Posts written by leopolis

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    Il Dialogo tra Eroi


    Post 2



    Chi ero?

    Rispondere a questa domanda non sarebbe stato, certamente, così facile come avrei potuto pensare a prima vista. Specie, se avessi deciso di essere sincero. Ma io davvero potevo esserlo?.. Potevo raccontargli tutto, sin da come ero apparso a Kiri e fino a tutto ciò che era successo dopo? Impossibile. Per questo, quando mi chiese chi fossi, mi limitai semplicemente a sorridere leggermente.

    - Mi chiamo Takamoto Masayoshi, - gli avrei detto. - Sono un ex ninja di Kumo. Ho deciso di trasferirmi qui per trovare miglior vita. E dedicarmi al commercio del Riso, che esporto nel Paese dell’Acqua e del Fuoco. -

    In quegli attimi avrei per un momento rivolto il mio sguardo a sinistra, altrove, laddove il piccolo ninja che mi si trovava dinnanzi non avrebbe potuto scorgere l’inganno che avrei messo in atto poco dopo. Infatti, anche a causa delle mie capacità, qualche secondo dopo che i miei occhi si illuminarono, avrei tirato fuori dalla tasca un foglietto, che gli avrei mostrato.

    [Tecnica Illusoria - Azione Rapida]



    Era una specie di documento falso. Un foglio illusorio che mostrava il mio nuovo volto. Vi era scritto il mio nome. La mia età (28 anni). Il Paese di provenienza e il ruolo, commerciante. Una volta che gli avrei mostrato quel foglietto illusorio, l’avrei poi rimesso nella mia tasca e avrei guardato il viso del tizio di fronte. Se, poi, avesse voluto vederlo da più vicino, glie lo avrei dato senza problemi: d’altronde era solo un altro modo per influenzare le connessioni neuronali nel suo cervello, spingendolo a vedere cose che non c’erano. Solo dopo avrei di nuovo rimesso quella specie di “foglietto” nella mia tasca.

    - Dopo il colpo di stato a Kumo, la vita lì si era resa praticamente impossibile, - gli avrei poi detto. - Molte persone sono fuggite da quelle terre. Io ero fra queste. Sono un immigrato anche io… -

    A quel punto lo avrei guardato per capire, invece, chi avevo di fronte io. Mi sembrava un bambino di quelli innocenti. Ce ne erano tantissimi in quelle terre. E non solo lì. Per lo meno, mi ricordavo di numerosi bambini simili anche altrove. Soprattutto nel Paese delle Acque, oltre che nei pressi di Ame e di Taki, dove le continue guerre devastavano la popolazione anno dopo anno, spingendo alcuni a emigrare e altri a cercare la propria fortuna nelle tantissimi battaglie che vi avvenivano mese dopo mese. Probabilmente anche lui era venuto nel Paese delle Risaie da chissà dove. Forse proprio da uno di quei villaggi, provando a scappare dalla criminalità organizzata di Ame o dai pericoli che lo potevano trovare in quel di Taki o di Iwa.

    - Il motivo per cui devi fidarti di me? Mmh… Direi che siano gli interessi in comune che abbiamo, almeno per ora. E tu? Di dove sei? Cosa ci fai qui? -

    Gli avrei chiesto mentre camminavamo sulla strada principale di quel piccolo villaggio. Non che fossi davvero interessato a saperlo: la mia era soltanto una specie di volontà di mostrarmi gentile e amichevole nei confronti del ragazzo. Certamente, se fossi andato a riprendere quel tizio con la pianta in posti pericolosi, come lo era Ame, l’aiuto di qualcuno non mi sarebbe di certo fatto schifo. Poi, bastava considerare che avrei potuto usare quel qualcuno come una specie di vittima sacrificale in maniera tale da raggiungere i miei obiettivi più presto e senza grandi pericoli per la mia salute. Un po’ come facevo spesso: usavo tutti come degli scalini nella mia scalinata.



    A quel punto avrei ascoltato ciò che il piccoletto mi avrebbe detto, salvo poi raggiungere una locanda situata quasi al centro del villaggio.

    - Qui possiamo trovare un pasto caldo e una camera in cui riposare. Non preoccuparti: pago io. -

    Una volta entrati nella locanda, avrei parlato con il locandiere dandogli quei pochi soldi che (ancora) avevo, per poi sedermi dietro a un tavolo e invitare anche il mio nuovo amico a fare altrettanto. Dopo un po’ ci avrebbero portato da mangiare: riso, ovviamente, con un po’ di broccoli e qualcos’altro (un po’ di pane, acqua per lui e vino per me).

    - Devo trovare le tracce di quel tizio, - gli avrei detto. - Hai delle idee su dove potrebbe essere andato? -

    Gli avrei chiesto prendendo un po’ di riso con i bastoncini per poi mangiarlo e a seguire ingoiare anche una fetta di pane.


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    La caccia allo scimpanzé


    Post 2 - L'Incontro


    Quando entrambi giunsero sul posto, - e non c'era dubbio alcuno che fosse quello il posto giusto, - scelsero tattiche diverse. Lo studente di Oto decise di restare al suo posto, tra gli alberi, a cercare, magari, la scimmia lì, provando a vedere tra le fronte degli alberi se avesse trovato qualcosa. Il foglioso, invece, optò per una tattica diversa e decise di arrampicarsi su un albero. Pensava, forse, che sarebbe riuscito a trovare Ayako lì? Beh, una sua logica un simile gesto aveva: d'altronde, se bisognava trovare una scimmia, occorreva in qualche modo pensare come una scimmia e comportarsi come una scimmia. E, d'altronde, il foglioso sembrava riuscirci piuttosto bene.

    Comunque, sarebbe stato circa in quel momento che i due ninja si sarebbero visto: l'otese avrebbe alzato lo sguardo vedendo il foglioso sulle fronde degli alberi. Per un attimo avrebbe potuto pensare che fosse quello Ayako, che egli stava cercando, ma poco dopo avrebbe visto chiaramente i vestiti, la pelle umana e tutto il resto tra ciò che differenziava un abitante di Konoha da una scimmia (non che le differenze fossero tante, comunque). E, a dirla tutta, a soli 5-6 metri dal terreno, avrebbe potuto vederlo senza troppi problemi nonostante la vegetazione ostacolasse leggermente il suo campo visivo.

    Il foglioso, dal canto suo, non avrebbe avuto molti problemi a vedere a terra il ragazzo otese ed egli non avrebbe potuto scambiarlo per niente altro al mondo: il campo visivo dall'alto era, effettivamente, migliore e anch'egli avrebbe visto tutto ciò che distingueva un essere umano da un primate, e in maniera decisamente più nitida e lucida.

    Poi, oh, stava a loro due trovarsi e capire in che modo trovare Ayako, lo scimpanzé. Anzi: in che modo inseguirlo e acchiapparlo, perché subito dopo essersi visti, alla loro destra avrebbero anche notato un cespuglio con le banane e rivolgendovi lo sguardo, avrebbe visto ciò che cercavano, preceduto dal suono di un campanellino:




    Era circa 15 metri di distanza tra loro due e lo scimpanzé, che gli avrebbe guardati in maniera stranita mentre si occupava di sbucciare una banana. Nel suo sguardo avrebbe potuto notare un certo sgomento. Tipicamente animale. Come se la creatura non capisse chi cazzo fossero sti due rimbambiti e cosa volessero.

    Cosa fare, quindi? In che maniera prendere la scimmia?

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    Il Volto del Tennin


    Capitolo 6 - Il piano



    Lo sapevo. In fin dei conti, lo sapevo. Lo conoscevo. E sapevo cosa pensava. Intuivo quali sentimenti ci fossero nella sua mente. Quali tendenze lo muovessero. Cosa lo spingeva ad agire. E in che modo. Alla fine dei conti, nonostante tutti i cambiamenti, Etsuko era pur sempre Etsuko. Agiva più guidato dalle passioni che dall’intelligenza strategica. Sapeva che quel bacio era guidato da un solo motivo: io che volevo sfruttare lui. Renderlo la pedina nelle mie mani. Fare in modo che diventasse uno strumento nelle mani del Caos.

    Quando mi raggiunse, ghignai leggermente, mentre ero girato di schiena verso di lui. Uno di quei ghigni che aveva un preciso significato e che, - considerando anche il Simbolo ormai sulla sua testa, - ormai era in balìa dei miei giochi.

    - Una possibilità? - Chiesi girandomi poco dopo. - Etsuko… Se non vuoi fare tu il lavoro che ti chiedo, allora lascia che lo faccia io. -

    Dissi.

    - Sei un amministratore, no? - Avrei domandato. - Potresti fare molto se restassi al tuo posto… Ma se proprio non vuoi far parte del mio gioco, allora lascia che io lo faccia da solo. -


    Ciò a cui stavo accennando era molto semplice da capire, ma altrettanto difficile da realizzare. Anzi, a dirla tutta: quasi impossibile. Non mi sarebbe bastato “semplicemente” cambiare i lineamenti del mio volto. Quello lo avrebbe potuto fare ogni scemo con un bisturi in mano e di chirurghi estetici il Continente ne era pieno.

    No.

    Mi sarebbe servito cambiare la mia energia vitale rendendola uguale a quella di Etsuko, altrimenti il primo idiota kiriano che avrebbe attivato il Magan avrebbe scoperto che l’energia vitale di Etsuko non era, in realtà, di Etsuko. Non solo: immergendomi nel ruolo di Etsuko avrei dovuto agire come Etsuko, pensare come Etsuko, parlare come Etsuko. Con quella nota di fatalità e passionalità, talvolta mista a negligenza. Per non parlare della percezione del chakra di Etsuko: probabilmente tra me e lui non avrebbero visto molte differenze, ma ogni illusione doveva essere perfetta per funzionare. Anche se non era propriamente un’illusione.

    A tutto questo si aggiungeva anche la necessità di stabilire una via di fuga in caso di problemi. E la necessità di proteggere, in qualche modo, la mia mente dalle abilità di coloro che sapevano leggere i pensieri e i ricordi. Soprattutto i ricordi.

    In pratica, il piano a cui accennavo avrebbe richiesto una preparazione straordinaria, ma se fosse andato in porto avrebbe potuto portare altrettanto straordinari frutti. Ciò che mi stava dicendo (e chiedendo) avrebbe comportato rischi enormi per me e per lui, ma se non c’erano altre strade…

    - Vuoi davvero farlo? - Avrei chiesto avvicinandomi di nuovo a lui. - E a cosa sei disposto per riuscirci? -


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    QUOTE (Kairi Uchiha @ 15/1/2024, 16:33) 
    QUOTE (~Cube @ 15/1/2024, 11:00) 
    Auguri!

    E' da talmente tanto tempo che non posto al di fuori del gdr che non mi ricordavo come fosse o si presentasse il mio account XD

    Bisogna spammare di più in 'sto forum XP

    È colpa di Discord
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    QUOTE (~Cube @ 15/1/2024, 11:00) 
    Auguri!

    E' da talmente tanto tempo che non posto al di fuori del gdr che non mi ricordavo come fosse o si presentasse il mio account XD

    Una merda.
    Un po' come le tue giocate.

    SPOILER (click to view)
    NON MI PICCHIARE CUBE IN REALTA' 6 IL MIO USER PREFERIDO
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    Auguri
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    Il Volto del Tennin


    Capitolo 1 - La conoscenza dell'eroe



    Non ottenni risposta subito, purtroppo. Il bambino otese dalla cute strana continuava a guardarmi, come io tanti anni fa guardavo gli sconosciuti, cercando di capire se potevo fidarmi di loro oppure no. Il problema era che io avevo il Magan, l’Occhio Demoniaco che mi permetteva di guardare oltre. Riuscivo a capire, anche grazie a quella particolare abilità, se qualcosa non andava per il verso giusto.

    - Sei un ninja di Oto, no? - Chiesi scrutandolo. - Allora credo proprio che dovrai aiutarmi… -

    A passo lento, mantello fino ai piedi, sarei uscito dalla sala dell’ospedale. Il tempo che era passato dall’inizio di quel mio viaggio e di quella scena non era mica poco, anzi. Considerando le operazioni che aveva fatto il giovane otese e tutto ciò che io stesso avevo compiuto in quel viaggio, ormai al di fuori dall’ospedale calavano le ombre. E, certo, saremmo dovuti inseguire il tizio che aveva preso la pianta, ma… Se non fosse stato in grado di viaggiare abbastanza velocemente, comunque non saremmo riusciti a farlo senza problemi. E, considerando il tutto, forse era giusto avere un momento di pausa.

    - Andiamo a mangiare. A rilassarci un attimo. E domani andremo alla ricerca di quel tizio che ha rubato la pianta. Okey? - Chiesi sorridendo. - Che ne dici? -

    Intanto, se avesse accettato la mia proposta, insieme a lui ci saremmo incamminati sulla strada di quel villaggio, che dall’Ospedale portava verso il centro della cittadina, laddove avremmo potuto trovare un letto, una stanza e un pasto caldo. Lì, inoltre, avremmo anche potuto discutere, conoscersi e solo dopo cercare le tracce dell’uomo con la pianta.

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    Il Volto del Tennin


    Capitolo 5 - Il Tè tra gli Spettri



    Sapevo già che avrebbe fatto in quel modo: era prevedibile Etsuko e, nonostante odiasse Kiri, avrebbe provato restare più fedele al villaggio che a me. Era il tipico Etsuko di cui mi ricordavo: fedele nonostante tutto, nonostante ogni cosa. Oppure, beh, era semplicemente il modo in cui Etsuko voleva che lo… tranciassi… Con il mio modo di fare.

    - Quindi è l’ultimo bacio? - Chiesi ascoltando la sua risposta per poi allontanarmi da lui. Non di molto. Giusto di qualche centimetro. In maniera tale da vedere comunque i suoi occhi. Quel bagliore negli stessi.
    Non mi amava. In nessun modo. Lo vedevo bene. In quelle iridi rossastre, con qualche sfumatura di rubino. Nel suo modo di comportarsi. Di guardarmi. Era cambiato Etsuko e non ero sicuro che sarebbe stato per il meglio.

    - Come desideri, - gli risposi alla fine di quel rifiuto. Si aspettava, però, che lo lasciassi andare così? In quel modo? No.

    Quando mi prese per il colletto, lasciai fare. Al contempo, gli avrei messo una mano dietro alla nuca, in quel che sarebbe dovuto diventare un lungo bacio. Lo avrei spinto verso di me, proprio mentre lui mi tirava per il colletto. E mentre le mie dita si infiltravano tra i suoi capelli, lasciai il chakra scorrere nella mano, lasciandogli un ultimo regalo di cui egli non avrebbe mai riconosciuto, - forse, - la presenza. Quattro simboli, di piccolissime dimensioni, situati sotto ai capelli, coperti dai peli stessi, mentre la mia mano lo spingeva verso di me e la mia lingua si faceva avanti nella sua bocca.

    [Tecnica - Simbolo del Pensiero]



    Ovviamente, quei pensieri non si sarebbero manifestati subito ed Etsuko non avrebbe mai saputo nulla dell’esistenza di quei simboli. Io, dal canto mio, dopo quel lungo, caldo, caloroso e passionevole bacio, mi sarei distaccato da lui:

    - Rispetto la tua scelta, - gli avrei sussurrato a voce bassa, staccando poi la mano dalla sua nuca. - Ma devo camminare sulla mia strada. E tu… Potrai di nuovo trovarmi quando lo vorrai. -

    Lui aveva fatto la sua scelta. Io la mia. E con quelle parole, mi sarei allontanato, saltando prima sulla parete vicina, per poi addentrarmi sempre di più nell’oscurità. Non sarei, però, scomparso del tutto: sopra la torre, avrei osservato Etsuko.

    Le sue azioni.

    Davvero se ne sarebbe andato, lasciandomi solo? Lasciando che camminassi senza altri sulla mia strada?

    Mettendomi in pericolo? Me?

    Dovevo saperlo.
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    Il Volto del Tennin


    Post 2 - La Maschera del Dio del Caos



    [SANGUE! PIU’ SANGUE!]



    Al primo sangue altre energie si aggiunsero a quelle già esistenti. Il tessuto venne addensato; l’Oscurità si fece ancora più materiale. Non sarebbe finita solo in quel modo, quel giorno; no, che non sarebbe finita. Il Richiamo del Sangue non sarebbe stato facile da ignorare, specialmente a causa della sua immensa potenza. Di quella forza che nel corso del tempo avrebbe fatto la sua strada. Che si sarebbe addentrata nel mondo marciando su una strada coperta dal sangue stesso.

    Erano i geni dei Mikawa a farsi largo nella mente del giovane ninja. Erano quei richiami, soliti per i membri del Clan del Sangue, che si manifestavano a età differenti e segnavano il bisogno di percorrere una strada. “Abbracciami,” - dicevano quelle voci. - “Abbraccia ME e cammina sulla Strada del Sangue.”

    Non ci sarebbe stato molto da fare: il Richiamo alla sua natura era molto più potente di quanto il giovane Akira avrebbe mai potuto fare. Non avrebbe potuto semplicemente prendere e rigettarlo. Non avrebbe potuto non ascoltarlo. Nemmeno se si fosse tappato le orecchie.

    - Voglio altro sangue. Altro sangue. Ancora sangue. Più sangue! Un oceano di sangue! -

    Trovare quel sangue per le strade di Ame fu come trovare un po’ di carne in una macelleria: gli obiettivi legittimi erano così tanti da destare sconcerto. Da far restare a bocca aperta chiunque. Era la città del male; quella in cui l’amoralità era la moneta pagante. Uccidevi un uomo? Diventavi un fante. Ne uccidevi 100? Diventavi un principe. Uccidevi 10 mila? Un dio. L’importante era uccidere ed era ciò che diceva di fare il richiamo del sangue. Era ciò che spingeva il giovane Mikawa ad abbandonare la moralità di qualsiasi genere. Era ciò che motivava. Ciò che pagava. Ciò che faceva vivere. Ciò che permetteva di migliorare. Era un posto oscuro e potente, Ame, e come tale sarebbe stato necessario trattarlo.

    - Peccato, - disse un uomo con un mantello in cima a una torre, mentre osservava il giovane Akira farsi strada tra le gocce di pioggia e le ombre oscure. - Davvero un peccato. -

    Seguì i movimenti di Akira Mikawa nascosto nella penombra. Furtivo. Impossibile da vedere o da intercettare. Vide le sue azioni: un rapido movimento di coltello, una vita inutile tolta.

    No, non sarebbe bastato solo quello. No. Ovviamente no. Chiunque poteva togliere la vita a un povero mascalzone: erano tanti lì, per le strade di Ame. Troppe possibilità significava troppa facilità. E troppa facilità, a sua volta, significava che non vi sarebbe potuto essere nulla di buono nelle azioni di quel ragazzo.

    - Non un omicidio significativo, - disse l’uomo nel mantello a voce più alta, mentre alla visione di quell’assassinio saltava già dal tetto del suo palazzo per manifestarsi dinnanzi ad Akira Mikawa in tutto il suo splendore. - Patetico. - Aggiunse guardando quel coltello bagnato di sangue. Quell’acciaio su cui cadevano le gocce di pioggia. Quell’attrezzo da cui il liquido cremisi cadeva per terra mischiandosi con la pioggia.

    - Indegno, - sussurro mettendosi a circa 10 metri di distanza da Akira. - Vergognoso. Inutile. Ridicolo. Indecoroso. - Aggiunse guardando il ragazzetto e sputando per terra, in ciò che era un evidente senso di disapprovazione. - Il Dio del Sangue ti manda il suo Richiamo e tu che fai? Come lo sprechi? Uccidendo una nullità? Per quale scopo, poi? Perché vuoi dimostrarti buono? Morale?! Hahahahahahaha Forse non sei degno di seguire LUI. Non segno degno di camminare su QUESTA strada. Ritorna a CASA TUA, Akira. Nasconditi sotto il tuo letto e non farti più vedere. Questo è un villaggio di sangue e tu non sei degno di respirare l’aria di Ame… -



    Serviva ben altro per impressionare gli adepti del Dio del Sangue. Coloro che ammiravano i Mikawa. Il gruppo che metteva il liquido dal color rubino su qualsiasi altra cosa; che ne faceva l’oggetto di venerazione esso stesso. Per loro ogni Mikawa che finalmente aveva scoperto i propri geni era un Dio.

    Coloro che non si mostravano degni del proprio potere, che non volevano accettare la propria natura, quel gruppo rigettava come la feccia delle maggiori fecce. Come uno straccio indegno e incapace di vivere.

    - Perdi il controllo, Akira. Perdi la ragione. Dimenticati della morale. Scordati la bontà. Non sei qui per essere buono; se qui per essere l’AVATAR DEL DIO DEL SANGUE! -

    A quel punto le cose si sarebbero risolte come i Mikawa amavano: con il sangue stesso. Spargendolo. Facendolo spargere. Versando il proprio sangue e quello altrui. Solo così l’Avatar del Dio del Sangue avrebbe potuto seguire quel richiamo. Distinguersi con esso. Farsi strada nel mondo. E riscoprire la sua stessa natura; l’essenza dell’essere al di sopra di qualsiasi morale, di qualsiasi regola.

    “Sei un predatore, Akira. Comportati da predatore.”

    Ancora una volta, la stessa voce, mentre l’acciaio in forma di [4 kunai] volava in direzione di Akira, a livello della gola, con l’intenzione di liberare quel sangue che stava rinchiuso nel corpo come in una gabbia.

    “Sei pronto, Akira. Libera il mostro. Dai vita alla tua Essenza! Asseconda i tuoi impulsi!”

    A quel punto restava a lui capire cosa fare, ma di sicuro non avrebbe sentito la Chiamata unicamente nella sua mente. No. Non sarebbe stato unicamente il cervello a fare la parte del trasmettitore. Non sarebbero stati quei collegamenti neuronali a portarlo ad agire. Sarebbe stata la sua essenza stessa a spingerlo all’azione. Sarebbe stata la voglia; come se il sangue letteralmente ribollisse. Come se la sua essenza da guerriero volesse andare oltre i soliti limiti. Portarsi altrove.

    Sconfiggere. Uccidere. Torturare. Poi uccidere di nuovo.

    Finché il mondo intorno a lui non sarebbe stato un mondo di sangue. Finché il mondo non sarebbe diventato un mondo rosso.



    [...]





    Nel tripudio di divinità, nel tornado delle energie, non ci sarebbero stati unicamente richiami al sangue e di sangue. Quella era solo la parte visibile. Quella che si poteva facilmente trovare. La parte che tutti avrebbero sentito; quella che li avrebbe portato ad agire. Ma vi era anche molto altro oltre alle maschere: c’era sempre quella parte nascosta, affogata da qualche parte nell’Oscurità, che avrebbe costretto ad agire. A prendere decisioni. A fare scelte.

    E se quel giorno il giovane Akira mostrava una tendenza verso la scoperta delle proprie radici, come se fosse in preda al Caos stesso, che lo spingeva verso la libertà dalle catene altrui, lo stesso si poteva dire per un altro richiamo, che si manifestava in forme diverse, ma altrettanto potenti, a non molti chilometri di distanza dalla posizione del giovane Mikawa.

    Se l’obiettivo della kunoichi era quello di non essere vista, lo avrebbe completato con successo e senza problemi. La torre in questione, sebbene assai particolare, non sembrava essere difesa chissà quanto bene. Sembrava, anzi, la solita torre di Ame e non era di sicuro una fortezza. Un altro conto era la sua altezza: tra le torri di Ame era sicuramente molto alta, tanto da spiccare sino ai cieli e, forse, giungere sin lì cercando quella maschera, - che tante porte avrebbe potuto chiudere e altrettante aprirne, - poteva rivelarsi complesso, anche perché salendo di livello in livello, quasi come se fosse un Arcade videogame, i nemici che la kunoichi avrebbe potuto incontrare sarebbero stati tanti e, forse, anche complessi da sconfiggere.

    Concentrandosi a dovere la kunoichi avrebbe percepito le manifestazioni di chakra presenti nella torre, sin dalla sua base fino al suo apice, anche se procedendo man-mano fino al punto più alto di quella torre, le manifestazioni chakriche si sarebbero fatte via-via più sfmutate e complesse da percepire. Fino a giungere al tetto della torre, dove sembrava esserci un’immensa, lunga, larga e distesa manifestazione di chakra, come se vi aleggiasse un vero e proprio temporale di energie molto semplici da percepire, ma molto complessi da capire con precisione. L’unica cosa che Kairi avrebbe potuto capire da quella breve ispezione era il fatto che vi era il Chakra legato all’Oscurità lì sopra. Ed era molto, molto chakra.

    Nella torre, invece, avrebbe scorto chakra decisamente più deboli, partendo dalla sua base, dove sembravano trovarsi persone con non molta chakra, fino a giungere all’apice, ove le persone erano di più e con un chakra decisamente più potente.

    Grazie a quell’intuizione e alla possibilità di fare quell’ispezione Kairi avrebbe scoperto anche altro: vi era un campo di chakra lì dentro, motivo per cui si poteva supporre che la struttura fosse, in qualche modo, sorvegliata.

    Null’altro sarebbe arrivato alla sua mente, a dire il vero, a parte un fulmine che si sarebbe manifestato nella parte più alta della torre, illuminando il macabro orizzonte di Ame con un giallo intenso.

    All’Uchiha spettava, quindi, la decisione su cosa fare e come farlo. In che modo salire. E come evitare di farlo. Aveva tempo per pensare e per agire, dato che, probabilmente, nessuno avrebbe portato via quella maschera dalla cima di quella torre.

    Nessuno di degno, almeno.


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    Il Volto del Tennin


    Post 12



    Quando disse che avrebbe fatto del suo meglio, l’infermiera alzò le spalle, mostrando un chiaro segno di inquietudine. Non perché Kuroshi non avrebbe potuto fare il suo meglio, ma perché era sicuramente alle prime armi e trovarsi lì era una cosa che gli avrebbe permesso semplicemente di manifestare le proprie abilità e dare il vita a un percorso medico che, forse, in un futuro non troppo remoto lo avrebbe portato a essere uno dei migliori ninja medici sul continente. Sicuramente vide negli occhi del piccolo otese anche ciò che gli sembrò essere come una ventata di patriottismo. Come se fosse quel qualcosa, quella fiamma, che aveva percepito molti anni prima nella propria vita, e che ora vedeva negli occhi dello studente di Oto. Perciò lo lasciò fare e mentre Kuroshi andava nella sala con i pazienti che mostravano i tagli sul proprio corpo, semplicemente lo seguì con lo sguardo.

    Quando poi l’otese fu all’interno della sala, Kuroshi venne leggermente sgridato, ma rispose a modo, dicendo di aspettare un po’, perché avrebbe sicuramente fornito l’assistenza a chiunque lo necessitasse.

    - Non sembri sulla stessa barca! - Rispose il tizio che aveva gridato poco prima. - Anche perché non sei mica su uno di questi letti! E non sembri di essere ferito quanto noi! -

    A quel punto l’otese avrebbe avuto una prima importante lezione: soddisfare tutti sarebbe stato impossibile e, anche aiutando le persone intorno, egli non avrebbe comunque avuto quasi alcuna gratitudine. Anzi: spesso e volentieri avrebbe ricevuto in cambio solo urla, rabbia, odio e altre urla.

    Comunque sia, Kuroshi si impegnò al massimo, proprio come aveva permesso. Intensificò gli sforzi e riuscì, seppur non con troppa freneticità e velocità, a ripristinare la salute dei presenti. I suoi movimenti fluidi gli permisero di curare il primo dei pazienti, quello con un taglio pericoloso sulla gamba, mentre le mani si mossero applicando garze e disinfettanti, affinché il paziente in questione ritornasse al suo stato originale, nuovo come prima. Di certo, non era un’operazione di quelle che avrebbe potuto fare uno alle prime armi, ma l’otese ci riuscì ugualmente. Niente libri; niente manuali, solo la voglia di aiutare e spingersi più in là per fornire il proprio aiuto e assistenza a coloro che lo necessitavano maggiormente.

    Il primo paziente, seppur un po’ incosciente a causa del sangue perduto e della mancanza di forze, avrebbe comunque provato a ringraziare Kuroshi in quel che fu un accenno di sorriso.

    - Gra… Grazie! - Avrebbe detto egli, con una voce leggermente tremante e praticamente non facendosi sentire.

    Poi Kuroshi passò all’altro paziente, il cui trattamento si rivelò presto ancora più ostico e complesso. Le ferite qui erano più superficiali, ma erano tante.

    Infine, arrivò anche l’ultimo paziente che Kuroshi poté trattare in quel lasso di tempo. A dire il vero, lo stesso ninja di Oto non avrebbe potuto decifrare con sicurezza QUANTO tempo fosse passato dall’inizio delle operazioni, perché mentre andava avanti man-mano trattando le ferite dei pazienti, egli avrebbe visto che si aggiungevano sempre nuove persone. Sempre nuovi paziente: alcune ferite che sembravano essere già state chiuse venivano riaperte. Altri pazienti che si facevano male da soli mentre provavano ad alzarsi dal letto oppure applicarsi da soli le medicazioni. Senza dimenticarsi di pazienti nuovi, che per prima cosa venivano portati in quella sala e vi attendevano l’arrivo di un’infermiera che, ahimé, avrebbe avuto molto altro da fare (per non dire che alcune infermiere erano morte perché IO avevo deciso così quando avevo scatenato la furia distruttiva delle mie bombe dentro a quell’Ospedale).

    Sicuramente ci vollero almeno 8 ore prima che Kuroshi poté trattare TUTTI, applicando le medicazioni laddove richiesto, richiudendo le vecchie ferite e provando a trattare anche quelle nuove. Il tempo al di fuori dalla finestra sarebbe rapidamente cambiato portandosi maggiormente verso il Crepuscolo. Insomma… Ne aveva speso di tempo per sistemare quelli là! E al contempo il dottore faceva A ME l’operazione per cambiare i miei tratti facciali. Qualcosa che mi avrebbe permesso di realizzare il mio piano.

    Io scesi dalle scale proprio in quel momento, lanciando un’occhiata all’enorme cratere nel pavimento, causato dalle mie esplosioni, e osservando anche Kuroshi.

    - Ninja di Oto? - Chiesi abbassando il capo di lato. - Vieni con me. Dobbiamo ritrovare quella pianta… -



    Erano stati quelli i patti, no? Volto nuovo in cambio della vecchia pianta. Tesoro per tesoro. E, di sicuro, una mano, seppur inesperta, non mi avrebbe fatto schifo durante la ricerca di quel ninja che aveva rubato il vegetale.


    Seinji Akuma

    Statistiche Primarie
    • Forza: 500
    • Velocità: 500
    • Resistenza: 400
    • Riflessi: 550
    Statistiche Secondarie
    • Agilità: 500
    • Concentrazione: 600
    • Intuito: 500
    • Precisione: 500
    Chakra
    48.75/90
    Vitalità
    12/14
    Slot Azione

    1. ///

    2. ///

    3. ///

    Slot Difesa

    1. ///

    2. ///

    3. ///

    Slot Tecnica

    1. ///

    2. ///

    Note



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    Il Volto del Tennin


    Post 11



    Capire cosa avrebbe dovuto fare il buon Kuroshi per diminuire il dolore causato ai pazienti che sostavano in quella zona era semplice. D’altronde, se c’era un sanguinamento, bisognava tamponarlo. Se c’era il dolore insopportabile, in qualche modo bisognava fermarlo. Dunque, non ci sarebbero volute molte spiegazioni affinché Kuroshi capisse ciò che bisognava fare e, soprattutto, in che modo doveva farlo: le garze erano lì, i liquidi di disinfezione anche.

    D’altro canto, il buon ninja di Oto non si poteva mica aspettare che vi fosse qualcuno vicino a lui a insegnarli cosa fare e come farlo. Dunque, avrebbe sentito una breve, secca risposta da parte dell’infermiera che gli aveva offerto le proprie cure poco prima.

    - Vedi quelle persone? Lì, in quella sala? Hanno dei tagli. Forse puoi aiutarci a fermare il sanguinamento? -

    A quel punto la palla passò al ninja di Oto, che non ebbe troppi problemi ad affermare, a tutto il mondo, ciò che desiderava di voler fare. Affermò che, come ninja di Oto, fosse il suo dovere fare il massimo durante le emergenze.

    - Ottimo allora, - rispose l’infermiera a ciò che aveva detto il buon Kuroishi. - Penso che ce la farai anche da solo, ma qualora avessi bisogno di aiuto, non esitare a chiamarci. -

    A quel punto, l’infermiera sarebbe andata a sistemare il casino che ci era avvenuto poco prima, iniziando a mettere le cose al loro posto dopo le esplosioni verificatesi poco prima e, in genere, cercando di fare tutto il possibile e non affinché la situazione tornasse alla normalità (non che fosse facile, comunque).
    Kuroshi, invece, avrebbe potuto fare come gli aveva chiesto: andare nella sala che gli era stata appena indicata e trovarvi 3 letti con persone con vari tagli sul corpo.

    La prima aveva un taglio sulla gamba sinistra ed era pericoloso. Sarebbero bastate delle conoscenze anatomiche estremamente basilari per capire che un centimetro più in là e sarebbe potuta essere coinvolta l’arteria. E, come ben si sapeva, una volta tagliata quella, il sanguinamento sarebbe stato molto più complesso da fermare. Dunque, forse era meglio non esagerare e pensare realmente a come fermare il sanguinamento di quella ferita superficiale.

    La seconda vittima aveva diversi tagli di natura più lieve sparsi un po’ ovunque sul corpo. Alcuni erano decisamente piccoli, ma c’erano anche quelli che avevano una dimensione più ampia del normale. A causa di questa particolarità sarebbe stato complesso capire da quali tagli iniziare e, in genere, come procedere al loro trattamento.

    Infine, c’era il paziente con il maggior numero di ferite in assoluto: tagli sul viso, sulle gambe, sulle braccia. Anche qualche ferita da ustione, che il buon otese avrebbe comunque dovuto provare a curare. Insomma: di lavoro ce n’era tanto e dato che l’otese si era offerto di aiutare, sarebbe stato davvero un peccato rinunciare alla sua graziosa offerta.

    A spronarlo sarebbe stato uno dei pazienti:

    - Ma che ti stai fermo??? - Avrebbe gridato. - Non vedi che hanno bisogno di aiuto?! SBRIGATI! -

    [...]



    Quando venne il tizio che mi avrebbe fatto l’operazione, un chirurgo con un arma in mano, allungai le labbra in una specie di sorriso. Ma sarebbe stato un sorriso di breve durato, per nulla empatico, per nulla felice. Anzi. A prima vista non sembrava nemmeno un sorriso, bensì un ammonimento.

    - Non sbagliare nulla, - gli avrei detto mettendo un attimo da parte la mia balestra per sentire che ero stato chiaro e che, probabilmente, i miei desideri sarebbero stati esauditi per quel giorno. Non ebbi nulla da chiedergli, né da dirgli, e quando mi disse che era arrivato il tempo di “accomodarmi lì”, feci quanto richiesto, ma senza togliere la mia maschera fino all’ultimo.

    Solo quando prese il bisturi, pronto per iniziare quell’opera di rinnovamento, mi tolsi la maschera rivelando al medico il mio vero volto. Il volto del Tennin. Tanto, non gli sarebbe servito a nulla conoscerlo, forse. E, se non era un ninja, difficilmente ci avrebbe riconosciuto un nukenin poi diventato Mizukage.

    Prima di chiudere definitivamente gli occhi, mi assicurai che l’amnestesia fosse stata portata a termine in modo giusto, senza problemi, veleni o altre possibili sostanze dannose che in qualche modo avrebbero potuto danneggiare il mio stato di salute. Solo a quel punto, sicuro del fatto che non vi fossero trucchetti di alcun tipo sotto, potei respirare tranquillo e lasciare che il dottore facesse il proprio lavoro.

    Durante le operazioni, percependo il chakra curativo sul mio volto, mi abbandonai a quella piacevole sensazione di trasformazione, che di sicuro non potevo descrivere anche per via dell’anestesia. Dopo un po’ la mia illusione naturalmente sparì, anche per via del fatto che mai avrei potuto mantenerla integra e attiva per troppo tempo, sennò sarebbe venuto a mancare il mio chakra, ma il medico, probabilmente, sapeva comunque il fatto proprio e aveva una memoria visiva sufficiente per permettermi di continuare il mio percorso di cambiamento.

    Dopo diverse ore, finalmente, il suo lavoro giunse al termine e l’operazione venne completata. Quando mi alzai, capii di essere un uomo nuovo. Parliamoci chiaramente: non era la prima volta che mi sottoponevo a un’operazione di quel genere e, di sicuro, non sarebbe stata nemmeno l’ultima. Del resto, ero simile a un camaleone: abituato a cambiare spesso la mia pelle, in maniera tale da adattarmi al mondo intorno.
    Quando poi finì, mi alzai dal mio letto per guardarmi nello specchio:

    - Perfetto, - dissi. - Lei è davvero un Dio del cambiamento. Non me lo aspettavo…
    Ci sarebbe stato poco da aggiungere o da dire: aveva fatto il suo e non aveva nemmeno sbagliato nulla.

    - Non lo dica a nessuno, però, - continuai. - Perché ci reincontreremo ancora. -

    A quel punto, se nulla altro ci sarebbe stato da fare, sarei uscito da quella sala lasciando alle spalle il buon dottore. Devo ammetterlo: per più di qualche attimo avevo preso in considerazione l’idea di ucciderlo. Di cancellare tutte le tracce. Anche perché in quel momento c’erano poche persone al mondo che sapevano di me, ma c’era solo una che poteva ricollegare il mio nuovo aspetto al mio vecchio volto e quella persona, - l’unico anello debole in tutta la catena, - si trovava ora alle mie spalle. Tuttavia, perché uccidere qualcuno che sarebbe potuto essere così utile per me? Specialmente conoscendo dove viveva e dove si trovava?

    Seinji Akuma

    Statistiche Primarie
    • Forza: 500
    • Velocità: 500
    • Resistenza: 400
    • Riflessi: 550
    Statistiche Secondarie
    • Agilità: 500
    • Concentrazione: 600
    • Intuito: 500
    • Precisione: 500
    Chakra
    48.75/90
    Vitalità
    12/14
    Slot Azione

    1. ///

    2. ///

    3. ///

    Slot Difesa

    1. ///

    2. ///

    3. ///

    Slot Tecnica

    1. ///

    2. ///

    Note



  12. .

    Il Volto del Tennin


    Post 5 - In ricerca di alleati



    - Questo ragazzo ha del potenziale, - pensai divertito mentre un ghigno malefico si formava sotto la mia maschera. - Tanto potenziale. - Di certo aveva le palle. Abbastanza per iniziare a sfottere la vittima di quel piccolo scontro perché quella giaceva a terra priva di sensi. Il problema, in altre circostanze, non sarebbe stata la vittima, bensì gli altri samurai lì presenti, che avrebbero più che volentieri trasformato il giovane Uchiha nell’oggetto della loro gang bang.

    - Bisogna solo dargli la giusta spinta… - pensai nuovamente mentre le mie dita componevano un solo sigillo, - ben nascosto dal mantello, motivo per cui sarebbe stato impossibile far risalire a me quella tecnica, a meno che qualcuno lì dentro non avesse avuto la possibilità di guardare al di là degli oggetti fisici.

    Ci volle del tempo affinché la tecnica funzionasse, il che era normale, motivo per cui i samurai che avevano deciso d’intromettersi riuscirono comunque ad alzarsi e fare qualche passo in direzione del povero Uchiha. Il tutto con fare arrabbiato e sicuramente con più di qualche volontà offensiva. La buona notizia fu proprio che ci ero io lì dentro: senza di me sarebbe morto, probabilmente male, tagliato in piccoli pezzettini, perché se era vero che i samurai non potevano usare ninjutsu o genjutsu, era altrettanto vero che le loro tecniche di spada potevano fare un sacco di danni contro qualsiasi arte magica e contro le persone anche.

    Io ero stato fortunato da quel punto di vista: non avevo mai importunato i samurai, non ero mai venuto lì a scatenare guerre, ma di sicuro prima o poi sarebbe arrivato quel momento. Anche perché il Paese del Ferro si trovava in una posizione troppo strategica per poter essere lasciato “da solo” per troppo tempo. Prima o poi qualcuno ci avrebbe appoggiato e un occhio e non avevo molti dubbi che quel qualcuno sarebbe stato il guerriero di Oto, che in quel modo avrebbe avuto un importante sbocco sul mare e avrebbe messo le mani sulle risorse ferree della regione. Quella, però, era un’altra storia.

    Ciò che importa a noi è che dopo l’esecuzione della mia tecnica, i samurai iniziarono lentamente a crollare. Non tutti, ovviamente, anche perché la mia tecnica non poteva affatto raggiungere tutti i samurai. Fece comunque quanto avevo preventivato: mise fuori gioco il nostro piccolo Uchiha infuocato, che a quel punto non avrebbe aperto la bocca per un po’ e perciò non avrebbe causato altri problemi, e altri 8 samurai, che dopo un po’ caddero come dei sacchi di patate al terreno, privi di senso e di qualsiasi voglia di continuare il combattimento.

    Poco dopo, quando l’Uchiha cadde e lo fecero anche alcuni degli altri, io mi alzai e, senza togliere la maschera dal mio volto, mi rivolsi ai restanti:

    - Vi prego di perdonarlo. È ancora giovane e stupido. -

    Se c’era qualcosa che i samurai amavano molto, davvero molto di più rispetto ad altri guerrieri, era l’onore. In questo erano molto simili alla gente di Kiri, anch’essa totalmente focalizzata sull’onore: gesti, sguardi, non si può fare così, si deve fare colà.

    Dette quelle parole, avrei rapidamente fatto un balzo verso il tizio addormentato, l’avrei afferrato per il colletto come un sacco di patate e l’avrei messo sulla mia schiena. Poi, senza attendere oltre affinché i tizi lì dentro non potessero fare qualcosa, semplicemente andai via dalla locanda.
    Non preoccupatevi. Sarà adeguatamente punito per il suo comportamento.



    [Due ore dopo, nel Paese delle Risaie]



    Nonostante fosse un ragazzo abbastanza snello, non ebbi problemi a trasportarlo su di me come un inutile corpo vuoto. E, considerando che eravamo al limitare tra il Paese del Fuoco e quello del Ferro, non mi ci sarebbe voluto molto per giungere nella terra dominata dal Kage di Konoha.
    Sarebbe stato lì che avrei messo in atto il mio piano.

    Per prima cosa, avrei posizionato il corpo addormentato vicino a un albero. Poi avrei posizionato la mano dietro alla sua nuca, laddove i capelli erano maggiormente folti e, dunque, il sigillo che gli avrei messo in testa da lì a poco non sarebbe stato facilmente visto.
    Solo a quel punto il mio chakra avrebbe iniziato rapidamente a fluire, posizionando sulla sua testa ben 4 simboli.

    [Tecnica Simbolo del Pensiero - Fuuinjutsu abbondanti] - [Condizioni Simboli]


    [Tre ore dopo, “Bara no minashigo-in” - l’”Orfanotrofio della Rosa”]

    Prima ancora che il nostro Uchiha si potesse svegliare, avrei attuato il mio piano recandomi in un piccolo orfanotrofio nel Paese del Fuoco. Era sconosciuto dai più e quindi non era molto importante, ma mi avrebbe comunque permesso di disperdere un po’ ovunque i semi del male. Difatti, quando il nostro eroe avrebbe aperto gli occhi dopo 3 ore di sonno, avrebbe visto l’orfanotrofio dinnanzi a sé. Era pieno di vita. Pieno di bambini. Nulla era ancora accaduto. E tutto sembrava procedere per il verso giusto.

    Il grande edificio era circondato da reti in acciaio e vicino a lui non ci sarebbe stato nessuno (tant’è che io sarei rimasto nascosto tra le foglie di quel posto, a una trentina di metri). Sembrava, dunque, solo.

    Probabilmente, il nostro eroe avrebbe pensato che qualcuno lo aveva portato lì, in quanto egli stesso sembrava un orfano, ma ciò non era importante. Quello che era importante, era la comparsa di 3 ninja di Oto, probabilmente genin, ragazzi dell’età stessa del nostro Uchiha. Avevano alcune armi. Il coprifronte di Oto. E ora si trovavano in una terra diversa dalla loro. Una terra diversa da quella della loro origine.

    [NOTA]

    I 3 figuri, probabilmente, non si accorsero di lui o, almeno, era ciò che il ragazzo avrebbe potuto pensare. Subito dopo, infatti, le 3 figure di Oto avrebbero iniziato ad attaccare l’orfanotrofio: erano più veloci dei bambini, più forti e più letali. Uno ad uno i bambini sarebbero iniziati a cadere e la palla sarebbe dunque toccata al ninja appena svegliatosi.

    Egli avrebbe visto la mancanza del proprio coprifronte. Non c’era segno identificativi su di lui e uno strano pensiero si sarebbe fatto nella sua mente.

    Uccidere. Anch’egli. Coloro che vivevano in quell’orfanotrofio. Farsi strada sul sangue. Spargendo l’Odio. E la rabbia. Oppure… Difendere coloro che vi vivevano, contrastando i ninja di Oto. E uccidere loro.

    Quale sarebbe stata la scelta fatta dal ninja di Konoha?


  13. .

    Il Volto del Tennin


    Post 10



    Non era finita e di sicuro non sarebbe finita lì. Il piccolo Kuroshi lo avrebbe intuito, come se fosse una qualche specie di profonda intuizione ad attraversargli l'animo. Non era finita lì: avrebbe rivisto quei 4 e chissà che un giorno non si sarebbe pentito di averli lasciati vivere e respirare. D'altronde, immense e intricate erano le Strade del Destino e il giovane otese stava semplicemente iniziando a camminare su una di queste. Il suo sguardo freddo, quasi glaciale, non avrebbe comunque scalfito gli altri uomini: erano già stati distrutti quel giorno e uno sguardo in più non avrebbe fatto né più né meno male. Lo stesso si poteva anche dire delle sue parole, che in poco tempo si sarebbero perse nel vuoto.

    - Ci rivedrai piccolo negro. Ci rivedrai presto. - Non sarebbe stato degno ne utile continuare a parlare e dire qualcos'altro, poiché le figure maschile dinnanzi al giovane sarebbero semplicemente sparite lasciandosi andare allo stesso vuoto da cui erano venuti. Di sicuro nessuno, a parte egli stesso, non avrebbe apprezzato quel senso di equa giustizia che egli cercava di portare nel mondo, non sempre riuscendo. E, per giunta, era anche chiaro che si era fatto un po' troppi nemici in quella zona. Quelli che un giorno avrebbero potuto importunarlo, testarlo e trovare le sue debolezze.

    Non risposero nemmeno alla frase secondo cui presto sarebbe venuto qualcuno a curarli. Tutt'altro: semplicemente sparirono, lasciando l'otese in compagnia dell'altro ragazzo. Così, loro due andarono nell'Ospedale, in cui regnava tutto fuorché pace e tranquillità. La sporcizia era tanta; vigeva un buco per terra e la polvere sembrava svolazzare indisturbata nell'aria. - Sì, lo è, - rispose il bambino, prima di alzare un sopracciglio. Sapeva già che non vi erano opportunità lì. Non in quel posto. Era il Paese delle Risaie: un Paese di media ricchezza composto da rifugiati e profughi scappati da tutto il mondo. E a capo di tutta quella marmaglia c'era un Kage guerrafondaio che desiderava solo sottomettere il mondo al proprio volere.

    - Un giorno spero di diventare come voi! - Disse il bambino lanciando un'occhiata di ammirazione allo studente di Oto. Comunque fosse, non viveva nel villaggio di Oto, bensì al di fuori dallo stesso e quando si sentì dare il benvenuto, - dopo ben 2 anni dal suo arrivo, come aveva già detto, - pensò per un attimo che lo studente dinnanzi a lui abbia subito qualche botta al cervello.

    Comunque fosse, in breve tempo il bambino scomparve e, forse, anche in quel caso il nostro piccolo eroe avrebbe avuto la stessa medesima sensazione di prima. Avrebbe come sentito la presenza di un sentimento. "Lo rivederai," - diceva. - "Lo rivedrai prima o poi". Del resto era logico: il Paese delle Risaie era tutto fuorché grande e, a essere sinceri, tutti vi si reincontravano con tutti gli altri prima o poi.

    Quando decise di lasciarsi prestare alle cure della dottoressa, sentì un sollievo. Le energie iniziavano a venire ripristinate, se non così velocemente come avrebbe voluto. Le ferite venivano trattate. Non c'era nulla di grave sul suo corpo. Nessuna ferita mortale. Solo qualche livido e molte botte alla testa.

    - C'era stato uno scontro qui... - Rispose una figura in camice bianco alla domanda di Kuroshi. - Dei mascalzoni sono venuti a rubare una pianta qui! Una pianta rara! E lui... - indicò Seinji Akuma, - li ha contrastati. Comunque sia, quando disse che non c'era bisogno di preoccuparsi per lui, la figura nel camice bianco scosse il capo. - Stai fermo, - disse prendendo dell'acqua ossigenata per trattargli le ferite. - Il pericolo è scampato. Purtroppo hanno rubato la pianta. - Avrebbe detto l'infermiera rispondendo alla sua domanda. Inseguire il tizio che aveva rubato la pianta sarebbe stato impossibile; almeno non in quello stato e, soprattutto, non da solo. Tanto era meglio restare e farsi curare. Oppure aiutare.

    Comunque sia, dopo qualche cura qui e lì, l'infermiera lo avrebbe guardato: - Vedi quei pazienti? - Avrebbe domandato lanciando un'occhiata a sinistra, verso la parte più lontana della sala, con un paio di stanze con dentro delle persone in necessità di cure mediche. Lì avrebbe trovata una signora anziana con un taglio al quadricipite destro. Era un taglio verticale e necessitava di cure. Tra l'altro, si era fatto male e ora dallo stesso taglio era iniziato a colare del sangue.



    [...]





    Alla fine mi aveva ascoltato.

    Non come glielo avevo chiesto, ma pur sempre meglio di niente. Mi disse che non erano un centro estetico, - e fin qui ci ero arrivato da solo, - ma che, alla fine della fiera, avrebbero comunque provato ad aiutarmi. Era quello il modo in cui funzionavano le cose in quel mondo: favore per favore. Aiuto per aiuto. - Glielo spiegherò quando mi farà vedere il dottore, - dissi avviandomi per i lunghi corridoi dell'Ospedale. Lasciando alle mie spalle il caos e il casino del primo piano. Quello scontro che avevo vinto, ma che non ero riuscito a portare sino in fondo. La nostra camminata non sarebbe stata né troppo lunga, né troppo corta. Media, se così si poteva dire. E finalmente arrivammo verso quella che potei riconoscere come una sala per le operazioni chirurgiche. O per qualcosa di simile, a considerare i lettini. Mi disse dunque di mettermi sul lettino e di aspettare l'arrivo dell'altro medico.

    Non appena fosse arrivato, mi sarei alzato, maschera e mantello ancora su di me.

    - Buongiorno, - lo avrei salutato mentre i miei occhi si sarebbero illuminati di rosso-fuoco. In quel modo, pochi istanti dopo, si sarebbe creata un'altra illusione dinnanzi a me, o, meglio ancora, dinnanzi a lui:



    Quello era l'aspetto che volevo assumere da lì a poco, senza che qualcun altro fosse in grado di riconoscermi. Se avesse avuto dubbi, problemi, domande o quant'altro, avrebbe potuto rivolgere quanto desiderato a me.

    - Tutto chiaro? - Avrei chiesto indicando l'illusione. Non avrei potuto mantenerla per tutta la durata dell'operazione, ma solo per quanto fosse stato possibile, in maniera tale che il dottore potesse prendere i dovuti appunti, disegni e iniziare il lavoro.

    Seinji Akuma

    Statistiche Primarie
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    • Velocità: 500
    • Resistenza: 400
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    Statistiche Secondarie
    • Agilità: 500
    • Concentrazione: 600
    • Intuito: 500
    • Precisione: 500
    Chakra
    48.75/90
    Vitalità
    12/14
    Slot Azione

    1. ///

    2. ///

    3. ///

    Slot Difesa

    1. ///

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    3. ///

    Slot Tecnica

    1. ///

    2. ///

    Note



  14. .

    La caccia allo scimpanzé


    Post 1 - L'Incontro



    Ne era pieno di cose fantastiche il Paese del Fuoco e non solo per tutto ciò che riguardava i ninja, le innate, le tecniche di vario genere e molto altro ancora, bensì anche per l’inventiva dei cittadini che abitavano quelle terre. Da questo punto di vista bisogna essere sinceri: in pochi altri Paesi sarebbe stato possibile trovare persone con una tale fantasia, complice anche il fatto che il Paese del Fuoco fosse estremamente grande e anche ben popolato. Se ne potevano trovare persone di tutte le età, etnie, modi di fare, oltre ai vari immigrati dai Paesi vicini che scappavano da problemi di vario genere. Ad aggiungere un pizzico di sicurezza al tutto c’era anche Raizen, l’Hokage, che manteneva il controllo sulla situazione militare nella regione e qualche volta faceva cose strane.

    Considerando che si trattava di uno dei Paesi più tranquilli e maggiormente ordinati sul Continente, era difficile capire il motivo per cui quel giorno la piazza centrale di Konoha fosse letteralmente ripiena di manifesti con la scritta “Aiutatemi a trovare il mio scimpanzé”. Chiunque lo avesse letto, avrebbe capito subito che quello poteva essere un scimpanzé importante, considerando il modo in cui lo cercavano. Allo stesso modo, era chiaro che non vi fossero molti volenterosi desiderosi di prendere quella missione in carico proprio e di lanciarsi alla ricerca della scimmia. I genin erano troppo importanti per fare cose del genere. I chunin di sicuro avevano altre cose da fare. Restavano gli studenti e non tutti sarebbero stati in grado di portare a termine quella missione. Per riassumere quella stramba situazione: solo un paio di sfigati sarebbero andati a cercare uno scimpanzé per una donnina. O coloro che avevano bisogno di mettere in pratica le proprie arti ninja per renderle migliori.

    Era insomma chiaro che i proprietari di quel scimpanzé cercassero qualcuno desideroso di lanciarvi in un’avventura. Un ninja, a quanto pareva, ma non ancora un genin. E soprattutto qualcuno che avesse avuto abbastanza tempo per cercare quel piccolo maledetto mammifero tra i rami e le foglie della foresta. La ricompensa? Una manciata di ryo e la gratitudine dei proprietari dello scimpanzé. Mica male per qualcuno che iniziava la sua carriera nel mondo dei ninja!

    Il primo indicato era un giovane Uchiha. Un prospetto niente male, con la faccia abbastanza scema da accettare quel genere d’incarichi. A comunicarglielo sarebbe stato un tizio con la faccia altrettanto scema e rotonda, dicendo che c’era bisogno di qualcuno in grado di dare caccia allo scimpanzé e riportarlo dalla legittima proprietaria.

    Comunque fosse, se il nostro giovane Uchiha avesse accettato l’incarico e avesse dato la caccia al primate, si sarebbe prima incontrato con la mandante di quella sua prima missione. Una donna un po’ strana. Sicuramente grande. Con lo sguardo di chi sapeva bene ciò che voleva.

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    - Ah, tu? - L’avrebbe guardato dall’alto verso il basso. - Vuoi davvero andare a recuperare la mia scimmia? Va bene. Va bene. Sappi però che è un po’ violenta… comunque. E pasticciosa. Ma se riesci a portarmela, sicuramente saprò in che modo ricompensarti! -

    A quel punto la donnina avrebbe messo dinnanzi al piccoletto Uchiha una mappa con un cerchietto rosso. - Questa zona della foresta è l’unica in cui crescono le banane verdi, quelle che piacciono ad Ayako. Sì, l’area è un po’ grossolana, ma sono sicura che con un po’ di buona volontà, la trovi. -

    La mappa sarebbe stata dunque data all’Uchiha, che avrebbe anche avuto delle indicazioni sulla strada da seguire. Niente che fosse troppo complesso, comunque: quella zona “delle banane verdi” si trovava a qualche ora di cammino dal villaggio, un po’ immersa nella foresta, più verso la zona Sud, nei pressi del mare.

    - Ah! - Avrebbe poi esclamato la donnina. - E non dimenticarti del tuo compagno! Si tratta di un tizio del Suono, che ti aiuterà a ritrovare Ayako! -

    A quel punto era tutto chiaro, no?

    [...]



    D’altro canto, il nostro eroe otese avrebbe avuto il suo altro bel da fare, in quanto a Oto le cose si facevano in maniera differente. Vi risparmio tutta la tiritera su chi era il Kage lì, tanto lo scoprirete quando inizierà la 5° guerra mondiale. Comunque fosse, l’otese sarebbe stato richiamato da un genin di Oto:

    - Hey… tu… Com’è che ti chiami?.. Ah, non importa… Comunque… Senti qua… A Konoha hanno bisogno del nostro aiuto e io non voglio andarci. Siamo alleati, ti ricordi? - Gli avrebbe chiesto per poi porgergli una pergamena. - E poi non è roba da genin… quella… E io sono un genin del Suono… - Gli avrebbe detto allargando le labbra per sbadigliare. Poco dopo, senza dare allo studente otese altri dettagli, il tizio sarebbe si sarebbe girato sui propri tacchi e avrebbe alzato una mano, come in segno di salute. - Vabbè… Divertiti pivello! - Con quelle parole se ne sarebbe andato a casa sua lasciando allo studentello il lavoro più sporco.

    A quel punto il nostro eroe sarebbe rimasto da solo: lo aspettava un bel viaggio e, che gli piacesse oppure no, se voleva davvero scalare le gerarchie di Oto non poteva fare a meno d’iniziare dal basso e successivamente fare tutto il possibile (e non) per riuscire ad arrivare più in alto e magari provare anche a cambiare la strada che aveva intrapreso il villaggio dopo che Diogene era diventato Kokage.

    Nella stessa pergamena l’otese avrebbe trovato una mappa e, seguendola, sarebbe arrivato nello stesso bosco, nello stesso punto del ninja della Foglia, sebbene, magari con un po’ di ritardo.

    Lì i due ninja avrebbe potuto fare conoscenza e iniziare le proprie ricerche. Il bosco era ampio, ma non era gigante. Trovare la scimmia sarebbe potuto essere difficile, ma non impossibile.
    Da dove iniziare, dunque? Cosa fare?

  15. .

    Il Volto del Tennin


    Post 9



    - La pagherai, - disse uno dei nemici riuscendo a malapena alzarsi da terra per osservare la faccia di quel ragazza che lo aveva appena picchiato. Al di fuori da ogni dubbio, l'otese avrebbe visto qualche scintilla in quegli occhi e avrebbe capito: non sarebbe finita lì e chissà se un giorno, in un futuro non troppo remoto, lo studente di Oto non si sarebbe pentito di quella sua decisione. Chissà se non avrebbe pensato che sarebbe stato meglio uccidere tutti e 4 lì, al loro posto, invece di lasciare affinché respirassero.

    Quella, però, era un'altra storia e per quel giorno all'erore del Paese delle Risaie non sarebbe rimasto molto altro da fare che vedere le 4 figure andarsene, - chi sui propri piedi e chi no, - da quella terra di scontro. A quel punto, l'otese rimase da solo o, meglio, quasi da solo: ciò che poté fare fu semplicemente ammirare le figure in lontananza e vedere il bambino di colore lasciato lì per lì vicino a lui.

    - Da queste parti? - Esclamò, leggermente invergognato, l'altro bambino di colore. Doveva dire di essere leggermente sorpreso a sentire quella specie di domanda. Tra l'altro molto naturale. - Beh... i miei genitori... si sono trasferiti... qui... Due anni fa... Io vivo... Qui. - Disse prima di diventare leggermente rosso in volto e girarsi di schiena verso lo shinobi del suono. - Grazie... - Avrebbe dunque detto, sempre leggermente intimorito da tutto quello che era appena accaduto. - Grazie... Per quello che hai fatto! -

    Le parole del bambino di colore sarebbero anche state le ultime e dopo averle detto, la minuscola figura si sarebbe velocemente girata sui propri tacchi per allontanarsi da quel posto. Il ragazzo otese avrebbe potuto provare a fermarlo in qualche modo, ma non era affatto detto che ci sarebbe riuscito e, forse, non era nemmeno necessario farlo. D'altro canto, il ragazzo avrebbe visto una figura nel camice bianco uscire dall'ospedale e dirigersi verso il bambino di Oto:

    - Per tutti i Kami... Che giornata è oggi? Ma che ti sei fatto? Ti sei fatto male? - Avrebbe chiesto. - Vieni nell'Ospedale... Ti diamo una sistemata! - Non che l'otese avesse chissà quante altre opzioni, considerando lo stato in cui si trovava: poche energie, poche chakra, ferite e lividi ovunque. A dire il vero, era stato decisamente fortunato di avere una possibilità di quel genere vicino e rifiutarla sarebbe stato stupido.

    Dunque, se avesse accettato l'opportunità offerta di buon cuore dalla donna e sarebbe venuto nell'Ospedale, vi avrebbe visto ciò che avevo visto anche io: l'Ospedale era semplicemente disastro. A terra era priva di vita, totalmente svenuta e forse anche morta (ma qui ci torniamo fra poco), la figura che aveva tentato di ùrubare la pianta dall'Ospedale e mi aveva dato l'opportunità di crescita. Al contempo, io, a illusione svanita, nel mio mantello e con la maschera indossata, avrei guardato il povero ragazzo ferito.

    - Tsk... -



    - Anche tu vuoi rubare qualcosa? - Gli avrei chiesto distogliendo lo sguardo dalla mia avversaria precedente, scagliata contro la parete. Nello stesso istante avrei estratto la mia balestra e con la una [semplice tecnica - Slot Tecnica 1] avrei creato 4 dardi nella mia mano destra. Nello stesso istante avrei [ricaricato la balestra - Slot Gratuito Lento - Azione Rapida] e, dopo aver preso la mira, avrei [scagliato - Slot Azione 1] tutti i dardi contro il corpo inerme di colei che aveva osato mettersi sulla mia strada.

    I dardi dunque avrebbero percorso una traiettoria rettilinea, per impattare con violenza contro il cuore, il fegato, la testa e la gola della malcapitata, uccidendola di netto (se non era stato ancora uccisa). Poi avrei guardato l'uomo con la pianta, che mentre mi davo da fare con la ragazzina l'aveva recuperata e ora guardava me.

    - Lo spero che non finisca qui, - dissi vedendolo scomparire. Alla fine dei conti aveva portato con sé ciò che per cui erano venuti, forse, e non potevo lasciare che accadesse in una maniera così semplice. D'altro canto... erano davvero fatti miei, quelli?

    - Lo troverò, - dissi rivolgendomi al personale dell'Ospedale. - Prima... però... Vorrei che mi facciate un favore... - Con quelle parole mi sarei allontanato, lasciando il ragazzo otese in preda alle cure mediche. Senza togliere la mia maschera, avrei spiegato all'infermiera ciò che desideravo, senza ovviamente farmi sentire da nessuno:

    - Io ho aiutato voi. Voi dovete aiutare me. Sicuramente avete qualcuno capace di farmi un'operazione di chirurgia estetica qui... No? -

    [NOTA]

    [...]



    Nel mentre io fossi andato a cercare il mio chirurgo per sottopormi a un'operazione e avere un volto che non mi rendesse pericoloso a prima vista, il tizio otese avrebbe avuto il suo da fare: tra tonici (massimo 2) che gli avrebbero dato, garze, bende e creme, avrebbe avuto il suo tempo non solo per riprendersi, almeno parzialmente, da ciò che aveva avuto, ma per domandare, scoprire, chiedere e magari anche imparare qualcosa di nuovo, sempre se lo avesse voluto.


    Seinji Akuma

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    • Riflessi: 550
    Statistiche Secondarie
    • Agilità: 500
    • Concentrazione: 600
    • Intuito: 500
    • Precisione: 500
    Chakra
    48.75/90
    Vitalità
    12/14
    Slot Azione

    1. ///

    2. ///

    3. ///

    Slot Difesa

    1. ///

    2. ///

    3. ///

    Slot Tecnica

    1. ///

    2. ///

    Note



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