Palazzo Yakushi

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    Ku-Ku-ku-kukukuh! Ridacchiò la vecchia. Non hai dimenticato le buone maniere, vedo. Molto, molto bene. La guardò con gli stessi occhi di tanto tempo prima. Occhi che studiavano ogni movimento, ogni respiro, ogni accenno, in un perpetuo giudizio, una infinita analisi della situazione e delle sue possibili evoluzioni. Uno sguardo pesante, carico di responsabilità ed intenso come il sole a mezzogiorno. Uno sguardo che Nikaido aveva sopportato per tanti anni, quando ancora era una genin e anche nel primo periodo della sua carriera come chunin.

    Entra, ho giusto finito un liquore alla pesca, vorrei la tua opinione. E magari sapere come mai sei qui, dopo tanto tempo in cui hai mandato giusto qualche messaggio senza farti vedre...Kukukuh. La Vecchia Ogen era bassa e grinzosa, ma mai si sarebbe potuto percepire qualcosa di diverso dal fuoco dalla forza osservandola. Non a caso era chiamata Regina di Draghi tempo addietro. Fece accomodare Nikaido in uno dei giardini interni del palazzo, di fronte a un piccolo stagno con delle carpe. Ogen le offrìì un bicchierino contenente un liquido ambrato, quindi attese che l'altra bevesse e si calmasse un poco prima di porre la sua domanda.

    Sembri irritata, e ho come la sensazione che il mio sciocco nipote abbia qualcosa a che vedere con questo. Spero non abbia abusato del suo ruolo come amministratore in qualche modo. Sorrise con gentilezza. Il sorriso di un lupo. Sai, comincio a pensare che forse dovrei affiancargli qualcuno di più esperto, per consigliarlo in questo difficile incarico. Dopotutto, ammettiamolo, non è proprio tagliato per il comando. Una facciata cortese, ma che celava oscuri significati: con Febh in amministrazione, Ogen considerava Oto come qualcosa sotto il suo comando, e se avesse deciso di prendere la faccenda in mano, probabilmente sarebbe diventata un terribile avversario per il Kokage. Certo, con discrezione, o potrebbe trasparire l'inesperienza del ragazzo. Forse era un pò tardi per dirlo, avendo lo Yakushi mandato quasi in rovina il villaggio, ma anche qui, la vecchia voleva sottintendere la sua intenzione di restare nell'ombra (come era abituata a fare), non amando troppo i confronti diretti, o la presa del potere in maniera tanto plateale.

    Ma perchè parlarne a Nikaido? Nessuno che conoscesse Ogen avrebbe mai potuto considerarla una che amava confidarsa con delle persone "amiche", quindi di cosa si trattava? E dimmi, bambina mia, tu cosa pensi di questa faccenda? Certamente avendo lavorato con mio nipote saprai che cosa sa fare, no? Pensi che un aiuto sarebbe salutare? Appoggio, ecco cosa cercava, mentre sviava con noncuranza il discorso dalla domanda iniziale, di cui effettivamente le importava poco. Piuttosto, sei forse qui in cerca di qualcosa? Avrebbe chiesto, dopo aver avuto risposta alla domanda precedente.
     
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  2. Nikaido the Bloody
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    Nikaido ricambiò lo sguardo attento della vecchia, era passato molto tempo da quando studiava sotto di lei eppure era rimasta spaventosa tanto quanto la prima volta in cui l'aveva vista, in fondo, la vecchiaia sembrava renderla solamente più cinica e non fiaccarne i talenti.

    Ma anche la locandiera era cresciuta in cinismo per quanto non fosse animata dalla medesima sete di potere ed anzi, avesse deciso ad un certo punto della sua vita che le sue passioni fossero distanti da quelle degli shinobi di Oto.
    Vedere la vecchia non era più quindi qualcosa che le servisse ma eccole lì di fronte e volente o nolente, adesso avrebbero bevuto insieme ed era certo che Ogen avrebbe capito qualcosa riguardante Febh, solo che Nikaido non voleva intrusioni in quella faccenda.

    Rispose quindi alla vecchia con un sorriso tirato:

    "Sentiamo un pò questo liquore..."

    Raggiunsero un giardino all'interno del palazzo dove Ogen offrì alla giovane un bicchiere colmo d'un liquido ambrato che quest'ultima vuotò in un solo sorso, da brava locandiera vantava una grande capacità nelr eggere l'alcool e sentendolo bruciare in gola emise un verso d'apprezzamento.
    Assaporando il gusto della bevanda la definì buona ma ancora priva di quel tocco in più, stava soppesando qualcuno dei suoi disgustosi ingredienti per migliorarne il sapore ma la vecchia cominciò a venire al sodo.

    Voleva sapere di Febh ovviamente e la ragazza non voleva certo venirle a dire quel che aveva fatto, lei voleva sistemarlo da sola, senza intrusioni e sapeva che non sarebbe bastato dirlo alla donna per ottenere il suo scopo e così rispose evasiva:

    "Tuo nipote causa danni qualsiasi cosa faccia, non ho veramente bisogno di un motivo particolare per avercela con lui, lo stesso vale per chiunque altro da quando ha assunto un poco di potere che tuttavia, immagino non sia nient'altro che un'estensione del tuo..."

    Un modo come un altro per dire ad Ogen di tagliare corto con certi giochetti, tanto che lei arrivò a chiederle un parere più diretto e Nikaido rispose:

    "Febh ha bisogno dell'aiuto di un bravo psicologo, se parliamo d'amministrazione, non riesco ad immaginare qualcun'altro che si prenderebbe l'onere di fronte a tutti, per quanto io conosca qualcuno che potrebbe gidarlo a dovere...tu chi gli affiancheresti?"

    Ovviamente alla vecchia conveniva restare nell'ombra ma era possibile che volesse semplicemente assegnare un baby sitter a quel fesso per essre sicura che non la mettesse troppo in imbarazzo di fronte al kokage, come ad esempio, qualcuno che lo legnasse per aver strappato i vestiti di dosso ad una giovane ed "innocente" ragazza.

    La vecchia infine le chiese dettagli sul motivo della sua presenza lì e la giovane locandiera le rispose con tono sbrigativo:

    "Devo dare una lavata di capo a tuo nipote e speravo di trovarlo qui, probabilmente stà perdendo tempo a bighellonare da qualche parte qui vicino."

    Certo però doveva spiegare come mai fosse così poco vestita e come mai avesse utilizzato un lucertolone come mezzo di trasporto e disse alla donna:

    "Però c'è qualcosa che potrestif are per me, a caccia ho avuto un incidente perso il sopra del mio vestito, saresti in grado di procurarmi qualcosa per rendermi più presentabile?
    Oggi ho avuto una giornataun pò pesante, questi lucertoloni diventano più selvaggi di giorno in giorno."


    Una scusa come un'altra insomma.
     
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    Ku-ku-ku-ku. Ridacchiò la Vecchia, assaporando a sua volta il liquore. Ah, quanto ti ho insegnato bene, cara ragazza. E' un peccato che ti sia ritirata dal fronte, un vero peccato. Mormorò versandosi un secondo bicchiere e lasciando letteralmente cadere l'argomento sul "chi affiancare a Febh". Anni di esperienza avevano insegnato alla donna come cambiare discorso con assoluta nonchalanche, e solo i più abili parlatori riuscivano a sfuggire dal suo abile gioco di prestigio verbale.

    Quindi vuoi dare una lavata di capo a mio nipote, eh? Beh, penso che non sia affatto una cattiva idea, proprio per niente. Sorrise. Un soriso da anziana e innocua vecchietta che trasmetteva un senso di inquietudine e minaccia senza pari. A questo proposito oltre a fornirti qualcosa di comodo, penso di avere un piccolo incentivo. Uno sciocco di dita e alcuni servitori (in realtà membri minori del clan) portarono una rastrelliera con diversi abiti, alcuni particolarmente succinti e provocanti, che la donna rivendicò come "Semplici abiti usati, di quando ero giovane come te...ah, bei tempi, gli uomini cadevano ai miei piedi" Nessuno sano di mente avrebbe mai osato associare la nanerottola rugosa con quegli abiti da top mdoel slanciata, oltretutto in perfette condizioni, quasi fossero stati appena acquistati.

    Ma ti dicevo del mio incentivo. Sai, mio nipote ha fatto un pò di esercizio ultimamente ed è diventato bravino nella lotta. Non vorrei che alzasse la cresta e cercasse, con estrema maleducazione, di ribellarsi alle tue giuste argomentazioni, ecco perchè ti voglio offrire questo. Dalla manica estrasse una boccetta di piccole dimensioni (non poteva contenere più di un sorso di liquido) con uno strano sigillo sopra, di quelli che si trovano nei templi sacri. Un sussidio alla lotta, se così vogliamo chiamarlo, dura appena una decina di ore e poi lascia stremati, ma fino ad allora garantisce doti fisiche di gran lunga superiori al normale. Se usato una sola volta, poi non lascia alcun danno permanente.

    Che dici, pensi che potrebbe tornare utile?


    Ancora quel terribile sorriso.
     
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  4. Nikaido the Bloody
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    Fare domande alla vecchia Ogen non era mai servito se non a cambiare discorso, poco male visto che la donna non era interessata alla politica del villaggio, era uno dei motivi per i quali aveva abbandonato la vita da ninja e si era dedicata ad una più sicura e remunerativa attività da locandiera, oltre che più soddisfacente per quanto fossero in pochi ad apprezzare la sua creatività in cucina.

    Vedendo la sfilata di vestiti, Nikaido non poté fare a meno di notare che nessuno di essi sembrasse "usato" e che anzi, probabilmente la vecchia non fosse mai stata tanto alta o prosperosa come Nikaido, la quale ridacchiò dicendo alla vecchia:

    "Da giovane avevi praticamente il mio steso fisico, forse dovrei farmi regalare anche qualcuno dei tuoi abiti attuali per la mia vecchiaia..."

    Nikaido sapeva come gli uomini cadessero ai piedi di Ogen, sconfitti e sanguinanti, quella vecchia era un vero e proprio mostro di potenza e forse diveniva più forte col passare degli anni e con l'accumularsi delle rughe, cos ancora peggiore, diveniva sempre più astuta invece di ominciare a perdere colpi come ogni altro vecchieto normale, per questo la giovane guardò con sospetto l'offerta della Yakushi.

    Nikaido prese tra le dita la boccetta portole dall'anziana kunoichi e la soppesò analizzandone ogni dettaglio, dal colore dl liquido, alla sua densità e sopratutto, la sua attenzione si concentrò sul sigillo.
    Aveva l'impressione che accettare di bere quella cosa equivalesse grossomodo a firmare un patto col diavolo e dubitava fortemente che gli effetti collaterali fossero tanto limitati con un solo uso.

    La locandiera disse alla sua maestra:

    "Si tratterebbe di un vile trucchetto e non mi piace molto l'idea..."

    Nikaido aveva capito come Febh fosse oramai divenuto più forte di lei, anche la paura che esercitava una volta su di lui oramai non faceva più effetto, forse era il caso d'accettare e di firmare quel patto con la vecchia?
    E per una volta, prese una mezza-decisione della quale avrebbe potuto pentirsi amaramente:

    "Facciamo così, sarebbe sgradito rifiutare un regalo e me la porterò dietro, spero solo di non doverla utilizzare."

    Si alzò ed andò a prendere alcuni dei vestiti esposti dicendo alla vecchia:

    "Grazie anche per questi, se non hai in mente d'indossarli ancora posso tenerli?"

    Sia Ogen che Nikaido avevano capito come sarebbe finita, la locandiera era troppo orgogliosa ed avendone la possibilità, avrebbe bevuto il contenuto di quella boccetta.

    Per ora comunque, si sarebbe spostata in bagno per darsi una rinfrescata e cambiarsi d'abito, ne avrebbe scelto uno tra i vari presi, certo, non erano proprio abiti da battaglia, ma era meglio che andare in giro mezza-nuda.
     
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  5. The Retribution
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    There is no Higher Place.

    Ho costruito un castello
    con alte mura di cemento
    per chiuderci il mio orgoglio ferito.


    Mia madre mi aveva accolta per una notte nel suo appartamento. Non la vedevo da due anni e stranamente non mi dispiaceva moltissimo, solo a rivederla vestita, o per meglio dire, svestita a quel modo mi venne un conato di vomito. Perché fosse brutta? No, affatto, era uno splendore, ma era pur sempre mia madre e per lei avrei preferito qualcosa di più dignitoso come un bel kimono dorato o una casetta privata con un piccolo giardino. Mi sarei anche aspettata che trovasse un uomo con cui passare la propria vita, ma la verità era bella e chiara: mia madre adorava fare sesso con tutte quelle persone e se la pagavano a lei non poteva far altro che piacere. Non so se avesse capito i miei sentimenti o se, semplicemente, fosse una donna estremamente empatica ma dopo la doccia, un cambio d'abiti ed un sonno completo mi offrì dei soldi per prendere un appartamento mio finché non mi fossi economicamente stabilita. Era un'offerta decisamente gentile, ma non restai abbastanza per sentirla finire di parlare, avrei trovato la mia strada da sola ad Oto. Non avevo bisogno dei soldi di una prostituta. Non dei suoi.

    [ ... ]

    Il palazzo Yakushi era bello grande a dire il vero. Più grande di quanto mi sarei aspettata in verità, ma questo non fece altro che semplificarmi notevolmente la difficoltà nel trovarlo. Non sapevo cosa volesse la vecchia Ogen in regalo, magari un mazzo di fiori, forse una delicata ghirlanda, o magari un coltello pregiato. Per andare sul sicuro rubai da una bancarella quello che mi pareva essere l'oggetto più significativo da regalare ad una capoclan autoritaria che viveva in un complesso del genere: una spilla rotonda con disegnato un serpentello stilizzato.

    La villa era circondata dalle mura di cinta, cosa da non poco, quindi era sconsigliabile cercare di fare gli stronzi saltandoci oltre e attirandosi le ire degli eventuali guardiani. Febh mi avrebbe sicuramente fatta entrare comodamente dall'ingresso principale, mi sarebbe bastato fare il suo nome una volta raggiunto il cancello. Non ero molto agitata, il che era strano, ma in compenso il dolore alla schiena non era per nulla attenuato dal giorno prima, forse il letto era scomodo visto che altro non era stato se non una tavola di legno con delle coperte improvvisate, ma il fatto che non stessi migliorando mi destava problemi psicologici ben più gravi del dover discutere qualcosa con una signora anziana che, probabilmente, mi avrebbe preso a male parole ricordandomi che a diciassette anni non ho il mondo in mano e bla bla bla..

    Solite Stupidaggini.

    Arrivata al cancello mi presentai alle guardie. - Buongiorno, sono Ren, Febh dovrebbe avervi avvertito che sarei passata, nel caso potete comunicargli che sono qui per vedere Ogen-sama? -
     
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    [Una visita a Palazzo Yakushi I]

    Il portone principale del palazzo non era particolarmente decorato nè ostentava segni di riconoscimento particolari. La sola presenza di una guardia armata e delle alte mura periferiche, unite alle enormi dimensioni, erano un indice più che sufficiente del fatto che in quel luogo non vivevano delle persone normali, o comunque nessuno che valesse la pena di prendere alla leggera. Non servivano simboli di potere per capire che dietro quella porta giravano molti soldi, e in genere all'interno di un villaggio ninja chi ha molti soldi è chi ha fra le sue file dei personaggi pericolosi.

    Certo, la guardia mezzo addormentata appoggiata stancamente alla sua arma un poco andava a cozzare con l'intero sistema di supposizioni...perlomeno all'avvicinarsi di Ren fu lesto a svegliarsi e cercare di darsi un contegno. Con un lungo pizzetto ed il coprifronte sulla testa, quell'uomo era conosciuto come Yasu Yakushi, membro della casata principale, ma decisamente non uno tra i più abili, essendo ancora genin dopo più di vent'anni dal superamento del corso. C'era anche da dire che dimostrava venticinque anni pur avendone più di quaranta, ma questi sono dettagli.

    yasus



    ALT, chi va là? Doveva piacergli pronunciare quelle parole, vista l'aria soddisfatta ed autoritaria che cercò di assumere mentre bloccava il passaggio alla ragazza. Febh? Ren? Non so niente di nessuna Ren. Socchiuse gli occhi, guardandola da capo a piedi. Cos'è? Finalmente si è deciso a trovarsi una fidanzata e presentarla a Ogen-dono, eh? AHAHAHAH! Prese a ridere, passandosi la lancia da una mano all'altra. Comunque non è che basta arrivare qui a palazzo per poter entrare, cosa credi ragazzina? Tutti sanno che Febh è amministratore, non ci vuol molto a dire che ti ha mandato lui, ma io non ricordo proprio nient...

    Improvvisamente una grossa clava travolse in pieno la testa della guardia, facendola stramazzare al suolo in un lago di sangue, con la lancia che rotolava lontano. Peccato che IO ti avessi avvisato, razza di imbecille! Giunse la voce seccata dell'amministratore Febh Yakushi dall'alto del mura. Era stato lui a gettare l'arma oversize contro il suo consanguineo (ma la cosa era abbastanza comune: TUTTI picchiavano Yasu) e non sembrava dispiacersene affatto, nè tentò di soccorrerlo quando scese a terra, aprendo le porte del palazzo. Scusa per Yasu, per uno della sua età è piuttosto stupido...fortunatamente ero vicino al cancello e ho sentito tutto. Spiegò, cedendo il passo alla ragazza.

    Oltre la porta stava un ampio giardino piuttosto ben curato, con un ciottolato che si estendeva più o meno in linea retta fino ad un pannello scorrevole che faceva da ingresso, leggermente sollevato rispetto al suolo. Diverse deviazioni partivano dal ciottolato, dirette verso alcune costruzioni di dimensioni minori, un laghetto ed un pozzo. Proprio accanto all'entrata delle mura, sulla sinistra, stava un mucchio di foglie secche accumulato in maniera ordinata, con un rastrello appoggiato alla parete. Ecco, quella è la sala principale...ho già avvisato Ogen che saresti passata uno di questi giorni. Fece cenno con la mano, indicando la parete scorrevole che stava a una cinquantina di metri da dove si trovavano.

    Piuttosto, non sono riuscito in nessun modo a trovare quel tipo di cui mi avevi parlato...quello che si è messo ad ammazzare il Guardiano del Gate. Aggiunse mentre si incamminavano, un pò più cupo nel tono della voce. Ed è strano che non ci sia riuscito...avevi accennato al fatto che pensi che non agisse da solo, ma cosa te lo ha fatto credere?
     
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  7. The Retribution
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    There is no Higher Place.

    Ho parlato.
    Ho parlato prima di pensare
    ed ora pago lo scotto.


    Il battibecco con la guardia sarebbe potuto andare per le lunghe, anche perché mi stava irritando notevolmente quel suo modo di fare un pochino strafottente. Era impossibile che Febh non avesse avvisato del mio arrivo e mentre mi affannavo a trovare la carta che mi aveva consegnato il giorno prima, una grossa clava spaccò la testa di quel disgraziato che, ovviamente, cadde a terra privo di sensi. Ero quasi sicura che ci fosse un motivo piuttosto valido per il quale Febh non aveva soccorso quel tizio ed anzi, lo aveva lasciato a marcire in mezzo alla strada ma, dal mio punto di vista, era una punizione piuttosto giusta per negligenza nel posto di lavoro. Sorrisi. - Non devi scusarti. Penso che questo simpaticone non si sveglierà per un paio di giorni a giudicare da come gli hai ridotto la scatola cranica. - Nel superarlo gli poggiai la suola dello stivale sui testicoli facendo un lungo passo. - Ops, sono inciampata. - Mi veniva da ridere ma, per educazione, rimasi composta ad ammirare l'interno del palazzo Yakushi.

    Era molto bello, specialmente per gli standard Otesi, ed un minimo di inquietudine mi percorse la schiena al pensiero di dovermi confrontare con una vecchia arpia il cui unico scopo nella vita era, a grandi linee, quello di turbare l'animo dei suoi sottoposti e comandare uno dei clan più importanti della città. Le domande dell'amministratore, però, mi costrinsero a pensare a qualcosa di molto più concreto, ovvero all'incontro sfortunato che avevo avuto al mio arrivo al villaggio: ancora non mi sentivo benissimo, sebbene il livello di gravità delle mie ferite si fosse azzerato, ed il solo pensare a quella situazione imbarazzante in cui avevo quasi perso la vita mi scosse notevolmente. - Oh.. è un pò come in prigione. Quello aveva la forza e la posizione necessaria ad arrivare a.. Giazu ..o chi era il portatore, ma non aveva palesemente abbastanza cervello per architettare tutto da solo. Inoltre mi ha dato da pensare soprattutto quando ha detto che "i demoni sono la causa delle guerre tra villaggi".. questo, pur non essendo una diplomatica esperta, mi sembra il credo di una setta o un gruppo con ideali ben precisi. O quantomeno non pare per nulla l'uscita creativa di un disgraziato impazzito. Poi c'era anche quel Kunai runico con cui avrebbe dovuto imprigionare il demone.. quello richiede dei sigilli che uno stupido come quello non poteva eseguire! L'ho atterrato con un calcio, era debole e invasato, non mi stupirei se gli avessero fatto il lavaggio del cervello e stesse agendo sotto ipnosi o stronzate simili.. - Feci una piccola pausa. - Anche in galera succedevano cose simili: si mandavano delle detenute disperate a fare qualcosa di stupido per disturbare o prendersi la colpa, coprendo una malefatta più crudele. - Quel mondo faceva discretamente schifo ed era necessario restare sempre svegli e vigili. Lo avevo imparato a mie spese e non avrei permesso a nessun altro di prendersi gioco di me. Ne ora ne mai.


    Edited by The Retribution - 29/4/2013, 01:56
     
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    Ecco, vedi? Stai già imparando ad agire come uno Yakushi della casa principale, sono certo che Ogen apprezzerà. Annuì, approvando la violenza gratuita su Yasu mentre i due entravano nel giardino del palazzo. Un paio di giorni fuori combattimento? Oh, magari... Fece cenno col pollice indicando alle sue spalle. Quello si sta già rialzando...sospetto che il cervello lo abbia troppo piccolo per subire danni. Ed infatti il guardiano del cancello era già in ginocchio, con una mano sulla fronte per il gran mal di testa, ma in pochi secondi sarebbe stato in piedi nuovamente a pieno regime. La cosa più strana però era il fatto che Febh non sembrasse affatto turbato da un recupero tanto rapido ed innaturale.

    Venne il momento delle chiacchiere sulla prigione. Ren doveva essersela vista brutta in un posto tanto duro e crudele, e certo il suo discorso avrebbe empaticamente coinvolto la maggior parte della gente. Disgraziatamente il suo interlocutore non era la maggior parte della gente. Capisco...beh, dev'essere stato bello crescere insieme a tanta altra gente. Disse, senza un briciolo di ironia mentre ripensava al suo strano passato di cui ancora non aveva capito molto, ma di cui ricordava principalmente i soprusi e le crudeli torture. Ovviamente nel suo egoismo non poteva considerare che ci fosse qualcuno che se la era passata peggio di lui. Comunque mi sembrano delle buone osservazioni...anche se purtroppo non abbiamo nulla di concreto su cui appoggiarci per un'investigazione più serrata. Fece spallucce, aprendo quindi il pannello scorrevole che dava alla casa.

    Li attendeva un'ampio corridoio che proseguiva per una decina di metri e che terminava in tre pannelli scorrevoli, uno per parete all'altra estremità. Lungo la strada dodici piedistalli reggevano altrettante statue di ninja, ognuno con una diversa arma ed associato ad uno dei segni zodiacali cinesi. I Juuni Shinsho...i dodici generali celesti al servizio di Yakushi Nyorai, il Buddah della medicina simbolo del nostro clan. Spiegò. Mi han raccontato che un tempo dodici ninja del clan prendevano il nome di queste figure mitologiche e agivano da custodi di tutte le attività della famiglia, comandando le diverse branche. Credo che siano secoli che nessuno ci pensa più, dato che ho trovato queste statue in un a cantina a prender polvere, ma mi sembrava che stessero bene qui e ce le ho messe. Fece nuovamente spallucce, lasciando intendere che lui poteva arredare il palazzo come meglio credeva...anche se in realtà questo accadeva perchè lui era il tuttofare-lavapavimenti del clan, cosa che non aveva ancora esplicitato, pur non avendolo certo tenuto segreto volontariamente.

    Ogen ci aspetta oltre quella porta, non ricordo bene cosa stesse facendo, però. Se vuoi un consiglio non farla innervosire...non è salutare. Borbottò, ripensando all'ultima punizione a cui lo aveva sottoposto nemmeno una settimana prima. Fece scorrere il pannello che dava ad un porticato affacciato su un giardinetto interno. A metà di questo, una nuova porta scorrevole dava al Dojo del clan Yakushi: una sala enorme (che era stato complicatissimo pulire in maniera decente) in cui di solito la vecchia passava buona parte del suo tempo libero.

    La porta del Dojo era aperta, lasciando che l'aria fresca di fuori entrasse dal giardinetto, oltre a permettere all'anziana capoclan di vedere direttamente chi o cosa si stava avvicinando. E così i due giovani ninja si ritrovarono con gli occhi di una delle Kunoichi più potenti del mondo puntanti addosso. Ogen-dono, ricorda che le avevo parlato di una ragazza arrivata giusto ieri alle mura? Chiese l'amministratore con lo sguardo basso e una voce estremamente affievolita e deferente...aveva davvero paura di quella donna!

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  9. The Retribution
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    Vecchia signora,
    porta con se un racconto
    tutt'altro che felice.


    - Sono belle queste statue a dire il vero. - Commentai interessata. - C'è qualcosa che mi sfugge della nostra famiglia, tipo il perché quel tizio non è ancora in coma ma si è già rialzato.. e a giudicare a che divinità siamo votati inizio anche a capire cosa ci possa essere sotto, anche se non comprendo come questo sia possibile, visto che sono una povera figlia di puttana che cerca di sbarcare il lunario. - Del resto era essenzialmente vero: figlia di una prostituta lo ero, che fosse anche una kunoichi passava per me in secondo piano dal momento in cui aveva scelto, per diletto, di darsi alla prostituzione come forma suprema d'arte e di guadagno. Nel complesso mi ritenevo fortunata, se avessi potuto anche solo ambire ad avere un millesimo di quel palazzo i miei problemi economici e sociali si sarebbero dissolti in una bolla di sapone ma, ovviamente, la vecchia di cui Febh pareva così timoroso, rappresentava il mio banco di prova definitivo.

    - Per quanto riguarda il guardiano del cancello, mi metterò personalmente sulle sue tracce e questa volta vedrò di portarlo dove è giusto che stia, fermo restando che nessuno mi ammazzi prima, ovviamente. E che tu mi dia il consenso di farlo. - Non volevo certamente mancare di rispetto al mio primo datore di lavoro e salvatore al secondo giorno di "lavoro" ad Oto. Pareva.. brutto. Ogen stava diventando per me l'equivalente mitologico dell'idra per Ercole, o qualcosa di vagamente simile: un mostro con dodici teste che sputava fiamme ed era pronta a carpire ogni singolo errore sia nella postura che nella modulazione dei fonemi di ogni stramaledettissima parola. In breve, mi stava già antipatica a pelle una persona del genere, ma sapevo per certo di non poter valutare a scatola chiusa senza prima averle concesso l'opportunità di esaminarmi e, magari, di valutarmi positivamente alla faccia di tutti quegli stronzi leccapiedi che si aggiravano per le corti come quella.

    Giocherellai con la spilla rubata tirandola e riprendendola un paio di volte. Poi Febh mi mostrò un giardinetto interno decisamente delizioso, che dava direttamente in quello che pareva essere un Dojo mastodontico. - Vedrò di non.. ferirla. - Aggiunsi, lievemente intimorita dall'ipotesi che potesse esplodere tutto da un momento all'altro mentre il demonio si liberava dal corpo della vecchia per massacrarci tutti. Lasciai che fosse, ovviamente, Febh a presentarmi e permettermi l'accesso al Dojo rimanendo lievemente indietro sino a che non lo vidi tentennare in un a maniera a dir poco ridicola per essere un fiero amministratore Otese e decisi di presentarmi per conto mio, con un pochino più di brio e sobrietà razionale. - L'avevano presentata come un demonio a dodici teste sputante fuoco e fiamme, Ogen-sama, invece è una rispettabile signora che vive in una dimora estremamente curata e dal palese tocco femminile. - Feci un profondo inchino prima di infilare la mano nella tasca dei pantaloni e mostrarle la spilla che le avevo rubato al mercato. - Le ho portato un regalo, non sta mai bene per una neofita presentarsi a mani vuote dalla padrona di casa, nevvero? - Magari era un pochino strano come dono, una spilletta con un serpentello dal costo approssimativo di mezzo Ryo, ma era pur sempre un dono. Per sicurezza mi affrettai anche a spiegare il perché di quella scelta tanto ardita e, per certi versi, sfrontata.

    - So che non è molto, ma una donna del suo calibro ha tutto, servitù, manovalanza, sgherri e decisamente molti soldi. Forse quello che le farebbe piacere avere è un pò di semplicità. Questo è un serpente, rappresenta l'astuzia, la flessibilità e la pericolosità degne di una persona come lei. - Detto questo attesi con la spilla protesa con un gesto umile, una risposta.
     
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    虎穴に入らずんば虎子を得ず。

    If you do not enter the tiger's cave,
    you will not catch its cub.


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    Si narra che all'interno delle alte mura del Clan Yakushi, seduta su di un pavimento di legno lucido e con le mani congiunte nella serenità tipica della lungimiranza sapiente, vi sia una donna.
    Ella, guardiana silenziosa di un mondo a cui nessuno è dato sapere, par vivere il flusso della vita con la lentezza peculiare degli spiriti, limitandosi a stirare le dita su di un evento che è sua intenzione intrappolare, fermare o semplicemente spingere avanti...
    … Si dice anche che di ella nessuno conosca il volto e che a pochi sia dato di scoprire il suono della sua voce poiché lei, sovrana dell'oscurità, siede alle spalle di chi sembra gestire il tutto, muovendo le fila di un destino che vuole cantare solo per lei.

    Avanzate cauti, giovani intrusi...
    … il castello di fili in cui vi addentrate potrebbe non lasciarvi mai più uscire...




    “Ogen-dono, ricorda che le avevo parlato di una ragazza arrivata giusto ieri alle mura?”



    Era una mattina scarsamente soleggiata ma pregna di un'umidità quasi opprimente quella in cui la voce di un giovane uomo ebbe l'ardire di fare capolino all'interno di un'immensa sala di legno consunto che in molti, all'interno di quel clan, chiamavano Dojo. Oberato di un timore reverenziale che poco spazio lasciava alla sicurezza di cui al contrario avrebbe dovuto essere ricolmo, quel timbro ebbe scarsa risonanza all'interno di quella stanza dal soffitto alto e le finestre rettangolari, perdendosi infatti ben presto nel silenzio vigente di quel luogo sacro all'interno del quale l'unica presenza era quella di una donna curva che, nell'udire le parole a lei rivolte, ebbe appena il buon gusto di alzare lo sguardo.
    […] Sembrava avere all'incirca ottant'anni, un'età che si dimostrava nella ragnatela di rughe impresse su di un volto un tempo splendido, e in quegli occhi scuri socchiusi in un sorriso gentile e sereno. Inginocchiata immobile sul parquet del dojo, infatti, colei che era conosciuta come Ogen Yakushi non pareva affatto disturbata dall'arrivo dei due giovani Shinobi ma, al contrario, piuttosto divertita. Sempre che il sentimento che aleggiasse ignoto nei suoi lineamenti fosse divertimento.
    Invero Ogen era quel tipo di donna di cui raramente si comprendeva lo stato d'animo e che altrettanto raramente era facile da ingraziarsi. Di indole e animo tanto imperscrutabile quanto determinato infatti, la potente kunoichi difficilmente concedeva l'invito a scrutare all'interno del suo cuore, un dettaglio questo che si manifestò pienamente nel silenzio della destinataria di quella domanda, che si limitò solo ad annuire, intrecciando poi le affusolate e magre dita le une alle altre prima di alzare lo sguardo sulla creaturina ignota che l'amministratore di Oto portava con sé: Una ragazzina piuttosto eccentrica a quanto pareva, e nel suo essere tanto sfrontata persino sciocca...
    … un giudizio che trovò presto conferma in quanto accadde rapidamente dopo.

    “L'avevano presentata come un demonio a dodici teste sputante fuoco e fiamme, Ogen-sama, invece è una rispettabile signora che vive in una dimora estremamente curata e dal palese tocco femminile.
    Le ho portato un regalo, non sta mai bene per una neofita presentarsi a mani vuote dalla padrona di casa, nevvero?”



    Parlava con calma la mora sconosciuta, ma con una inclinazione di voce che lasciava trapelare la sua impazienza e il suo carattere poco incline a sfigurare per colpa altrui.
    Piuttosto rigida di animo e con un'attitudine naturale a imporsi atteggiamenti più o meno piacevoli, sembrava la classica ragazzina convinta di dover apparire tagliente e aggressiva per imporsi in un mondo che evidentemente non aveva fino a quel momento voluto collaborare con lei... un errore tipico dei più giovani quello, loro che erano così convinti che usare la ferocia servisse a manipolare la realtà delle cose.
    Abbassando lo sguardo nello scuotere leggermente la testa, la vecchia Ogen sospirò, alzando poi impercettibilmente gli occhi al soffitto del dojo.
    A quanto pareva aveva per le mani l'ennesimo pulcino spaurito. Cominciava a diventare troppo vecchia per quelle faccende lì...

    “So che non è molto, ma una donna del suo calibro ha tutto, servitù, manovalanza, sgherri e decisamente molti soldi. Forse quello che le farebbe piacere avere è un pò di semplicità. Questo è un serpente, rappresenta l'astuzia, la flessibilità e la pericolosità degne di una persona come lei.”



    « Quello che mi farebbe piacere avere sarebbe l'educazione di una sconosciuta e magari il silenzio di una bambina »
    Esordì così Ogen Yakushi e la sua voce, bassa e ironica, venne presto accompagnata da un sorriso divertito che poca fantasia lasciava all'interpretazione. Il messaggio che trasmetteva, ahimé, era infatti forte e chiaro: Si stava beffando della sua interlocutrice « Ti ringrazio per il gentile pensiero tuttavia, sei l'unico uccellino che si è preso la briga di portarmi in dono qualcosa che non sia un topo morto chiuso in un sacco di farina di riso... » Continuò la vecchia donna, facendo scivolare per neanche una frazione di secondo lo sguardo vitreo sulla figura di Febh, a cui venne in ogni caso rivolto un grazioso sorriso. Per quanto potesse essere grazioso il ricordo di un episodio simile « Avrò piacere di farne tesoro --... » Disse la donna, interrompendosi però improvvisamente nell'alzare le sopracciglia con fare perplesso, guardando poi dritta negli occhi la mora fanciulla, che forse a quel punto, e solo a quel punto, avrebbe avuto la sensazione di essere piccola e sola. Completamente fuori luogo. Decisamente inadatta a tutto, forse persino al mondo « ...perdonami, come hai detto di chiamarti, uccellino? » Domandò dunque Ogen, prima di sorridere nuovamente. E adesso sembrava veramente divertita « Ah... temo che tu non lo abbia ancora detto, nevvero? » E così dicendo si portò di fronte alla bocca una mano rugosa in un gesto volutamente troppo lento per celare l'ironia che lentamente si stava impossessando di quel volto molto più espressivo di pochi minuti prima.

    […] Pungente, acuta e discutibilmente divertente. Ecco come sarebbe apparsa Ogen Yakushi.
    Perennemente tranquilla, proprio come se tutto ciò che la circondasse fosse il semplice scherzo di un destino beffardo, la vecchia kunoichi non sembrava prendere niente seriamente... come avrebbe potuto del resto? Quei due ragazzini con ogni probabilità apparivano ai suoi occhi come semplici cuccioli lanugginosi tutti da formare.
    Ogni loro tentativo di compiacerla era un gioco. Ogni loro astuzia un passatempo. Ogni loro profonda riverenza una nenia già sentita.
    Se la loro intenzione era stupirla, avrebbero dovuto fare molto più di questo. Aveva visto troppe lune per provare ancora meraviglia dinnanzi alla puerile evidenza.

    « E' mia convinzione il credere che quando si entri in una casa che non è la propria, sia necessario presentarsi prima ancora di cedere al desiderio di arruffianarsi il padrone di casa »
    La voce di Ogen Yakushi era ora diversa rispetto a qualche attimo prima. Improvvisamente infatti, proprio come se di punto in bianco quella circostanza non la dilettasse più, la vecchia aveva assunto un'espressione piatta e attenta, e ogni sua parola veniva adesso offerta con precisione soppesata.
    Evidentemente oltre che la meraviglia, la kunoichi aveva perduto anche l'indulgenza.
    « Giungi al mio cospetto ponendoti infetta dalla demenza della parola e dell'intelletto, offrendomi in dono il tuo orgoglio e la tua deferenza senza nemmeno darmi il beneficio del tuo nome » Riprese a parlare la donna, guardando la ragazzina immobile a qualche metro da lei con i suoi profondi occhi neri taglienti e glaciali « Pensi che serpe non sia in grado di divorare un topolino? » Domandò a quel punto, sorridendo « Se il tuo obiettivo era fare colpo su di me, temo tu abbia perduto la tua possibilità iniziale... vediamo se avrai il buon gusto di recuperare spiegandomi il motivo per cui dovrei sopportare ancora la tua vista » Sospirò poi, prima di portare il suo sguardo straziatamente stanco sul giovane accompagnatore dell'intrusa, cui fu rivolto però solo un lungo silenzio « Febh... » Chiamò dopo un perpetuo attimo l'anziana, con voce talmente bassa che difficilmente qualcuno avrebbe potuto udirla. Nei suoi occhi, adesso, si leggeva il disappunto « ...per l'amor del cielo... » Aggiunse la kunoichi, portandosi poi una mano alla fronte e sospirando sonoramente, ma detto questo si fermò e non disse né fece nient'altro se non mettersi a mani conserte, inarcare un sopracciglio e fissare nel modo paziente riservato ai menomati mentali quel povero cristo di un tuttofare il quale... ahimé, che avrebbe dovuto fare? Non gli era stato detto niente.
    Ma se aveva a cuore la sua incolumità, avrebbe dovuto improvvisarsi indovino e risolvere al più presto il desiderio della sua signora... le conseguenze, altrimenti, non si sarebbero fermate ad un semplice sospiro di rassegnazione.

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    [Una visita a Palazzo Yakushi III]

    Votati? oh, no, no, direi che è più una presa di ispirazione. Non mi pare ci sia molta religiosità in famiglia..non che io la abbia notata comunque... E poi quelle parole su Yasu, alle quali lo Yakushi inarcò un sopracciglio. Uhm...tu di Oto e del clan non sai proprio nulla, eh? Quanti anni daresti al tizio là fuori? Anzi, aspetta di conoscere la Vecchia e poi prova a dirmi quante primavere pensi che abbia vissuto. Sogghignò, pensando alla reazione della ragazza quando avesse realizzato in che razza di posto si stava infilando. Non era propriamente una tana di serpenti, ma certo quanto a pericolsità ci andava vicino..una pericolosità ben diversa dal cupo e relativamente sicuro ambiente della prigione da cui veniva. E presto scoprirai che soprattutto tra gli Yakushi ci possono essere parecchie cose non perfettamente illuminate...diciamo ai limiti di quelle che sono le normali leggi. E parlo di TUTTE le leggi possibili. Concluse cercando di fare il misterioso, mentre raggiungevano la destinazione

    [...]

    Le parole iniziali di Ren al cospetto della capoclan fecero allarmare l'amministratore, che sgranando gli occhi e scuotendo impercettibilmente il capo cercò inutilmente di farla tacere, ma quella proseguì con la sua sciorinata che per quanto elegante nelle conclusioni aveva avuto un incipit che poteva essere pericoloso quanto una carabomba dentro un deposito di polvere da sparo. Subito dopo la ragazza porse un dono alla vecchia Ogen, la quale in tutta risposta decise di accettarlo e poi cominciò a parlare con estrema calma e delicatezza.

    Oh-ho...mi sa che è uno di quei giorni... Sussurò lo Yakushi, appena udibile, mentre la vecchia cominciava a variare il senso delle sue opinioni verso un tono nettamente più freddo e pericoloso, fino ad essere spietata e glaciale come nei suoi momenti peggiori. Ehm...io...se posso parlare vorrei dire che non...cioè, sono sicuro che non volesse offendere e... Cercò di correggere il tiro con poche parole decisamente deboli nel tono e nell'intonazione, anche se c'era una certa urgenza nel modo in cui le mitragliava a raffica annaspando nel panico.

    febh5



    In tutta risposta Ogen lo fissò con occhi vitrei che pian piano cedettero il posto al disappunto. Voleva qualcosa: questo era chiaro nella testa madida di sudore freddo del jonin. Ma da qui a capire che cosa fosse e riuscire a procurarglielo, beh, ci sarebbe passato di mezzo un bel numero di mari, soprattutto nella particolare condizione psicologica che si era venuta a creare. Eeeh..... Guaì con occhi che saettavano qua e là alla disperata ricerca di un appiglio o di un suggerimento, ma non c'era niente a cui aggrapparsi. Uhm...io... Deglutì. Devo...devo portare dell'acqua, Ogen-dono? Ed abbozzò un timidissimo sorriso terrorizzato!
     
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  12. The Retribution
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    No, no no, no. Dai,
    ho sentito scuse ben peggiori
    di quelle delle mura di una villa.


    Se c'era una cosa di cui potevo andare bellamente sicura, era che Ogen non aveva un amplesso da almeno settanta anni o giù di li. Almeno questa era la tempistica giusta per la profonda acredine che c'era in quelle parole, oltre che una voglia insana di ostentare il palese che mi dava più a ridere che a far venire i nervi, cosa che supponevo stesse cercando di fare con appellativi del cazzo come uccellino, topolino e compagnia. E l'atteggiamento di Febh era tutt'altro che opportuno: non avevo mai visto in vita mia un tale livello di zerbinaggio da parte di qualcuno che, ai miei occhi, si era guadagnato un posto di tutto rispetto per avermi fatto da cicerone e salvato al tempo stesso la vita. Che situazione pessima oltre ogni ragionevole dubbio era quella? Una in cui avrei preferito non trovarmi, ma visto che la vecchia sembrava saperla tanto lunga, forse era il caso che le dessi a vedere quanto realmente mi importava di quella famiglia e perché le stavo facendo perdere tempo.

    Mi massaggiai le tempie con gli indici. - Non vuole dell'acqua, vuole che tu gli spieghi perché sono qui, suppongo. Ma non temere, faccio da sola.. - il tono di voce era calmo ma una malcelata ironia traspariva da alcune specifiche parole. - Mi chiamo Ren. Ren Yakushi. Ma pensavo che una donna potente come lei sapesse già tutto di me, della mia famiglia e, a giudicare da come mi trattate, anche ogni mio singolo precedente, magari persino quando mi vengono le mie cose o se ho avuto relazioni sessuali negli ultimi sei mesi. - Alzai l'indice della sinistra proseguendo. - E.. non volevo ingraziarmi una donna come voi, non ho alcun desiderio di diventare come Febh, se è questo l'effetto che fate alle persone, ho già avuto troppi padroni e tutti stronzi fino al midollo, ergo non me ne serve un altro. Nondimeno ho cercato di essere cortese e di portare qualcosa per non presentarmi a mani vuote ma, evidentemente, c'è sempre qualcosa che non va bene, che non quadra o che non si incastra nella testa di quelli che sono troppo superiori per capire le cose con semplicità. - Ed ora stavo iniziando un pochino a perdere la pazienza, ma ancora era nulla. - Io sono qui solamente perché me l'ha chiesto Febh, lo ha fatto con cortesia, ed ho pensato che qui, dopo anni che vivo in mezzo ad una strada avrei trovato qualcuno con un cazzo di cervello in grado di comprendere la mia situazione, senza farmi fottuti apprezzamenti sul modo di fare, di vestire, di respirare. Ma poi la cosa buffa è che questa è una famiglia, mia madre, che per inciso è una troia della peggiore specie qui al neko senzai, fa parte di questa famiglia, io sono una figlia di puttana impressionante e vivo in mezzo ad una strada da diciassette anni. - Mi corressi. - No, scusi Ogen-sama, da quindici, due li ho passati in carcere per aver rotto i denti ad una puttana che cercava di prostituirmi. - Abbozzai un sorriso. C'era qualcosa che mi prudeva dentro la schiena in modo scandaloso, era come se avessi la febbre ma non era propriamente una malattia, era una sensazione di malessere diffuso in tutto il corpo che non era mai andato via nonostante le medicine e la notte di riposo dopo la baruffa al cancello.

    - Io non sono qui per chiedere soldi, per chiedere favori, ne vitto o alloggio e posso garantire che da ora in avanti probabilmente mi farò depennare la parola Yakushi dal cognome.. se devo avere paura di lei come ne ha Febh. Dico sul serio, io sono venuta solo a presentarmi a far vedere che esisto e a rendere omaggio. L'ho fatto? Si, ho esaudito anche la richiesta dell'amministratore e posso finalmente tornare a guadagnarmi onestamente una ciotola di ramen lavorando alle mura. - Poi, riflettendo bene e notando l'espressione atterrita di Febh che non accennava a cancellarglisi dal volto, mi sbrigai ad aggiungere giusto due parole, perché capisse che non mi nascondevo dietro a stupidi cavilli burocratici, come se lei alla fine ne fosse realmente intralciata alla fine. - Mi volete uccidere, torturare.. fare un lavaggio del cervello? Fatelo, cosi dimostrate la mia tesi con talmente tanta violenza da candidarmi direttamente come Kokage onoraria. Oppure mi fate tornare a lavorare e a prendere qualche antidolorifico all'ospedale. L'importante è che lasciate in pace Febh che mi ha salvato la vita e sicuramente non merita di essere trattato come un cazzo di schiavo. - Direi che le mie "due cose" le avevo dette. Certo, c'erano persone che avrebbero preferito tacere e farselo mettere dove non batte il sole, accettando a mani basse quello che offriva il convento, con pregi e difetti che questo comportava, ma dopo anni passati dentro una gabbia non volevo finire dentro un altra sottocultura familiare che aveva quella vecchia stronza come capo organizzativo. Alla fine lei cosa aveva se non un centinaio d'anni di esperienza in più? Un gran cazzo di niente. E lo potevo vedere in ogni suo gesto, smorto, lento, stupido. Persino nella scelta delle parole pareva essere rimasta a cento anni indietro nel tempo e non era quello che volevo per la mia nuova vita, non era quello che si sarebbe meritato una persona come Febh, anche se lo conoscevo da quarantotto ore era stato lui a salvarmi la vita, non quella vecchia di merda. Se dovevo qualcosa a qualcuno, ad Oto, quello era solamente Febh Yakushi, non l'intera stramaledetta famiglia. Ne ora ne mai.

    E poi attesi il colpo mortale che mi spettava di diritto. Ma col sorriso in faccia.
     
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    Quando Ogen Yakushi vide per la prima volta il piccolo Febh, fece i conti con uno sguardo che solo poche volte nella sua lunga vita aveva avuto il piacere, o la sfortuna, di incontrare: Lo sguardo di chi ha conosciuto gli abissi del nulla, ed entro i quali si è perduto in modo forse perpetuo.
    […] Benché la famosa Yakushi fosse già da molto tempo ritenuta una delle più potenti kunoichi delle Terre Conosciute, era indubbio ch'ella, prima di essere un'arma al servizio del proprio villaggio e in particolar modo del proprio Clan, fosse una donna, e come tale, nel vedere gli sfregi dell'orrore sul volto di un bambino tanto piccolo, parve per un attimo non potersi trattenere dalla pietà... per quanto, a guardarla dall'esterno, nessuno avrebbe potuto immaginare un cuore pulsante in una così rigida espressione.
    Neanche lei stessa.
    “Ne chiedo l'adozione” Aveva detto proprio così Kojiro Yakushi quel giorno in cui aveva ottenuto udienza, e nel farlo la guardò dritta negli occhi con la determinazione tipica di chi aveva già deciso e che non avrebbe mai accettato un no “Chiedo la vostra benedizione, Ogen-dono” Aveva poi aggiunto, inchinandosi, mentre al suo fianco il piccolo si girava a guardare con occhi vacui l'uomo che aveva vicino e di cui non pareva del tutto sicuro delle intenzioni. Non sembrava sorpreso da quella repentina proposta, ma neanche consapevole. Forse era felice, o forse semplicemente disinteressato.
    Leggere i sentimenti di quella creatura, per un attimo, apparve veramente difficile persino a lei...
    … lei che era la più famosa manipolatrice della storia di Oto e che, con le sue dita, aveva costruito e distrutto molte più di quelle realtà che un qualsiasi umano avrebbe mai avuto la possibilità di vedere nel corso della sua vita.
    Aveva esitato al tempo, povera sciocca...
    “Potrà volerci molto, Kojiro-san. Non permetterò l'introduzione di un estraneo alla sapienza immortale degli Yakushi”
    “Attenderemo” Aveva prontamente e testardamente risposto il Jonin, pur non alzando lo sguardo.
    “C'è chi aspetta da decadi” Aveva riso allora la matriarca, sistemandosi una manica sgualcita del suo completo rosso, con cui non mancò di nascondere in parte il viso contratto in un'espressione di pura ironia.
    “Attenderemo fino a quando sarà necessario” Aveva però insistito l'uomo, forte di una risolutezza rara da trovare altrove...
    ...e alla fine, per quanto indubbia potesse essere la circostanza, il rotolo del giuramento fu srotolato, il sangue del bambino fu apposto su di esso, ed egli diventò a tutti gli effetti il figlio di Kojiro e il fratello di Soryo, acquistando con gravità il nome di “Yakushi” ...era l'inizio di una nuova speranza...

    ... O almeno così aveva sperato Ogen, ma adesso, dopo tanti anni, si trovava di fronte un uomo che non sapeva neanche quali erano le buone maniere in presenza di un'ospite.
    Sicuramente l'inizio c'era stato, e visti i raggiungimenti conseguiti si poteva considerarlo persino mirabile, ma per quanto riguardava l'intelligenza del soggetto... beh, quello era un altro discorso.
    « Febh, pensavo di essere stata chiara l'ultima volta... » Esordì così Ogen Yakushi, fissando cupamente il giovane Jonin che, fermo a qualche metro di distanza da lei, sembrava sudare in modo tanto copioso da dar ad intendere che nessuna sorta di rigenerazione istantanea avrebbe mai potuto portarlo a sopravvivere ad una circostanza quale quella in cui si trovava « Speravo che avessi compreso... davvero » Continuò, e così dicendo sperò fosse facile per il suo interlocutore ricordare di quella volta in cui, essendosi scordato di servire il tè a dei rinomati ospiti (yakuza, ma nessuno faceva distinzione all'interno del Clan Yakushi. La buona educazione, del resto, è buona educazione) la stessa vecchia Ogen aveva fatto in modo di infilarlo nudo come un baco dentro una vasca di acqua bollente aromatizzata al tè, in cui aveva poi gettato dei limoni interi con l'ordine che il ragazzo non fosse dovuto uscire dal suo ricovero fino a quando i frutti non si fossero aperti di loro spontanea volontà, offrendo alla bevanda il loro aroma così amato...
    ...inutile dire che quella volta c'è chi rimase stupito di trovare il povero sguattero galleggiare nella vasca con la bocca fumante di calore, svenuto da chissà quanto tempo, e chissà per quanto tempo ancora; eppure...
    Evidentemente non aveva messo abbastanza limoni.

    Nonostante tutto, si rese improvvisamente conto l'anziana matrona, non c'era tempo ulteriore per occuparsi dell'inettitudine di quel giovanotto imberbe, aveva qualcos'altro a cui dedicare la propria attenzione, qualcosa che, ahimé, stavolta sembrava interessarle davvero... pareva infatti che, finalmente, avesse trovato un topolino con le unghie in quell'enorme topaia che i Kami insistevano a chiamare vita.
    Un topolino che, a quanto si supponeva, non temeva di esser divorato.
    « Temo tu abbia frainteso »
    Ferma in ginocchio sul legno consunto del parquet del suo Dojo, Ogen Yakushi si limitò a chiudere gli occhi dopo aver ascoltato in silenzio le parole della ragazzina senza passato, di fronte alla quale non fece altro che rimanere immobile, annuendo di tanto in tanto più per abitudine che per reale apprezzamento di quanto esposto.
    [...] Vista da fuori e in quel momento, con quel suo volto affrontato da una vecchiaia molto più carismatica di tante giovinezze estranee, la fioca luce degli Yakushi sembrava semplicemente un'anziana come tante poiché niente in lei trasmetteva il terrore e la potenza di cui tutti sapevano fosse portatrice. Innocua, gentile addirittura. Erano questi gli aggettivi che si sarebbero usati per lei, e che difficilmente qualcuno avrebbe mai pensato di capovolgere poiché non c'erano motivi per l'anziana di imporre la sua presenza su chi sapeva perfettamente di poter domare semplicemente con l'intelletto.
    Le situazioni in cui era solita alzarsi in piedi erano altre e quella, per quanto interessante fosse, non era una delle citate.
    « Non ho mai detto di non aver apprezzato il tuo dono. Mi sto forse sbagliando? » Domandò dopo un lungo attimo di silenzio la kunoichi, sorridendo alla ragazzina dai capelli corvini « Ho biasimato la tua arroganza, non la tua cortesia d'animo. Ho giudicato la tua avventatezza di comportamento, non le tue radici o il tuo passato » Parlava in modo misurato ora, soppesando ogni sillaba su una bilancia invisibile che rendeva il suo discorso una sorta di mantra affascinante da cui difficilmente qualcuno avrebbe voluto distogliere l'attenzione « Non mi interessa quali sono i tuoi trascorsi o chi possa dirsi tuo parente, tantomeno reputo d'interesse sottoporti a tortura, poiché ritengo più che evidente che la vita abbia reso il tuo cuore e il tuo animo già schiavi di quella viziosità che è il "non perdono" » Sorrise « Non hai bisogno di un giogo, ma solo di una chiave per liberarti dalla tua prigionia attuale » E così dicendo congiunse le mani in grembo, chiudendo gli occhi per un motivo che forse solo Febh avrebbe potuto comprendere in tempo, ma che con ogni probabilità avrebbe invece colto alla sprovvista la giovane Genin che -mentre fosse stata ancora intenta ad ascoltare la risposta di quella donna attorno alla quale la realtà sembrava ruotare- si sarebbe vista scivolare ad un lato del volto una mano la quale, incurante dell'eventuale sussulto o reazione di cui sarebbe stata spettatrice, si limitò a proseguire il suo cammino, che sarebbe terminato ad un metro e mezzo esatto di distanza dalla mora kunoichi, di fronte a cui, sul pavimento, sarebbe stata adagiata una tazza di porcellana giapponese decorata a mano e colma di tè ancora fumante. La stessa operazione sarebbe stata contemporaneamente ripetuta davanti all'amministratore di Oto.
    Vi era dunque un dojo, tre persone e due tazze poste ad un metro e mezzo di distanza da chi avrebbe dovuto beneficiarne...
    … anzi, per la verità di tazze ce n'erano tre.
    Quando i due uomini vestiti di un rustico hakama bruno avessero infatti adempiuto al loro dovere, allontanandosi dunque da quelli che agli effetti venivano trattati ora come due ospiti, non avrebbero mancato di lasciare alle spalle d'essi, esattamente al centro tra i due, una terza tazza di porcellana che, come le due che l'avevano preceduta, fumava di tè caldo.
    Al contrario delle sorelle, però, ella era lontana due metri.
    « Sei stata condotta qui da Febh a quanto mi dici... »
    La voce di Ogen Yakushi risuonò cristallina all'interno dell'enorme stanza d'allenamento, infrangendosi sulle pareti di legno e venendo rimandata indietro dalle vetrate chiuse che, specchiando il sole a tratti all'interno del dojo, sembravano esser intenzionati a non lasciar sfuggire nessuno, impazienti spettatori di uno spettacolo che pareva essere appena agli inizi
    « ...ma la mia domanda è, ed è sempre stata, un'altra: Cos'è che stai così disperatamente cercando? »
    Ci fu un attimo di silenzio.
    « Posso offrirti ciò che desideri? »
    E quella domanda, posta con la voce di chi non impone la beffa, venne abbandonata poi al silenzio, poiché dopo quelle parole niente più uscì dalla bocca di Ogen Yakushi che, ferma nel punto che aveva fatto proprio, rimase immobile a guardare i suoi due interlocutori aspettando da loro delle frasi, delle azioni... o semplicemente delle ambizioni.

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    [Una visita a palazzo Yakushi IV]

    La vecchia gettò uno di quegli sguardi carichi di disappunto che facevano tanto, tanto male. Specie perchè spesso serano seguiti da una qualche forma di punizione nei sotterranei del palazzo...e a nessuno fa piacere passare il pomeriggio a rimettersi a posto l'intestino dopo averlo strappato a dei cani affamati. Non...non era l'acqua, eh? Abbozzò un sorriso tremante mentre la capoclan continuava a fissarlo a quel modo e poi infine l'amministratore abbasso lo sguardo.

    Stranamente Ren prese le sue difese, con modi e termini un filo sboccati che fecero sgranare gli occhi allo Shinobi, non tanto perchè non fosse abituato a sentire parole simili da una ragazza (Nikaido poteva far arrossire i posseduti se ci si metteva) ma piuttosto perchè parlare a quel modo a Ogen Yakushi nella sua testa aveva la stessa valenza di tuffare la faccia nell'acido e poi versarci sopra del sale...e non per un semplice timore riverenziale ma perchè una volta era capitato a Yasu e non era stata una bella scena. Cioè, Febh aveva riso. Ma non era stata una bella scena. Ehm...Ren, che intendi con "effetto che fa su di me"? Chiese con aria estremamente stupida. E poi forse dovresti un pochino stare attenta alla scelta delle parole...cioè, Ogen-dono ha qualcosa come duecento anni e passa, ha un'idea tutta sua dell'etichetta... solo in quel momento realizzò di averlo detto DAVANTI alla capoclan. No, cioè...intendevo...insomma... Alla fin fine si limitò a deglutire e star zitto.

    Beh, non sono propriamente uno schiavo...più un tuttofare, ecco...e poi mi piace pulire... Furono le poche parole che mugugnò con gli occhi incollati a terra, cercando di glissare clamorosamente sulla faccenda. E in tutto ciò non capiva cosa stava pensando la vecchia capoclan...normalmente avrebbe già cominciato a fare il giocoliere con le ossa strappate alla piccola impudente mentre le torturava le parti restanti in modi che avrebbero fatto rabbrividire il più oscuro demone dell'inferno...ed invece stava là, calma e posata, come un vulcano che accumula pressione e calore in maniera discreta. Silenziosa. Crudele.

    Ogen era terribile quando aveva i suoi scatti d'ira, ma quando non li aveva bisognava preoccuparsi davvero! E la preoccupazione di Febh montava, non quella sciocca e superficiale preoccupazione che gli si poteva leggere facilmente sul volto ogni volta che era al cospeto della Vecchia...ma piuttosto una preoccupazione più profonda e matura, forgiata da anni di missioni ed addestramenti. Quella VERA preoccupazione che non prometteva niente di buono.
     
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  15. The Retribution
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    There is no Higher Place

    Una volta un saggio, un Drago,
    chiese al suo allievo migliore cosa cercasse nella vita.
    Egli, rimasto colpito dalla domanda, tacque.


    Non mi aspettavo di sopravvivere a quelle mie parole. Ed ora che le avevo dette sentivo come se qualcosa, dentro di me, se ne fosse pentito. Era quasi una mia costante ricerca del rischio quella che mi aveva spinta ad agire prima che pensare, ed era sempre la medesima sensazione che mi aveva impedito di morire suicida dopo le disgrazie della mia pietosa vita. Ero così aggrappata a questo mio pezzo di anima guerresca che non riuscivo a vedere oltre.. ma in quell'attimo di pace, dopo aver sfogato parte della mia ira repressa, mi sentivo veramente tranquilla ed in grado di esprimere qualche concetto in maniera pacata e cortese. Saggia, oserei dire.

    - Febh.. non dovresti farti trattare come un lavapiatti, non lo sei. E questa donna ha un effetto brutto e deleterio sull'autostima di un uomo che mi ha salvato la vita. Permetterai che ciò mi causi un senso di ribrezzo notevole. - Poi lasciai che lo stesso Jonin avesse il tempo di esprimermi le sue remore riguardo al mio linguaggio; aveva maledettamente ragione, ma non potendo alterare lo spazio ed il tempo non mi restava altro da fare che ringraziare di non essere morta sul colpo ed aver avuto una seconda possibilità al cospetto di quell'arpia bastarda. Che avesse duecento anni lo avevo capito dalla faccia, che ne avesse cerebralmente almeno il triplo lo avevo scoperto poche frasi prima di quella. Sospirai appena alle domande della vecchia Ogen.

    - Forse sono in prigione con me stessa. Ma quello che è certo è che non voglio una gabbia nella gabbia qui, in questa villa, e non voglio un altro carceriere. In parole più semplici e meno prepotenti possibili, non vi ritengo adatta ad essere null'altro che una parente per me.. come una di quelle zie che vedi solo durante le cerimonie e le feste. - La voce era tranquilla, calma, non sentivo l'esigenza di vomitarle addosso del veleno, visto che lei per prima non l'aveva fatto e si era anzi comportata in una maniera molto serena per i suoi standard. - Un giorno, forse, perdonerò. Fino a quel momento.. - Alzai il polso mostrando il Kaniji del "castigo" tatuato. - ..sarà questo il mio Motto. -

    Ma il discorso non era finito, tutt'altro. - Su una cosa però avete ragione Ogen, sto cercando qualcosa. Ma non so se ciò che cerco è nelle grazie del solo potere degli Yakushi.. io non cerco risposte, non cerco logica e nemmeno soldi o potere. Cerco una domanda. Cerco LA domanda. Quella che mi permetterà di capire cosa faccio al mondo e perchè non sono rimasta nei testicoli di mio padre, venendo al mondo bastarda. - Un passo verso Ogen, tra l'altro ignorando in maniera piuttosto violenta quella misera offerta di Tè. - Ce l'ha questa risposta, Ogen-sama? - Chi sono io, Ren Yakushi? Una Kunoichi del suono? Una bastarda senza padre? Una figlia di puttana, un burattino della società, un mero esempio di come le cose al mondo possano sempre andare male? La mia definizione preferita è quella d'essere il paragone per ogni male, sono la ragazza a cui vengono paragonate tutte le sfortune per potersi dire "In confronto io sono fortunello". Questa sono io e le cose devono cambiare almeno ad Oto. Dovevano cambiare, non sarei riuscita a vivere ancora all'ombra del passato turbolento e marcio di mia madre. Se Ogen poteva aiutarmi che lo facesse: non avrei elemosinato per ottenere ciò che mi spettava di diritto. La mia vita.
     
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