Destino Incerto

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  1. Waket
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    La lettera


    I



    Per contrastare l'intrattabile insistenza di Febh, Hebiko aveva imparato un semplice ma efficacissimo metodo: ignorare e annuire. Ogni volta che iniziavano a lavorare sul serio, la Vipera faceva scattare una sorta di meccanismo di risposta automatico, dove alternava gli ordini da imporre allo Yakushi con cenni di assenso e commenti come "interessante, continua", consapevole che l'ego del ragazzo lo avrebbe spinto a continuare qualsiasi assurdo discorso stesse facendo impedendo la sua fuga. E quella mattina proseguì esattamente così come le altre, con la ragazza che aveva imparato a leggere con sufficiente velocità da non far passare troppo tempo da un modulo all'altro, in modo da porgergli solo quelli che lei voleva firmasse, e scartare tutte le richieste di ferie. Certo, la cosa faceva saltare le ferie anche ad altri shinobi più bisognosi, ma almeno Febh non avrebbe avuto delle ferie gratis.
    Passare così tanto tempo con lo Yakushi le aveva permesso di imparare le sue reazioni. Si bloccava a fissarla con sguardo da stoccafisso? Stava nascondendo qualcosa. Rispondeva distrattamente alle sue domande? Sicuramente era distratto, la maggior parte delle volte da una difficile parola della settimana ninjistica. Cambiava atteggiamento, ricordandole vagmente il terribile giorno della confessione riguardo all'essere la figlia di Orochimaru? Grossi problemi in arrivo.
    Riconoscere il cambiamento d'umore però non le permetteva di conoscere anche quale fosse il problema, ma le dava modo di cambiare atteggiamento. Il fatto che la lettera che l'aveva agitato in tal modo provenisse da Konoha avrebbe reso la reazione della Vipera ancora più seria e preoccupata.

    Che è successo? Che c'è scritto nella lettera?

    Si sforzò di ignorare i metodi bruschi. Per quanto fatti da una qualsiasi altra persona l'avrebbero fatta infuriare, conosceva abbastanza bene l'Amministratore per rendersi conto che rimproverarlo avrebbe solamente peggiorato la situazione. Il fatto che lui la volesse con sè la rassicurò in parte, partecipare ad incontri potenzialmente importanti la faceva sentire pian piano più importante, rendendola felice del fatto che Febh potesse considerarla come più di una segretaria. Aveva confessato di fidarsi di lei, e che fosse una cosa più unica che rara che accadesse.
    Se non avesse ottenuto una risposta, avrebbe insistito con voce ferma, seppur gentile:

    Febh, per favore, rispondi! Non posso sapere come aiutarti se non mi dici qual è il problema.

    Non pensò nemmeno per un momento che Raizen avesse potuto tradirla. Dopo le loro precedenti esperienze, aveva avuto modo di capire che per quanto riguardavano le missioni l'uno poteva contare sull'altra, e sarebbe stato stupido da parte sua rinunciare ad una spia ad Oto (poteva effettivamente definirsi spia? Aveva promesso di boicottare i piani di Diogene, ma la cosa andava a favore di Oto, no? Sempre che le informazioni datele non fossero menzogne). Senza considerare che, se così fosse stato, si sarebbe sicuramente sentita più al sicuro di fianco a Raizen, dove apparentemente Febh la stava portando. L'Hokage aveva espresso il suo desiderio di averla tra le file di Konoha, non l'avrebbe sorpresa troppo una richiesta diretta, ma era sicura che lo Yakushi non avrebbe reagito in quel modo. C'era altro sotto, ne era sicura.


    Nonostante la sua passione per i rettili, l'apparizione di Ssalaard non provocò alcuna reazione nella Vipera, che rimase per tutto il viaggio con un terribile nodo allo stomaco. Probabilmente la cosa aveva infastidito la lucertola, ma poche e secche parole da parte di Febh l'avrebbero ammutolita, acconsentendo la richiesta di passaggio. Ignorò persino i tremendi danni alla foresta prodotti dal passaggio di quella bestia ricoperta dalle fiamme (ora i due villaggi potevano vantare di un'enorme strada percorribile, al prezzo di ettari di foresta andati a fuoco). Non era chiaramente in lei, dall'esterno poteva apparire come il riflesso più sensibile dello Yakushi, che al contrario di lei sembrava stesse per dichiarare guerra al villaggio.
    Arrivati alle mura e visti i metodi bruschi del ragazzo, gli avrebbe preso con delicatezza un braccio, invitandolo ad indietreggiare, non riuscendo a nascondere la preoccupazione nel suo sguardo:

    Lascia fare a me. Ci vorrà un attimo, lo prometto.

    Fortuna volle che Kairi fosse alle mura anche quel giorno. Se in precedenza Febh le avesse ceduto la lettera, l'avrebbe semplicemente mostrata alla guardiana, in caso contrario avrebbe spiegato brevemente la situazione:

    Siamo stati convocati. Io non... non gli bloccherei il passaggio, è piuttosto nervoso, ma posso garantire che siamo qui per ragioni pacifiche.

    L'insistenza di Febh per far passare anche la lucertola (e forse persino lei avrebbe avuto qualcosa da ridire sul fatto di voler seguire il suo figliolo adottivo) venne placata dalla Vipera, che tentò per la seconda volta un approccio gentile, seppur fosse evidente che c'era qualcosa che non andava nel suo tono di voce, per quanto si sforzasse di nasconderlo:

    Non potrebbe comunque entrare in alcun edificio, e non penso che vogliano incontrarti per strada. Vengo io con te, lei lasciala tornare nel suo regno, ha sicuramente cose più importanti di cui occuparsi, che doversene stare parcheggiata fuori da un edificio. A proposito, grazie infinite per il passaggio.


    L'arrivo in ospedale fu piuttosto brusco, Hebiko era sicura che ogni suo tentativo di rallentarlo sarebbe stato inutile, piuttosto cercava di rassicurare eventuali infermieri evidentemente spaventati dalla sua faccia che era stato convocato, e che non erano lì per infastidire nessuno. A parte Raizen, sempre che la loro visita si potesse definire un fastidio.
    La brusca entrata dello Yakushi venne seguita da una più timida Vipera, che fece capolino dalle sue spalle, richiudendo la porta una volta entrata. Lo shock alla vista delle condizioni in cui si ritrovava Raizen fu un duro colpo al cuore. Un sussulto anticipò due righe di lacrime che preso le si formarono sulle guance, quasi senza che se ne rendesse conto, e le gambe si mossero da sole nell'avvicinarsi a quella che a malapena riconosceva come la sua faccia, talmente distorta dal suo solito volto sicuro di sè che a malapena sembrò riconoscerlo.
    Gli avrebbe toccato una guancia con delicatezza, facendolo voltare appena se avesse potuto e fissandogli gli occhi, trovandoli... spenti. Le fiamme tipiche del suo sguardo erano svanite, così come il loro colore. Osservandolo, si rese conto dell'assenza del braccio, che indicò con entrambe le mani mentre fissava Febh, con l'aria di chi chiedeva di fare qualcosa. Rimase a girare attorno al lettino con aria confusa, con le lacrime che non smettevano di scendere e lei che ancora non capiva che emozione stesse provando tra tristezza, confusione, incredulità e un pizzico di rabbia. Un'unica domanda, per lei la più importante, uscì dalla sua bocca:

    Chi ti ha ridotto così?
     
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