discorso. Non era all’altezza di rispettare un patto, non era al sicuro nel suo villaggio. Non sapeva come reagire.
    Non avrebbe ascoltato la prima risposta di Raizen, concentrata com’era nei propri pensieri, costringendolo a scuoterla se avesse voluto delle risposte. Sarebbe rimasta a fissare la sua tisana, quasi in trance, mentre Darwin in disparte avrebbe optato per l’allontanarsi se il Colosso si fosse per qualsiasi motivo avvicinato al divano.
     
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    Patti e piatti







    Quando Hebiko ribattè alle domande di Raizen ricevette in cambio solo un occhiataccia.

    Sai, temo che tu stia cercando di sviare la domanda.
    Non stiamo parlando di chi io voglia o non voglia tra i piedi.
    Stiamo parlando del tuo amministratore e del perché lui non voglia Orochimaru tra i piedi.


    Liquidò poi l’etica riguardo gli esperimenti con un gesto distratto della mano.

    Come se per voi otesi fossero un problema gli esperimenti.
    Siete poco più di una scoreggia nel mondo ninja proprio grazie a quegli esperimenti, a privarvene vi rimarrebbe... zero?


    Indicò Darwin.

    Ti sei dimenticata che te ne porti uno dietro di quegli esperimenti?
    Giù la maschera.
    Tu parli io smetto di insistere, funziona così.


    Fu a quel punto che lo sguardo di Raizen si posò con un freddo languore su Hebiko. Potè constatare che lui e Febh chiedevano informazioni in maniera differente, se l’amministratore aveva mostrato gli artigli, spaventandola a morte Raizen si limitò a mascherare completamente qualsiasi tipo di intenzione, non era una minaccia, non era una richiesta gentile. Non si poteva avere certezza di cosa fosse.

    Posso dirti però che io SO una cosa…

    Disse come se divagasse ingenuamente.

    So che un kage è morto qualche tempo fa… un KO kage…
    Le cose sono forse… collegate?


    Ad Oto si poteva vedere di tutto, era vero, arti di troppo, corpi composti di serpenti, lingue biforcute, mutanti e organismi che cambiavano compiendo millenni di evoluzione in pochi istanti, ma c’era davvero qualcosa di più spaventoso dell’intelletto umano?
    C’era qualcosa di più spaventoso degli occhi dell’Hokage fissi nei propri come se vi fossero inchiodati, in attesa di una risposta?
    Il fuoco scoppiettò riempiendo quel tesissimo silenzio.

    La parte di Orochimaru che è dentro di te comunque non penso tarderà a sparire.
    O meglio, dipende da te.
    Quando attivasti le tue cellule riuscendo a ribellarti a lui contemporaneamente avevi sviluppato degli anticorpi contro di lui, diciamo che certe cose possono far male una volta sola.
    Quindi, se non vuoi scacciarlo tu lui resta, ma se davvero lo vuoi lentamente svanirà, come un brutto ricordo.
    Penso, e spero.


    Dopo quella breve considerazione si sarebbe alzato, dirigendosi nuovamente in cucina e tornando in soggiorno con un grosso tazzone, una ciotola con un manico in realtà, colma di un liquido più denso dell’acqua: caffè latte.
    Tra il contenuto e la tazza non si può dire cosa di più contrastasse con l’immagine di Raizen, se la tiepida bevanda così comune tra i bambini, o la grossa tazza bianca decorata da un grosso drago rosso che si avvolgeva a spirale su di essa.

    Beh?
    Che c’è?
    Mai visto del caffelatte?


    La risposta era scontata, ciò che non immaginava era che era assai difficile vedere un uomo di quella stazza berlo da una tazza grande quanto un secchio, anche se la fragranza del liquido era tutt’altro che spiacevole, si poteva sentire che era fresco ma soprattutto saporito.

    E dai migliori pascoli di Konoha.

    Mimò un brindisi prima di prendere qualche sorsata.
    Raizen teneva a quelle risposte, ma era evidente dall’alternarsi di momenti che non stava affatto facendo sul serio, passava infatti dall’intimidazione a momenti di relax senza alcun problema, non era dato sapere se lo facesse per non calcare troppo la mano o se quelle fossero per lui informazioni di poco conto a cui era attaccato solo per orgoglio.

    Comunque c’è una stanza per gli ospiti, con relativo bagno, la locanda non ti serve.
    E tra l'altro avresti rotto le palle, non sono mica un agenzia di viaggi.
    Sei entrata dalla porta e hai iniziato a chiedere cose, non costringermi a ricordarti chi è l'Hokage tra i due.
    Per il mangiare onestamente ho ben poca voglia di uscire, al che hai tre opzioni, o ti cerchi del cibo mentre cerchi la locanda, o mangi quello che cucino oppure ordiniamo qualcosa a domicilio.
    Ma prima, mi devi delle risposte.


    Allungò le gambe, affondando nella poltrona, mentre per qualche secondo fissò nuovamente Hebiko, con lo stesso sguardo freddo di prima, un patto era un patto, e uno dei piatti era ancora del tutto vuoto.
     
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    All'angolo

    VI



    Non aveva tutti i torti, stava davvero sviando la domanda per colpa della promessa fatta a Febh, ma il suo commento riguardante gli esperimenti bastò per ridarle la carica, ed evitare che chinasse il capo confessando tutto:

    Darwin?? IO sono un esperimento! Tu me lo hai detto. Credi che mi piaccia sapere di essere una specie di… mostro tenuto in piedi da dei serpenti!? Sapere che sono probabilmente stata creata solamente come… che ne so, corpo di riserva, o qualche stronzata simile? Ma sì, in fondo hai ragione, non saremmo niente senza quegli esperimenti. Io non sarei niente.

    La sua rabbia si spense in fretta, facendola affondare sul divano con la tazza di fronte alla faccia. Non lo guardò nemmeno in faccia quando le dimostrò di sapere parte della storia, lasciandola mugolare per qualche secondo tra sé, borbottando in tono molto acuto:

    ...Mhforse…

    Si schiarì la voce, allungandosi appena verso di lui con fare serio, alternando un tono di voce moderatamente tranquillo a piccoli scatti d’ira:

    Senti, va bene, stai cercando un altro modo per farti ripagare quello stupido siero. Mi sta bene. Ma se io ti do questa informazione, non fai altro che aggiungere alla lista di Febh un altro motivo per farmi fuori. Quindi, fammi capire… Per te, saperlo, è di così vitale importanza da mettere a repentaglio la sua fiducia verso di me e la mia vita, oppure possiamo passare a qualcos’altro? Perchè è proprio per il rischio di morte che sono venuta qui a cambiare il mio patto, e con una domanda del genere non fai che peggiorare le cose.

    Rimase a fissarlo visibilmente alterata, calmandosi qualche secondo dopo aver riflettuto. Distolse lo sguardo dall’uomo, sfruttando nuovamente la tazza per coprirsi parzialmente il volto.

    Ma a te che t’importa di cosa rischio. Sono una kunoichi otese.

    Con un sospiro si arrese al parlare, borbottando insicura:

    Diciamo che sia proprio lui il Kokage morto. E diciamo che Febh fosse contento della sua morte. Non c’è molto altro da spiegare, lui fa parte di quella cerchia di otesi che pensa che Orochimaru meriti di morire e di non tornare. Perchè ti sembra così strano? A prescindere che sia lui o meno il fondatore, non ha fatto niente di buono per Oto. Ha messo su quattro mura per non far scappare i suoi esperimenti, fine. Non è difficile pensare che ci sia gente che non voglia essere controllata da un capo del genere.

    Il commento sul frammento fu sufficiente a tirarla un po’ su di morale. Un pochino. Fino a che non dimostrò come quella fosse puramente una sua ipotesi con quel commento finale. Nonostante dentro di se apprezzasse quel gesto, il suo sguardo sembrava dire il contrario, così come le sue parole, ribadendo un concetto che già si era sentito dire dalla Vipera stessa:

    Fai un po’ schifo a confortare le persone. Senza offesa.

    Terminò l’ultimo sorso della tisana, vedendolo sparire in un’altra stanza. Tornò con una tazza ancora più grande della precedente, con del caffelatte appena fatto. La rossa si alzò, andando a controllare il contenuto della tazza come a controllare se stesse dicendo la verità, con le pupille leggermente allargate che cercavano a destra e a sinistra una tazza, magari più piccola, con lo stesso contenuto.

    Immagino sia buono.

    Rimase in piedi, toccandosi la fronte mentre l’altro le parlava della stanza degli ospiti, imitandolo mentre si lamentava delle sue domande. La febbre non era ancora magicamente passata, ma il dolore alla testa era decisamente più sopportabile. Annuì distratta, indicando le varie porte cercando di capire quale fosse quella degli ospiti, rispondendo alla proposta per la cena:

    Non lo so. Hai voglia di cinese?

    Si sentiva stranamente a suo agio. Forse era l’atteggiamento a tratti serio e a tratti decisamente insolito che le faceva abbassare la guardia. Anche durante il primo incontro con lo Yakushi era riuscita a sentirsi comoda in quell’ufficio dopo pochissimo, sempre a causa dell’atteggiamento stravagante (ed irresponsabile) dell’Amministratore.
    Si innervosì leggermente, borbottando:

    Te l’ho detto!! E’ morto!! E a Febh non sta bene che cerchi di tornare in vita!

    Sbuffò, incrociando le braccia:

    Sei contento? Ora se lo scopre mi fa fuori. O mi tortura per sapere ogni minimo dettaglio. O entrambi. ...Pfth. Se sapevo quanto poco ci tenevi al tuo stupido patto me ne restavo zitta e basta, stupida io che sono venuta qua a credere che te ne importasse qualcosa.

    Sibilò visibilmente nervosa e preoccupata, cercando con lo sguardo la porta giusta.

    Posso farmi una doccia ora? Ho ancora i capelli bagnati e gelidi.

    Non era fiera di ciò che aveva appena fatto. Nessuno le garantiva che l’Hokage avrebbe mantenuto il segreto con lo Yakushi, ancora non sapeva che l’uno fosse allievo dell’altro, quindi non era a conoscenza del loro tipo di rapporto. Solitamente in un momento del genere avrebbe voluto tornarsene a casa il prima possibile, ma aveva paura. Avrebbe ritardato il più possibile il suo ritorno… Almeno fino a che i sensi di colpa per i giorni di lavoro mancati non l’avrebbero spinta a tornarsene in quel posto chiamato “casa”, nel quale iniziava a sentirsi un’estranea poco accettata nonostante le sue ultime vittorie.
     
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    Oto che vai, pietanze che trovi

    Fame che Resta








    Dopo qualche ribattuta Hebiko mise in campo il fatto che Raizen non si preoccupasse della sua incolumità, cosa che lo costrinse a poggiare la tazza ed alzare un indice interrompendola.

    Eh no, momento.
    Io non sono quello che ti ha minacciata, sei un accademica, più o meno in missione per me, probabilmente son quello che ci tiene di più alla tua pelle.
    Non confondiamoci, io ti ho chiesto un informazione, non ti ho minacciato di morte se tu non me l’avessi data.
    Però, qualcuno pare che ti abbia minacciato se tu l’avessi rivelata.
    Chi è che non tiene a te…?


    Si attribuì da solo il punto per quella piccola arringa, ridando la parola ad Hebiko, c’era un dettaglio particolare che la kunoichi avrebbe potuto notare: durante il suo discorso riguardo Febh, Raizen avrebbe sbuffato più di una volta sollevando gli occhi al cielo.

    Si, e questo l’abbiamo appurato, devi ancora dirmi qualcosa che non so, altrimenti mi costringi a dedurre.
    Perché se Orochimaru è morto e Febh ha dei dubbi sul suo ritorno vuol dire che sa davvero bene come è morto. Certo, con alcuni elementi dubitare è sempre lecito, ma se si dubita vuol dire che si è visto qualcosa.
    E mi risulterebbe strano che l’amministratore abbia solamente visto.


    Bastava una piccola conferma che, seppure fosse mancata, avrebbe lasciato forti dubbi a Raizen.

    Consolare?

    Si indicò.

    Non che sia un vanto, ma mi hai visto?
    Sono un uomo brutto e cattivo di due metri, con un sacco di cicatrici… cosa ti ha fatto sperare che fossi bravo a consolare?


    Rise di gusto, l’autoironia gli concedeva sempre qualche sorriso, era un circolo vizioso di contro-autocompiacimento con cui metteva in risalto suoi difetti che tuttavia apprezzava, giocando in contropiede per nasconderne altri di cui si vergognava. Tanto per semplificarsi la vita.

    E poi onestamente non mi pare che ce ne sia bisogno.
    Sei una ragazza come tutte le altre, si qualche serpentello di troppo, ma ad ognuno la sua croce.
    Se non vai a dirlo a giro nessuno penso se ne accorgerà mai.


    Fece una pausa per prendere delle grandi sorsate di latte e mondarsi gli eventuali baffi che questo gli avrebbe lasciato.

    Si, molto buono.

    Passò sopra alle buone maniere, di proposito, per non offrirle del latte, aveva avuto la tisana dopotutto, ad ognuno il suo.

    Cinese?
    Ma che roba mangiate ad Oto?
    No no, meglio di no, faccio io.
    Carne o pesce?


    Optarono per la seconda scelta che prese qualche minuto a Raizen, che compilò una lista mentre di sottofondo Hebiko continuava a parlare.

    Che fai?
    Ti lamenti pure?
    Se avessi dato peso al patto a quest’ora mi girerebbero parecchio le palle e avrei trovato il modo di farti un nodo a quegli arti allungabili.
    Non mi importa del patto, ma è decisamente una notizia che va a tuo favore, non sei vincolata in alcun modo. Ma capisco che tu non sia abituata alle gentilezze.
    Dopotutto il massimo a cui si può ambire ad oto è una cena a base di fegato di nutria davanti ad una candela a moccio aromatizzata al… oh basta, è come prendere in giro un sunese per la povertà.


    La cosa strana di quella discussione è che mentre Raizen parlava era del tutto assorto nel compilare una lista di cui ancora non si vedeva la fine.

    Mi hai detto venti volte che orochimaru è morto.
    Io voglio sapere CHI l’ha ucciso.
    Non passarmi un informazione che già so come la prima scelta. Puzza già di vecchio.


    Con quella conclusione si allontanò verso la porta più grande visibile nell’appartamento, quella esterna probabilmente, c’era un uomo ad aspettare al suo esterno a cui venne consegnata la lista.

    Bene, non resta che aspettare, ma ci vorrà un po’.
    Per il bagno segui quel corridoio, ultima porta a destra.
    Rovista un po’, non farai fatica a trovare un accappatoio e degli asciugamani puliti.


    Il corridoio non aveva alcuna differenza da le migliaia di ambienti similari che Hebiko aveva visto nella sua vita, erano assenti fronzoli anche li, nessuna pianta, solo degli incavi nel muro quadrati di un metro per lato al cui interno erano posizionati dei bonsai, un tipo d’arte gradita da Raizen ma per la quale era totalmente negato, o sulla quale non si era mai applicato, non era dato sapere. Era però certo che i delicati e splendidi alberelli non erano curati da lui.
    Il bagno era abbastanza ampio da contenere i tipici servizi ed avere un avanzo di spazio al centro di essi di quattro metri quadri, l’unica cosa fuori scala era la doccia, soprattutto se vista dal punto di vista dell’otese, ma dopotutto doveva essere comoda per un gigante quale era Raizen, cosa che avrebbe permesso a lei di stare stesa al suo interno.
    Non c’era alcun doccione, l’intera doccia era placcata di granito con qualche ricorso di marmo bianco che evidenziava la posizione del porta sapone, la manopola dell’acqua invece era un semplice cerchio con un foro con al suo interno un secondo cerchio concentrico per gestire la temperatura, era sufficiente girarli, al pari di un telefono a disco, per avere acqua e temperature desiderate.
    C’era un motivo se l’intero bagno era così ricco di pietre e poca ceramica o rubinetteria e quando fosse stata aperta l’acqua la risposta sarebbe stata chiara: il tutto doveva essere il più naturale possibile, per questo non c’era uno spruzzo d’acqua ad alta o bassa pressione, ma semplicemente una cascata che cavala da dei fori posti nel soffitto creando una colonna d’acqua quadrata piacevole perfino all’udito. Il pavimento era grezzo, ruvido come se la pietra fosse stata cavata e posizionata all’interno della doccia, impossibile scivolarci.
    Come anticipato da Raizen trovare l’occorrente non sarebbe stato difficile, sotto l’ampio lavandino erano presenti due maniglie, aprendole sarebbe stato possibile trovare asciugamani ed accappatoi di riserva, certo, le misure non gli andavano incontro, ma avrebbero comunque svolto il loro lavoro.
    Finita la doccia Hebiko avrebbe trovato l’Hokage a sonnecchiare nella poltrona, aveva una mano poggiata sulla fronte, segno che fino a poco prima si sorreggeva la testa, anche se ormai era inutile visto che questa si era abbandonata alla spalla. Praticamente non lo conosceva, ma con qualche mese in più di contatto avrebbe capito che era cosa ben difficile trovarlo così rilassato, ma la stanchezza coglieva tutti prima o poi.

    Oh, hai fatto.
    Hai spento le telecamere vero?


    Chiese con la naturalezza di chi reputava normalissimo avere delle telecamere in bagno, o per meglio dire, con la naturalezza di chi sapeva interpretare alla perfezione un personaggio che reputava naturale averle.

    Il cibo è arrivato intanto.

    E l’arrivo di Hebiko significava che poteva iniziare a mangiare, poco importava se era ancora in accappatoio.
    Sollevò il coperchio della cassettina di legno un cubetto di quaranta centimetri per lato, al suo interno in sei ripiani differenti erano disposte tutte le pietanze che Raizen aveva ordinato per la cena e le salse per accompagnarle. Dei perfetti filetti di manzo alla griglia, un extra che aveva preso per se vista la scelta di Hebiko, e i più svariati tipi di Sashimi tra cui spiccava un vassoio di fugu, Nigiri, Hosomaki, Futomaki, Uramaki, Gunkan e Temaki. Erano disposti con cura e i colori vividi parlavano da soli riguardo la freschezza della materia prima.

    Beh.
    Buon appetito.


    Spezzò le bacchette e senza troppi complimenti cominciò a pescare a destra e a manca senza un ordine preciso, non avendo la cura di trasferire le pietanze in un altro tavolo, anche se c’era da dire che il tavolo che stava al centro dei divani era sufficientemente ampio ed alla giusta altezza per mangiare seduti per terra.

    Preferisco le sedie generalmente, ma non mi va di imbandire la tavola… ergo…

    Continuò a pescare fermandosi soltanto per preparare l’intingolo di soia e wasabi e per sfruttarlo quando necessario.

    Manca da bere.

    Stava per alzarsi quando notò la piccola boccetta di sakè dentro alla scatola.

    Ah no, guarda, sanno fare il loro lavoro, ci hanno pensato loro al sakè, ma prendo pure dell’acqua.

    Andò e tornò in pochi secondi, riprendendo a mangiare in silenzio, gustandosi con particolare piacere il sashimi di cui aveva preso porzioni particolarmente abbondanti.
     
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    VII



    Dopo l’interruzione da parte di Raizen, Hebiko era già pronta ad aprir bocca per ribattereHere+you+go+_df56c6c682513c4dc47668eaa9524881… ma non uscì alcuna parola. Distolse lo sguardo, concordando senza volerlo con le sue parole. Quasi come giustificazione a sé stessa, borbottò a bassa voce:

    Ma ora si fida davvero di me…

    Così aveva detto. Certo, era difficile dar peso a quel tipo di fiducia se davvero c’era il rischio di perderla per così poco. Rischio che poteva esserci come no, ma la Vipera era sicura di non voler rischiare che una situazione come quella che aveva appena terminato di raccontare non si ripetesse una seconda volta.
    Non fu difficile notare come l’Hokage sembrasse annoiato mentre la Vipera gli parlava, cosa che non fece altro che innervosirla, infiammandola del tutto quando chiese nuovamente informazioni troppo personali:

    Ho fatto una promessa! Non. Posso. Dirtelo!

    Sbuffò, visibilmente infastidita, ma parve placarsi subito dopo aver ascoltato le parole dell’uomo, distogliendo nuovamente lo sguardo pensierosa:

    ...Non posso dirti che le tue deduzioni potrebbero essere corrette, e non posso assolutamente dirti che Febh potrebbe aver... visto molto da vicino la cosa.

    Non avrebbe avuto il coraggio di spingersi più in là di così; ormai era chiaro che il Colosso si era fatto una chiara idea della cosa, perciò sperava che un semplice “indizio” non l’avrebbe fatta sentire in colpa per via della promessa fatta. In fondo l’aveva capito ascoltando il racconto della lite con lo Yakushi in Amministrazione, e si era fatto la sua idea, non poteva sapere che avrebbe collegato le due cose con così pochi indizi. Inoltre lui era l’unico che aveva assistito al suo primo crollo psicologico e con il quale si sentiva libera di parlare di certi argomenti, perciò con nessun altro le sarebbe mai sfuggito alcun indizio sulla presunta morte del Kokage.

    Sì, infatti, c’è arrivato da solo. Io ho solo parlato di me.

    Si lasciò scappare una risatina, schiarendosi la voce prima di rispondergli sollevando le spalle:

    Non lo so. Si dice in giro che a Konoha sono tutti buoni e gentili. Ad Oto impariamo presto che le apparenze ingannano.

    Posò la tazza ormai vuota da una parte, sospirando pensierosa.

    Non m’importa degli altri, è che… Sì, adoro i serpenti, ma così è un po’ troppo.

    Rimase in silenzio per un po’, fissandolovipy_11_by_wakettina-db0itn7 bere il suo caffelatte da quell’enorme tazza. Si era appena resa conto che le due persone che la conoscevano di più in quel momento della sua vita erano lo Yakushi e Raizen. Per Febh ci lavorava, quindi tutto normale, ma che il capo di Konoha la conoscesse così a fondo (era stato lui a rivelarle la vera identità di suo “padre”) era bizzarro. La cosa però non sembrava turbarla particolamente.

    Qual’è la tua croce?

    Aveva uno sguardo incuriosito, che puntava dritto alle sottili pupille del Kage.

    C’entra qualcosa con gli occhi? Insomma… E’ l’unico dettaglio insolito che si nota.

    Sibilò un paio di volte fissando l’enorme tazza con le pupille leggermente dilatate, visibilmente delusa dalla mancata offerta di un goccino di latte.
    Scelse una cena a base di pesce, mentre si strofinava gli occhi stanca. L’addestramento aveva consumato tutte le sue energie, non sarebbe rimasta sveglia molto a lungo, ma niente le avrebbe impedito di riempirsi lo stomaco prima.

    Quanto ti devo? Spero tu non abbia scelto nulla di estremamente costoso, il mio stipendio è di sicuro nettamente inferiore al tuo.

    Le successive parole di Raizen la ammutolirono per qualche secondo, lasciandola lì in piedi, avvolta nella coperta, incredula:

    ...Non vincolata?

    Era un discorso assurdo per lei. Soprattutto dopo la spiegazione di come fosse un’occasione più unica che rara che un siero del genere venisse dato ad un ninja qualsiasi, per di più di un diverso villaggio. Si guardò attorno confusa:

    N-non è vero, ho un debito! Avrai lasciato perdere quel patto, ma ancora ti aspetti un pagamento. ...Nessuno fa favori del genere gratis ad una sconosciuta!

    La cosa l’aveva colpita più del dovuto, non era in grado di assimilare quel concetto. Dopotutto non era cresciuta in un ambiente che le permise di credere il contrario.

    Hai dedotto bene fino adesso, sono sicura che tu possa arrivarci anche da solo.

    Avrebbe liquidato quel discorso in quel modo, seguendo le indicazioni per il bagno. Il lusso che si presentava non era minimamente paragonabile a quello del suo modestissimo appartamento. Provava una certa invidia, lei stessa sperava di vivere nel lusso prima o poi, anche se le priorità al momento erano altre, aveva ancora tempo per sognare ed immaginarsi la sua casa dei sogni. Casa che avrebbe dovuto contenere un bagno del genere.

    Manca giusto l’idromassaggio.

    Si infilò nella doccia, impiegando qualche secondo per capire bene come attivarla nel modo giusto, lasciandosi coccolare dall’acqua caldissima che le scendeva addosso. Rimase per qualche minuto buono a non fare nulla se non godersi il calore, per poi frugare tra i pochi barattoli che c’erano alla ricerca di shampoo e saponi. C’era da dire che a casa sua aveva almeno il quadruplo dei saponi li presenti, tra shampoo, bagnoschiuma, balsami e creme varie, per cui dovette accontentarsi di quello che trovava. Era pur sempre la casa di un uomo solo, almeno da ciò che aveva potuto notare dai vari dettagli e dalla leggerezza con il quale aveva invitato una donna semisconosciuta in casa sua. Perlomeno per lei quest’ultimo dettaglio era stata la prova definitiva.
    Uscì dalla doccia dopo… parecchio tempo. Una quarantina di minuti almeno. Aveva pensato di usare la scusa dei capelli lunghi, ma con Raizen poteva non funzionare.

    Al diavolo. E’ colpa di quella stupida fogliosa se mi sono dovuta fermare qui una notte, è lui responsabile dei suoi ninja idioti.

    Non ebbe difficoltà nel trovare un accappatoio, morbidissimo, da indossare. L’unico problema era indossarlo per bene.



    ...No, non può funzion-Augh!

    Il cappuccio le scivolò addosso, troppo grande per starle sulla testa. Senza considerare il lungo strascico che si lasciava ai piedi, e le lunghissime maniche che quasi toccavano a terra. Se lo tolse sbuffando, provando ad avvolgersi un semplice asciugamano attorno, sfruttando il grande specchio per sistemarlo al meglio. Peccato che non fosse sufficientemente grande da coprirla come avrebbe voluto, ed il rischio che si aprisse al primo movimento brusco la convinse a rinunciare a quella soluzione.
    Indossando alla bene e meglio l’enorme accappatoio, sarebbe uscita borbottando, finendo davanti a Raizen con il cappuccio che le copriva quasi tutto il viso che, se alzato, avrebbe rivelato la sua faccia contrariata:

    Questo coso mi sta un pelino grande. Non hai nient’altro?

    Avrebbe insistito per un alternativa prima che potessero mettersi a tavola, facendogli notare come la dimensione delle maniche le avrebbe reso impossibile mangiare senza innervosirsi. E lei odiava innervosirsi.
    All’accenno delle telecamere borbottò un “no” distratto, prima di bloccarsi e fissarlo confusa:

    ...Quali telecamere!?

    Sarebbe schizzata in bagno, quasi inciampando nell’accappatoio, iniziando a frugare dietro i bonsai, lo specchio, nella doccia, persino tastando le mattonelle del soffitto. Darwin si sentì in dovere di aiutarla, infilandosi nel gabinettovipy_10_by_wakettina-db0i7op alla ricerca di… non ne aveva idea, voleva semplicemente imitare la sua padrona, perciò si limitò a correre freneticamente in giro, sedendosi poi sullo strascico lasciato dall’accappatoio e facendosi trascinare ovunque andasse la Vipera.
    Borbottando, a piedi svelti raggiunse l’uomo, agitando freneticamente una delle maniche:

    Mi stavi prendendo in giro!? Ho controllato dappertutto!

    Probabilmente la sua ricerca avrebbe dato tempo all’altro di trovare un capo adatto a sostituire l’accappatoio. In quel caso si sarebbe seduta a terra, osservando l’enorme quantità di cibo che aveva ordinato, lasciando che il padrone di casa si servisse per primo. Le pupille si sarebbero dilatate dopo i primi assaggi, iniziando a prendere sempre più roba, allungando le mani per tenersi da parte almeno un assaggio di ogni cosa. Il precedente mal di testa non le impedì di optare per la bevanda alcolica. Cadde il silenzio per cinque minuti buoni.

    Lavoro per il Kage sbagliato, dannazione.

    Il muso di Darwin avrebbe più volte fatto capolino ai lati del tavolo, probabilmente sarebbe stato costretto ad accontentarsi dei bocconi passati dalla Vipera, poiché ottenerne da Raizen sarebbe stato più difficile. Fortunatamente tra le sue (poche) qualità aveva quella di sfamarsi con poco.
    Hebiko sembrava ormai completamente a suo agio, avendo quasi dimenticato come credeva di essere legata a lui per colpa del patto, sentendosi più come un ospite gradita, seppur improvvisata.
     
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    The priest








    Sorrise alle nuove parole di Hebiko, sia per la sua personale vittoria che per la rivelazione riguardo Febh.

    Te pensa… l’hanno fatto alla fine.
    Beh, auguri.
    Un po’ anti accademico, ma l’attenuante data dal fatto che fosse Orochimaru non è cosa da poco.
    Mi chiedo perché tenerlo nascosto.
    Tempo fa, fecero festoni dell’uccisione di Orochimaru e manco era vera.
    Mah…


    Fece spallucce, liquidando il discorso senza porre ulteriori domande.

    La mia croce?
    Nessuna.


    Disse con sincerità, per poi trasformare una mano in quella gigantesca e artigliata del demone.

    Penso tu abbia frainteso cosa siano le croci nel mondo degli shinobi.

    Poggiò lo sproporzionato arto sotto il mento mente rifletteva, accorgendosi dopo poco che era fastidiosamente grande ed agitandolo a mezz’aria per riportarlo ad una dimensione più naturale.

    Penso che il modo più adatto per definirle sia incentivi all’evoluzione.
    Quello che tu reputi adesso un disturbo sarà in futuro il tuo vanto.
    Senza contare cosa un corpo così è in grado di fare.


    Guardando la TV era improbabile che Hebiko non avesse mai visto quell’espressione, quella di un intenditore, un gourmet che consigliava a più alta espressione di cucina garantendone l’eccelsa qualità. Anche se in questo caso era palese che non si stesse parlando di cucina.

    Insomma, se non l’hai capito sono l’attuale best friend di un demone.
    I jinchuriki possono avere dei tratti distintivi del demone a cui sono legati, il caso ha voluto che i miei fossero gli occhi, se guardi con attenzione sono simili a quelli di una volpe.


    E cazzo se hanno del fascino.

    Una voce che Hebiko non potè sentire.

    Quanto mi devi?
    Lascia pure stare, non ci paghi neanche l’antipasto.


    Scherzò, seppur non sul prezzo della cena. Il pesce a Konoha non era il cibo più economico, per quanto fosse facile reperirlo infatti il tragitto dal mare non era poco, rapidità di spedizione e conservazione del prodotto erano un servizio caro.
    Quando Hebiko gli parlò sobbalzò sul divano, inspirando e fingendo che il flebile respiro di una persona che dorme non appartenesse a lui che in realtà prendeva solo fiato, anche se il mettersi improvvisamente sull’attenti e fissarla con lo sguardo intontito non lo aiutarono affatto.

    Mh?
    Ah.
    Si.


    Strinse gli occhi per osservarla meglio.

    Ahah.
    Ahahah.
    Ahahahahahahah!


    Difficile bloccare una risata quando era la prima cosa che il tuo cervello strafatto di sonno ti diceva di fare.

    Si. È decisamente della tua misura quello!
    Ahahahah!


    Continuò a ridere mentre andava nel bagno a controllare che non ci fossero telecamere.

    Ovvio che non ce ne sono!
    Che faccio mi filmo da solo quando mi faccio la doccia?
    Per i vestiti comunque… oddio.
    Non è facilissimo, sicuro non ti staranno aderenti.
    Trovi qualcosa nella cassettiera, di fianco al letto.
    Le maglie e le felpe stanno tutte li, ma spicciati, ho fame.


    Quando fosse sparita dietro l’angolo avrebbe continuato a parlare, ma alzando la voce per farsi sentire.

    Sappi che non ho dell’intimo di ricambio!
    Non cercarla come scusa per rovistare in quel cassetto!
    Mah... perchè quella specie di gatto travestito da pipistrello disabile è fradicio?
    Non mi dire che ci hai fatto la doccia assieme e poi hai usato uno dei miei accappatoi!


    Anche se, pur facendolo, si sarebbe accorta che c’era ben poco da esplorare, l’intimo di Raizen era rigorosamente nero, l’unica nota di colore striminzita erano le etichette.
    Durante la cena la bontà del pasto diede ad Hebiko il modo di complimentarsi in maniera particolare, cosa che fece sorridere Raizen, cosa che contrastava lievemente col suo sguardo serio, puntato sugli occhi di lei.

    Oh, beh, questo è un problema tutto tuo.
    A me il mio villaggio non mi è mai stato stretto.


    Lasciò un pezzo di carne alla griglia dentro alla bocca facendo scorrere le bacchette metalliche sei denti, producendo una nota non troppo acuta che terminò con un largo sorriso.

    Ma immagino che ci si possa abituare, in un modo o nel altro.

    Aggiunse divagando.


    Edited by F e n i x - 28/2/2017, 01:08
     
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    Domatore

    VIII



    Hebiko fece spallucce a sua volta, anche lei non era sicura del perché volesse tenerlo nascosto:

    Non lo so. Ma non troppo tempo fa ha parlato di una riunione dove doveva discutere “del nostro futuro”. A questo punto penso intendesse l’elezione di un Kokage.

    Fece le virgolette con le mani, ricordando il momento terribilmente imbarazzante di quella sorta di rivelazione che aveva interpretato male. Non che Febh si fosse espresso nel migliore dei modi.
    La Vipera indietreggiò di colpo quando Raizen materializzo l’enorme mano del demone, prendendosi qualche attimo per osservarla da “lontano”, avvicinandovisi poi incuriosita, allungando una mano per toccarla. Fece appena in tempo che l’altro la fece sparire, ma ormai aveva catturato la sua attenzione. Ascoltò con interesse il suo discorso, reputandolo come un ottimo incentivo, almeno fino a che vedendo la sua faccia capì dove voleva arrivare parlando del suo talento. Il volto di Hebiko si imbronciò in un istante, avvolgendogli il braccio attorno alla faccia per coprirgli gli occhi, cercando di impedirgli di vedere il rossore sulle sue guance:

    Smettetela!! Non userò le mie abilità per… per cose da puttana!! Maiale.

    I maschi in Amministrazione si erano divertiti a sommergerla di battute dopo che lei aveva iniziato ad usare le sue abilità quotidianamente, non più all’oscuro dell’Amministratore. Certo, dopo qualche occhio nero e minaccia di morte quelle battute le facevano solamente quando la Vipera non poteva sentirli. Ma aveva l’udito fine per certe cose.
    Non avrebbe stretto troppo la presa, e finita la frase ritirò il suo braccio, cercando di tornare all’argomento che più la interessava.

    U-un jinchuriki??

    Si prese qualche secondo per riflettere, ma l’uomo avrebbe potuto notare come le pupille di lei si stessero allargando leggermente per l’emozione. Visibilmente agitata, balbettò qualche sillaba prima di riuscire a comporre la frase voluta:

    Tu... controlli un cazzo di demone! Quelli delle leggende, che con una manata demoliscono villaggi!? Riesci ad usare i suoi poteri!? ...Si può fare, le voci si possono controllare! ...Devi addestrarmi!

    La ragazza portò le mani sulla testa, inspiegabilmente felice per l’Hokage. La luce della speranza che era stata offuscata dall’esperienza con lo Yakushi aveva preso a brillare come un sole nascente. Prese a muoversi qua e là, borbottando pensieri a voce alta, prima di tornare verso l’uomo, prendendolo per la maglia e tirandolo leggermente a sé:

    Devi insegnarmi a controllare le voci! Febh diceva che non si potesse fare, che sarei solamente riuscita a respingerlo.. Ma TU controlli un demone! Tu sai come sfruttare il suo potenziale! Voglio poterlo fare anche io! ...Devo farmi una doccia. Ma poi ne riparliamo!

    Si sarebbe fatta rivedere dopo la doccia, decisamente meno euforica rispetto a prima dopo essersi rilassata sotto l’acqua bollente. Ripresentarsi di fronte a Raizen con quell’accappatoio fuori misura scatenò in lui una grassa risata, alla quale la Vipera non si unì se non con un sorrisetto nascosto dal cappuccio. La storia delle telecamere poi non le diede tempo di insistere, mentre si fiondava in bagno lamentandosi ad alta voce contro di lui:

    Che ne so io, magari hai fetish strani! Oppure ti porti a casa così tante donne che hai deciso di salvarti un ricordo di ognuna! ...Oddio, sarebbe una cosa davvero subdola. Non mi laverò mai più a casa di un uomo. Siete dei pervertiti.

    Conclusioni alla quale era arrivata da sola, ovviamente. Aveva pur sempre imparato dallo Yakushi.
    Si spostò nella camera da letto, dove frugò nel cassetto indicatole per cercare una maglietta. Darwin la seguì, fradicio, ripetendo ciò che era successo in bagno ed imitando i suoi gesti, riuscendo ad aprire un cassetto ed infilandovisi dentro. Quel cassetto.
    La chimera saltò fuori con la faccia coperta da un paio di boxer neri, correndo qua e là e finendo con lo sbattere ed inciampare un po’ ovunque. Hebiko prese in braccio la creatura, cercando di capire in cosa si fosse incastrato.

    Stupido Darwin, dove ti sei infilat… OH!

    Lanciò via i boxer con la faccia completamente rossa, chiudendo con un colpo secco il cassetto dell’intimo e scappando in bagno con una maglia sotto braccio.

    E’ STATO DARWIN! SCUSA!

    Si chiuse in bagno, lasciando a terra la creatura e coprendosi il viso con entrambe le mani, estremamente imbarazzata.

    La devi piantare di far casino. Non ti porto più con me se combini qualche altro pasticcio. ...E poi ha ragione, perché sei fradicio?? ...Oh, no.

    Seguendo la traccia di bagnato, riuscì a capire che poco prima si era infilato nel gabinetto, saltando fuori e zampettando per tutto il bagno, finendo con l’asciugarsi alla bene e meglio sull’accappatoio.

    Stupida bestiola, guarda che questo ti frantuma se fai una cosa del genere! ...Uh… A-arrivo subito! Mi… asciugo i capelli!!

    Rapidamente, lanciò Darwin nel lavandino, ricoprendolo di shampoo e lavandolo con cura, asciugandolo con l’accappatoio che aveva precedentemente indossato. Non fu difficile trovare il phon, che utilizzò per entrambi, rendendo la creatura una gonfia palletta di piume e pelo. Ridotto com’era quell’asciugamano, lo appallottolò nella cesta della biancheria sporca, indossando la maglietta scelta e spostandosi finalmente in salotto per la cena.


    Ho finito. Ti ho lasciato la roba di là. ...E se c’è casino nel tuo cassetto sappi che è stato Darwin. Scusa.



    La cena fu tranquilla, e le diede tempo sufficiente per rilassarsi. Si fece sfuggire un pensiero detto a voce alta, al quale Raizen rispose visibilmente soddisfatto. La vipera si toccò i capelli, leggermente nervosa, borbottando una frasetta come a giustificarsi:

    Non mi sta stretto, è che… E’ diverso, ecco. Voglio dire, non che io abbia visto chissà cosa di Konoha, tantomeno degli altri villaggi. Ma le voci girano, e i difetti di altri villaggi sono niente confronto al nostro. Insomma, abbiamo un Amministratore che cederebbe volentieri il suo lavoro al primo che passa, e mi sorprende che Diogene non si sia già approfittato della cosa. ...Io stessa volevo approfittarmi della cosa.

    Si lasciò scappare una piccola confessione, solitamente non aveva nessuno con il quale sfogarsi per queste cose, e quel minimo di confidenza che ora aveva con l’uomo di fronte a se l’aveva convinta a lasciarsi sfuggire qualche parola di troppo sul suo conto, che normalmente avrebbe tenuto nascosta.

    Ah, prima di perderci in chiacchiere, torniamo alle cose importanti. Mi addestrerai?

    Seria e visibilmente emozionata, fissò l’Hokage con determinazione, pronta a giustificare il perché pretendesse lui come insegnante.

    Quando Febh ha scoperto il frammento di Orochimaru nella mia testa, ha detto più volte che sarebbe stato impossibile da controllare, che presto avrebbe preso il controllo prima del mio subconscio e poi del mio corpo, e solamente alla fine si è convinto che io sarei riuscita a resistere ai suoi tentativi. Ma io non voglio resistere. Voglio sfruttarlo. Ha fatto l’errore di crearmi con un carattere troppo ribelle per i suoi standard, e ne pagherà le conseguenze. Non merita di sparire in silenzio, voglio usarlo a mio piacimento, come lui avrebbe voluto fare con me. Come tu fai con il tuo demone! ...Ora so che è possibile. Ma se mi addestrerai imparerò sicuramente più in fretta.

    Seria, non avrebbe accettato un no come risposta. Non che potesse ribellarsi con la forza, ma era chiaro come sperasse in una risposta positiva da parte sua. Il sapere che prima o poi sarebbe scomparso l’aveva sì resa felice, ma le aveva lasciato un po’ di amaro in bocca. Aveva un enorme potenziale, e non aveva intenzione di lasciare che si spegnesse così.
    Darwin nel frattempo sembrava scomparso. In realtà aveva trovato spazio in mezzo al grande letto del Kage, dove si era accuratamente pulito ogni piuma, lasciandole un po’ dappertutto, e si era appallottolato lì per dormirvici tranquillo. Se non altro fino all’arrivo dell’uomo.
     
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