Le strade di Suna[Ambientazione]

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    È colpa tua. Ratty

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    La gente cominciava a seguire la scena, ma tendenzialmente lo yakushi se ne fregava: quando era concentrato su qualcosa di irritante, non guardava in faccia a nessuno, come quando aveva piazzato una scenata a Yami bonanima, quando gli aveva mandato le infermiere zombie a casa. Ecco, ora ripensando a Yami, la sua irritazione non fece che aumentare ulteriormente. Ma guardati, nemmeno riesci a parlare, che pretendi? La canzonò mentre quella sparava parole a metà e frasi non concluse. Dì la verità che fai la voce grossa solo per compensare la tua altezza...

    Ma mentre parlava quella gli si gettò addosso con tutto col corpo. Un movimento lento e goffo, anche se per un istante quell'aggressività gli ricordò un breve flash di una ragazzina che riduceva un ninja a frullato con le sue spade. In ogni caso lei gli rimbalzò praticamente addosso, senza alcun danno (nessuno incassa meglio di uno Yakushi) E quello che era? Chiese, a metà tra lo sconcertato e lo schifato. Ho visto bambini delle elementari fare attacchi più sensati e decisi...ma si vede che oltre all'altezza di una bambina ne hai anche le capacità...sicura di essere un ninja di Suna?

    Quanto a Shaina, che la ragazzina aveva citato con irritazione, Febh fece una smorfia beffarda. Senti nana, non puoi neanche immaginare cosa c'è stato fra me e Shaina. La risposta giusta era "una missione importantissima", ma vai a spiegarlo in quella situazione. Certo..anche la scelta dei termini non era proprio il meglio visto l'interlocutore...ma Febh aveva vari diplomi in "frasi scorrette e usate a sproposito"

    Allungò la mano, rapido come solo un ninja del suo calibro poteva esserlo, per portarla a circa trenta centimetri dall'orecchio di lei, quindi estese il suo chakra adesivo fino ad afferrarglielo. Era come tirarla per le orecchie, ma senza toccarla davvero. Un momento di sboronaggine, senza dubbio. Stammi a sentire, pivellina. Non accetto che la prima isterica alta un metro e una formica inginocchiata mi attacchi. Non dopo che mi hanno fatto esplodere un Sunese addosso. Ora mi dici chi sei, sennò ti porto da Shaina e vediamo che razza di provvedimenti deciderà di prendere.

    Un atteggiamento severo e paterno? Per nulla. Era semplice soddisfazione dell'Ego bastardo dello Yakushi. Dopotutto, essere un gran bastardo era il suo credo ninja!
     
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    Fu come rimbalzare contro un muro, una sensazione né bella né divertente, che la riportò bruscamente alla realtà facendole capire quanto si era indebolita in tutto quel tempo. In un solo istante le riaffiorarono nozioni basilari di combattimento a mani nude apprese in mesi di sfiancanti sessioni al Loto Bianco, ma erano concetti ben lontani dall'essere applicabili nella pratica, ormai quelle capacità erano soltanto un ricordo di cui possedeva al massimo qualche vestigia.
    Ed ora era lì, terrorizzata e impotente davanti ad un bifolco qualsiasi con i capelli stopposi ed i modi rozzi, che la stava trattando come una mocciosa quando era certa che soltanto due anni prima sarebbe volato come un foglio di carta contro un muro. Strinse i denti, decisa a non dargliela vinta. L'orecchio faceva un male cane, ma non era niente rispetto al suo orgoglio ferito a morte e sanguinante.

    CITAZIONE

    E quello che era?
    Ho visto bambini delle elementari fare attacchi più sensati e decisi...ma si vede che oltre all'altezza di una bambina ne hai anche le capacità...sicura di essere un ninja di Suna?


    « Lasciami, lasciami, lasciami!!! »
    Si dibatté come un insetto nella ragnatela, artigliando l'aria a contatto con il suo orecchio senza capire perché non riusciva a incrociare le dita del Bifolco che glielo stava stringendo. Non riuscendo ad ottenere qualcosa prese allora a cercare di colpire il suo aggressore in petto con una raffica di piccoli pugni che rimbalzarono innocui sul suo petto, letteralmente come se stesse prendendo a pugni una parete di cemento armato.

    CITAZIONE

    Senti nana, non puoi neanche immaginare cosa c'è stato fra me e Shaina.
    Stammi a sentire, pivellina. Non accetto che la prima isterica alta un metro e una formica inginocchiata mi attacchi. Non dopo che mi hanno fatto esplodere un Sunese addosso. Ora mi dici chi sei, sennò ti porto da Shaina e vediamo che razza di provvedimenti deciderà di prendere.


    « Non sono un ninja di Suna!!! Oltre a rozzo e ignorante sei anche stupido!!!
    Se lo fossi stata a quest'ora ti avrei ridotto a... ahia!!! Lasciami, lasciami!!!
    »
    Riuscì a calmarsi dall'attacco di panico che quella situazione incredibile le aveva procurato, e dopo essersi ricomposta in qualche modo scoccò un'occhiata feroce al Bifolco che aveva davanti, tentando in tutti i modi di sembrare minacciosa -per quanto minacciosa può essere una ragazzina appesa per un orecchio come una scolaretta rimproverata.
    « <b>Sono una studentessa dell'Ame no Kisaki, l'istituto scolastico del paese del fuoco!!! Sono in vacanza, sono venuta a salutare la maestra, e se adesso mi porti da lei l'unica persona che subirà dei provvedimenti sarai tu!!! Ti ridurrà talmente male che... che... che...!!! »
    Era diventata paonazza in volto. Era talmente infuriata che non riusciva nemmeno a formulare una minaccia che fosse degna di questo nome.

     
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    Quella si agitava cercando inutilmente di liberarsi dalla stretta invisibile, mentre i passanti guardavano la scena ancora più incuriositi, ma bastò uno sguardo sufficientemente torvo da parte dello Yakushi per far decidere loro che avevano cose più urgenti da fare. Lasciarti? Mi insulti...mi attacchi..perchè mai dovrei lasciarti andare? Mi sembri solo una bambina viziata che vuole avere sempre ragione. Commentò sprezzante. Beh, ho una brutta notizia per te, non tutti al mondo sono disporti a fare quello che vuoi.

    Quella andrò avanti con deboli pugni assolutamente irrilevanti, lanciandosi poi in una affermazione abbastanza improponibile. Non saresti un ninja di Suna? Saresti una turista? Ma non farmi ridere! Anche se sei patetica, si capisce che non sei una civile da come ti muovi. Ruotò la mano, torcendo un filo l'orecchio.

    E soprattutto continui a parlare di una "maestra", parli di Shaina? E da quando lei insegna in un istituto di Konoha?? Non pensare di fregarmi così e dimmi come ti chiami, ragazzina! Non intedeva lasciarla per nessun motivo, e se davvero era un'allieva di Shaina, beh, era convinto di essere dalla parte della ragione, quindi si sentiva completamente intoccabile.
     
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    Ma come era finita in una situazione del genere, con un bifolco che non aveva niente di meglio da fare se non insultarla e trattarla come una lattante -e bugiarda-, arrivando perfino a darle la colpa!! Cosa aveva fatto di male che tutti non la smettevano di darle addosso, prenderla in giro alla prima occasione?? Che colpa ne aveva se non era una stangona di un metro e ottanta, che colpa ne aveva se era stata costretta a entrare in collegio, che colpa ne aveva se esisteva??

    « Smettila... »
    Protestò esasperata, cessando di dibattersi ed afflosciandosi all'improvviso come prosciugata all'improvviso di ogni verve combattiva. Non era una stupida, l'aveva capito che era inutile continuare ad agitarsi come un piccolo insetto invischiato nella ragnatela, e per quella consapevolezza disarmante dovette fare appello a tutto il suo autocontrollo per non crollare del tutto.
    « Si può sapere chi sei?? Non ti ho fatto niente, non ti ho nemmeno guardato, sei tu che mi sei venuto addosso senza preavviso dandomi della nana! E non sono una kunoichi, ti dico!! Non più! Ho cessato di esserlo da più di due anni perché... »
    Fece una pausa, esitante. Poi ebbe uno scatto di orgoglio, rifiutandosi testardamente almeno di dargliela vinta su quel fronte, dando prova una volta di più della sua indole cocciuta fino alla fine.

    image

    « ... Perché sì!! E non vedo perché dovrei presentarmi ad un bifolco che mi ha picchiata, insultata e minacciata!!!
    Ora lasciami! Lasciami, ho detto!!
    »
    E tirò ancora un poco, sentendo al cartilagine dell'orecchio tirarsi fino a farle del male al solo scopo di sottolineare il concetto.

     
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    Quella continuava a lamentarsi, ma almeno aveva smesso di divincolarsi inutilmente. Febh sperava che nel giro di qualche minuto si decidesse a calmarsi. Intanto lei era in piena fase di transfert emotivo, spostando l'intera colpa sullo Yakushi, arrivando a distorcere persino gli eventi. Hai bevuto o che? Ti ho chiesto una informazione, e poi mi sei saltata praticamente addosso, specie di squilibrata! Ringhiò, avvicinando il volto a quello di lei, con un'espressione arcigna. Vuoi sapere chi sono io? IO? Bene, te lo dirò: Io sono Febh Yakushi, Jonin di rango D del villaggio del Suono, amministratore di villaggio e al momento ospite della tua preziosa "maestra", oltre che turista. Proverbiale l'enfasi che faceva ben capire quanto fosse anomala la scala di valori del ninja.

    Non sei più un ninja da due anni, eh? Ma guarda te, io invece ho smesso di essere gentile con gli estranei giusto cinque minuti fa, quando una nana isterica si è messa a strillare per un semplice equivoco! Le rispose a tono. Non intendo lasciarti affatto, e visto che non mi dici chi sei non intendo nemmeno credere a una sola parola riguardo queste scuole misticheggianti. Anzi, sono tenuto a considerarti una infiltrata in questo villaggio, e vista l'amicizia che lega Oto a Suna, mi sembra doveroso portarti all'amministrazione!

    Quindi, senza nemmeno starla a sentire, avrebbe iniziato a camminare spedito verso gli uffici amministrativi (o almeno quello che ne restava dopo l'esplosione), che fortunatamente non erano poi così distanti.
     
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    Ma... ma come un'infiltrata?

    « Uuuh~ »
    Si lamentò, lapidaria, trattenendosi dallo scoppiare a piangere per la rabbia e l'esasperazione, ormai ben oltre i livelli di guardia. Come quello si mosse, lei si ritrovò trascinata a mo' di pupazzo di pezza, trascinando i piedi e mandando dei soffocati "ahi" ogni tanto, mentre l'orecchio già rosso come una mela matura le doleva come mai in vita sua. Si sentiva umiliata. Nemmeno suo padre, che pure quando era in giornata aveva la mano pesante, si era mai spinto così in là, e per di più all'epoca era ancora una bambina, di non era stata più picchiata da quando aveva dodici anni se non in addestramenti ninja o scontri reali durante le rare missioni a cui aveva preso parte.
    Quel bifolco -di cui frattempo aveva già dimenticato il nome ma di cui non avrebbe mai più dimenticato la faccia- l'avrebbe pagata cara, garantito. Ci avrebbe pensato la sensei a metterlo a stare. Una volta per tutte.

     
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  8. Akimaru Tokugawa
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    Che afa...che afa che fà..
    Aki la soluzione ha!

    Non fosse stato per il caldo, non fosse stato per la sabbia, non fosse stato per la figura non del tutto indifferente dell'amministratrice mi sarei fatto esplodere. Fortuna che l'utilizzo dell'Henge per nascondere le mie nudità, trucchetto mutuato da Febh, sembrava funzionare tenendomi fresco, nonostante fossi visibilmente sudato e accaldato. « Vi invidio davvero, come fate a sopportare tutto questo caldo...? » Dissi guardandomi intorno; la gente sembrava non risentire di nulla, ne del caldo, ne dell'afa. « Comunque, le dicevo che tutto ha un prezzo. La mia proposta è semplice: una percentuale fissa di ciò che ricavo dalla vendita dei vostri meccanismi, va direttamente nelle casse di suna e, dati i miei progetti di "espansione", si fidi che potrebbe fruttare un bel po'. Che ne dice? La percentuale ovviamente è da contrattare. » Iniziai a tastare il terreno con l'amministratrice, non volevo spingermi troppo oltre con lei, non prima di aver capito cosa avesse in mente lei.
     
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    I Dango sono definitivamente assenti.

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    Y Danone
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    L'azzurra Spira

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    *Shaina camminava tranquilla, con l'aria di chi è abituato al caldo e considera le temperature estreme del deserto come aria fresca. Certo, le ci era voluto un bel po' per abituarsi al clima, ma adesso il sole nemmeno le scottava più la pelle, che a lungo andare era diventata da pallidissima a scura anche sotto i vestiti. Non sembrava esattamente così per il suo accompagnatore.*

    CITAZIONE
    « Vi invidio davvero, come fate a sopportare tutto questo caldo...? »

    *Shaina sorrise.*

    E' questione di abitudine, Akimaru-san. Del resto, gli abitanti di Suna probabilmente non sopporterebbero il freddo di Kiri.

    *A ogni buon conto, cercò di fare in modo di passare nelle zone più all'ombra in modo da dare almeno un po' di sollievo al suo ospite, che nonostante il caldo sembrava comunque non demordere.*

    CITAZIONE
    « Comunque, le dicevo che tutto ha un prezzo. La mia proposta è semplice: una percentuale fissa di ciò che ricavo dalla vendita dei vostri meccanismi, va direttamente nelle casse di suna e, dati i miei progetti di "espansione", si fidi che potrebbe fruttare un bel po'. Che ne dice? La percentuale ovviamente è da contrattare. »

    *Rimase pensierosa per un attimo. Si, l'offerta poteva essere vantaggiosa, ma non poteva svendere i segreti del suo villaggio.*

    Vede, il problema è che io non posso darle accesso a tutti i nostri manufatti. Si tratta di segreti tramandati da secoli nel nostro villaggio, e tradirei i miei concittadini se le dessi quello che chiede. Però, posso concederle di fare quattro chiacchiere con i nostri maestri artigiani e scambiarvi qualche conoscenza, senza però entrare troppo nello specifico, mi capisce? *lo guardò seria.* Quello che intendo dire, è che puo' discutere con uno dei nostri fabbri su come lavorare il ferro, o magari su come costruire un meccanismo semplice come una serratura ad esempio, ma se vuole sapere come fabbricare uno dei nostri meccanismi particolari temo di doverle dire di no.
     
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  10. Akimaru Tokugawa
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    Scarsi Risultati
    Cerchiamo di Riparare...

    Le risposte dell'amministratrice non potevano non esser quelle. Mentre camminavamo per le strade di Suna non potevo non ammettere che lei avesse pienamente ragione. L'afa non mi permetteva di pensare ad una strategia rilevante per cercare di ottenere quello che volevo...ci avrei pensato a dopo.
    « Capisco le vostre motivazioni...sarebbero anche le mie se non avessi un progetto più ampio. Tuttavia è inutile tediarla oltre...se ha tempo potrebbe farmi visitare qualche attrazione di Suna, una a sua scelta...data l'arrivo imminente dell'ora di pranzo potremmo anche pranzare insieme..sempre che lei ne abbia tempo e voglia... »
    Essere gentile non costava nulla, ma non era quella la mia intenzione. Dovevo solo stare attento a non utilizzare troppo chakra, se la trasformazione si fosse interrotta...diciamo che non avrei fatto una bella impressione.
     
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  11. JohanHex
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    The Walking Death



    Camminavo piano, osservando la gente intorno. Un cappello nero, copriva per metà il mio volto, un po' per nasconderlo alla vista dei passanti, un po' per proteggerlo dai forti raggi del Sole. Il Villaggio della Sabbia è un luogo sempre caldo, battutto dalle roventi correnti del deserto. Il mantello frusciava al vento leggero che spirava quella mattina.
    Era raro che mi avventurassi fuori dalla residenza del nonno, ma la mia voglia di indipendenza era forte e più e più volte ero sgattaiolato fuori in cerca di avventure. Non ci vuole molto per capire che ne avevo prese di santa ragione al ritorno a casa. Mio nonno era stranamente duro verso di me, sempre. Mai una lode in tutta la mia giovane vita.
    Molto presto però dalle mie escursioni iniziai a capire che anche gli altri bambini mi iniziavano a tenere in disparte, chi per il mio aspetto, chi per qualcosa che non conoscevo e che invece loro sembravano sapere. Piano piano iniziai a sentirmi un emarginato dal mondo nel quale vivevo. Vivevo, ma era come essere: morto. Morto dentro. Eppure non lo ero fisicamente. In effetti cosa si prova quando si muore? Forse non ero morto in realtà. Lessi una volta in qualche libro che un grande maestro diceva che per partecipare della vita, bisogna prima fare il vuoto dentro di sè. Così poi ci si sarebbe potuti riempire di tutte le meraviglie del mondo, senza trascurarne nessuna, per quanto piccola essa potesse essere. Forse era quello che mi stava accadendo. Stavo svuotandomi e presto mi sarei riempito, ma di cosa? Di rancore, vendetta? Era quello che mi avrebbe portato alla morte vera poi?
    Avevo incominciato a dedicare me stesso anima e corpo alla lotta, alle arti magiche e a tutte quelle ninja in generale. Lo facevo per sfogarmi. Ma anche per un piacere personale.
    Già ero tenuto in disparte. Avevano timore di me. Gliene avrei fatto provare ancora di più, diventando forte...forte e temuto.
    E avvolto così dai miei piani per il mio addestramento, continuavo a camminare per le strade del Villaggio, girovagando in lungo ed il largo, sorseggiando ogni tanto un po' d'acqua dalla mia piccola fiaschetta personale.

     
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    Chapter 01


    Fuori in dieci secondi


    [Free GdR]



    Ero incredibilmente emozionato per tutte le cose che stavano per accadere. Nel giro di pochi giorni l'Accademia mi avrebbe convocato per sostenere l'esame Genin. Ormai ero pronto! Dovevo esserlo, perché altrimenti non avrei potuto fare tutto ciò che avevo deciso per il mio prossimo futuro. Per ben due anni mi ero preparato a quella data; di certo non avevo intenzione di dilungare ulteriormente i tempi. La tensione era alle stelle.

    Anche quella mattina, come sempre, mi ero svegliato di buon'ora, deciso a passare ancora una volta davanti alla vecchia casa dello zio Shusaku. Dopo il lutto, avvenuto ormai da quasi tre anni, nessuno l'aveva più visitata. Era lì, lo sapevo, in attesa di un giovane e speranzoso meccanico, qualcuno che sarebbe stato pronto ad esaminarla da cima a fondo in cerca di indizi. Non c'erano dubbi: se avessi voluto scoprire qualcosa di più sull'attività di mio zio, sarei dovuto partire da lì. Nessun altro parente che io conosca aveva avuto alcun tipo di rapporto con lui nell'ultimo decennio.
    Mi sentivo un po' come un grande avventuriero all'inizio del proprio viaggio. L'esame Genin sarebbe stato per me una vera e propria svolta di vita, effettivamente. Ma non ero illuso, ovviamente. Sapevo bene che probabilmente quella di mio zio era stata solamente una pura e semplice follia senile. Di sicuro avrei trovato cose strane lì dentro, ma forse niente di così importante.

    Eppure mi sentivo molto attratto. Sapere che il vecchio Shusaku condividesse le mie stesse passioni mi aveva quasi fatto contrastare...

    SOEN, SEI SEMPRE A LETTO?!?


    Eh? Aprii gli occhi. Mi sembrava strano che stessi pensando a così tante cazzate tutte insieme.

    Come ogni mattina, mi svegliai con un enorme dilemma. Perché?
    "Perché esistiamo?" No...
    "Perché pensiamo?" Nemmeno...
    Perché urla?

    SOEN! Mamma entrò sbattendo la porta. Soen, hai fatto ciò che ti avevo chiesto? Credo che per un folle attimo mi sia passata per la testa la remota possibilità di risponderle "secondo te?". Tenendo alla mia vita, dieci secondi dopo fui in strada. Dovevo andare a prendere un pagamento da un amico di mio padre, che gli aveva commissionato qualcosa nell'ultimo periodo. O almeno credo... Ok, i dieci secondi non erano proprio dieci secondi, forse erano passati alcuni minuti. Però mi sentivo completamente rimbecillito: ho sempre odiato quel tipo di sveglia. Sbagliai strada qualche decina di volte, fino a che non mi ritrovai nel mezzo ad una delle vie principali di Suna. Mi fermai un attimo.

    Guardai in tutte le direzioni, cercando di ricordare dove abitasse quell'uomo. Ormai era già tarda mattinata, e il sole picchiava molto violentemente sulla mia testa. Come stavo bene, fino a dieci minuti prima... Ripensai a quello che stavo sognando. La gioia dell'esame, la storia dell'avventuriero... Dovevo aver mangiato troppo la sera prima. Mai e poi mai sarei stato felice di fare quel noiosissimo esame. Come mi sentivo idiota, pensando a dieci minuti prima...
    Certo, fosse stato un esame di meccanica sarebbe stato molto più interessante, però così... A cosa cazzo sto pensando? Lei mi ammazza se perdo altro tempo.

    Vidi una strada laterale, riconoscendola subito come quella giusta. Fatto il primo passo, probabilmente troppo in fretta, andai però a sbattere contro qualcuno.
    SE fossimo finiti entrambi a terra, mi sarei rialzato subito, dando anche una mano al malcapitato passante.
    In ogni caso, dopo aver chiesto scusa, avrei provato a guardare al di sotto del cappello nero.

    Amico, va tutto bene?

     
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  13. JohanHex
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    Nuovi Incontri



    I l sole era alto nel cielo e il caldo asfissiante. L’aria era così secca che decisi di fare un sorso d’acqua per evitare che le mie labbra si polverizzassero. Presi la fiaschetta d’acqua che portavo legata alla cintura e bevvi. Sentii il rivolo d’acqua scendere lungo l’esofago fino allo stomaco. La freschezza dell’acqua sembrò rigenerarmi. Il mio cervello sembrò gradire quel cambio di temperatura, tanto da smuovere via l’ombra del torpore che stava calando su di me. Passai il dorso della mano davanti alla bocca per asciugarmi e riposi la fiaschetta.
    Dissetato, continuai sui miei passi. I pensieri tornarono all’addestramento che avrei voluto seguire per rafforzarmi. Sentivo di voler fare qualcosa di più e questo desiderio si esprimeva nella voglia di voler battere tutti coloro che disdegnavano la mia presenza a causa del mio aspetto. Vendetta, direste. Ma fatevi i mi…ia di mor…ci vostri.
    Non era certo colpa mia se avevo quelle cicatrici. Da che io ricordi, le avevo sempre avute. Forse dalla nascita. Quando chiedevo al Vecchio qualcosa di più, lui mi rispondeva sempre con un semplice “Sì” senza aggiungere dettagli e cercare di farlo parlare era inutile. Era come voler chiedere indicazioni ad un sasso per strada. Muto. No, dico: veramente muto. Se non fosse per il fatto che è una presenza fisica, toccabile, avrei detto che non esistesse tanto era il silenzio che faceva. Era un vero kagefusha il Vecchio. Un’ombra.
    E con l’immagine del nonno in mente, non feci caso al ragazzo che sbucò all’improvviso nel mio campo visivo investendomi in pieno. Lo scontro fu duro e caddi a terra. La mia corporatura robusta non era da meno e anche il ragazzo fu sbandierato dall’altra parte. Ma si alzò e mi pose la mano per aiutarmi a rialzare. Provò a sbirciare sotto il cappello, lo spettacolo non sarebbe stato bello vista la mia cicatrice. Il mio occhio incrociò il suo. Aveva uno sguardo gentile, troppo. La evitai.



    « Ma che diavolo hai nel cervello!??!?!?!!? Guarda dove vai la prossima volta! »


     
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    Chapter 02


    Fuori in dieci secondi


    [Free GdR]



    Mi sentivo addirittura peggio di prima, la botta mi aveva frastornato. Amico, va tutto bene?, gli avevo chiesto. Gli tesi la mano per aiutarlo, ma evidentemente l'avevo fatto innervosire. Riuscii a intravedere, ma solo per un momento, una strana ferita sul volto del malcapitato. Lui però distolse lo sguardo, visibilmente innervosito. Un tipo strano, insomma. La sua risposta alla fine arrivò, e fu tutt'altro che gentile.

    Ma che diavolo hai nel cervello?!? Guarda dove vai la prossima volta!


    Ecco, l'avevo fatto arrabbiare. Quindi avrei dovuto perdere tempo a scusarmi e a vedere se stesse bene. Mamma mi uccide, sussurrai. Presi la sua mano, sollevandolo da terra. Era un ninja, forse, ma a vederlo non sembrava particolarmente minaccioso. Solo molto strano e un po' troppo "misterioso"... Decisi comunque di sfoderare tutte le mie doti diplomatiche: con un po' di fortuna mi sarei allontanato nel giro di pochi secondi.
    Scusami, mi dispiace..., iniziai. È che andavo di fretta, non ti avevo visto. Lo guardai da capo a piedi: non sembrava avere ferite di alcun tipo. Comunque non mi sembra che tu ti sia fatto alcunché... Mi spiace per il colpo, comunque. Guardai subito dopo i miei vestiti. Avevo un po' di polvere addosso, ma non mi ero rotto niente. E meno male, pensai, altrimenti sì che sarebbe stata la mia fine.

    Nessuno, intorno a noi, parve particolarmente interessato alla scena. Un paio di persone si erano fermate quando ci avevano visto cadere, ma niente di più. D'altronde quella era la via principale, la gente aveva fretta. Troppa fretta, a dire il vero. Mi sono sempre chiesto come mai tutti abbiano questa furia nel fare le cose. Qual è il motivo che ha portato le persone a vivere la vita nella paura di far tardi, di "buttare via" il proprio tempo. Forse sono state le guerre e gli scontri, a mettere paura; forse, sennò sono state le condizioni di vita che nel tempo sono migliorate a dare diverse priorità. O magari è perché tutti cerchiamo o aspettiamo qualcosa... Chissà. Magari potrebbe essere anche che qualcuno di questi è atteso da qualche parte. Magari hanno una persona importante che in questo momento... Già! Già, mia madre.

    Ehi, amico, scusa ancora per l'accaduto, ma adesso dovrei proprio scappare...


    Feci per andarmene, girandomi in cerca della via che avevo visto poco prima.

     
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  15. Mr Magpie
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    Yo1HzZ
    MINOBU SHITSUCHI
    SchedaParlatoParlato AltriVitalitàChakra

    Il Deserto è
    un Luogo Freddo

    Il caldo, familiare, della sigaretta mi scalda dita, labbra, gola. Bene. Saluto la mamma con un cenno del capo. Sta travasando delle piccole Echinopsis arrotondate. Non riconosco la specie e mi segno mentalmente di chiedere delucidazioni al riguardo. Dopo, però. Ricambia il saluto con un sorriso. È una donna dolce, mia madre. Una ragnatela di rughe le incornicia il volto un tempo bello. Adesso, più che bella, è tenera. Apro la porta e il sole quasi mi acceca. Gli occhiali. Dove sono gli occhiali? Li trovo, al loro posto nella tasca della camicia, e li indosso. Adesso il sole sulla faccia è piacevole. Per un istante, non di più, mi godo il tepore. Poi mi celo la faccia dietro la sciarpa di lana ed esco nel mondo.

    Come sempre la gente mi guarda con aria stranita. Ormai non ci faccio più nemmeno caso. La Natura ha dato prova di tutta la sua ironia nel crearmi. Il Villaggio della Sabbia è la mia benedizione e la mia maledizione. Altrove, morirei di freddo. Qui, rischio di ustionarmi in continuazione. Ed ecco quindi che, nell'unico posto in cui non dovrei per forza coprirmi, devo farlo lo stesso per proteggere la mia pelle priva di quella che i medici chiamano melanina. Il colorante della vita.
    La gente mi guarda. Loro vanno in giro mezzi nudi, la pelle e i capelli scuri e abbronzati dal sole perenne. Non capita spesso di vedere qualcuno coperto da capo a piedi di indumenti pesanti. Ma sarebbero ancora più stupiti di vedere i miei capelli bianchi come la neve e i miei occhi trasparenti. Meglio che mi prendano per un eccentrico che per un mostro. Non sarebbe la prima volta che vengo considerato un demone. Ormai non ci faccio più caso, ma da piccolo mi pesava. E Mifuku non aiutava. Scaccio il pensiero e continuo a camminare. Un brivido mi scuote. Una bella passeggiata sotto il sole è quello che mi ci vuole ora. E so anche dove andare. Fuori.

    Le mure ultimamente sono sguarnite. Il Villaggio sta vivendo un periodo di magra, in quanto a shinobi. Chissà, forse è per questo che mi sono iscritto. Non per fare un dispetto a Mifuku. Chissà. Devo smettere di farmi domande. Troppe domande e la Noia ti abbandona in un baleno. Piuttosto, mi guardo intorno. Cosa vedo? Nulla. Uno degli aspetti positivi della Sabbia: non c'è poi molto di emozionante. Attorno a me solo sabbia, rocce e vento. Molti paragonano il deserto alla morte, al vuoto, all'assenza. Io lo vedo più come il luogo in cui la Natura ha finalmente trovato la perfezione. Pura e semplice perfezione. Il deserto è bello senza avere null'altro che sabbia, sassi e vento. E succulente. Anche loro sono perfette. Forme geometriche di verdure adatte a vivere di nulla, tanti piccoli Buddha vicini al nibbana. Sorrido. Il paragone mi è uscito bene. Il deserto è dannatamente caldo. Almeno, presumo che lo sia. Qui sto bene. Mi verrebbe da togliermi la sciarpa dal viso, ma so che in pochi minuti mi ustionerei. Però il vento soffia, caldo come l'aria che scappa da un forno. Rischio lo stesso. Sfasciandomi la faccia, finalmente il mio viso raggiunge una temperatura accettabile. Qui sto bene. Con tristezza ritorno a coprirmi. Ed inizio a camminare, avanti, verso non so dove. Sono in vena di camminare oggi. Il riflesso del sole sulle dune rischia di accecarmi, ed è con gli occhi quasi chiusi che mi muovo. Tanto non c'è nulla su cui andare a sbattere.

    Qualcosa invece c'è. Per fortuna mi sono fermato a bere un sorso d'acqua dalla borraccia. E lì vicino ad una roccia giace un piccolo animale. Mi tolgo gli occhiali e lo guardo meglio. Sarebbe buffo, se non stesse visibilmente tremando, con quelle zampe lunghissimi e quel ciuffo in cima alla coda. Un Gerboa. Un topo del deserto. Mi avvicino. Non schizza via come normalmente farebbe. Giace a terra, tremante, scosso dai brividi. Allungo una mano e lo tocco. Ha un tremito più violento, ma nient'altro. Lo raccolgo, mi scopro e avvicino l'orecchio al piccolo corpo peloso. Mi lascia fare. Il cuore della bestiola batte a mille, ed è freddo al tatto. Lo esamino girandomelo in mano, ma non sembra avere ferite. Forse è malato, e mi fa una certa pena. Non posso lasciarlo qui nel deserto. Anche se so che è nell'ordine delle cose, non voglio che muoia e qualcosa se lo mangi. Ha occhi troppo vivi e scuri per meritare la morte. In fondo l'uomo non è sempre stato in qualche modo fuori dal ciclo normale della Natura? Non è stata forse data a noi, unici esseri coscienti dell'esistenza del kamma in questo mondo, la possibilità di cambiare le cose? Non è forse nostro dovere mondare il nostro kamma dalle colpe delle precedenti esistenze per andare avanti verso la bodhi? E forse la vita di questo piccolo animale non vale tanto quanto la mia? Perché non dovrei salvarlo? Troppe domande, di nuovo, ma intanto la mano si muove da sola, prende una delle medicine che porto sempre con me e la sbriciola nell'incavo della mani. Una goccia d'acqua è l'impiastro è pronto. Il topo non fa resistenza quando gli apro la bocca e gli spalmo la medicina sulla lingua. Grato per l'umidità inghiotte subito e si lecca le labbra. Nei suoi occhi lucidi mi sembra di vedere un lampo di gratitudine. Magari ho davvero fatto una buona azione. Il battito del topo rallenta, respira più regolarmente e gli occhi si fanno meno frenetici di paura. Trema ancora però. Lo infilo dentro la mia giacca, nel punto più caldo che riesco a trovare.
    Anche per lui il deserto è un luogo freddo.


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