L'attacco dei Tengu

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    -III-






    Quando Tasaki sbadigliò di fronte a Sojobo questo si fece, se possibile, ancora più imponente visti i sue due metri abbondanti di statura.

    Se fossi un amante della guerra ti avrei ucciso in questo stesso istante.

    Affermò con un tono fermo e sicuro.

    E senza nemmeno faticare.

    Chiuse il discorso, lanciando una sfida solamente a metà visto che non avrebbe dato tempo di replicare, allontanandosi insieme ai suoi guardiani e lasciando l’otese adottato ai samurai.

    CONTRATTARE NOI?!?
    NON CI HAI DATO NEMMENO IL TEMPO STUPIDO VANITOSO!
    Guarda il tuo talento di negoziatore che splendidi risultati ha dato!


    Indicò con veemenza i Tengu che volavano ormai lontani.
    Masaharu, mostratosi sin da subito come il più esuberante dei due fratelli si sarebbe sbilanciato arrivando ad urlare, cosa inusuale per dei samurai, ed ancora più inusuale lo era quell’insulto per quanto in ambienti più popolari fosse ben poca cosa.
    Sarebbe stato Minamoto ad intervenire, poggiando una mano sulla spalla del fratello, molto più posato nelle reazioni non nascondeva anche lui una decisa avversione verso il ninja.

    Un individuo come te, Tasaki san, sarebbe in grado di riaccendere gli antichi conflitti con il nostro popolo.

    Ma forse il suo tono fermo e tranquillo era anche peggiore di quello di Masaharu, parlava come un sensei profondamente deluso, e dopotutto Tasaki non lo vedeva un po' così?

    Vieni qui, ci dai una manciata di informazioni che avremmo potuto scoprire anche da soli, pretendi di insegnarci a fare politica e dopo essere riuscito ad insultare chiunque nel raggio di una ventina di chilometri , fallendo nelle tue negoziazioni, pretendi di andartene con la ragione in tasca?

    Una leggera risata di scherno lo scosse.

    Mh!
    Vuoi andare?
    Prego, vai pure, dove potrebbe portarti il tuo cammino se non lontano dal campo di battaglia?
    Codardo.


    Gli avrebbe indicato con disprezzo un punto qualsiasi lontano dall’esercito.

    E volevi pure apprendere le nostre usanze… puah!
    Ma non sperare di potertene andare a cuor leggero, assumerti ci è costato, l’accademia dovrà renderci i soldi per i servigi a cui non hai adempiuto.
    [Nota][3000 ryo, che verranno prelevati dal tuo conto, o qualcosa di egual valore]

    Se Tasaki avesse imboccato la via del ritorno però niente avrebbe impedito ai samurai di prendere il lordume fangoso che avevano ai piedi e bersagliarlo con lo stesso, un unico grido li univa: codardo.
    Una parola che l’avrebbe accompagnato fino a che non si fosse allontanato dall’accampamento.




    [...]


    Intanto alle fucine Raizen era passato a studiare un rimpiazzo ai flettenti degli archi, le due parti di bamboo infatti erano ingombranti e difficilmente manovrabili, rispondeva meglio alle sue esigenze una potente banda elastica, ma come ricavarne una delle giuste dimensioni e potenzialità?
    Teoricamente era una buona soluzione, ma raggiungere la potenza di un arco lungo non sarebbe stato semplice, non senza il giusto materiale.
    Il migliore sarebbe stato la gomma, con cui realizzare potenti elastici, ma era ben poco probabile che i tengu ne avessero in quantità sufficiente per lavorare così tanti elementi in una volta sola.
    Gli sarebbe servito qualcosa di differente, pensò quindi ad un piccolo arco in grado di aggirare i limiti di un arco lungo, e l’unico modo per farlo era affidarsi a più di un materiale, ciò che aveva in mente era tutto di facile reperibilità.

    Tendini, pelle di animale, ossa, corna e bamboo.

    L’idea era semplice un piccolo arco da braccio estremamente efficiente con dei flettenti intorno alla quarantina di centimetri, a seconda delle dimensioni dell'arciere.
    La possibilità di poter ripiegare i due bracci avrebbe potuto trasformare la parte vicina all’impugnatura, quando chiuso, in delle efficaci punte acuminate adatte all’aggressione fisica.
    I flettenti avrebbero avuto come corpo di base il bamboo a cui nella parte interna sarebbe stato applicato il corno, in grado di reagire bene alla compressione, mentre a quella esterna i tendini appropriatamente lavorati.
    Già per sua natura il bamboo aveva una buona elasticità ed al contempo una compattezza invidiabile, elementi che ne facevano un buon materiale anche per un arco monomaterico, ma i tempi di produzione erano difficili da velocizzare al contrario dell’arco composito.
    Una volta ottenuti i materiali sarebbe passato alla lavorazione, mettendo all’opera ogni singolo clone in passaggi produttivi differenti, dopo aver prodotto i primi proiettili infatti aveva commissionato allo scalpellino degli stampi adatti a poterne forgiare una buona quantità in tempi brevi mentre lui si sarebbe dedicato ad istruire gli altri nella produzione degli archi.

    Iniziamo dal bamboo.
    Produrre le aste non è complesso, sarè necessario ottenere dalle canne prima delle bacchette a sezione quadrata, dovranno avere uno spessore inferiore ai tre millimetri, una volta ottenuta un’asticella è necessario accorparle per ottenere una sottile asse dalla larghezza di tre centimetri, la superficie deve essere ruvida in modo che la colla preparata grazie alla bollitura di pelle ed ossa possa aderire bene.


    Mentre parlava faceva muovere rapidamente le mani eseguendo ciò che descriveva minuziosamente e al contempo selezionando il materiale.
    Essendo il bamboo naturalmente predisposto alla scheggiatura non era difficile produrre le bacchette, era sufficiente infatti incuneare una lama per dare il via alla filatura e aiutandola con le mani farla procedere per tutto il pezzo.

    Lo spessore della canna però è elevato, quindi è bene ridurlo scegliendo la parte più esterna che è la più tenace.

    Il procedimento era il medesimo, ma andava effettuato anziché sul raggio sulla tangente.
    Il risultato era una lunga e flessibile bacchetta leggermente ondulata.

    È ovviamente da rifinire in modo che risulti un perfetto, o quasi, parallelepipedo a base quadrata, un lavoro per cui sarà meglio utilizzare direttamente delle semplici pialle senza supporto.

    Poggio entrambe le mani su una lama rettangolare, affilata nel lato lungo, facendola scorrere eliminava da sola le imperfezioni, levigandole via.

    Le corna dovranno essere sezionate in modo da essere certi di assicurarsi sezioni sufficientemente ampie da rivestire le assi di bamboo, quindi almeno tre centimetri, richiederanno qualche minuto di vapore ed una pressata per essere raddrizzate.

    Era un processo meno laborioso di quello dedicato al bamboo, ma più fastidioso, tagliare e scaldare il corno infatti gli faceva produrre un odore abbastanza sgradevole che sensi acuti come quelli del Colosso non gradivano.
    Ultimata la fase di raddrizzamento avrebbero dovuto uguagliare lo spessore, ma qualche piallata sarebbe stata sufficiente.

    I tendini essiccati invece andranno sfilati o sfibrati, come preferite, qualche buona martellata sarà in grado di scioglierli a sufficienza da permetterlo, ci servono ovviamente solo i fili, eventuali rimasugli possono essere scartati.
    Non servivano infatti particolari attrezzi, ma solo buona pazienza, i tendini infatti non erano che fasci di fibre e già dopo la prima martellata avrebbero rivelato la loro natura rendendo facile separare le une da le altre come se fossero fili. Un lavoro in cui gli artigli dei tengu avrebbero eccelso a differenza delle inutili unghie umane di Raizen.
    Queste sono tutte le materie prime, non ho citato la colla ottenuta dalle pelli perché semplice ed immagino già sappiate farla.


    Spiegava col fare di un maestro attento, per quanto ne sapesse riguardo i materiali però, era la prima volta che costruiva uno strumento simile, stava infatti apprendendo insieme a loro e probabilmente il risultato finale sarebbe giunto solo dopo qualche piccola incertezza ed esperimento andato a male, anche se la sapienza dei tengu sicuramente l’avrebbe aiutato.

    Una volta prodotte le assi di bamboo e quelle di corno andranno incollate, quindi una faccia va resa opportunamente ruvida in modo che la colla faccia il suo dovere.
    Dopo averle sagomate ed inciso l’alloggio per la corda sarà ora di metterle nella forma, il comodo di questo tipo di arco è che è il tempo di asciugatura a scandire i tempi di produzione, ed il tempo in cui deve stare nella forma equivale a quello di asciugatura della colla.
    Parlo ovviamente della colla da applicare insieme ai tendini sfibrati.
    Le fibre vanno bagnate ed allineate e prima di essere applicate opportunamente asciugate, ma non completamente, altrimenti ne verrebbe meno l’allineamento, è quindi un passaggio che va fatto raggruppandole in piccoli mazzetti.
    L’applicazione sull’arco non è complessa, è necessario applicare per primo uno strato di colla a cui sovrapporre le fibre precedentemente immerse nella colla.
    Una volta disposte sarà necessario attendere l’asciugatura e rivestire il tutto con una copertura impermeabile, va bene anche della comune pelle.
    Forse sarà necessario più di uno strato, ma valuteremo via via.


    Una volta completata l’asciugatura, che grazie alla forma aveva originato le due metà di una C era ora dell’elemento a cui andavano fissate: un bracciale con un meccanismo in grado di allineare i flettenti trasformandoli in un arco quando necessario, mentre quando allineati all’avambraccio avrebbero esposto solamente le punte metalliche.
    L’arma conclusa non era semplice da tendere.

    L’arco è in grado di produrre parecchia potenza, ma tenderlo è un azione che solo un tengu può eseguire rapidamente: è necessario incoccare il proiettile e poi spingerlo con forza verso terra in modo che lui stesso tiri indietro la corda caricando l’arma, e grazie al volo voi potete farlo con una piccola picchiata che vi permetterà di scaricare il peso dell’intero corpo sull’arma.
    Si, i proiettili sono ovviamente stati dotati di un incocco robusto e delle guide lo manterranno al suo posto durante il processo.
    Una volta caricato l’arco, fino al rilascio resterà carico, è stato dotato di un piccolo blocco.


    Un gioiello interessante la cui complessità gli aveva fatto attingere alle sue conoscenze di meccanico oltre che a quelle di armiere che stava apprendendo.
    La freccia infatti non poteva avere una sezione circolare se doveva resistere alla pressione generata dalla ricarica dell’arma, sarebbe stata molto più adatta una sezione a cruciforme, tediosa in fase di prototipizzazione ma eccellente nell’assolvere al suo scopo.
    Il modello finale della freccia misurava un metro per un peso fuori scala rispetto ad una freccia normale, ma era anche vero che l’arco sviluppava una potenza troppo elevata per quelle.
    Lui stesso avrebbe indossato il prototipo per saggiarne solidità, precisione ed efficacia.

    Mh.

    Fu l’unico commento dubbioso nel vedere la freccia sforare di oltre la metà della sua lunghezza dopo l’incocco.

    Mi aspettavo un effetto strano viste le misure, ma è abbastanza lunghetta.

    La freccia era infatti stata progettata partendo dai suoi spiedi, simili a giavellotti, la cui dimensione ne aveva contaminato l’apparenza finale, ma in fin dei conti necessitava di qualcosa di così ingombrante?

    Riduciamole.
    Sessanta centimetri saranno sufficienti.
    E non dimenticate di agganciare i cavi, altrimenti non potrete strattonare le armature.


    I tengu erano pronti a quella battaglia.
     
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