Una questione di cibo

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  1. leopolis
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    La carne era deliziosa e soffice. Il sangue che scorreva lungo il mento e gocciolava sul terreno era di un sapore squisito. Certo, era pur sempre un bambino, ma chi se ne importava? Se era finito nelle prigioni del Colosso, è perché aveva peccato; e chi peccava era destinato a essere mangiato. Lo sapeva Minoru, lo sapevano anche gli altri: gli organi interni dei bambini-maschietti avevano un sapore squisito. Ma gli organi interni delle bambine, femminucce, avevano un sapore assolutamente divino. Un dolce che si mischiava con i frutti della primavera regalando a Minoru delle sensazioni di estasi che non avrebbe mai potuto nascondere. Delle sensazioni che molto presto si mischiarono con la sua anima, si rifletterono su quel volto così concentrato... a mangiare, e gli diedero modo di bagnare i suoi vestiti, o meglio: il suo corpo. Perché di vestiti ne aveva decisamente ben pochi, tralasciando le scarpe a tacchi, una farfallina sul collo, delle orecchie da coniglio sulla testa e delle mutande da donna. In quella stranza posizionato, con quel strano abbigliamento, - che però gli dava un sufficiente campo d'azione, - Minoru continuò ad affondare i propri canini una volta nel polpaccio, e una nel bicipite. Continuò a masticare quella succosa carne senza alcuna preparazione, senza alcun aroma, per il solo piacere di mangiare. Era buono quel bambino. Non sapeva da dove provenisse. Né dove si sarebbe diretto se la cattura di Diogene non fosse sopraggiunta. Ma non glie ne importava niente: con le spazie o senza le spazie non vi era alcun piatto migliore al mondo del bambino mangiato crudo, morto da poco. Oppure del bambino mangiato ancora vivo, legato e impossibilitato a muoversi, nel mentre i denti e le unghie si facevano spazio tra le sue viscere. Fu al momento della maggiore estasi che con un unico gesto gli strappò il cuore con le arterie penzolati per l'aria. Fu, per lui, come prendere in mano una mela e stringere, stringere, stringere... finché il cuore non più pulsante del bambino non avrebbe fatto un sonoro "puff" e tutto il sangue non sarebbe schizzato nell'ambiente intorno bagando quella pubblica piazza con dell'altro sangue.
    Fu in quel momento, mentre ammirava i resti del cuore del bambino alla luce della macabra luna, che vide, - no, senti! - del movimento non molto lontano da lui.
    «Chi c'è?» - chiese Minoru staccandosi un attimo della figura del bambino morto. Si guardò intorno per un attimo, al fine di trovare da dove provenivano quei rumori strani, che sembravano... provenire dallo stomaco? Era il vomito? Preso com'era dal suo -secondo- piatto preferito gli ci volle giusto qualche attimo per vedere la figura di un secondo bambino, o quel che sembrava un bambino, a non molta distanza da lì. Forse aveva visto la scena, e... beh, in effetti non era da tutti resistere a quelle che a tutti gli effetti delle immagini molto crute. - «Stai sporcando la piazza,» - fece notare Minoru indicando il suo vomito, ma ovviamente tacendo a proposito delle viscere lasciate dietro. In un attimo uscì allo scoperto abbastanza da posizionarsi al chiaro di luna e permettere al bambino perduto di vedere Minoru in tutta la sua bellezza.



    «E hai interrotto la mia cena...» - gli puntò un indice contro. Era sazio ormai, ma... chi era quel bambino? Un altro regalo di Somujo per festeggiare al meglio le sue "vacanze" a Oto? No. Somujo non faceva mai due regali. Uno solo. E a delle volte manco quello. Stupido Somujo. Rimasto a fissare il ragazzino sotto la luna Minoru ascoltò quello che voleva da dire. - "Ma come? Vuole già andarsene?" - si chiese avvicinandosi per dargli una pacca sulla spalla. - «Haha! Farti male? Ma che scherzi?! haha Mai ucciso una mosca io!» - Si diede una botta sul petto Minoru, come se volesse farsi gloria. - «Dai, non vuoi diventare mio amico? Sono sicuro che ci divertiremmo!!! hehehahahuhuhi» - Finito di ridere Minoru avrebbe guardato il cadavere del bambino al centro della piazza. - «Oh quello non sono io. E' la voce nella mia testa. Ogni tanto dice di fare cose strane. Somujo. Sai. Un Dio. Lo amo e lo maledico hhehaheha... dai! dai! Facciamo amicizia!» - l'uomo con le orecchie da coniglio gli avrebbe allungato una mano, la destra, sulla quale il tizio avrebbe visto dei residui delle viscere di quel bambino. Erano delle corde vocali, forse, o qualcosa che restava di qualche arteria. Solo un buon patofisiologo avrebbe potuto dirlo con certezza. - «Io mi chiamo Minoru! haha Andiamo a bere, dai! Tu cosa bevi? Io solo sangue! hehehehajheh... delle bambine più che dei bambini. Meglio se neonate. Non ti preoccupare di quello...» - lanciò un'occhiata verso il vomito e verso il corpo del bambino. - «Tanto a Oto puliscono sempre hahahahihuhu»

     
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