Compleanno con OmicidioTre morti che morti non sono

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    I tre fallimenti della morte


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    Una missione importante, non solo per lo status dei suoi committenti, ma anche per il mio personale obiettivo; questo dovevo affrontare.
    Ero stato infatti richiesto per proteggere la vita della famiglia del Daimyo del paese delle sorgenti termali, un compito che sembrava un orribile scherzo. A konoha non sembriamo essere particolarmente bravi nel proteggere la famiglie dei Daimyo. Pensai mentre preparavo il mio equipaggiamento ed un amaro sorriso si dipingeva sul mio volto. Durante l'invasione di Shiro non eravamo riusciti proprio in un compito del genere, era anche per quello che ero stato catturato. Rinunciare a quella missione era però fuori ogni discussione, non tanto per un mio interesse verso la stessa, ma per i compagni che avrei avuto: si trattava infatti di due ninja estremamente esperti, un jonin ed un chunin. Non avevo idea di chi potesse essere il primo, ma avrei voluto portarlo dalla mia parte nella missione contro Cantha, il discorso invece era ben diverso per il secondo; due soli ninja del villaggio della nebbia rispondevano a quella descrizione: Akira e Keiji. Kensei, è così che si fa chiamare ora. Pensai, se davvero davanti a me si sarebbe trovato mio padre avrei potuto riconoscerlo grazie alle informazioni che Oda mi aveva dato al momento del mio ritorno a Konoha. Un padre ed un figlio, entrambi che ingannano la morte. Si trattava davvero di un evento più unico che raro, ma la segretezza di entrambe le nostre identità aveva reso difficile per me mettermi in contatto con Kensei. Se davvero quella fosse stata una possibilità per rincontrarlo avrei trovato il momento per parlargli di come ero tornato e provare a convincerlo ad unirsi a me. Una cosa era certa: mio padre era un combattente formidabile e onorevole e lo volevo dalla mia parte una volta salpato per Cantha.
    Posizionai con cura la maschera, oramai simbolo della mia identità: Tora, con quel nome il villaggio mi chiamava, non mi dispiaceva, la tigre era sempre stata un simbolo di coraggio ed onore. Eppure nasconde la mia vera identità, come un codardo. Misi da parte quei pensieri, quello che stavo facendo era necessario,
    dovevo convincermene.

    [...]



    Al momento del mio arrivo consegnai senza esitazione il mio equipaggiamento offensivo alle guardie all'ingresso, l'unica arma di cui avevo bisogno risiedeva dentro di me; il grande demone lupo era silente, eppure sentivo chiaramente la sua pulsante e primordiale energia dentro di me, una forza che finalmente ero in grado di comprendere ed utilizzare quasi nella sua totalità.
    Entrai nel salone e mi osservai attorno. Tanto valeva mettergli in faccia dei bersagli. Pensai guardando le maschere di cane sui volti dei familiari del Daimyo, passai quindi lo sguardo sulle guardie e poi sul resto degli ospiti, finché non lo vidi: un uomo dalla maschera della tigre.
    Mi avvicinai osservando l'ammantata figura che di certo non era Akira, la fisionomia generale era quella di mio padre ed anche la descrizione che mi aveva fornito Oda sembrava coincidere. Piacere si fare la sua conoscenza. Dissi rivolto all'uomo dalla maschera della tigre e porgendogli la mia mano sinistra. Se questo avesse risposto porgendomi la sua mano l'avrei stretta percependo immediatamente che era fatta di metallo e confermando così le mie teorie sulla sua identità. O meglio, è un piacere rivederti, padre. Avrei concluso, senza lasciare la presa.
     
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26 replies since 18/2/2018, 18:19   316 views
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