Lo spadaccino e la kunoichi dalle iridi ametistaWest Gate e dintorni

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  1. Shinodari
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    La Via del Guaritore


    II




    Un flebile mormorio raggiunse il mio udito.
    Non mi ero resa conto di essermi addormentata. La stanchezza aveva preso il sopravvento approfittando del rilascio della tensione.
    Rimasi in quel particolare stato di dormiveglia, cercando di concentrami su quel sussurro.
    Yuki... Chissà a chi apparteneva quel nome. Avrei voluto chiederglielo, aprire gli occhi e fargli capire che ero lì, destata dalle sue parole.
    Non lo feci. Finsi di dormire. Sentivo che non era il momento adatto. Lui aveva bisogno di restare da solo con i suoi pensieri, metabolizzare l'accaduto. Quando sei un passo dalla morte non sempre è facile ritornare.
    Ora... ancora un flebile suono. Ora sei qui, sei vivo, ma non a tutti basta questa verità. Ripensai a Yami, Per lui vivere non aveva avuto più alcun significato dopo quell'ultimo scontro.
    Non potevo fare a meno, per quanto mi sforzassi di non pensare, di tornare a quel ricordo.
    Due shinobi di Oto il cui fato correva parallelo, andando incontro ad un avversario che li aveva sconfitti.
    La morte di qualcuno come si può giustificare?
    A quel tempo se fossi stata lì, l'avrei fermato dal quel gesto autodistruttivo. Eppure non sarebbe stato un atto egoistico decidere per lui? Condannarlo alla prigionia, incatenare il suo spirito, spezzato dalla sconfitta, pur di farlo vivere. Ero un medico, avevo fatto un giuramento, ma ci sono casi in cui quel giuramento avrebbe potuto portare a conseguenze ben più dolorose della morte.
    Ed ora il ciclo si stava ripetendo. Tasaki non era morto. Lentamente ne stava prendendo coscienza. L'avversario non gli aveva inferto il colpo di grazia. I medici erano riusciti ad evitare che morisse per le ferite riportate. Io avevo cancellato l'infamia incisa sulle sue carni. Mi ero arrogata il diritto di decidere per lui, per concedergli un istante di tregua, per non caricarlo di un marchio che avrebbe potuto scarificare il suo spirito.
    Il segreto non poteva essere mantenuto per sempre. La verità riesce sempre ad emergere. L'unica nostra scelta è trovare l'occasione adatta.
    Purtroppo a volte quel momento sembra non arrivare mai. Si ha paura di ferire l'altro con le nostre parole. Un atto di compassione che può rivelarsi una lama a doppio taglio. Una lama in grado di ferire quando si attende troppo. E in quel preciso istante la verità esplode addosso alla persona che si voleva proteggere.
    Fuori da questo riparo sicuro, le voci stavano correndo e presto o tardi sarebbero arrivate anche alle orecchie di Tasaki.
    Era il mio compito fare in modo che quanto successo mentre lui era esanime, potesse essere affrontato in maniera razionale, possibilmente senza causare ulteriori lesioni.
    Non conoscevo il giovane che avevo soccorso.
    Era il momento di scambiare due parole con lui, stando attenta a non farlo affaticare.
    Dovevo apprendere la sua versione dei fatti, conoscere le motivazioni che l'avevano spinto allo scontro, trovare il modo per rivelargli l'esistenza dell'infamia; il marchio che avevo cancellato, quando era ancora privo di conoscenza.
    Aprii gli occhi e diressi il mio sguardo verso di lui. La luce riflesse la parte umida della guancia. Le lacrime della consapevolezza di essere tornati. Solo che non sapevo se era questo il suo desiderio.
    Mi alzai dalla sedia, mi disinfettai le mani ed estrassi dalla confezione una garza sterile.
    Ritornai da Tasaki e con estrema delicatezza tamponai la parte di pelle bagnata.
    Mi dispiace, non posso fare di più per te. Osservai, con una sfumatura di tristezza nel tono della voce. Quando ti sentirai di parlare, posso raccontarti quello che è successo dopo che sei svenuto, però devo sapere se sarai in grado di affrontarlo. Te la senti di raccontarmi le tue motivazioni? Con la mano libera gli spostai una ciocca di capelli per liberare la fronte.
    Io vado a preparare del tè, spero che tu ne gradisca un bicchiere. Le tazze erano un lusso che la guardiola non poteva permettersi.
    Gettai la garza nel contenitore per lo smaltimento, disinfettai ancora una volta le mani e mi diressi verso il fornelletto.
    Ko aveva sollevato il muso e mi stava osservando. Gli sorrisi.
    Aprii il contenitore e versai alcuni cucchiaini di tè, mentre aspettavo che l'acqua si scaldasse.
    Attesi che lui mi parlasse.
    E' vivo, sa di aver perso... C'è speranza che sia in grado di risalire il baratro...

     
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