Ritorno dagli Inferi

Quest B

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  1. Yato Senju
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    The Man Between Two Worlds
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    Degnai la donna solo di uno sguardo distratto. Era un'immagine deplorevole, ma impiegai qualche secondo per chiedermi se avrei potuto fare qualcosa del genere se fosse servito alla Missione. E mi risposi affermativamente, prima di tornare a guardare il mio interlocutore. Ero Bokushin, non Yato, ero il Fauno dagli strani lineamenti, deformati dal legno del mio clan senza farlo emergere dalla pelle. Ero il mio alter ego che abitava Ame nei momenti liberi, quando mi rivolgevo al mio Sensei per missioni, addestramenti o necessità, sempre a patto di non danneggiare Konoha, ovviamente, a meno che non servisse per la Missione. La cura di Juana era terminata ma comunque passavo abbastanza spesso per la Pioggia, di ritorno dalle missioni accademiche o durante le pause tra gli incarichi, era comunque utile. Vestito con robusti abiti di pelle, ben diversi dalla mia abituale tuta per rendere più difficile riconoscermi, ero stato avvicinato da un losco figuro, ma ad Ame era molto peggio fidarsi di chi aveva un aspetto normale o rassicurante che non dei pendagli da forca. Mi aveva raggiunto portando come referenza la Locanda del Sensei, e questo comunque lo rendeva sufficientemente affidabile da prestargli attenzione.

    La donna è solo una decorazione di cattivo gusto per me. Non vedo perchè dovrebbe interessarmi. Con del legno nella gola anche la voce era leggermente diversa, per quanto il mio respiro fosse un pò più rauco. Se devo ignorarla non mi servono queste spiegazioni. Risposi senza usare un tono oltraggioso o particolari inflessioni ma semplicemente esplicitando il mio punto di vista. Annuii al menzionare delle Picche, senza approfondire, guardando con distratto interesse la busta che mi veniva offerta. Ogni transazione ad Ame è un pericolo, e questo è ancor più vero per chi non appartiene alla loro piramide gerarchica, ma ogni pericolo ad Ame nasconde un'occasione di guadagno, per quanto i soldi non siano la mia priorità. Non fini a sè stessi. Non bevvi dalla coppa che mi veniva offerta ma aprii la busta senza particolare fretta, contando a colpo d'occhio quelli che sembravano essere più di duemila ryo. Una somma considerevole. Forse troppo per un medico itinerante, non affiliato e non particolarmente abile.

    Lasciai che spiegasse, e a quel punto avrei bevuto dal calice. Qualcuno doveva aver accennato a me e Juana. Forse Miroku o quel suo indisponente compagno...o la ragazza della Locanda. Non potevo saperlo, ma la fama di riabilitatore, pur senza particolari pretese di perfezione era qualcosa che poteva tornarmi utile. Non sono interessato a ricercare cadaveri o guadagnare dalle informazioni che posso prendere dalle loro spoglie. Desidero solo migliorare come medico, ma non ho l'attitudine adatta per seguire un'ospedale o delle normali istituzioni. O i Cuori. Tuttavia, se accettate che io usi questa opportunità e non vi dispiace eccessivamente che il guarito abbia qualche esito...si può fare. Posai il calice, mentre l'altro porgeva la sua mano, che guardai a lungo, quasi dubbioso. Sollevai lo sguardo sul mio interlocutore. Assicuratevi che non ci siano interferenze e il lavoro sarà buono. Strinsi la mano, senza che la comparsa del simbolo risultasse poi una grande sorpresa.

    Non conosco questo simbolo, ma suppongo sia una forma di assicurazione. Commentai laconicamente. Ame è terra di transazioni, e non c'è nulla da guadagnare nell'usarmi o tradirmi, quindi immagino che questo assicuri la mia fedeltà. Sgradevole, ma razionale. Naturalmente, se questo si riversasse sulle Picche in qualche modo dannoso, loro lo verrebbero a sapere. Sorrisi, un ghigno mostruoso sul viso deforme così diverso e sgraziato rispetto al mio, un sorriso incoronato da gelidi occhi azzurri. Lui non era di primo pelo, ma nemmeno io ero uno sprovveduto e volevo far capire che avevo un supporto significativo. Sarà un piacere fare affari con voi. Chiunque voi siate. Dopotutto nemmeno lui sapeva chi io fossi.

    [...]

    L'attimo di nausea che anticipò l'apertura della porta mi fece tentennare un secondo. Possibile che il Flagello fosse là con la sua immonda presenza? Forse era lui che dovevo in qualche modo riabilitare? Lo avrei fatto se necessario, ma mi sarei assicurato di lasciare qualcosa di mio nel suo corpo, da usare in seguito. La stanza successiva contrastava violentemente con lo scuro e umido ambiente dei cunicoli attraversati fino a quel momento, abbracciandomi con un candore quasi fastidioso nella sua asetticità. Un bianco che lungi dall'essere colore di purezza pareva quasi cercare di escludere la vita in ogni sua forma. Era sgradevole.

    L'aggressività dell'uomo in camice bianco mi colpì come un fiume in piena. Non era letale come il Kage, il Sensei o il Flagello, ma poteva e voleva uccidermi, questo era chiaro. E più che la paura fu la vergogna e l'inadeguatezza a fermarmi e farmi tremare d'impotenza...ero troppo, TROPPO debole! Non...non...erava...mo...att...att...attesi? Riuscii a biascicare maledicendomi per il tono patetico che era uscito tra i balbettii, ma ero vittima di un jutsu e non ne ero consapevole...perlomeno l'uomo che mi aveva assunto sembrava nelle mie stesse condizioni. Non compresi bene cosa accadde, ma una persona che non avevo percepito era là e portò con sè il medico omicida, chiunque fosse. Restava solo un cadavere su un lettino.

    Impiegai anche io qualche secondo per rimettermi in sesto, cominciando a guardarmi intorno mentre il mio interlocutore si asciugava la fronte dal sudore. E' tutto mio...chi? Questo è un cadavere. Non posso rianimare un mor... Ma avvicinandomi scorsi qualche dettaglio che inconfondibilmente tradiva la vita, per quanto flebile. Dodici ore? Nessuno ha parlato di dodici ore! Reagii, cercando di protestare, ma quello si chiuse la porta alle spalle, levandosi di torno.

    Mi avevano fregato.

    Persi cinque minuti buoni a mandarmi al diavolo per le mie decisioni. Approfondire le mie capacità di rianimazione e recupero delle ferite più gravi era sicuramente importante, ma qui si esagerava: in dodici ore, anche nella più rosea delle aspettative, non potevo sperare di fare altro che non fosse stabilizzare quel poveraccio! Inoltre gli avevano sicuramente fatto "qualcosa", e io non avevo idea di "cosa". Niente cartelle mediche, niente storia clinica, niente identità. Solo un foglio con qualche parametro vitale scribacchiato pigramente. Ed ero solo, come con Juana, ma con tempi nettamente più lenti.

    Beh, non vogliono che torni presentabile, lo vogliono solo vivo. Juana doveva riavere una faccia, lui solo un cuore che batte. Serrai le labbra, perdendo una mezz'ora per fare un rapido inventario e verificare i macchinari e le attrezzature. Una buona metà non sapevo nemmeno cosa fosse e non potevo perdere tempo inutilmente per studiare i manuali, sempre che ci fossero, quindi mi sarei dovuto arrangiare.
    Una rapida valutazione mi permise di capire qualcosa di più del mio assistito: era bradicardico, ipoteso, sostanzialmente in coma e con ferite aperte in addome che per qualche miracolo non si erano infettate, inoltre era profondamente in ipotermia, e forse era solo questo a tenerlo vivo: col freddo le funzioni vitali rallentano. Il calore sarà l'ultima cosa da riportare alla normalità. Il lettino su cui stava agiva un pò come un frigorifero abbassando la temperatura del paziente ma senza contatto diretto con superfici fredde, evitando quindi le ustioni da gelo...e questo era bene.

    Inaspettatamente quello parlò mentre cominciavo a reperire degli accessi venosi, almeno uno per braccio e uno nella vena femorale, per permettermi di infondere grandi quantità di liquidi quando fosse stato necessario. Mi sorprese quell'attimo di vitalità, tanto che uno schizzo di sangue raggiunse il mio volto mentre posizionavo l'ago, e per quanto la coscienza fosse un buon segno usare il cervello e sprecare energie per parlare poteva essergli letale...e tuttavia la forza di volontà era importante per la guarigione, quindi iniettai rapidamente in vena un farmaco ipnotico, così da addormentarlo in tempi brevi. Tornai ai miei normali lineamenti e portai il volto nel suo campo visivo, con gli occhi accesi per via della luce riflessa di quel posto (non volevo spaventarlo troppo mostrandomi come Bokushin) e gli parlai mentre il farmaco faceva il suo effetto sprofondandolo nell'oblio. Sei in pericolo, ma hai una possibilità. Riposa. Sogna. Combatti per vivere nel sogno. Io penserò a salvare il tuo corpo. E con la mano sfiorai il suo viso, lasciando che la debolezza svanisse per effetto combinato delle sostanzie iniettate e del mio chakra [Tecnica]Gli faccio credere di non essere moribondo e debole, così da facilitare il sonno

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    Ottenuto il sonno lo intubai per garantire il respiro collegandolo a un ventilatore meccanico, accesi poi un monitor con i sensori per tenere traccia dei parametri vitali, come l'elettrocardiogramma e la saturazione dell'ossigeno. Ci sarebbe voluto parecchio tempo, e io non avevo tempo nè aiuti. Rimpiansi amaramente le infermiere del reparto dell'ospedale di Konoha, ma dovevo fare da solo, e in fretta.
    Avevo garantito la ventilazione (per fortuna il macchinario era molto simile a quello a me familiare), un monitoraggio dei parametri vitali e degli accessi venosi. Era il momento di mettergli un catetere per tenere conto della diuresi, quindi avrei potuto iniziare le altre procedure. Un'altra mezz'ora era andata.

    E' come se avesse appena le forze di vivere...quella luce violacea...ricordava vagamente Densen, ma era molto più potente e opprimente, più simile al Flagello. Disgustosa. Avevo riassunto l'aspetto di Bokushin, casomai ci fossero telecamere o sensori, e misi in analisi il sangue che avevo prelevato mentre posizionavo le cannule venose. Il risultato arrivò in tempi rapidi, e nel mentre avevo cominciato a idratare quel ragazzo con grandi quantità di liquidi: era terribilmente disidratato ed ebbi quasi l'accenno di un sorriso quando vidi che cominciava a urinare. Piccole soddisfazioni incomprensibili a chi non è del mestiere. Non persi tempo a fare radiografie ma con un piccolo ecografo verificai che non ci fossero versamenti importanti e con gli esami in mano potei finalmente avere un quadro completo: aveva gli elettroliti completamente fuori fase, pochissimo glucosio e fegato e rene pressochè in scioperto. L'idratazione, con le adeguate correzioni elettrolitiche, avrebbe risistemato il rene, sempre che non fosse troppo tardi, anche se ci sarebbero voluti giorni per un recupero completo o anche solo parziale. Il fatto che urinasse però era sufficiente, inoltre i liquidi avrebbero stabilizzato la pressione, se tutto andava come doveva. Tutto in sterilità, nei limiti del possibile, ma per buona misura avrei anche somministrato un antibiotico, sperando che quello non fosse allergico.

    L'anestetico lo avrebbe tenuto fuori gioco alcune ore (e lo misi anche in infusione continua così da controllare il suo stato di coscienza) e intanto con le mani curative mi sarei dedicato, assumendo un tonico ogni tanto, a stimolare le ferite più superficiali e i muscoli atrofizzati: un piccolo trucco possibile solo con le arti ninja era ferire l'arto dai muscoli ipotonici e poi guarirlo con le Mani Curative, così da stimolare una rigenerazione con energie extra (anche se dovetti usare uno degli accessi venosi per somministrare un mix proteico e calorico che supportasse i processi di guarigione). Per la sua mente potevo fare poco, ma dopo circa otto ore avrei ridotto il dosaggio dell'anestetico e iniziato a infondere liquidi caldi per riportare temperatura e metabolismo a valori normali (normalmente si sarebbe aspettato per dare tempo al corpo di riassestarsi, ma io non avevo quella possibilità e dero stato aggressivo somministrando quante più sostanze possibile), estubandolo e aspettando che il ragazzo si svegliasse. Non sapevo se avrebbe realmente aperto gli occhi, ma con un briciolo di adrenalina avrei stimolato un risveglio rapido: c'era il rischio che il cuore cedesse per una stimolazione tanto brusca, ma avevo poco tempo e dovevo riuscire a svegliarlo per capire se c'erano deficit neurologici. Mi serviva sveglio e coricato per capire se c'era qualche parte che non era in grado di muovere. Poi avrei pensato al resto.

    Ti sto curando. Avrei detto non appena si fosse destato. Hai della morfina in infusione che ti farà sentire un pò stordito ma toglie dolore e stanchezza...posso usare un Genjutsu per accentuare l'effetto se non basta. Puoi chiamarmi Bokushin, sono un medico. E ho quattro ore per evitare che tu muoia, e io con te. Comincia con il dirmi chi sei...raccontami tutto quello che ricordi. Mi serve per stimolare il tuo cervello, come un allenamento, parleremo per circa un'ora, tu non muoverti. Per distrarlo gli avrei raccontato di Ame e di quel che sapevo a riguardo, e del fatto che eravamo in un laboratorio sotterraneo, mentre continuavano infusioni di sostanze e ogni tanto con le Mani Curative cercavo di rafforzare i muscoli delle gambe o delle braccia, focalizzandomi su diversi gruppi muscolari. Dovevo capire se il cervello aveva ricevuto danni permanenti e ogni tanto gli avrei fornito delle informazioni per poi chiederle successivamente e capire se aveva deficit di memoria, mentre osservavo attentamente la sua capacità di articolare suoni o muovere i muscoli del volto, o se avesse problemi visivi o uditivi. Gusto e olfatto mi erano indifferenti. Hai abbastanza calorie, fra un'ora ti chiederò di provare a percepire il tuo chakra e impastarne un poco nella mano. Dopo proveremo a farti muovere.

    Direi che conviene che Jin faccia un Interpost dopo il suo "sonno-anestesia-sogno" e vedere se si sveglia e come reagisce al Fauno.
     
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15 replies since 13/11/2018, 14:19   462 views
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