Contatto ad Omuro

Atto VI
La codardia di Oto. †

Fu una strana coincidenza. Di quelle che ti fanno domandare se tutto quel che era successo fino a quel momento non fosse stato interamente manovrato, di quelle che ti fanno comprendere che le cose, a volte, sono davvero tessute con una trama inestricabile. Mentre vibravo il mio fendente doppio, un fulmine gigantesco si abbatté proprio dietro di noi, accecandomi per un istante: istintivamente, colto dal fervore della battaglia, rilasciai i fulmini di sangue che crepitavano intorno alle mie mani. Fu l'ultimo rumore di quella notte, fu l'ultima cosa a solcarne il tetro cielo. Anche la pioggia si arrestò.

Davanti a me non c'era nessuno.

Ci vollero pochi attimi prima che la tempesta si placasse, che le nuvole si disperdessero e diradassero, mostrando un cielo insolitamente terso. Rilasciai il potere della Yakusoku e riposi le mie armi. Sapevo per certo che il mio avversario se n'era andato.
Avevo le gambe ammaccate, dovevo trovare una soluzione migliore per quegli arti: con Meika ed Itai avevamo pensato di poter rendere i miei arti intercambiabili, quindi tutto ciò che dovevo fare non era altro che reperire un nuovo materiale con cui farmele costruire; magari imparare anche a costruire qualcosa con le mie mani. Il fatto che il mio pensiero fosse andato proprio a Meika e più in particolare ad Itai, però, non era casuale: Oto adesso aveva delle informazioni su Kensei Hito, probabilmente, e non avrei potuto fare niente per impedirlo.
La mia mente era abitata soltanto da quei pensieri mentre sistemavo il mio nero mantello e riponevo il mio equipaggiamento prima di chiamare Kyofu e tornare verso Kiri. Avevo fallito - ed il fallimento non era ammesso. Avrei dovuto porre rimedio alla questione in qualche modo, probabilmente parlando con Febh Yakushi in persona oppure cercando e mettendo a tacere definitivamente l'uomo che avevo incontrato. Ma cosa sapevo su di lui? Niente, neanche il nome. Sapevo che era un Feidakin di Oto, qualsiasi cosa fossero i Feidakin. Sapevo anche che aveva una tuta particolare, forse l'unico espediente che lo aveva salvato in quella situazione, permettendogli di sparire ai miei occhi. Sapevo, quindi, soltanto che niente lo avrebbe salvato ad un secondo incontro. Incontro che forse si sarebbe rivelato, tuttavia, decisamente in ritardo rispetto alle informazioni che lui poteva fornire.
Le mani si congiunsero davanti al petto e Kyofu apparve davanti a me. Verso Kiri, amico mio.

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