Posts written by Shinskrokken

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    Ritorno x E x Arena


    Ninja. Faceva difficoltà dopo tutto questo tempo trascorso lontano a definirsi ancora come tale. Era anche questo uno dei motivi per cui non indossava il coprifronte, ove non fosse costretto a farlo. Eppure c'era un motivo se il suo cammino si era ricondotto con la sua terra natia, dopo tutti quegli anni. Estraneo a casa sua, così vedeva la situazione attuale e la cosa turbava la sua solita calma. Vi era un tempo in cui trovava nel combattimento la ragione principale di vita, sconfiggere un nemico più forte di lui, poi uno ancora più forte, finché non trovava qualcuno in grado di fermare la sua ascesa, per ricominciare più forte di prima. Ricordava le gioie che assaporava e per questo motivo quella mattina si trovava li, su quegli spalti. Nel momento in cui aveva preso posto e le danze stavano per aprirsi, percepiva quel lato di se che desiderava essere tra la fossa dei leoni e non tra gli spalti. Con la mano destra si afferrò il petto all'altezza del cuore, come a volerlo sentire ancora più forte battere per quell'emozione che si ha quando si lotta, quando si assiste ad un duello ed egli voleva coglierne ogni aspetto.

    Byakugan



    Spontaneamente, come aveva ormai preso abitudine a fare, portò le mani di fronte al petto, le congiunse a mo di preghiera, in un gesto che lo faceva concentrare al massimo delle proprie capacità, in modo da percepire quanto più possibile. Aveva inoltre la tranquillità di non essere bersagliato da chiunque vedesse i suoi occhi, coperti, per uniformarsi a quella che era forse un'usanza che egli ignorava, da una maschera pittoresca.

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    Nel momento della scelta della maschera non aveva fatto molta attenzione, altrimenti avrebbe notato che poco si addiceva ad un uomo con addosso solo un paio di pantaloni, logori e strappati, senza neanche un paio di scarpe. Ma non gli importava, quel giorno men che mai, perché la sua attenzione era rivolta all'arena, a chi vi lottava e a chi, come lui, assisteva all'incontro.

    Utilizzando la sua Vista telescopica guardava gli spalti, guardava l'arena, guardava i volti dietro le maschere. Vi erano un'infinità di persone, di chakra diversi, alcuni deboli, altri molto forti. Davvero forti. Ben più dei quattro che stavano per intrattenere il pubblico. Non conosceva nessuno, ma non avrebbe dimenticato nessuno dei presenti. I cancelli si aprirono, le urla sancirono l'inizio, tutto sotto lo sguardo totale dello Hyuga. Le sue labbra, al procedere delle azioni, mimavano quelle degli avversari, come se fosse lui a combattere.

    Sono qui.

    Lento.

    Richiamo.

    Kawarimi.



    Il tutto procedeva, il flusso dello scontro era naturale, Shin vi si riconosceva, gli spettatori erano tutti interessati, lo poteva scorgere nei loro volti, nascosti, ma non a lui. O forse no, non per tutti. Quattro luci si spensero, in successione, in modo innaturale. Non vi avrebbe quasi fatto caso se non avesse notato che uno di quei shinobi che riconosceva più forti di lui avesse fatto uso del chakra, in maniera lieve ma forte come un bagliore per quegli occhi bianchi. Tuttavia non si scompose, rimase con le mani congiunte, pensando a cosa fare. Era improbabile altri Hyuga fossero li in quel momento, magari qualche ninja sensoriale avrebbe notato la cosa, magari no. Per il momento la cosa più saggia da fare era una soltanto, osservare e cercare alleati. Si dimenticò dello scontro, quel ninja li era molto più capace di quei quattro. Magari un giorno sarebbero cambiate le cose, ma se non dovesse essere fermato, probabilmente quel giorno non sarebbe mai arrivato. Doveva intervenire, ma non ancora. Dunque, osservò.
    La sua posizione era di circa 20 metri dal gruppo di shinobi che conversava allegramente, in cui era presente quello che tra tutti i ninja forti presenti in arena, Shin percepì come un Mostro, solo analizzando il suo chakra e a 20 metri dal bersaglio. Stava proprio in mezzo, in tutti i sensi.





    Attivato Byakugan livello 2.
    OT: Fai attenzione ad ammazzare gente a random, c'è gente che ha occhi che vedono. :onan:
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    Ok.
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    Shoichi Kiriyama e Yoko Takara


    Più che dispiacergli lo tranquillizzava la cosa. La solitudine in un'abitazione solitamente affollata, una moltitudine di guardie, servi, gente. Non riusciva a capire come questa sceneggiata potesse andare ancora avanti, eppure, la gente continuava a proteggere quella figura quasi anacronistica. Shoichi Kiriyama era un uomo abbastanza ordinario, per un villaggio ninja, sia chiaro. Educato nelle arti militari, si stupiva di come il padre potesse essere tenuto ancora in considerazione dalla loro gente, come vi fossero così tante guardie disposte a perdere la vita in cambio della sua, quando così poco egli aveva da offrire alla causa. La stima che un tempo provava nei confronti del padre andò via via svanendo, diradata dalla presenza ingombrante della moglie, l'ennesima, che offuscava qualunque cosa toccasse.
    La odiava, come non aveva mai odiato nulla prima d'ora, bastava starle accanto che la sua fronte diventasse contratta, i denti digrignati, il respiro pesante. Si era preparato per tutta l'infanzia per essere un capo migliore del padre, governare con un man ferma ma bontà, ma l'immagine di se stesso seduto nella vetta, con le folle ad acclamare le sue azioni, ormai non erano più l'immagine che sognava quotidianamente ad occhi aperti.
    Era da poco passato mezzogiorno e nella solitudine del Palazzo Fuyamizu si rese conto che non c'era davvero nessuna delle guardie armate a proteggere il confine. Un'altra piccola crepa in quel muro di sicurezza che ogni giorno vacillava sempre più. Sarebbe dovuto essere l'erede del Daimyo, eppure dove si trovavano le sue guardie? Suo padre era in compagnia dei ninja più forti del villaggio, o almeno di quelli attualmente presenti, dunque non sarebbe stato necessario sguarnire totalmente il palazzo. No, non gli importava di cosa sarebbe successo a lui, quella era l'unica spiegazione logica. Era lei, lei sapeva che in quanto figlio del Daimyo avrebbe dovuto eliminarlo. Quale miglior occasione che non l'uscita ufficiale del Daimyo per far fuori gioco tutte le guardie ed inviare assassini a colpire? Una volta eliminato, non ci sarebbe stato più nessuno a vigilare su Tarou Kirayama. Seppur non vi era più la stima dei giorni passati, era pur sempre suo padre. O quello, o il timore di non essere pronto a ricoprire quella carica. La paura di aver creato aspettative su sé stesso non in grado di rispettare, preferendo dunque evitare di entrare in contatto con la dura realtà.

    Verranno ad uccidermi. Mi uccideranno. È lei. È lei!

    E fu quello l'inizio dell'inferno. Rumori assordanti raggiunsero il palazzo, esplosioni che accompagnavano suoni distinti, urla, corse furibonde. Guerra.

    Verrai con me, oh se verrai con me.

    Spinto dall'idea di vendicarsi, quasi come a voler morire solo dopo aver avuto una sua vendetta, tiro fuori dalla sua manica un rotolo di medie dimensioni. Era stato così furbo da sapere di non poter mostrare in giro quello che aveva fatto e quella conscia seppur folle ira lo aveva motivato ad apprendere persino come evocare oggetti dai rotoli, come i ninja di cui egli sarebbe dovuto essere il padrone. Ma dal rotolo non apparve un'arma, bensì Yoko Takara, la tanto odiata matrigna. Sembrava serena, con in volto un sorriso pacifico, che andava a cozzare con il copricapo cornuto che aveva in testa, altrettanto contrastante con il leggiadro kimono azzurro con petali rosa di pesco.

    Muori Demone! Muori! Muori!

    Una. Due. Tre volte. La lama corta si andava a scavare un passaggio tra le vesti, tra la carne, ma qualcosa mancava. Ad ogni gesto non era corrisposta una fuoriuscita di sangue, come se quella follia omicida non fosse ricambiata dalla voglia di morire. Il segreto era un altro,
    Un'analisi approfondita avrebbe rivelato che quello non era un corpo umano, bensì un semplice fantoccio. Una macabra rappresentazione di quella che identificava come l'origine dei suoi problemi.
    Stava arrivando la morte, ma stava arrivando per lui. Sentiva l'odore di sangue nell'aria, di quello almeno ne era certo. Ignorava cosa fosse successo nel mondo fuori dalle mura del palazzo, ma odorava il sangue che centinaia di Canthani avevano disperso nell'aria, esplodendo in un folle attacco tanto crudele quanto efficace. Shoichi era affascinato dall'arte militare, dalle conseguenze che spesso questa portava, dedicando anni al suo studio, inclusi studi anatomici, non destinati alla guarigione e alla cura di un male, ma solamente per comprendere meglio il meccanismo di quella macchina assassina che è il corpo umano. Aveva imparato a dissezionare un corpo per analizzarlo, studiarne ogni dettaglio, ogni aspetto. La sua conoscenza delle arti ninja non era a livello sufficiente a carpirne i segreti e i poteri racchiusi, bensì era in grado di creare un fantoccio sufficientemente credibile di una persona comune. Le persone braccate danno sfoggio del peggio dell'animo umano, e la situazione in cui Shoichi viveva era quella di una costante prigionia, dove il nemico aveva conquistato le grazie di ogni suo precedente alleato, rinchiudendolo in una vita di inutilità e miseria. Nello sfarzo, ma una prigione, privato della sua precedente e nota ambizione.

    E ora stava li, a cavalcioni sopra un corpo che di vita non ne ha mai avuta una, quando senti dei passi avvicinarsi. Era arrivata la morte e non avrebbe accettato un no come risposta al suo invito. Shoichi corse via, rantolando, annaspando, piangendo. Conosceva il passaggio più veloce per salire nel ripiano nascosto nella stanza, pregando che lei non avesse sventolato i segreti di quell'abitazione, segreti che avrebbero, sperava, potuto salvarlo. E così stava li, sopra quel fantoccio, tre metri più in alto e un metro più a destra, spiando attraverso le fessure del legno e pregando, senza sapere bene per cosa pregare. In tutti i suoi studi militari, non aveva imparato cosa poteva davvero fare un ninja, tanto da sentirsi quasi protetto da quel centimetro di legno e quel suo bel nascondiglio. Tale padre tale figlio.
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    Oh pijatela pijatela pijatela. Ma che fate, quella e'!



    Grado: A
    Tipo: Indagine/Recupero
    Trama: Trama passata per vie private, legata alle vicende di kiri. Bisogna trovare la moglie del fu Daimyo.

    Specifiche: Tutte le abilita' che sono state approvate/sono in apprendimento sono libere. Riequilibrero' la situazione delle energie per avere una quest divertente per tutti. Cya nerds


    La quest è fatta per i personaggi di Hidan, Max e Tezzu. Se ci fosse un altro ninja di Kiri di livello idoneo, potrebbe impietosirmi ed entrare. Il ritmo di post è 1 ogni due settimane, sarò severo ma giusto.
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    Cioè ma che figata è la NLapp che ti fa i post izi pizi. Raga da sballo, vi siete evoluti più di quanto mi aspettassi!
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    Purtroppo non ho tempo sufficiente da garantire neanche un post a settimana, il che sarebbe controproducente, soprattutto visto che potrei cambiare fuso orario di nuovo tra qualche mese. Ma voi avete fatto un ottimo lavoro, spulciando il regolamento e tutto ho trovato le cose piu' semplici ma piu' efficaci! GG WP
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    Che bello vedere il forum e il gdr ancora vivo e vegeto.
    Tutte le soddisfazioni che la vita puo' dare, finisce che i felici ricordi di questo luogo ogni tanto mi fanno tornare qui, con la lacrimuccia.
    Buon anno e buon divertimento ragazzi, spesso la vostra compagnia mi manca assai.

    Scrocco
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    necroposter.
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    AHAHAAHHAHAHAHAHAHAHHAHHAHAHAHAHA.
    Ti ho sempre parlato da amico, ma stavolta hai detto na cazzata. Torna a leccare il culo a kalastor, mettersi il suo pg in avatar ormai ha finito il suo effetto.
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    Ratty, ingrandiscimi l'avatar leddhico :zxc:
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    Elimina gli stemmi personali, che dovresti proporre in sala stemmi, inoltre mancano i vari valori di potenza e rottura delle location.
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    Magari si potesse suonare via wireless, mi toccano solo le prime due.
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    Ossequi.
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    Beh io non penso sia Shay, perché sarebbe triste se lo dicesse qualcun altro :onan:
    Però sarebbe altrettanto ridicolo se un utente che critica aspramente l'amministrazione e se ne va di punto in bianco perché contro ad essa torni così, Op-op-Op Oppa Gangnam Style!
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    Una triste giornata


    Clang. Don-Don. Campane. Quella mattina era il suono che rimbombava nella testa di Ari. La sua mente vagava tra lontani ricordi, di un bambino che si allenava di continuo, che leggeva, che studiava, che riprendeva ad allenarsi, utilizzando il suono delle campane come riferimento. Non era triste, anzi, era molto fiero di quello che faceva, mentre i suoi coetanei bambini andavano scorrazzando per il villaggio. Bastava ritornare la sera da sua madre e suo padre per essere felice, subire gli scherzi di suo fratello, ma tutto sommato non aveva mai avuto un vero amico. La sua mente vagava in un turbinio di immagini, fino a quell'esplosione e quella nebbia, che passava di violacea a chiarissima. Nebbia di un fumogeno o nebbia di vapori termali. Combattimenti, uomini nudi, chiasso. Ad un tratto Abbassò lo sguardo verso i suoi piedi, notando che era vestito totalmente di nero. Nero, il colore del lutto. Non che cambiasse molto dal blu scuro che indossava di solito, era solo il fatto che tutti intorno a lui erano vestiti di nero a metterlo a disagio. Inoltre c'era uno strano odore, un profumo, una fragranza che non riusciva a distinguere ma che sentiva forte accanto a se. Le campane continuavano a suonare, ma non nella sua sola testa, come un suo proprio ricordo, ma a tenere vivo quello di Fundo di ricordo.

    Quella mattina c'era il suo funerale, una cerimonia non troppo solenne. Pochi shinobi erano presenti, tre dei quali nella stessa fila. Ari Uchiha, Abbari Duval, Enshin. Ancora non stentava a crederci che quel giorno si era completamente dimenticato di cosa stava cercando di fare, lasciandosi totalmente trasportare dalla goduria ed eccitazione che provava quando affrontava qualcuno. Persino essere completamente nudi diventava superfluo. Se da un lato le persone al funerale non erano molte, il cielo dimostro la sua presenza facendo nascere una lieve pioggia che andò a riversarsi sui presenti, con grazia. Non servì nemmeno aprire gli ombrelli, non finché la cerimonia era in corso, almeno. Delicatamente ogni goccia si posava sopra i capelli di Ari, appesantendolo di un peso impercettibile alla volta, ma lui percepiva quelle gocce come dei macigni. Quante persone sarebbero morte sotto il suo sguardo? Era ciò che aveva sentito suo fratello? Lui si era isolato, addestrandosi da solo, per essere pronto al momento in cui avesse dovuto dire addio ad un compagno caduto, eppure persino la morte di uno sconosciuto lo turbava. Ascoltò la cerimonia, dunque, senza rivolgere alcuna parola ne ad Abbari ne a Enshin, lasciandosi trasportare dal discorso di commiato.

    Una volta terminato il discorso, la folla lentamente defluì via via, sparendo dietro le curve del villaggio. Le strade erano bagnate, gli ombrelli ormai aperti, i vestiti inzuppati. La frustrazione era ancora accesa in Ari, i suoi occhi erano li fuoco che aveva dentro ma che non sapeva come esprimere. Svanita la folla rimasero loro tre. Se in principio era una questione tra Ari ed Abbari, dopo gli eventi alle terme era stato informato direttamente da loro di ciò che era accaduto. Inoltre l'accademia non si sarebbe occupata di una sciocchezza simile. Avrebbe cercato gli assassini, certo, ma non avrebbe effettuato alcuna missione seria di indagine e cattura, non era una priorità ne ci sarebbero state ricompense in denaro. Sarebbe stato uno spreco di strumenti. Se Ari voleva lavare quella macchia sulla coscienza doveva prendere le redini e dirigere egli stesso la situazione. Ma non avrebbe voluto farlo da solo, avrebbe voluto farlo in compagnia di qualche fedele alleato. Dunque parlò. « Abbari, tu che lo conoscevi, parlaci di lui. Raccontaci qualcosa. Ti prometto che non la faranno franca. »





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