Destino Incerto

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  1. Febh
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    È colpa tua. Ratty

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    Era suonato l'allarme quel giorno a Konoha. Un allarme di massima allerta, come purtroppo era accaduto col fenomeno della Luna Rossa di pochi giorni prima. Un allarme che preannunciava una catastrofe a cui solo restando uniti i ninja avrebbero potuto opporsi, pur feriti e ancora terribilmente scossi dall'attacco di Cantha...ma la vita di un ninja è una costante di pericoli e di vite che, potendo esaurirsi in fretta, devono sempre bruciare al massimo. Bruciare è la parola giusta, perchè mentre una creatura gigantesca avanzava verso Konoha la foresta intorno aveva preso fuoco, per quanto in maniera stranamente controllata, con ogni singola impronta della maestosa lucertola rossa che fumava come una piccola pozza di lava incandescente. Ssalaard, Regina delle Salamandre di Fuoco del Paese dei Vulcani era giunta a Konoha dopo una corsa forsennata a partire da Oto, senza mai fermarsi e senza mai rallentare, distruggendo col fuoco quanto le si parava davanti, perchè il suo Brennblut, il suo Sangue Ardente, che aveva quasi adottato come fosse un suo figlio e protetto, aveva avuto bisogno di lei. E l'istinto materno della sovrana era qualcosa che pochi potevano sperare di fermare...inoltre accadeva molto, molto di rado che l'umano a lei legato le chiedesse qualcosa in maniera così perentoria, con quel tono che ammantava di importanza, di reale importanza, le sue altrimenti scanzonate e decisamente poco profonde parole. Non le era però piaciuto che lui si portasse quella ragazza dietro: non avevano ancora avuto modo di fare due chiacchiere da femmina a femmina e lei non sapeva affatt quali potessero essere le intenzioni di quella vipera dal corpo sinuoso. Si ripromise di prenderla da parte un giorno o l'altro, magari facendola rapire per portarla al Paese dei Vulcani.

    Ma al di là del terrore e dell'allarme scattato alla sola comparsa della titanica lucertola rosso-magma alle mura, qualunque guardiano si sarebbe sentito piccolo e impotente sotto lo sguardo di Febh Yakushi, Amministratore di Oto e uno dei ninja più forti del continente, noto anche come Conquistatore degli Otto Cancelli del Tuono ai tempi dell'invasione straniera a Kumo, anni prima, e considerato da molti più una calamità che un alleato (anche se verosimilmente le voci erano esagerate, era impossibile che avesse fatto esplodere la sua stessa amministrazione così tante volte, o che avesse causato tutti quei guai tra le famiglie di mercanti di Suna aiutando lo scapestrato Shinichi Kurogane...avevano anche fatto un fotoromanzo degli eventi), e tuttavia Febh era là, su una lucertola gigante, ma assai più pericoloso di essa, con una tizia dai capelli rossi vicino. Alle porte di Konoha, con aria tutt'altro che conciliante. Sarebbe sceso dalla regina avvicinandosi alle porte e ignorando gli alt o le richieste di riconoscimento, salvo poi prendere a calcioni lo stipite. Sono Febh Yakushi di Oto. Il pivello ha chiamato e ho letto cosa è successo, quindi se non è morto sono qui per finire il lavoro! Aprite, o quanto è vero il cielo questo villaggio non avrà più una porta fra dieci...nove...otto...

    Era raro vederlo così infuriato. No, in effetti a dirla tutta lui era quasi sempre infuriato, ma di solito per brevi periodi o per motivi talmente futili da risultare comico prima di causare gravi lesioni, e comunque in genere gli passava tutto non appena trovava altro a cui pensare. Stavolta era stato diverso. Stava disperatamente cercando di infilare un modulo per le ferie in mezzo al plico di carte che gli aveva portato Hebiko da firmare prima di protocollarle per renderle ufficiali, cercando di distrarla con un discorso senza nè capo nè coda su quanto le pentole a pressione siano potenzialmente nocive per l'universo, quando la porta si era spalancata e uno degli impiegati era entrato trafelato con due comunicazioni, una pubblica e una privata. Non senza lamentele Febh si era messo a leggerle, salvo poi accigliarsi, stranamente (e pericolosamente) serio, ed era poi passato alla successiva, quella rivolta a lui personalmente, che aveva poi accartocciato e distrutto con un guizzo di chakra elettrico. Konoha. Ora. Al diavolo queste carte! Con una manata aveva sparso le carte che la segretaria aveva in mano facendole volare via, brusco e maleducato nel senso cattivo del termine, ignorando ogni possibile rimprovero. E tu vieni con me. Non sia mai che impari qualcosa. Forse, in realtà, la stava portando per avere una sorta di valvola di sicurezza, casomai la situazione di Konoha, rivelandosi più tragica del previsto, lo facesse uscire fuori dai gangheri in maniera eccessiva. Hebiko poteva avere una vaga possibilità di calmarlo...forse.

    [...]

    Sicuramente c'era stato qualche problemino alle mura, ma alla fine lo avevano fatto passare, dopotutto era stato invitato, anzi, convocato, nonostante i suoi modi quantomeno discutibili (per usare un eufemismo) e il discretamente esagerato metodo con cui si era presentato ai guardiani del villaggio (che pure avevano già avuto a che fare con lui). Lasciò la lucertola fuori solo dopo una discreta opera di convincimento e si incamminò verso l'ospedale dove a quanto pare era atteso. Il villaggio aveva subito pesantemente i danni dell'attacco nemico, anche se quando avesse scoperto l'effettiva portata di ciò che era successo probabilmente li avrebbe riclassificati come danni marginali. Ricorda Oto il giorno dell'incidente... si riferiva a quando aveva involontariamente liberato un elefante per il villaggio ovviamente, non certo qualche vero attacco...oro era stata distrutta più spesso dall'interno che non da forze esterne, e questo non era esattamente un pregio per quanto l'Amministratore la pensasse diversamente.

    Era improbabile che qualcuno fosse tanto scemo o suicida da provare a fermarlo e infine raggiunse la fatidica stanza dell'ospedale, aprendo la porta di malagrazia senza farsi annunciare (non che servisse dopo aver invaso il villaggio con un grosso dinosauro sputafuoco) né bussare. Poi rimase in silenzio a lungo, osservando il corpo spezzato di Raizen. Ammutolito, ma senza perdere l'espressione ostile che aveva indossato fin dalla partenza. Ebbene? Chiese dopo un lungo minuto. Chissà cosa passava per quella testa che non considerava una mutilazione come una ferita permanente o per cui una frattura era una faccenda da poco. Cosa quanti di quei secondi di silenzio erano stati dedicati a contemplare la fragilità umana e a realizzare che lui, privo di quei limiti, non poteva più pensare come un normale essere umano. Chissà quanto di quel tempo era stato una pericolosa deriva mentale di chi almeno potenzialmente poteva considerarsi immortale. Non avevi anche quella batteria pelosa che io non posso comprendere? Gli rinfacciò una discussione di tanto tempo prima, con il portatore del cinque code rapito e la scienziata ribelle di oto. E nonostante tutto ti ritrovo così? Spero vivamente che tu abbia una giustificazione plausibile, pivello.

    Edited by Febh - 11/10/2017, 19:55
     
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