Il Dialogo di Eroi

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    Il Volto del Tennin


    Capitolo 1 - La conoscenza dell'eroe



    Non ottenni risposta subito, purtroppo. Il bambino otese dalla cute strana continuava a guardarmi, come io tanti anni fa guardavo gli sconosciuti, cercando di capire se potevo fidarmi di loro oppure no. Il problema era che io avevo il Magan, l’Occhio Demoniaco che mi permetteva di guardare oltre. Riuscivo a capire, anche grazie a quella particolare abilità, se qualcosa non andava per il verso giusto.

    - Sei un ninja di Oto, no? - Chiesi scrutandolo. - Allora credo proprio che dovrai aiutarmi… -

    A passo lento, mantello fino ai piedi, sarei uscito dalla sala dell’ospedale. Il tempo che era passato dall’inizio di quel mio viaggio e di quella scena non era mica poco, anzi. Considerando le operazioni che aveva fatto il giovane otese e tutto ciò che io stesso avevo compiuto in quel viaggio, ormai al di fuori dall’ospedale calavano le ombre. E, certo, saremmo dovuti inseguire il tizio che aveva preso la pianta, ma… Se non fosse stato in grado di viaggiare abbastanza velocemente, comunque non saremmo riusciti a farlo senza problemi. E, considerando il tutto, forse era giusto avere un momento di pausa.

    - Andiamo a mangiare. A rilassarci un attimo. E domani andremo alla ricerca di quel tizio che ha rubato la pianta. Okey? - Chiesi sorridendo. - Che ne dici? -

    Intanto, se avesse accettato la mia proposta, insieme a lui ci saremmo incamminati sulla strada di quel villaggio, che dall’Ospedale portava verso il centro della cittadina, laddove avremmo potuto trovare un letto, una stanza e un pasto caldo. Lì, inoltre, avremmo anche potuto discutere, conoscersi e solo dopo cercare le tracce dell’uomo con la pianta.

     
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    Accordo nel Crepuscolo

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    Kuroshi, con uno sguardo che sembrava penetrare nel profondo dell'essenza, fissava intensamente gli occhi di quell'uomo misterioso. Il suo sguardo era carico di una saggezza che contrastava con la giovane età del suo corpo. Mentre le pupille si muovevano, sembrava che stesse leggendo le pieghe più oscure della sua anima.

    Il silenzio che seguì le parole era tanto denso da poter essere tagliato con un coltello. Era un silenzio eloquente, un rifiuto silenzioso o forse un'attenta ponderazione delle intenzioni ricevute. La tensione nell'aria diventava palpabile, un'atmosfera carica di incertezza e mistero, in cui ogni piccolo movimento o respiro sembrava amplificarsi.

    Non c'era bisogno di parole per comprendere che quel ragazzino non era comune. I suoi occhi, attraverso i quali scrutava il mondo, sembravano custodire segreti millenari. Era come se stesse esaminando non solo la richiesta dell'uomo mascherato, ma la totalità del suo essere, come se cercasse tracce nascoste nei meandri dell'anima.

    In quel momento, Seinji forse avrebbe capito che la risposta non sarebbe arrivata facilmente e che avrebbe dovuto dimostrare la sua affidabilità prima di guadagnare la sua fiducia.

    Sì, sono un ninja di Oto. E tu, chi sei? domandò finalmente con voce calma, ma con un sottinteso di cautela.

    Il giovane otese sembrava per un istante indecifrabile, un enigma di emozioni che danzava nei suoi occhi profondi. Il suo sguardo, un misto di cautela e curiosità, non si scostò dal quello del suo interlocutore mentre le parole penetravano nell'atmosfera carica di incertezza.

    Dopo un breve momento di silenzio che sembrava durare un'eternità, i suoi lineamenti tenui si scossero leggermente, indicando una riflessione interna. Le sopracciglia si contrassero appena, rivelando una mescolanza di saggezza oltre la sua giovane età.

    Infine, un sospiro leggero sfuggì dalle sue labbra, e gli occhi del bambino otese si abbassarono per un istante, come se scrutasse il terreno in cerca di una risposta. Poi, con un sorriso lieve ma accennato, alzò di nuovo lo sguardo verso l'uomo.

    Sarà come dici tu, Shinobi. Ma non aspettarti che ti seguirò cecamente. Dimostra il motivo per cui dovrei fidarmi di te disse, con tono risoluto.

    La sua reazione era un equilibrio delicato tra la cautela innata e la disposizione a intraprendere un cammino incerto, un segnale che avrebbe accettato la sfida, ma solo con la giusta motivazione e fiducia dimostrate.

    il suo sguardo era un filtro attraverso il quale passavano le intenzioni, e ogni passo che Seinj avrebbe fatto sarebbe stato scrutato attentamente. La sua richiesta aveva creato una breccia nella sua riserva, ma ora spettava a lui dimostrare che ero degno di quel piccolo frammento di fiducia che aveva concesso. In quel momento, avrebbe capito che il loro cammino insieme sarebbe stato un percorso di reciproca comprensione, in cui la fiducia sarebbe cresciuta lentamente, come un fragile germoglio alla luce del sole.

    Alla luce di ciò che era accaduto, il senso del dovere del giovane ninja avrebbe spinto per poter rimediare ai danni subiti dall'ospedale, e a tutte le persone che ci avevano rimesso i quel insensato atto di violenza. Lasciare impunito un tale farabutto, sarebbe stato forse un errore. Quel ninja meritava di essere portato davanti alla giustizia di Oto. Sfortunatamente Kuroshi sapeva benissimo che da solo non avrebbe avuto mai possibilità. Volente o nolente era costretto ad accettare l'aiuto di quel misterioso personaggio.

    Kuroshi seguì Seinji fuori dalla sala dell'ospedale con passo lento, il mantello ondeggiante fino ai piedi mentre il crepuscolo calava intorno a loro. Il tempo trascorso dall'inizio di questo viaggio era stato significativo, ricco di avvenimenti e sfide. Il giovane otese aveva compiuto operazioni cruciali, e affrontato molte prove lungo il percorso.

    Osservando il mondo al di fuori dell'ospedale, le ombre della sera iniziavano a diffondersi, avvolgendo il panorama in un manto di mistero. La missione di inseguire colui che aveva sottratto la pianta richiedeva la nostra attenzione, ma era chiaro che la fuga precipitosa non sarebbe stata la soluzione migliore. La contemplazione di quanto era stato fatto e delle sfide future era essenziale.

    Forse era giusto concedersi un breve momento di pausa, una tregua per riflettere e ricaricare le energie. In fondo, la fretta avrebbe potuto condurli a decisioni affrettate e a scelte errate. Con la calma della sera che avvolgeva il loro cammino, avrebbero valutato le opzioni disponibili e pianificato il prossimo passo con saggezza, consapevole che la pazienza avrebbe potuto rivelarsi una risorsa preziosa nei momenti a venire.

    L' otese guardò il suo sorriso con un'espressione riflessiva, come se stesse valutando attentamente la proposta. Dopo un breve momento di silenzio che sembrava sospeso nell'aria, i suoi occhi si illuminarono di una leggera accettazione.

    Okey rispose con una voce calma, ma con uno scintillio di interesse nei suoi occhi. Sembrava pronto a concedersi quel momento di pausa e ristoro.
    Con un cenno del capo, si incamminarono insieme lungo la strada che si allontanava dall'Ospedale, dirigendosi verso il centro della cittadina. La strada illuminata dalle luci del villaggio si stendeva davanti a loro, promettendo un rifugio temporaneo dalla tensione e dalle preoccupazioni.

     
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    Chi ero?

    Rispondere a questa domanda non sarebbe stato, certamente, così facile come avrei potuto pensare a prima vista. Specie, se avessi deciso di essere sincero. Ma io davvero potevo esserlo?.. Potevo raccontargli tutto, sin da come ero apparso a Kiri e fino a tutto ciò che era successo dopo? Impossibile. Per questo, quando mi chiese chi fossi, mi limitai semplicemente a sorridere leggermente.

    - Mi chiamo Takamoto Masayoshi, - gli avrei detto. - Sono un ex ninja di Kumo. Ho deciso di trasferirmi qui per trovare miglior vita. E dedicarmi al commercio del Riso, che esporto nel Paese dell’Acqua e del Fuoco. -

    In quegli attimi avrei per un momento rivolto il mio sguardo a sinistra, altrove, laddove il piccolo ninja che mi si trovava dinnanzi non avrebbe potuto scorgere l’inganno che avrei messo in atto poco dopo. Infatti, anche a causa delle mie capacità, qualche secondo dopo che i miei occhi si illuminarono, avrei tirato fuori dalla tasca un foglietto, che gli avrei mostrato.

    [Tecnica Illusoria - Azione Rapida]



    Era una specie di documento falso. Un foglio illusorio che mostrava il mio nuovo volto. Vi era scritto il mio nome. La mia età (28 anni). Il Paese di provenienza e il ruolo, commerciante. Una volta che gli avrei mostrato quel foglietto illusorio, l’avrei poi rimesso nella mia tasca e avrei guardato il viso del tizio di fronte. Se, poi, avesse voluto vederlo da più vicino, glie lo avrei dato senza problemi: d’altronde era solo un altro modo per influenzare le connessioni neuronali nel suo cervello, spingendolo a vedere cose che non c’erano. Solo dopo avrei di nuovo rimesso quella specie di “foglietto” nella mia tasca.

    - Dopo il colpo di stato a Kumo, la vita lì si era resa praticamente impossibile, - gli avrei poi detto. - Molte persone sono fuggite da quelle terre. Io ero fra queste. Sono un immigrato anche io… -

    A quel punto lo avrei guardato per capire, invece, chi avevo di fronte io. Mi sembrava un bambino di quelli innocenti. Ce ne erano tantissimi in quelle terre. E non solo lì. Per lo meno, mi ricordavo di numerosi bambini simili anche altrove. Soprattutto nel Paese delle Acque, oltre che nei pressi di Ame e di Taki, dove le continue guerre devastavano la popolazione anno dopo anno, spingendo alcuni a emigrare e altri a cercare la propria fortuna nelle tantissimi battaglie che vi avvenivano mese dopo mese. Probabilmente anche lui era venuto nel Paese delle Risaie da chissà dove. Forse proprio da uno di quei villaggi, provando a scappare dalla criminalità organizzata di Ame o dai pericoli che lo potevano trovare in quel di Taki o di Iwa.

    - Il motivo per cui devi fidarti di me? Mmh… Direi che siano gli interessi in comune che abbiamo, almeno per ora. E tu? Di dove sei? Cosa ci fai qui? -

    Gli avrei chiesto mentre camminavamo sulla strada principale di quel piccolo villaggio. Non che fossi davvero interessato a saperlo: la mia era soltanto una specie di volontà di mostrarmi gentile e amichevole nei confronti del ragazzo. Certamente, se fossi andato a riprendere quel tizio con la pianta in posti pericolosi, come lo era Ame, l’aiuto di qualcuno non mi sarebbe di certo fatto schifo. Poi, bastava considerare che avrei potuto usare quel qualcuno come una specie di vittima sacrificale in maniera tale da raggiungere i miei obiettivi più presto e senza grandi pericoli per la mia salute. Un po’ come facevo spesso: usavo tutti come degli scalini nella mia scalinata.



    A quel punto avrei ascoltato ciò che il piccoletto mi avrebbe detto, salvo poi raggiungere una locanda situata quasi al centro del villaggio.

    - Qui possiamo trovare un pasto caldo e una camera in cui riposare. Non preoccuparti: pago io. -

    Una volta entrati nella locanda, avrei parlato con il locandiere dandogli quei pochi soldi che (ancora) avevo, per poi sedermi dietro a un tavolo e invitare anche il mio nuovo amico a fare altrettanto. Dopo un po’ ci avrebbero portato da mangiare: riso, ovviamente, con un po’ di broccoli e qualcos’altro (un po’ di pane, acqua per lui e vino per me).

    - Devo trovare le tracce di quel tizio, - gli avrei detto. - Hai delle idee su dove potrebbe essere andato? -

    Gli avrei chiesto prendendo un po’ di riso con i bastoncini per poi mangiarlo e a seguire ingoiare anche una fetta di pane.


     
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    Destini Intrecciati

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    Kuroshi ascoltava la presentazione di quel misteriosi uomo con un'apparente calma, ma i suoi occhi scrutavano l'oratore con un sospetto evidente. Le sopracciglia leggermente aggrottate e gli occhi semichiusi davano l'impressione di una costante analisi, come se stesse cercando di penetrare oltre le parole pronunciate. Il suo sguardo non seguiva semplicemente il flusso del discorso, ma sembrava scansionare ogni dettaglio, ogni sfumatura di espressione e gesto.

    Ogni tanto, il labbro superiore si sollevava leggermente, quasi a segnalare un dubbio interno o un momento di perplessità. Le mani, posate incrociate dietro la schiena, i gomiti leggermente piegati davano un tocco di rigidità al gesto, trasmettendo un senso di disciplina e attenzione.

    Non c'era aperta ostilità nel suo atteggiamento, ma piuttosto una cautela palpabile, un sospetto che fluttuava nell'aria come un velo sottile. Ogni tanto, un leggero stringersi delle labbra testimoniavano di un continuo dialogo interno, come se la persona stesse valutando attentamente la veridicità di ciò che veniva detto. In quel momento, il sospetto era il suo compagno di viaggio in questa conversazione, dipingendo il suo volto con una patina di diffidenza.

    Kumo hai detto eh? gli fece eco, mentre negli oggi del giovane otese sembrò comparire una scintilla di entusiasmo. Era la prima volta che incontrava qualcun di Kumo, e per un istante avrebbe voluto fargli un mucchio di domande, ma gli si strozzarono in gola poco prima di uscire dalla bocca. Il ragazzo era cauto, e non sapendo ancora se potesse fidarsi di lui, preferì evitare. Sei molto lontano da casa!


    Poi per confermare la veridicità delle sue parole, il misterioso ninja, mostrò a Kuroshi un foglietto. Era ciò che si poteva definire un documento di identità, come se quell'uomo volesse mostrare la sua buona fede. L'Otese lo esaminò da lontano, poi protese la mano, come a voler dire di mostrarglielo. Il suo sguardo si posò sul nome scritto con precisione, esaminando ogni tratto di inchiostro come se cercasse incongruenze o dettagli fuori posto. Poi, la sua attenzione si spostò sull'età, il paese di provenienza e il ruolo di commerciante. Nonostante l'apparente semplicità del documento, scrutò ogni dettaglio con una precisione acuminata.

    Mentre leggeva, di tanto in tanto accennava a una smorfia impercettibile, segnali di una riflessione interna. La sua mente lo spingeva a valutare la coerenza delle informazioni con la sua presentazione e comportamento complessivo. Al contempo continuava ad ascoltare le parole del suo interlocutore. Dopo aver completato la sua osservazione, il giovane ninja alzò lo sguardo verso Seinji, mantenendo una maschera di indifferenza. Era difficile per gli altri interpretare il suo pensiero, ma forse si poteva cogliere ancora un'ombra di scetticismo.

    Non trovò però nulla che potesse indicare che stesse mentendo, cosi riconsegnò il foglietto al suo proprietario. Interessi in comune, dici? disse, la sua voce bassa e riflessiva. È una motivazione pragmatica, e suppongo che, forse almeno per il momento, può sufficiente. ma dopo....?

    Mentre camminavamo sulla strada principale del villaggio, il suo sguardo s'incrociò con quello di Seinji, e notai la sua riservatezza. Quanto a me, continuò, Come hai dedotto poco fa, sono un ninja di Oto. Lo fissò più intensamente. Ma come puoi ben notare, le mie origini sono miste continuò senza mai togliere lo sguardo dal suo compagno. Per metà appartengo a Kumo! attese la sua reazione, poi distolse lo sguardo.
    Quanto a cosa ci faccio qui, beh, avrei dovuto sbrigare una commissione!

    Alla fine raggiunsero un piccolo villaggio sul calare della sera. Il giovane ninja accettò l'invito con un leggero cenno del capo, dimostrando una certa gratitudine per l'offerta. Una volta entrati nella locanda, il suo sguardo scrutò l'ambiente circostante, valutando silenziosamente il luogo.

    Mentre Seinji si dirigeva al bancone per parlare con il locandiere, l'otese lo seguì senza alcuna esitazione. Si sedettero entrambi dietro a un tavolo. Dopo poco, arrivarono i piatti, e il profumo del riso e dei broccoli riempì l'aria. Credo che perr trovarlo bisognerebbe prima capire a cosa gli può servire quella radice sentenziò mentre iniziava ad assaporare quella scodella di riso, e di tanto in tanto alzava lo sguardo verso Seinji. Il giovane ninja, d'altra parte, sembrava in grado di passare rapidamente da un momento di relax a uno di vigilanza.


     
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    Solo fino a qualche anno fa quel mio trucchetto, con il documento falso, non sarebbe sicuramente riuscito. Gli inganni a quel tempo erano decisamente più diffusi; ci si poteva aspettare l'arrivo di un inganno da ovunque, letteralmente. Poteva arrivare in ogni momento. In qualsiasi istante. Ora la situazione nel mondo sembrava decisamente migliore. Come se fosse più delicata. Più controllata. O forse... Era solo quel tipo a non avere una soglia di attenzione abbastanza alta. Del resto, era poco più che uno studente. Una piccola figura dispersa in un mondo molto più grande e ampio. Un'insignificante pedina, niente di più.

    - Non è più casa mia, Kumo, - dissi. - Non è lo è dal colpo di Stato che vi è avvenuto. -

    In fin dei conti non aveva mentito. Non totalmente, almeno. Era davvero molto lontano da casa, ma non era Kumo quel posto. E poi... Kiri non la consideravo più casa. Da un sacco di tempo ormai. La sola idea di tornarci mi faceva provare un immenso odio nei confronti di tutte quelle persone che vi vivevano. Tutto ciò che avrei fatto, sempre se avessi potuto, sarebbe stato distruggerla, disastrarla. Lasciare che vi regnasse il caos e che il gelo prendesse casa in quel posto.

    Per quanto riguardava gli interessi in comune, il giovane otese mi sembrò decisamente più serio e pragmatico. Prima affermò che la motivazione che gli avevo appena portato gli sembrava sufficiente e poi mi chiese cosa sarebbe successo dopo. Davvero gli importava cosa sarebbe accaduto dopo? Quella sarebbe stato il suo ultimo problema, a dire il vero. Nel preoccuparsi per ciò che sarebbe potuto accadere un giorno, avrebbe potuto perdere il presente dimenticandosi di una delle verità assolute che contraddistinguevano quel mondo: vivere.

    - Dopo? - Chiesi. - Beh... Immagino che torneremo tutti ai nostri impegni. Io a vendere il riso. Tu a... ad allenarti? O a quello che devi fare? -

    Non che avessi chissà quali piani per quel ragazzo: certo, avrei potuto mettergli un simbolo sulla testa, provare a spingerlo sulla strada della Forza, cercare di fare in modo che guardasse il mondo vero, quello senza il velo a coprire la verità. Ma davvero sarebbe stato pronto per un simile affronto? Per trovare la sofferenza? Vedere i volti senza le maschere?

    - Appartieni a Kumo? - Avrei domandato guardandolo. Dal colore della sua pelle lo si poteva notare senza troppi problemi. E chissà che discendenza aveva quel ragazzo di colore. Chissà che tipo di commissione avrebbe dovuto sbrigare! Non che me ne importasse molto, comunque. Quel tipo di faccende non mi riguardavano sicuramente e non una cosa che in qualche modo poteva riferirsi a me stesso. - Capito. Comunque, a Oto sono tutti ben accetti, se mi ricordo bene. Kumo, Taki, Iwa. Quello che vuoi. C'è un Kage un po' aggressivo, che ama le guerre, ma in genere è almeno... - E qui mi fermai. Almeno cosa? Sicuro? No. Mi ricordavo che fosse tutto fuorché sicuro, tra attacchi e criminalità organizzata. Ben gestito? Nemmeno. Una fogna a cielo aperto. - Beh, almeno ci si può commerciare, se si sa con chi farlo. -

    A dirla tutta, nemmeno il commercio a Oto era così florente come in altri posti, ma hey, in qualcosa quel villaggio pur doveva eccellere rispetto ad altri e l'unico fattore che mi veniva in mente era... la guerra. Oto era situato in una terra molto più piccola rispetto agli altri Paesi. Era così piccolo che, sembrava, il Paese del Fuoco avrebbe potuto inglobarlo in un solo boccone. E invece, Oto non solo riusciva a resistere agli altri Paesi, ma aveva una forza militare sufficiente per respingere gli attaccanti e ad attaccare a loro volta. Avevo zero dubbi: se Konoha avesse un giorno deciso di attaccare Oto, Konoha sarebbe probabilmente sparita dalle mappe.

    - E poi... Oto è un ottimo posto per coloro che vogliono essere liberi. -



    Quando poi finalmente ci sedemmo dietro al tavolo, ascoltai ciò che ebbe da dire l'otese in merito a quella radice e dovevo anche ammettere che aveva ragione. - Questo avremmo dovuto chiederlo all'Ospedale, - sorrisi. - Penso che lo farò dopodomani. - L'idea di tornare all'ospedale per ottenere le informazioni di cui avevamo bisogno non mi sembrava così assurda come si poteva pensare a prima vista. Avevo già diverse altre idee in mente e molte di loro avrebbero richiesto tempo di realizzazione. Non sarei mai riuscito a realizzarle tutte e veloce. Era persino inutile sperarci. E così, anche con quel tizio vicino, avrei dovuto comunque andare ad Ame da solo. Capovolgere tutto. Provare a rintracciare la strana pianta.

    - E tu? - Avrei chiesto ingoiando una palla di riso. - Hai mai visto quei due tizi? -

     
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    Tra piani e sospetti

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    Il giovane otese, con la sua determinazione dipinta sul volto, ascoltò attentamente la parole del ninja. La sua risposta rifletteva un approccio più pragmatico alla vita. Capisco! esordì con voce decisa, ma per me è importante sapere cosa potrebbe succedere, in fondo non ci conosciamo abbastanza per poterci fidare l'uno degli altro!....o sbaglio? Le sue parole rimasero sospese nell'aria, creando un momento di riflessione.

    Kuroshi continuò a guardarlo con occhi seri, la sua espressione dimostrava chiarezza di pensiero. Distoglieva lo sguardo solo di tanto in tanto per prendere un altro boccone di riso.
    Nell'osservare, aveva una sfumatura di sospetto nei suoi occhi. C'era qualcosa nell'aria, un'ombra fugace di segreto che riusciva a percepire ma che non riusciva ancora a definire. La sensazione si insinuava nella sua mente come una leggera brezza, sfiorando la sua consapevolezza con una curiosità crescente.

    Le domande si accumulavano nella sua mente, come piccoli puzzle da risolvere. Cosa stava nascondendo? Qual era il velo che separava la verità dal suo sguardo? Mentre cercava di comprendere, il giovane ninja sembrava avvertire un'ansia crescente, un misto di inquietudine e curiosità che lo spingeva a scavare più a fondo. Era come se il velo della normalità si fosse sfilacciato, rivelando un mondo di incertezza e mistero.

    D'altro canto non aveva molta scelta, se voleva restituire la pianta all'ospedale, avrebbe dovuto, per forza di cose, collaborare con l'uomo misterioso di fronte a lui. Sembrava essere un ninja esperto, che sapeva il fatto suo, in battaglia sarebbe stato sicuramente un valido alleato. C'era però l'altro lato della medaglia, aveva abbastanza esperienza da poterlo fregare. La domanda che Kuroshi si poneva era: Cosa ci avrebbe guadagnato? Apparentemente la risposta poteva essere: nulla. Perciò il ragazzo per il momento si ripromise di tenere gli occhi aperti.

    Sollevò leggermente un sopracciglio, rispondendo con una nota di rispetto nella voce. Sì, appartengo a Kumo, disse, notando la sua osservazione. Non aggiunse altro, non gli andava di tirare fuori la storia intricata della sua famiglia. Un ninja di Oto che incontra e poi sposa una kunoichi di Kumo. Per non parlare dei var problemi che hanno dovuto affrontare dopo essersi stabiliti ad Oto e aver dato alla luce un foglio mezzosangue.

    Proprio per questo, leggero sorriso, che sembrava più una smorfia ironica, comparve sul suo volto quando ascoltò le parole di Seinji riguardo al villaggio; O era informato male, o lo stava semplicemente prendendo per il culo. Oto era un agglomerato di delinquenti e assassini, pronti a saltarsi alla gola l'un l'altro anche per futili motivi, e dove l'odio e il caos regnavano sovrano.

    Preferì non ribattere alla sue affermazioni, ma la teoria che quel ex ninja, diventato ora commerciante, continuava, per Kuroshi, a essere campata per aria. Non lo convinceva proprio.

    Il discorso poi si spostò su quello che era il nocciolo della questione: cercare di rintracciare quel ninja e recuperare la pianta. Kuroshi non ne sapeva molto in quanto a medicina, gli unici che potevano dare informazioni dettagliate riguarda a quali motivi il tizio avrebbe avuto per portar via la pianta, le avevano solo i medici. Sapere a cosa serve e cosa ci si può fare con quella pianta, sarebbe stata un informazione utile, magari il punto di partenza per le nostre indagini.

    Non ho incontrato il tizio che stiamo cercando, ho visto solo la donna in ospedale! disse mentre il suo sguardo si alzò, puntando a qualcosa di non definito. Sembrava che stesse rimuginando. Era la prima volta che la vedevo. continuò, per poi prendersi una pausa. Ma ho notato qualcosa. Sull'impugantura della sua spada c'era un simbolo.

    Sembrò rimuginarci ancora, come se stesse cercado di visualizzare i dettagli di ciò che la sua memoria visiva stava proiettando in quel momento. infilò una mano nella sacca, e tirò fuori un kunai.

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    Iniziò ad intagliare il legno del tavolo, finchè non disegnò il simbolo che aveva visto. Era una cosa del genere, ma non so di cosa si tratti!.


     
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    Che non ci conoscessimo abbastanza per poterci reciprocamente fidare era un fatto noto e sarebbe stato difficile affermare il contrario, specialmente per me, che con il nuovo volto emanavano una specie di sicurezza e calma. Se avessi, per qualche motivo, deciso di contrariarlo dicendoci tutt’altro, alla fine dei conti avremmo perso entrambi. Perché entrambi avevamo il bisogno di ritrovare quella pianta per essere in pari con lo staff dell’Ospedale. - Giusto così, - gli dissi. - Non ci conosciamo… Però… Se tu andassi in missione con uno shinobi di Suna oppure di Kiri, ti fideresti di lui anche se non lo hai mai visto prima? - Ciò che gli volevo far capire era tanto semplice quanto immediato: durante la sua vita di certo avrebbe trovato moltissime persone, ne avrebbe conosciute in migliaia, e non avrebbe avuto né modo né motivo per fidarsi di tutti. E poi ci sarebbero state anche quelle persone che avrebbe conosciuto per decenni e che poi, forse, lo avrebbero tradito comunque. La verità e la realtà erano semplici: avrebbe dovuto crescere e diventare indipendente, per fidarsi (oppure no) senza pensare alle conseguenze che ciò avrebbe potuto avere.

    Il ragazzo poi mi confermò il suo appartenere a Kumo e, dopo un breve momento di silenzio, spostò le attenzioni sulla ricerca della pianta. Fidarsi o no, la ricerca della pianta era l’unica cosa importante in quel momento. Io, con le braccia incrociate al livello del petto, lo ascoltai attentamente, finché non disse di aver visto un simbolo.

    Un simbolo? - Domandai. Se davvero aveva visto un simbolo, ciò ci poteva ben presto riportare al nocciolo della questione: trovare gli appigli necessari per ritrovare colui che stavamo cercando. Alla fine, decise di non prolungarsi oltre, tirò fuori un kunai e incise il simbolo cercato in maniera tale che potessi vederlo senza problemi.

    - Bene così, - risposi memorizzando il simbolo, finché non comparì un cameriere.

    - DIAVOLO! - Esclamò guardando l’intaglio. - Non vi avevo permesso di fare intagli sul tavolo! Ora lo dovrò buttare! -

    Gridò. L’otese avrebbe senza troppi problemi notato lo sguardo arrabbiato del cameriere che, giustamente, ora sembrava volere una specie di ricompensa o qualcosa del genere. Del resto, gli aveva appena rovinato il tavolo.

    - Ci scusiamo, - avrei risposto al cameriere allargando le labbra in una specie di abbozzo di sorriso. - Non succederà più. -

    - Le vostre scuse non bastano! Mi avete rovinato il tavolo! Ora mi toglieranno i soldi dal mio stipendio! -

    Lo sguardo arrabbiato del cameriere si sarebbe poi posato sul mio compagno, il primo responsabile di ciò che era successo. Anche io lo avrei guardato: aveva di sicuro fatto qualcosa di errato, ma come rimediare ora?


     
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    Fiducia e compromessi

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    Lo sguardo serio persisteva con serietà, mentre Kuroshi cercava di trasmettergli la profondità delle sue parole. Comprendo! iniziò. Che la fiducia è una moneta preziosa, e spesso il nostro istinto ci spinge a trattenerla gelosamente. Si fermò per un momento, riflettendo sulle sfide che il loro ambiente presentava. è chiaro che non mi fiderei a priori. Continuò, cercando di condividere con lui la sua prospettiva. Tuttavia, nel nostro lavoro come shinobi, siamo chiamati a superare le barriere della diffidenza. Collaborare con individui di provenienze diverse è inevitabile, e la fiducia reciproca diventa un collante cruciale per la nostra efficacia aggiunse con un tono riflessivo.

    Il tema della fiducia reciproca, soprattutto in contesti in cui la collaborazione era fondamentale e la conoscenza reciproca limitata, si presentava come un intricato labirinto emotivo e decisionale. La riflessione sul dover fidarsi di un qualunque shinobi, anche senza una conoscenza approfondita, toccava il cuore di una delle sfide più universali: la capacità di instaurare rapporti fiduciosi in ambienti in cui la sicurezza e il successo dipendevano da relazioni spesso sfuggenti.

    La vita, ci metteva di fronte a un vasto panorama di individui, alcuni dei quali possono tradire la fiducia anche dopo anni di reciproca conoscenza. D'altra parte, ci sono coloro che, nonostante appartenenti a culture differenti o con cui condividiamo solo brevi periodi, potrebbero rivelarsi sorprendentemente affidabili. Questo dualismo evidenziava la complessità delle dinamiche umane, in cui il giudizio e la fiducia erano spesso basati su variabili sfuggenti.

    Il giovane Otese era proprio alle prese con questo dilemma: fidarsi o no dello sconosciuto di fronte a lui? il fatto era che non avesse molta scelta. Da solo non sarebbe mai riuscito a recuperare la pianta, non era ancora abbastanza esperto, ne abbastanza forte. La collaborazione con quell'uomo misterioso sembrava non essere un opzione, ma una necessità.

    Avrebbe dovuto affrontare quell'avventura provando a dare il beneficio del dubbio al suo nuovo compagno. D'altro canto solo il tempo avrebbe detto se fosse meritevole di fiducia o meno.

    Il simbolo che il giovane ninja, aveva accuratamente riprodotto era l'unico, forse, indizio che avevano; Ma poteva significare tutto o niente. Per il momento i due brancolavano nel buio, non sarebbe stato facile individuare quel farabutto con cosi pochi elementi a disposizione.

    Kuroshi guardò l'uomo con un'espressione seria, cercando di trasmettere la necessità di concentrarsi sull'obiettivo principale. Quel simbolo potrebbe rivelarsi cruciale per la nostra missione. Ogni dettaglio conta, quindi dobbiamo raccogliere più informmazioni possibili a riguardo Si assicurò che le braccia incrociate al petto sottolineassero la determinazione nel suo tono.

    I loro discorsi furono interrotti dall'ira del cameriere, che aveva sbottato alla vista del tavolo rovinato. Preso dalla situazione l'Otese non aveva minimamente pensato che cosi facendo avrebbe causato un danno.

    Mi scuso sinceramente per l'incidente, rispose, cercando di mantenere la calma nonostante la reazione scomposta del cameriere. Non era mia intenzione causare danni al tavolo. Posso assicurarti che risponderò per questo. Si rivolse al cameriere con un'espressione sinceramente pentita, cercando di mitigare la sua rabbia.

    Il ragazzo era un semplice studente, e non possedeva il denaro necessario per pagare. Avrebbe dovuto trovare una via alternativa per rimediare al danno causato. Sarò sincero non ho il denaro necessario per ripagarla, e non è mia intenzione farla licenziare. Riprese visibilmente imbarazzato. L'unica cosa che posso proporle e di aiutarla nel suo lavoro fino al totale risarcimento del danno! lanciò uno sguardo verso il cameriere in attesa di una sua risposta; un misto tra vergogna e speranza....speranza che potesse accettare la sua proposta per rimediare al malcontento dell'uomo.

     
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    - Esatto, - dissi quando sentii la risposta del ninja del Suono, esplicata in una maniera estremamente logica e lineare, come in pochi potevano fare. Sicuramente, il tizio che mi trovavo davanti aveva tutte le carte in regola per diventare un membro di spicco del mondo degli shinobi, specialmente se avesse continuato ad attenersi al proprio credo ninja e fare tutto il possibile per raggiungere la meta preimposta. Non c'era niente da aggiungere, se non che: - Prima o poi troverai ugualmente colui che ti tradirà, giovane otese. È solo una questione di tempo. Così come troverai colui che diventerà il tuo partner più fedele. -

    Grazie a quel simbolo e a tutto ciò che era accaduto, avevamo avuto abbastanza appigli per programmare il da farsi. Al contempo, il piccoletto doveva capire che non sarebbe stato facile, che avrebbe dovuto riempirsi di pazienza e calma prima di poter procedere oltre. Io stesso avrei dovuto fare le mie ricerche prima ancora di ricontattarlo, spiegargli i dettagli e poi partire alla ricerca di quella pianta. Avrei dovuto mettere in opera una missione d'indagine, sia sulla pianta che sul simbolo mostrato, in maniera tale da ricollocare il tutto nel miglior modo possibile. Solo in questo modo avrei potuto, in fin dei conti, ottenere le informazioni certe sul luogo in cui si trovava ciò che stava cercando e capire meglio il mondo in cui avremmo potuto trovare il necessario.

    Alla fine dei conti, non mi rimase che osservare la venuta del cameriere, che si lamentava giustamente per quello che era appena successo al suo tavolo, e vedere la reazione composta, quasi timida, del ninja del suono. Era una cosa molto strana da vedere, in realtà, perché di altri tempi e in altre circostanza, al di fuori da ogni dubbio, i ninja del Suono si sarebbero messi a tirare in mezzo mille miliardi di discussioni e, probabilmente, sarebbero pure passati alle mani. Ora, invece, osservavano timidi qualcuno che in quel momento aveva un ruolo superiore. Sicuramente non era spaventato, - questo lo si vedeva, - semplicemente dispiaciuto.

    - Aiutarmi nel mio lavoro, dici? - Chiese il cameriere portandosi una mano al mento. Si vedeva che talvolta venivano persone come il ragazzo otese e cercavano di fare cose come quelle. Alcune magari non pagavano nemmeno il conto. - Lavorerai 3 giorni al posto mio, nelle giornate in cui avrei dovuto essere in vacanza. Capito? - Domandò.

    A quel punto non è che l'otese avrebbe avuto chissà quali scorciatoie, a dire il vero. Era stato lui stesso ad aver proposto quella soluzione al cameriere, mentre io avrei domandato al cameriere un foglio con una penne, che mi sarebbe stata portata in poco tempo. Con quegli attributi a portata di mano non mi sarebbe rimasto altro da fare che ridisegnare il simbolo presentato dal ragazzo otese sul foglio, in maniera tale da averlo a portata di mano una volta che sarei andato a cercare degli appigli ad Ame.

    Non appena il cameriere se ne fosse andato, mi sarei rivolto al mio compagno di viaggio:

    - Davvero vuoi ripagare questo? - Avrei indicato il simbolo inciso sul tavolo. - Sei un ninja. Sei più forte. Poi sempre risolvere tutto e ogni cosa con la forza. -

     
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    riflessioni di un giovane ninja

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    Il ninja del Suono continuava a fissarlo con occhi penetranti, rivelando una saggezza oltre la sua giovane età. La sua risposta fu accompagnata da un sorriso sottile, quasi come se avesse previsto le parole successive del suo interlocutore. Gli inganni e le alleanze erano le note discordanti nella sinfonia della vita di uno shinobi. La fiducia era un lusso che pochi potevano permettersi. Tuttavia, era anche la chiave per costruire legami forti e duraturi. Troverò traditori lungo il mio cammino, di questo ne sono consapevole, è solo questione di tempo! disse mentre voltò lo sguardo verso la finestra, come se stesse riflettendo su quelle stesse parole.

    Il vento sussurrò tra gli alberi circostanti, e sembrava che la natura stessa stesse ascoltando le sue parole. La fedeltà è una virtù rara, ma quando la trovi, diventa una forza silenziosa, continuò il ninja del Suono. Le sue parole rimasero sospese nell'aria, e il silenzio circostante sembrava amplificarle. Con un'occhiata decisa, il ninja del Suono si voltò, nuovamente verso Seinji.

    Abbandonato ormai quell'argomento, lo sguardo di Kuroshi si abbassò verso il simbolo. Giaceva di fronte a lui, come un enigma da decifrare. La sua forma, i suoi contorni, ogni tratto aveva un significato potenziale, e scrutandolo attentamente, cercavo di catturare ogni sfumatura nascosta. Era un compito intricato, e da solo non avrebbe saputo attenere le informazioni necessaria che avrebbero permesso di rintracciare il ninja che stavano cercando.

    Notò che lo stesso stava facendo il suo nuovo compagno: sembrava stesse riflettendo sulle prossime mosse da fare. il suo sguardo dava l'impressione che la sua mente stesse seguendo un ragionamento logico, come se stesse delineando le prossime mosse da fare.

    L'incognita del simbolo era solo l'inizio. La mente dell'otese vagava attraverso i dettagli della missione: la ricerca della pianta, l'analisi approfondita del simbolo stesso e la comprensione del contesto che li circondava. Si dovevamo procedere con cautela, senza lasciare nulla al caso. Ma da dove iniziare? la sua poca esperienza non giovava a suo favore. Così decise di attendere indicazione dal più esperto del duo.

    Alla proposta di Kuroshi, il cameriere esitò per un momento, portandosi una mano al mento, visibilmente scettico riguardo alla sua richiesta di aiuto nel lavoro. Era chiaro che aveva già avuto esperienze simili con altre persone. La sua proposta di lasciarlo lavorare al suo posto per tre giorni dava l'impressione di essere una sorta di verifica della sincerità delle sue intenzioni.

    Con un cenno del capo, l'otese accettò prontamente l'accordo, evidentemente consapevole che quella sarebbe stata la sua parte nel ripagare il debito. In fin dei conti che altro avrebbe dovuto fare?

    Seinji sembrava abbastanza contrariato da come il giovane ninja avesse deciso di chiudere la questione. La sua proposta era diretta. Non voleva che si sottoponesse a un lavoro che, in fondo, non era il suo. La sua fiducia nella abilità da ninja era evidente, e cercava di suggerirgli di considerare un'alternativa più in linea con la sua natura. Tuttavia, Kuroshi non era tipo da utilizzare la forza quando non ne sentiva il bisogno, o non vi fosse ragione per farlo. Aveva danneggiato qualcosa che non era di sua proprietà, e avrebbe fatto ciò che doveva per ripagare quel pover'uomo che cercava solo di lavorare e guadagnarsi qualcosa per vivere.

    Capisco che la forza è un'opzione, ma non sempre è la risposta giusta. Ci sono situazioni in cui la diplomazia, la comprensione possono essere più efficaci. Fece spallucce. Non voglio risolvere tutto con la forza se c'è un modo più sottile per farlo.

    L'otese aveva una visione più sfumata della forza e del suo utilizzo. La sua scelta di ripagare il debito attraverso il lavoro potrebbe essere stata guidata da un desiderio di dimostrare impegno e rispetto, piuttosto che risolvere tutto con la violenza.


     
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    Alla fine dei conti la discussione era terminata, la strada era stata segnata e ora non ci sarebbe rimasto che camminare sulla stessa fino a raggiungere la meta che entrambi cercavamo. - Ora non ti resta che aspettare, - gli avrei detto per poi piegare il foglio sul tavolo e inserirmelo in tasca. Avrei dovuto fare le mie ricerche ad Ame. Contattare le persone che avevano una certa influenza in quel della Pioggia. Mettere tracce. Cercare i passi. Solo in quel modo prima o poi sarei riuscito a raggiungere il termine delle mie ricerche, trovare il filamento che mi avrebbe portato prima verso quel ninja e poi verso la pianta che così gelosamente cercavo.

    Alzandomi dal tavolo gli avrei dato una pacca sulla spalla, in maniera tale da tranquillizzarlo, e poi lo avrei guardato per chiedergli se fosse ancora certo di quello che aveva affermato a proposito del non uso della forza. Alla fine dei conti, non aveva ancora capito dove si trovava. Non sapeva ancora che, letteralmente, l'unica cosa che aveva davvero valore a Oto era proprio la forza. Qui si apprezzavano unicamente coloro che in qualche modo potevano imporsi sugli altri. Essere davvero liberi. Proprio la libertà era ciò che separava gli otesi dai non otesi. Perché Oto, da un certo punto di vista, era il puro Caos primordiale, con tutto ciò che esso comportava.

    - Se sei sicuro di non voler usare la forza, allora non ti resta che andare a lavare i piatti, - gli dissi. - Ci vedremo tra un po' di tempo, quando riuscirò a rintracciare il simbolo che mi hai mostrato. - Non sapevo ancora quanto tempo mi sarebbe servito per riuscirci, anche perché Ame era una fogna a cielo aperto. Era il luogo per eccellenza in cui regnava il Caos nella sua forma più pura. Riuscire a rintracciare qualcosa lì era possibile, ma era difficile. E, di sicuro, ci sarebbe voluto più di qualche sforzo affinché coloro che sapevano parlassero.

    Dopo aver dato una pacca sulla spalla al ninja di Oto, mi sarei allontanato sparendo poco nel Nero della Notte e lasciando da solo il piccolo guerriero otese. Lui avrebbe potuto restarci a lavare i piatti o fare in un altro modo. Poco importava. D'altronde, era a Oto e la scelta era solo la sua.
     
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    Cammini separati: la missione di kuroshi e seinji

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    Kuroshi osservò Seinji ricopiare una bozza del simbolo su di un foglio. Per il momento le loro strade si sarebbero separate. Il ninja esperto, forse aveva già qualche idea dove cercare informazioni. Dava l'impressione che non era la prima volto che si cimentava in qualcosa del genere. Il giovane ninja di Oto in questo caso, non sarebbe stato di grande aiuto. Non aveva la minima idea di dove avrebbe potuto iniziare a raccogliere informazioni. Era ancora un novellino alle prime armi, in fin dei conti. Tutto il lavoro sporco di ricerca e investigazione sarebbe perciò toccato al suo compagno.

    il suo sguardo si era concentrato sul ragazzino durante il suo resoconto, e sembrava riflettere la serietà della situazione. Le rughe sulla sua fronte si accentuarono leggermente, rivelando una comprensione profonda dell'importanza della missione. Capisco, avrebbe pronunciato con una voce ferma, esprimendo la sua risolutezza di fronte alla strada da percorrere, Aspetterò il tuo ritorno con le informazioni che cerchi.

    Sentì la pacca sulla spalla e, in risposta, alzò istintivamente lo sguardo, cercando il contatto visivo con il suo interlocutore. La sua espressione trasmetteva tranquillità, un tentativo di conferire un senso di sicurezza in un contesto che, a quanto pare, richiedeva decisioni ponderate. Tuttavia, la successiva domanda sulla volontà di non ricorrere alla forza suscitò nel giovane ninja una riflessione più approfondita.

    Cercò di leggere tra le righe della sua richiesta, chiedendosi se la sua decisione di evitare la forza potesse influenzare il loro cammino in questo ambiente incerto e pericoloso. La sicurezza che il suo sguardo cercava di trasmettermi si scontrava con la complessità del contesto di Oto, dove la forza sembrava essere una valuta di scambio comune. La sua scelta di resistere a tale approccio poteva risultare un atto di coraggio o di ingenuità, e la riflessione su questo dilemma si faceva sempre più profonda.

    Nel silenzio che seguì, cercò di comunicare attraverso lo sguardo la sua determinazione a seguire la via che aveva scelto, anche se consapevole che questa decisione avrebbe avuto implicazioni e sfide. L'espressione tranquilla del suo nuovo compagno sembrava sottolineare un rispetto per la mia scelta, ma allo stesso tempo, era come se ci fosse un riconoscimento implicito delle difficoltà che avrebbe potuto incontrare nel percorso che aveva deciso di intraprendere.

    la mia convinzione riguardo al non uso della forza è salda. Credo fermamente che ci siano soluzioni più pacifiche e intelligenti per risolvere le situazioni. Sono pronto a discutere e trovare un accordo, ma rimango convinto che la forza debba essere l'ultima risorsa. ribadì con risolutezza e pacatezza.

    Alla fine i due si divisero, anche se temporaneamente. Kuroshi non sapeva esattamente quanti giorni sarebbero passati dal loro prossimo incontro; ma avrebbe atteso pazientemente. D'altro canto gli aspettavano tre giorni di duro lavoro per ripagare il danno, che ingenuamente aveva causato. Poi avrebbe fatto ritorno ad Oto dove gli aspettava una sfida importante da superare. Se tutto fosse andato come previsto Seinji forse avrebbe trovato il giovane ninja un po' diverso. Non restava che attendere che il misterioso shinobi si rifacesse vivo con le informazioni necessarie per rintracciare il ladro di piante.



     
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