Gelide nottate

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    Patti e piatti







    Quando Hebiko ribattè alle domande di Raizen ricevette in cambio solo un occhiataccia.

    Sai, temo che tu stia cercando di sviare la domanda.
    Non stiamo parlando di chi io voglia o non voglia tra i piedi.
    Stiamo parlando del tuo amministratore e del perché lui non voglia Orochimaru tra i piedi.


    Liquidò poi l’etica riguardo gli esperimenti con un gesto distratto della mano.

    Come se per voi otesi fossero un problema gli esperimenti.
    Siete poco più di una scoreggia nel mondo ninja proprio grazie a quegli esperimenti, a privarvene vi rimarrebbe... zero?


    Indicò Darwin.

    Ti sei dimenticata che te ne porti uno dietro di quegli esperimenti?
    Giù la maschera.
    Tu parli io smetto di insistere, funziona così.


    Fu a quel punto che lo sguardo di Raizen si posò con un freddo languore su Hebiko. Potè constatare che lui e Febh chiedevano informazioni in maniera differente, se l’amministratore aveva mostrato gli artigli, spaventandola a morte Raizen si limitò a mascherare completamente qualsiasi tipo di intenzione, non era una minaccia, non era una richiesta gentile. Non si poteva avere certezza di cosa fosse.

    Posso dirti però che io SO una cosa…

    Disse come se divagasse ingenuamente.

    So che un kage è morto qualche tempo fa… un KO kage…
    Le cose sono forse… collegate?


    Ad Oto si poteva vedere di tutto, era vero, arti di troppo, corpi composti di serpenti, lingue biforcute, mutanti e organismi che cambiavano compiendo millenni di evoluzione in pochi istanti, ma c’era davvero qualcosa di più spaventoso dell’intelletto umano?
    C’era qualcosa di più spaventoso degli occhi dell’Hokage fissi nei propri come se vi fossero inchiodati, in attesa di una risposta?
    Il fuoco scoppiettò riempiendo quel tesissimo silenzio.

    La parte di Orochimaru che è dentro di te comunque non penso tarderà a sparire.
    O meglio, dipende da te.
    Quando attivasti le tue cellule riuscendo a ribellarti a lui contemporaneamente avevi sviluppato degli anticorpi contro di lui, diciamo che certe cose possono far male una volta sola.
    Quindi, se non vuoi scacciarlo tu lui resta, ma se davvero lo vuoi lentamente svanirà, come un brutto ricordo.
    Penso, e spero.


    Dopo quella breve considerazione si sarebbe alzato, dirigendosi nuovamente in cucina e tornando in soggiorno con un grosso tazzone, una ciotola con un manico in realtà, colma di un liquido più denso dell’acqua: caffè latte.
    Tra il contenuto e la tazza non si può dire cosa di più contrastasse con l’immagine di Raizen, se la tiepida bevanda così comune tra i bambini, o la grossa tazza bianca decorata da un grosso drago rosso che si avvolgeva a spirale su di essa.

    Beh?
    Che c’è?
    Mai visto del caffelatte?


    La risposta era scontata, ciò che non immaginava era che era assai difficile vedere un uomo di quella stazza berlo da una tazza grande quanto un secchio, anche se la fragranza del liquido era tutt’altro che spiacevole, si poteva sentire che era fresco ma soprattutto saporito.

    E dai migliori pascoli di Konoha.

    Mimò un brindisi prima di prendere qualche sorsata.
    Raizen teneva a quelle risposte, ma era evidente dall’alternarsi di momenti che non stava affatto facendo sul serio, passava infatti dall’intimidazione a momenti di relax senza alcun problema, non era dato sapere se lo facesse per non calcare troppo la mano o se quelle fossero per lui informazioni di poco conto a cui era attaccato solo per orgoglio.

    Comunque c’è una stanza per gli ospiti, con relativo bagno, la locanda non ti serve.
    E tra l'altro avresti rotto le palle, non sono mica un agenzia di viaggi.
    Sei entrata dalla porta e hai iniziato a chiedere cose, non costringermi a ricordarti chi è l'Hokage tra i due.
    Per il mangiare onestamente ho ben poca voglia di uscire, al che hai tre opzioni, o ti cerchi del cibo mentre cerchi la locanda, o mangi quello che cucino oppure ordiniamo qualcosa a domicilio.
    Ma prima, mi devi delle risposte.


    Allungò le gambe, affondando nella poltrona, mentre per qualche secondo fissò nuovamente Hebiko, con lo stesso sguardo freddo di prima, un patto era un patto, e uno dei piatti era ancora del tutto vuoto.
     
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