La Spada di Miyamoto Musashi[Free Kensei - Shin]

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    Kensei Hito era il peggior genere di illuso: quello convinto di essere dalla parte del giusto. Il Kinryu sorrise lievemente mentre udiva le parole del kage della Nebbia. Potevano capirsi e trovare un punto d'accordo. Essersi vicendevolmente utili e, perché no, perfino amichevoli. Ma la loro visione sul mondo non sarebbe mai stata uguale. L'illuminazione che aveva raggiunto Shin non era stata concessa all'Inquisitore.

    Giusto e sbagliato non esistevano. Non potevano esistere. La natura umana non era niente più che un caotico guazzabuglio di emozioni primordiali ricoperte da una patina di civilizzate bugie. La moralità di cui lo spadaccino si faceva araldo non era nulla di più che una semplice convenzione, un prisma dalle infinite facce. Bastava ruotarlo appena per avere una prospettiva completamente capovolta, uguale e contraria.

    Sebbene lo spadaccino di Kiri avesse già preso la sua decisione e quella conversazione fosse nella sua testa una mera comunicazione di cortesia, sembrava in vena di conversare e il giovane della Foglia fece ciò che gli riusciva meglio, seguì il flusso, assecondandolo e deviando gli ostacoli senza prenderli di petto, ma sfiorandoli appena.

    Non è poi così male, una volta che ci prendi la mano. Per quanto non lo nego sia piuttosto gravosa da brandire. E poi non ho trovato di meglio al momento, quindi mi adeguo.

    Una stoccata, per la verità piuttosto lieve e vaga, al motivo per cui era costretto a quel ripiego, ben presente ad entrambi. Rimasto confinato nel Villaggio, la questione era rimasta irrisolta, ma involontariamente il Mizukage gli aveva aperto una porta offrendogli una finestra nella quale agire.

    Il chunin lasciò correre la frecciatina sulla sua presunta ignoranza. Sapeva bene chi fosse Miyamoto Musashi, ma l'aveva ritenuto uno scherzo da parte del mittente della lettera, uno pseudonimo scelto per celare la propria identità dietro quella del più famoso spadaccino del passato. Ed in effetti era proprio così, ma non serviva controbattere. Poteva lasciare i giudizi di valore al kiriano. Tuttavia il giovane si sentì in dovere di replicare all'affondo successivo. Quell'uomo era convinto di averlo capito, e poteva anche essere vero in parte, ma non lo conosceva.

    La tua metafora è calzante, ma non credo sia del tutto esatta. Anzi, mi permetto di rubartela e rovesciarla. Ciò che io sono non è che un fodero vuoto necessitante di essere riempito. Ho la forma, ma mi difetta la sostanza. Mi manca la forza.

    Il Kinryu chiuse una mano davanti a sé, quasi ad afferrare qualcosa che solo lui poteva vedere. Alzato lo sguardo su Kensei sorrise mestamente, scuotendo la testa.

    O forse stiamo parlando della stessa cosa, chiamandola con due nomi diversi. Il linguaggio è uno strumento terribilmente potente quanto imperfetto. Ma in qualche modo sembra che riusciamo ad intenderci.

    Alzò ancora la mano e offrì il sacrificio richiesto senza esitare. Sopportò il miserabile dolore che provò mentre la lama apriva un solco rosso nella sua pelle. Non era nulla rispetto a quanto aveva subito allora.

    Il mio sangue, per lavare i peccati del mondo...

    Se Kensei avesse chiesto spiegazioni per quelle parole incomprensibili, sussurrate a voce talmente bassa da essere sommerse dalla brezza e rese intellegibili, Shin avrebbe scosso ancora la testa. Neppure lui sapeva cosa volessero dire, né perché le avesse pronunciate.

    Ricordati che il mio sangue ha un prezzo, ed è quello della tua promessa.

    E se non fosse stata rispettata, gli interessi sarebbero stati letteralmente dissanguanti.

     
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