La Più Grande delle MinacceIl Crollo di un'Era

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  1. Waket
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    II



    Nessuno sembrò voler fermare l’avanzata della Vipera, che si fece avanti per parlare all'individuo incappucciato. Una voce profonda sembrò levarsi dal coro, un po' troppo in ritardo per poter fermare la rossa, ma non sembrava effettivamente intenzionata a farlo. Tuttavia, prima che potesse avvicinarsi oltre, la serpe, da lei riconosciuta come una forma evoluta della snakesword di Febh, si frappose tra i due, pronunciando parole che fecero trasalire Hebiko ancor più di quelle della presunta minaccia. Si irrigidì, aprendo le braccia in un gesto quasi offeso, senza nemmeno il coraggio di voltarsi indietro per vedere le reazioni altrui.

    Ma con tutti i nomi con cui potevi chiamarmi, maledetto ferrovecchio... Se-senti, io non interrompo il tuo padrone, ma te fammi venire dalla vostra parte, per piacere.

    Si sentiva in mezzo a due fuochi, ma affrontare quel discorso con il resto degli shinobi, metà dei quali a lei sconosciuti se non di vista, era fuori discussione. Non ora, non senza la protezione di Febh. Era vero, voleva uscire dalla sua ombra, ma un gesto del genere rischiava di essere suicida se fatto davanti alle persone sbagliate. Lei stessa, dopotutto, covava il desiderio di uccidere qualsiasi altro erede di Orochimaru, distruggendone il frammento che portava. Ma Kamine sembrava volerle dimostrare di essere dalla sua parte. L'aveva chiamata, avvicinandovisi. La rossa sembrava fosse stata presa alla sprovvista. Immobile, non tentò più di scavalcare la serpe, portandosi al fianco del presunto Febh, ma non sembrava nemmeno voler indietreggiare, tornando in mezzo al gruppo.
    All'apparizione delle due lucertole, Hebiko sussultò. Il primo istinto fu quello di voltarsi verso Tenma, gridando sarcastica:

    Meno male che erano piccole fonti di chakra! Cosa dobbiamo aspettarci quando percepirai qualcosa di grosso!?

    C'era la vaga possibilità che non parlasse di loro, o che la loro risorsa di chakra fosse effettivamente limitata nonostante le dimensioni... ma alla vista di quei bestioni non potè trattenersi dal commentare. Così come non potè ignorare la regina di fuoco, incontrata tempo prima ed alla quale aveva già fatto una pessima impressione. Sul suo volto apparve un sorriso tirato, le mani chiuse sul petto in preda al terrore. Allungò appena la destra, agitandola in direzione di Ssalaard.

    H-He... Hey, Ssalaard... Uh... Ti vedo in forma! Sei più... bollente del solito! A-hm... Il tuo... Brwl...wel...wut... Lui. Mi sto assicurando che stia bene, come al solito.

    E poi, i fuochi d'artificio, quasi a voler abbellire quell'evento. Hebiko si ricoprì di scaglie, proteggendosi così dai detriti che potevano arrivarle addosso. Sarebbe rimasta in religioso silenzio, capendo che quello non era che un gesto per attirare l'attenzione (non che fosse poi necessario) ed iniziare un lungo discorso sulla storia di Oto. Lei stessa rimase sorpresa da alcuni punti del racconto, nonostante fosse l'Erede come ora tutti sapevano, non aveva mai ne conosciuto suo padre, ne tantomeno sentito parlare delle sue gesta al di fuori dei vicoli nei quali era cresciuta. E dalle storie che aveva sentito non aveva ricavato che odio per quell'individuo: odio per come trattava i suoi seguaci, odio per come sfruttava i suoi alleati, odio per l'egoismo che aveva portato alla rovina del villaggio, e odio per... averla ignorata. Averla lasciata crescere sola, inconsapevole della sua vera natura. Odio perchè, una volta scoperta quella natura, si era fatto vivo solamente per il suo corpo, ignorando la sua volontà. Odio perchè lei, così come gli altri eredi, era probabilmente stata creata solamente come mero contenitore... eppure, quando era arrivato il momento, si era ribellata con tutte le sue forze, annichilendolo ed impedendogli di rinascere, forse per sempre. ...Allora perchè, all'idea che il palazzo, il suo simbolo per eccellenza, sentiva un forte desiderio di ribellione? Perchè lei stessa non voleva distruggere definitivamente la sua memoria?
    Kamine fu la prima a parlare, facendo voltare tutti i presenti. E durante il suo discorso, Hebiko percepì quelle parole come se rivolte a lei stessa. Per un attimo, tutto attorno era scomparso, era come se stessero parlando faccia a faccia, se le stesse facendo aprire gli occhi su il peso che portava dietro da una vita. Lo capiva, la donna non la vedeva come una minaccia, non la vedeva come reincarnazione della Serpe. La rossa osservò l'invito a tornare, stringendo un pugno nel petto. Scosse debolmente la testa. Non si sarebbe tirata indietro una seconda volta. Il grido della Jinjurichi fece eco nella piazza, implorandola di indietreggiare.

    Non posso! Non posso più nascondermi. Non voglio farlo.

    Le quattro colonne brillavano come fossero raggi divini, pronte ad esplodere demolendo tutta la zona. Hebiko prese fiato. Non sapeva ancora spiegarsi il motivo, ma non voleva che venisse demolito, ed alzando la testa, facendosi coraggio, si decise ad "affrontare" la minaccia di fronte. Il suo tono di voce era pacato seppur deciso, povero di quell'arroganza e sarcasmo che la caratterizzavano.

    Sai bene come la penso a riguardo. Sai bene che non rispetto ciò che era, nè ciò che ha fatto. Questo villaggio è nato per capriccio, e come tale è cresciuto deforme, sbagliato. Ma in mezzo a tutto il marciume che può aver creato, ci sono anche cose buone. Non gliene do i meriti, probabilmente non erano previste, nè desiderate. Ma come i veleni degli Yakushi, a volte questi possono rivelarsi degli antidoti per certe situazioni. Tutte le persone che hanno sofferto per colpa dei suoi esperimenti, delle sue ricerche, tutte le mostruosità create per arrivare ad un fine che voleva sfruttare solamente per se stesso... Vogliamo davvero distruggere tutto? Mandare all'aria i sacrifici involontari di queste vittime?

    Piccola, in mezzo ai giganti, cercava di farsi grossa non per la sua forza, ma per la sua volontà. Illuminata dalle quattro colonne, in mezzo ad assalitore e shinobi alleati, stava ora attirando l'attenzione di tutti, pur mantenendo il suo focus verso lo Yakushi.

    Se tutto venisse distrutto, faremmo il suo gioco. Il torto maggiore che possiamo fare a quell'uomo è il donare le sue conoscenze, il frutto del suo egoistico lavoro, ai cittadini, agli shinobi. Diventare più potenti non in cambio di fedeltà per un unico padrone, ma per la protezione di questo villaggio, di ciò che è casa nostra. Non abbiamo bisogno di un'Apocalisse, abbiamo già subito terribili attacchi catastrofici, e probabilmente ne subiremo ancora in futuro. Ma quando e se accadrà, saremo diversi.

    Non sapeva dire se lo voleva davvero. Dopotutto, quando si era ritrovata in quel laboratorio con Raizen, aveva messo bene in chiaro quali fossero le sue regole riguardo le scoperte, sembrava volersi tenere tutto per sè, il villaggio non era necessario che sapesse. Ma lentamente, le cose erano cambiate. Doveva smettere di vedere quel luogo come un terreno nemico. Era la sua casa, dov'era nata e cresciuta. Era l'Erede di quel posto. Ed in quanto tale, era ora di far sentire la propria voce, di far capire che quei decenni di tirannia e terrore erano finiti, dovevano finire lì, ora.

    Orochimaru è morto. Io sono la sua Erede. Questo palazzo e tutti i segreti che vi contiene mi appartengono. Ma non sono come lui, non ho intenzione di seguire le sue orme. Considero gli Yakushi i miei alleati più preziosi... Considero te il mio alleato più prezioso. Ed insieme potremo trasformare la palude che la Serpe ha creato in un campo fertile, dove gli shinobi non dovranno più lottare alla morte per avere una goccia del suo potere, ma potranno guadagnarselo in cambio di servigi per il bene del villaggio. Nessuno dovrà più vivere col terrore finché si troverà dentro queste mura. Ricaviamo un antidoto dal veleno che ci ha lasciato. So che non è la tua specialità... Ma sono qui per aiutare.

    Terminò il discorso con una sorta di battuta ed un accenno di sorriso. Il suo segreto era ormai stato svelato, ma forse poteva essere un bene. Aveva messo bene in chiaro il suo schieramento, facendo capire come la pensava riguardo tutta quella questione. Ora stava solamente al distruttore di fronte a lei ed agli shinobi alle sue spalle decidere se accettare la cosa. Era tesa, terribilmente. Ma allo stesso tempo, sentiva di essersi alleggerita da un peso terribile, che portava ormai da tempo. Forse poteva finalmente definirsi orgogliosa di quell'eredità. Forse l'essere associata a quell'uomo non era più una maledizione, ma una speranza. La consapevolezza che nel tunnel più oscuro e profondo si celava un diamante, in attesa di vedere la luce.
     
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