La Via del Ferro

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    Biforcazione


    -I-




    Era riverso sul letto già da qualche ora quando i suoi pensieri, da disordinato e scomposto flusso quali erano, si ordinarono, facendogli realizzare che in quel momento, senza il demone, era debole. Non di certo un fuscello rispetto a gran parte degli esseri umani nel mondo, ma un attacco ben assestato da chiunque avrebbe tranquillamente potuto ridurlo a… come era qualche giorno fa.
    Aveva bisogno di una protezione, di qualcosa che più che la sua carne gli permettesse di difendere le ossa elementi troppo difficili da curare la cui rottura significava perdere generalmente l’utilizzo dell’arto. Quella stessa notte, ormai rinunciando a prendere sonno, si sarebbe recato alle sue fucine personali, ci sarebbe voluto del tempo prima che riprendessero il calore necessario a permettergli di realizzare ciò che aveva in mente.
    Da quella notte avrebbe lasciato sempre un clone a lavoro, vi sarebbe tornato di persona solamente dopo tre giorni.

    Bella schifezza.

    Disse guardando il prodotto finale.

    Già, bella schifezza, ma non sappiamo fare di meglio, non al momento.
    Se si tratta di dare una forma, dritta, o curva, ma comunque che sia una lama che è comunque piatta direi che abbiamo pochi rivali, ma le corazze son diverse, devono stare aderenti al corpo, essere comode, lasciare la giusta mobilità.


    Spiegava il clone indicando pezzi di corazze sparsi per il locale.

    E devono essere lievemente più gradevoli allo sguardo, almeno sopportabili, se non altro.
    Giusto per sembrare che non siano raccattate da un cassonetto.


    Concluse l’originale, rendendosi conto che un problema c’era, e non era affatto di poco conto.

    L’ultima volta che ci ho provato in effetti era da Tetsujin, e mi venne una mezza schifezza buona solo a fare quell’unico compito per cui l’avevo studiata.

    Il clone mugugnò, con disappunto.

    So cosa stiamo pensando, e uno di noi due dovrebbe dirlo: Meku probabilmente ci spedirà a quel paese.

    Beh, dobbiamo comunque provare.


    Dissolto il clone e aggiunta un po’ di fatica ed inutile esperienza alle sue spalle si dedicò alla fucina del suo recalcitrante maestro, bussando con un pestone del piede vista la natura sotterranea della bottega.

    Salve Meku-Sama.
    Mi scuso per l’assenza di qualsivoglia preavviso riguardante la mia visita, ma la necessità mi impone una certa fretta.
    Avrà saputo del recente disastro avvenuto alla foglia.


    Avrebbe atteso un eventuale offerta per entrare all’interno della fucina per dialogare al meglio, altrimenti, visti i vestiti pesanti, avrebbe continuato li dov’era.

    Sono stato privato del parte del mio potere, ma non della bravura con incudine e martello.
    In essa dovrò trovare riparo per poter difendere ancora il villaggio senza rischiare di morire nel tentativo.


    Gli porse una delle placche che si era portato dietro dalla sua fucina, un parabraccia.

    Ma come vede necessito della sua guida, ancora una volta.
    Ho anche qualcosa di interessante da mostrarle.


    Attese risposta, porgendogli alcuni frammenti del pesante metallo dorato trovado ad Iwa, non del tutto certo che la risposta non potesse semplicemente essere il secco richiudersi della roccia che sigillava le scale.

     
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