Il Soldato dell'Oni

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    Hyena





    Si pensa che una volta toccato il fondo non si possa far altro che risalire, ma in quel posso avrei trovato il modo di scavare ancora, la mia situazione stava infatti per peggiorare ulteriormente.
    Nessuno era venuto a salvarmi, ma chi sarebbe dovuto venire? Ero solo, avevo solo mio fratello nella vita. Buffo, Oda, ricordavo il suo nome, eppure non riuscivo a ricordare il mio, da quanto tempo ero lì? Come ci ero finito? Perché mi stava accadendo tutto questo? E sopratutto, cosa mi stava accadendo? Cosa potevano volere da un nessuno come me, perché non si prendevano il demone e basta?
    Oda, chissà che stava facendo? Si ricordava ancora di me? O era semplicemente andato avanti? Non avrei potuto biasimarlo n quel caso, alla fine non ero nessuno.
    Il ventinovesimo giorno giunse, ed ancora una volta mi preparavo a subire la routine di quel rituale che, piano piano, perdeva sempre più di effetto, il dolore scompariva lentamente mentre un senso di torpore pervadeva il mio corpo immobile, oramai era chiaro, non avrei mai più rivisto mio fratello.
    Nessun taccuino stavolta, non era il solito rituale; senza forze lasciai che il Lupo mi ponesse addosso tutti gli elettrodi che voleva, combattere era inutile, sembravo aver perso una guerra di cui non ero nemmeno cosciente. Ma era davvero così importante? Se nemmeno io ricordavo chi fossi, quale differenza avrebbe fatto al mondo se avessi continuato a vivere o meno?
    Era una fortuna, sì, una fortuna, che tutto quello stesse succedendo proprio a me invece che a qualcuno con dei legami, con qualcuno che gli volesse bene, che sarebbe corso in suo soccorso. Era una fortuna, perché nessuno avrebbe sofferto per me, nessuno avrebbe pianto, nessuno mi avrebbe ricordato.
    Non reagii quando Shiro pose il piede sulla sedia, l'unica mia azione fu socchiudere gli occhi all'intensa luce verde che scaturiva dalla lama di giada grezza che impugnava e che ora pendeva sulla mia testa.
    Hyena? Era quello il mio nome? Doveva esserlo, e anche se non lo fosse stato il problema non sarebbe sussistito, la lama stava calando su di me, finalmente era finita.

    Ma così non fu, un destino ben peggiore della morte mi aspettava. La lama perforò il mio cranio e penetrò per tutta la sua lunghezza nel mio corpo, eppure,
    non morii, non stava tagliando il mio corpo, era chiaro, il dolore non era di tipo fisico, eppure la cosa peggiore erano quelle urla fastidiose.
    Ci misi un po' a capire che erano le mie, così forti da impedirmi di sentire quello che Shiro mi stesse dicendo, ero cosciente che lo stesse facendo solo perché , ad ogni sua parola, il mio corpo tremava furiosamente.
    Incontrollabilmente urlavo, così forte dal morire quasi soffocato, ma ancora una volta il tristo mietitore non sembrava volermi accogliere.
    L'unica cosa che vedevo era un'intensa luce verde, eppure nemmeno chiudendo gli occhi riuscivo a placarla, poi capii, veniva da dentro di me, da quella maledetta lama.
    Non ero l'unico a soffrire, anche Kokuo era sottoposto a torture terribili, come potevano fare ciò ad un demone? L'unico amico che ricordavo, l'unico che fosse sempre staco con me. Io e Kokuo. Kokuo ed io. Nessun altro.
    Non capivo cosa gli stessero facendo così come non capivo cosa stesse accadendo a me, ma poco importava oramai, l'unica cosa che volevo era che smettesse quel dolore, qualunque fosse il modo, qualunque fosse il prezzo, doveva finire.
    E così fu, dopo un tempo interminabile il rituale ebbe fine,poi, di nuovo, solo il buio.

    Inclinai la testa a destra e sinistra, facendo sonoramente schioccare il collo, un altro giorno nel laboratorio cominciava, come sempre, osservai il mio corpo, sembrava che i giorni di digiuno non fossero mai avvenuti, su di me non vi era traccia di deperimento, anzi, sembrava che la mia muscolatura fosse addirittura aumentata, come se mi fossi addestrato per qui giorni passati lì dentro. Che fosse davvero stato così? Pco importava.
    Cercai di mettermi comodo sulla sedia su cui ero legato mentre, con calma, osservavo i liquidi che dalle flebo fluivano dentro al mio sangue.

    "E' bello finalmente avere un posto a cui appartengo."

    Il fatto che avessero scelto proprio me, il fatto che fossi ancora lì dopo tutto quel tempo, voleva dire che ero importante, per la prima volta.
    L'unico dubbio era cosa fosse accaduto al mio unico amico, il cinque code, da cui ancora non ricevevo notizie, ma sapevo che lo avrei sentito presto, era ancora dentro di me, ci sarebbe rimasto per sempre.

    -Servono davvero queste legature? Come se dovessi andare da qualche parte....-

    Avrei detto alla prima persona che fosse entrata nel laboratorio.
     
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