Il Soldato dell'Oni

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  1. Jotaro Jaku
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    Distruggere...[2]



    Per una ragione ancora sconosciuta a Sho, il suo demone interiore non avrebbe proferito alcuna reale risposta al ninja qualora fosse stato interpellato. Sho avrebbe continuato a sentire unicamente un sommesso grugnire, o un lamentìo dalla bestia, come se fosse in preda ad una smania, o avesse una febbre terribile che però non ne metteva in pericolo la vita; ma fosse proprio parte di sè. Quando il ragazzo riprese coscienza di sè, si sarebbe scoperto completamente nudo, legato ad una particolare sedia in pelle, sempre nello stesso pozzo oscuro in cui era stato lanciato. In quella situazione però, il buco nero era pieno di luce, essendo state accese le fonti luminose, rivelandosi una sorta di laboratorio costruito sul fondo di un pozzo dal grande diametro. Non c'erano altre uscite, semplicemente il cielo, cinquanta metri sopra.
    Il posto era tappezzato di strani macchinari, monitor, un lettino, e la strumentazione attorno alla particolare sedia in questione, piuttosto piccola e strappata, probabilmente lì da molte sessioni precedenti.
    Sho era stato legato ai braccioli della sedia con delle corde di cuoio molto robuste ed estremamente strette, che facevano contrasto con le fratture del ragazzo, che era stato stretto come un salame nonostante i danni interni.
    Allo stesso modo le gambe, per tutta la lunghezza, erano ancora te alla sedia con lo stesso tipo di legacci, e tenuto fermo al poggiatesta con una corda che ne cingeva il collo alla pelle consunta della superficie morbida della sedia.
    Attorno a lui c'erano solo due individui: uno era chiaramente Shiro, in piedi davanti a lui ad un metro di distanza, accanto a Shiro, seduto a pochi centimetri a destra di Sho, il Lupo, quello vero; sebbene fosse identico a quello che il ninja aveva trovato durante il rituale. Il primo lo osservava, il secondo scriveva appunti su di un bloc notes. Per cinque minuti buoni, l'Oni rimase immobile, osservando Sho, senza rispondere a nessuna eventuale provocazione, stessa cosa il Lupo, che avrebbe via via osservato varie parti del corpo del ragazzo, per poi prendere delle note, senza che il ragazzo potesse leggerne il contenuto; quindi, dopo il tempo appena descritto, circa 5 minuti, il Lupo si voltò verso Shiro e annuì.


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    - Molto bene, cominciamo. - Shiro esordì, estraendo un pugnale alla volta dalle sue cinture. Le armi in questione erano piuttosto piccole, tipo degli stiletti, in grado di essere tenuti dentro una mano per la lunghezza dal polso all'estremità del dito medio. Il manico di ognuno era finemente dettagliato in quella che sembrava una lega sconosciuta, mentre la lama era in un materiale particolare, che quanto a materiale ricordava vagamente la pietra, ma con una colorazione che tendeva al verde; di forma allungata, molto sottili. Uno alla volta, Shiro li piantò lentamente uno dopo l'altro nel corpo di Sho. Nell'ordine:
    Un pugnale sarebbe stato conficcato sul dorso di ogni piede. Un pugnale appena sopra la caviglia, uno nel centro della tibia, poco sotto il ginocchio, uno nella rotula, uno nel quadricipite poco sopra il ginocchio, e uno nel femore poco sotto la testa di quest'ultimo, sempre in linea con gli altri. Il processo si sarebbe replicato per ogni gamba.
    Quindi uno nel ventre, poco sopra il pene, una coppia ai lati del tronco poco sotto le coste fluttuanti, due appena sotto i pettorali e due poco copra i capezzoli, uno poco sotto il pomo d'adamo, uno sul dorso di ogni mano, uno su ogni avambraccio poco prima dei polsi, uno sempre su ogni avambraccio poco dopo il gomito. Due nei bicipiti, uno per ogni spalla.
    Il processo non sembrava una tortura, non ci fu alcun interrogatorio, sembrava più una pratica medica. Quindi Shiro si posizionò nuovamente in piedi davanti a Sho, con in mano il bloc notes passatogli dal Lupo, che controllava chissà cosa sui monitor attorno a Sho, tutti in una lingua a lui sconosciuta. L'Oni iniziò a pronunciare frasi senza collegamento apparente.


    - La tua infanzia. -
    - Il tuo primo amico. -
    - La tua prima ferita fisica importante. -
    - Il nome di tuo padre. -
    - Il nome di tua madre. -
    - Il nome del tuo animale domestico. -
    - Il nome dei tuoi vicini di casa. -
    - Il tuo primo allenamento. -
    - Il tuo primo Kage. -
    - La tua adolescenza. -
    - La tua prima tecnica. -
    - Il tuo incontro con la morte di qualcuno. -



    Non gli stava ponendo delle domande. Non era un interrogatorio, e non si sarebbe fermato a seguito di parole del ragazzo. Il quale, se avesse provato a liberarsi, sarebbe stato nuovamente coperto di botte, e legato ancora più stretto. Quello che stava accadendo era singolare. Ad ogni frase, il suo cervello inconsciamente si focalizzava sul ricordo in questione, che Sho ne fosse cosciente o meno, e ogni singolo pugnale avrebbe preso a bruciare più del normale, rilasciando un alone verdastro nella pelle di Sho. Ad ogni frase, che erano intervallate da tempistiche diverse in base alla forza che il ricordo aveva nel cuore di Sho, seguiva lo stesso risultato; e il ninja avrebbe lentamente o meno dimenticato il ricordo in questione.
    Shiro proseguì leggendo nel bloc notes, per una decina di ore, al termine delle quali, il corpo di Sho era stato ricoperto da una sfumatura verde come la giada, e dalle sue ferite causate dai pugnali, erano sgorgati litri di liquido nero.
    Quindi, Shiro avrebbe chiuso il blocco, scomparendo alla vista del ragazzo assieme al Lupo. Lo avevano completamente ignorato fino a quel momento.


    [...]

    Il giorno seguente, sotto la pioggia, Shiro sarebbe riapparso. Sho non era stato slegato, nè pulito, e restava ancorato al marchingegno come il giorno prima. Nuovamente, l'Oni ripetè le stesse identiche frasi, aggiungendone di nuove, sugli argomenti più disparati. Il processo si sarebbe ripetuto come il giorno precedente, con i pugnali che bruciavano anche sulle stesse frasi, stendendo un alone verde sul corpo del ragazzo che si espandeva dai pugnali, essendo scomparso dal giorno precedente col passare delle ore.
    Di nuovo, il processo avrebbe avuto termine dopo una decina di ore, lasciando il ragazzo da solo, coi morsi della fame, e della sete, se non avesse sfruttato la pioggia per idratarsi quanto possibile.
    Col passare dei giorni, e delle sedute, ci sarebbero stati dei cambiamenti, infatti dopo alcune frasi, i pugnali non avrebbero risposto, e il cervello di Sho non avrebbe ripescato alcun ricordo corrispondente. Il rituale gli stava lentamente cancellando i ricordi di ciò che Shiro andava a pescare.
    A volte il Lupo lasciava la sua seduta per girare nel pozzo-laboratorio, per osservare schermi e grafici dal significato recondito; senza mai parlare. A volte si recava presso Sho, per afferrargli la faccia sotto gli zigomi e fargli aprire la bocca quanto possibile per versarci dentro una sostanza dal colore arancione che aveva la consistenza della gelatina frullata, ma un sapore molto piacevole, che ricordava l'aragosta. Probabilmente era grazie a quella, che il ninja rimase in forze senza mai consumare pasti, per un buon mese.
    Circa 27 giorni, dello stesso trattamento, ogni giorno dieci ore al giorno, prima che ogni singola frase pronunciata, cessasse di generare una reazione da parte dei pugnali.
    Il ventisettesimo giorno, per la prima volta, Shiro prima di andarsene, sbattè con una mano il bloc notes, accentuandone la chiusura.


    [Altrove]

    Come Jotaro avesse attraversato lo specchio di oceano fino a Cantha, senza perdersi nella Coltre di nebbia e senza attirare l'attenzione di ciò che difendeva il tratto della Fossa, era un mistero persino a lui, che ne ignorava i pericoli, essendo arrivato nell'arcipelago senza aver trovato alcun intoppo. Attraccò sull'isola di Shing Jea, la piccola isoletta montuosa sede del monastero più antico di Cantha. Durante la grande guerra civile decenni fa, un giovane Jotaro aveva già messo piede sull'isola, quando lui e gli altri furono costretti alla fuga da una battaglia finita male sulle coste della capitale imperiale.
    L'ambiente non era cambiato di una virgola, tutta l'isola sembrava rimasta al sicuro dalla follia corrotta di Shiro, e in quel luogo ameno, sembrava che tutti i problemi del mondo non esistessero. Forse lì, il ronin avrebbe avuto qualche informazione su come raggiungere il luogo in cui era certo fosse tenuto prigioniero Sho.
    Non perchè non sapesse dove fosse, dato che era certo, ma perchè non aveva idea di come l'isola principale era mutata, dopo l'avvento dell'Oni.
    La certezza sulla posizione di Sho gli veniva sempre dallo stesso maledetto suono, che poteva percepire nelle orecchie, ogni volta che puntava lo sguardo verso il centro della capitale; e questo era stato il metodo che aveva usato per arrivare nell'arcipelago. Per qualche ragione, la fonte sonora che avvertiva dallo strano individuo apparso a Konoha, non era mai del tutto scomparsa, e si faceva più forte, se osservata una precisa direzione. Questo lo aveva condotto a Cantha, senza però permettergli di liberarsi la mente dal quel suono terrificante.


     
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