Villa Kiyomi

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    L'invito

    E la Volpe







    Raizen non potè vedere la volpe sfilare per tutta l’amministrazione con la sua letterina in bocca, venne fermata solamente poco dopo l’ingresso per controllare se la lettera non contenesse qualcosa di sospetto, ma non sembrava così e presto le venne liberata la strada, non senza lo sguardo ammirato di qualche commessa intenta ad ammirare la morbida bestiola.
    Quando la nera zampetta raspò sulla porta Raizen era intento a riflettere sopra ad una cartina geografica a cui aveva sovrapposto un lucido su cui scarabocchiava chissà che cosa, gli sembrò strano fin da subito che anziché bussare raspassero alla porta, ma non se ne preoccupò troppo invitando lo sconosciuto ad entrare.
    Una volta.
    Due volte.
    Tre volte.

    E CHE CAZZO, HO DETTO PREGO, HO DETTO ENTRA, HO DETTO AVANTI, CHE C’E’ TUA MADRE TI HA FATTO MANCARE L’AFFETTO DA BAMBINO?

    Spalancò la porta e non si trovò nessuno davanti, per cui come era solito fare abbassò gli occhi gradualmente aspettandosi di incontrare prima o poi una testa, di ragazza… o bambina… o infante… o una schiena di volpe.

    Una volpe?

    Si chiese mentre questa, come se nulla fosse, zampettò dentro l’ufficio, fece un agile salto sopra la sua scrivania per lasciarvi la lettera e poi andarsene, come se nulla fosse.

    Oh si, certo, fai pure pulciosa!

    Si richiuse la porta alle spalle, lievemente risentito per non essere riuscito ad accarezzarla ma curioso riguardo la lettera che gli era stata recapitata: viola e con una perlina a sigillarla.
    Era di una donna.

    Oppure di un uomo molto vicino al suo lato femminile.

    Mentre la scartava pensò a chi potesse appartenere, e viste le donne che frequentava riuscì a scartarne parecchie in un sol colpo, restava solo Kiyomi e Hebiko, ma vista la curiosa scelta non poteva essere l’otese… l’otese che ancora non aveva tradito, ad avergli spedito la lettera, altrimenti sarebbe stato uno di quei suoi viscidi rettili a strisciarli nello studio, o peggio ancora quello sgorbio che definiva animale da compagnia.
    La lettera confermò il mittente supposto da Raizen.

    Aspettato quanto inaspettato, devo ammetterlo.

    Anche perché di certo un invito per un thè da parte di Kiyomi era abbastanza inaspettato. Il suo parere era probabilmente viziato dal loro primo incontro ma non la vedeva certamente come tipa da cerimonia del the, come accompagnatrice magari, anche se c’era da dire che i vestiti le scivolavano di dosso troppo in fretta anche per quel ruolo.
    C’erano dei piccoli impegni previsti nel pomeriggio, ma spostarli per una piccola boccata d’aria non avrebbe fatto male a nessuno. Accartocciò la lettera per ritornare sulla sua cartina, dopotutto non era nemmeno l’ora di pranzo, aveva ancora parecchio tempo per farsi una doccia e prepararsi.

    […]

    Quando uscì dall’amministrazione era un bel pomeriggio tiepido e assolato, la primavera era decisamente la stagione migliore per Konoha, anche se c’era da dire che alla foglia ben poche stagioni non erano belle o perfette.
    Non sapeva come recarsi a casa della ragazza, non era mai stato invitato da nessuna parte, per cui nel tragitto passò a prendere qualche tipico dolcetto da the, biscotti e dolci secchi per la maggiore, facili da inzuppare, e qualche mignon con della crema, fondamentalmente per soddisfare la golosità che gli era salita davanti alla vetrina del pasticcere.
    Sul vialetto di casa Kiyomi avrebbe potuto notare un Raizen in abiti civili, con un kimono maschile che avanzava tranquillamente guardandosi intorno.

    Mah, che se ne farà quella di tutta sta roba, io già mi sento largo nell’appartamento in amministrazione e sta qua si fa un castello.

    Bussò alla porta educatamente e dopo aver porto il vassoio si sarebbe chinato per avvicinarsi all’orecchio della donna.

    Ma che cazzo te ne fai di tutta sta roba?
    Bella eh, però sei tutta sola…


    L’onestà, quella piacevole.
     
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