Destino Incerto

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  1. F e n i x
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    La Domanda più Difficile


    - II -





    Il suono del legno percosso lo riportò alla realtà, facendogli perdere interesse verso il niente che fissava ormai da qualche tempo. Si girò verso la porta, guardandola nella sua interezza e poi focalizzandosi sulla maniglia senza rispondere, dopo qualche secondo ne perse qualsiasi voglia e le sue spalle tornarono a rilassarsi sul cuscino. Non voleva rispondere, gli mancava la voglia di interagire, se fosse stato importante avrebbero insistito pensava. Al contrario delle aspettative però insistettero, ma non era importante.

    Hei.

    Ricambiò tiepidamente il saluto.

    Si… grazie.

    Proseguì tiepidamente. Tentò di indicare il comodino, ma essendo questo dalla parte del braccio assente si mosse lievemente senza scarsi risultati.

    …poggiali pure sul comodino.

    Questa volta il cenno lo fece con la testa.

    Come… sto?

    Si voltò verso il ragazzo e lo guardò, aveva ancora qualche marchio rosso addosso, segno delle cicatrici appena richiuse.

    Non lo so.

    Nel sospirare a conclusione di quella affermazione le sue spalle si abbassarono.

    Il mio corpo lo vedi da solo come sta… ma non è il problema più grande.
    Ovunque io guardi, qualsiasi cosa faccia, pensi… ha un alone, un filtro un fantasma che lo perseguita che lo trasforma.
    Ed ha le sembianze del mio errore, una voce così forte che non riesco a sopraffare, ne a zittire.
    Mi impegno tutto il giorno a negarla… ma so anche io che non si può, so che è reale, so che è la verità.
    Ho sbagliato.
    Ho sbagliato e il mio errore non si ripercuote soltanto su di me.


    Rimase in silenzio qualche secondo, col pugno serrato e le nocche sbiancate.

    Eppure non riesco ad ammetterlo, non so cosa provare perché sto cercando in tutti i modi di giustificarmi.
    Di provarmi che non sono un fallito.


    Si dava il voltastomaco, ma qualcosa in quella visita riusciva a placare il disgusto che provava per se stesso, probabilmente quel gesto, che voleva convincersi essere apprezzamento ed interesse per la sua persona, stava in poche parole usando l’esile figura di Youkai per sorreggere quel mare di senso di inadeguatezza e sconfitta che lo soffocava, qualcosa di così sconfinato e imbattibile da far impallidire persino le grandi statue di Iwa, e probabilmente si sentiva in colpa anche di questo. Era abituato a risolvere da solo i propri problemi.
    Rilasciò la mano per poi fissarla, cercando nelle infauste linee del proprio palmo il coraggio per schiudere nuovamente le labbra.

    Tu cosa vedi, Youkai?

    Non lo guardò direttamente, rimase ad osservare la sua stessa mano.


    Edited by F e n i x - 9/10/2017, 22:42
     
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