Tre teste sono meglio di una

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    L'Altro


    - III -




    In quel momento parlare con Raizen aveva poco senso, lui aveva fatto pace con se stesso e con la sua voglia di vendetta da parecchio tempo, questo però non voleva dire che l’aveva annullata, semplicemente l’aveva ammaestrata, trasformandola in un cavallo da guerra. Ciò che Oda vedeva e sperimentava però era l’inconscio, un piccolo avanzo, i piccoli scatti d’ira, gli errori frettolosi, la goccia che traboccava dal vaso, una goccia che già in altre occasioni si era dimostrata rilevante per l’equilibrio delle altre persone.

    Si, lo so.

    La voce di Raizen era calma, tranquilla, per nulla iraconda o agitata in alcun modo. Infatti se Oda aveva impegnato tutto se stesso a creare muri per impedire a terzi di contaminare la sua mente, il Colosso l’aveva fatto per nascondere ciò che era realmente, non era un comportamento dovuto ad un qualche tipo di rimorso verso la società con cui si sentiva in debito, era consapevole però del fatto che qualsiasi tipo di sentimento potesse essere una debolezza se sfruttato nella giusta maniera, per questo teneva costantemente il coperchio sul vaso di pandora.
    Un coperchio al quale l’Altro, l’elemento più incontrollato della psiche di Oda, si stava avvicinando sicuro di aver trovato il modo di farsi scorrere addosso la corrente, così come il girino si tronfia di saper vincere la corrente dentro al suo piccolo stagno d’acqua melmosa.
    Raizen avrebbe anche accettato con sincera accondiscendenza la richiesta di Oda, che di fatto, abituatosi rapidamente a quell’esubero di “carattere” avrebbe saputo mettere in equilibrio quel triangolo, ma non era ancora pronto per quel piccolo atto di caritatevole contatto umano. Il tocco dell’Altro sancì un contatto più diretto, per Oda sarebbe stato paragonabile ad un capovolgimento spirituale, ma stava avvenendo senza il minimo controllo, quantomeno senza la sua precisa volontà, osservando il quadro generale infatti l’Altro non era che una proiezione di una parte della psiche dello Yamanaka in cerca di un contatto con quella di Raizen, così come il capovolgimento era un invasione della psiche di un altro individuo.

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    Era attratto con una forza mostruosa da quel vortice, qualcosa di primordiale che non agiva soltanto sul suo corpo astrale ma anche sulla sua mente, non con dolci parole, con un tipo di comunicazione che lo spingeva ad abbandonarsi cellula per cellula a quel vortice, non perché quello volesse qualcosa da lui, ma perché lui voleva qualcosa. Era come se comprendesse che in quel modo di agire, di porsi con arroganza e supponenza sul mondo ci fosse la chiave per primeggiare, non di chiedere ma di pretendere, o prendere con la forza.
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    Da quanto fissava quell’abisso di sentimenti oscuri? Da quanto l’abisso gli guardava dentro?
    L’altro era una parte di Oda, non facile sapere se l’accettasse o se fosse nato perché lui la ripudiava, quasi come un meccanismo per non privarsi di una parte di se utile in futuro.
    Ma quello che fino a pochi secondi prima premeva per essere soltanto preso in considerazione, nutritosi di sentimenti a lui affini era li per prendersi ciò che gli spettava: rivalsa, controllo, supremazia.

    E il sasso ha paura del sasso?

    Tutto era in equilibrio nella vasca, il difficile era non farsi influenzare, cosa che avrebbe significato perdere il controllo di se stessi, fiondandosi in parti oscure del loro stesso carattere. I jinchurichi non avevano questo genere di problemi, la loro psiche era consolidata, maturata grazie allo scontro con quella dei demoni, creature composte di chakra e volontà, vecchie di migliaia di anni, qualcosa che si guadagnava a fatica, qualcosa che anche Sho aveva problemi a realizzare, ma Oda era uno Yamanaka, l’unico problema è che anche l’Altro lo era.
    Oda stava nel suo mirino, lui dove avrebbe puntato il suo?

    Oda. Controllati.

    Era Raizen a parlare, ed era anche consapevole del fatto che quella situazione si sarebbe potuta verificare, ma non ne fece comunque parola per due ragioni, era un rischio da avrebbero comunque dovuto correre ed aveva deciso di far affidamento su oda, non tanto perchè avesse assegnato a lui i meriti o i demeriti di un eventuale riuscita o fallimento, ma perchè credeva che avrebbe potuto superare quell'ostacolo e che riuscendosi si sarebbe migliorato, non c'era per lui avversario peggiore di un se stesso nutrito con le brame di una mente allenata a tenere a bada un demone. Per queste ragioni la sua voce non risuonò come un rimprovero bensì come un incitamento.



    Sbroglia la situazione, ma non concluderla, ci penserò io, in caso di fallimento anche a controllare l'Altro
     
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