Il Mistero del Fabbro

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    Il Sakè fa Buon Sangue


    IV







    Che Raizen fosse un discreto chiacchierone, povera anima solitaria senza conoscenze con cui sfogarsi, era anche vero, ma anche Midorinaka non scherzava, era una tra le svariate contraddizioni di quella ragazzetta che lo divertivano e che lo riportò indietro di qualche anno.

    Yashamaruccheccosa?
    Ahahahahah!


    La risata scoppiò solamente nel mondo interiore, mentre Raizen piegato in due continuava a farsi beffe della vergogna della volpe.

    Mostramelo dai, voglio vederlo uno che prende il tuo nome come cognome!

    Ma quella si rifiutò categoricamente.

    Hey Midorinaka, fammi un po' vedere com’era questo Yashamaru, magari anche come combatteva, non penso tu non sia in grado di replicare il suo stile, ti basta una trasformazione no?

    Sentiva la volpe scalpitare e la cosa lo incuriosiva terribilmente.

    Lo vedi che non hai capito?
    Stai ancora a guardare il prezzo.
    Se il prezzo fosse sempre la rappresentazione del valore di un bene non esisterebbe ne il profitto ne l’imbroglio, invece esistono entrambi.


    Ma per quanto dicessero di Raizen che aveva la lingua lunga anche quella di Midorinaka non era da sottovalutare, certo potevano dire che magari le si addiceva di più, ma alla fine dei conti se parlava tanto era un problema di chi lo ascoltava.
    Conosceva Kensei, ma pur essendo Kenkichi non pareva portargli certo il rispetto che gli doveva come membro esperto del clan ne come Kage, anzi, faceva una spiccata fatica nel collegare le due cose e per quanto sicura di sé non sembrava di certo atteggiarsi come una nukenin.
    Come era possibile che una Kenkichi avesse queste mancanze?

    Ch-gh-e cos’è cosa?
    Non conosci il metal?!?!?


    Era evidente che qualcosa di spiacevole l’aveva colpito nel profondo, come era evidente che Midorinaka si riferisse ad un passato che non condividevano quando parlò delle promozioni.
    Respirò a fondo.

    A te manca una discreta fetta di mondo da conoscere, fai tutta la boriosa con le tue abilità, i giudizi e poi non sai nemmeno cosa è il metal.
    È la musica degli dei, ma solo quando si arrabbiano!
    Ma dove vivi?


    Poi realizzò improvvisamente l’età della ragazzetta e se non conosceva il metal era probabile che, combattimenti a parte, gli mancassero parecchie esperienze, e forse quella situazione poteva offrire un buon lato da cui partire per ribaltare il tavolo e mettere la discussione su un piano che potesse mettere Midorinaka in svantaggio.
    Gli si sarebbe quindi avvicinato col viso, socchiudendo gli occhi in un accurata analisi visiva.

    Ma tu, il primo bacio l’hai mai dato?

    Intanto che osservava la reazione della Kenkichi compose un sigillo facendo apparire un clone all’esterno, con l’incarico di portare il necessario.

    Si certo, servetto, ai servi non gli si fa la grazia della compagnia, è che ti va di parlare.
    Rilassati pure qui non hai niente da dimostrare a nessuno, non so quale lustraterga tu abbia incontrato fino a questo momento ma qui dentro ne troverai pochi.
    L’unica cosa che puoi ottenere sono frottole raccontate come distillato di verità.


    Consegnata la sua ultima perla non richiesta, con l’apertura delle pareti si sarebbe dedicato all’esplorazione di quel luogo, trovando l’ultima conferma di cui necessitava: il suo corpo era stato bruciato, e la cosa in realtà gli faceva una certa impressione, come gliene faceva utilizzare la Jissai, ma un conto è poter gestire i propri resti, un conto è sapere che per qualche ragione sono stati bruciati.
    Ma come erano stati bruciati? E perché erano avanzati i capelli che sono tra le cose più infiammabili?
    La risposta poteva venirgli solo dalla forma delle bruciature, una combustione spontanea o comunque originata dal corpo stesso avrebbe lasciato segni diversi rispetto a quelli di un cadavere bruciato con un mezzo esterno, ed anche la posizione era strana, probabilmente mancava un discreto pezzo a quel puzzle ed era ciò che il cadavere aveva attorno quando era stato bruciato. Altrimenti tanto valeva creare un ulteriore ambiente e bruciarlo lì o sotterrarlo se voleva solamente liberarsi del corpo.

    Che lavoro dozzinale, non è da Meku, sia lasciare le bruciature che i resti, come se agisse di fretta, lavorare il metallo sporca, la cenere è sempre presente, e lui è pulito, ha ritirato tutto meno che i resti di questo cadavere che sono rimasti sparpagliati.

    Cercando di capire cosa mancasse si imbatté nell’ennesimo Oni della stanza, ma questo era soffocato, pareva non comunicasse con nulla, possibile che il suo punto d’arrivo fosse l’eventuale stanza che stava dall’altro capo dell’Oni?
    Arrivarci però sarebbe stato complesso visto che non sapevano verso dove aprire le pareti, con due soli utilizzi infatti andare a tentativi non sarebbe stato proficuo. Valeva la pena capire come era organizzato quel posto, lui ricordava addirittura un ambiente posto sotto a quelli in cui stavano, ma ora non pareva essercene traccia. Gli oni però dovevano essere un sistema utile a comunicare tra tutte le stanze quindi ognuno di essi doveva avere più di un canale, era possibile che quello fosse stato spostato e quindi sconnesso dalle condutture che lo connettevano agli altri?
    Avrebbe provato anche con l’arte della terra, ma pareva non fosse utile lì sotto, certo la densità delle pareti gli aveva fatto sorgere dei dubbi, ma era meglio provare dopotutto.

    Senti ma era tutto così quando sei arrivata?
    Non c’erano altre stanze?
    Questo Oni è muto e non vorrei che questa stanza fosse solamente una porzione di una più ampia che possa farmi capire cosa ha fatto col mio corpo.


    Se la risposta fornita da Midorinaka gli avesse lasciato dei dubbi avrebbe iniziato a comporre i sigilli per evocare Kubomi fermandosi prima di completarli.

    Aspetta, tu però manipoli il sangue, ce la fai a calarne un po' nelle tubature e dirmi verso dove vanno?

    In caso di risposte negative avrebbe ultimato i sigilli ed evocato il draghetto avrebbe chiesto mediante la sua forma vaporosa di capire dove finisse il tubo cieco.

    Non devi provarli tutti, ma da alcuni senti arrivare gli stessi suoni che produciamo qui, dagli altri no, segui quello e dimmi verso dove va.

    Un semplice modo per mappare le condutture, sperando che fosse efficace e durante il quale sarebbe tornato il clone.

    Ohhhh ecco qua il materiale necessario.

    Il clone aveva fatto le cose in grande, insieme a due piccoli taru infatti aveva anche un fagotto ed a giudicare dall’odore erano i tipici stuzzichini che si accompagnavano alla bevanda.
    All’interno c’era abbastanza sakè da sbronzare loro e una manciata di beoni di professione.

    Ora.
    C’è da fare una scelta quando si beve sakè.
    Robusto, o elegante.
    Noi però siamo qui per imparare qualcosa, non per sbronzarci come buzzurri.
    Quindi vogliamo il Junmai.


    Prese quindi il piccolo taru e lo porse a Midorinaka, un occhio attento si sarebbe accorto che già la botte era una piccola opera d’arte, non aveva giunture, la giusta parte del tronco, evidentemente di un albero non troppo vecchio o una sezione molto alta del tronco visto che aveva una circonferenza inferiore ai trenta centimetri, evidentemente raggiunta solamente mediante l’asportazione del materiale, senza alcun taglio.
    Non era stato quindi possibile scegliere le assi migliori, era stato scelto il cedro migliore.

    A te l’onore.

    Certo, l’occasione non era una cerimonia o chissà quale evento memorabile, ma vedere come la ragazza si sarebbe approcciata al rito di apertura del taru avrebbe detto qualcosa in più di lei, anche se forse di scarsa importanza.

    Cosa ha di speciale, dici?
    Innanzitutto è… al punto giusto!
    Non è rimasto dentro una bottiglia chissà quanto tempo, ne tantomeno ha viaggiato, e saprai che il sakè si beve subito.
    Agli otesi potrà piacere dire che il loro riso è il migliore, ma l’aria che tira a Konoha tira solo a Konoha, e considerando che il paese del Ferro non ha il suo nome per niente non mi stupirei se il sakè ne risentisse.
    Ma per essere sintetici.
    Aria, Acqua, Tempo, Riso e Legno e infine… i batteri.


    Praticamente ogni elemento necessario alla creazione della bevanda risultava essere speciale, ma se il taru non necessitava di presentazioni lo stesso non valeva per gli altri elementi.

    Il riso da sake è speciale, questo in particolare viene prodotto particolarmente in alto, le montagne sanno proteggere dalle intemperie e amplificare la purezza del riso grazie alle acque granitiche, senza contaminarlo di particolari metalli o minerali che però potrebbero farne un ottimo riso da tavola, le pianure invece raccolgono tutto ciò che scende dalle montagne, positivo e negativo.
    Non spenderò parole sulla sua tenacia, ma il seimaibuiai si aggira attorno al 70%, dipende dai chicchi, quindi un Daiginjo, ovviamente Junmai.
    È fatta senza particolari arti ninja, quindi niente di sperimentali, ne ho assaggiato alcuni di… innovativi che ne prevedevano l’uso… ma il problema dell’utilizzo del chakra è che senti la persona che l’ha fatto, e quando non è una donna elegante e sinuosa può anche avere il miglior sapore del mondo che il retrogusto sarà di peli.


    Più che un tradizionalista un attento ricercatore della perfezione, e si poteva percepire che per lui quella fosse una vera e propria passione visto l’impegno che stava impiegando per non ammorbarli di nozioni.

    Avrai capito fino ad ora che degli elementi citati prima legno, riso e l’acqua per nutrirlo hanno già fatto la loro parte, l’acqua di diluizione è d’alta montagna, pura e leggera, e vista l’altura non occorre spostarsi per averla.
    Arrivi ora all’aria, durante la stesura dopo la cottura non puoi permettere che il luogo sappia di stantio, deve essere umido, ma deve essere puro, altrimenti ciò che hai nell’aria avrai nel sakè, perché il e generalmente sono sempre spiacevoli ricordi.
    Quando mediti è pulizia che ti serve.


    E dicendoglielo gli porse il suo choko, e come anticipato non era caldo, aveva la gradevole sensazione di un ruscello ai tardivi tepori della primavera, poco prima che giungesse l’estate.
    Esitò però prima di passarglielo.

    Mi chiamo Raizen, e non mi priverai del mio nome.
    Ne mi darai un ruolo diverso da quello che possiedo.
    Ammenochè tu non sia speciale… speciale come lui intendo.


    Indicò Akira con un cenno del capo e un espressione solitamente usata quando ci si riferiva a qualcuno a cui non si potevano dare le colpe del suo comportamento, ma ciò che importava maggiormente era che in pochi istanti la leggerezza mostrata mentre illustrava i pregi del sakè era svanita, rimpiazzata da una fermezza figlia di una storia che rendeva il suo nome e la sua posizione qualcosa di prezioso e di irrinunciabile, forse in quel contesto un attaccamento fin troppo singolare, la viziata Midorinaka l’avrebbe capito o avrebbe insistito nella sua strada?
    Quale che fosse il risultato cosa avrebbe sentito assaporando il contenuto del choko?
    Un sakè leggero, non eccessivamente alcolico, accarezzava il palato e la lingua come un velo candido ma al contempo traslucido, opaco, si sentiva chiaramente ogni parte della lavorazione che aveva descritto Raizen e ne emergevano, tenui come i fiori che spuntano dalla brina invernale, tutti i sapori che il cuore del riso aveva preso dalla montagna nell’identificarli, nella loro ricerca la mente si sgomberava, concentrandosi.

    Questo è il sakè che puoi bere da solo, in una poltrona, anche se a servirlo è un topo.
    Se invece vuoi qualcosa di più forte, e deciso, adatto ai pasti ma anche agli ignoranti che vogliono tutto e subito trovi qui la risposta.
    Ma non vuoi che te la dica io, assaggialo, è semplicemente l’opposto, un prodotto in cui si ricercano i sapori e che quindi può non piacere se trovi quelli che non ti piacciono, e va bevuto tiepido per sentirli ancora meglio.
    Ma se lo bevi senza stuzzichini è perché hai fatto davvero qualcosa di brutto.


    Avrebbe però saltato la spiegazione con un sorriso di accondiscendenza ed invitando a berlo se avessero mostrato segni di noia durante la spiegazione, certo avrebbe ignorato quelli di Akira.

    E menomale che non mi sono calato nei dettagli.

    Aggiunse prima di assaporare a sua volta il pregiato vino.

    Sai, sei strana.
    Sei una quindicenne, parli come una quindicenne, sei viziata come una quindicenne eppure conosci Meku ed addirittura i suoi mesi, conosci un jinchuriki di un centinaio di anni fa… perché?
    Sei una Mikawa, o hai appreso qualcosa dagli Yakushi?
    Decisamente qualcosa non torna in queste tempistiche.


    Decise di introdurre così gli argomenti più pesanti lasciando che Midorinaka potesse parlare un po' di lei prima che Raizen potesse tirare fuori la carta principale.

    Ottobre però è un arma pericolosa, ma considerando come hai parlato qui ti si addice una lama in grado di apprendere e comunicare le sue precedenti esperienze.

    Certo non l’aveva posta come una domanda per dare un po' più di effetto alla cosa, ma quando la Kenkichi aveva parlato del Mese e del fatto che Meku fosse andato di persona a recuperarlo per ciò che sapeva non poteva che essere Ottobre il mese che cercava, ricordava bene infatti che il fabbro non era a conoscenza della posizione delle sue spade tranne che di quella e Raizen al suo ritorno gli aveva dato un indicazione ancor più precisa.
    Chi meglio del suo creatore poteva distinguerne i cocci e rimetterli assieme?
    Il vero problema era un altro, quella spada era legata ad una minaccia fin troppo ingombrante.

    Non sarai mica legata all’uomo del pilastro, spero.

    Il suo sguardo però non trasmetteva certamente speranza quanto più una discreta minaccia.
    Se però lei avesse tentato il bluff Raizen si sarebbe alzato scrollando le spalle.

    Va bene, ci faremmo comunque un viaggio verso dove ho ridotto Ottobre in frammenti.
    Tanto in una settimana di tempo facciamo in tempo ad andare e tornare.
    Goditi il sakè ma non strafare, è una di quelle cose da apprezzare a piccole dosi.
    Spero non faremo tardare Meku.
    Comunque, per essere pari, lo cerco perché quella è la mia sagoma, non so a te, ma non mi va giù quando un sensei mi spacca il cuore con una lancia mentre sono in missione, e mi piacerebbe saperne la ragione.


    Certo se non avesse avuto risposte Akira l’avrebbe fermato con la sua proposta, o per meglio dire immobilizzato.

    Tutto quello che vi pare, ma fuori dalle mura, abbiamo i campi d’addestramento più disparati.

    Intanto il clone, prima di andare nuovamente via avrebbe fatto un prelievo coatto dei metalli di Meku, niente di troppo esoso, giusto quelli che poteva riuscire a trasportare con le sue sole forze per poi andare a depositarli nella fucina di Raizen e lì rilasciarsi.



    Perdono, la questione del sakè mi è sfuggita di mano.
     
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