Falsi idoliOtesi in gita ad Ame

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    Post 1 ~ Ame

    La riunione nella villa del capoclan Mikawa si era conclusa solo pochi giorni prima, ma Harumi ancora vi ripensava. In effetti, durante il viaggio aveva avuto modo di riflettere a lungo sulla straordinaria sequenza di eventi che l'aveva accompagnata fin da quando aveva abbandonato il villaggio dove era cresciuta. Avrebbe voluto dire suo villaggio, ma sarebbe stato ipocrita. Non si era mai sentita appartenere a quel luogo, dov'era detestata da tutti. L'epilogo era stato emblematico: avevano provato a metterla al rogo, convinti che fosse la fonte della malasorte che li aveva colpiti. Oni, demone, così la chiamavano. E alla fine era finita per diventarlo sul serio un mostro. Sotto la pioggia incessante che dava il nome al Paese e al Villaggio, il gruppo era entrato infine ad Ame. Gran parte del tragitto lo aveva passato a rimuginare sul suo destino, e soprattutto su cosa avrebbe fatto d'ora in avanti, anche a causa dei compagni che si ritrovava. Diogene, il colosso, uno degli shinobi più temibili del continente, l'aveva affiancata ad un esperto jonin del Suono affinché apprendesse da lui l'arte secolare che i villaggi ninja tramandavano da tempo immemore. L'uomo, che rispondeva al nome di Shinken Takatsui, si era però rivelato parco di parole. Allo stesso modo anche il ragazzetto che lo accompagnava non aveva mai aperto bocca, ma almeno lui era scusato, essendo muto, da quanto aveva inteso la giovane. L'unico che si rivolgeva a lei con un minimo di premura era l'ultimo componente dello strano team, l'anziano Mekura. Nonostante sembrasse avere perennemente gli occhi chiusi, tanto che la kunoichi sospettava fosse cieco o avesse problemi di vista a causa dell'età, il vecchietto pareva non incontrasse il minimo problema nel muoversi o nell'operare operazioni complesse da compiere senza guardare. La gentilezza dell'uomo era comunque tale da commuovere il cuore semplice della fanciulla. Finalmente comprendeva cosa significasse avere un nonno. Con premura Mekura l'aveva coperta con il suo mantello cerato non appena il cielo aveva preso a riversare su di loro un mare di gocce leggere, ma fredde e costanti. Gli ricordava in qualche modo l'atteggiamento di Eiatsu, l'eliminatore che l'aveva presa sotto la sua ala protettrice, venendo meno in qualche modo alla sua predilezione per i morti. Domandadosi che cosa stesse facendo il jonin in quel momento, Harumi squadrò l'ultimo componente della spedizione. Non si era ancora fatta un'idea precisa su di lui, perciò aveva deciso di sospendere il giudizio. Non voleva farsi condizionare da una prima impressione superficiale, come la gente solitamente faceva con lei. In ogni caso, raggiunsero senza intoppi la loro destinazione. Infiltrarsi ad Ame era stato meno complicato di quanto l'inesperta genin si aspettasse, ma era anche vero che era stata affidata ad un veterano che calcava quel mondo ricoperto di sangue ormai da molto tempo. Infine, giunsero alla loro meta. Oshi, con una mancanza di educazione dettata più dall'impulsività che dalla cattiveria, aveva spalancato la porta del negozio, ed uno alla volta tutti gli otesi avevano varcato la fatidica soglia. Uscendo dal riparo offertole dall'amorevole vecchietto, Harumi prese a guardarsi intorno. Armi e oggetti di varia foggia e dimensione riempivano le pareti, creando una sottile confusione. Un bancone separava la zona dedicata ai clienti dal retrobottega, ed era anch'esso ingombro di strumenti propri della professione di commerciante ed artigiano. Dietro di esso svettava maestoso quello che doveva essere il proprietario, ma l'attenzione delle kunoichi venne attratta dalla creatura di fronte a lui. Assumendo un'espressione fanciullesca, spalancò gli occhi, trattenendosi dall'istinto di accarezzarla.


    Ad una seconda occhiata, tuttavia, la ragazza si rese conto che anche quell'essere doveva averne passate tante, forse più di lei, e trattarlo come un peluche era una mancanza di rispetto bella e buona. Non appena Shinken ebbe terminato di introdursi, la giovane si riscosse, ricordando le buone maniere. Avvicinandosi a sua volta, fece un educato inchino, presentandosi. Io sono Harumi, piacere di conoscerla, signor...ehm, come devo chiamarla? Per una volta aveva tenuto a bada la propria timidezza, ma la voce si era fatta esitante quando si era resa conto della sfilza di nomi con cui il caposquadra si era rivolto all'uomo. Harumi aveva notato che i due sembravano conoscersi da tempo, a giudicare dal tono con cui l'otese si era rivolto a lui, ma non era in grado di stabilire se il loro fosse un rapporto di amicizia o semplicemente professionale. In ogni caso la ragazza si sarebbe poi fatta da parte, lasciando che fossero i grandi a gestire la transazione. In fin dei conti il suo incarico era quello di osservare a fare esperienza, e la kunoichi avrebbe registrato nella sua memoria quanto stava per accadere.

     
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