La Prima Riunione di Konoha

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    La prima riunione di Konoha

    Post 1 ~ Giorni oscuri





    Quando l'Hokage prese la parola nell'auditorium scese il silenzio. Anche il giovane Kinryu attendeva le sue parole, tuttavia quando proruppe in un saluto alquanto informale, l'uomo davanti a lui perse ai suoi occhi parte dell'aura maestosa che derivava dalla sua carica. Era chiaro che il colosso non badava all'etichetta, e la cosa non era certo una colpa, l'importante in fin dei conti era il contenuto più che la forma. Ed il messaggio che si apprestava a comunicare era indubbiamente di fondamentale importanza.
    Concluse rapidamente i ringraziamenti agli shinobi che avevano contribuito a sdradicare l'Edera, una pericolosa organizzazione terroristica che operava nel Paese del Fuoco, spadroneggiando fino a non troppo tempo prima. Anche Shin si unì all'applauso richiesto dal capovillaggio, sebbene senza troppa enfasi. Di certo i ninja che avevano rischiato la vita in quella missione non si aspettavano nessun tipo di ringraziamento pubblico. Il genin storse il naso alla parola "salamelecchi", che gli diede l'impressione stesse sminuendo il risultato ottenuto dai suoi sottoposti. Ma ciò che ascoltò in seguito gli fece dimenticare quelle sottigliezze.

    Potenti oggetti non voleva dire per forza armi, ma ciò non significava che potessero finire in mani sbagliate. Cantha... Shin sussurrò quel nome dopo averlo udito da Raizen, unendosì ai mormorii della sala. Il ragazzo sperava che non avrebbe mai visto giungere quel giorno, ma nel suo cuore sapeva che si trattava di una mera illusione. L'uomo aveva la violenza nel sangue, non poteva farne a meno. Perché ciò che stava succedendo poteva significare una cosa sola, ed una soltanto. Guerra. Questa volta il volume della voce sarebbe stato abbastanza alto affinché le persone circostanti l'udissero, proprio mentre l'Hokage passava ad illustrare il piano d'azione che aveva elaborato. Ma il pensiero del giovane era lontano, su questioni che gli stavano profondamente a cuore.



    Da oltre un anno all'interno del clan Kinryu si susseguivano voci di venti di guerra all'orizzonte. Era difficile distinguere tra i pettegolezzi, le notizie false e le giuste soffiate, ma c'era molta agitazione oltre i confini dei Paesi alleati sotto l'egida dell'Accademia. La rete di informatori disseminata dalle varie famiglie che componevano il clan su tutto il continente aveva avuto sentore che qualcosa si stesse muovendo, ma non avevano potuto far altro che alzare il livello di guardia, spostando risorse strategiche come merci e liquidità finanziaria, oltre che ovviamente le vite dei membri del clan e dei loro dipendenti. Così ad esempio molti residenti nel Paese della Roccia avevano raccolto armi e bagagli rientrando entro i confini del Paese del Fuoco.

    Shin aveva deciso di diventare uno shinobi proprio per quel motivo: essere pronto, quando la tempesta si sarebbe abbattuta su di loro. Non per la gloria, ma per difendere ciò che aveva di più caro: la sua famiglia, i suoi amici, la sua patria. Per quello scopo si era allenato ed era diventato più forte, sottoponendosi a dure prove e non rifiutando mai una missione. In quel momento, nonostante l'uomo più potente del Villaggio stesse ancora parlando, la sua mente analizzava altri scenari. Per prima cosa avrebbe dovuto mettere al sicuro la sua famiglia: i genitori, il nonno e la sorellina Aruhina erano la sua priorità. Riflette se fosse meglio farli rimanere a Konoha, protetta da imponenti mura e numerosi ninja, o farli evacuare temporaneamente. La città era uno degli obiettivi sensibili, non c'era dubbio su questo, e Shin non era certo che sarebbe stato assegnato alle forze di guarnigione, c'era il rischio che fosse piuttosto inviato in avanscoperta, o riassegnato ad un'altra posizione. La soluzione migliore era probabilmente inviarli il più lontano possibile. A quel proposito conosceva una località, praticamente sconosciuta, che sarebbe potuta servire allo scopo. Li avrebbe affidati alle kitsune finché le acque non si fossero calmate. Era certo che Hina ne sarebbe stata felice, bastava proporgliela come una gita. Più complicato sarebbe stato convincere suo padre ad abbandonare il negozio, ma avrebbe insistito. Sospirò. Il rimbombo provocato dalla possente mano di Raizen sul legno del leggio lo riscosse, facendo si che tornasse a concentrarsi su di lui. A quanto pare aveva finito la sua arringa. Non che ce ne fosse bisogno, in realtà, tutti li dentro sapevano quale era il loro compito, e di certo non stava ad un genin, l'ultima posizione della gerarchia militare, fare domande al kage sulla guerra ormai imminente. Avrebbero ricevuto degli ordini, ai quali si sarebbero attenuti, giusti o sensati che fossero.

    Il giovane Kinryu si voltò a guardare l'amica. Il suo volto era attraversato da mille emozioni e pensieri, li poteva scorgere dipanarsi seguendo le espressioni del viso. Attese che anche lei rivolgesse lo sguardo verso di lui per sorriderle. Un sorriso tenue, che trasmetteva tranquillità. Aveva affrontato molte sfide con Kairi, uscendone sempre vincitori. Avevano condiviso momenti felici e momenti tristi, ed il rapporto si era consolidato. Le sfiorò lievemente il braccio con la mano, indugiando in un gesto d'affetto e di rassicurazione insieme. Si sporse verso di lei, avvicinandosi al suo orecchio e parlò sottovoce, per non disturbare la platea. Vedrai che supereremo anche questa. Non preoccuparti, ci sono io a coprirti le spalle, come sempre. Sapeva che l'Uchiha non era persona da preoccuparsi facilmente, ed anzi se avesse dovuto descriverla avrebbe scelto le parole di un vecchio haiku: "Fiori rosa / a strapiombo sul mare / radici salde". Il senso era chiaro: per quanto potesse apparire tenera come il bocciolo di un ciliegio, la sua forza d'animo e la sua tenacia non avevano nulla da invidiare a quegli alberi che crescono in bilico tra cielo e terra, aggrappandosi alla roccia con una forza incredibile, in grado di frantumarla. Rincuorarla era quindi superfluo, eppure al ragazzo era venuto spontaneo. Voleva farle sapere che su di lui poteva contare. Le radici del Villaggio della Foglia erano salde, e non temevano il vento impetuoso che soffiava da Cantha.
     
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