Le porte di Shulva

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  1. Jotaro Jaku
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    Shulva, la città infame [3]



    Jotaro si sarebbe alzato dopo pochi istanti, quando le domande del ragazzo avrebbero preso a scrosciare come un fiume in piena. Una volta faccia a faccia, il ronin avrebbe risposto, a denti stretti, serrando i pugni, e contraendo il volto, facendo sfoggio di pura rabbia, lasciando cadere la maschera di freddo calcolatore che lo aveva sempre contraddistinto.

    CITAZIONE
    <<...abbiamo...dici che gli altri membri dei D10 hanno bisogno di me? Non sono sufficienti a investigare su qualsiasi cosa si celi dietro questo cancello maledetto? >>

    << Non ci sono...non ci sono più membri. Sono tutti morti, o scomparsi. Mentre io non c'ero. Non ho potuto fare nulla. >>

    Le vene sulla fronte del ninja avevano preso a gonfiarsi, fino a ricalcare le vecchie cicatrici che a seguito dell'Edo Tensei erano comparse. Forse per la prima volta dopo molto, molto tempo, il ninja era davvero fuori di sè, e non stava spendendo un briciolo della sua concentrazione per evitarlo.

    << Per tre volte ho preso d'assalto quella porta, negli ultimi decenni. La prima volta subito dopo la guerra di Cantha, assieme ad un amico, e non siamo riusciti nemmeno ad apporvi un graffio, poi ci ho portato l'organizzazione dei D, e metà del gruppo è stato massacrato dalle guardie della città, Ryokko, Hokukage, morti davanti a quella dannata porta. Ci sono tornato anche con le Ombre al completo assieme ad Ayato. Dovevo sapere, ero certo che la chiave di tutto fosse dietro quella porta, ne ero così certo che ho mandato tutti a morte. Sono fuggito da quel luogo senza un braccio e col cadavere del mio migliore amico sulla schiena, attraverso il continente esterno. >>

    Le immagini della lotta ancora erano vive nella mente del ninja, così come il ricordo di Kamuro che cadeva riverso su Samehada, di cui era il guardiano.
    Non erano mai riusciti a superare le difese esterne. Erano giunti alla porta, ma non l'avevano nemmeno danneggiata, figurarsi aprirla, come fosse una creatura in possesso di volontà propria.

    << Sei l'unica persona che conosca in grado di spazzare via un villaggio senza perdere una sola goccia di sudore, se esiste qualcuno in grado di scoperchiare quella dannata città sei proprio tu. >>

    Quindi, lentamente, sembrò riprendere la compostezza che lo delineava ogni giorno. Il jonin affermò di accettare, che avrebbe impiegato tre ore a prepararsi, e che non si fidava minimamente del suo ospite.

    << Era preventivato. Aspetterò qui. >> E così fece.

    [...]

    Tre ore esatte dopo, Hohenheim sarebbe tornato, coperto con un grosso mantello color terreno, con una maschera bianca in volto dalla forma di falco. Il ragazzo era molto diverso, molto sicuro, sia nell'apparenza, che nei movimenti. Per come il ninja lo aveva lasciato, aveva compiuto una crescita eccellente. Questo strappò un fugace sorriso a Jotaro.
    Il ragazzo invece avrebbe notato un particolare diverso, rispetto a 3 ore prima. Jotaro era sempre uguale, ma portava in spalla, a tracolla, una sacca nera, che non passava del tutto inosservata, lunga circa un metro, probabilmente con degli oggetti al suo interno. Giunta chissà da dove.

    << Non abbiamo tempo di viaggiare dall'altra parte del mondo, il tempo non aspetta, dovremo prendere una scorciatoia. >>

    In quel momento, il Ronin tirò fuori dalla tunica uno strano oggetto, simile ad una scatola, di forma cubica, abbastanza grande da poterlo tenere appena con tutta la mano aperta. L'oggetto sembrava finemente intarsiato, e aveva come dei piccoli cerchi in bassorilievo su ognuna delle facce.

    << La tua mano per favore. E' in prestito, e ho un solo biglietto. >>

    Quando il ragazzo avesse appoggiato la mano sull'oggetto, o l'avesse posta a Jotaro perchè l'afferrasse, il cubo avrebbe emesso degli strani fasci di luce dai bassorilievi in cerchio, e con un immediato "puff" entrambi sarebbero spariti nel nulla.


    pyjlgGu



    Per Hohe sarebbe stato tutto rapido come un battito di palpebre. Chiudendo e riaprendo gli occhi, senza sentire assolutamente nulla, si sarebbe accorto che la sabbia sconfinata del deserto era scomparsa. La massiccia entrata della Sabbia non si trovava più dietro di loro, ma solo una grande, enorme prateria si estendeva a perdita d'occhio attorno a loro, che vi erano situati nel mezzo, con ancora della sabbia attorno ai piedi. La prateria in cui si trovavano era in realtà una valle di forma circolare, tra i monti. Tutto sembrava presupporre in una sorta di cratere vulcanico sigillato, ma verso nord, incastonata dentro la roccia, c'era la porta più mastodontica che entrambi avessero mai visto. Le porte di Shulva.

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    << Benvenuto nel posto che odio di più al mondo. La Valle della Peste. E quella, è la dannata porta. >>
    Del cubo, non c'era più alcuna traccia.
     
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