La Chiamata

Riunione Segreta dei Kage

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    La Fragile Alleanza


    - I -




    Solo, in tenebre così dense da essere inespugnabili, riusciva a vedere esclusivamente se stesso, chiaro e definito come se quell’oscurità non riuscisse a toccarlo, come se volesse lasciarlo lucido e cosciente della sua situazione.
    Non c’era altro li attorno se non quel continuo, fastidioso ed inquietante alito di vento che gli si insinuava nelle orecchie, intraducibile per lui, era come un mantice dalla pelle logora e scricchiolante ed andava avanti da che chiudeva gli occhi fino a quando qualcosa, forse un suono lo rilanciava nella realtà.
    Sogni sereni, qualcosa che il cervello di Raizen si premurava da parecchio tempo di evitargli, tanto che il suo corpo iniziava a risentirne, decorandogli il contorno occhi con occhiaie sempre più pesanti.
    Quando si tirò su dal letto la testa pesava come un macigno, e sfregare gli occhi non la rendeva affatto più leggera, ogni giorno passava qualche secondo in più, sul bordo del letto a riflettere, di fatto sul nulla, si appesantiva solamente il fardello che si portava appresso, probabilmente il suo era uno strano rituale che più che riflettere gli permetteva di mettersi ogni preoccupazione sulle spalle così da trasportarla facilmente durante la giornata.
    La casa dell’Hokage in quel periodo era diventata un tempio del silenzio, l’ordine era stranamente così preciso da far apparire la sua casa quasi disabitata, neppure a volersi concentrare si poteva udire uno scricchiolio da un mobile, o un vestito che si assestava cercando di recuperare una condizione di equilibrio, persino la luce, causa anche la stagione, entrava lieve, quasi chiedendo il permesso.
    Davanti allo specchio sempre una faccia diversa, qualche volta quella di Shiro, qualche volta quella della troia Uchiha, qualche volta del Daimyo, a volte quella di Sho.
    Ogni mattino si sbiancava le nocche a furia di stringerle sul lavello, ma il viso peggiore di tutti era proprio il suo.
    Il viso del Daimyo era la perdita dell’unica persona che sapeva aver realmente creduto in lui senza alcuna riserva, Shiro e l’Uchiha erano vendetta, Sho rimorso ma il suo volto… il suo era sconfitta, inadeguatezza, il suo era tutto meno che accettazione.
    Poi però faceva colazione, e qualche fantasma si faceva più leggero, mentre svuotava il piatto si accorgeva che per quanto si arrovellasse l’illuminazione non gli sarebbe giunta da dentro, o dal rielaborare qualche ricordo, tutto si alleggeriva, meno la consapevolezza di esser lui ad avere il dovere di trovare quella soluzione.

    O quantomeno di avere un minimo di talento nell’usare le mie mani per difendere il prossimo.

    Lasciò cadere la forchetta nella ciotola e si alzò.
    Niente avrebbe rilasciato quell’illusione, niente avrebbe mai potuto infrangere quel vetro anti-biju che Shiro aveva messo tra lui e il resto del mondo.
    Solo quel fastidioso respiro riusciva a passare qualsiasi barriera torturandolo la notte.
    Ed era un giorno libero.
    Si fermò sulla soglia della cucina a guardare l’appartamento vuoto, silenzioso.
    Di Hebiko gli restava solo la sensazione del suo viso tra le mani e niente più, forse qualche maglia in meno.
    Persino le modifiche strutturali di Febh erano state annullate, e questa volta le pagò persino di tasca, senza mandare la ricevuta a villa Yakushi, l’unica cosa che ne rimaneva era l’odore di tinta nuova.
    Aveva già indossato la tuta da allenamento quando la sua ombra si allungò innaturalmente fino a raggiungere il primo ripiano orizzontale, il basso tavolo posto tra i divani dell’appartamento, ma non ne venne sorpreso, c’era un unica persona che comunicava con lui a quel modo ed il fatto che dall’ombra si levò uno sbuffo di fumo che fece comparire una lettera non fece altro che confermargli che Jotaro aveva qualcosa da comunicargli.
    Non divorò la lettera, ma la lesse con attenzione.

    Ah.

    Leggere di una riunione dei kage sollevava più di un emozione in lui, era combattuto su quale far prevalere, ma di sicuro se Jotaro si era mosso era evidente che qualcuno avesse in qualche modo palesato il bisogno di quella riunione, gli sembrava strano che Itai non gli avesse minimamente paventato la possibilità, quindi lo escluse, restavano in ballo solamente Oto e Suna, ma per quanto ne sapeva il misterioso ninja aveva ben pochi contatti alla Sabbia.

    Fa il primo passo, interessante.

    Scelse di essere sorpreso, ma avrebbe deciso successivamente se essere orgoglioso di quell’evento, dopotutto non sapeva se quella richiesta arrivasse effettivamente dal neo Kokage Diogene Mikawa o se venisse da Suna, e se arrivasse da Diogene se fosse effettivamente stato spinto dagli avvisi di Raizen a mettere la testa sulle spalle e concentrare le sue energie al di fuori dell’accademia più che a far guerra ai suoi stessi alleati.
    Di contro a quella sorpresa però faceva sorridere la situazione nella quale quell’alleanza versava, Oto non era vista di buon occhio, ed il fatto che proprio Diogene ne fosse al comando affossava ulteriormente il parere che si poteva avere su di essa, per quanto ci si impegnasse infatti era complesso non vedere nella sua figura un eccesso di patriottismo che non faceva sicuramente bene a quell’alleanza.
    Ma se c’era un modo per tranquillizzare le acque e permettere all’alleanza di veder chiari i propri obbiettivi era proprio quella riunione.
    A quanto pareva quel giorno si sarebbe comunque dovuto recare a lavoro.

    Grazie Kami.

    Non sarebbe rimasto solo con i suoi pensieri.
    In ufficio avrebbe fatto contattare Oda Saitama, chiedendo con urgenza la sua presenza, sapeva che non era occupato in alcuna missione quindi non avrebbe dovuto avere troppi problemi.
    Era inizialmente indeciso, in realtà, chi tra lui e Kunihiro convocare, ma riflettendo i temi da trattare e le informazioni da condividere e soprattutto con chi dialogare, si disse che Oda era meglio, aveva mente più fredda e meno sibillina del neo anbu, e l’aver toccato con mano la potenza delle armi di Iwa, in caso fosse stato necessario, avrebbe permesso un resoconto più puntuale rispetto a quello di un rapporto.

    Ciao Oda, scusa la fretta.
    Siediti, o se ti serve da bere serviti.


    Indicò un piccolo mobile che pareva assolvere alla funzione di mini bar, una comodità a cui Raizen non riusciva a rinunciare durante il lavoro.

    È arrivata una missiva.

    Gli porse la lettera, dopo aver rilasciato il sigillo, di modo che anche il chunin potesse leggerla.

    Lascia perdere il fatto che Jotaro si perda in descrizioni assurde pur di non usare i giorni dell’anno come tutte le persone normodotate del mondo, ma insomma, capirai che l’evento è epocale.

    Lasciatogli il tempo di leggere le poche righe avrebbe continuato a parlare.

    Sei tu la mia persona fidata.

    Poche, inequivocabili parole.

    Partiremo tra tre giorni.
    Fatti trovare fuori dall’amministrazione, porta qualcosa di adeguato.


    Richiesta che fatta da Raizen includeva ben più che dei semplici vestiti da cerimonia.
    Lui dal suo canto avrebbe evocato Kubomi, consegnandogli un piccolo rotolo, dandogli istruzioni di mettere al suo interno due oggetti particolari.
    Il giorno precedente alla partenza l’avrebbe passato decidendo come voleva presentarsi a quell’incontro, e nessun kimono riusciva ad allinearsi con l’idea che pensava un Hokage dovesse dare e se stesso.

    Ma se ne andassero a fanculo, loro, la pomposità, la portanza e i loro modi da falsi nobili.
    Siamo tutti cani randagi, mettersi addosso della stoffa ben tagliata ci renderà solamente dei cani ben vestiti.


    Ragione per la quale si limito a scegliere esclusivamente in base alla comodità dell’abito. Qualche sarto legato alla tradizione avrebbe ringraziato quella decisione.
    La mattina successiva, con il necessario stipato in dei rotoli, avrebbe atteso Oda davanti all’amministrazione.
    Al suo arrivo l’avrebbe salutato con un cenno della testa.

    Oda, i tuoi sigilli di comunicazione.
    Ne vorrei uno su un mio anbu e uno che faccia comunicare noi due, ci servirà poter scambiare informazioni senza aprire bocca.
    Kunihiro, uno dei tuoi sigilli di dislocazione remota.


    Nessuno al villaggio sapeva della loro partenza, esclusivamente Kunihiro ne sarebbe stato informato l’unico a cui l’informazione sarebbe potuta servire e risultare effettivamente utile.
    Ultimati i sigilli sarebbe stato il suo momento, certo, ora qualcuno si sarebbe accorto che l’Hokage si sarebbe allontanato dal villaggio, ma sapere la ragione sarebbe risultato parecchio difficile, il Re dell’Ovest non passava inosservato dopotutto.

    Hibachi.

    Salutò il drago battendo con la mano sulle sue scaglie coriacee.

    Raizen.

    Neanche un battito di ciglia che sarebbe comparso in groppa al rettile seduto con le gambe in posa meditativa.

    Bene, facciamolo.
    Oda.


    Quando il chunin si fosse sistemato il drago avrebbe preso rapidamente quota alla volta del paese del ferro.

    Sono stato indeciso fino all’ultimo, Oda.

    Interloquì senza preavviso.

    Questa riunione è probabilmente una delle più grandi pagliacciate che l’accademia organizzi da quando è nata.
    Lo schema è sempre il solito, vengono tutti a scambiare le informazioni a stringere alleanze, patti ma fuori dall’edificio restano sempre quattro villaggi separati l’uno dall’altro, in grado di nascondere persino il metodo per la creazione di un artefatto o equipaggiamento.
    Pensa, non so nemmeno quanto sia preciso il circolo di informazioni tra di noi.
    Il nostro orgoglio ci fa sempre dire che i panni sporchi si lavano al villaggio, ma gli unici a trarre vantaggi da questo comportamento sono i nostri nemici.
    Credo che l’unica cosa che mi muova verso questa riunione sia la curiosità.


    Non del tutto in realtà, ma non era certo sua intenzione sposarsi il Saitama, per cui gli evitò le sfumature del suo animo, tralasciando che portava con se importanti notizie, ma quella era la sua parte ligia al dovere che imbattibile dava sempre il suo contributo alle azioni della Montagna.
    Giunti a destinazione si sorprese leggermente, non si aspettava certamente danze, fiori o chissà quali luculliani banchetti, ma il triste palazzo era forse leggermente eccessivamente freddo.
    Alzò gli occhi per guardare la struttura dal basso, pensando che rispecchiasse fedelmente lo spirito della nazione del ferro.

    Grazie Hibachi.
    Vi farò avere notizie di questo incontro a conclusione, se le premesse verranno rispettate sarà importante sapere anche per voi.


    Non indossava ancora la sua uniforme da Hokage, aveva preferito viaggiare con abiti civili, e se qualcuno avesse voluto verificarne l’identità già quello sarebbe stato sufficiente a mettere un timbro sull’identità di Raizen Ikigami.
    Fece un inchino di cortesia al messo che li avrebbe accompagnati alle loro stanze, entrare in quella struttura gli appesantì terribilmente le spalle, ed il simbolo del fuoco davanti alla sua stanza non fu da meno.

    Sono certo che è stato Jotaro a cucinare.

    Disse mentre osservava il misero pasto, del tutto incapace di alleggerirgli la testa dai mille pensieri che l’affollavano, ma il peggio non era ancora arrivato, ed Oda poteva ben percepire che più di una volta Raizen avrebbe guardato all’unico piccolo rotolo che aveva portato con se come bagaglio, qualcosa di piccolo che di certo non meritava tutte le attenzioni che gli sguardi saettanti dell’Hokage gli dedicavano.
    Fu solo dopo una delle docce più lunghe della sua vita che il chunin capì cosa conteneva il piccolo rotolo: il vestito da cerimonia di Raizen.
    Ma contrariamente a ciò che ci si poteva aspettare, ogni parte del kimono indossata dalla Montagna ne rendeva più salde le fondamenta, liberando il suo animo dalle incertezze, il rosso, dopotutto, era il suo colore.
    Allo scoccare della mezzanotte la Prima Fiamma del Paese del Fuoco era pronta ad unirsi agli altri Kage nella riunione più importante che l’accademia ricordasse.


    Non avrebbe proferito parola, chiudendosi in un austero silenzio sin dal momento in cui avesse varcato la porta della propria stanza fino alla stanza della riunione, difficile dire se assorto nei propri pensieri, o concentrato o semplicemente teso.
    La prima parola quella volta non spettava di sicuro alla Foglia, Kiri, Oto e Suna, tutti e tre i villaggi avevano intere montagne ad ostacolare un reale dialogo, Raizen avrebbe taciuto fino a quando quelle montagne non si fossero appianate o per appianarle egli stesso.
    Alla richiesta di mostrare il proprio cappello, lo strano copricapo da sempre ritenuto ridicolo, lo sollevò dalla testa, posandolo davanti a se quasi fosse un cimelio, col kanji rivolto verso il moderatore di quel difficile evento.
    La riunione delle Ombre poteva definirsi aperta.
     
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