Punti di VistaFree con Murasaki

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  1. Jotaro Jaku
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    Oboro seguì ogni singolo progresso della ragazza, sin dal primo albero. Il suo controllo del chakra era grezzo, ma non perchè non fosse capace; mancava semplicemente di tanta pratica. Doveva essere stata talmente protetta durante gli "addestramenti" alla sua magione, da non permetterle di esprimere il suo potenziale. Forse nemmeno assistita da un vero e proprio maestro ma dalla servitù di casa che dovevano averla viziata. La sua prima missione era stata un successo grazie alla presenza della donna, ma se fosse stata da sola, con quelle capacità, sarebbe stata catturata sicuramente.
    La prossima missione di Murasaki, se le cose non fossero cambiate, sarebbe potuta essere la sua ultima, e questo la Vespa non poteva permetterlo. Rivedeva molto di se stessa in quella ragazza, forse qualcosa di umano era rimasto in quell'alveare antropomorfo, tanto da spingere la donna a prendere la ragazza in carico e addestrarla. Evento fino a quel momento mai accaduto.

    Dopo appena una ventina di alberi, e altrettanti fallimenti, Murasaki prese a urlare e scalpitare, accasciandosi a terra in preda all'isteria. Chiaramente non era abituata a uno sforzo mentale, più che fisico. La sua volontà era ancora acerba, e probabilmente non aveva mai dovuto combattere per ottenere qualcosa. Doveva avere una dimostrazione.
    Dopo averla oltrepassata, Oboro si fermò per un attimo, dando le spalle alla ragazza, quindi tornò indietro senza dire una parola. Si fermò davanti all'albero che per ultimo la giovane aveva provato a scalare, quindi praticamente davanti a lei, e si tolse uno dei guanti neri che portava.
    Murasaki avrebbe visto una pelle molto, molto strana. Era giallastra, grinzosa, aveva lo stesso aspetto di una ustione diffusa su tutta la pelle, anche se il colorito non corrispondeva a quello di una bruciatura. Sembrava quasi che la mano fosse marcita dall'interno e che si fosse svuotata delle sue strutture fondamentali. Il colorito giallastro era così chiaro da poter vedere quasi l'interno dell'arto, come fosse più un bozzolo, che la mano di una persona.
    Oboro piegò leggermente le ginocchia, e saltò sul posto di circa 3 metri, per raggiungere il primo ramo disponibile, nemmeno troppo robusto.
    La donna arrivò a contatto con il ramo con il polpastrello dell'indice destro, che aveva appena liberato dal guanto, e quando l'inerzia venne sconfitta e la donna cominciò a scendere nuovamente, restò attaccata a suddetto ramo con l'ausilio del solo polpastrello, che si portò dietro il ramo fino a quasi spezzarlo sotto il peso del corpo della donna.

    Questo però non avvenne, nel giro di qualche secondo, il ramo assorbì il peso e tornò in posizione naturale, con Oboro attaccata sotto di esso, con l'impronta di un dito che si era incollata al ramo come fossero una cosa sola. Restando lì, immobile, senza dire una parola, con un braccio disteso lungo il corpo, e uno sollevato per restare attaccata, appena smossa dal vento. Sembrava un'alveare, più che una persona.
    Quindi improvvisamente la presa terminò e la donna tornò a terra, inserendo nuovamente la mano giallastra dentro al guanto che prima la conteneva.
    Per la prima volta dalla scenata di Murasaki, la donna insetto le parlò, non per darle un ordine, ma un consiglio molto accorato.

    Ti sei lasciata sconfiggere da un albero. Torna a casa, questa vita non fa per te. Proseguendo per questa strada affronterai scelte peggiori di questa.

    La voce stridula risuonava nelle orecchie della ragazza, mentre Oboro, con la mano destra cingeva la maschera che da sempre l'aveva contraddistinta.
    Un "click" preannunciò il distacco della copertura, e quando la mano destra calò fino al bacino assieme alla maschera che teneva, Murasaki avrebbe potuto vedere il volto della donna.



    Forse non era la maschera a produrre quella voce stridula. Murasaki avrebbe potuto posare gli occhi su qualcosa di orripilante. Simile a nessuna strana pratica ninja presente nel villaggio, il volto della donna era completamente sfigurato, privo di qualunque traccia pilifera, la pelle era completamente gialla, esattamente come la mano che aveva visto poco prima, ma a differenza della mano, la pelle del volto era di un giallo spento, quasi color ocra, piena di cicatrici e forme particolari, come se la donna avesse immerso la testa in una vasca di acido ma in qualche modo la pelle fosse tornata liscia. Nuovamente sembrava che qualunque cosa fosse successa, fosse avvenuta all'interno del corpo. Gli occhi poi, erano vitrei, di un giallo cadavere terrificante, con due punte nere come spilli al loro interno. Sembrava più il volto di un insetto che quello di una donna.

    Non sei adatta a questa vita, torna a casa...

    Concluse Oboro, prima di rimettere la maschera, voltarsi, e partire nuovamente a passo lento verso Otafuku.

     
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