La Più Grande delle MinacceIl Crollo di un'Era

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    Magistra Vitae

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    Post 2 ~ Passato, presente, futuro

    Alla kunoichi del Suono, insieme alla sua collega jinchuriki, fu ordinato di rimanere in disparte, dietro ad un clone del novello consigliere. Aveva ormai da tempo realizzato che, se le veniva riservato un trattamento di favore, non era per lei, quanto piuttosto per ciò che custodiva al suo interno. La cosa, tuttavia, non le aveva recato particolare disturbo per il momento, anzi: era ben consapevole dell'importanza del demone a due code per Oto, e desiderava rendersi utile al luogo che l'aveva accolta. Da lì a poco, la voce possente dello sconosciuto li avrebbe interrogati proprio sul loro rapporto con il Villaggio. Ma prima ci sarebbe stato spazio per l'apparizione di mostri giganteschi e lezioni di storia.

    Harumi notò l'arrivo di Haru con la coda dell'occhio, ed in effetti sarebbe stato ben difficile non farci caso visto il vocione, la corporatura, ed il comportamento della donna, più vicino a quello di un alcolizzato cronico che di un ninja. Gli altri presenti non li conosceva, ma sembravano invece professionisti su cui si poteva contare, nonostante le stranezze. A prendere l'iniziativa fu però la segretaria, se tale era ancora il suo ruolo, che intrepida si fece avanti, fronteggiando l'invasore. A dire la verità, sembrava conoscere quel figuro dal volto immerso nella penombra. Ammesso che avesse ragione nel vedere in lui lo scomparso amministratore, venne comunque bloccata dall'enorme serpe metallica, per quanto rispettosamente. L'appellativo erede, rivolto alla Vipera, non significava nulla per Harumi, la quale seguì in quieta attesa la scena e i suoi successivi sviluppi.

    La ragazza spalancò la bocca di fronte all'apparizione dei due giganteschi kaiju, signori del fuoco e del fulmine, ma la sua reazione fu un misto di sorpresa e ammirazione, scevra di paura. Aveva smesso di temere i mostri molto tempo fa, prima ancora di accogliere un demone dentro di lei, quando aveva capito che i veri mostri erano gli uomini. Erano stati infatti degli esseri umani, suoi simili, a trattarla in modo disumano, fino al limite estremo di condannarla, innocente, a morire tra le fiamme. Una linea di confine che, superata, l'aveva cambiata per sempre. Ora la morte non le faceva più paura, né gliela facevano gli enormi rettili che sprizzavano scintille e lapilli. Si sarebbe limitata ad evitarli, spostandosi quel tanto che bastava [Slot Difesa I e II][Schivata] Rif. Blu +2
    [Impasto] 1/2 Basso +2 Rif. *2
    , ma senza considerarli neppure una minaccia o un attacco rivolto contro di lei. Per lei erano alla stregua della grandine, o della tormenta: fenomeni naturali, privi di malvagità, che non facevano distinzione tra giusto e sbagliato.

    Anche l'uomo in piedi di fronte al concesso di ninja non sembrava instrinsicamente malvagio, quanto piuttosto esaltato da qualcosa che alla piccola jinchuriki al momento sfuggiva. Con la testa ancora pesante, ma la mente lucida grazie all'effetto del farmaco, Harumi ascoltò con estremo interesse il racconto della fondazione del Suono, come uno studente che ha scelto intenzionalmente di sedersi in primo banco. Qualcosa lo aveva già letto in alcuni degli innumerevoli libri della biblioteca di Villa Mikawa, ma non furono poche le informazioni che andarono a colmare le sue lacune, se non addirittura a rettificare false conoscenze diffuse ad arte per nascondere una più scomoda verità. E tra queste vi era la reale identità del Nidaime. Una notizia che poteva risultare sconvolgente per i più, ma non per la giovane genin, che si limitò ad annuire, convinta che il discorso sarebbe andato avanti. Invece, si interruppe con delle domande impreviste, alle quali le mancava una risposta immediata. Per fortuna, gli altri shinobi presenti parevano più coinvolti, e uno alla volta replicarono allo sconosciuto, o presunto tale.

    L'intevento di Hebiko avrebbe dato alla quieta, ma sveglia Harumi, molto da pensare. Sembrava che la ragazza avesse preso sul personale l'intera faccenda, o per lo meno molto più seriamente di tutti gli altri presenti. Parole pompose, retoriche, quasi un discorso o una proclamazione. Non che stesse dicendo cose stupide o sbagliate, semplicemente neppure quelle, come la precedente esposizione dell'uomo, fecero breccia nell'animo della portatrice del due code. Tutto ciò che ottenne fu un commento, pronunciato tra sé e sé talmente a bassa voce da essere udibile solo a Eiatsu, se fosse rimasto al suo fianco, e al clone di Kato. Erede? Ma la carica di kage non è ereditaria... Di questo ne era ragionevolmente sicura, lo aveva letto in diversi trattati. C'erano stati dei casi di trasmissione ereditaria, soprattutto all'alba dei Villaggi ninja, ma quella pratica era caduta ormai in disuso da lungo tempo. Nulla di più di un ragionamento ad alta voce comunque: Harumi non si era ancora fatta un'idea di cosa fosse meglio per il Villaggio, e di conseguenza chi fosse la persona più adatta per guidarlo in futuro.

    La paranoia era senza dubbio il tratto distintivo di Kato Yotsuki, guardiano ed attuale consigliere pro tempore di Oto. Non era passata neanche un'ora da quando aveva ricevuto l'onore e l'onere di rappresentare il Villaggio, e già si trovava ad affrontare una questione piuttosto spinosa. Era chiaro che non si trattava di un semplice attacco terroristico, l'ennesimo, ma di qualcosa di molto più oscuro e intricato. A onor del vero, Harumi provava un poco di compassione per il ragazzo, catapultato nolente alle luci della ribaltà. Perfino ai suoi occhi ingenui era stato lampante dalle parole dell'assistente del daimyo che Kato era stato incastrato, messo lì giusto per tappare un buco nello scafo dell'amministrazione, prima che la nave chiamata Oto affondasse per la troppa acqua, o debiti, imbarcati. La sorte aveva però deciso diversamente, e quell'apparizione misteriosa poteva rivelarsi per lo Yotsuki una manna. O un colpo di grazia per il suo già fragile ruolo.

    Kamine era stata la prima a prendere la parola. Acida, aveva rispedito le presunte rivelazioni del loro anfitrione al mittente, scrollandosele di dosso come polvere dai vestiti. Eppure, le sue erano state le uniche parole con cui Harumi si era trovata, almeno in parte, d'accordo. Il consigliere aveva finito la sua breve arringa già da un po', e il silenzio interrotto dallo scoppiettio delle saette e dal crepitio delle fiamme stava diventando pesante, perciò la giovane prese coraggio, fece un respiro profondo ed infine disse la sua. Kamine-nee-san ha ragione. Oto è un Villaggio ninja a tutti gli effetti ora, quale che fosse il suo passato. E come tale, dovrebbe avere un kage a guidarlo. Quello era importante nell'economia della discussione, ma non era il punto focale del suo discorso. Harumi rivolse un sorriso a Kamine, poi proseguì, mormorando. Io... Non dovrei essere qui, ora. Non avrebbe dovuto essere neppure viva, ma lo era forse per un capriccio di un kami, forse per cieca sorte. Si era avvicinata tanto alla morte, e in più occasioni, da aver permesso all'abisso sottostante di scrutare nella sua anima. La sua parte più oscura, nascosta nelle profondità, le era al contempo sconosciuta e cara, una parte di sé che inconsciamente non voleva né richiamare in superficie né lasciare affondare, un frammento del suo spirito affidato ad un demone affinché lo custodisse. Sistemando una ciocca di capelli dietro l'orecchio, la ragazza tornò ad alzare gli occhi sull'uomo che incombeva su di loro e su di Oto. Ma sono qui. Il Villaggio è diventato la mia casa. Non sarà perfetta, anzi direi che non si avvicina neanche lontanamente alla perfezione, ma questo paese mi ha accolto. Quando sono arrivata non conoscevo nulla del mondo, né del Suono. Eppure, ricordo distintamente le parole dell'amministratore: Oto è il luogo dove i desideri delle persone possono realizzarsi. Basta avere la forza di allungare la mano per afferrarli. Non erano le parole esatte pronunciate dallo Yakushi, ma l'impressione che avevano lasciato nella memoria della giovane. Levando il braccio, mimò quanto stava affermando, rafforzandone il concetto. Io... Non so ancora cosa voglio fare della mia vita. Ma qualsiasi cosa sia, è questo il posto dove voglio che accada. Un luogo che, per la prima volta...posso chiamare casa... Un luogo dove, per la prima volta...qualcuno mi aspetta e si preoccupa per me... Cercando di tenere ferma la voce, appena incrinata da una sensazione di calore al petto che la faceva vacillare, da quanto poco era abituata a quell'emozione positiva, chiamata affetto, da molti data erroneamente per scontata. La fanciulla alzò lo sguardo su Eiatsu, pensando anche a tutti gli altri inquilini della Villa. Scuotendosi, assunse un'aria decisa, che sembrava decisamente fuori posto sul suo faccino, ma allo stesso tempo incuteva un lieve senso di minaccia incomprensibile per chi conoscesse anche solo superficialmente la kunoichi. Forse erano gli occhi, che brillavano di una luce strana, vagamente inquietante e al contempo affascinante, quasi ci fosse qualcun altro dietro a quelle iridi scure. Perciò... Non ho idea a che cosa stia puntando, ma se intende distruggere Oto fino alle fondamenta... Non glielo lasceremo fare... Il tono di voce era secco, duro, percettibilmente diverso da quello tremolante per l'emozione della confessione precedente. Una fitta sul retro della nuca avvertì la giovane che l'effetto della medicina stava andando scemando.


     
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