Villa Mikawa

Residenza di Aloysius Diogenes

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    ::: Passato :::

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    Villa Mikawa sorge nella parte nord-est del villaggio del Suono. Leggermente distaccata dalla altre abitazioni, si erge con le sue possenti mura in un grossoo spazio di verde ritagliato nel grigiore del villaggio. Un piccolo boschetto sorgeva poco distante dal centro, una volta oggetto di caccia ma ormai in possesso degli animali. Struttura molto antica ha più di 400 anni e il suo stile rispecchia quello che non è più dei giorni nostri.

    Costruita similmente ad un castello, la strutture è interamente in petra e si sviluppa in due corpi. Sul primo si aprono dozzine di finestre monofore lungo tutto il perimentro. Al centro di esso trova posto il grande portone al quale si accede mediante una doppia scalinata in marmo bianco. Il secondo corpo si sviluppa al centro del primo ed è aggettante rispetto ad esso, troneggia sul primo superandolo in altezza. Rivestito con un bugnato più scuro è anch'esso caratterizzato da finestroni monofori e da quattro torrette: due lo limitano nei suoi estremi della facciata, altre due racchiudono un grosso orologio non funzionante che forma quasi un corpo a se stante svettando sulla struttura.

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    Sebbene al suo tempo fosse una grande opera architettonica adesso vessa in uno stato di abbandono. Gran parte delle mura esterne sono, infatti, rivestite dall'edera, le pareti sono annerite, qualche finestra è rotta.

    All'interno la maggior parte delle 30 stanze è praticamente vuota e sono dominate dalla polvere e dai ragni. Soltanto una camera da letto, un bagno e una cucina sono tirate a lustro dal suo unico abitante. Comunque anche in queste stanze la suppellettine è minima e non curata.

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    Nell'ala ovest del palazzo percorrendo uno dei lunghi corridoi del piano, anch'esso come gli altri arredato con tappeti ed arazzi, si potrà incontrare il dipinto di un orso bruno dagli occhi iniettati di sangue. Muovendolo opportunamente è possibile aprire una porta segreta che conduce, attraverso una scala a chiocciola, ad una stanza al di sotto del livello stradale.

    Tale stanza è in superficie pari a metà della pianta dell'intera casa ed attualmente contiente tutte le strumentazioni necessarie per un allenamento. Essendo al di sotto del livello stradale tale stanza non è illuminata da alcuna finestra e l'unica luce che esiste lì e quella delle numerose torce sulle mura. Alcuni punti della "palestra" sono più accoglienti della stessa dimora, il mikawa passava più tempo lì che nel resto della residenza...

    ::: Presente :::

    Ristrutturazione

    ::: Mappe :::

    Esterno

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    Piano Terra

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    Secondo Piano

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    Interrato - Palestra

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    Interrato - Pozzo

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    Residenti della Villa


    PersonaDescrizioneStato

    Yachiru
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    Lei mi chiama papà da quando la trovai che neanche aveva 4 anni. Zompetta qua e la per la casa dando fastidio a tutti e cercando sempre attenzioni. Le ho insegnato qualcosa negli anni...con un po di allenamento può diventare un'ottima kunoichi.

    Gregario

    Matsumoto
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    Matsumoto era la badante di Yachiru; sua mamma, come dice lei; e quindi nella sula stessa concezione mia moglie o la mia compagna. Non nego che oltre le notti di passione ci sia anche dell'altro. Pessima cuoca ma donna di cuore.

    Gregario

    Tanaka
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    E' il capo del personale all'interno della villa. Ha un'esperienza sconfinata, lavorando in posti come il Palazzo della Vipera. NElla sua vita ne ha viste di tutte...esattamente l'uomo che fa al caso mio. Si assicura che tutto fili liscio.

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    Antaras
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    E' il maggiordomo della casa tuttofare. Oltre ad essere impeccabile nel suo lavoro, gestisce i contatti con le mie spie e fa filare liscia la convivenza tra gli abitanti della Villa. Gli piace fare indovinelli e parlare strano. Nelle mansioni per la casa si fa aiutare da 3 gemelli scalmanati; sono molto efficienti e, data loro giovane età, mettono allegria a tutti con la loro gioiosità.

    Gregario

    Finnian
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    E' il giardiniere. Non so come faccia, ma da sola riesce a gestire l'enorme possedimento attorno alla Villa. Non ho mai trovato qualcosa fuoriposto da quando l'ho assunta.

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    Dago e Kumotoi
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    Cuoco e aiutocuoco di grande fama. Li pago una fortuna per farli restare alla Villa. Lui fuma dentro casa, non quando ci sono io certo, ma il mo olfatto addestrato può percepirlo. Forse potrei fare a meno di loro ma Anteras dice che un buon pasto rende tutti più contenti e facilità la convivenza.

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    May
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    Inquietantissima. Tecnicamente è stata assunta per come donna delle pulizie in aiuto ad Anteras ma non le ho mai visto levare un po di polvere o passare lo straccio a terra. Soffre di un disturbo dissociativo dell'identità, ovvero un giorno è calma e tranquilla, l'altro una pazza scatenata. Ah, è una ninfomane provetta: la tengo nella Villa solo perchè tiene sotto controllo il livello di testosterone nella casa.

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    Ukitake
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    Ukitake è un filosofo e professore di storia del mondo ninja. E' il saggio della casa e va sempre in giro con un libro da leggere. Era uno degli uomini di Shinodari, insieme a Hakkai, Gennosuke e Hyouma [tutti PNG]. Non ho ben capito se tutti o solo alcuni di loro sono omosessuali ma poco importa, sono ottimi ninja e questo è ciò che importa.

    Gregario

    Ashiro
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    La bestia divenuta persona civile. Matsumoto si è molto impegnata con lui dopo che l'ho catturato dalla baracca nel Bosco dei Sussurri. Ha enormi potenzialità dal punto di vista combattivo, inoltre si sa muovere bene nei territori limitrofi le Prigioni e il Palazzo del Suono. Mangia ancora con le mani ma sta migliorando.

    Gregario

    Soifon
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    Volevo la più abile inseguitrice che Oto abbia mai posseduto. Ma Shimaki era fuori dai giochi e così riuscii a prenderle sua sua allieva più promettente. Ancora non si fida di me, ma sa che sotto la mia guida può diventare sempre più forte. Penso che il suo vero obbiettivo sia diventare più forte della sua maestra...farò gioco proprio su questo per tenerla tra le mie fila.

    Gregario

    Lulu
    lulu

    Lulu gestisce il Neko Senzai quando il proprietario, Luis Mikawa, è occupato in uno dei suoi lunghi viaggi...ovvero sempre. E' una donna forte che aveva abbandonato la via del ninja per dedicarsi al mondo degli affari. Conosce il quartiere e le persone che vi girano molto bene; come Antaras gestisce un po delle mie spie. Vive nella villa insieme ad Auron, un abile spadaccino della generazione passata (PNG).

    Gregario

    I due carcerati
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    Hotarubi e Kasumi...due criminali fatti uscire dagli Inferi di Oto e uniti alla ciurma. Entrambi hanno una psicologia complessa, sicuramente disturbata, ma posso essere molto utili. Jubei, ad esempio, mi aiuta a tenere a bada il sigillo maledetto. Per il momento non sono operativi ma con un po di lavoro possono diventare un grande valore aggiunto.

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    Fyodor
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    L'ultimo arrivato è uno strano ninja, letteralmente venuto dal passato. Il suo legame con Orochimaru e il Suono del preAccademia è forte e affascinante. Faceva parte delle squadre speciali e pensa ancora di avere una missione da compiere. Ha deciso di abitare nel Pozzo...dalle mie donnole gli ho fatto scavare una dimora sotterranea che, molto più che la Villa stessa, lo fa sentire veramente a casa.

    Gregario



    Ospiti della Villa


    PersonaDescrizioneStato

    Yashimata

    Che dire, uno dei pochi ninja che abbia mai stimato, l'unico a sconfiggermi in duello. Supercriminale accademico, ne abbiamo passate tante insieme. Nessuno sa che è morto...mi aiuti pura nella tomba, amico mio.

    Morto

    Sou Tamahome Kishuku

    Primo mio allievo. Aveva un buon cuore ed un buon potenziale...non si fa vivo da anni ormai.

    Disperso

    Luis Mikawa

    IL maestro, il mio primo modello e punto di riferimento quando arrivai ad Oto. Ha inventato tecniche sul sangue incredibili, che tutt'ora utilizzo, grazie alla sua conoscenza profonda della Rosa. Genio.

    In uno dei suoi lunghi viaggi

    Akashi Mikawa

    Colui che mi ha iniziato al Chikotsumyaku. E' rimasto indietro nel tempo, dando importanza ad altri aspetti della vita. Durante il torneo del Sigillo rimase preda delle trappole di Oto...provai a recuperare il suo cadavere senza successo.

    Morto

    Takagi Mikawa

    Avevo provato ad insegnarli la manipolazione del sangue una volta senza grandi risultati. Non tutti i Mikawa sono adatti al combattimento.

    Disperso

    Amanimaru

    Penso la persona più misteriosa e complessa che abbia mai incontrato. Si spinto in antri del sapere ninja e delle conoscenze proibite in cui nemmeno Orochimaru ha mai indagato. Ha cavie sparse in tutto il continente ninja, ne tengo sotto d'occhio un paio. Grande alleato...tutt'ora, per fortuna.

    Morto

    Shinken Takatsui

    Il primo ninja a stringere sotto "Patto". Fa parte del Suono che mi ha preceduto, compiendo grandi imprese a suo tempo. Mi fece entrare lui nel villaggio quando, ancora sbarbatello, tradii Suna e mi fece ben comprendere cosa era veramente Oto. Non lo vedo da molto tempo.

    Rientrato ad Oto, Sotto Patto

    Raizen Ikigami

    L'allievo che diventa un potente alleato, uno dei pochi di cui mi sono fidato a rivelare parte dei miei piani e concedere le armi di Livon. Ha avuto qualche problema di identità ed è immischiato in qualche antica e strana faccenda con i Draghi. Omoi mi ha detto che è diventato il Jinkurichi della Volpe a Nove Code. Interessante.

    Hokage

    Drake Jo Ryouji

    L'allievo che ha deciso di tradirmi. Forse il più promettente tra tutti, peccato. Per il momento ha la bocca cucita ma so che prima o poi ci rincontreremo.

    Rosa d'Acciaio, Sotto Patto

    Eiatsu Nai

    Il pupillo del Kokage strappato dalle sue grinfie e ora divenuto mio braccio destro. La sua conoscenza dei cadaveri e dell'Edo Tensei è fondamentale per i miei piani. Ultimamente viene a stare da noi, occupando la stanza degli ospiti più grande.

    Gregario d'Elite

    Deveraux Yotsuki

    Giovane ninja che sa quello che vuole e ha i mezzi per farlo. L'ho incluso nel mio progetto, può essere un buon mastino. Promessa.

    Monitorato

    Daisuke Yotsuki

    Allievo incostante: sprazzi di genialità a momenti di buio totale. Deve crescere.

    In "soggiorno" nella Villa

    Seiniji Akuma

    Alleato Nukenin : il suo desiderio di diventare Mizukage può essermi utile per conquistare Kiri. Buona risorsa.

    Deceduto

    Ryoshi Okura

    Spia : Ninja di Suna, posso usarlo per avere occhi ed orecchie vigili su Suna. Da plasmare.

    In "soggiorno" nella Villa

    Febh Yakushi

    L'amministratore di Oto che mi ha curato dalla malattia. Prevedo lo scontro e non sono sicuro di uscirne vincitore.

    In giro a far danni

    Amano Banryu

    Il figliastro di Luis tornato ad oto con la Kusanagi tra le mani. Devo sfruttarlo per far tornare il padre ad Oto.

    Monitorato

    Feng Gu

    Shiltar 2.0, utile come aggancio all'interno di Ame. Alleato da tenersi stretto.

    Asso in erba



    Oggetti Rari custoditi



    OggettoEventoQuantità

    Wakizashi di Kiri

    Spade di pregevole fattura, caratteristiche del Paese dell'Acqua. Si tratta delle più antiche armi, dopo le leggendarie 7, forgiate per i genin più meritevoli del villaggio. Le ho trafugata dal palazzo del Mizukage. Delle sette originarie ho trovato: il Canto del Delfino e il Respiro della Balena.

    2

    Katane di Kiri

    Il bottino trovato nella stanza di Shiltar comprendeva anche le sette katane destinate alla mano bianca o nera, non ci ho mai capito nulla della loro organizzazione interna, ovvero i chunin delle squadre speciali del villaggio. Queste katane sono tra le migliori in circolazione e hanno anche un grande valore economico.

    7

    Vermiglio Roccia e Sangue

    Un pezzo dell'armatura leggendaria del clan Mikawa. Ho deciso di non indossarlo fin quando tutto il set non sarà al completo.

    1

    Rotolo delle Falcidonnole

    Il rotolo del richiamo delle antiche e potenti Falcidonnole di Suna, consegnatomi dallo stesso Asuka molto tempo fa.

    1

    Stelle di Iwa

    Il bottino della quest più disastrosa che l'accademia abbia mai affrontato. Ancora non ne ho capito il funzionamento, so solo che sono oggetti antichi e molto potenti, in grado, ad esempio, di pietrificare una persona. La terza è in possesso dei ninja della Zanna mentre la seconda l'ho data a Feng Gu per avermi aiutato con lo Yonbi.

    1

    Contratto di ormeggio della Nave Pirata

    Contratto in cui è indicato il posto in cui è ormeggiata la nave Pirata che rubai in una missione nel paese della Roccia. Senza di questo, le persone alle quali l'ho affidata, non la darebbero nemmeno a me. Mi costa diverse centinaia di ryo al mese ma può tornare utile.

    1

    Piani e Mappe di Diogene

    Rinchiusi nella villa sono custoditi tutti i piani relativi agli attentati passati di Suna, Kiri ed Oto e alle azioni future. Avere questi documenti mi incastrerebbe all'istante ma questo è un rischio che devo correre; non riesco a tenere tutto a mente. Ovviamente sono criptati: servono tutti e 10 i fogli per trovare la chiave e ogni foglio è custodito in un luogo diverso.

    10

    Oggetto misterioso

    Una strana scatoletta in grado di reagire a contatto con il mio sangue. Mi è stata consegnata da un loschi individuo di una potente associazione criminale. Ho fatto delle ricerche ma non sono riuscito a scoprire nulla a riguardo. So solo che dovrei andare al Villaggio del Gelsomino, nel Paese delle Cascate, e prenotare una stanza doppia alla Locanda del Rosso, a nome di Hideoshi Toshinari. Bhà.

    1

    Rotolo dei Colossi

    Il rotolo del richiamo delle creature più antiche mai entrato in contatto con i ninja, prelevato dalla Roccia degli Spiriti.

    1

    Diario di Yashimata

    Libricino speciale in grado di custodire molti dei segreti della villa, oltre che le mie storie al fianco del Nukenin.

    1



    Ninja catturati



    NinjaEventoStato

    Ryuji Uchiha

    Chunin della Foglia, possessore dello Sharingan, rinchiuso negli Inferi di Oto.

    PG

    Shintaro Takeda

    Genin della Foglia rinchiuso negli Inferi di Oto.

    PG

    Ryo Aokawa

    Genin di Kiri rinchiuso negli Inferi di Oto.

    PG

    Reverie Lee Flameheart

    Primario dell'ospedale di Suna rinchiusa negli Inferi di Oto.

    PNG

    Daisuke Yotsuki

    Genin di Oto tenuto a Villa Mikawa.

    PG

    Etsuko Akuma

    Nukenin, ex chunin kiriano, rinchiuso negli Inferi di Oto.

    PG

    Nakora

    Genin di Oto, Jinkurichi del 2 Code, rinchiusa negli Inferi di Oto.

    PG



    Edited by DioGeNe - 6/1/2017, 16:52
     
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    Quando mi ritrovai di fronte a quella costruzione il mio sguardo la percorse in pieno con aria critica. In effetti, da come l’aveva descritta il mio vecchio, essa doveva essere una villa antica...ma supponevo ben tenuta. Le mie aspettative furono amaramente deluse. Rampicanti ricoprivano le mura esterne, molte finestre erano sfondate; lo stesso portone d’ingresso sembrava vacillante.

    Entrai...la polvere regnava in quel luogo. La luce filtrava attraverso le aperture mostrandomi le interna. Nonostante il suo stato di manutenzione pietoso si vedeva che la costruzione era raffinata, opera sicuramente di un facoltoso architetto.
    Una grossa scalinata lignea immetteva ai piani superiori. Nonostante la sua pietosa condizione, potevo immaginarmi di quale sfarzo e bellezza potesse essere una volta.

    Mobili lignei, vecchi quadri, tappeti sfarzosi...e la lista non finiva certo qui.
    Ognuna delle circa trenta stanze era ornata di suppellettile di valore. Candelabri in oro e placche bronzee rivestivano le parete ornata con carta da parati. I bagni erano composti di edilizia marmorea, grossi specchi…ma ormai tutto era andato in rovina.

    Il salone di ricevimento mostrava una pista da ballo di dimensioni colossali...il soffitto era dipinto con rappresentazioni angeliche e divine.

    Abituato alla casetta in città “centro” in cui avevo passato quasi un anno della mia vita nuova ad Oto, questa era ad un altro livello. Dovevo solo mettermi e ripulire...o almeno l’indispensabile per poterci vivere.


    [...]



    Quelli furono i due mesi della mia vita più intensi mai vissuti. Tra l’accademia e i lavori di “ristrutturazione" a casa, il tempo volava, ma la stanchezza si accumulava sempre di più nella mia membra. Ormai cucina, sala, due stanze e due bagni erano perfettamente rassettati e funzionanti. Inoltre la parte d’ingresso della sala aveva riacquisito un po dello splendore antico. Quell’aria di chiuso e vecchio era un po scomparsa dall’ambiente.



    [...]



    Avevo ispezionato nei minimi dettagli l’abitazione. Avevo scoperto il passaggio segreto che conduceva alla “stanza degli allenamenti”o così la chiamavo io. Quella zona era perfettamente pulita e funzionante...evidentemente mio padre, il quale in quel momento non c’era poiché partito per una missione chissà dove, teneva costantemente sotto controllo quell’enorme salone posto sotto la basa della casa.
    Un’altra stanza in particolare mi colpì più delle altre. La biblioteca. Una stanza di media grandezza ma molto alta circondata da una biblioteca lignea che scorreva continua lungo le pareti circolari. Un enorme scala scorrevole permetteva la consultazione dei vari libri e tomi posti anche a sei metri di altezza, sugli scaffali.

    Fu proprio in questa stanza che potei scoprire qualcosa sui miei avi...
    Un giorni stavo rassettando le scartoffie che sporche riempivano la piccola scrivania posta al centro della stanza. Per lo più erano carte di inviti a balli, tasse sulla terra ecc.
    Girando tra le farei scartoffie salò alla vista una lettera con una foto in bianco e nero allegata. Essa citava:



    CITAZIONE
    Caro Ferrid Mikawa,

    mio caro amico, Kiri in questo momento sta vivendo un periodo di crisi. La guerra ha invaso il paese e questo non è più un luogo sicuro per me e soprattutto per la mia famiglia. Yamashita ormai si è fatto grandicello, ha 4 anni, ma Elisabet e Rime sono ancora molto piccole...inoltre anche Karen non è molto in forma al momento. Chiedo ospitalità nella tua dimora, aspettando che le cose tornino alla normalità. Non mi hai mai abbandonato nei momenti difficili e spero che questa mia domanda non ti dia problemi. Aspetto una tua conferma ansiosamente.
    Il tuo compagno di avventure,

    Jushiro


    Dalla lettre poteva emergere una profonda amicizia tra i due interessati...forse le due famiglie si conoscevano bene. Inoltre pare che questo “Jushiro” sia stato un ninja anch’esso, dato il “compagno di avventure” posto a fine lettera. Il tono era confidenziale...nella lettera l’uomo citava mebri della famiglia e ne parlava apertamente.



    “ Meglio che mi informi su questa famiglia, magari ci sono ancora dei membri...chissà potrebbe essere interessante ricordare le vecchie amicizie. “



    Da quel di, continuando le mie normali attività (accademia, ristrutturazione casa, impegni con il clan Mikawa ecc.) incominciai ad investigare su quella famiglia.



    [...un mese dopo]



    I miei sforzi furono ripagati. Rovistando tra le scartoffie amministrative dell’accademia potei trovare corrispondenze con i dati in mio possesso.



    “Yamashita, genin di Kiri...anche il villaggio corrisponde. Bene vediamo se è disponibile ad un’incontro?!”



    Nei giorni a seguire scrissi una lettera in cui si dicevano poche cose ma che sicuramente avrebbero attratto l’attenzione del ninja.



    CITAZIONE
    Sign. “Yamashita ”

    La famiglia Mikawa la invita ad un incontro a villa Mikawa, Oto. Una volta le nostre famiglie erano unite da un forte legame, forse è tempo di riconciliare i nostri “poteri”? La porta è sempre aperta, sarà lieto di venire quando più desidera. Cordiali saluti

    Aloysius Diogened Mikawa


    Nei giorni seguenti cercai di trovare il modo per far avere la lettera. Inoltre io non sapevo bene chi fosse...non l’avevo mai visto in volto. La spedii per falco corriere, altronde era l’unica cosa da fare conoscendo solo il nome del mittente.

     
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    L'ospite




    Dopo un estenuante viaggio verso ovest ero finalmente ritornato nella mia dimora dalla lontana kiri .Un viaggio che sicuramente era stato fruttuoso . Avevo ritrovato uno dei membri di una famiglia che contava pochissimi esponenti, ed era amica di mio padre. Adesso però ero solo in casa. Avevo mostrato la via per l’ufficio amministrativo a Yamashita così che potesse andare a fare richiesta del permesso di soggiorno.In un villaggio ninja burocrazia era padrona. Comunque stavo approfittando di questa sua assenza per recuperare le forze dopo il viaggio, nonché preparare tutto il necessario per fare stare il mi ospite a suo agio durante questi due o tre giorni che sarebbe stato ad Oto. Con aria concentrata camminavo per casa raccogliendo il necessario, e forse anche il superfluo, quando passando per un corridoio di un’ala esterna del palazzo vidi un cono di luce che proveniva dal soffitto .Il cono luminoso nasceva per la precisione da un foro grosso quanto tre palle di cannone che lasciava intravedere un frazione di cielo, nel mio soffitto. Mentre guardavo quel danno enorme alla mia abitazione, e tra me e me speravo vivamente che non incominciasse a piovere, mi resi conto di quanto fosse mal messo quel posto. Analizzando bene la struttura mi accorsi che il legno era marcio e andava cambiato al più presto se non volevo che crollasse tutto il soffitto del corridoio. In realtà me ne ero accorto già da diversi giorni però speravo che la struttura avrebbe retto fino al mio ritorno...evidentemente così non era stato. Controllai che ore erano...probabilmente Yamashita avrebbe perso un po di tempo con le burocrazie e le carte indispensabili per il suo soggiorno, cosa che mi dava, ad occhi e croce, almeno un paio di orette di tempo: potevo usarle per riparare il mi soffitto. Feci mente locale su quello che mi serviva. Poi imboccai un corridoio secondario per andare in una stanza poco distante dove avevo lasciato la settimana prima diverse cassette di attrezzi, una scala e delle travi di legno fresco che pensavo di utilizzare in altro modo. Purtroppo il danno al mio soffitto era impellente così le presi senza rimpianti. Con due viaggi avevo trasportato tutto e posizionato al scala. Con cautela arrivai fino al soffitto coprendomi con un mano gli occhi a causa dei raggi del sole che penetravano in casa e mi accecavano. Incominciai a lavorare rimuovendo con cautela le travi che andavano cambiate e sostituendole con quelle buone. Ogni tanto lo scricchiolare della strutture,e l’oscillare della scala ad ogni colpo di martello mi costrinsero fermarmi. Ma dopo un’ora aveva completato almeno metà del mio lavoro.

    Ed ecco che mentre il martello calava per l’ennesima volta su un chiodo, sentì bussare qualcuno alla porta. Pensai che fosse pericoloso lasciare tutto in sospesa,ma dopotutto mi potevo assentare per qualche secondo...Lasciai scala ed arnesi alla rinfusa per terra e sulla scala e mi affrettai alla porta. Yamashita comparve oltre l’uscio.Aveva fatto molto prima di quanto mi aspettassi.



    “ Hai fatto presto...a quanto pare Yami si sta dando da fare parecchio in questi giorni. Vieni dentro...benvenuto a casa mia.”



    Lo feci entrare, cercando di essere più ospitale possibile. Sebbene lo stile di Oto non contemplasse molo l’ospitalità mia madre, sunese, mi aveva inculcato certi valori e modi di fare che mi contraddistinguevano parecchio



    “ Andiamo in cucina...lì potremo parlare. Purtroppo non sno riuscito a preparare niente...ho appena scoperto non avere più il soffitto del corridoio... quindi tempo che per pranzo c dovremmo arrangiare...spero che tu sia bravo in cucina...ahah”


    Mentre così discorrevo cercando di essere un buon ospite, mi accorsi che veramente non ero un gran che come padrone di casa. Normalmente non ero ciarliero e così mi trovavo un po in difficoltà nel parlare con un completo sconosciuto, sebbene la voglia di cambiare questo stato delle cose fosse grande. Che io ne sapevo infatti, la famiglia di Yamashita era amica di mio padre ed io ero interessato vedere con questa famiglia lo aveva interessato.
    Ascoltai concentrato quello che Yamashita mi diceva e mi accorsi di aver imboccato il corridoio sfregiato solo a causa dell’anomalo cono di luce di fonte ai miei occhi.


    “ Guarda che danno...non c’è proprio nulla da fare, questo posto è un rudere. Mi ci sto mettendo di impegno per metterlo apposto...ma come puoi ben vedere non ho fatto un gran che...forza andiamo, dopo pranzo vedrò di darci una sistemata...”


    dissi con modestia. Camminavamo con passo tranquillo e mi accorsi quanto fosse quasi anomalo, che due ninja parlassero del più e del meno nella tranquillità di una casa, lontano dai compi di addestramento e di missione.
    Stavo per riprendere la parola, ma quando emisi il primo suono un ruggito scoppiò dal soffitto. In un attimo la consapevolezza di ciò che stava accedendo mi colse senza neppure vedere e mi congelò le parole. Intuì che il soffitto stava cadendo…ero stato uno sciocco…dovevo completare quello che avevo terminato Mentre l’istinto mi costrinse a voltare la testa verso il boato, mi resi conto che, nonostante il mio livello di preparazione fisica, non sarei mai riuscito a schivare quelle macerie. Speravo solo che Yamashita non rimanesse coinvolto pure lui nel crollo, ma era una speranza totalmente assurda. L’ultima cosa che vidi prima di chiudere le palpebre fu una pietra dalle dimensioni di un tavolo a dieci centimetri dal mio corpo.


    “NO...”




     
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    Incapace?

    « 'Sto villaggio è proprio vivace, forse anche troppo. »
    Pensavo, mentre camminavo per i sobborghi del villaggio di Oto. Era molto affollato, lòe zone più nascoste erano piene di prostitue: insomme, era davvero un bel villaggio. Avevo detto al Mikawa che sarei andato in amministrazione per il permesso, ma ora non mi andava proprio di affrontare altri problemi burocratici. L'incontro con la guardia alle muara di Oto mi bastava. Ero trasformato da un ninja di piccola statur, occhi verdi e con il corpifronte di Oto ben visibile sulla fronte. Nessuno mi fermò, forse perchè nessuno mi conosceva. Non sapevo cosa fare, in lontananza vidi un casinò alquanto invitante. Entrai, e per quanto mi fosse possibile credere, non vi era il limite della maggiore età per entrare. Senza guardare le altre attrazioni, andai subito al bancone dove si puntava sulla 'roulette russa'. Mi sedei, possai il nero mantello e con uno sguarda abbastanza eccitato mi rivolsi al signore dicendo:
    « Punto tutto sul tre rosso.»
    Indicai tutte le fish che avevo comprato al bancone precedente. Follia o coraggio? So solo che dopo qualche secondo che la pallina si muoveva si fermò su un numero all'apparenza indefinito. Con la mia vista aumentata, notai che la pallina si era fermata poco vicino dal due rosso e, quindi, pur di non perdere, colpii violentemente il tavolo. Risultato? La pallina si posò sul due nero e persi tutto ciò che avevo scomesso. Sono stato davvero un coglione, pensai mentre ritornavo a villa mikawa.
    " Cazzo, era meglio che andavo in amministrazione. "
    Pensavo mentre riassunsi la mia forma originali, nei pressi della maestosa villa. Bussai e dopo pochi attimi il Mikawa aprì il portone. All'interno la casa faceva ancor più schifo di quanto potesse sembrare vedendola da fuori. Una casa anni '50 che a momenti stava crollando. Prnunciò vacue parole riguardanti quella casa di merda, la sua cucina e l'amministraore di Oto. Chissà come avrebbe reagito se avrebbo saputo che non ero andato in amministrazione.
    « Si, in effetti l'amministratore si sta dando da fare. »
    Esclamai, grattandomi leggerrmente il capo. Mentre andavamo in cucina, ovviamente non aveva preparato nulla da mangiare e io non avevo nemmeno i soldi per prenotare qualcosa da qualche ristorante lì vicino, un pezzo del tetto si staccò e stava cadendo sul Mikawa. i suoi riflessi erano lenti, per fortuna che io ero abbastanza veloce per salvare l'uomo. Pensai, però, che se lui sarebbe morto avrei potuto ereditare la casa, fingendomi suo parente o inventando qualche altra scusa, ma poi dovevo affrontare altre faccendo burocratiche. per questo motivo mi bittavi su di lui, spingendolo via dalla traettoria del masso. Nonostante ciò, si ferì abbastanza gravemente alla gamba destra. Potevo pur salvarlo in modo che non fosse stato ferito, ma se lo avrei fatto non mi sarei affatto divertito.
    « Mikawa, sei proprio incapace. Se non ci fossi stato io adesso, tu avresti abbandonato questo mondo. Sei proprio una merda. Ti sottoporrò ad un allenamnto che metterà in serio pericolo la tua vita, tuttavia se concluso con successo ne risulteresti fortificato. »
    Esclamai, lui accettò volentieri e senza pensarci troppo. ovviamente non vi era tempo per riposare e per aspettare che la ferita alla gamba guarisse. Avevo già un'idea per allenarlo, ovviamente uo dovevo pur guadagnarci qualcosa.
    « Sai Mikawa, il tuo primo compito è quelo di intrufularti nel casinò che sta in città; dovrai abbattere i buttafuori che stanno all'entrata e dovrai rubare 1500 monete d'oro. Puoi anche ucciderli se vuoi, basta che non li conduci sulle mie tracce.»
    Così conclusi. La quantità assegnata per il furto superava di gran lunga la quantità- di monete che avevo perso; tuttavia io volevo approfitarni di quella gigante da soma. Mi sarei divertito - ed arricchito - un bel po' con quel Mikawa.



    OT: Qui inizia il tuo addestramento per l'energia rossa. I buttafuori saranno energia verde, ma tu ovviamente puoi contare sull'abilità dei Mikawa. :GHU:
    Sono in tutto 4 e ognuno di loro resta a guardia per 15 minuti, dopodichè cambiano postazione. Fanne ciò che vuoi, basta che mi riporti i soldi che ho perso è_é
    Buon lavoro, massima precisione nel narrare.
     
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    PRIMA PROVA: Furto al casinò



    Buio. Come un cieco l’unica cosa che i miei occhi potevano captare era solamente la tenebra nella quale essi stessi si erano rintanati, per istinto, per paura. È quasi contraddittorio come l’uomo si trovi sempre impreparato di fronte alla morte, è quasi contraddittorio che io, che non avevo mai rifiutato un combattimento o una missione, con tutti i rischi che poteva comportare, adesso avevo paura...che delusione. Nella mia mente si impose un profondo silenzio e l’impossibilità di formulare un pensiero che fosse diverso da quel misto i ansia e terrore che mi attanagliavo. Aspettavo la morte, eppure la temevo. La aspettavo, perché il mio corpo non era in grado di scamparvi; la temevo, perché ero insicuro. Nell’uno e nell’altro caso, una sola cosa era evidente: ero debole.

    Eppure non andò così. Fato volle che non quel giorno io dovetti morire. Nell’incapacità di vedere avvertii solo che una forza mi spostava, forse non troppo rapidamente perché uscissi illeso dal crollo della mia stessa casa. Fu proprio il dolore a dirmi che ero ancora vivo: i morti non possono provare dolore.
    Il mio corpo fu sbattuto contro una superficie solida, probabilmente il muro di casa, e mi accasciai quasi senza forze. Ancora infatti non mi ero ripreso dallo shock, la mia mente faticava a razionalizzare gli impulsi che il corpo gli lanciava, non ero in grado di ricostruire gli eventi. Nella confusione, la strada per rinsavire si illuminò accompagnata dalle parole dell’unica persona che si trovava in quella stanza insieme a me.

    CITAZIONE
    « Mikawa, sei proprio incapace. Se non ci fossi stato io adesso, tu avresti abbandonato questo mondo. Sei proprio una merda. »

    Troppe, troppe parole per essere capite con chiarezza dalla mia mente scombussolata. Aprì gli occhi. Yamashita mi stava davanti, la sua figura gettata metà in ombra dalla luce che scendeva adesso maggiormente al soffitto. La sua aria di disprezzo era stampata a chiare lettere sul suo volto...mi sentii veramente una merda. E poi le poche parole che mi aveva rivolto prima si ricostruirono nella mia mente. Aveva ragione, non ero forte abbastanza...ero stato persino capace di farmi salvare da uno sconosciuto, da un ospite per giunta. E sebbene il tuono di voce col quel parlava era sgradevole e offensivo nei miei confronti, come potevo ribattere difronte a tanta verità? Cercai di tirami su, ma la gamba ferita non sosteneva il mio peso. Dovetti aiutarmi col braccio sinistro, appoggiandomi al muro, per non rovinare a terra, e concludere in bellezza la mia già eccelsa performance.

    CITAZIONE
    Ti sottoporrò ad un allenamento che metterà in serio pericolo la tua vita, tuttavia se concluso con successo ne risulteresti fortificato.

    Questa era una cosa che veramente non mi aspettavo. Probabilmente l’incredulità si dipinse a forti tinte sul mio volto, giacchè anche Yamashita se ne accorse. Non potei non notare l’ilarità della mia situazione: il mio ospite era diventato, prima il mio salvatore, poi il mio denigratore ed infine sarebbe dovuto diventare il mio sensei. Così, con il dolore alla gamba che perforava il cranio, sorrisi.

    “Mpf...credi davvero che parole come “ allenamento alla morte" possano fare presa su di me? Va bene sfidami a quello che vuoi...anche con una gamba ridotta così...per me non è un problema.”



    CITAZIONE
    Sai Mikawa, il tuo primo compito è quelo di intrufularti nel casinò che sta in città; dovrai abbattere i buttafuori che stanno all'entrata e dovrai rubare 1500 monete d'oro. Puoi anche ucciderli se vuoi, basta che non li conduci sulle mie tracce.»

    “ furbo però...con questo giochetto potrà anche arricchirsi...ne il rifiutarmi porterebbe a qualcosa di costruttivo...”


    Senza dirgli una parola mi voltai, dandogli le spalle, e uscì dall’ormai distrutto corridoio fino fuori casa. Con passo incespicante tentai di assumere un andamento naturale, purtroppo la gamba faceva più male del previsto...dannazione. Mentre camminavo con volto basso mi misi a pensare alla moralità del mio gesto. In realtà mentivo a me stesso quando mi dicevo che dopotutto andavo a rubare in un luogo di perdizione; che rubare a chi costantemente imbroglia tanti poveracci non è poi così sbagliato. In realtà erano tutte balle, io lo sapevo, ma mi aiutava ad andare avanti. Certamente non mi sarei fermato per questo...ormai la sfida era partita...altro che allenamento, altro che rischiare la vita...qui c’era in palio l’onore.

    Mentre mi dirigevo verso il casinò notai con piacere che le tenebre stavano scendendo sul villaggio, cosa che mi diede un sollievo: sarebbe stato molto più facile agire in queste condizioni. Allungai solo di una decina di metri al via per la mia meta, giusto il tempo di imboccare un violetto nel quale cambiare il mio aspetto mediante la tecnica della trasformazione. Ne uscii mutato. Adesso al posto della possente figura allenata di un ninja, sarebbe comparso un ometto sulla quarantina, dall’aspetto salutare, ma in definitiva un anonimo.

    A mala pena dieci minuti di cammino e la mia vista si posò su quel luogo di fortuna e inganni che gli altri chiamavano casinò...io personalmente non avevo mai avuto bisogno di pronunciare quel nome. Il palazzo sorgeva alla destra della via. Nonostante fosse incassato tra altre file di abitazioni, l’edificio si trovava quasi in disparte, come se il costruttore avesse voluto isolare quella sua creazione dal resto del volgo. In effetti al struttura era ben fatta, slanciata e a più piani. Mentre camminavo lungo il corso, ovvero lungo la via davanti alla quale si apriva la porta principale del casinò, lanciai un’occhiata distratta alla stessa. Una sola guardia era all’entrata...nulla di particolare, ma era evidentemente ben allenata, o almeno questo trasaliva dai rigonfiamenti sotto le vesti. Mi concessi tempo, del resto il mio nuovo sensei non me ne aveva imposti. Sprecai un’ora del mio tempo nel costatare che le guardie si cambiavano di posto ogni questo d’ora. Si perché infatti erano più di una, per la precisione quattro.
    Intanto l’oscurità si era fatto padrone di quel logo, dovendo però cedere alle numerose insegne che si erano improvvisamente accese ai alti della strada, e in particolar modo intorno al casinò.

    “Ok posso iniziare”


    Mi recai all’edificio alla destra del casinò, tranquillo...il buttafuori non mi degnò nemmeno di uno sguardo...meglio. Rapidamente impastai il chakra sulle piante dei piedi così da permettermi di arrampicarmi sulle pareti della struttura facilmente. Incominciai a salire lentamente, cercando di non sforzare eccessivamente la gamba ferita...cosa praticamente impossibile in quella situazione. Arrivato a 7 metri di altezza, mi sarei posato sulla facciata dell’edificio, nel buio, essendo le insegue al neon più in basso. Guardando a terra potevo scorgere il primo buttafuori...sarebbe stata una passeggiata. Con passo lento incominciai la discesa, il più silenziosamente possibile. Un quantitativo pari a bassissimo di chakra andò alla gamba malmessa, così da lenire il dolore. I metri prima dell’attacco, si ridussero vistosamente, ogni muscolo teso a vincere la forza gravità per rimanere saldamente a quella parete. Ad un metro e mezzo dal buttafuori, mi arrestai. Nessuno era in procinto di entrare, e i presenti si stavano allontanando dalla zona nella quale andavo ad agire. Un solo attimo di ripensamento prima dell’attacco, il respiro praticamente assente. Disattivai il chakra che mi teneva vincolato alla parete. Non più sorretto da quella forza, precipitai vero il suolo, ma mentre cadevo i pugni salirono davanti al mento fino ad unirsi. Così sferrai in caduta un colpo a due mani alla testa del mio avversario che, da dietro, non poteva opporsi in nessuna maniera. Un suono sordo si dipartì dal suo corpo mentre subiva il mio attacco, un attacco a quanto pareva sufficiente per stordirlo. In un attimo, prima che la situazione degenerasse, avevo già portato il bestione, nello stesso vicolo dove mi ero arrampicato, e lo avevo nascosto dietro due secchi dell’immondizia. Purtroppo a quel punto apparve evidente che non potevo continuare in quella maniera. Nonostante i miei colpi erano più potenti del normale, certo non potevo sperare che quei bestioni rimanessero storditi per troppo tempo. Ed un’ora era decisamente troppa...Un sola era la soluzione, li dovevo far scoprire così da attirarli in fretta e poterli sconfiggere in un sol momento.

    Mi nascosi con il corpo senza coscienza del mio nuovo compagno di avventura, nelle ombre del violetto. I minuti passarono lenti, e lentamente il mio respiro cadeva con regolarità. Quando mancavano pochi minuti al cambio di guardia, preparai la mia esca. Necessariamente avevo dovuto aspettare l’ultimo minuto, perché se ci fosse caduto qualcun altro sarebbe andato tutto in fumo. Posizionai quindi il corpo del buttafuori in maniera che, dalla strada principale, se ne potesse vedere il profilo. Siccome avevo notato che le guardie si conoscevano, non avevo dubbi che, il buttafuori che doveva arrivare, non trovando il suo compagno si sarebbe allarmato ed, inseguito, visto il corpo, si sarebbe diretto nel vicolo dove io mi stavo nascondendo, pronto per l’ennesimo attacco a sorpresa.

    Così infatti avvenne: il bestione arrivò puntualissimo e, come da copione si allarmò nel non vedere più il suo compagno, ma non eccessivamente. Poi si diede uno sguardo intorno e alla fine trovò la traccia che gli avevo lasciato. Lo sentii distintamente chiamare qualcuno alla ricetrasmittente che aveva all’orecchio, mentre mi dava le spalle, a me che stavo nell’ombra di un a viuzza minore che si apriva tra quei palazzi. Appena ebbe finito gli riservai lo stesso trattamento del primo, un colpo ben piazzato alla base della nuca supportato da un altro po di chakta. Anche il secondo era fuori combattimento. Questa volta però non ebbi il tempo di riprepararmi. Rumori di passi mi portarono all’entrata mentre due grosse sagome, si facevano spazio, correndo, verso la mia posizione. Lessi un attimo d’ incredulità nei loro occhi, quando videro i loro compagni a terra; una incredulità che si trasformò presto in rabbia cieca, anche se devo dire a loro merito, domata dall’esperienza. Come una squadra si lanciarono verso di me. Spalla contro spalla, come un muro umano. Purtroppo la gamba non mi permetteva movimenti complessi, e quindi cassi subito d non potermi destreggiare tra due individui di quella levatura fisica. Anche per questo dovetti agire con intelligenza. Quando infatti furono a poco meno di quattro metri da me, quando la loro ira era giunta al punto massimo, e i loro passi calpestavano il terreno con maggiore violenza, nella foga di raggiungermi, lanciai un solo kunai, preciso, mirato alla basse del collo del piede del bestione alla mia destra. Il colpo era mirato alla gamba portante, un colpo che non era letale, ma nemmeno schivabile. Quindi appena il kunai lo colpì quello mi oltrepassò alla mia sinistra, rovinando terra. L’altro invece, ancora sano, mi attacco con tutta la sua forza. Non era allenato alla maniera dei ninja e i suoi attacchi risultavano abbastanza prevedibili. Poi un colpo in fallo, non potenzialmente letale, e decisi di subirlo per fargli assaggiare la mia forza. Mentre il suo pugno mi colpì allo stomaco io gli rifilai un uno due al volto e quello, sanguinante, cadde terra, anch’egli fuori gioco. Ma il mio incontro non era finito. L’ultimo rimasto cosciente mi ripese alle spalle, con una presa che mi immobilizzò gli ari superiori. Provai a forzare la sua stretta, ma da quella posizione, la sua leva era in vantaggio, la mia superiore forza completamente inutile. Quello cominciò a stringere, con forza, cercando di farmi pagare l’affronto che avevo osato fare ai suoi compagni. Ma la mia mente era lucida, il respiro regolare e provavo un dolore che era di gran lunga inferiore di quello della gamba. Giàcchè non potevo nulla, decisi di utilizzare a mio vantaggio la struttura del luogo di scontro. Impastai un mezzo basso nelle gambe e mi buttai di schiena contro la parete alla mia destra. Ovviamente il bestione subì tutta la violenza del colpo, ma non mollò. Allora io con vigore, ancora una volta, ancora due, finchè la sua presa divenne nulla. Così mi libera con uno strattone e lo buttai a terra...un altro colpo alla nuca...

    Quando ebbi terminato con la mia schermaglia, posizionai i corpi così che non potessero essere visti dalla via principale. Ad occhio e croce avevo una decina di minuti prima che il primo che avevo stordito si risvegliasse. Cambiai nuovamente il mio aspetto, mediate la hange
    Adesso ero un ragazzo sui ventiquattro anni con il braccio deterso fasciato e retto da delle bende al collo. Indossavo un kimono nero, come quello che ero solito portare e il braccio inutilizzabile, trovava posto nella scollatura dell’ abito. Entrai.

    Lo scenario ignoto che mi accolse i rivelò corrispondente alla mia immaginazione. Tante luci, tanti colori, tante persone dedite a perdere soldi e solo qualche eletto a vincere. Mi feci un giro tra i tavoli, tranquillo. Poi notai ciò che mi interessava. Tra i tanti giochi era stato lasciato uno spazio con un unico tavolo, troppo piccolo da accogliere dei giocatori. Il tavolo, alla cui guardia c’erano altri tre buttafuori, era depositario di tanti sacchetti, ognuno dei quali recava la scritta 500, a lettere d’oro.
    Probabilmente quello era un incentivo per far giocare i giocatori...
    Analizzai gli spazi, mi feci un rapido calcolo dei tempi e mi avvicinai ad un tavolo che appena si era liberato di tutti i giocatori e del mazziere. Era perfetto. Con disinvoltura vi passai accanto e contemporaneamente feci passare la mia mano destra sotto il margine esterno dello stesso e vi applicai una bomba carta attivandola. Incominciai a contare:

    “ 3...”


    Il mi passo rapido mi aveva portato a meno di dieci metri dal tavolo con il denaro. In me speravo che non fossero dei falsi e che quei sacchetti non fossero solo uno specchietto per le allodole…purtroppo non avevo il tempo di controllare...adesso il piano era incominciato.

    “...2...”


    Il tavolo era ad un passo dalla mia mano, i buttafuori vicinissimi a me...se solo avessero saputo cosa avevo in mente...

    “...1...”


    Lo sguardo indagatore di uno di quelli si posò sui miei occhi cercando di scrutare chissà che cosa all’interno di quelli. Il mio cuor perse un colpo…ma lo sguardo era rimasto gelido e indifferente..

    “ ...0”


    L’esplosione arrivò nel momento aspettato, facendo finire in un miliardo di schegge il tavolo ormai martire
    dei miei piani. Tutti si gettarono atterra sotto shock. Anche le guardie, per riflesso condizionato, oppure per addestramento, si accucciarono coprendosi gli occhi. Anch’io feci lo stesso, ma un attimo in ritardo, quello stesso attimo che mi servì per rubare, rapidissimo, tre sacchetti dal tavolo e metterli nella bozza del chimono che veniva a formarsi per il braccio fasciato lì posto.

    Arrivarono altre guardie a controllare la situazione, ma quelle non potevano fare niente...non c’era traccia della mia manipolazione. In breve tempo fecero uscire tutti i giocatori dalla sala e io con essi. Fu un piacere uscire da quel luogo, vittorioso. Le guardie fuori si erano appena riprese e, agitate nel loro fallimento, parlavano ad alta voce tra di loro e all’interno degli auricolari...gli passai giusto affianco. Per un solo attimo il mio pensiero ritornò alla legalità del mio gesto; ma già i piedi tornavano verso casa, per mostrare ciò che ero riuscito a fare a colui che mi aveva sfidato.


    SPOILER (click to view)
    Off topic

    Ferite subite: ferita medio-grave alla gamba destra, leggera all'addome, leggera da stritolamento al petto
    Chakra consumato: 30/98 (misura indicativa)

     
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    Utile Bestia da Soma?

    Dopo alcuni istanti che stavo a cazzeggiare in quel rottame che il Mikawa usava definire 'casa', il suddetto bussò alla porta. Quando aprii notai con piacere che aveva compiuto la missione e che mi aveva portato tutti i soldi che gli avevo chiesto. Davvero notevole.

    « Bravo, ottimo lavoro. »

    Il bello di questa situazione è che lui per orgoglio aveva interpretato le mie parole come una sfida, invece altro non erano che una proposta la cui percentualità di andare in porto era bassissima. Ciò nonostante ero riuscito ad abbindolarlo. Forse si sarebbe davvero rafdforzato e sarebbe diventato più forte, ma per farli credere ancor di più in questa falsa dovevo far finta di allenarlo in qualsiasi ambito, perfino nell'utilizzo del chakra. Lo guardai strano. Secondo il mio punto di vista, l'utilizzo del chakra non era il suo forte. Il tipico ninja tutti muscoli e niente cervello.

    « Mikawa, il chakra non è il tuo forte, vero? »

    Gli domandai gesticolando come se fosse un ritardato. Non so perchè ma accosto il chakra all'intelligenza, anche se questo ragionamento non è del tutto veritiero. Ma sfido chiunque a trovarsi davanti un bestione grande come un armadio e pensare che egli potesse aver un briciolo di inteligenza. Pensai ad una prova per allenarlo ad utilizzare il chakra, diamine, potevo pensarci mentre lui rapinava il casinò. Non era meglio preparsi che cazzeggiare tutto il giorno.

    « Uhm...bene...mmh...adesso...mmh...per caso sai camminare sugli alberi e sui muri in verticale ? »

    Gli domandai e dopo aver ricevuto una risposta affermativa, mi venne in mente un idea davvero niente male. Guardai il tetto che perdeva costantemente pezzi. La mia stanza, ovvero quella degli ospiti, stava al piano più in alto quindi la notte non potevo dormire tranquillo per paura che mi corollasse il tetto.

    « Dovrai salire sul tetto usando il chakra e non dovrai mai smettere di utilizzarlo. Ovviamente, a causa degli sforzi eccessivi e del chakra utilizzato per rapinare il casinò, sarai stanco e vorrai riposarti. Non m'importa delle tu esigenze, però. Quindi salirai e riparerai tutto il tetto. Quando ti sentirai mancare poichè non possiedi nemmeno un briciolo di chakra nel corpo, bhè, trova un modo per non morire. »

    Indicai le tegole nuove che stavano nello sgabuzzino della villa. Gli feci un cenno di buona fortuna e, per la seconda volt, lo affidai solo a se stesso. Se moriva, bhè, tanto meglio.



    OT: Quando il tuo chakra arriverà ad un bassissimo ti sentirai mancare e non riuscirai più a camminare. Ovviamente dovrai utilizzare altro chakra fino a quando il tuo chakra arriverà ad 1/2 di bassissimo, ovvero il mino indispensabile. Svenirai sì, però la tua riserva di chakra sarà aumentata. Trova un modo per non morire, boh, vedi tu =D
    Sii preciso nel narrare e per estrarre alcune tegole rotte dovrai utilizzare un 'quasi bassissimo' (1/2 di bassissimo) quindi regolati.
    Per salire utilizzerai 7 bassissimi, idem per scendere (controllo del chakra 1). Una volta che stai sul tetto non c'è bisogno di utilizzare altro chakra per camminare.
     
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    SECONDA PROVA: Salita senza scale



    CITAZIONE
    « Mikawa, il chakra non è il tuo forte, vero? »

    Come poche ore prima Yamashita parlò con tono sferzante, come di chi si sente superiore. Non mi degnai nemmeno di rispondere a tale domanda, anche perché il tono con cui era stato formulato non ne contemplava nessuna, e come tutte le domande retoriche, anche a questa era inutile rispondere. Quindi il mio sadico e corrotto sensei continuò così, dopo attimi di tentennamento:

    CITAZIONE
    « Dovrai salire sul tetto usando il chakra e non dovrai mai smettere di utilizzarlo. Ovviamente, a causa degli sforzi eccessivi e del chakra utilizzato per rapinare il casinò, sarai stanco e vorrai riposarti. Non m'importa delle tue esigenze, però. Quindi salirai e riparerai tutto il tetto. Quando ti sentirai mancare poichè non possiedi nemmeno un briciolo di chakra nel corpo, bhè, trova un modo per non morire. »

    E così la mia nuova prova era stata decisa, chi sa poi sulle basi di quale capriccio. Ciò nonostante questo non mi doveva riguardare…incominciavo a rientrare nell’ottica dell’allenamento, ovvero quella ricerca di perfezione che io avevo troppo a lungo rimandato. Sebbene infatti quotidianamente l’esercizio fisico era pratica comune, erano oltre sei mesi che veramente non mi mettevo alla prova...senza dubbio era il momento di rincominciare.

    Ancora una volta non risposi al mio maestro, ma alzai il capo per vedere ciò che si doveva fare. Da una prima analisi calcolai che mi sarebbero servite più o meno una quarantina di tegole per sanare il danno al tetto, in più si dovevano contare almeno tre tavole di legno per ricomporre la trabeazione. Valutai bene la quantità di materiale nonché il possibile dispendio di forze e mi misi all’opera. Prima di tutto legai le tegole in pacchetti da dieci con della corda cosicché il trasportarle verso l’alto mi fosse più agevole. Feci lo stesso con le tre tavole di legno, anche se a queste applicai una corda più lunga così da poterle tirare su quando fossi stato già in cima alla mia abitazione. Durante la prima salita reggevo con entrambe le braccia una delle quattro pile di tegole e in più la corda con le tavole. Il peso della corda era completamente trascurabile, quello delle tegole considerevole anche se non eccessivo per la mia forza sopra la norma. Evocando il chakra adesivo incominciai la salita, le tegole che poggiavano sul petto adesso parallelo al terreno. Nessun problema...i passi si avvicendavano con cadenza regolare, lo sforzo non era eccessivo. La gamba però dava seri problemi; probabilmente sarei dovuto andare in ospedale di li a breve, un profondo livido nero grosso quanto tutto il quadricipite era comparso sullo stesso. Ricorsi al chakra come palliativo ma in una quantità talmente esigua (2,5 ptc)da risultare inefficacie. Quando arrivai sulla sommità dell’edificio, feci una stima approssimata di quanta energia avevo perso: la fortuna mi sorrideva; a meno che non avessi completamente sbagliato i miei calcoli, 4 viaggi sarebbero stati sufficienti per ultimare il lavoro. Mi misi all’opera. In primo luogo tirai su il legno, mediante la corda che avevo in mano, fino al soffitto utilizzando altro chakra (2,5 ptc). In seguito le disposi sul foro così che seguissero l’andamento del tetto. Purtroppo dovetti ricorrere ancora alla mia riserva di chakra per alcune tegole che si erano incastrate tra di loro, così la mia riserva si abbassò ulteriormente di due bassissimi (5 ptc). Solo dopo aver tolto quegli impedimenti potei applicare le tavole, per dare sostegno alle tegole che poi le avrebbero coperte. Ovviamente una sistemazione del genere non avrebbe reso quella parte di tetto funzionale al 100%. Ad essere realistici al posto del legno sarebbe servito materiale isolante, ma in mancanza questa era tutto quello che potevo fare. Incominciai a piazzare le tavolette che avevo portato con me. Non più di un quarto d’ora mi servì per incastrare tra loro le prima dieci tavolette d’argilla; dopodichè discesi. Mentre scendevo mi scoprii essere molto tranquillo mentre svolgevo tale esercizio. Questo era quello che si poteva definire un addestramento mirato allo sfinimento. Allora quando ti trovi ad affrontare questo tipo di situazione non devi badare a quante energie consumi, perché la finalità dell’esercizio non è il completamento dello stesso ma lo sfinimento di chi lo compie. Quindi ci si rende conto che non l’allenamento è importante né il tempo che ci si impiega, di conseguenza non ha nemmeno importanza come lo si svolge. Nella mancanza del giudizio risiedeva la mia tranquillità, come nel furto al casinò, di potermi esprimere liberamente. Questa mia convinzione, però, non mi allontanò dall’obbiettivo pratico dell’allenamento. Dopotutto quello era il mio tetto...se facevo un cattivo lavoro ne avrei risentito io stesso in prima persona.

    La seconda salita iniziò come la prima e a questa seguì una terza che, se non fosse stato per i risentimenti alla gamba, avrei potuto definire poco impegnativa. Infatti finquando il chakra supportava le mie scalate e le forze erano abbondanti, certamente non era la difficoltà di ciò che dovevo compiere a rendermi la vita difficile. I problemi giunsero alla quarta scalata. Diverse gocce di sudore imperlavano il mio volto e il mio corpo che adesso risentiva con così vivido decadimento tutte le energie dissipate in quel lavoro “domestico”. Infatti la mia riserva di chakra ormai non vantava nemmeno più un quarto della sua originale potenzialità, giacchè era stata così largamente messa alla prova dagli sforzi al casinò. Questa consapevolezze che, comunque la mia mente aveva tenuto ben presente, alla stregua di chimere, fin dalla prima salita, mi colpirono adesso a metà dell’ultima salita con una immediatezza quasi sconcertante. Fu per me quasi doloroso dover rilasciare altro chakra per non patire così grandemente il doloro alla gamba destra. Ero appena salito in cima che fui costretto a sedermi rimandando di poco l’ultima parte del lavoro. La vista incominciava ad appannarsi, le figure sfumavano nei fantasmi delle stesse...ma fermarsi adesso era quasi una beffa al mio sforzo. Quasi con disprezzo afferrai la sacchetta con le ultime tegole la avvicinai al luogo di lavoro. Sciolsi il nodo che le teneva unite e incominciala comporle in quel mosaico monocromatico che era il tetto. Più volte l’avambraccio andò ad asciugare la fronte, più volte sentii il braccio sinistro, che reggeva il peso del mio corpo da disteso, cedere sotto la pressione della mia mole...però fermarmi era uno spreco. Questo era l’unico mantra che mi spingeva ad andare avanti, come un’ancora di lucidità che non permetteva di abbandonarmi all’incoscienza e al meritato riposo.

    Quando anche l’ultima tavola fù posizionata, mi diressi fino al bordo del tetto e guardai giù. Quella era l’ultima prova, anzi era la prima, perché certo sprecare la mie energie era solo la premessa della vera fase dell’esercizio. Io lo sapevo bene. Ancora lucido nella mia mente era il ricordo appartenente ad un tempo passato di soli sei mesi quando mi trovavo in compagnia del maestro Asuka e di altri giovani shinobi che, come me, stavano affrontando il loro primo allenamento serio con un maestro. Allora non fu nè semplice né divertente affrontare l’orda di demoni che il sensei usò come mezzo per spronarci a migliorare. Al tempo, infatti, non eravamo in grado, non ero in grado, di poter dissipare le mie energie salendo in verticale su di una parete, così Asuka dovette evocare uno dei suoi demoni affinché strappasse dal mio corpo ogni forza che quello possedeva. Quella fu la prima volta in cui dovetti veramente credere in me stesso per riuscire ad appellare al mio volere addirittura le energie vitali per sopravvivere. Era necessario anche se la motivazione allora non devo dire che mi fosse chiarissima. Adesso, però, sulla sommità di quell’edificio io conoscevo bene l’utilità di quel gesto estremo ed ero pronto a rimettermi in gioco per quella stessa utilità.

    Nuovamente evocai il chakra adesivo, un’ultima volta, e incominciai ala discesa. Le difficoltà si fecero subito evidenti: la stanchezza, la manipolazione di una quantità troppo infima nonché necessaria di chakra, rendevano difficoltoso ed irregolare la patina di energia che mi permetteva di vincere la forza di gravità. Strinsi i denti e cercai di focalizzare quei pensieri sfuggenti che vorticavano nella mente, così simili ai sogni che colpiscono l’uomo quando è incosciente, in maniera da aumentare la mia concentrazione. Solo un’alta concentrazione mi poteva permettere di ottimizzare quelle ultime forze che mi rimanevano; deconcentrarmi, infatti, avrebbe significato cadere da un’altezza di oltre tre metri, ergo una potenziale morte. I passi incerti si susseguivano uno dopo l’altro privandomi sempre più della vita per portarmi alla salvezza. Anche il dolore alla gamba adesso era relativo, relegato in un angolo di cervello insieme a quello che rimaneva della mia percezione della realtà. Se però una cosa, forse per inerzia o per istinto, la mia mente focalizzava, era la meta...ancora troppo distante. Avanzavo comunque ma le gambe mi reggevano appena, fino a quando il mio corpo si arrestò rifiutandosi di andare avanti. Sentii le suole delle scarpe staccarsi dalla solida parete per abbandonarsi al vuoto; la caduta solo per un attimo, per una frazione di secondo, fu rallentata da quell’ultima misera quantità di chakra che la volontà evocò quasi inconsciamente. Ormai non più padrone di me stesso, avvertii brevemente quella sensazione di leggerezza che avevo sempre immaginato dovessero provare i pochi eletti ai quali la natura aveva concesso il dono del volo. La stessa brevità che servì al mio corpo per crollare al suolo che distava solo mezzo metro da terra.


    SPOILER (click to view)
    Off topic

    Ferite subite: ferita medio-grave alla gamba destra, leggera all'addome, leggera da stritolamento al petto, due lievi da caduta
    Chakra consumato: 96.75/98
     
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    I Mikawa perdono Sangue !

    Notevole, era riuscito a superare anche questa prova. Ora giaceva inerme sul terreno, privo di energie. Un sensei degno di questo nome lo avrebbe preso e lo avrebbe condotto in casa, in modo che egli si riposasse al meglio. Invece, io lo lascia lì sul terreno. Non mi andava di sforzarmi per prendere quel colosso e portarlo in camera. Il cielo diventò di un grigio intenso e dopo alcuni secondi cominciò a piovere intensamente.

    [...]

    Dopo circa 5 ore, sulla tarda serata, si era decisamente ripreso. Subito uscii di casa con un suo impermeabile e con un fare sereno gli dissi:

    « Seconda Prova: Terminata. »

    Ma senza darli il tempo di recepire il messaggio, di pormi eventuali domande stupide o, ancor peggio, senza che egli potesse esultare per la missione compiuta, ricominciai a parlare impartendoli un nuovo ordine. La pioggia batteva pesantemente sui nostri corspi, io ero abbastanza asciutto, lui era completamente bagnato.

    « Bene, Mikawa, la terza prova servirà per rafforzare la tua resistenza. Prendi questa benda e copriti completamente gli occhi. Bene, adesso inizierò ad attaccarti fino a quando non riuscirai a parare un mio colpo. Ovviamente, se starai sul punto di morire, non mi fermerò. »

    Gli diedi la benda e subito lo cominciai ad attaccare da più lati, cambiando spesso la posizione onde evitare che i miei colpi, portati sia con la mancina che con la destra, venissero parati. Ovviamente impugnavo con ambo le mani dei pugnali e i miei colpi erano incessanti e non si fermavano mai. Erano portati con una rapidità altissima ed ogni colpo era potenziato grazie al chakra. La pioggia non permetteva di sentire gli odori che il mio corpo emanava e i 'tic-tic' che essa produceva impediva un uso corretto dell'udito. Come si sarebbe comportato questa volta?



    OT: I miei colpi sono portati a velocità 375. Tu non puoi fare affidamento ne sull'udito, ne sull'olfatto e ne sulla vista. Ogni mio colpo t'infliggerà una quasi leggera se va a segno. Ogni cinque colpi, ricomincerò la sequenza da capo. Questo è il trucco ma tu dovrai dirmi come fa il tuo pg a capirlo. Sarò io a dire se riuscirai nell'intento di bloccare il colpo, quindi non essere autoconlusivo. Hai recuperato 3 bassi di chakra e le tua condizioni fisiche sono ancore precarie. Buona fortuna.
     
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    TERZA PROVA: Morire nell’ombra?



    SPOILER (click to view)
    Off topic - dopo le 5 ore

    Ferite subite: ferita media alla gamba destra, due lievi all’addome, lieve taglio di impatto al suolo alla testa.
    Chakra consumato: 66.75/98


    Non so dire con precisione per quanto tempo rimasi lì a terra in uno stato inconscio tra realtà e sogno. Il mio corpo completamente abbandonato a se, stremato dalle dure prove subite. Però non provavo dolore...non provavo niente. Il mio risveglio fu spontaneo. Il ticchettio della pioggia sul mio corpo ormai inzuppato dalla stessa. Evidentemente ero rimasto privo di sensi per molto tempo. La testa che vorticava forte e si lamentava per i dolori di torcicollo e di tutto il corpo. Subito, però, la ragione prese il sopravvento sull’istinto. La mia mente ninja, ben allenata, stava facendo il punto della situazione.
    Ero riuscito a superare la prova senza morire e alcune delle ferite del mio corpo si erano risanate, forse merito del sensi o forse il tempo stesso le aveva guarire. Scartai subito la prima ipotesi. Ormai avevo capito di che pasta era quel ninja di Kiri, non si sarebbe scomodato a prestarmi soccorso. Dopotutto all’inizio di tutto l’aveva detto: o la morte o il miglioramento...erano queste le mie sole ed uniche alternative. Potei inoltre notare come il paesaggio era cambiato. Ora grossi nuvoloni grigi caratterizzavano quella notte; la luce della luna li mostrava a noi minacciosi ed imponenti.
    La pioggia era sottile, pungente sulla cute.

    Sentii una goccia di sangue scivolare dalla fronte. Il liquido color vermiglio fu catturato dalla mia mano che rapida andò a catturarlo per poi tamponare il resto della ferita. Mi rialzai ancora frastornato che la figura di Yashimata sensei mi apparì in lontananza. Quasi a scherno della mia condizione, ossia bagnato fradicio mentre lui coperto da un impermeabile, esordì con il suo solito sarcasmo. Ormai non ci facevo più caso, attesi in silenzio il suo seguito.

    CITAZIONE
    « Bene, Mikawa, la terza prova servirà per rafforzare la tua resistenza. Prendi questa benda e copriti completamente gli occhi. Bene, adesso inizierò ad attaccarti fino a quando non riuscirai a parare un mio colpo. Ovviamente, se starai sul punto di morire, non mi fermerò. »

    “ Prima chakra e adesso resistenza...sicuramente non sono i miei punti forti. Che abbia capito le mie debolezze?”


    Presi la benda mentre la mia mente si soffermava sulle ultime parole del sensi. “Se starai sul punto di morire, non mi fermerò”. Non fu il significato delle parole in se, che ormai avevo ben inteso dai modi di fare del kiriano, piuttosto il modo in cui lo disse. Non un cambio di tono, non una vena di sarcasmo in quelle parole. Non si sarebbe fermato davanti a niente...ne ero certo. Magari in un’altra situazione, o meglio poco tempo addietro, avrei risposto con una frase del tipo “Mpf...morire...io?”, ma forse fu l’esperienza più che la ragione a trattenermi.

    Tenere in mano quella benda mi trasportò di pochi mesi prima: l’addestramento per combattere con un occhio solo. Quante esperienze, quanti pericoli...peccato che questa mia conoscenza non mi avrebbe potuto aiutare in una situazione del genere. Qui la mia vista era completamente azzerata. In condizioni normali avrei fatto affidamento sui miei restanti sensi...ma quella non era una situazione canonica. La pioggia mascherava i suoni circostanti e, insieme all’umidità, mascherava gli odori. Inoltre sapendo che il ninja che avevo di fronte non era uno studente, i sui movimenti sarebbero stati sicuramente precisi e silenziosi. Sembrava proprio che il kiriano avesse progettato tutto nei minimi particolari...

    Misi la benda e subito le tenebre scesero. Sentii per un attimo Yamashita allontanarsi per poi rimanere con il solo rumore della pioggia. Feci due lunghi respiri per calmarmi. Il cuore infatti batteva forte e la tensione era molto levata. Il suo primo attacco arrivò subito. Potei percepire solo un fievolissimo spostamento d’aria per niente sufficiente a farmi scampare al colpo. Il pungo arrivò rapidissimo e il dolore subito si fece sentire alla spalla sinistra. Poi ancora un altro allo stomaco in un poderoso gancio. Mi sentii mancare il fiato e caddi a terra in ginocchio. I colpi cessarono per un po. Ripesi a respirare affannosamente forse più per l’agitazione che per la fatica. Poi mi venne in mente una cosa. Io ero un Mikawa, avevo il modo di chiudere la cosa velocemente. Ma questo realmente mi avrebbe portato a migliorare? Veramente avrei appreso qualcosa di nuovo? Rimasi dunque immobile, consapevole che la scelta che avevo intrapreso mi avrebbe portato a patire altre sofferenze. Infatti il colpo non tardò ad arrivare. Un pungo alla schiena arrivò da dietro facendomi sbilanciare in avanti. Rapido posi le braccia a riparo per non cadere di faccia a terra. Così in quella posizione supina gridai con tutte le forze:

    “ Allora...solo questo sai fare?!”


    Il tono era minaccioso ma si poteva capire che quello era solo un gesto di disperazione e incitamento. Non potevo neanche usufruire del chakra per irrigidire i muscoli impattati poiché non sapevo da quale parte sarebbe arrivato il colpo. Il sensei, infatti, si era guardato bene di non attaccare dallo stesso lato. Mi rialzai lentamente, o meglio ci provai. Un altro pugno al pettorale destro mi fu menato e caddi ancora a terra. Non riuscivo a tenermi in equilibrio. Il terreno scivoloso, il fatto di non avere la percezione della realtà circostante mi stava distruggendo. Provai ancora a rialzarmi. Avevo dolori su varie parti del corpo e ora anche la gamba stava rincominciando a pulsare, rimessa troppo presto in moto dal suo meritato riposo. Ero in piedi ma poggiavo gran parte del mio peso sulla gamba sinistra. Il chakra impiegato per arginare i dolori della sinistra ad intervalli regolari (2.5 ptc ogni tre colpi avversari). Questa volta il colpo partì dalla destra. Mi prese il fianco destro piegandomi in una smorfia di dolore. Potei sentire le costole scricchiolare sotto il rapido montante avversario. Si stava letteralmente prendendo gioco di me che ero burattino del suo teatro di divertimento. Vacillai sulla sinistra perdendo stabilità, ma non caddi. Usufruii del chakra (2.5 ptc) per non cadere a terra questa volta facendolo confluire sulla suola dei piedi per aderire meglio al terreno.

    Ancora un altro colpo alla spalla e poi allo stomaco...
    Questa volta non vacillai ne caddi a terra. Una smorfia di sorriso si stampò sulle mie labbra, troppo impercettibile da intravedere per il mio avversario. Un’intuizione si stava insinuando nel mio pensiero, un’intuizione che, se veritiera, mi avrebbe condotto alla salvezza. Era stato forse un caso che il sensei avesse colpito gli stessi due punti con la stessa sequenza?
    Ritornai con la mente a ciò che pochi minuti prima era accaduto dopo il pugno allo stomaco.

    “...attaccherà alle spalle!”


    Ma la mia reazione fu troppo lenta...avevo sprecato troppo tempo a pensare. Il colpo lo subii in pieno e per l’ennesima volta caddi con il volto nel fango. Si il dolore era tanto ma ora sapevo che la mia deduzione era corretta...stava seguendo lo stesso schema adottato per i primi 5 colpi. Fu soprattutto questa mia convinzione a permettermi di rialzarmi repentinamente quasi facendomi scordare delle numerose ferite sparse sul mio corpo. Stava per riattaccare, questa volta dovevo essere rapido; impastai ½ basso (5 ptc)nella parte destra del torace...il colpo si infranse sul mio corpo che per la prima volta non era stato lenito più di tanto.
    Questa fu la definitiva conferma. Avevo avuto ragione però adesso la situazione non era più così florida. Avendo irrigidito il pettorale, il mio avversario avrebbe potuto capire che avevo intuito il suo piano. Però avrebbe anche potuto pensare che avessi agito per fortuna...e io infatti verso questa strada lo dovevo portare.

    Secondo i miei calcoli adesso avrebbe dovuto colpire i costato destro...lo faci agire. Questa mia scelta, secondo la mia strategia, lo avrebbe indotto e rassicurato del fatto che la mia prima reazione era stata completamente fortuita. Chi, d'altronde, si farebbe lenire per avvantaggiarsi solo in seguito?
    Ma non avrei mai potuto immaginare che quel ninja faceva di questa filosofia la sua arma vincente. Questo comunque avrebbe potuto solo avvantaggiare la mia azione...chi se non lui, padrone di questa tecnica, avrebbe potuto scartare questa ipotesi a priori?

    Il colpo arrivò e il mio corpo subì un’altra ferita. Solo allora, però potei rendere davvero conto di quanti danni avessi subito. Ogni singola zona del mio corpo era irrigidita e dolorante, il mio fiato era spezzato e la stanchezza stava prendendo il sopravvento. Dovevo agire in quell’istante, ritardare sarebbe stato troppo pericoloso. Inoltre avevo già lanciato la mia esca con la speranza che il mio avversario avesse abboccato. Impastai un basso di chakra (10 ptc)nel braccio destro, l’orecchio teso al massimo alla ricerca del giusto tempismo per agire...sapevo dove avrebbe colpito ma il tempo no. Questa volta mi dovetti affidare, insieme all’udito, all’istinto. Orami avevo subito parecchi attacchi e, più o meno, conoscevo i tempi di azione di Yamashita. Inoltre ricordavo a grandi linee il tempo trascorso nella scorsa “sessione”.
    Alzai dunque la mia guardia, aiutato dalla massima quantità di chakra a mia disposizione, posizionando il braccio destro alto all’altezza della spalla. Il gomito era attaccato al busto per reggere il contraccolpo che avrei subito qualora il colpo si sarebbe scontrato con le mie difese e la sinistra posizionata dietro l’altra perfettamente parallela al mio corpo, dal quale distava poco più di tre centimetri, per rafforzare la parata. La speranza che tutto il “piano” fosse andato a buon fine e che di li a poco avessi sentito le nocche di Yamashita scontrarsi contro il mio avambraccio, era tanta...


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    Ferite subite: ferita media alla gamba destra, due lievi all’addome, lieve taglio di impatto al suolo alla testa, una leggera e mezza alla spalla sinistra, una leggera e mezza allo stomaco, una leggera e mezza alla schiena, una leggera al pettorale destro, una leggera e mezza al costato. (10.75/12)
    Chakra consumato: 89.25/98
     
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    Una corsa disperata.

    Colpi molti rapidi andarono a segna, procurando ferita della stesse gravità ad ogni parte del corpo del Mikawa. Sarebbe morto se non avrebbe parato un colpo. Intanto, quando anch'io persi ogni speranza circa la sua soppravivenza, riuscì a capire il meccanismo dei miei colpi. Riuscì a pararne uno, quindi io mi fermai. Mi volevo congratulare con lui, ma non mi andava di farli vedere che stava facendo un lavoro eccelso con le prove che gli stavo assegnando, per cui mi limitai ad ordinarli di rientrare. La pioggia non dava nessun segno di cessare, anzi, oltre alla pioggia fecero la loro entrata i tuoni ed i fulmini. La cosa si faceva sempre più interessante. Una volta rientrati nella villla malandata, avrei preso un piccolo pacco imballato e con sforzo lo avrei alzato e poggiato sul tavolo. Ad un tratto il tavolo si piegò, letteralmente in due parti e parte del pavimento sottostante fu rovinato.

    « Ops, dimenticavo che pasavano tanto. »

    Esclamai grattandomi il capo. Il Mikawa era distrutto, sia dal punto di vista fisico che dal punto di vita psicologico. Gli volevo assegnare subito una nuova prova, ma forse era davvero troppo. Anche per lui. Quindi, schiarendomi la voce, avrei proferito cotali paroli:

    « Bhè, vai a riposare. »

    Gli ordinai a malincuore. Appena fu l'alba, lo sveglia. la pioggia ed i tuoni avevano continuato a rombare per tutta la notte, per cui la mia scelta di andarlo a far riposare non fu del tutto vana. Andammo in cucina, ove vi era rimasto il pacco imballato, il tavolo rotto e il pavimento sfregiato.

    « Bene, quest'oggi alleneremo la tua velocità. Prendi i pesi che vi sono dentro a quel sacco, caduno pesarà all'incirca una tonnellata. Li dovrai mettere alle caviglie, onde evitare che ti siano d'intralcio per la maratona che ti appresterai a fare. Dovrai arrivare fino ai confini di Oto, quasi alla fine del continente ninja. Ci saranno vari ostacoli naturali, nulla d'impossibile per la tua forza. Hai un giorno di tempo per arrivare, se non ci riuscirai ti ucciderò. Arrivederci. »

    Avrei detto, mentre elgi si preparava per il viaggio tortuoso.



    OT: Questi sono i luoghi che dovrai superare:
    CITAZIONE
    - Collina (25% di difficoltà.)
    - Foresta (35% di difficoltà.)
    - Dovrai attraversare il bacino di un fiume a piedi. (50% di difficoltà)
    - Palude (75% di difficoltà)

    Considera i pesi e la pioggia che continuerà incessantemente per tutto il viaggio. Inoltre, le tue condizioni fisiche sono ancora precarie. Arrivato alla fine del viaggio, vedrai una piccola casetta di legno. Entraci.

     
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    QUARTA PROVA: Fino ai confini di Oto



    SPOILER (click to view)
    Off topic - dopo aver dormito

    Ferite subite: ferita medio-leggera alla gamba destra, 3 lievi alla spalla sinistra, 3 lievi allo stomaco, 3 lievi alla schiena, 2 lievi al pettorale destro, 3 lievi al costato. (5.5/12)
    Chakra consumato: 89.25/98


    Quando il colpo di Yashimata si infranse contro le mie difese fu come se venissi sollevato da un grande peso. Ero mal ridotto, tumefatto dal continuo inferire del mio sadico sensei. Abbassai per un attimo la guardia essendo convinto che questa prova fosse ultimata ,ma subito dopo mi ricordai che la persona che avevo davanti non era un ninja qualsiasi ma un bastardo, per cui anche se forse non ce n’era bisogno rialzai subito le mie difese. Solo quando non avvertii più arrivare fendenti mi convinsi che affettivamente avevo superato la prova, non essendo morto. Mi tolsi quindi la benda che mi nascondeva il senso della vista. Zoppicando vistosamente , trascinai la carcassa del mio corpo in casa poco prima preceduto dallo stesso sensi. Appena entrati mi gettai sulla poltrona più vicina ,finalmente all’asciutto, per godere del riposo che da diverse ormai mi era stato negato. Eppure Yashimata ,che non aveva fatto nulla tutto il giorno tranne che impartirmi ordini, sembrava già pronto per la nuova sfida...quasi ignorando le mie condizioni mentali e fisiche. Sollevò con forza un pacco da terra e lo posò sul tavolo della cucina che inevitabilmente crollò sotto il peso dello stesso. Personalmente a malapena avvertii il rumore del legno che si sfibrava...adesso la mia mente contemplava solamente il riposo ed era giusto che pensassi più alle mie di rotture che a quelle di un misero tavolo di legno. Già aspettavo sconfortato le indicazioni della nuova prova che lo shinobi di kiri si rivolse a me mandandomi a dormire.
    Lo guardai con aria stralunata quasi non credendo in questo eccesso di bontà.

    “ Noo! Se ce la fate io vorrei continuare...”


    dissi con fare sarcastico. Godetti per pochi altri istanti della comodità della poltrona che mi sorreggeva e poi mi alzai per andare zoppicante fino al letto. Uscendo dalla stanza dove si trovava ancora il sensei in compagnia del solo tavolo rotto, con un filo di voce dissi: “Notte”.

    [...]



    La giornata si aprì squarciata da tuoni e fulmini i cui rumori venivano ovattati dal continuo tamburellare della pioggia. Eppure non furono i fenomeni a svegliarmi la mattina ma la rudezza di Yashimata. Quando riuscii ad aprire le palpebre quello non era più nella stanza e lo sentivo armeggiare al piano di sotto. Mi alzai, il corpo dolente, parzialmente rigenerato dal sonno ristoratore. Al piano di sotto stava fermo il sensei vicino al pacco che il giorno prima aveva distrutto il mio tavolo. Mi disse:

    CITAZIONE

    « Bene, quest'oggi alleneremo la tua velocità. Prendi i pesi che vi sono dentro a quel sacco, caduno pesarà all'incirca una tonnellata. Li dovrai mettere alle caviglie, onde evitare che ti siano d'intralcio per la maratona che ti appresterai a fare. Dovrai arrivare fino ai confini di Oto, quasi alla fine del continente ninja. Ci saranno vari ostacoli naturali, nulla d'impossibile per la tua forza. Hai un giorno di tempo per arrivare, se non ci riuscirai ti ucciderò. Arrivederci. »



    Al che io giustamente risposi:

    “ Buon giorno ,comunque.”


    Con fare tranquillo andai al frigorifero per fare una sacrosanta colazione, senza la quale ero certo di non riuscire a fare nemmeno due metri con quei cosi alle caviglie. Aprii il frigo con la speranza che al suo interno ci fosse contenuto qualcosa. Presi quattro uova , ne estrassi i rossi ,le mescolai con forza e buttai tutti giù di un colpo. Presi poi due banane: una la porsi a Yashimata e una la mangiai io. Non sapevo che il ninja aveva già fatto colazione e nel caso avesse rifiutato il mio dono, sicuramente questo non sarebbe andato perso.
    Solo allora, sgranchita la schiena, avrei preso e indossato il contenuto del pacco. Potei subito notare dell’eccessivo peso delle zavorre. Alle gambe certo non sarebbero stati cosa da poco.

    Compì un paio di saltelli e scatti sul posto veloci...la situazione era brutta. I miei movimenti risultavano gravi e poco fluidi. Così con una smorfia di insoddisfazione partii da quel loco, salutando Yashimata con un gesto di mano. Ci saremmo rincontrati a breve...

    La strada da compiere la conoscevo bene e sapevo quello che mi sarebbe aspettato di li a poco. Il territorio era insidioso e praticamente alternava tutte le tipologie di terreno possibili. Non sarebbe stato facile. La corsa, ancora lenta per riscaldarmi bene, era scoordinata e stancante. Consumavo tante energie. Inoltre la pioggia rendeva ancora più pesanti i passi e il terreno bagnato mi attraeva a se.

    Villa Mikawa era situata in una zona collinare, non proprio sulla cima dell’altura ma leggermente nascosta in una vallata. Il primo tratto, per mia fortuna, era si collinare ma abbastanza spoglio di insidie: solo la pendenza era mia rivale.
    Il mio fisico ben allenato mi permise di avanzare speditamente, anche se non senza difficoltà. Avevo quadruplicato il mio peso...questo sarebbe stato determinate anche per gambe forti come le mie. La mia velocità era dimezzata, se non più, rispetto al normale ma era costante. Fermarmi non sarebbe stato saggio poiché la ripresa, in salita, sarebbe risultata molto più difficoltosa. Il fiato reggeva bene e le gambe si stavano iniziando ad abituare alle zavorre. Ma la pioggia era sempre presente, cosa che non avrei potuto risolver per mio volere.
    Questa prima parte mi ricordò tanto i vecchi allenamenti. Forsennate corse per la salvezza o forzate corse per ardue salite con i pesi alle caviglie...già avevo vissuto questa esperienza. Lì ero riuscito a superare i miei limiti, c’è l’avrei fatta anche questa volta? A quei tempi però ero in compagnia. Utilizzavo i miei compagni come sprono per andare aventi, prendendoli come punto di riferimento…ora ero solo, potevo contare solo sulle mie forze...a no dimenticavo c’era anche la minaccia di morte dalla mia. Comunque andavo, dato che avevo dei tempi da rispettare;calcolai che a grandi linee l’andatura che stavo tenendo sarebbe riuscita a condurmi alla meta entro i tempi previsti...chissà perché poi il sensei mi voleva condurre in un così isolato, ma ben preciso posto; cosa c’era ad spettarmi?Adesso però dovevo tornare a concentrarmi,a dilazionare con saggezza le forza.

    Il sali e scendi delle colline di Oto fu un moto cotante in tutta questa prima parte del viaggio. Un paesaggio che sarebbe stato anche alquanto ameno, se il cattivo tempo non avesse reso lugubre l’atmosfera facendo sprofondare i miei passi nel terreno bagnato, che rispondeva con un “ ciaf, ciaf” ogni qual volta lo percuotevo con gli stessi. Dove naturalmente si sentiva il canto della natura adesso tutto era sovrastato dalla furia degli elementi che si stavano scatenando. Per di più faceva molto freddo, essendo i raggi del sole estranei a quella giornata. Eppure mi sentivo calmo...stavo trovando un’ armonia con quell’ambiente mentre il mio passo, il ritmo con cui cadeva, si fondeva con la cadenza della natura. Mi sentivo forte nello spirito, più che effettivamente nel corpo, ma siccome questo reggeva, per adesso , egregiamente, decisi di aumentare l’andature.


    La gamba destra incominciò a lamentarsi che io da poco avevo oltrepassato il limitare della foresta. Ad un moto che, quasi periodicamente, vedeva abbassarsi e alzarsi la linea del mio sguardo, adesso si imponeva , una traiettoria a zig zag irregolare, come irregolare era l’esatto crescere degli arbusti. Un difficoltà in più per il mio corpo che adesso faticava a trovare un’andatura stabile e lineare. Ciò ebbe ripercussioni anche sulla mia concentrazione. Infatti prima , essendo al strada monotona, ero riuscito ad abituarmi, ovvero ad assuefare il corpo ,ma adesso era tutta un’altra stria , e le energie che maggiormente si disperdevano erano chiaro sintomo del cambiamento. Se era possibile trovare un lato positivo, in questa mia condizione di sforzo fisico, era il fatto che ,almeno,il fattore pioggia era stato alquanto ridotto dalle fronde degli alberi che creavano come una cappa sopra la mia testa. Il passo era quindi più leggero sul terreno che dava maggior controspinta al mio incedere, ridandomi una sensazione di leggerezza che era alquanto fuori luogo, dato il peso che avevo legato alle caviglie. Ancora mi sovvenne alla mente di quando mi fu insegnato a combattere con dei pesi alle caviglie. Anche allora fu una faticaccia, ovviamente in proporzione. Rispetto ad allora adesso il mio corpo si era irrobustito notevolmente grazie alle abilità innate che avevo acquisito e grazie agli allenamenti che avevo svolto. Ciò nonostante Yashimata aveva visto bene nello scegliere la quantità di peso con la quale costringere il mio corpo, tanto che ogni passo non era portato a terra senza uno sforzo degno di tal nome. Anche le varie ferite al petto erano elementi di disturbo non indifferenti. Costantemente si affacciavano come ospiti indesiderati sulla soglia della mia coscienza e , non stanchi del supplizio che mi infliggevano, reticenti, continuavano a farmi visita. Ma io ero un ospite paziente, e gli accoglievo con stoicismo. Da quelle ferite sarebbe nata la mia nuova forza .Il dolore è buono. Se c’era una cosa che avevo imparato in questi mesi di duri allenanti era di apprezzare la compagnia del dolore. Esso ci insegna a rispettare i nostri limiti ed ad avere coscienza di essi. Se l’uomo non provasse dolore, la nostra razza si sarebbe estinta da secoli...

    Ed ecco che un nuovo chiarore si diffuse davanti ai miei occhi, che si erano assuefatti alle tenebre del bosco. Uno scenario calmo e a tratti maestoso , che mi riportava ai libri di narrativa che leggevo da piccolo. Era dinanzi a me il bacino di un lago, abbastanza esteso da protrarsi per chilometri lungo la direzione che mi era stata indicata di percorrere. Capì che quello non era un ostacolo accidentalmente post sul percorso...anzi quello era il percorso. Era quindi doveroso che io non lo oltrepassassi girandoci attorno, ma che affondassi le mie gambe in quelle acque, per testare la forza di opposizione. Col respiro pesante, mi immersi fino a tre quarti della gamba nell’acqua e incominciai a costeggiare il lago lungo il suo versante est. L’impatto dell’acqua gelida contro il mio corpo caldo mi accapponò la pelle per alcuni istanti. Ma io non mi fermai... non doveva spezzare il mio movimento in quanto riprenderlo sarebbe stato poi durissimo. Eppure che fatica procedere in quelle condizioni! Con forza imponevo il passo al mio corpo e più energie io spendevo nell’avanzare, più l’acqua , di contro, mi bloccava le membra. Le fibre toniche dei quadricipiti spingevano con forza, si tendevano con potenza per garantirmi una continuità. Il tempo si slargò a dismisura. Se infatti avevo percorso tutte le colline e la foresta con una mezza giornata di viaggio, approssimativamente cinque ore, altrettante ne servirono solo per riuscire a vedere la riva opposta del lago.

    Oramai la mia concezione di ciò che stavo facendo era totalmente cambiata .All’inizio, avevo preso queste prove come una sfida ala mia abilità, al mio orgoglio, e superbamente mi ero cimentato in ognuna di questa. Ma su questa gara di velocità ogni mia precedente idea era crollata per far spazio solo alla voglia di arrivare alla fine .Non c’era un ego né una direttiva a spingermi,e nemmeno una finalità più profonda dello stesso raggiungere la fine. Che fossi migliorato in seguito a questi massacri era certo,indiscusso, e Yashimata si stava dimostrando, per quanto in maniera macabramente particolare, un tipo che sapeva il fatto suo. Forse stavo capendo perché mio padre si era così tanto avvicinato a quella famiglia...era straordinario lavorare con persone del genere, che riuscivano ad inculcare il miglioramento in una maniera così particolare. Per un attimo mi colse il dubbio che anche mio padre fosse stato un allievo di questa famiglia.

    Comunque i miei pensieri furono interrotti da un’irregolarità nel passo. Immerso nei miei pensieri ero riuscito per un attimo a distrarmi; non mi ero accorto che finalmente tutta l’acqua era sparita da sotto il mio corpo , venendo quindi meno un oneroso impedimento. Ma non era il momento di crogiolarsi nel riposo. Mancavano ancora diversi chilometri al capolinea, e se conoscevo il mio sensei, adesso arrivava la parte più impegnativa. Notai infatti, quasi con malsano piacere, che il terreno ,forse per la pioggia che ancora batteva contro di esso e sferzava le chiome degli alberi, affondava a tratti in zone fangose, acquitrinose. Una palude quindi si distendeva , quasi a perdita d’occhio, di lì a pochi passi. In fondo, sfocata dalla lontananza, intravedevo un bagliore solitario, spettrale. In lontananza era il mio faro che così, quasi con calore, mi chiamava. Un leggero sorriso si aprì sul mio viso trasfigurato dallo sforzo, e dai colpi subiti nel giorno precedente. Con spirito rinnovato da nuova fiducia incomincia quello che pensavo essere l’ultimo ostacolo prima di, speravo, un più lungo e duraturo, riposo.

    La differenza con i vari terreni che fino ad adesso avevo affrontato si fece subito sentire. Similmente all’acqua , questo misto di fango e acquitrino si mostrava un nemico ostico da abbattere per un corpo che ,come il mio, ne aveva viste troppo in questi giorni. Il fango era come colla, come cemento sotto le suole delle scarpe, intorno alle ginocchia; e io non aveva quasi più forze. Se era possibile, la mia andatura subì un ulteriore rallentamento. Ciò mi preoccupò. Era già da diverse ore sera, che io avevo intrapreso questa ultima parte di viaggio. A dire il vero la cognizione del tempo era sparita insieme a quella serie di bisogni fisici che caratterizzano l’uomo. Adesso, sulla fame, sul freddo, si allungava con potenza solo l’ombra della stanchezza, che come imperatrice della mia mente dominava senza volere compagni.
    Era il mio ultimo sforzo, che dovevo compiere con coraggio .I muscoli si tendevano con disumana obbedienza, che parevano infiammarsi , ardere per l’impeto del movimento, mentre fendevano il limo. I pesi, che mi avevano accompagnato per tutto il viaggio, adesso erano solo un ricordo remoto nella mia mente, tanto che non mi venne nemmeno idea, per un istante, di levarli per facilitarmi il cammino. Del resto era una prova anche contro me stesso quella che stavo affrontando, una prova contro i miei imiti…e mentire se stessi è la cosa che più risulta inutile. Quindi ancora, per la quarta volta da quella mattina avanzavo. Il bagliore in lontananza adesso era diventata la luce giallognola che usciva dalle finestre di una casetta, distante non più di 500 meri. Era al capolinea. Con inerzia, il mio corpo conquistò quegli ultimi metri , dando fondo alle residue forze. Solo allora mi accorsi che la gamba , quella destra, ferita prima dell’inizio della prova, aveva costituirò solo un piccolissimo problema rispetto al percorso che avevo dovuto affrontare, tanto da essere solo un impedimento meccanico al quale mi ero assuefatto. Pochi metri mancavano alla porta e al riposo. Già avvertivo il tepore dell’interno e la morbidezza di una poltrona, anche se era solo immaginazione. Mentre ancora il mio corpo era al freddo , la mente già sapeva di aver conquistato un pò di pace. La mano, non più capace di dosare le forse, afferrò violentemente la nodosa maniglia e la spinse con irruenza. La porta si aprì cigolando ed io entrai. Luce.

     
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    L'Ambiguo Biglietto.

    Il Mikawa, entrando nella casa, con sorpresa pote' notare che era totalmente priva di arredamento o di un qualsiasivoglia oggetto. Vi era una lastra di marmo, alta circa 1.50 metri, sulla quale vi eraun biglietto molto ambiguo. Era riposto delicatamente sul piedistallo, vi era un 'intestazione che recava le seguenti lettere: 'Per il Mikawa'. Una volta che il bigliettino fosse stato aperto dallo shinobi di Oto avrebbe notato che vi erano tanti numeri, che all'apparenza non volevano dire niente. Stava a lui decifrare cotale messaggio.

    0001/0100/0100/1001/1101

    Solo dopo aver decifrato il messaggio, avrebbe capito che, mentre lui partiva per questa lunga maratona, io ero tornato a Kiri senza neppure salutarlo. Un ultima prova, che serviva per verificare il suo Senjutsu. Ero sicuro che non ci sarebbe mai riuscito a decifrarlo, ma una flebile speranza vi era ancora. Io stavo sulla strada di kiri e, rpobabilmente, non lo avrei mai più rivisto. Ovviamente, quando sarebbe tornato a caasa, si sarebbe accorto che avevo usato i suoi soldi per costruire quella baracca e per far metterci il piedistallo di marmo. Nei suoi cassetti, presi tutto i materiali che riguardavano la mia famiglia. Ora ero pornto per andare, avevo risolto i miei problemi personali e avrei iniziato le ricerche una volta arrivato a Kiri. Aurevoir, Mikawa.



    OT= Ultima prova. Decifra il messaggio è la promozione sarà tua, sbaglia e verrai bocciato. Non farti aiutare, ci conto. :alkz:
    Questo evento avviene prima della Riunione di Oto e prima dell'inizio del 'Corso' Chunin per Privatisti.
     
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    QUINTA PROVA: Fine di tutto



    Quando entrai nella baracca potei notare della sua umiltà. Solo legno...
    Al centro spiccava alla vista, però, una lastra di marmo su cui erano incise dei segni. Mi avvicinai cautamente, nonostante le mie condizioni fisiche; conoscendo Yashimata avrebbe potuto benissimo piazzare delle trappole. Ma niente accadde.
    Il messaggio della lastra era indirizzato a me, date le scritte incise su di essa. Al centro, abbastanza grandi, prendevano posto simboli.

    CITAZIONE

    0001/0100/0100/1001/1101


    Erano delle cifre separate da un simbolo obliquo.
    Non ero mai stato bravo nei rompicapi. Ma neanche mi interessava essere un genio del suddoku o degli scacchi giapponesi. Li trovavo molto meno affascinanti di un combattimento. Ritenevo giusto l’uso di un pizzico di strategia solo in queste manifestazioni.

    Restava però il fatto che per me quei simboli erano arabi. Capii dal principio che la cosa sarebbe andata per le lunghe. Quindi un po per la stanchezza, un po per la situazione mi accasciai a terra. Solo allora mi accorsi dei pesi...li avevo ancora alle gambe. Possibile che mi ero abituato al peso? Li tolsi con calma ripensando ai simboli sul marmo.

    “ Sono numeri...e questo è certo. Si alternano solo due cifre lo zero e l’uno...e a gruppi di quattro le cifre sono separate. Ma le cifre non compongono numeri!!!”


    Già mi stavo iniziando ad irritare...era proprio vero che i numeri e io non andavamo tanto d’accordo.
    Forse fu la stanchezza, forse l’eccessivo pensare che piano il sonno scese su di me, facendomi chiudere gi occhi.
    Sembrò essere passato solo un istante, ma il sole era alto in cielo. Infatti fu un raggio di luce, passante per un’apertura della baracca ad irradiare il mio viso e farmi svegliare. Appena ritrovai coscienza, ricordai:

    “Il codice...merda!”



    Ma questa volta, quando lo rividi inciso sulla lapide la soluzione mi apparve subitamente chiara. Forse un ricordo delle lezioni accademiche o d qualche libro sui numeri mi salvarono dal mio dilemma: Il codice binario.

    “ Ma si certo! Allora vediamo...0001 corrisponde a 1, 0100 a 4 e si ripete due volte, 1001 a 9 e 1101 a 13. Ok ora ho dei numeri in sistema decimale. Quindi 1/4/4/9/13...e ora?”



    Dovettero passare diversi minuti prima che la risposta mi venne in mente. Ma d’altronde era facile; se i numeri non andavano bene allora dovevo provare con le lettere.

    “ Sostituendo ogni numero con una lettera dell’alfabeto (a=1, b=2 ecc) mi trovo... a...d...d...i...o.
    ADDIO ?!”



    Capii subito. Yashimata mi aveva abbandonato. Evidentemente in questi giorni aveva trovato modo di accedere ai documenti riguardanti la sua famiglia che gli interessavano e, non avendo più motivo di restare, se n’era andato. Però mi aveva donato un qualcosa di moto importante: mi aveva fatto crescere su tutti gli aspetti psicofisici.
    Sferrai quindi un pugno alla lastra colpendola giusto al centro. Il minerale andò in pezzi ricoprendo il pavimento di polvere. Ma ero contento...

    Il corpo era ancora dolorante quando abbandonai la casetta per dirigermi a casa. Così, ripercorrendo il tragitto compiuto all’andata per la prova, sarei ritornato a villa Mikawa. Intanto pensavo a quello che era accaduto in quei giorni, avevo rischiato più volte di perdere la vita ma ne era valsa la pena. Avevo anche rubato?! Sentivo che il mio corpo era migliorato, avevo eguagliato i miei limiti e ora ero diventato più forte.

    Solo quando ritornai potei constatare che il kiriano aveva preso tutti i documenti sulla sua famiglia e aveva portato con se i soldi che avevo rubato nella prima prova.


     
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    Complimenti, hai superato qualsiasi prova da me proposta, sia dal punto di vista narrativo che dal punto di vista pratico. Quindi...

    L'utente DioGeNe (Aloysus Diogenes Mikawa) ottiene l'Energia Rossa.

     
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    Tipologia: Addestramento finalizzato ad acquisire l'energia Rossa e il controllo del Sangue livello II

    Sensei: Aloysius Diogenes Mikawa

    Allievo: Sou Tamahome Kishuku Mikawa (Tsumuji)

    Luogo: Villa Mikawa e dintorni

    Regole: Nessun limite di tempo, si richiede massimo impegno ad ogni post. Ogni elemento sarà valutato al fine dell'attribuzione di tali abilità.

    OT/ Addestramento permesso dall'Admin Shiltar e dal S-mod Ratty. Diogenes non riceverà alcuna retribuzione.
    A Sou: presentati a Diogenes e spiega le tue motivazioni sul perchè vuoi acquisire tali abilità. Pensieri e GDR./OT
     
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