Tomodachi

[Free Kairi - Shin]

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    Tomodachi

    III



    L'espressione di sorpresa sul volto di Shin fu contenuta, ma innegabile. La situazione era veramente così grave? Ti ringrazio. Alle parole appena sussurrate il lupo sembrò annuire con un movimento del muso. In fin dei conti le sue kitsune non si sarebbero comportate poi tanto diversamente a ruoli invertiti. Il giovane prese un respiro profondo, poi entrò in casa. Non gli piaceva introdursi nella dimora dell'amica in quel modo, senza permesso, ma la necessità lo imponeva. Dedicò appena alcuni istanti ad analizzare lo spazio al pian terreno, preferendo evitare di tergiversare. Fece gli scalini uno alla volta con estrema calma, senza curarsi di nascondere il rumore dei suoi passi come se fosse un ladro. Sullo stretto corridoio davano diverse stanza, ma solo una porta era parzialmente sbaciata. Dal suo interno, concentrandosi, lo shinobi sentiva giungere un respiro sommesso, non potevano esserci dubbi. Kairi si trovava all'interno. Il ragazzo rimase tuttavia bloccato sulla soglia, domandandosi se stesse facendo veramente la cosa giusta. Aveva veramente il diritto di intromettersi così nella vita dell'amica? Strinse il pugno. Certo, poteva star sbagliando. Ma non agire per paura di commettere un errore era cento volte peggio: se si fosse rassegnato ad abbandonarla alla sua sorte poi non se lo sarebbe mai perdonato. Rilassando la mano espirò, poi spinse piano la porta.

    Lo spettacolo che si presentò agli occhi del Kinryu non era certo rassicurante. L'Uchiha, sebbene le sue condizioni di salute sembrassero passabili, era l'ombra di se stessa. Istantaneamente davanti agli occhi del ragazzo ricomparve l'immagine del cadavere dell'amica visto sotto l'influsso dello sharingan ipnotico. Per un istante, fu tentato di voltare le spalle, fuggire. Digrignando appena i denti si vergognò di se stesso anche solo per averlo pensato. Fece un passo avanti, cercando di assumere un'espressione neutra, ma il ritmo cardiaco accelerato lo tradiva. Era sempre stato un combattente di prima linea, come attore valeva poco, almeno di fronte ad un altro ninja. Per non parlare poi delle relazioni sociali, per le quali non era mai stato particolarmente portato. Fece un altro passo avanti, quando finalmente l'amica si voltò verso di lui. Il suo sguardo gli provocò un brivido freddo lungo la schiena, e non era per lo sharingan attivato, quello aveva imparato a temerlo e fronteggiarlo come un qualsiasi altro potere. Era la furia cieca nei suoi occhi a spaventarlo in un modo quasi atavico, come una preda davanti ad un predatore. Le sue parole poi furono come una stilettata alla bocca dello stomaco, lo stordirono facendo vacillare la sua convinzione. Passarono diversi secondi durante i quali nessuno dei due aprì bocca. Poi, pian piano, il suo animo si scongelò dalla paralisi che l'aveva colpito, e il genin iniziò a raccogliere le idee. Quella non le sembrava quasi la ragazza che aveva imparato a conoscere in quei mesi. L'aveva vista ridere, l'aveva vista piangere, l'aveva vista arrabbiarsi, ma per ridurla in uno stato simile doveva essere successo qualcosa di estremo, tale forse da superare le capacità delle parole di porvi rimedio. Shin era un fermo sostenitore dell'idea che, parlando, si potesse risolvere la maggior parte delle questioni. Il che era abbastanza ironico considerando il suo carattere taciturno. In quel caso, però, era proprio lui il primo a dubitarne. Che approccio avrebbe potuto tentare, con la kunoichi in quello stato? Divertente, ironico, sostenuto, arrabbiato? In tutti i casi c'era la concreta possibilità che la ragazza, già sotto pressione, esplodesse. Comunque la guardasse non c'era una singola parola che gli venisse in mente che potesse disinnescare la miccia accesa. Aveva solo due opzioni al momento: farla brillare in grande stile, sperando di sopravvivere alla deflagrazione per poterne poi rimettere insieme i pezzi, oppure tentare un dialogo al di là delle parole. Lasciò scorrere ancora un paio di secondi in silenzio, mentre con lo sguardo scorreva il corpo della giovane, soffermandosi infine sul suo viso. Lei stava evitando volutamente di incrociare i suoi occhi, voltata com'era. Alla fine lo shinobi prese la sua decisione.

    Con estrema lentezza, ignorando bellamente l'avvertimento di Kairi, Shin entrò nella stanza, per poi lasciarsi scivolare al pavimento, con la schiena appoggiata alla parete, davanti al letto su cui la giovane era ora seduta. Lo scontro inevitabile era forse inevitabile per cercare di forzare la situazione, ma non sarebbe stato lui a cercarlo. Alzò gli occhi per fissare il soffitto, sospirando. Nel frattempo, abituatosi alla penombra, curiosò con lo sguardo per l'ambiente. Era la prima volta che entrava nella stanza di una ragazza, ad eccezione di sua sorella. Gli veniva quasi da ridere pensando alla situazione in cui si trovava. Dopo un periodo di tempo all'apparenza lunghissimo, in realtà meno di un minuto scandito dai lenti scatti della lancetta, il giovane socchiuse gli occhi, fissando il vuoto di fronte a sé, mormorando a voce bassa. Sai, ho incontrato un Uchiha incredibilmente potente, nel Paese delle Sorgenti Termali. Un simpaticone. Mi ha fatto vedere la tua morte, con il suo sharingan. Non sapeva perché tra tutte le cose che poteva dirle, gli fosse effettivamente uscita quella. Tacque un altro poco, mentre cingeva con le braccia le ginocchia flesse. Però non montarti la testa eh, c'era anche il cadavere di mia sorella, nella visione. Alla fine, volente o nolente, la sua pungente ironia faceva capolino. Ma nella voce non c'era traccia di allegria. E dire che ho scelto di diventare un ninja proprio per evitare che cose del genere succedano. Continuava a parlare, rivolgendosi quasi più a se stesso che alla ragazza, senza prestare particolare attenzione alla sua reazione. Eppure dopo quanto ho visto non ho potuto fare a meno di domandarmi se ho fatto la scelta giusta, quella volta. Capiterà anche a te qualche volta di chiederti se hai sempre agito per il meglio, immagino. Sospirò di nuovo. Si rendeva conto che il suo discorso non andava a parare da nessuna parte, ma non aveva nessuna idea brillante. Non poteva certo forzarla ad aprirsi come se nulla fosse: era talmente rigida che c'era il concreto rischio che si spezzasse. Non importa quante volte una lama abbia affrontato la battaglia, ogni volta potrebbe essere quella buona perché si rompa. Appoggiando di peso le spalle e la nuca sul muro, chiuse gli occhi. Penso che riposerò un po', si sta bene qui. Una sfida, un segno di disponibilità nei confronti della ragazza, o semplice stupidità? O forse un mix di tutto questo e altro. Probabilmente neppure il giovane avrebbe saputo rispondere in quel momento. Nella stanza calò di nuovo il silenzio.
     
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