La Più Grande delle MinacceIl Crollo di un'Era

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    Nessun ninja poteva competere con Febh, sia in combattimento che in imprevedibilità. Si potrebbe dire anche stupidità ma in effetti Aloysius ne aveva incontrati di allocchi nella sua vita mentre per lo Yakushi si trattava più di quell'idiozia sincera e tipica dei tipi semplici e buoni di fondo. Proprio per il fatto che Aloysius fosse ben conscio di ciò, dopotutto anni di avventure avevano impresso in maniera indelebile i pochi pregi e i molti difetti del Jonin nella mente del Colosso, quando lo tsunami venne deviato in parte dalle grosse lucertole nessuna espressione di sorpresa su stampò sul suo volto e nemmeno quando il ragazzo si avvicinò al nuovo Kage, giurandogli fedeltà, lo sguardo di Diogene non cambiò.

    " Alzati Febh, non mi piace vederti in ginocchio. Noi siamo di Oto, noi non andiamo giù! "

    td0wBCE

    Avrebbe potuto aggiungere "...ma grazie", ma sia lui che il compagno sapevano bene che non avrebbe in alcun caso pronunciato quelle parole. In quel momento al Suono serviva un leader dal polso fermo e l'animo di ferro, qualcuno che poteva indicare la via in maniera decisa, senza temporeggiare e creare caos. Il Mikawa era l'uomo giusto, capace di farsi carico dell'odio di molta gente, dalle famiglie degli innocenti che inevitabilmente una guerra avrebbe coinvolto, alle voci fuori coro all'interno di Oto stessa, dai politici e nobili che non avrebbero voluto sborsare denaro per armare il suo esercito, a quelli dell'Accademia che non avrebbero visto di buon occhio un'azione di forza non concordata anche se rivolta verso un Paese ostile. Diogene questo avrebbe rappresentato, il bacino in grado di assorbire e convogliare tutte queste forze ed indirizzarle contro i nemici di Oto e della sua visione di Impero. Qualcuno già lo accreditava come il "Tiranno da un solo occhio" ma non era fosse da stolti giudicare un leader prima ancora che gli effetti del suo operato si palesassero?

    Ad ogni modo, Febh spiegò finalmente cosa gli fosse passato per la testa riportando quei cloni in superficie e rivelò di come quelle antiche pergamene avessero istruito Orochimaru nei panni del Nidaime a perfezionare quella macchina che tanto aveva impressionato il Garth. Indra...l'essere che aveva una porta nel mondo attraverso Jotaro...ecco da dove veniva quel potere terribile e oscuro. Aloysius già vi aveva visto all'interno e da allora aveva impiegato molte risorse per ricercare informazioni a riguardo; tuttavia mai avrebbe pensato che proprio all'interno del Suono potesse esserci qualche risposta. Avrebbe dovuto parlare con Kato a tempo debito ma, per il momento, assecondare le idee di Febh sembrava al momento la cosa migliore anche al Colosso: c'era un villaggio da rifondare e un nuovo albero gerarchico da riempire.

    " Eiatsu, liberala, non è più in pericolo. "

    E così il Jonin fece, liberando dal suo jutsu la kunoichi che aveva stretto un legame particolare con l'ex amministratore. D'un tratto tutti i ricordi sullo Yakushi ritrovarono finalmente riscontro nel volto di quel ninja e l'imposizione del sigillo svanì da quella mente ancora in confusione, rapida così come si era annidata.

    " Non l'ho fatto per lei, ma per i jinkurichi...le emozioni giocano spesso brutti scherzi e contro un Febh indemoniato ogni passo falso può risultare fatale. "

    Sintetico e glaciale come sempre, l'eliminatore motivò così il suo operato, mettendo a nudo come estrema razionalità la debolezza della ragazza che avrebbe potuto mettere tutti in grave pericolo, qualora le cose fossero andate diversamente.

    " Bene, vediamo di risolvere anche la pratica sigilli...chi crede sia pronto faccia un passo avanti...e per pronto intendo a questo! "

    6OVfNUF

    In pochi attimi il corpo del neo Kage divenne ancora più possente e minaccioso: la pelle divenne rossa e articolati sigilli ricoprirono ogni parte scoperta facendo divenire il Mikawa più simile ad un diavolo che ad un essere umano [Secondo + Terzo stadio del Sigillo Maledetto della Roccia]. Una forma bestiale che molti dei presenti poterono ricondurre allo scontro con il Demone di Sangue comparso ad Oto per mano della delegazione di Kumo, sebbene allora la mutazione avesse davvero raggiunto l'apice della mostruosità. Il sigillo, lascito del portentoso Sennin del passato, conferiva ad ogni coraggioso Otese in grado di domarlo un potere enorme, un'arma segreta da sfoderare nei momenti di difficoltà e che avrebbe accompagnato il portatore per la vita. Ma sebbene questo potesse essere visto come un vantaggio per molti di loro, alcuni come Febh stesso non avevano mai attinto a quella fonte di forza proprio a causa del suo legame morboso e vincolante che il Maledetto aveva nei confronti del villaggio. Aloyisus stesso aveva impiegato anni per abituarsi a quella presenza e solo con la morte del Nidaime, gli incubi avevano iniziato a darli pace, o almeno la maggior parte delle notti. Quel chakra proveniva dal villaggio e come tale non era proprio del ninja in grado di manipolarlo ma solo donato in prestito...ed Oto prima o poi si riprendeva sempre quello che gli spettava di diritto.


    " Ecco in cosa i sigilli del diavolo trasformano. Vi doneranno potere e capacità eccezionali ma dovrete fare i conti con un simbionte sempre assetato di chakra e che potrebbe uccidervi non appena si anniderà nel vostro corpo. Dunque ve lo richiedo: chi si sente pronto venga difronte a me e affronti la sua prova. "

    I sigilli erano lì nella scatola, pronti ad essere impressi sulla pelle delle nuove leve del Suono; per anni si erano tramandati finendo nelle mani dei più promettenti ninja del villaggio ed ora toccava agli shinobi che avevano scritto la storia del villaggio nel presente e nel recente passato. Chi avesse trovato il coraggio di presentarsi al cospetto del Diavolo Rosso, sarebbe stato accolto a braccia aperte del Mikawa, sul cui volto avrebbero visto un grosso e inquietante sorriso...Lui sapeva ciò che i poveretti avrebbero passato, lo aveva provato prima di loro sulla sua stessa pelle.

    Per ognuno dei richiedenti, dagli Studenti ai Jonin, il trattamento sarebbe stato il medesimo; Diogene avrebbe creato un clone di sangue per ciascuno dei ninja che avessero fatto un passo avanti e li avrebbe posizionati in fila in attesa che ognuno di loro scoprisse la parte del corpo su cuoi voler imprimere il marchio. Il trattamento sarebbe stato il medesimo per tutti: con un secco e micidiale affondo, il Kokage avrebbe conficcato i suoi artigli nelle carni del malcapitato penetrando per diversi centimetri [Pot 40 + Dolore Medio, For pari all'energia del difensore]. Ancorata la zona, con la mano libera il Colosso si sarebbe fatto passare un sigillo da Febh e ne avrebbe posto il corrispettivo foglietto sul palmo ancora non a contatto con il corpo dei vari otesi. Solo a quel punto, attivando il meccanismo attraverso il chakra concessogli dal sigillo stesso avrebbe snodato i complessi kanji racchiusi al suo interno e avrebbe spinto ancora più in profondità gli artigli al fine di far mischiare il sangue con l'inchiostro. Non sarebbe stato piacevole, non lo era stato per lui quando il Nidaime affondò le sue zanne da serpe nel suo collo, una vita prima. Ma non sarebbe stato il rituale del Mikawa il vero problema per ognuno dei poveretti: il male annidato in quelle che venivano considerate le armi segrete del Suono avrebbe presto attaccato le loro menti, invadendo con irruenza l'intimità di ognuno di loro e mettendoli difronte alla loro paura più grande. Si perché il timore più nascosto e recondito dell'animo di ciascun ninja si sarebbe materializzato più reale che mai, mettendoli difronte ad una prova che forse non si aspettavano ma che era di grande preparazione allo scontro con il clone che attendeva loro. Non si trattava di una illusione ma di vera e propria malvagità, annidata nel fuuinjutsu e alimentata da ogni briciolo di negatività presente negli otesi [Prova alla morte].

    Solo chi fosse uscito da loop tremendo generato dal Maledetto, squarciando il buio insito nell'animo umano, avrebbe superato la prova e avuto la vita salva. La selezione l'avrebbe fatta il sigillo stesso: gli studenti più acerbi non avrebbero avuta alcuna speranza di reggere quella pressione e i genin avrebbero dovuto attingere ad ogni appiglio mentale per sopperire ai limiti del fisico. Quanto i chunin, invece, si supponeva che la loro maturità e preparazione gli avrebbe permesso di poter vincere senza grandi difficoltà quella partita, sebbene sul tavolo avrebbero comunque dovuto mettere in palio la loro vita.

    Quanto alla scelta di quale tipologia prendere, loro non ne avrebbero avuta alcuna; quello era un dono che Oto, e quindi Aloysius, stava dando loro...avrebbero dovuto fidarsi dell'intuito del Garth, il quale aveva ormai raccolto diverse informazioni su di loro.

    " Dunque hai deciso per la via diretta. Prima che sparissi avevamo parlato di procedere con cautela, effettuando approfondite indagini mentali per ognuno di loro. Te ne sei dimenticato? "

    " A volte alzare la posta è l'unico modo per fare il salto di qualità. "

    Nessuno dei coinvolti avrebbe potuto sentire quella discussione, presi ormai dalla difficile prova. Quindi Aloysius si rivolse a Jotaro, ora che poteva parlare con un po più di tranquillità:

    " Vuoi provare anche tu? Non so cosa possa accadere con te visto che non hai chakra...e non so come il fuuinjutsu possa reagire con Indra. In effetti anche i Demoni potrebbero non gradire ahahaha Insomma, cosa sono questi rotoli? Sapevi della loro esistenza? Febh tieni buoni i cloni ancora per un po...vediamo fin dove i nostri ragazzi possono spingersi. "



    CITAZIONE
    OT/ Iniziamo subito con le cose belle! Il sigillo è lì ad un passo ma il baratro vi divide, come la tradizione di Oto esige. Tutti possono provare ma sappiate che mi aspetto un post impegnativo visto che siete chiamati a sconfiggere la vostra più grande paura. Tutti significa che anche gli studenti possono provare ma non mi aspetto che sopravvivano...ma chi sono io per tapparvi le ali? Chi invece non vuole sostenere la prova può iniziare ad informarsi su cosa stia frullando nella mente di Aloysius ;) /OT
     
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    La Minaccia Più Grande


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    Le mie domande furono praticamente ignorate, l’ex amministratore (ormai lo consideravo tale) si limitò a due parole frettolose che di fatto non portarono a nulla, se non che tutto fosse dipeso dal Kage stesso. Per la mia copia del resto non rimasi per nulla sorpreso, fino a prova contraria visto tutto quello che era successo fino a quel momento e all’immensa messinscena portata avanti ritenevo quelle “cose” semplici Bushin trasformate, un trucco di un Jonin.

    E fu proprio dopo le sue parole del Yakushi che, nuovamente, le carte in tavola si ribaltarono completamente. Un’immensa ondata, alta quanto se non di più delle mura di Oto, si stava riversando su tutto il campo di battaglia, se così potevamo considerarlo. Un’ondata di un liquido oscuro, opaco. Un pericolo incombente vista la velocità assurda e la forza da cui era trainata l’esondazione. Che fare? Come comportarsi?

    Quando vidi pure Febh prodigarsi nella difesa mi resi conto che la minaccia senza dubbio era concentra, ma il tempo allo stesso era tiranno e da parte mia non potei fare altro che incrociare entrambe le braccia attorno al viso e ricoprirmi di Chakra Elettrico. In cuor mio dunque sperai semplicemente di sopravvivere… ma dopo qualche attimo di puro terrore mi resi conto che quell’ondata di sangue, se così si poteva definire, non mi aveva nemmeno toccato con una goccia bensì si era diretta violentemente contro i cloni.

    Mi voltai diverse volte per realizzare la minaccia e fu in quel momento che compresi. Qualcuno aveva puntato a distruggere i cloni, e se Febh gli aveva difesi a tutti i costi significava che semplicemente non erano banali Bushin. Dunque stavamo parlando di nostri stessi doppioni? Una domanda che presto avrebbe perso di significato perché l’autore di tale azione si palesò davanti a tutta Oto.

    Era niente altro che Diogene. Il Jonin che buona parte degli Otesi, Febh incluso, aveva acclamato come futuro Kokage. E la sua entrata in scena si poteva benissimo paragonare, se non dir superiore, a quella di Febh. Scrollai la testa, per qualche istante sembrò che i due Jonin si fossero sfidati su chi fosse stato in grado di attirare maggiormente l’attenzione. Comunque erano entrambi riusciti ampiamente nel gesto. Di sicuro non ci saremmo dimenticati in fretta quel giorno.
    Ciò che invero non mi sarei mai aspettato, nella maniera più assoluta, fu il gesto di Febh. Sgranai gli occhi dalla sorpresa quando vidi l’esponente più potente degli Yakushi inginocchiarsi davanti a Diogene. Un Ninja di tale potenza stava letteralmente, e ufficialmente, mettendosi al servizio del Kokage. Mi voltai verso gli Shinobi più giovani, o quelli più scapestrati, i quali stavano assistendo ad una importante lezione: rispetto e lealtà. Controllo. I tre elementi fondamentali che facevano di una persona un leader.

    Ulteriore sorpresa fu la rinuncia della carica di consigliere da parte di Febh, un gesto dovuto forse. Ma di sicuro il momento adatto per me per ritirarmi da quel fastidiosissimo incarico pro-tempore che mi era stato assegnato: - Kokage-sama, ritiro anche io la mia carica pro-tempore di consigliere. In attesa, ovviamente, di un nuovo incarico. –

    Ma le novità di certo non smisero con quelle dichiarazioni. Le parole successive dello Yakushi, in primo luogo, si limitarono a constatare le condizioni e i resti del lascito di Orochimaru ma quando poi il Jonin riportò alla luce una pergamena alquanto singolare il mio cuore letteralmente si bloccò. Il mio sangue si gelò e una goccia di sudore freddo scese lungo il mio viso. Forse Febh era impazzito? Dichiarare e per di più mostrare una pergamena di Indra davanti a tutte quelle persone? Chi poteva assicurarci che erano tutti fedeli ad Oto? Che in mezzo in loro non ci fosse qualche membro di Hayate? Alla fine quella organizzazione, almeno dalla mia esperienza, era talmente abile a mistificarsi e a nascodere le proprie tracce da essere quasi impercettibile. Che in realtà fosse una sorta di invito a sfidarci? Nonostante le già numerose difficoltà che Oto stava affrontando?

    Febh aveva commesso un errore, ed era un dato di fatto. Includendomi nella sua storia aveva di fatto reso anche me un bersaglio di Hayate. Per un bravo Nukenin dunque non sarebbe stato difficile scoprire la mia missione ad Iwa e fare due più due. Per forza di cose, dal punto di vista di Hayate, sapevo che fine aveva fatto Hana. Maledizione! Odiai Febh e la sua maledetta parlantina. Dunque da parte mia mi limitai ad una breve sentenza, secca e che non dava adito ad alternative: - La pergamena di Indra, entrata in nostro possesso, non esiste più. Confermo quanto detto da Febh. E’ bastato del fuoco vivo per bruciarla completamente. Kokage sarò lieto di conferire, esclusivamente con lei, su questa storia. –

    Del resto come si poteva intuire le pergamene di Indra erano armi Ninja a tutti gli effetti. Armi talmente potenti e pericolose che in mani sbagliate potevano distruggere intere città o condannare migliaia di anime al limbo. Armi che dovevano essere requisite, controllate e nel caso ciò non fosse possibile distrutte, come facemmo ad Iwa. Quindi quando realizzai che quelle copie erano frutto della tecnologia estrapolata dalla pergamena la mia visione su quegli esseri cambiò radicalmente. Erano nostre copie, adattate per uccidere e forse più forti di noi stessi. Mentalmente dunque accettai la sfida proposta da Febh: di sicuro le avrei sfidate.

    Poi giunse il momento cardine della giornata. Un momento che difficilmente avrei dimenticato per il resto della mia vita: l’assegnazione dei sigilli. Quando vidi il Kokage invitare i Ninja presenti a fare un passo in avanti per prenotarsi una di quelli “armi” notai allo stesso tempo che il Jonin attivò su di sé un Sigillo. E il potere di tale arma fu tale da ribaltare completamente l’aspetto del Mikawa. I suoi muscoli si irrobustirono, la sua altezza aumentò e il colore della sua pelle si fece vermiglio. Un semplice pezzo di carta poteva, grazie alla forza del chakra in esso impresso, comportare tale modificazioni? Sembrava impossibile ma i miei occhi non mi ingannavano. Il potere sgorgava da quei sigilli e l’avvertimento del Kokage era quanto mai concentro e vero. Solo un controllo superiore poteva gestire una tale forza.

    Sorrisi.

    Per tutto quel tempo avevo aspettato l’occasione giusta. Gli ultimi eventi mi avevano profondamente scosso, avevano messo in serio dubbio le mie abilità e, appunto, la mia capacità di controllo su me stesso e… su gli altri. Ora era giunto il momento di mettersi alla prova. Che Ninja potevo definirmi se avessi rifiutato una tale proposta? Che figura avrei fatto davanti al neo eletto Kage del Suono?

    No, non potevo tirarmi indietro. Avrei preso di petto la sfida e, per tutti i Kami, l’avrei superata. Se fossi riuscito a controllare un mostro di me… come potevo affrontare i veri Mostri che si nascondevano nei peggiori angoli di questo? Questo era il primo passo per il cambiamento, per la mia forza.





    Feci un passo in avanti per avvicinarmi al Jonin e indicando il pettorale destro, attesi il colpo. Un affondo con degli artigli innaturali che non tardò ad arrivare. Il dolore fu la parte minore, abituato come ero a subire, ma i miei occhi non poterono fare a meno di notare come le unghie affilate del Kokage penetrano nella carne, infilando all’interno tra il sangue e la pelle squarciata il sigillo stesso. E fu in quel momento che persi la connessione con la realtà.

    In un battito di ciglia i miei occhi si limitarono a visualizzare un immensa distesa di nero. Di oscurità. Non era possibile in alcun modo cogliere i limiti di tale scenario. Solo nero, profondo. Il Vuoto? Guardai verso il basso, verso i miei piedi, ma colsi solo una fortissima inconsistenza. Come se fossi privo di sostegno, come se appoggiassi su un minuscolo, sottilissimo filo.



    Poi giunse quella voce, pronunciata con un tono sibillino quasi come se fosse un serpente.

    Yotsukiiii
    o
    Tokugawaaa?



    Quando questa voce pronunciò la seconda parola fu quasi come se un veleno fosse stato inoculato nel mio corpo. E caddi nel vuoto. Per risvegliarmi in una foresta. I miei vestiti erano fradici, non di acqua. Non di sudore ma di sangue. La pioggia, violenta, scendeva inesorabilmente su tutto l’ambiente, e goccia dopo goccia il mio corpo si sporcava di sangue. L’odore acre e pungente si faceva sempre più insostenibile.

    Kato. Scusami.



    Davanti a me mio padre.

    Papà.



    Era almeno dieci anni, se non di più che non lo vedevo. Fu l’unica parola che riuscii a rivolgerli prima che dalla sua bocca sgorgasse, in maniera innaturale, un fiume di sangue che si riversò di nuovo su di me. Mi ritrovai così in una sorta di immensa visione caleidoscopica. La mia testa venne scombussolata, rivoltata girata. Non capivo, non mi orientavo e caddi, sempre più verso il basso. Fino di nuovo a sbattere la faccia contro il nulla. E ritrovarmi, a poca distanza da me, un sacerdote. La faccia di quel bastardo stupratore e violento del mio patrigno. La faccia della persona che avevo ucciso poco prima di arrivare ad Oto.

    Bastardo!



    Senza motivo specifico scagliai un pugno contro l’uomo. Pugno che in realtà andò ad infrangersi con il viso di mia madre. Lei cadde, violentemente a terra. L’avevo quasi uccisa dalla furia. Rimasi bloccato, fermo.

    Tu, figlio bastardo. Tu, mio più grande errore. Tu, hai ucciso il mio amato. Tu, hai rovinato la mia vita. Tu hai distrutto tutto ciò che più tenevo a questo mondo. Tu maledetto morirai per mano mia, prestoooo.



    Di nuovo quella voce terribile, a cui seguirono le mie grida. Dove mi trovavo? Che cosa stava succedendo?

    Io gli avevo rovinato la sua vita? Era LEI che aveva distrutto la MIA per le SUE scelte. Io HO liberato LEI dalle sue catene.

    Vomitai, e caddi di nuovo in ginocchio. Dal vomito tuttavia realizzai l’orrore. Avevo appena egurgitato un neonato. Il mio fratellastro. I suoi occhi, neri come la pece, mi fissarono.

    Anche lui ti odiaaaaa



    Di nuovo quella voce, una frase pronunciata quasi impercettibilmente ma che trapassò il mio cranio come un dardo.

    NO.



    Mi voltai di scatto e davanti a me vidi centinaia, no macché, migliaia di persone. Riconobbi i loro vestiti. Era gli abitanti di Iwa. Le persone, che io e gli altri, avevamo condannato all’oblio. Mi stavano circondando, mi stavano raggiungendo. Presi a scappare a muovermi ma le loro mani mi ghermivano, i loro lamenti mi rallentavano. Le loro preghiere, vane, risuonavano come martellate nella mia testa.

    Una mano amica però fece capolino in mezzo a tutto quello. Una mano a cui subito mi aggrappai. Era Oni-Chi il mio padrone guerriero che mi aveva raccolto, raccapezzante, in uno dei peggiori sobborghi del Paese delle Sorgenti Termali. La sua mano calda, il suo affetto mi diedero la forza per scappare da Iwa. Scappare da quei ricordi.

    Sei al sicuro, Kato. –

    Parole confortanti, in quei momenti così bui.

    Vieni con me, sacrificala. –

    E così mi ritrovai nel Circolo Interno, luogo segreto. Massimo reliquiario di quella setta sconosciuta ma dalla forza inarrestabile. Avevo un coltello in mano, un Tanto sacrificale. Uccisi la donna, e ne uccisi altre cento come lei.

    Il mio cuore sprofondò sempre di più.

    Sempre, sempre più a fondo.
    Fino a che…
    Non trovai lei.




    Fino a che non salvai lei. Il mio… Amore. Segreto, segreta così come la identità e locazione.



    Dimmi chi è, Kato.


    Di nuovo quella voce, di nuovo lui. [Nota]Come Febh, ben sa, Kato per tornare vivo da Shifuku ha sacrificato tantissimo, tra cui la vita di migliaia di persone ad Iwa. Anime di Pietra è la giocata cardine su questa PNG. In ogni caso sono aperto a discutere sulla sua storia, linkando eventuali altri riferimenti sparsi qua e là.

    La prenderemo. – Questa volta fu il coro dei cinque Maestri di Sangue a parlare.

    Mai - fu la mia risposta. Per qualche ragione la vidi a distanza, Shifuku, il petalo più prezioso che esisteva al mondo… e per me. Corsi verso di lei, disperato. Nessuno la doveva toccare. NESSUNO.

    Scattai, veloce come il vento, e mi posi davanti a lei. A difesa del suo fragile corpo. Davanti a me i cinque Maestri di Sangue si trasformarono in cinque persone. Mio padre, il mio patrigno, mia Madre, una donnaLa Mamma di Shi Yotsuki, sorellastra di Kato dai lunghi capelli neri e dallo sguardo tenebroso e una bambinaShi Yotsuki , dall’aria malefica quanto il Demonio stesso. E in mezzo a loro si palesò Oni-Chi. Sorridente, soddisfatto.

    E’ nostra Kato, l’ho raggiunta. So chi è. Sono dentro di te e ho raggiunto il tuo segreto più profondo.



    Il viso di Oni Chi si trasformò lasciando spazio ad uno sguardo ancora peggiore, ad una visione terribile. Chi era costui? La sua lingua si allungò verso Shifuku, ma impugnando il mio fido tirapugni gliela tranciai di netto! Tuttavia dalla ferita ne uscirono altre due, come un’idra e così continuai a sferrare fendenti uno dietro all’altro: - MAI! MAI! MAI! - ogni volta un grido disperato, ogni volta sempre più provato e stanco dalla lotta. E più si avvicinava verso Shifuku più le sue dichiarazioni mi spezzavano nell'animo.

    Lei è il tuo segreto più nascosto. Lei è il tuo punto debole. Lei è tutto per te. Perché… tu… la AMI!



    NO. – mi scaraventai contro l’uomo, se tale si poteva definire. – LEI NON E’ DI NESSUNO. –

    La figura scomparve, ritornando vicino a Shifuku. La stava ormai per raggiungere.

    Ma il mio segreto, il nostro segreto non poteva essere svelato. A qualunque costo. Se… se veramente l’avesse scoperto quali sarebbero state le conseguenze? Mi alzai, mai così deciso, e corsi verso la mia amata. In un colpo secco, un fendente preciso, carico di disprezzo nei confronti di quell’essere colpii la donna. Colpii Shifuku.

    Gridaii con non mai nella mia vita. Di dolore, di tristezza, di disperazione.

    UN GIORNO CI RITROVEREMO! TE LO PROMETTO.





    La uccisi.



    Uccisi l’unica persona che veramente mi legava all’umanità. Lei scomparve davanti a me e con essa il suo ricordo. Per salvarla. Per renderla intoccabile da questo mostro. Alzai lo sguardo, uno sguardo carico di odio ma allo stesso tempo focalizzato.

    - Tu non puoi avere il controllo su di me. Perché non ho più punti deboli. Io sarò il tuo PADRONE. Io avrò il controllo su di TE. Inginocchiati. -



    Le ultime quattro parole risuonarò come un tuono in quel vuoto immenso. Un ordine, un imposizione. Una condizione talmente forte da piegare i Demoni stessi. Sarei riuscito a sottomettere quell’essere spregevole?



    [Nota]Il cambio di colore del mio parlato esprime di fatto un cabmio della personalità di Kato. Le varie sfacecciature della cosa si sviluperranno chiaramente nelle prossime giocate e/o post.

    Ovviamente a Diogene il risultato o meno della prova.


     
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    La Decisione


    La Più Grande delle Minacce • Capitolo IV

    Inaspettatamente fu l'uomo seduto accanto a lui a rispondere alla seconda domanda di Munisai, affermando che ai Daimyo, e tanto valeva anche per quello delle Risaie, non interessava entrare nelle faccende interne ai Villaggi, fintantoché un Kage era presente e mandava avanti la baracca senza creare problemi a loro. Anche l'Amministratore, successivamente, non avrebbe fatto altro che confermare quella tesi.
    Uhm, ma pensa disse il rosso grattandosi il collo, mentre si rivolgeva all'uomo dalla lunga chioma corvina.
    Si direbbe che questi ricconi dal sangue blu, che conducono vite agiate e che si sono ritrovati in grembo l'enorme potere di cui godono, senza aver dovuto mai lottare per esso, provino scarso interesse nell'esercitare la propria autorità.
    Immagino che le vicissitudini della gente comune come noi debbano sembrar loro particolarmente insignificanti.

    Il tono era pacato, di chi faceva una tranquilla constatazione.
    Non aveva scoperto l'acqua calda, né gli era stata rivelata chissà quale verità sconvolgente, anche se, in tutta onestà, restava sempre abbastanza interdetto di fronte a chi era troppo incapace o indolente per mettere a frutto i propri doni. E quale dono più grande del potere politico di un Daimyo?
    Tanto meglio per noi scrollò le spalle, facendo poi cadere il discorso.

    Giusto in tempo per accorgersi che l'attenzione del suo interlocutore era stata catturata da qualcosa alle sue spalle. Il giovane si voltò e ciò che vide lo fece sbiancare. Perse un battito o due.
    Ma che ca--?!
    Un'onda di proporzioni titaniche stava per infrangersi sulla piazza. Era come se d'un tratto tutti loro fossero stati trasportati dal centro di Oto ad una spiaggia che stava per essere colpita dal più tremendo dei maremoti. Eppure quella non sembrava acqua, né salata né dolce.
    Ma il nuovo arrivato non ebbe tempo di porsi domande. Quel muro liquido era talmente veloce che non poté neanche solo pensare di mettersi al riparo.
    Tutto ciò che gli riuscì fu incrociare le braccia davanti al viso e prepararsi all'impatto. Impatto che, tuttavia, non subì. Nell'onda si creò una fessura grande quanto la sagoma del ragazzo, che venne dunque risparmiato, e passò oltre, abbattendosi sulla scalinata e sui cloni ma graziando gli otesi presenti. Le lucertole reagirono a un gesto dello Yakushi contrastando l'attacco, salvando così il loro evocatore e tutti i duplicati.

    Munisai era incredulo.
    Quello non era stato un fenomeno naturale, poco ma sicuro. Quella non era assolutamente acqua. Sembrava avere una maggiore viscosità, oltretutto era di un colore molto scuro, quasi nero si sarebbe detto, malgrado l'oscurità della notte potesse falsarne la percezione. Ciò che non poteva ingannare, però, era l'olfatto. L'intera piazza, infatti, era stata improvvisamente invasa da un forte odore, molto particolare e altrettanto riconoscibile.
    Vi ero mancato?
    Una nuova figura si fece avanti, un uomo dall'aria vissuta, grande e grosso, anche più alto del rosso. Lui ne aveva sentito parlare ed era uno degli otesi sul quale aveva raccolto informazioni. La stazza, l'aspetto e quella tremenda tecnica basata sul sangue non lasciavano dubbi. Ad aver fatto il suo ingresso era il Colosso dei Mikawa.
    Questi, senza troppi giri di parole, accettò la nomina a Kokage esortando poi i presenti a venire alle mani con quel manipolo di copie contraffatte.
    Ma che, scherziamo?
    Il giovane non ci teneva affatto a prendere parte a una mega-scazzottata con quegli affari. Certo, in caso le loro capacità fossero state equivalenti ai rispettivi originali, avrebbe potuto vedersela col suo alter ego, ma riguardo a tutti gli altri non si sentiva affatto tranquillo. Aveva ogni ragione di credere che ognuno dei presenti, ninja fatti e finiti, avrebbe potuto sconfiggerlo senza troppi problemi, e anche solo partecipare a una battaglia di quelle proporzioni recava, per lui specialmente, il rischio di rimetterci la pelle.

    Fortunatamente Febh pose un freno al pugnace entusiasmo del Kage, almeno momentaneamente.
    Dopo aver investito ufficialmente il Garth del nuovo incarico, egli raccontò con dovizia di particolari delle sue avventure all'interno del Palazzo del Serpente, di ciò che vi aveva rinvenuto e dell'uso che intendeva farne, o che già ne aveva fatto, come nel caso della famigerata macchina copia-persone.
    Il rosso ascoltò con estremo interesse tutto il discorso, che fu per molti versi anche istruttivo per uno che si era appena stabilito lì. Inutile dire che c'erano molti punti a lui oscuri in quel racconto, e avrebbe avuto bisogno di porre diverse domande per cercare di mettere insieme i pezzi, ma quello non era chiaramente il momento più adatto.
    Di sicuro erano stati recuperati molti tesori da quei sotterranei, molti testi e reperti di valore storico, ma soprattutto dal potenziale bellico non indifferente. Tra questi spiccavano dei rotoli appartenuti a Indra Ootsutsuki, figura quasi mitologica del mondo ninja, che contenevano conoscenze e istruzioni per realizzare strumenti e jutsu dalla potenza inaudita. Un lascito che Oto avrebbe avuto il privilegio di custodire e di sfruttare, si sperava, con la dovuta accortezza.
    Ecco, quella fu una cosa che colpì il cadetto. Il clone dell'ormai ex Amministratore era partito con una filippica interminabile sui rischi che avrebbe comportato attingere al potere di Orochimaru o servirsi delle conoscenze che si era lasciato alle spalle, proponendosi perfino di radere al suolo l'intero edificio che l'aveva ospitato, tanto per stare tranquillo.
    E poi questo?
    Veniva fuori che Febh stesso si era recato in quei luoghi in rovina in cerca di armi da usare contro i nemici del Suono, portandole poi alla luce e al cospetto di tutti loro. Non contento, aveva addirittura rimesso in funzione un'ultima volta la Macchina costruita dal Sannin.
    Che fine aveva fatto il "germe della rinascita" che poteva risvegliarsi ad un incauto utilizzo di una qualsiasi delle eredità lasciate dalla Serpe? Mah.
    O le idee del clone dello Yakushi differivano da quelle dell'originale o quel tizio non era proprio un campione di coerenza. C'era anche da dire che tutta la sceneggiata dell'attacco era stata da lui orchestrata, si era poi scoperto, unicamente per il proprio sollazzo.
    Munisai non poté che sorridere tra sé e sé, pensando che forse quel tipo era realmente potente quanto incomprensibile come si diceva in giro.
    Riguardo la sfida di affrontare il proprio doppleganger, il ragazzo l'avrebbe probabilmente raccolta, prendendosi però la settimana di tempo a disposizione per prepararsi adeguatamente.

    Arrivò allora il turno del Kokage, il quale dimostrò ancora una volta di non essere uno che si perde in chiacchiere. Subito mise a disposizione, o in palio potremmo dire, quelli che erano stati definiti Sigilli Maledetti.
    Il rosso non sapeva bene di cosa si trattasse, le sue informazioni al riguardo erano scarse e frammentarie, ma fortunatamente il Mikawa decise di dare una dimostrazione pratica.
    In un istante il suo corpo subì una metamorfosi. I suoi occhi e la sua pelle cambiarono, la sua figura si fece ancora più inquietante, simile a quella di un youkai. Il Sigillo permetteva si superare i propri limiti elargendo un potere ragguardevole, ma il prezzo poteva essere molto salato. C'era la possibilità che il procedimento uccidesse l'ospite immediatamente, ma anche se ciò non fosse avvenuto era facile presagire che quella cosa avrebbe segnato l'individuo a livello fisico e psicologico per lungo tempo, se non a vita.

    Munisai scrutò a lungo quella specie di mezzodemone, ponderando il da farsi.
    Al ragazzo non fregava un tubo dell'aspetto poco accattivante della trasformazione, poiché sicuramente la potenza che conferiva era eccezionale.
    Se c'era una cosa che aveva scoperto nelle sue ricerche era che i Juinjutsu di Oto erano in numero esiguo. Potevano contarsi sulla punta delle dita, pertanto solo pochi eletti potevano aspirare a detenerne uno.
    Tuttavia, il rosso era pronto ad una prova del genere?
    Lui, che era un pivello appena arrivato, aveva ciò che serviva per contrastare quella forza feroce e oscura?
    Molte volte, in passato, aveva rischiato la propria incolumità e le numerose cicatrici ne erano una palese testimonianza. Forse stava per fare il passo più lungo della gamba per l'ultima volta.
    Il suo ultimo, folle passo.


    Eppure era lì, nel grande Villaggio del Suono.
    Se avesse tardato di un giorno si sarebbe perso tutto quello che stava succedendo, quella grande opportunità, e invece era lì. In mezzo a coloro che, intimamente sapeva, un giorno non lontano lo avrebbero considerato un loro pari.
    Forse era il destino, forse mera casualità, ma lui non avrebbe mai gettato al vento un'occasione del genere.

    C'è un tempo per la cautela e un tempo per l'azzardo, e un buon giocatore sa sempre quale mossa darà maggior profitto.
    La posta in gioco era altissima. Però...
    Al diavolo la prudenza, io vado a prendermi uno di quei cosi.



     
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    La più grande della minacce


    Un nuovo Kokage

    Figurati se poteva mancare...



    Un voce, sempre conosciuta, avrebbe anticipato la sua apparizione pochi secondi prima di un flebile turbinio di ombre. Di fianco a Jotaro, di certo il più abituato a quelle apparizioni a sorpresa, le ombre scivolarono lungo i fianchi del Takatsui liberandolo dall'oscurità da cui era emerso. Coperto da un kimono rituale, il Jonin del Suono sembrava essersi fatto bello per l'occasione, seppur era evidente che parte del suo vestito era stato bruciato via, lungo tutto il braccio destro. Sotto di quest'ultimo si notava la tuta che anni prima Sayaka aveva donato a tutti i Fedaikin. Shinken doveva esser stato da qualche parte prima del finto attacco di Febh, era evidente.


    Sto cominciando ad abituarmi a vedere la tua bella faccia ad Oto, Jotaro. Hai finalmente trovato un alloggio o sei nuovamente qui per caso? Oooh aspetta. Godiamoci il momento...



    Nella mente del Jonin di casuale non c'era veramente nulla, soprattutto quando si parlava del Ronin. Ma le sue pessime battute sul volto del compagno (fatte da lui poi facevano ancora meno ridere) vennero interrotte da una scena alquanto improvvisa, più unica che rara: Febh Dannato Yakushi si era appena inginocchiato davanti al Garth dei Mikawa, dopo aver spezzato la gigantesca onda di sangue con apparente facilità. Lui aveva giurato fedeltà al Garth! Senza esporsi in prima persona (stava bene lì, di fianco al redivivo e lontano dagli occhi degli altri), Shinken rimase tanto sorpreso da quella scena che si fece persino sfuggire un ghigno di divertimento. Non avrebbe mai rivisto una cosa simile in vita sua, ne - probabilmente - sarebbe mai riaccaduta.

    Tra le fandonie di Febh e qualche frecciatina al nuovo Kokage, il discorso dello Yakushi continuò, partendo dai fatti di Kumo fino ad arrivare a mostrare al gruppo i segreti del villaggio e le pergamene di Indra. Qualcuno aveva già messo mano sulle rovine del Palazzo della Vipera, ma a quanto pareva molti rotoli erano stati messi in salvo dallo Yakushi. Intuì che si stesse parlando anche della famosa spada riportata indietro dal figlio di Luis Mikawa, la Kusanagi (oggetto del suo interesse sin dai tempi di Orochimaru), ma seppur interessato, il Jonin mantenne il silenzio. Il palcoscenico, ora, era tutt'altro che il suo.

    Ma ghigno scomparve in fretta. Avrebbe voluto assistere ad un orazione, la prima da Kokage, di Diogenes od - chessò - ad un combattimento alla morte in stile otese, a qualche scuoiamento dal vivo od una esecuzione, ma il Mikawa si rivelò invece tenace e di poche, efficaci, parole. La sua prima decisione da Kage riguardò i Sigilli maledetti, quelli recuperati da lui e dal piccolo team di ninja di Oto tempo addietro. Sigilli non più di Orochimaru, ma ora di Diogenes Mikawa, nuovo Kokage del Suono.

    [...]

    La dimostrazione servì a poco, il Fedaikin era passato oltre due generazioni di seal. Conosceva benissimo il prezzo da pagare per arrivare a quel magnifico e spaventoso strumento, tramandato da generazioni e generazioni (?) di Kage. Lui, dal canto suo, non avrebbe mosso un muscolo per andare ad accaparrarsi il sigillo del Cielo, appartenuto al suo defunto fratellastro Arima, unico a cui era veramente interessato. La sua nuova condizione non gli permetteva di accettare così facilmente quel dono, poiché i suoi batteri si sarebbero ribellati senza ombra di dubbio. Ma soprattutto, lui non sentiva il bisogno di quel vecchio potere; prima di lui altri ninja di Oto avevano bisogno di rafforzarsi. Il villaggio intero ne aveva bisogno e lui - lui - voleva la spada.

    Kokage-sama, ai vostri ordini.



    Salutò con doveroso rispetto, inchinando la testa mentre il Garth si rivolgeva a Jotaro. Quale che fossero i piani del Mikawa, Shinken, Fedele del Suono, non si si sarebbe opposto a quella proposta. Si era fidato del giudizio del Garth tanto tempo prima, quando loro due erano ancora due ninja di medio livello, e si era fidato di lui ultimamente, appoggiandolo nella sua prepotente ascesa al potere. Sarebbe rimasto con il capo chinato fino a nuovo ordine del Kokage: era folle proporre a Jotaro un simile dono (anche se sapeva che il ragazzo avrebbe probabilmente rifiutato), ma infondo il KoKage stava per scrivere un nuovo capitolo per Otogakure e lui non voleva di certo fermarlo.

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    Turning Point


    Post VI

    Dovette muoversi in fretta per bloccare Hebiko, che era scattata subito alla rivelazione del suo clone. Le seguenti parole della rossa erano un po' criptiche.

    Che vuoi dire? Normalmente non puoi clonare un demone così, a caso...Di che stai parlando? Il ritorno di chi?
    Kamine non fece in tempo a finire la frase che Hebiko si scagliò anche contro Febh (del quale mostrava di non avere alcuna memoria ancora) ma venne anche lei interrotta dalla marea rossa che si abbattè sulla scena. La provenienza era ovvia anche se all'inizio nessuno potè vederne con chiarezza il fautore. Diogene Mikawa entrò in scena, con effetti speciali pari a quelli dell'amministratore, seppur forse con ancora meno gusto.
    Oh, fantastico. Il nostro nuovo Kage si presenta con una iperbole delle mestruazioni. Come se quelle vere non causassero già abbastanza problemi. Fortunatamente il sangue non tocco gli otesi presenti, in fondo era palesemente un'entrata per fare scena, non per causare danni reali, eccezion fatta per i cloni, che vennero comunque salvati da Febh.

    Yakushi che si inchinò addirittura a Diogene, rimettendo i propri poteri di Consigliere (seguito a ruota da Kato). Quindi è ufficiale. Ma la cosa più sorprendente, in quella giornata, fu la spiegazione di Febh su quello che aveva portato con sè per l'occasione. Manufatti dal potere molto esteso, tra cui i sigilli maledetti. La possibilità di potersi scontrare contro sé stessi poi venne portata alla luce. Nel momento in cui l'ormai ex Amministratore annunciò che anche i demoni erano stati copiati, Kamine potè avvertire un enorme ruggito dal profondo della sua coscienza. L'Hachibi. La connessione tra loro due si era aperta, come nella dimensione interiore condivisa dai due, ma il tempo scorreva normalmente attorno a loro.

    I sigilli. Le erano completamente passati di mente in quei mesi, con tutti gli avvenimenti che avevano scosso Oto. In quella situazione poi, non le sembrava nemmeno il momento di distribuire regali. E il primo atto del Kokage, fu appunto chiamare ad una prova i ninja del Suono, per ottenere uno dei sigilli. La dimostrazione del loro funzionamento, la lasciò pensierosa. Tempo addietro sarebbe corsa a prenderne uno, ma ora?

    Quindi? Cosa ne pensi?

    Vuoi il mio parere adesso?



    Siamo insieme qui, se te lo sei scordato. E ti ricordo anche quello che ti dissi quel giorno. Ti tratterò da pari. Qualunque cosa quel sigillo possa scatenare, coinvolgerà anche te. E con la questione Kumo ancora in piedi, dobbiamo collaborare. Quindi, ti chiedo ancora...ti sta bene?

    Sei contro l'ascesa al potere di questo tizio e ora vuoi sottoporti ad una sua prova? Cosa hai in mente?



    Prendere e andarsene adesso, significherebbe mettersi in maniera aperta contro quello che è ufficialmente il Kokage. Il che ci metterebbe apertamente contro tutti coloro che lo seguono e gli indecisi che comunque rispettano l'autorità. E scatenare un conflitto interno non è mai stata mia intenzione. Dobbiamo trovare un modo di collaborare, finchè è possibile. Se prima o poi la cosa arrivasse ad un punto di non ritorno...ci penseremo allora. Stando alle parole di Febh, potremmo contare almeno su di lui per evitare che il Mikawa scateni una guerra. Ma è inutile fasciarsi la testa prima di essersela rotta. Ho in mente di correre questo rischio per dimostrare le mie buone intenzioni, comunque. Ma devo mettere in chiaro alcune cose prima, ovviamente. Non mi muovo alla cieca, anche se siamo vicini ad un punto di non ritorno.
    Passarono alcuni secondi di silenzio interiore, prima che il demone desse un accenno di risposta.

    ...fà come credi, ragazzina. Ma ricorda...ho anch'io i miei piani. Tra questi, quel clone deve sparire, se ho intuito cosa si cela al suo interno.



    A che ti riferisci?

    Vedrai quando sarà il momento.



    E il demone si zittì.

    Kamine si avvicinò al Kokage, in maniera simile a quanto stavano facendo altri ninja del suono. Ma, quando toccò lei, non espose nessuna parte del corpo. Piuttosto, fissava negli occhi il colosso che aveva di fronte. Nessuna paura, nessun timore reverenziale. Stava già giocando ad un gioco molto pericoloso, tirarsi indietro significava cadere nel vuoto.
    Voglio che una cosa sia ben chiara...Kokage. Non siamo qui per essere messi in catene.

    Continuava a guardare il Mikawa dritto negli occhi. Le sue parole comprendevano anche l'Hachibi, ovviamente.

    Il mio obiettivo è comunque la crescita di Oto. Non perdere tempo in inutili querelle che porterebbero solo a deleterie divisioni interne. Voglio fare un gesto che dimostri la mia lealtà al villaggio. Ma solo se questa sarà reciproca. Intesi?

    Rimase in attesa della risposta di Diogene. Una risposta del neoeletto Kokage avrebbe fatto la differenza sulle azioni future della kunoichi.

    Kamine Ashimi
    Chakra: 75/75
    Vitalità: 15.5/15.5
    En. Vitale: 30/30
    Statistiche Primarie
    Forza: 475
    Velocità: 525
    Resistenza: 475
    Riflessi: 525
    Statistiche Secondarie
    Concentrazione: 500
    Agilità: 500
    Intuito: 500
    Precisione: 500
    Slot Difesa
    1: ///
    2: ///
    3: ///
    Slot Azione
    1: ///
    2: ///
    3: ///
    Slot Tecnica
    1: ///
    2: ///
    Equipaggiamento
    • Kunai × 5
    • Shuriken × 5
    • Fukibari × 1
    • Wakizashi × 1
    • Mantello × 1
    • Guanti Rinforzati × 1
    • Corpetto in Cuoio × 1
    • Parabraccia in Cuoio × 1
    • Filo di Nylon [10m] × 1
    • Gambali in Cuoio × 1
    • Veleno Debilitante C1 (5 dosi) × 1
    Note
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    Edited by Sharingan Kaworu - 23/9/2018, 07:54
     
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    Interpost per Kamine

    La formosa kunoichi mostrò il suo caratterino prima di sottoporsi alla prova; Aloysius poteva vedere il demone in fermento dentro di lei ad alimentare quelle parole di coraggio e di sfida nei confronti del nuovo Kage. Era stato così per Orochimaru e per il Nidaime; ad Oto il potere era visto come oppressione sebbene i suoi due precedenti leader avevano mostrato attitudini alquanto differenti da quelle del Mikawa (apparte il fatto che, in fondo, erano la stessa persona). Se durante il "mandato" la loro smania di potere si era focalizzata nei laboratori scientifici e nei meandri del sapere di jutsu proibiti o pratiche macabre, Diogene aveva già fatto le sue esperienza in tal senso, anzi aveva atteso finché tutti i preparativi fossero ultimati per mostrarsi ad Oto come nuovo Kokage. Aveva trovato l'accordo con Febh mesi prima ma gli era servito del tempo per radunare le sue forze, ideare i nuovi jutsu e raccogliere le idee...il suo focus era ora su Oto e sulla sua crescita, null'altro.

    " Le catena che tu hai stretto con il villaggio sono ben più resistenti di quelle che potrei metterti io addosso. Sei la forza portante del'Hachibi, uno dei due tesori più grandi di Oto, ma cosa più importante porti con te il coprifronte del Suono e nessun jutsu costrittivo dovrebbe essere più potente del significato di quel pezzo di metallo. Sei vincolata ad Oto perché hai scelto di esserlo, tu in particolare.

    niqS2R4

    Io sono qui per fare il bene del villaggio, secondo la mia visione, ed essendone ora a capo essa è anche la tua. Se ciò non ti sta bene non frenare la lingua e vai infondo a quello che provi...Dal canto mio, quello che posso prometterti è di renderti forte, già perché ora non lo sei, e che lotterò fino alla morte ben il bene del mio popolo. Se ciò non ti basta, le nostre strade si separano qui: ti strapperò il Cercotero dal ventre e getterò oltre le mura senza nulla per cui lottare. Non perché proverei piacere nel farlo ma per dare ad un ninja più valido l'opportunità di servire il suo villaggio."


    Questo era Aloysius, prendere o lasciare.

     
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    Fantasmi dal passato


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    Il risultato degli esperimenti della Serpe si trovava lì davanti a loro, la massa di copie, tra cui anche uno di Jotaro, stava lì in piedi, fissando i ninja. In quel momento apparve anche Shinken, che rivolse un caloroso saluto di circostanza al "fratello", come avveniva ormai da una vita; anche se a causa degli eventi che avevano caratterizzato l'esistenza dei due, Jotaro sembrava molto, molto più vecchio di Himura che in realtà era il maggiore tra i due.

    Nessuno lì, tranne Gene, sapeva che in realtà c'era un altro clone nella folla, ma dalla parte degli Otesi veri e propri.

    Non ho più una dimora qui, ma Oto resterà sempre il mio posto preferito. Sono stato accolto qui senza che il mio passato venisse messo in discussione. Terminando il discorso con un cenno del capo, rispettoso, non tanto verso Shinken, quanto verso gli Otesi tutti. A quel punto il nuovo Kokage, appena nominato, dimostrò la forza dei sigilli maledetti del Suono, trasformando il proprio corpo e dando sfoggio di un chakra terrificante, capace di far sobbalzare quella massa di reclute. Quello che Jotaro non si aspettava però, fu la proposta di Diogenes, di donare persino a lui un pezzo di Oto. Il ronin scese dal muretto, rispondere ad una offerta da seduto sarebbe stato scortese, quindi si avvicinò al nuovo Kage, rivolgendogli il suo rifiuto.

    Diogene, anzi, Kokage, grazie dell'offerta. Averla ricevuta nonostante io non sia a tutti gli effetti uno shinobi di Oto, mi dona grande orgoglio...

    Quindi Jotaro scostò il colletto dell'uniforme, grattando il lato destro del collo, dove si intravedevano ancora due piccoli fori cicatrizzati.

    ...ma sono costretto a rifiutare. La mia dignità me lo impone. Sono stato sottoposto al sigillo del Cielo, molti anni fa, e ho realizzato che quella non era la mia strada. Sono sicuro che altri sapranno servire Oto meglio di quanto potrei farei io. Riguardo l'assenza del suo chakra, nemmeno era in considerazione. L'ostacolo era proprio a livello di orgoglio. Jotaro era già stato schiavo di un sigillo, e per estensione di un padrone, ed era stato un errore. Asservimento in cambio di potere dava comunque minor potere di una lealtà vera, e forse un giorno, anche questi giovani ninja lo avrebbero capito.

    ...Al villaggio non sembrano mancare dei cuori volenterosi dopotutto... Concluse Jotaro riferendosi ai presenti. Oto è ora più che in grado di reggersi sulle proprie gambe vecchio amico, penso sia ora di andare..per tutti e due.

    Due chi ?

    Il ronin si allontanò lungo il viale, ma non prima di fissare il suo clone dall'altra parte della barricata, che prese a seguirlo, come se i due si fossero già dati appuntamento. La coppia di cloni avrebbe camminato spalla a spalla fino a raggiungere le mura del villaggio, a Est.
    I due Jotaro sarebbero saliti sulle mura e si sarebbero seduti a fissare il cielo fino all'alba.

    Dove sono gli altri? Brando. Yugito.
    Morti. 
    Sono infetto come loro.
    Certamente. Tutti lo siamo.
    Il mio risveglio è stato, diverso, dal previsto. Che missione c'è per me?
    Nessuna.
    Allora dovresti terminarmi. Secondo disposizioni. Non dovrei sprecare materia.

    Jotaro a quel punto raccontò al suo clone molto del suo passato, dei vari altri cloni creati prima di questo ultimo per favorire la difesa delle reliquie, e per consentire al primo di loro di solcare il mondo guardato a vista. Mentre il tempo passava e la luna scorreva nel cielo.

    Noi non siamo come gli altri ragazzi, e ragazze, nella piazza. Siamo entrambi cloni io e te. Non c'è più un obbligo, puoi fare quello che vuoi, il virus presente in tutti i miei cloni ti ucciderà tra non molto, e forse, Febh stesso ha ridotto sul serio la vostra speranza di vita.

    Il ronin quindi rivelò uno strano spiedo nero dal mantello, molto simile a quelli che aveva utilizzato a Shulva, e lo poggiò sul muro di pietra accanto al suo clone, quindi si alzò in piedi, estrasse un kunai dal porta armi, e lo lanciò a terra, conficcandolo accanto allo strano spiedo.

    Il kunai ti solleverà dai tuoi obblighi. Il ricevitore te ne darà altri. Oppure scendi dalle mura, e scopri a modo tuo la terza via come ho fatto io. Sta a te scegliere. Buona fortuna.

    Quindi Jotaro #1 avrebbe lasciato Oto in cerca di avventure, mentre Jotaro #8 avrebbe almeno avuto una scelta.


    OT
    Grazie per la bella riunione come non se ne vedevano da un pezzo X3

     
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    La Serpe


    VI



    Hebiko ebbe il tempo di scambiare qualche altra battuta (grido forse era più adatto) poco chiara, mentre quello stramboide dagli occhiali senza lenti la accoppiava per l'ennesima volta con una persona a caso. Se non fosse stato per lo tsunami di sangue, avrebbe forse inavvertitamente rivelato della sua cotta per l'Hokage, ma per fortuna il tanto osannato nuovo Kokage aveva deciso di mostrarsi giusto in tempo.
    Non fu sconvolta tanto quanto altre persone lì in mezzo nel veder Febh inginocchiato. Ancora non l'aveva riconosciuto, e tantomeno capiva del perchè il Mikawa lo stesse trattando con così tanta gentilezza. Aveva appena confessato di essere lui stesso il creatore di quei cloni, di aver potenzialmente messo in pericolo tutti gli shinobi, ed invece di saltargli addosso sembrava persino... amichevole nei suoi confronti!? Ma presto sarebbe finalmente arrivato il momento delle risposte, un cenno del Colosso ed Eiatsu, seppur giustificando subito dopo la sua azione, liberò la Vipera dalla sua trappola mentale, lasciando che quella nube si dissolvesse, dandole finalmente le risposte sperate... insieme ad una discreta confusione. Sbattè gli occhi più volte, sorreggendosi la testa con una mano, visibilmente stordita.

    Per tutti i Kami... Febh...

    Ancora al fianco di Kamine, fissava lo Yakushi da lontano, anche se dentro di se era forte l'istinto di correre verso di lui e stringerlo. Stringerlo a se, assicurarsi che fosse reale. Stringerlo abbastanza da fargli perdere il fiato e magari saltare le orbite. Aveva sentimenti leggermente contrastanti nell'averlo effettivamente riconosciuto, e nel valutare poi il suo successivo, lunghissimo monologo, che si sforzò di rispettare come uno degli unici momenti seri dell'ora ex Amministratore. Nonostante la sua folle idea dei cloni gli sembrasse surreale, un gesto fin troppo estremo anche per uno come lui, grazie alla rimozione di quel sigillo ora sapeva che quello era l'originale. E ripensando alle scenate che aveva fatto quando lei non riusciva a riconoscerlo, sospirò rassegnata, ormai pienamente convinta. Non potè trattenersi dall'avvicinarsi a lui, portandolo leggermente in disparte, non voleva farsi sentire dal Mikawa. A denti stretti, sibilò una frase rapida, consapevole che il Kokage si sarebbe potuto insospettire a riguardo

    Feeeebh. Il mio clone ha un grosso problema se è davvero identico a me in tutto... Eccetto la mia ribellione. Mi capisci?

    Si sarebbe presto allontanata con fierezza, mantenendo uno sguardo freddo e accusatorio verso il Colosso. Era ancora intimorita dalla sua presenza, ma ora aveva Febh dalla sua parte. Ricordava bene il loro piano, e sapeva qual'era il suo compito d'ora in poi. Kato aveva autonomamente abbandonato la sua posizione di consigliere, ora sarebbe finalmente toccato a lei quel posto. Non ci fu però il tempo di assegnare alcun ruolo, le priorità del Mikawa erano ben altre. La sua sete di potere riguardava anche gli altri shinobi: dopotutto, un esercito potente non avrebbe fatto altro che aumentare la sua stessa forza, soprattutto se avesse aiutato i suoi fedeli a rafforzarsi. Non sembrò però negare la prova nemmeno alle due ribelli, o agli astenuti. Ognuno era libero di fare la propria scelta. Ed Hebiko sapeva bene che scelta fare.
    Kamine, così come diversi altri shinobi, sembrò accettare la proposta, usandola come gesto di rispetto verso il nuovo Kokage, nonostante la ribellione. Una mossa saggia, calcolata, seppur rischiosa visto il prezzo da pagare. La rossa non era così saggia. La testardaggine ancora la controllava, e la sua consapevolezza del frammento ancora vivo in lei l'avrebbe costretta in ogni caso a rinunciare a quel "dono". Senza considerare che significava, a tutti gli effetti, legarsi anche al Mikawa stesso. La risposta che il Colosso diede alla sua compagna non fece altro che cementare le sue convinzioni, oltre che a farle ribollire il sangue nelle vene. No, non lo avrebbe mai accettato.
    Fu l'ultima a muoversi. Fece qualche passo davanti a lei fiera. Fissava con sguardo di sfida il nuovo Kokage, pronta ad imporsi alle sue decisioni, a dimostrare che lei non si sarebbe mai, in nessun caso, piegata al suo volere. Non era certamente saggio sfidarlo così apertamente, soprattutto ora che la sua compagna di ribellione aveva stretto un patto con lui, dandogli il suo rispetto. Fra tutti i presenti, probabilmente solo Hebiko sarebbe stata impossibile da portare dalla sua parte. Aprì bocca, dando la sua secca e decisa risposta.


    Mi rifiutoAccetto il suo dono.


    Hebiko sbattè le palpebre un paio di volte, confusa. Una voce, quasi identica alla sua, aveva parlato sopra di lei, cambiando drasticamente il suo volere. Le ci vollero pochi istanti per intuire cosa stesse accadendo, ma riuscì solo a sussurrare un debole "no" prima che la mano del clone ubbidisse alla sua richiesta, conficcando inesorabilmente i suoi artigli sotto la nuca della ragazza, provocandole un grido strozzato. Il dolore le impedì di ribellarsi ulteriormente, ad eccezione di un'attivazione quasi istintiva delle sue scaglie, che ricoprirono il suo corpo. Non servirono però a proteggerla quando il Colosso infierì una seconda volta sulla ferita già aperta, aggravandola per sigillare in profondità il marchio. Il chakra e l'inchiostro del sigillo si mischiarono rapidamente con l'essenza della Vipera, e quella che per gli altri sarebbe diventata una maledizione da sopportare per il resto dei loro giorni, per Hebiko divenne una condanna.

    Passarono diversi secondi di silenzio, rotti solamente da deboli mugolii doloranti. La giovane genin era china su se stessa, con le scaglie bene in vista. L'inchiostro del sigillo aveva rapidamente ricoperto tutto il suo corpo durante il violento inserimento, ed ora si stava lentamente ritirando, focalizzandosi sulla nuca. La rossa si rialzò, sistemandosi leggermente i capelli, un'espressione soddisfatta e maliziosa sul suo volto. Fece un leggero inchino rivolto verso il Mikawa, insolitamente elegante e rispettoso.

    La ringrazio per questo dono. Lo sfrutterò al meglio per assecondare i suoi voleri. Vogliate scusarmi...

    Nonostante fosse stata l'ultima ad accettare la sua prova era finita per prima, in pochi istanti: sembrava aver assorbito quel sigillo con naturalezza, quasi fosse già parte di se da diverso tempo. Tornò al suo posto con passo leggero, un'espressione pacata sul volto, un sorriso soddisfatto sulle labbra. Esternamente, sembrava avesse finalmente accettato l'autorità del nuovo Kokage, ed ora se ne stava lì, in attesa, paziente. Aspettando il momento giusto, così come aveva fatto fino a quel momento.


    Il buio più totale la circondava. Non era in grado di distinguere niente dell'ambiente che la circondava, sembrava fosse finita nel nulla più assoluto. Portò una mano a toccarsi la nuca, cercandone la ferita appena inflittale. Ma non trovò nulla, la pelle e le vesti parevano intatte. Confusa, alzò lo sguardo da quella posizione inginocchiata, sbiancando quando notò la figura di Orochimaru in piedi, di fronte a lei, che la fissava. Hebiko sussultò, cercando di alzarsi in piedi rabbiosa, pronta all'attacco, ma all'uomo bastò schioccare le dita per richiamare dei serpenti dal terreno, che ancorarono la Vipera lì dov'era, immobilizzandola. La ragazza trasalì, agitandosi con violenza per respingere quella presa, ma questa sembrava rafforzarsi man mano che la sua ansia cresceva. Il respiro si fece sempre più affannoso, le serpi (che sembrava fossero parte integrante di quell'ambiente più che evocazioni in se) strinsero ulteriormente la loro presa, finendo con l'immobilizzarla del tutto. La Serpe ridacchiò, osservando quel patetico spettacolo.

    Piccina mia... Perchè ti agiti ancora? Non ti avevo detto fin dall'inizio che questo corpo mi appartiene?

    La Vipera sibilò aggressiva, con il sangue che ribolliva, pronta a rispondere a tono. Ma, nel sentire la sua risposta, dei ricordi si risvegliarono in lei, aiutandola così a capire cosa fosse quel luogo surreale in cui si trovava. Era finita nuovamente nel subconscio, in quella zona remota della sua mente dove, la prima volta che i suoi poteri si erano manifestati al pieno delle loro forze, aveva combattuto contro il frammento di Orochimaru stesso, e dove quest'ultimo era stato incatenato. Ma non sconfitto.

    No... Io... Io ti avevo sconfitto... La mia volontà è più forte, io...!

    Una risatina interruppe il suo discorso. La Serpe, rinvigorita dal potere del sigillo, camminava attorno a quella che era un'impotente ragazzina, succube del suo potere. Il suo lato sadico godeva nel vederla tentare tanto disperatamente quanto inutilmente di liberarsi da quella presa, troppo più forte di lei perchè potesse anche solo sperare di riuscirci.

    Non più, oramai. Le tue insicurezze ti hanno indebolita. La volontà di cui parli è un ricordo lontano... Mi hai dato parecchie difficoltà anni fa, lo ammetto. Sei pur sempre una mia creazione, la tua forza è il mio vanto... La prima volta sei riuscita a fermarmi, la tua ribellione mi ha colto di sorpresa. Ma sapevo che prima o poi la tua inesperienza mi sarebbe stata d'aiuto.
    Cosa? Di che diamine parli, io ti ho sconfitto! Ti ho sigillato negli angoli remoti della mia mente, ti ho ammutolito!! Eri così debole che quasi mi sono dimenticata di te!! Questa... Questa dev'essere un'illusione di quel Mikawa! Sì! Il sigillo deve-

    Una risata invadente la interruppe, facendola reagire con un sibilìo stizzito. Orochimaru si chinò su di lei prendendole il volto.

    Oh, mia cara. L'astuzia non è il tuo forte. Il sigillo mi ha certamente aiutato, ma sono state le tue insicurezze ad aprirmi la strada verso la tua coscienza. Da parecchio tempo, oramai. Sei ancora giovane, serpentella mia, fingi di essere un cobra e cerchi di spaventare tutto e tutti facendo la voce grossa e mettendoti in mostra. Ma tu non sei un cobra, sei una Vipera... Come me. E da Vipera dovresti sapere bene che la nostra tattica è quella di aspettare, nell'ombra, il momento perfetto per colpire... Un singolo, letale colpo, quando la preda non se lo aspetta. Il veleno entra in circolo, la preda ancora confusa non se ne accorgerà... finchè questo non arriva al cuore.

    L'espressione di Hebiko mutò in quella di puro terrore. In un primo momento confusa da quella storia apparentemente casuale, iniziò presto a capire a cosa si riferiva. Nell'ultimo periodo il frammento era rimasto particolarmente silenzioso, nonostante le prime volte cercasse di tornare a galla durante i suoi momenti peggiori, quando avvolta dall'ansia, dalle sue insicurezze. Nell'ultimo periodo non era diverso, gli ultimissimi avvenimenti poi erano stati terribilmente stressanti, e la nomina di Kato consigliere che lei, nonostante i suoi sforzi, non era riuscita ad impedire, aveva aperto la strada per il frammento, dandogli la possibilità di possedere la sua mente. Ma non lo aveva fatto, era rimasto paziente, nel buio del subconscio, facendo sì che la guardia dell Vipera restasse bassa, e preparandosi a colpire solamente quando certo che la cosa avrebbe avuto successo. Aveva usato le sue poche forze per parlare sopra di lei, costringendola ad accettare il sigillo. Ora la bilancia di potere era invertita. Lui aveva più potere, lui aveva controllo sulla sua mente. Lei aveva sottovalutato quella minaccia ormai dimenticata. E aveva perso.

    No... Mugolò debolmente. Orochimaru le lasciò andare il volto, rialzandosi. La rossa iniziò a singhiozzare, una tristezza mista alla rabbia. Non poteva accettare quella sconfitta.

    NO! Questo non... Io sono più for...te...
    Lo eri, la prima volta. Sei stata divorata dalle tue stesse insicurezze. Non sei altro che un guscio vuoto ora.

    La Serpe si voltò, sparendo nel buio. Un ultimo saluto a quello che restava della coscienza della Vipera:

    Ti lascio sola con i tuoi pensieri. Se vuoi un consiglio... Chiudi gli occhi e lascia che l'ambiente ti assorba. Finirà tutto più in fretta così.



    Hebiko ricominciò a divincolarsi con furia, osservando la figura sparire nel vuoto. Le lacrime scendevano a fiotte sulle guance, le sue grida non facevano che richiamare altre serpi, pronte a trascinarla nel terreno. Sparito Orochimaru, iniziarono ad apparire i suoi pensieri, in una forma ben più letterale di quella che immaginava. All'inizio sembravano solo voci lontane, ma ben presto divennero una presenza ben più pericolosa. Ogni sua insicurezza era lì, ogni sua paura, ciò che apparteneva alla sua mente era stato relegato nel subconscio insieme a lei. Sentiva la voce di Febh che la rifiutava, giudicandola troppo debole, non in grado di controllare il suo stesso frammento. La voce di Raizen, che la riteneva un problema per il villaggio, rifiutandola. La presenza di Diogene, ora Kokage, che la gettava per strada così come diceva avrebbe fatto con Kamine. Decine di pensieri, tutti riguardanti un suo fallimento, che fosse fisico o emotivo. Persino la sua primissima missione, dove aveva causato la morte di quel contadino. Non provava pena per lui, la morte ad Oto era all'ordine del giorno, gli innocenti morivano di continuo, e vista la sua instabilità mentale sarebbe potuto accadere anche senza di lei. Ma la sua missione era quella di proteggere quegli abitanti, ed aveva fallito. Trovandosi nella sua stessa mente però, quella pressione psicologica si trasformò in un'arma. I pensieri, che volavano incorporei come avvoltoi sopra di lei, uno alla volta si tramutarono in grossi spiedi, che finirono con l'impalare la Vipera in diverse parti del corpo. Nonostante fosse tutto nella sua mente, percepiva il dolore come reale. La prima freccia le trapassò il petto, conficcandosi nel terreno sottostante. Al contatto, Hebiko fu costretta a rivivere la scena di quel fallimento, della scoperta della morte di un uomo innocente che avrebbe dovuto proteggere. La seconda freccia che la trapassò le riportò alla mente i tremendi momenti di Febh che la giudicava. Raizen, che la rifiutava come potenziale kunoichi della foglia. Il mostro inarrestabile del SOMA, il suo senso di inadeguatezza davanti ad una creatura di quel livello.
    Fu costretta a rivivere ogni suo momento più doloroso, più e più volte. Gridava, si dimenava, chiedeva pietà. Ed infine, ormai stremata, si arrese. Le enormi freccie sbucavano dalla sua schiena. Respirava a malapena, indebolita dal dolore, sia fisico che mentale. Era ad un passo dall'accasciarsi al suolo, rischiando così che la sua coscienza sparisse per sempre, inghiottita dalla ben più abile Serpe che ora controllava il suo corpo.


    Edited by Waket - 9/10/2018, 10:34
     
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    Sigilli e Pergamene


    Chapter VI - Villaggio di Oto




    Aveva trascorso la sua infanzia tra le mura di casa, lontano dai pericoli del villaggio, e se quel giorno era lì, dinnanzi a tutti quei ninja di Oto, doveva maledire solo la sua curiosità.
    Quando dalla scalinata che conduceva al Palazzo del Demone apparve quel gigantesco tsunami di sangue, lo studente sbiancò di colpo. In confronto, quelle due bestie sbucate dal terreno erano semplici animali da compagnia.
    Non riuscii ad urlare, o forse non ne ebbe il tempo.
    Con le macerie troppo distanti per tentare di nascondersi al loro interno, Yukine sperò con tutto il cuore che qualcuno dei presenti deviasse o arrestasse quel jutsu.
    Affidò le sue ultime speranze a Febh-sama. Lui possedeva la forza per salvarli tutti, ma per qualche motivo se ne stava lì fermo, con espressione delusa.
    Disperato e privo di speranze, Yukine si abbassò sulle ginocchia, chiudendosi a riccio, pronto a morire. Non aveva alcuna possibilità di resistere a quel jutsu.
    Cosa?
    Nulla urtò il suo gracile corpo.
    L'onda aveva continuato la sua corsa senza ferire nessuno.
    Ignaro che i loro cloni fossero stati salvati per volere dello Yakushi, Yukine si alzò da terra, incredulo. I suoi vestiti erano asciutti mentre tutto l'ambiente circostante era sporco di sangue.
    Aveva il cuore in gola e l'adrenalina ancora in circolo.
    Avrebbe voluto far ritorno a casa, di corsa e senza voltarsi indietro, ma davanti ai suoi occhi era apparso un uomo, alto come le mura di Oto.
    Era lui, il nuovo Kokage. Diogenes Mikawa.
    Yukine lo osservò attentamente.
    Il nuovo Kage aveva l'aspetto di un vero guerriero. Il suo corpo era segnato da lunghe cicatrici. Quando egli prese parola, la sua voce fece tremare l'animo dello studente.

    L'idea di scontrarsi contro il suo clone gli piacque, ma Febh ebbe un altro asso nella manica per attirare a sè l'attenzione di tutti.
    Dopo aver narrato le sue imprese, svolte dopo il duro attacco ricevuto dagli shinobi di Kumo, il Jonin rivelò il contenuto dello scrigno.
    Oltre ai famosi sigilli di Oto, di cui il bambino aveva sentito parlare, all'interno vi erano due rotoli.
    Il loro nome era piuttosto singolare: le Pergamene di Indra. Lo studente ascoltò il discorso del suo superiore, senza esternare i suoi dubbi. In quel preciso momento, la sua memoria a breve termine non aveva posto per altre informazioni. Forse un giorno avrebbe chiesto delucidazione a quel Kato.
    Il Jonin spiegò la natura delle copie lì presenti.
    Erano state generate dalla macchina di Orochimaru, ma i ninja di Oto non avrebbero avuto nulla da temere: identici a loro per aspetto, quei esseri sarebbero morti entro sette giorni.
    Un triste destino che quei cloni accettavano di buon grado, ma secondo lo Yakushi, in ognuno di loro albergava un secondo desiderio: combattere contro i loro ninja originali, qualora quest'ultimi avessero deciso di sfidarli.


    La parola passò al Kokage.
    Fu in quel momento che il cuore di Yukine fu ad un passo dall'esplodergli in petto per la seconda volta.
    Diogenes attivò il suo sigillo maledetto e il suo aspetto mutò. In quella trasformazione non vi era nulla di umano. Il Mikawa si era trasformato in un mostro, dalla pelle rossa come il sangue che aveva utilizzato per la sua entrata in scena.
    Pallido in volto, lo studente iniziò a sudare freddo.
    Il sogno di Yukine era diventare il manipolatore di metallo più abile del Continente Ninja. Non desiderava avere mostri nel corpo.
    A differenza di Kato, l'Erede e il nuovo arrivato, lo studente rimase fermo nella sua posizione, immobile come una statua. Sobbalzò quando l'artiglio del Mikawa affondò nello stomaco della ragazza.
    Io mi servirò della mia copia per diventare più forte. Si ripetè, come se una parte di sé lo stesse tacciando di pigrizia. Non sarebbe stato in grado di resistere a quel colpo. Il suo spirito era troppo debole.
    Quando quel rituale di sangue e potere fosse terminato, Yukine avrebbe alzato la mano.

    Voglio affrontare la mia copia.

    Il sigillo sul suo corpo era ancora presente.



    Chakra: 9,5/10
    Vitalità: 8/8
    En. Vitale: 30/30
    Statistiche Primarie
    Forza: 100
    Velocità:  100
    Resistenza: 100
    Riflessi: 100
    Statistiche Secondarie
    Concentrazione: 100
    Agilità: 100
    Intuito: 100
    Precisione: 100
    Slot Difesa
    1: ///
    2: ///
    3: ///
    Slot Azione
    1: ///
    2: ///
    3: ///
    Slot Tecnica
    1: ///
    2: ///
    Equipaggiamento
    • Bende Rinforzate × 2
    • Rivestimento Mimetico × 1
    • Tonico Coagulante Inferiore × 1
    • Lama Interna × 1
    • Kunai × 5
    • Tonico di Ripristino Inferiore × 1

    Note
    ///
     
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    Magistra Vitae

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    Fine e Inizio


    Post 5 ~ Prova

    Di domande in effetti Harumi ne aveva, ma davanti alla provocazione dell'amministratore rimase in silenzio, come la maggior parte degli astanti, per i successivi secondi. Scoprire che si trattava di una macchinazione, piuttosto complicata e superflua, architettata dallo Yakushi per togliersi più di una preoccupazione dalla coscienza, a partire dal poter finalmente scaricare su qualcun altro il gravoso compito di gestire tutta la baracca, non lasciò esattamente indifferente la giovane jinchuriki, ma al contempo neanche la stravolse. Lei era una delle ultime arrivate ad Oto, il luogo che l'aveva accolta, e non poteva sapere cosa era meglio per il Villaggio. Ma una cosa la sapeva: Diogene era la scelta giusta. E, visto che si parlava del diavolo, eccolo comparire, in tutta la sua maestosa, terrificante potenza. Il Mikawa dette sfoggio delle sue innegabili capacità, mettendo facilmente in ombra anche l'apparizione pirotecnica dell'amministratore. Davanti alla marea di sangue, alta quanto un palazzo, la giovane rimase impietrita, talmente stupefatta da dimenticarsi perfino di farsi prendere dal panico. Quando si riebbe, spostò lo sguardo intorno alla ricerca di un riparo, o di un luogo abbastanza alto, uno scoglio da aggrapparsi per resistere alla tempesta, ma nel cercarlo si accorse di come la calma regnasse tra i suoi compagni della Villa. Fu allora che realizzò, abbandonandosi ella stessa allo scorrere degli eventi, certa che sarebbe andato tutto bene. Egli era giunto, l'attesa era finita. Il Kokage era tornato.

    L'evento a cui Harumi assistette quel giorno sarebbe stato narrato nei secoli a venire, e in molti negli anni avrebbero dubitato perfino che fosse mai accaduto. Non capitava certo tutti i giorni di vedere Febh Yakushi, universalmente riconosciuto come uno degli uomini più potenti, e strani, del continente, piegare spontaneamente la testa di fronte a qualcuno. Neanche se questo qualcuno era Diogene Mikawa, il colosso, la colonna portante del Suono. Ma quello era solo l'inizio di una giornata destinata a rimanere negli annali.

    Molte delle parole pronunciate con apparente leggerezza dal jonin rinunciatario delle carica di amministratore per la fanciulla volevano dire poco o niente, come il nome di Indra o la faccenda dei cloni. Nell'osservare la sua copia, ad Harumi parve solo di rimirarsi allo specchio, domandandosi se i suoi capelli visti da fuori fossero proprio così, e resistendo a mala pena alla tentazione di sistemarseli, nella speranza che l'altra sé replicasse i suoi movimenti come in un riflesso. Tuttavia la sua attenzione fu attratta irresistibilmente dal novello capovillaggio, il quale diede agli astanti un assaggio del potere che gli aspettava, se solo avessero avuto il coraggio di allungare la mano per afferrarlo. Harumi deglutì, colta alla sprovvista. Non desiderava abbastanza ardentemente il potere, come alcuni dei presenti, da farsi avanti. Un'altra cosa però poteva spingerla a mettersi alla prova, a rischiare la sua vita. La ragazzina, lentamente, fece un passo in avanti, avvicinandosi al Mikawa. Nel passare di fianco ad Eiatsu ne sfiorò appena la veste, quasi casualmente, e socchiuse gli occhi, in una muta preghiera rivolta al vuoto, perché nella sua miserabile vita mai nessuna divinità l'aveva ascoltata. Infine, si fermò di fronte all'imponente capoclan, che nella sua forma mostruosa la sovrastava di diverse spanne, fissandolo in viso con espressione ferma, ma al contempo tranquilla, con un vago sorriso che si estendeva tra le labbra e gli occhi.

    Se è per il bene del Villaggio.
    Se è per poter continuare a rimanere al vostro fianco.
    Io... Posso farlo.

    Una sì pesante, poche brevi frasi pregne di significato. Una bambina che era diventata grande troppo in fretta, travolta dalla morte e dalla disperazione, al punto di non temere più la prima e di accogliere la seconda come una vecchia amica. Che già quel giorno aveva rimesso il suo destino nelle mani di qualcun altro, affidandosi ad Eiatsu fino alle estreme conseguenze in caso ce ne fosse stato bisogno. Obbediente a chi le aveva dato un posto, un nome e un possibile, ambito, futuro, mostrandole per la prima volta dopo un'intera vita che, forse, non era venuta al mondo per nulla. Con delicatezza, lasciò scivolare delicatamente una spalla del vestito, scoprendo il collo e parte della schiena, mentre con il braccio si copriva pudicamente il petto. Mentre le dita del Kokage penetravano la pelle di un bianco immacolato poco sopra la scapola sinistra, Harumi strinse i denti fino a sentire il sapore metallico del sangue per non emettere alcun un gemito e rimase immobile sul posto senza vacillare, nonostante l'intero suo corpo tremasse come una foglia sbattuta dal vento. Il procedimento fu estremamente doloroso, nonostante la precisione chirurgica del Mikawa, ma in confronto a ciò che la aspettava fu poco più di una carezza.

    Buio.
    Vuoto.
    Silenzio.

    Nulla.
    Ancora nulla.
    Attesa snervante.

    Infine, sipario che si alza.


    In scena è presente una ragazzina dal volto smagrito coperto di fuliggine e vestita da serva con abiti logori, un fazzoletto annerito a fermarle i capelli corvini, un grembiule rabberciato in più punti con toppe scolorite. Il fondale rappresenta la stanza di una dimora nobiliare, ma abbandonata da lungo tempo, completamente in rovina. Nient'altro che ragnatele e mobilio scassato, come lo specchio dall'aria antica, sbilenco ed incrinato. E proprio davanti ad esso la ragazzina, china per terra, passa inutilmente uno straccio sporco sul pavimento, senza che la macchia davanti a lei accenni a sparire. Avanti e indietro, avanti indietro, senza fine, senza risultato, senza scopo. Una condanna come quella di Sisifo, inflitta alla serva abbandonata, per espiare le sue colpe. Una pena eterna, che durerà fino a che la chiazza di sangue di fronte a lei non sarà scomparsa. La ragazza passa il panno ancora, e ancora. Da quanto sia lì ormai l'ha dimenticato, per quanto dovrà rimanere lì sfugge alla sua mente. Sa solo che deve continuare.

    Eppure, all'improvviso un suono, ed ella alza la testa dopo quella che poteva essere benissimo un secondo oppure tutta l'eternità. Un'ombra è entrata in scena, una figura indistinta, dai lineamenti cangianti, e si è fermata proprio davanti a lei. La ragazza, prostata ai suoi piedi, leva gli occhi in alto e fissa la persona dai mille e nessun volto. L'unico punto che riesce a mettere a fuoco con certezza sono le sue pupille, più profonde dell'abisso, che l'attraggono irresistibilmente a sé, come un buco nero che distorce lo stesso tessuto del tempo e dello spazio, la irretiscono, ed infine vi ci si perde irrimediabilmente. E allora, solo per il tempo di un battito di ciglia, lo specchio restituisce l'immagine riflessa di Harumi.

    cm9hbke


    Una mano tesa. Non era servito altro alla piccola anima sperduta per rialzarsi e rimettersi in cammino. Il tiepido contatto con quella mano era stato sufficiente per sciogliere il suo spirito congelato. Una semplice frase le aveva procurato più gioia di quanto pensasse di poterne provare in una vita intera, molta di più di quanto credeva fosse per lei lecito riceverne.

    C'è posto anche per te.

    Lei aveva creduto in quelle parole.

    E finalmente l'aveva trovato.
    Un luogo da poter chiamare casa.

    E finalmente le aveva trovate.
    Delle persone da poter chiamare amici.

    La giovane accenna ad un sorriso, per la prima volta dopo una vita, ma dai piedi del palco si leva una risata carica di cieca malvagità. L'eco di quel ghignare diabolico si diffonde all'intorno, come originato ovunque e in nessun luogo. Il volto della ragazza si fa pallido, gli occhi sgranati, la bocca socchiusa per lo sgomento.

    Le luci si spengono, cala il sipario.

    La stanza intorno a lei è completamente vuota, fatta eccezione per la sedia su cui si trova. Le pareti sono di vetro, così come il soffitto, al contempo vicine e talmente lontane da essere irraggiungibili. Ogni lato di quel cubo, a tratti concavo e a tratti convesso, riflette la figura della ragazza da una diversa prospettiva. Ma dopo un attimo si rende conto che le repliche non sono immagini speculari, ma piuttosto copie di se stessa che l'osservano in silenzio. Prima che se ne accorga, dal pavimento hanno preso a levarsi piccole bolle come di sapone, che fluttuano a mezz'aria tutt'intorno a lei. Al loro interno si muovono delle persone dai volti familiari. Sono scene della sua vita, del suo passato. Allunga la mano verso quella che racchiude il suo arrivo ad Oto, la prima volta che i suoi occhi si posarono sul cancello del Suono. Non appena l'estremità del dito la sfiora, la bolla esplode, e in una reazione a catena sempre più veloce una dopo l'altra tutte le altre la seguono, in una cacofonia assordante, finché la stessa scatola in cui è contenuta la ragazza si spalanca, con le pareti, il soffitto e il pavimento che si allontanano di colpo in direzioni opposte.

    Ed Harumi precipita, nel buio.

    Il prato su cui apre gli occhi la ragazza è bianco. All'apparenza potrebbe sembrare coperto di neve, ma non è così. Semplicemente, ogni cosa è stata privata del suo colore, fino a quanto non ne è rimasto nessuna traccia. E si estende a perdita d'occhio, contro un cielo altrettanto privo di profondità, di spessore. Finto. Morto. Una alla volta, simili a nebbia, si condensano una, dieci, cento sagome dai tratti umanoidi a circondarla. Con difficoltà, la giovane si alza. Le gambe le cedono sotto il peso di una fatica immotivata. La testa pesante le gira, ma avanza verso l'ombra più vicina. Che a sua volta si volta verso di lei mentre prende forma. Una donna dall'aspetto leggiadro che le somiglia molto. Il suo è un viso che ha visto solo nei suoi ricordi: quello di sua madre.

    Vorrei che non fossi mai nata.

    Parole pesanti come macigni, un pugno allo stomaco in grado di mandarla al tappeto. La ragazza indietreggia, mentre il fantasma segue scivolando sul terreno.

    Non sarei stata cacciata di casa. Non avrei perso tutto. Ora sarei ancora VIVA.

    No... no...

    Decine di sagome indistinte fluttuano a pochi centimetri dal suo corpo, sussurrando parole appena intellegibili. E nel farlo diventano più consistenti per alcuni istanti, piccoli particolari diventano riconoscibili, le voci più chiare. Sono gli abitanti del piccolo villaggio dove è cresciuta, orfana, accolta da due generosi anziani. Le stesse persone che la temevano, tenendola a distanza, come emissaria della mala sorte, fino al punto supremo di condannarla alla più alta delle pene, alla più terribile delle morti. Una purificazione rituale attraverso la fiamma. Gli spettri la inseguono, impietosi, incuranti del suo terrore, del suo dolore.

    Ti abbiamo aperto la nostra casa...e tu ci hai portato la morte!

    Hai gettato su di noi la malasorte, strega!

    Brucia, oni!


    Arretrando, un'altra figura le si fa incontro alle sue spalle. La sua salvatrice, Kairi. La kunoichi che le aveva dato un futuro, lontano da quell'incubo a cui ormai si era rassegnata.

    Avrei dovuto lasciarti morire. Sei un mostro.

    La ragazza si guarda intorno, cercando una via di fuga che non c'è.

    Mi pento di averti salvata.

    Inizia a correre, veloce, più veloce che può. Ma le ombre sono sempre di fianco a lei.

    Quella di Febh, l'amministratore del Suono che l'accolse al Villaggio.

    Quando ho accettato la tua candidatura scherzavo, non hai capito che era una battuta? Non potresti mai essere una kunoichi di Oto. Andiamo, è ridicolo anche solo il pensiero, guardati!

    Quella di Kato, a cui venne affidata per imparare i rudimenti delle arti ninja.

    Sei solo spazzatura, uno scarto, dovresti essere buttata via.

    Quella di Hebiko, la segretaria irriverente che l'aveva colpita senza esitazione.

    Ci sono andata troppo leggera. La prossima volta vedi di creparci.

    Quella di Kitori, sensei dai modi all'apparenza gentili e dalle strane amicizie.

    Mi interessava solo il tuo corpo, cosa credevi?

    Quella di Jotaro, il mistico custode di segreti che l'aveva accompagnata nell'abisso.

    Potresti andare bene al massimo come sacrificio...

    Quella di Kamine, la portatrice del demone ad otto code, con lo stesso fardello da portare.

    Smettila di chiamarmi sorellona, è disgustoso anche solo essere associata a te.

    Quella di Shinken, il capitano delle squadre speciali con cui era andata in missione.

    Sei solo un peso morto, avrei fatto molto prima senza di te.

    Quella di Feng Gu e Janki, il fabbro di Ame dai mille nomi e il suo fido aiutante suricata che l'avevano allenata.

    Sei stata uno spreco di tempo, completamente negata in tutto, vergognati.

    Basta... vi prego, basta...

    Si copre le orecchie, non vuole più ascoltare, non vuole più sentire. Ogni frase, è una sentenza. Ogni parola, una fibra strappata dal suo essere. Una dopo l'altra, le relazioni di cui è intessuta la sua vita vengono torte, lacerate, distrutte. La trama della sua anima viene a poco poco disfatta, lasciando intravedere il vuoto al di sotto di essa.

    Pensavi davvero di essere una di noi? Illusa!

    Una nostra compagna? Ma quando mai!

    Non ti vorremmo qui neanche come serva, vattene!
    Nella Villa non c'è posto per te.

    A sussurrarle all'orecchio tali malignità sono gli ospiti del Mikawa, i suoi sottoposti, la cosa più simile ad una famiglia che avesse mai avuto. Matsumoto, Fyodor, Antares, la piccola Yakhiru. Persone con cui aveva condiviso il pane, risate e pianti. Che si erano prese cura di lei. E che ora trafiggevano il suo petto con stilettate di pura malvagità. Poco a poco la ragazza scompare, smembrata, lacerata pezzo per pezzo. A darle il colpo di grazia sono le due figure che si ergono nitide in cima all'altura a cui i suoi piedi l'hanno condotta nella sua fuga disperata.

    Diogene, l'uomo a cui si è affidata, colui che l'ha presa sotto la sua ala protettrice accogliendola nella sua casa, trovandole un posto nella sua schiera, il nuovo kokage di Oto.

    Tu sei la portatrice del Nibi. Nient'altro che questo. Non mi importa nulla di te, sei solo un contenitore sostituibile in qualsiasi momento.

    Eiatsu, suo custode, mentore, patrigno. Che l'aveva salvata e condannata al contempo a convivere con il demone a due code. Prima di accorgersene la giovane aveva iniziato a nutrire per lui un attaccamento e un sincero affetto. Un sentimento che non sapeva bene come gestire, non avendolo mai provato fino a quel momento. Nessuno le aveva spiegato cosa fare e cosa dire, cosa era giusto e cosa no. Aveva improvvisato, andando a tentoni, ma facendo sempre del suo meglio, nella speranza un giorno di essere notata, di essere ricompensata con un sorriso, con una carezza sulla testa. Ed ora quello.

    E tu chi sei? Cosa vuoi da me?

    Non mi interessano i vivi, quindi vedi di toglierti di torno... o di morire.

    Rinnegata.
    Cancellata.
    Obliata.

    E, mentre urla con tutto il fiato che ha in corpo, Harumi svanisce in una luce abbagliante.

    kV2WpFN


    Bianco.
    Null'altro che bianco.
    Nessun colore, nessun suono, nessun odore, nessun gusto, nessun movimento.

    Solo una coscienza, raggomitolata su se stessa, che se potesse piangerebbe tutte le lacrime del mondo. Il cui unico desiderio è quello di sparire, di smettere di pensare, una volta per tutte. Di poter dormire, di poter finalmente riposare. Trovare pace. Come un fiocco di neve che, raggiunto il suolo, si scioglie, cessando di esistere per sempre. Le andava bene, quella era la fine che più si addiceva in fondo. Ma se non poteva ricevere quella grazia, allora sarebbe rimasta lì. Non avrebbe più disturbato nessuno, non sarebbe più stata una seccatura di cui liberarsi, una scocciatrice da sopportare. Sarebbe restata da sola, eternamente sola, immersa nel bianco, lasciando che il mondo proseguisse senza di lei. Anzi, era certa che sarebbe andato avanti anche meglio così. Già, era la soluzione migliore per tutti. Non doveva fare altro che starsene lì buona, in disparte, senza lamentarsi. Dopo tutto quello che aveva fatto, non ne aveva di certo il diritto. Andava bene, andava tutto bene, bene, bene...

    Hai finito di fare la martire, nya?

    Un frastuono spaventoso, simile ad un vetro che va in frantumi, e la culla bianca che avvolgeva la ragazza va in frantumi. A riversarsi dentro di essa è l'oscurità, ma mescolandosi con la luce genera a poco a poco i colori, le forme, i suoni. La giovane torna a respirare, il suo cuore ricomincia a battere, e riapre lentamente gli occhi. Davanti a lei l'enorme zampa felina che ha appena squarciato il suo rifugio si ritrae, permettendole di guardare fuori. Un enorme gatto la fissa con quella che potrebbe passare per accondiscendenza, o noia forse. A cavalcioni del collo della mostruosa creatura c'è un'altra lei. Una parte di lei che ha sepolto nel profondo, lontana dalla coscienza. Una parte di lei con cui è venuta a patti dopo aver incontrato Indra, nelle viscere di Villa Mikawa. Una parte di lei che ha accettato, lasciandola però a dormire, cercando di non risvegliarla mai. Una Harumi oscura, formata dai sentimenti peggiori del suo animo, e per questo tanto affine a Matanabi da ricevere parte della sua forma dal demone gatto stesso.

    La sai qual'è l'unica cosa veramente giusta, nya?
    Pensare a te stessa!
    Tu sei la sola cosa importante, la sola che conta!
    Non ti accettano? E chi se ne frega!
    Non ti vogliono? E chi se ne importa!
    Vivi ! Vivi solo per te stessa!

    Harumi, la piccola Harumi, abbassa lo sguardo rattristato, incapace di replicare, incapace di accettare quella verità, una verità che va contro a tutto ciò che ha provato fino a quel momento, al suo modo di pensare, di vivere, di guardare il mondo. Per quanto voglia aprire la bocca e replicare, la voce le muore in gola. Non aveva torto, ma non poteva ammettere che avesse ragione. Il suo corpo era paralizzato ancora una volta dalla paura, ma non quella della morte, o del dolore fisico, quanto piuttosto di soffrire ancora per i rapporti con le persone che inevitabilmente avrebbe incontrato, di sottoporsi ancora una volta al giudizio degli altri. E dopo ciò che aveva appena subito per colpa dell'intento malvagio racchiuso nel sigillo conficcato a viva forza nella sua carne non era sicura di riuscirci. Non subito per lo meno.

    E allora tu resta qui per un poco, nya.
    Intanto vado a farci due parole io, con quelli là fuori.
    Ti lascio con il Gatto, approfittane per farci amicizia, nya.

    Harumi sposta timidamente lo sguardo sul nekomata, intento a giocare con quello che sembra un enorme serpente, e annuisce piano, dandole il suo benestare, grata per l'aiuto insperato, giunto proprio dall'ultima persona da cui se lo sarebbe aspettato: se stessa.

    Nel piazzale antistante al fu Palazzo del Kokage, ognuno dei prescelti stava affrontando la sua prova, chi in un modo, chi in un altro. Non era passata che una frazione del tempo trascorsa nel loro mondo interiore, e probabilmente Diogene, Febh, Eiatsu e chi fra gli shinobi presenti aveva declinato l'offerta sarebbero stati ad osservare le diverse reazioni dei candidati. Se i loro occhi si fossero posati sulla giovane jinchuriki, ad un certo punto avrebbero notato il suo corpo venire avvolto da un'aura intangibile di chakra, al contempo rosso come il fuoco e nero come la notte. I capelli della ragazza si sarebbero allungati, mutando colore a partire dalla radice fino alla punta in un bianco candido come la neve, e due orecchie da gatto sarebbero spuntate all'estremità del capo. Nell'aprire gli occhi, questi avrebbero avuto un aspetto felino, con iridi gialle e pupille ridotte a fessure. Con un balzo acrobatico, la ragazza gatto sarebbe balzata sulla colonna diroccata o spiazzo rialzato più vicino, stiracchiandosi con indolenza, per poi fissare lo sguardo severo sugli astanti, soffermandosi in particolare sul kokage fresco di nomina e il suo fedele sottoposto.

    8ug3y0p

    Dovreste smetterla di riversare tutte queste aspettative sulla mocciosa, nya. Guardate come l'ha ridotta questa stupida prova, e per cosa poi? Che cosa sperate di ottenere da lei? Avete mai pensato al suo bene?

    paZNlPD

    Parole pesanti, forse fuori luogo sulla bocca di un essere nato dalla parte più disprezzabile di un essere umano a cui un demone aveva dato forma, ma non di meno domande scomode per le quali quella Harumi oscura attendeva una risposta da parte dei presenti.
     
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    c h a p t e r
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    Munisai giunse al cospetto del suo personale Demone del Sangue, su quello che sarebbe stato per il ragazzo o l'altare della consacrazione o un altare sacrificale. Sostenne lo sguardo e il sorriso angoscianti di quella creatura dal potere smisurato senza tradire alcun timore, manifestandogli unicamente l'umiltà e il rispetto che la circostanza imponeva.
    Si starà chiedendo chi io sia, Sandaime esordì il giovane, con voce chiara e ferma.
    Era forse l'unico individuo, tra i presenti, che Diogene non conoscesse o del quale non avesse, per forza di cose, alcuna informazione. Una breve introduzione era dunque necessaria, specialmente quando si presentava di fronte e a fianco agli otesi rivendicando per sé uno dei tesori più preziosi del Suono.
    Mi chiamo Munisai Kanashige e mi sono appena trasferito qui a Oto.
    E' mio desiderio diventare un abile shinobi servendo questo Villaggio, e un potere del genere
    continuò, indugiando con lo sguardo sull'intera, quasi mostruosa figura del Kage, mi aiuterebbe di sicuro a realizzarlo.
    Strinse appena i pugni.
    So bene di rischiare grosso, ma non intendo farmi da parte ed essere un mero spettatore.
    Questa è la strada che ho scelto, in fondo. Non fuggirò davanti al primo ostacolo.
    Procediamo pure.

    In fin dei conti il Colosso aveva offerto a tutti i presenti la possibilità di fronteggiare l'arduo cimento, senza eccezioni, dunque il rosso non riteneva di doverlo convincere.
    Quando il clone di sangue diede il suo benestare, il giovane allargò il colletto della maglietta sformandolo abbastanza da scoprire maggiormente petto e dorso. Diede poi le spalle all'altro, indicandogli un punto sulla spina dorsale, all'incirca un palmo sotto l'ultima vertebra cervicale, giusto tra le scapole. Diogene non si fece pregare troppo e subito affondò gli artigli nelle carni del ragazzo, provocandogli un dolore acuto ma circoscritto. Vacillò appena, stringendo i denti e le labbra per non fare un fiato. Poi sentì le grinfie cremisi penetrare più a fondo, sfiorando una vertebra o due pur non danneggiandole. La sensazione fu comunque tremenda e alquanto strana, come se qualcuno gli avesse spinto un cilindro di ferro incandescente nella schiena.
    Il rosso serrò le palpebre e non riuscì a trattenere un lamento, mentre si piegava in due dal dolore. Quando tornò in posizione eretta e riaprì gli occhi, si ritrovò davanti una piazza completamente deserta.

    Tutti gli otesi e i vari duplicati, Diogene, Febh, tutti quanti si erano volatilizzati. Persino le gigantesche lucertole e le colonne di chakra erano andati. Restavano solo il piazzale imbrattato dal sangue del Mikawa e il Palazzo della Serpe. Munisai si guardò intorno febbrilmente, cercando di capire che fine avessero fatto tutti. Regnava un silenzio assoluto, sovrannaturale.
    Che cazzo sta succedendo?! esclamò, o meglio tentò di farlo, ma non uscì il minimo suono dalla sua bocca.
    Sgranò gli occhi per la sorpresa, stringendosi la gola con una mano. Scrutò in ogni direzione in maniera convulsa, e quando l'edificio tornò nel suo campo visivo scoprì di non essere più solo.
    Una decina di metri di fronte a lui si stagliava una figura incappucciata ricoperta da capo a piedi da un'ampia cappa candida come la neve. Sembrava un maledettissimo spettro.
    Fece un passo in avanti, lentissimo ma il cui suono riecheggiò nell'intera piazza, l'unico che si fosse udito dopo la sparizione di massa. Il giovane istintivamente indietreggiò.
    E tu chi cazzo sei? Dove sono finiti tutti?
    Per la seconda volta, il suo tentativo di proferir parola fu inutile. Munisai ora era realmente spaventato. Cosa diavolo stava succedendo? Chi era quel tizio? Era forse caduto in una tremenda arte illusoria che...
    No. Era il Sigillo. Doveva essere per forza il Sigillo, la prova di cui aveva parlato il Kokage.
    Ma cosa fare? Come comportarsi?
    Il rosso si sentiva, per qualche ragione che al momento non riusciva a comprendere o spiegarsi, completamente impotente di fronte alla figura immacolata, la quale avanzò di un altro passo, ancora più assordante. Da sotto al mantello fece capolino un braccio ossuto, latteo tanto quanto l'abito. Delle dita affusolate e dalle unghie acuminate avvicinò con lentezza esasperante l'indice al cappuccio, come a far segno di tacere.
    In un istante la mente del rosso fu invasa da migliaia di immagini di morte, come una serie interminabile di agghiaccianti diapositive che gli fecero vivere, nei panni della vittima, le più disparate e crudeli esperienze di tortura e uccisione.

    Durò solo un secondo, ma lui le percepì come ore.
    AAAAAAAAAAAARGHHHH!!!
    Un grido straziante che non fu mai proferito, non poté esserlo.
    Gli occhi sgranati, le lacrime gli rigarono il viso mentre l'intero corpo era scosso dai tremiti. Le gambe cedettero e prima di rendersene conto era a terra a dare di stomaco.
    E intanto la bianca sagoma continuava ad avanzare.
    Passo. Dopo passo.
    No. Così no. Così era impossibile.
    Perdendo il sangue freddo che normalmente riusciva a mantenere anche nelle situazioni più critiche, annaspò nel suo stesso vomito cercando di rimettersi in piedi. Quando ci riuscì, girò le spalle e scappò.
    Stava per morire, ne era certo. Al diavolo la prova, al diavolo Oto, al diavolo tutto. Non voleva crepare.

    Sfortunatamente, la sua fuga si concluse dopo una singola falcata.
    La figura in bianco, infatti, si era materializzata nuovamente davanti a lui, ma ad appena due metri di distanza. Ebbe appena il tempo di realizzarlo che questa, allungandosi ed assottigliandosi in maniera innaturale, saltò nella bocca della sua preda fino a scomparire del tutto. Quell'essere si era fatto volutamente divorare, andandosi ad annidare nell'animo di Munisai, il quale ora si sentiva soffocare.
    Portò entrambe le mani alla gola, incapace di respirare. Divenne cianotico, gli occhi si iniettarono di sangue. Stava per morire di una morte orrenda.
    Si sentì solo cadere mentre perdeva conoscenza, precipitando nelle tenebre.
    Quando rinvenne era immerso in un liquido scuro simile al catrame, non altrettanto viscoso ma abbastanza denso e nero da impedire completamente la visibilità. Agitò gli arti con tutta la forza che aveva cercando di nuotarci dentro. Andava praticamente alla cieca ma aveva comunque una vaga idea di quale fosse il sopra e il sotto, quindi si diresse là dove sperava di trovare la superficie. Era di nuovo a corto di ossigeno e stava per annegare, quando una flebile luce bianca penetrò il flutti.
    Ancora qualche metro e riuscì a cacciare fuori la testa, tirando un profondo respiro. Per qualche strano fenomeno, il pelo dell'acqua parve solidificarsi e il giovane riuscì ad issarcisi sopra come fosse una lastra di ghiaccio. Il muscoli e i polmoni gli bruciavano per lo sforzo, ma ne era uscito indenne e stranamente senza avere addosso tracce di quella robaccia.
    Già, ma dove si trovava?
    Si guardò intorno ma, a parte quello sconfinato mare oscuro non vi era nulla se non un orizzonte bianco, vuoto di qualsiasi cosa.

    D'un tratto, dei vagiti.
    Nella direzione dalla quale provenivano vide due figure sfocate inginocchiarsi accanto a un neonato che piangeva. Entrambe cinsero le loro mani attorno all'esile collo del bebè.
    No...
    Intanto Munisai aveva recuperato l'uso della voce, almeno quello.

    Giusto il tempo di prenderne atto, che qualcun altro arrivò sulla scena, spazzando via gli aspiranti infanticidi, che si dissolsero in una nube di fumo grigio.
    Si trattava di una donna vestita in abiti cerimoniali da miko, una sacerdotessa del tempio. Aveva lunghi capelli neri lisci e lucenti come la seta, ma non aveva un volto. Dove dovevano esserci occhi, naso, bocca, non c'era nulla. Un essere a dir poco inquietante, che sembrava uscito da chissà quale racconto popolare.
    Questo raccolse il lattante stringendolo tra le proprie braccia affettuosamente. Ma sembrò quasi che avesse toccato una sostanza tossica, perché la pelle della donna immediatamente si riempì di piaghe e andò in necrosi.
    Vomitò sangue, poi venne lentamente inglobata dalla distesa d'ossidiana.
    Cos'è questo?

    Prima che il giovane potesse avvicinarsi, il neonato, rimasto lì da solo, crebbe, diventando in pochi secondi un bambino vestito di poco più che stracci e palesemente negletto. Questi cominciò a correre più veloce che poteva.
    Munisai gli tenne dietro a una certa distanza, fino a quando il piccolo non si fermò una cinquantina di metri davanti a lui, ai piedi di un albero sbucato dal nulla.
    Al rosso gli si gelò il sangue.
    Avrebbe detto che si trattava di una quercia, ma era completamente priva di foglie e la corteccia era bianca come l'avorio. Ai suoi rami completamente spogli erano legate delle corde dalle quali penzolavano alcune dozzine di bambini e bambine di età diverse, ma tutti decisamente piccoli. Alcuni dei corpi erano sfigurati, altri mutilati, ma erano tutti, chiaramente, appesi lì da un pezzo.
    Il bambino, di fronte a quell'immagine, crollò sulle ginocchia tremando in maniera incontrollabile come in preda alle convulsioni, lanciando un grido lancinante tra i singhiozzi.
    Che...che posto è questo?
    Il ragazzo cominciò a respirare affannosamente, guardandosi intorno in cerca di un appiglio, di una via di fuga.
    In cerca di una risposta.
    DOVE CAZZO MI HAI PORTATO?!! sbraitò, chiaramente rivolto alla figura in bianco. O forse al Kokage?


    Munisai non aveva mai conosciuto i propri genitori, era stato abbandonato ancora in fasce ai piedi di un tempio, dove fu trovato da una miko che decise di crescerlo come suo.
    Purtroppo la giovane contrasse un male sconosciuto e morì non molto tempo dopo. Al che il piccolo, che qualcuno addirittura biasimò per la disgrazia, fu affidato ad un orfanotrofio dalle pratiche assolutamente esecrabili.
    I ragazzini erano sottoposti a ogni genere di maltrattamento e sevizie, ed erano anche sfruttati. Da giovanissimi, infatti, venivano impiegati come forza lavoro ad infimo costo da "affittare" a individui senza scrupoli, ognuno in base alle inclinazioni che dimostrava.
    Il rosso, ad esempio, da subito aveva dimostrato ingegno e buona manualità, oltre alla sorprendente capacità di assemblare oggetti anche di utilità partendo da rottami e cianfrusaglie. Pertanto si era trovato spesso a dover affiancare orologiai, artigiani, e meccanici di vario tipo.
    Ma c'era di peggio.
    I bambini più graziosi, femmine ma anche maschi, venivano avviati alla prostituzione prima ancora che la loro età raggiungesse le due cifre.
    I bambini che non mostravano talenti evidenti, invece, venivano costretti a mendicare. Spesso questi ultimi venivano mutilati deliberatamente affinché suscitassero maggior compassione nei passanti.
    Munisai aveva visto molti ragazzini come lui morire durante la sua permanenza in quel luogo maledetto, incapaci di sostenere un simile inferno.
    Inutile dire che questo vissuto l'aveva profondamente segnato.


    Le scene alle quali aveva appena assistito erano una sorta di macabra reinterpretazione di alcuni eventi traumatici della sua vita, alcuni dei quali troppo remoti perché ne avesse memoria.

    Benvenuto nella mia dimora.

    Il ragazzo sobbalzò nel sentire quella voce grave e spettrale che scoprì appartenere all'uomo in bianco, che ora si stagliava alle sue spalle a debita distanza.
    Tirami fuori da qui esalò Munisai respirando a fatica, serrando i pugni.

    Mi dispiace, ma questa sarà la tua tomba.

    Ti ho detto DI FARMI USCIRE DA QUI!
    Il rosso sbroccò, scagliandosi rabbioso contro il suo aguzzino.

    HAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHA!

    Una risata gutturale riempì ogni angolo di quel limbo.
    Alla creatura bastò alzare una mano. Un braccio del giovane sparì. Senza dolore, senza sangue. Come se qualche divinità avesse usato una gomma da cancellare su di lui, che a stento se ne accorse.
    Poi via l'altro braccio, infine le gambe, una alla volta. Si schiantò rovinosamente di faccia sulla superficie nera, un tronco umano.

    Non potrai mai sconfiggermi così.
    La tua ira è futile, vecchio amico.


    Chi...coff... Chi cazzo ti conosce?

    Oh, ma ti sbagli di grosso.

    L'essere afferrò per il collo ciò che restava dell'altro, sollevandolo da terra.
    Un flebile tentativo di dimenarsi non servì a nulla.

    Noi ci conosciamo da tutta una vita.
    Siamo cresciuti insieme. Ti ho sempre accompagnato lungo il tuo cammino.
    Il Sigillo mi ha solo dato forma e consistenza, e abbastanza forza per sopraffarti.
    Ho IO il Controllo adesso.


    E così dicendo lo scagliò lontano con una forza inaudita, facendo urtare a terra il corpo martoriato diverse volte, come un sassolino fatto rimbalzare su uno stagno.
    Il ragazzo sputò sangue per i vari impatti ma, miracolosamente, si ritrovò di nuovo con gli arti integri al loro posto.


    Si mise in piedi con qualche difficoltà, ma non ripartì alla carica. Restò fermo, cercando di tenere a bada la frustrazione e di recuperare la lucidità di pensiero di cui avrebbe avuto bisogno per uscire da quella situazione.

    Ciò che ti ho mostrato prima non era nulla di che, mi stavo solo riscaldando.
    Il tuo passato ti ha dato cicatrici che probabilmente non guariranno mai, ma sei riuscito ad andare avanti in qualche modo.
    Le tue paure non risiedono in ciò che è stato.
    Le tue paure risiedono in ciò che sarà, non è così?


    Munisai non rispose, non fece nulla.

    La tua morte è imminente, ma se vuoi provare a fermarmi dovrai affrontarmi sul mio terreno.

    Sotto i piedi della figura ammantata spuntò una roccia che crebbe e salì, più e più in alto, fino a diventare una vera e propria rupe, difficile dire quanto alta, ma ben oltre il centinaio di metri.

    Raggiungimi qui, sulla vetta di tutte le cose.
    Lascia che il tuo destino ti sia rivelato.



    Il rosso non aveva molta scelta.
    Era intrappolato in una dimensione sulla quale sembrava non avere il minimo controllo. Era alla totale mercé di quella entità trascendente, ma sapeva che l'unica speranza era affrontarla e sconfiggerla.
    Ma come raggiungere quella sommità?
    Lo spettro non aveva dimenticato un dettaglio così importante.
    Dall'abisso emerse qualcos'altro, un'enorme scala a pioli lunga quanto la rupe, già in posizione verticale pronta ad essere usata. Ma non era una scala comune.
    Sia i due staggi che i numerosi gradini erano composti da parti anatomiche umane. Braccia e gambe senza pelle, ogni genere di organo interno, e poi teste di ogni misura e sesso che penzolavano qua e là, occhi che lo fissavano, il tutto tenuto insieme da capelli, tendini e intestini.
    Se la vista era raccapricciante, l'odore era nauseabondo.
    Ma che razza di mente malata poteva partorire una cosa del genere?
    Munisai indietreggiò coprendosi la bocca, pensando che avrebbe rimesso ancora una volta ma ciò non accadde. Era come se la scala lo attirasse a sé, non gli faceva così schifo come aveva immaginato. Doveva comunque raggiungere quella vetta, e quello era l'unico modo.

    Fece per avvicinarsi, quando sentì qualcosa tirargli i pantaloni.
    Si girò.
    Era il bambino di prima, esile e dai vestiti lisi e rattoppati, e degli occhialoni da lavoro sulla fronte. I capelli rosso acceso erano spettinati e gli occhi verde acido colmi di lacrime, mentre un braccio stringeva forte a sé un pupazzo di metallo, un giocattolo che si era costruito lui stesso usando delle vecchie ferraglie trovate in una discarica.
    Nel luogo dove era cresciuto i bambini non avevano balocchi.
    Ti prego, non andare... gemette.
    Munisai lo fissò come imbambolato.
    Diede per la prima volta segni di cedimento. Si mise le mani in faccia.
    Non ne poteva più. Basta. Basta.
    Guardò verso la rupe con odio.
    QUESTO E' UN ALTRO DEI TUOI TRUCCHI DEL CAZZO?
    TI FACCIO VEDERE IO! MI HAI SENTITO?!
    sbraitò.
    Fece per muoversi, ma il piccoletto si aggrappò di nuovo.
    No, ti prego! ripeté tra i singhiozzi.
    Non lo fare! Resta con me!
    Tirò su col naso.
    Non lasciarmi da solo.
    Munisai lo spintonò facendolo cadere col sedere a terra.
    Non mi seccare! E' l'unico modo.
    E senza degnarlo più di uno sguardo, lo lasciò lì a piangere mentre lui cominciava la sua scalata.


    A ogni piolo che calpestava sentiva il suono di ossa che si rompevano e tessuti che si laceravano. Non i suoi, quelli della scala stessa. E urla strazianti si levavano.
    Sembrava quasi che ogni gradino rappresentasse una vita spezzata. Inizialmente il rosso trovò tutto ciò alquanto inquietante, ma più si avvicinava al vertice e meno restava turbato.
    A metà percorso si scatenò una tempesta, con raffiche di vento che gli tagliavano la pelle e una pioggia di sangue a inzupparlo. La scala oscillava pericolosamente, ma lui arrivato a quel punto nemmeno ci faceva caso. Nulla riusciva più a distrarlo o a scuoterlo.
    Lui continuava a salire, e salire, e salire. Fino alla vetta, quando finalmente mise piede sulla roccia e dove trovò la creatura immacolata ad aspettarlo.

    Questa prese ad applaudire lentamente ma sonoramente, tirando fuori due braccia candide e mostruose da sotto al mantello.

    Eccellente. Dimmi, come ti senti adesso?

    Vuoto.

    Per Munisai fu come svegliarsi da una trance, d'improvviso riusciva di nuovo a percepire con chiarezza il mondo che lo circondava. Sgranò gli occhi e spalancò la bocca nel guardare le proprie braccia, scoprendo con orrore che erano identiche a quelle dell'essere, cadaveriche e dalle unghie aguzze.
    Se le sue braccia erano così...allora anche il resto?

    HAHAHAHAHAHAHA! Mi sembri confuso.

    Che...che diavolo mi hai fatto? farfugliò il rosso.

    Io? Niente. Ciò che sei...
    No, ciò che siamo è frutto delle tue decisioni.


    Lo additò mentre da sotto al cappuccio si intravedeva per la prima volta qualcosa, un ghigno abominevole.

    Io sono il tuo futuro. Io sono il tuo destino.

    E così dicendo, si abbassò il cappuccio rivelando le sue fattezze.
    Capelli e cute bianche come il latte, una voragine al posto dell'occhio destro e delle zanne che conferivano un sorriso uscito direttamente da un incubo. L'unico occhio brillava di una luce sinistra, dietro alla quale si celava un'iride verde acido e una pupilla verticale.
    Era quasi irriconoscibile, ma quello era sicuramente Munisai.
    Qualche anno più vecchio, dal fisico scheletrico, ma era lui.

    Orrore misto a terrore si palesarono sul viso del rosso, il quale indietreggiò ma dietro di sé non aveva altro che un burrone ormai, anche la scala era sparita.
    Non aveva via di scampo.
    No! Non può essere...

    Sei stato poco lungimirante, vecchio mio.

    Quel momento se lo stava godendo tutto, come se lo avesse atteso per anni.

    A cosa pensavi conducesse la ricerca del Potere Assoluto? Mh?
    Se sapessi che cose che abbiamo fatto con queste mani per arrivare fino a qui.
    Quanti patti col diavolo.
    Quante persone trucidate. Tradite. Ingannate.


    Un'espressione estatica gli si dipinse sul volto mostruoso.

    Che c'è? Non è come te lo aspettavi?

    Non doveva andare così. scosse il capo il giovane, in totale negazione.
    Non è possibile, SONO SOLO STRONZATE!

    Tu credi?
    Guardati, sei un essere patetico. Un debole.
    La verità è che nessuno ti ha mai amato, nessuno ti ha mai considerato.
    Sei solo una nullità, un errore.


    Adesso avanzava, lento e minaccioso.

    Hai cercato di sopperire alla mancanza d'affetto accumulando potere e benessere, come se il buco che hai nel petto potesse essere riempito con qualcosa di così dozzinale.

    Basta, stai lontano. STA' LONTANO! urlò disperato il rosso, che si trovava in un angolo senza potersi muovere.
    L'altro lo ignorò.

    E tutto in nome della Vera Libertà, no?
    Quel concetto schifosamente puerile che hai sempre posto come tuo obiettivo ultimo, quello stato che credevi di poter raggiungere quando fossi diventato potente oltre ogni limite.
    Quale ironia.
    Più cercavi Potere per raggiungere la Libertà, e più ti ritrovavi a dover accettare vincoli, compromessi.
    A doverti legare a doppio filo a entità che sotto sotto disprezzavi.
    Fin quando un bel giorno ti sei svegliato in catene, e hai realizzato che il tuo bel percorso ti aveva condotto solo alla prigionia.


    Dalle profondità del mare oscuro emersero diverse catene lunghe decine di metri, che schizzarono a folle velocità verso il rosso, avvolgendolo dal collo in giù.
    Ogni tentativo di resistenza fu inutile.
    Lasciami andare! LIBERAMI, PEZZO DI MERDA!
    LIBERAMI!!
    LIBERAMI!!!
    il ragazzo si dimenava e gridava come un ossesso. Senza rendersene conto le lacrime bagnarono le sue guance, mentre la luce nell'unico occhio rimasto si spegneva.
    Quella era la cosa peggiore che potesse capitargli. Peggiore della morte.
    E quel maledetto lo sapeva bene.

    Liberami, ti supplico.

    Oh, abbiamo cambiato tono eh?
    Quanto sei ridicolo HAHAHAHAHAHAHAHAHA!
    Spero tu capisca qual è la tua posizione, adesso.
    Sai, avevo intenzione di ucciderti, ma penso di aver cambiato idea, non sarebbe abbastanza divertente.
    Da questo momento, prendo io il controllo.
    Questo corpo mi appartiene.
    Tu, invece, marcirai in catene nelle profondità più recondite del tuo stesso subconscio, inerme e in preda ai tuoi rimpianti. Per il resto dei tuoi miserabili giorni.


    No, ti prego! TI PREGO!

    Il mostro fece ciao con la manina prima che le catene trascinassero con violenza il loro prigioniero nell'oblio dell'oceano nero dal quale erano arrivate.




    Sprofondò sempre più, ma il ragazzo non avrebbe trovato sollievo nella morte, non stavolta. Provò infinite volte a liberarsi, invano.
    Le parole del suo spettro gli rimbombavano ancora in testa. Aveva ragione? Era tutto vero?
    In parte lo era, non riusciva a togliersi quel pensiero dalla testa.
    Era stato davvero così cieco da scegliere un percorso che conduceva ad un qualcosa di così aberrante?
    Pianse in silenzio.
    No, non poteva accettarlo. Non doveva andare così. Lui voleva solo essere in grado di contrastare chiunque cercasse di renderlo di nuovo schiavo. Per quello aveva cominciato a cercare il Potere, perché il mondo è dei forti e tutti gli altri vengono calpestati. E lui non voleva essere calpestato, schiacciato, come era successo in passato.
    No, mai più. Voleva essere libero, il Potere gli serviva solo per spazzare via chiunque tentasse di fargli di nuovo del male.
    Voleva proteggere se stesso. E voleva proteggere coloro che aveva a cuore, fornire a tutti loro una realtà sicura e serena dove poter esistere.
    Dove poter tentare di essere felici.

    Un momento.

    Fu come se qualcuno avesse alimentato una fiammella che stava per estinguersi.
    I suoi amici dell'orfanotrofio! I suoi fratelli e le sue sorelle.
    Loro gli avevano voluto bene, e lui ne aveva voluto a loro. Ancora gliene voleva. E molti di loro erano da qualche parte nel mondo.

    Voleva rivederli.

    L'essere immacolato, la proiezione delle sue paure, non era stato del tutto sincero con lui.
    Munisai aveva conosciuto l'affetto. Pertanto, la sua esistenza non poteva essere un errore. Non poteva essere priva di significato. Quel mostro voleva solo ingannarlo, portarlo alla disperazione, ma nessuno può conoscere il futuro.

    Il destino non esiste.

    La strada non era prefissata, ma tutta da tracciare, e Munisai non avrebbe dimenticato quel terrificante avvertimento ogni qual volta si fosse trovato davanti ad una scelta. Se avesse mantenuto i piedi per terra e avesse rammentato di non concentrarsi solo su se stesso e sulla sua personale ambizione, se avesse considerato anche chi gli stava intorno e le conseguenze del suo operato, non avrebbe sporcato il suo cammino. Non più di quanto fosse necessario, comunque.
    Il Potere non doveva essere il fine, ma il mezzo per concedere a se stesso e a coloro ai quali teneva la serenità che gli era mancata tutta la vita.
    La Libertà, seppur non assoluta, sarebbe stata, a quel punto, vivere con soddisfazione e orgoglio la propria vita senza dover soffrire per mano di qualcuno che tentava ignobilmente di distruggerla.

    Sì. Così stavano le cose.
    E così le cose sarebbero andate. Ne era certo.




    Munisai e quel groviglio di catene schizzarono verso l'alto emergendo dalle tenebre.
    Il ragazzo vide che la creatura bianca stava per ghermire il bambino, e sapeva anche il perché, finalmente ci era arrivato.
    Così come l'essere era la personificazione delle sue paure, così il piccolo se stesso era la personificazione di ciò che di buono e umano era rimasto in lui. O forse della sua innocenza, o della sua speranza, non ne era sicuro, ma quel che è certo è che non avrebbe permesso che gli succedesse niente.

    Le catene attorno al giovane cambiarono colore, passando dal nero al rosso e infine ad un bianco luminoso, diventando incandescenti. Poi esplosero in mille pezzi scagliati in ogni direzione, tranne dove si trovavano gli altri due.
    La figura del rosso si rivelò nuovamente, mostrando che era tornata alla normalità.
    Camminò verso il piccoletto, parandosi poi tra lui e il nemico. Intanto i frammenti roventi davano fuoco al mare e a tutto lo scenario.
    Il mostro si accigliò, confuso.

    Questo è...impossibile!

    Le catene si riassemblarono pezzo per pezzo accanto a Munisai, stavolta del colore del comune metallo.
    Forse la Vera Libertà davvero non esiste come dici, o forse sì.
    Tutti hanno dei legami, tutti hanno delle catene da sorreggere.
    Ma se questo è inevitabile, io forgerò le mie catene con le stesse mie mani, ne conoscerò ogni segreto, e non avrò problemi a liberarmi da esse quando diverranno un fardello troppo grande.

    Distese un braccio davanti a lui e quei serpenti d'acciaio si avvinghiarono e stritolarono la Paura.

    Sei uno stolto se pensi di potermi uccidere! IO SONO--

    Non poté finire la frase perché anche la testa fu avvolta, intrappolandolo come in un bozzolo impenetrabile.
    So esattamente cosa sei.
    E so di non poterti eliminare, perché sei una parte di me e dobbiamo coesistere.
    Per ora mi servi, ma quando non sarà più così ti annienterò senza lasciare di te nemmeno il ricordo.
    Non ti lascerò mai il controllo. Perché non ho più paura di te.

    E così dicendo, il sarcofago di metallo fu inghiottito dal mare nero.


    Tutto stava bruciando, nel mentre.
    Munisai tirò un respiro profondo, poi si voltò verso il piccolo Munisai, accovacciandosi.
    Ti chiedo scusa per prima, sono stato un vero idiota disse con tono sinceramente dispiaciuto. Poi gli sorrise tendendogli la mano.
    L'altro non disse nulla, gli corse solo incontro gettandogli le braccia al collo.
    Fu sollevato e preso in braccio, poi i due si allontanarono.
    E ora vediamo di uscire da questo postaccio.
    Stai tranquillo, non permetterò più a nessuno di farti del male.







     
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    È colpa tua. Ratty

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    Febh Yakushi si era inginocchiato, dando al Mikawa modo di essere turbato, anche se non lo diede a vedere nè disse nulla al riguardo, ma in fondo quello era un passaggio di consegne che non si poteva più rimandare e che avrebbe messo in moto qualcosa per tutto il continente. L'ex-Amministratore si prese il suo piccolo momento di gloria, per non dire di delirio di onnipotenza, presentando ai ninja del villaggio il frutto dei suoi lunghi mesi d'assenza con l'esercito di cloni a tempo che era stato pensato e ragionato per permettere a Oto di superare sè stessa e diventare più forte. Presentò anche la Pergamena di Indra e consegnò al nuovo Kage ciò che gli apparteneva di diritto e che poteva dispensare a suo piacimento. Quindi rimase in disparte, cosa che non faceva da molto, moltissimo tempo, lasciando che fosse il nuovo leader a prendere le decisioni. E ogni respiro era al contempo sia un sollievo che una preoccupazione, come se non fosse del tutto certo della decisione che aveva preso.

    E poi venne la mutazione del Kage e la sua profonda, micidiale aura omicida che quasi paralizzò tutti i presenti anche se solo a scopo dimostrativo, mentre gli effetti demonizzanti del chakra naturale canalizzato dal Cursed Seal accentuava la già innaturale capacità del Mikawa di incutere timore nel prossimo. Febh non battè ciglio: era abituato a simili manifestazioni di potere e sapeva bene come controllare quella paura indotta, memori le lunghe esposizioni ai genjutsu dell'Hokage o dello stesso Diogene, mesi addietro. A uno a uno molti dei presenti si fecero avanti, pronti ad accogliere quel potere così allettante che il Kage poteva dispensare, a rischio della loro vita. Lui quel potere non lo aveva mai voluto.

    Uno Yakushi basta a sè stesso. Sussurrò, il motto del suo clan, o almeno quello che aveva estrapolato lui dai vecchi bacucchi durante i terribili addestramenti iniziali. Non serve prendere potere da fuori se prima non hai il perfetto controllo di ciò che hai in te. E se hai quel perfetto controllo, di fatto non ti serve nuovo potere, ma al massimo un paio di alleati. Eppure sapeva che quel sigillo gli avrebbe potuto dare una forza decisamente superiore, ma a quale prezzo? Non viene mai dato niente per niente.

    Vedere persone che conosceva e che si facevano avanti (non che gli importasse particolarmente di diversi di loro, ma pur sempre li conosceva o li aveva inviati in missione diverse volte) gli fece tornare alla memoria gli eventi di molti, moltissimi anni prima. Allora, proprio come adesso, lui era stato un semplice osservatore di quei temerari che sfidavano la morte per una goccia di potere. Qualcuno poteva pensare a una mancanza di coraggio, e chiunque non lo conoscesse sicuramente avrebbe pensato che esisteva questa possibilità...ma ciò che lo guidava era in realtà il desiderio di libertà. Oto era tanto per lui, così come l'Accademia, ma anche adesso che era uno degli esponenti più importanti di entrambe non riusciva ad accettare un peso grande come uno dei Sigilli di Villaggio che lo legasse eternamente a quel luogo. Ironico che il suo anelare alla stazionarietà e alla tranquillità fosse così in contraddizione con il volersi lasciare una via d'uscita, come se una parte di sè non accettasse di mettere radici, nè ora nè mai.

    In ogni caso aveva scelto Gene come Kage, quindi la tranquillità la aveva appena lanciata lontano, e con le sue mani perdipiù.

    Sospirò, mentre Kato e molti altri, dopo aver accettato il simbolo maledetto inizavano a contorcersi con sguardi allucinati mentre il chakra nero si spandeva sulla pelle facendosi strada tra vene e ossa: un parassita che avrebbe distrutto le loro menti e sostituito i loro corpi se non avessero trovato in loro la forza di dominarlo. Come Yami. Come Shinodari. Come tanti altri. Sussurrò, un pò amareggiato mentre anche Hebiko accettava il sigillo, pur avendo espresso più volte l'idea di avere paura di restare a Oto con Gene come Kage. Forse aveva finalmente deciso che essere più forte era l'unico modo per essere più sicura, comunque non poteva certo interferire, e rimase a guardare.

    La prima volta che il Cursed Seal era stato rispolverato dopo la fine della Grande Guerra dei Ninja, almeno per quanto ne sapeva il pubblico, Febh non era ancora nemmeno arrivato a Oto. Lo Yakushi era stato accompagnato e registrato come studente dell'Accademia circa un mese dopo la conclusione, apprendendo dai giornali locali cosa era accaduto: una carneficina. Studenti da tutti i villaggi accorsi sotto la promessa di potere e di diventare parte di Oto senza conseguenze...molti erano morti e qualcuno era riuscito. Al tempo non conosceva ancora nessuno e non gli era importato più di tanto, era solo uno studente completamente fuori dai giochi dei più grandi e a differenza di Diogene, Orochimaru non aveva aperto la possibilità a chi non era già diventato un ninja a tutti gli effetti.
    Inoltre in quell'occasione la ricerca del potere lo spaventava. Si era unito a Oto solo perchè era il villaggio del suo Sensei e non sapeva nulla delle sue tradizioni e di ciò che lo animava se non dalle parole cariche di una visione idilliaca di quel vecchio che gli aveva insegnato le basi. Non era nemmeno parte del clan Yakushi e di fatto la sua esistenza era meno di un bruscolino agli occhi del mondo.

    Da allora aveva smesso di sentirsi piccolo e impotente, quando dopo pochi anni, già genin con esperienza e unitosi al clan, era stato scelto come guardia del corpo dell'Amministratrice di allora, Shinodari Jaku, che gli avrebbe poi ceduto la carica. Lei, insieme a Yami Kabane, aveva ottenuto dal Kage già recluso nel suo palazzo il permesso di distribuire nuovamente i Sigilli Maledetti e lo stesso Yami si era messo in gioco, così come un molto più giovane Diogene Mikawa e altri ninja che stavolta conosceva come Jin Tsuji, che non sopravvisse alla prova. Era cresciuto e maturato, e stavolta forse gli importava qualcosa di più delle persone coinvolte, con cui aveva condiviso missioni e pericoli...ma non si era sentito di tifare per loro o augurare loro buona fortuna per quello che ai suoi occhi era un profondo errore: cercare potere rischiando la vita e legandosi poi in maniera definitiva a Oto. Perchè farlo? Perchè non cercare prima la vera forza dentro loro stessi? Il modo di pensare degli Yakushi si era ben innestato sul suo essere e sulla sua filosofia del pensare prima a sè stesso, anche se nel tempo questa si sarebbe un pò smussata sugli spigoli.

    E ora per la terza volta assisteva a una cerimonia di assegnazione dei Sigilli. Non troppo diversa da un'esecuzione sommaria. E la sua idea, ora che vedeva tutto dall'alto della sua posizione e del suo grado assumeva un valore diverso: il potere poteva essere utile per qualcuno. E se questo qualcuno era poi utile a Oto, allora il potere diventava importante. Semplicemente lui non era tagliato per cercare nuova forza per sè stesso che non fosse frutto di allenamenti e ricerche. Il potere esterno non era qualcosa di utile per lui, ma lo era per altri, perchè non tutti erano Febh Yakushi. Questo slancio di empatia egocentrica comunque non sarebbe durato molto, mentre guardava i suoi compatrioti che affrontavano i loro peggiori incubi e pensava, stavolta, che forse per loro il potere "facile" era importante quanto lo era la tranquillità per lui.

    Restava da vedere quali sarebbero state le conseguenze.
     
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    La donna venne rilasciata dal viscido abbraccio della lingua del colossale rettile alle sue spalle, consentendole di avvicinarsi al centro dell'azione dove il neo-eletto capo di quel mucchio di casette fatiscenti proclamò una sfida nella quale avrebbe messo in palio poteri inimmaginabili.

    La prima caratteristica di quel potere era quella di renderti estremamente brutto in cambio di quella che sarebbe dovuta essere un'estrema forza, vedere quell'omone alto quasi quanto la statuaria Haru ergersi a dimensioni ancora superiori le fece pensare che quello potesse essere il sentiero per lei.

    Ignara del pericolo e del potenziale controllo che sarebbe potuto essere esercitato su di lei, la donna si propose tra i volontari per la trasformazione, accecata dalla possibilità di crescere rapidamente e raggiungere il livello di quel tipo che l'aveva così sonoramente battuta, senza fermarsi a considerare il livello dell'omone di fronte a lei.

    Avvicinandosi al colosso dei Mikawa gli disse spavalda a dispetto del braccio rotto:

    "Sembra interessante omone, let's see what you've got."

    Si fece imprimere il sigillo sulla spalla sinistra, quella sana, conscia del fatto che avrebbe dovuto dimostrare una determinazione che andasse al di là della mera sopportazione del dolore fisico.

    L'affondo del clone di sangue del Mikawa fu rapido e quasi inaspettato, dandole l'impressione di averle iniettato della lava direttamente neli vasi sanguigni della spalla e che quella sensazione si estendesse in tutto il corpo, lungo il suo sangue, sino a giungere al cuore che con rapidi e poderosi battiti la spinse in circolo avvolgendo il corpo e la mente di Haru in un mondo composto di fiamme bianche.

    Non aveva idea di quanto tempo fosse passato dall'inizio di quel tormento alla sua conclusione, ma quando tornò in sé non sembrava più essere nello stesso luogo ed il braccio sembrava esserle tornato sano.

    Il mondo da bianco cominciò ad assumere una forma e dei colori in qualche modo familiari ma estremamente indistinti mentre una nebbia oscura cominciava ad emergere tutt'intorno a lei, provò a toccarla e questo sembrò dare il via ad una bizzarra reazione in cui quell'oscurità cominciò a vorticarle attorno sino ad addensarsi ed assumere una forma umanoide nella quale dominavano chiaramente quelli che sembravano essere occhi, una voce tetra e non meno immateriale dell'essere di fronte a lei sembrò emergere da ogni direzione, dicendole:

    "Una nuova vittima, un nuovo pupazzo per il mio Signore."

    Questo sembrò Irritare Haru che si girò cercando d'identificare la provenienza di quella voce mentre il fumo attorno a lei prese a vorticare in maniera febbrile:

    "Io non sono il pupazzo di nessuno, got it?!"

    Una risata che sembrava assomigliare all'infrangersi di numerose vetrate risuonò in quel luogo mutevole, dove pareti e forme mutavano di continuo creando un mix di elementi familiari ma difficili d'afferrare, a quel punto la voce rispose:

    "Ma tu sarai un grande pupazzo, non hai mai smesso di esserlo ed hai lasciato che fossero i tuoi piedi a condurti qui..."

    Haru cercò gli occhi del nemico intorno a sé, puntando a guadagnare altro tempo tramite le futili chiacchiere delle quali quella presenza sembrava essere una grande fan:

    "Oh yeah!?
    Perché non mi spieghi questa tua bella teoria?"


    La risposta arrivò immediata e con essa si palesarono nuovamente quegli occhi brillanti:

    "Ma certo, faremo un bel viaggetto nel passato..."

    Haru si mosse per colpire il “volto” di quell'essere ma finì per esserne avvolta interamente e quando il fumo passò, si trovò cambiata.

    "What the..?"

    png





    Il mondo attorno a lei prese finalmente una forma tramutandosi in una cella a lei sin troppo familiare, immediatamente le tornarono alla mente i ricordi della sua infanzia come se fossero avvenuti solo pochi attimi prima, le sembrava di rimembrare per filo e per segno ogni dettaglio della baracca che accoglieva lei e gli altri orfani dell'ultima guerra, sino all'odore delle lenzuola sulle quali si addormentava ogni notte prima che venissero a trovarla quegli uomini.

    Entrambi portavano una fascia metallica sulla fronte ed a dispetto dell'aria mingherlina sembravano incutere un grande timore nei suoi tutori, si presero cura di esaminare ogni orfanello in quello che comprese poi essere un esame medico per verificare chi di quei miserabili scarti potesse tornare utile ai loro esperimenti.

    Le tastarono gli arti, le chiesero di stare in equilibrio e le fecero altri esami di quel genere, scrissero qualcosa sulla loro cartella e passarono al prossimo, fu solo qualche ora più tardi che le venne detto di andare con loro, non le venne richiesto di portare nessuna delle sue cose, col senno di poi si disse che per i suoi nuovi “tutori” si sarebbe trattato solo di ulteriore paccottiglia della quale sbarazzarsi assieme ai corpi, non che avesse molto da portarsi in ogni caso.

    Ricordava molto bene la cella in cui si trovava, vi avrebbe dimorato per molti anni assieme ad altri degli orfanelli che come lei erano stati ritenuti idonei e la cui vita era stata acquistata per pochi Ryo da persone che avevano sin troppe bocche da sfamare.


    L'ombrà tornò a tormentarla con le proprie parole:

    "Non sei mai veramente uscita da questo ruolo, vero?"

    La ora piccola Haru si voltò verso l'ombra con un'espressione dura a dispetto della giovane età del suo viso i suoi occhi mostravano la sua attuale maturità:

    "Ti credi così furbo per avermi ricordato d'aver avuto una brutta infanzia?
    Ci sono già passata, so già come prosegue la storia."


    Una risata malevola le risuonò nelle orecchie:

    "Forse hai ragione, ma qualcosa mi dice che imparerai qualcosa rivivendola..."

    Gli occhi di Haru si spalancarono mentre esclamava per la sorpresa ed una tinta di timore:

    "Are you...?!"

    La sua coscienza sembrò scomparire, soverchiata dai ricordi che si affollavano nella sua mente, poteva sentire le urla ed i pianti degli altri bambini nelle celle limitrofe, ricordava le proprie urla, la disperazione e l'angoscia che attanagliavano la sua pancia come se fosse compressa da un peso impossibile da rimuovere.

    Vide un bambino venire strattonato urlando e scalciando verso le scale e venire zittito con un ceffone dall'uomo vestito di bianco che lo stava trascinando chissà dove.
    Chi veniva fatto uscire spesso non faceva ritorno e quando lo faceva spesso urlava dal dolore per qualche ora prima di ammutolirsi in maniera definitiva.

    Gli uomini in bianco portavano anche il cibo, noessuno di loro entrava mai nelle celle salvo uno che giungeva saltuariamente dopo lo spegnimento delle luci, non rispondeva alle domande esattamente come gli altri, nessuno voleva dire loro cosa ci facessero lì e perché li avessero rinchiusi come animali, tuttavia sembrava essere il più gentile e meno brusco, alcuni non aprivano mai bocca ed avevano un'aspetto spaventoso, con grosse cicatrici che percorrevano volti segnati ed induriti da esperienze a lei ignote.

    Tuttavia di notte quell'uomo cambiava, entrava nelle celle e dopo qualche tempo tendeva ad urlare, si udivano con chiarezza delle urla seguite dal rumore di uno o più schiaffi, quando venne per lei, Haru cercò di non dargli motivo di colpirla, rimediando in ogni caso un occhio nero prima che il volto di quell'uomo le si avvicinasse.


    Per un momento vi sovrappose l'immagine di una testa sfigurata e chiaramente mozzata che sembrava assomigliare vagamente a lui, quell'immagine distrasse la ragazza che tornò in se, ricordando giusto il dolore e le lacrime che seguirono quell'evento prima che la nebbia tornasse a palesarsi intorno a lei, riportandola gradualmente al presente.

    png



    "Sai essere molto obbediente quando ti ci metti, è una vita semplice e priva di pensieri, ha un suo fascino, non trovi?"

    Haru si strofinò gli occhi gonfi, ora cosciente del fatto di trovarsi ancora in quella bizzarra situazione e cercando di rassicurarsi del fatto che né quel luogo, né quell'uomo potevano più farle alcunché, si era occupata personalmente della faccenda e rispose infuriata:

    "I'm not that child anymore!!!"

    Un'altra risata da parte dell'ombra precedette le sue parole:

    "Non te la prendere, non ti paragonerei mai a quei falliti dei tuoi compagni tu sei diversa, tu sei... sopravvissuta, sei nata per questo."

    L'ombra non le diede il tempo di rispondere prima di avvolgerla nuovamente, portandola a ricordare il momento della prima operazione.

    png



    Era legata ad un tavolo operatorio e poteva solo osservare con timore i due uomini di fronte a lei, erano stati loro a “sceglierla” all'orfanotrofio ed a portarla in quel luogo orribile, notava ora per la prima volta i dettagli dei loro strani copricapi, portavano una nota incisa che però era stata come cancellata da un segno orizzontale, non aveva idea di cosa significasse all'epoca e l'unica cosa della quale era certa era che probabilmente non sarebbe tornata nella sua cella, come gli altri bambini prima di lei.

    Le vennero fatte delle iniezioni che indussero immediatamente una risposta dolorosa nel suo corpo, i muscoli erano coinvolti da spasmi e sembravano comprimersi e dilatarsi di loro volontà senza tenere in mente il fatto che fossero connessi alle ossa dalle quali sembravano quasi volersi staccare, uno dei due medici prese appunti mentre l'altro iniziò a girare una valvola per farle inalare una sostanza ignota, sentì il dolore ridursi mentre uno di loro tirava fuori un bisturi, avevano tratteggiato delle linee sul suo corpo, incluso il volto e portando altre siringhe ed altri strumenti, si apprestarono a creare le cicatrici che ancora segnavano il suo volto e non solo.


    Una voce melliflua la riportò in sé.

    "Visto come sei stata brava?
    Anche oggi hai sopportato il dolore per il bene dei tuoi padroni, sono nuovi padroni ma pur sempre di padroni si tratta, lasciati andare e sarai fortissima."


    Haru intanto prendeva grandi respiri, cercando di trarre un qualche tipo di sollievo dall'aria densa ed umida della cella mista ad un penetrante odore di muffa mentre qualche gocciolina di sudore freddo le colava ancora lungo il corpo.
    Attese qualche secondo prima di rispondere, ora con voce più matura:

    "Non ho padroni, se credi che un servo come te possa dominarmi, ti sbagli di grosso!"



    Questa volta sembrò essere lei stessa ad innescare i propri ricordi, i suoi muscoli crescevano e si assicurava di esercitarli a dovere, la qualità dei suoi pasti era migliorata ed i due nukenin di Oto non facevano altro che lodarla per quanto stesse divenendo forte grazie ai loro esperimenti, era cresciuta in una maniera innaturale, contava di avere oramai 15-16 anni e già stava per superare il metro e novanta, non era sicura di quando si sarebbe fermata ma indubbiamente era più forte fisicamente degli inservienti che oramai la guardavano con timore a dispetto della sua apparente obbedienza, un male necessario mentre affinava il suo corpo, una flessione alla volta.

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    Purtroppo non le bastava essere forte, avrebbe dovuto procurarsi una qualche arma per divenire letale ma le era impossibile procurarsele in quel contesto, non era in grado di uccidere i suoi avversari rapidamente, alle volte aveva affrontato delle belve feroci come parte degli esperimenti dei suoi aguzzini ma un conto era strozzare un singolo orso a mani nude e senza interruzioni, un'altro era quello di trovarsi circondata da avversari armati e senza un piano, aveva bisogno di tagliare l'operazione alla testa e sfruttare la confusione che ne sarebbe seguita per fuggire.

    L'occasione arrivò il giorno di una nuova operazione, i due nukenin le spiegarono come sino ad allora avessero temuto pesanti rigetti nell'installazione di potenziamenti metallici noti come innesti, ma di come fossero finalmente riusciti a procurarsi del materiale di contrabbando e pensarono di farne dono alla loro futura arma preferita, in fondo l'avevano potenziata per fare dei test ma era sempre stata così collaborativa da meritarsi un altro upgrade e forse anche delle prime esperienze sul campo.

    Non appena l'operazione fu conclusa, Haru fu in grado di estrarre una delle sue lame interne per la prima volta, in essa poté vedere riflesso il proprio volto, per qualche secondo rimase incantata dalla bellezza letale della lama, non appena uno dei due nukenin otesi le si avvicinò, le chiese cosa ne pensasse, in risposta si ritrovò con le budella al vento, il sangue caldo dell'uomo tinse di rosso la lama la cui bellezza sembrò aumentare, ma questo non fu che l'inizio:

    "Direi che non è niente male doc."


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    Il secondo dottore per un attimo ebbe un riflesso azzurro come quello degli occhi dell'essere d'ombra prima d'attaccare, quello scontro sembrava diverso da come lo ricordava, il nukenin era un uomo pericoloso, ma non era fisicamente alla sua altezza, questa volta invece riuscì a darle qualche pensiero in più, spingendola via con un calcio sul torace per concentrarsi sulla composizione di strane posizioni delle mani.

    Purtroppo per lui o l'ombra che lo manovrava, anche con quella distrazione l'esito rimase il medesimo ed Haru riuscì ad amputare entrambe le mani dell'uomo che arrugginito nell'arte della lotta, cadde a terra in preda al dolore, ancora incapace di comprendere come mai il suo miglior strumento avesse deciso di ribellarsi così all'improvviso:

    "Non è stata una decisione improvvisa, attendevo solo il momento giusto, thank's for the gift!"

    Haru concluse la frase infilzando anche il secondo nukenin otese, ma non era finita lì, il fumo nero emerse dall'uomo in cerca di altri ospiti, incarnò molti uomini in bianco, i quali vennero falciati l'uno dopo l'altro sino a quando il loro sangue non sembrò coprirla interamente, improvvisamente, la giovane donna si trovò davanti l'uomo che tanti anni prima le aveva lasciato quell'occhio nero, con lui decise di prendersi il tempo necessario.

    Lo rese inerme amputandogli o fratturandogli gli arti, seguendo con il piatto forte, una serie di devastanti pugni che ridusse in poltiglia quello che una volta aveva chiamato volto.
    Ad ogni colpo volava un dente oppure sentiva il setto nasale subire una nuova frattura mentre l'uomo, stordito, imbrattava il pavimento del proprio sangue.
    Tutto si concluse con un taglio netto della testa dell'uomo,
    l'osservò per qualche secondo prima di vedere una nuova nube di fumo emergere dalla testa mozzata ed avvolgerla nuovamente, questa volta il fumo sembrava essere nettamente più denso e forse anche più solido, persino la sua voce si era fatta più decisa:

    "E così li hai uccisi tutti, specialmente lui."

    Il commento di Haru fu secco:

    "Lo meritavano, lui in particolar modo."

    La voce si avvicinò, sembrava quasi che dalle ombre comparisse una mano:

    "Alla fine sei diventata ciò per cui ti avevano creato, una macchina di morte."

    "Sono piuttosto sicura che volessero guadagnare dei Ryo, non essere uccisi da me."

    La mano assunse una maggior definizione, cominciando a generare lunghi artigli:

    "Sei ad Oto per completare il lavoro iniziato da loro, hai bisogno di una guida."

    "Ho bisogno che tu stia zitto."

    La mano si avvicinò pericolosamente vicino alla gola della giovane e sembrava sempre più densa e tangibile al punto di poterne quasi avvertire il fetore:

    "Diventerai forte con me al comando, obbedirai al mio Signore e nessuno ti farà più del male, lascia che ti protegga da uomini spaventosi come il tipo che ti ha rotto il braccio... lascia che ti aiuti a dimenticare questi orrori..."

    La mano si fece ormai vicinissima e pronta a tranciare la gola della giovane Haru...

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    Quando improvvisamente un potente colpo all'indietro prese in pieno il volto del mostro d'ombra che lo accusò quasi come se fosse stato solido!

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    Le parole di Haru rieccheggiarono in tutto l'ambiente mentre il mostro cercava di comprendere cosa fosse successo a pochi attimi dalla vittoria:

    "You damn idiot!
    Pensavi davvero d'indebolire la mia determinazione mostrandomi i miei stessi ricordi?
    Sono diventata forte proprio per essere libera, non lascerò che qualcuno mi controlli per ottenerla, questo significa che tu ed io abbiamo chiuso!"


    Una nuova raffica di pugni si abbatté sull'essere che oramai sembrava quasi completamente solido e che venne sbattuto con forza verso un muro, infrangendolo ed emergendo in uno spazio vuoto al di fuori dei ricordi di Haru su quei corridoi sotteranei, l'unico collegamento che sembrava ancora condividere con lei era una sorta di evanescente cordone ombelicale collegato al punto in cui Diogene aveva innestato il sigillo nella spalla della donna.
    Mentre cercava di riprendersi dalla serie di colpi, il mostro rispose infuriato:

    "Dannazione!
    Dovevo capirlo subito che fossi troppo stupida per capire le mie parole, tu...ARGH!!!"


    Venne interrotto da un altro diretto al muso da una Haru che dalla sua adolescenza sembrava essere tornata alla sua età ed aspetto ordinari:

    "You're the dumb one!
    Non c'è nulla da capire qui se non che hai cercato di divenire più forte a mie spese e che se sono in grado di colpirti è solo perché ti sei nutrito delle mie paure per divenire solido..."


    Facendo il gesto di una gola tagliata la donna rise beffarda esibendo i suoi denti acuminati all'avversario prima di concludere:

    "Tornerai ad essere un'innocua nebbiolina, mi aspetto di espellerti con la prossima puzzetta, è una fine che ti si addice!"

    A questo punto era chiaro ed evidente che il mostro si fosse sentito ferito nell'orgoglio e turbinando su sé stesso assunse una nuova forma, solida al 100% ed il cui aspetto ricordava quello di un demone nerboruto con tanto di lunghe corna e denti aguzzi che sembrava sovrastare persino Haru in altezza, il quale urlò con voce cavernosa:

    "Basta così!
    Se è solo la violenza ed il dolore che capisci, mi assicurerò di spezzare il tuo spirito assieme alla tua spina dorsale!!!"


    Haru sfoggiò un'espressione divertita mettendosi in posizione di guardia e rispondendo alla sfida del demone:

    "Ah sì?
    Vediamo se sei tutto fumo e niente arrosto, oppure se avrò qualcosa degno d'essere scazzottato tra le mani, Let's see what you've got!!!"


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    Quello fu l'inizio di un epico scontro basato interamente sulla forza di volontà incarnata mentalmente nella capacità di pestare l'avversario sino a quando il suo spirito non si fosse spezzato, non era possibile dire dall'esterno chi dei due stesse avendo la meglio, l'esito finale sarebbe stato in sospeso sino al momento in cui la donna fosse stata in grado di riaprire gli occhi sul mondo reale.
     
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    Turning Point


    Post VII

    Scosse la testa alle parole del Mikawa.

    Il punto della questione è proprio questo. Continuò a non abbassare lo sguardo durante il dialogo. Questo mondo non è bianco o nero. Volenti o nolenti, è fatto di sfumature di grigio, il "o con me o contro di me" è una situazione che ad un certo livello non può sussistere. Vogliamo entrambi il bene di Oto, alla fine dei conti. Si spostò i capelli di lato, voltando la testa e scoprendo la nuca. Da parte mia, non posso fare altro che cercare di farvelo capire. Digringò i denti quando gli artigli le penetrarono nel collo, quasi a sorridere. La sensazione non fù piacevole, ma era passata dal diventare una jinchuuriki al subire un jigoku. Il processo fu solo leggermente più doloroso poichè localizzato in una zona sensibile. Finchè...

    L'oscurità più totale la circondò. Fu come prendere un pugno allo stomaco. L'ambiente intorno a lei era simile alla dimensione interna che condivideva con l'Hachibi, ma l'aria sembrava molto più rarefatta. L'assenza di suoni era assordante. Si sentì stringere la gola da qualcosa, ma non capì cosa. Iniziò a mancarle l'aria.

    Tu...cosa stai cercando?

    La voce non aveva una fonte ben definita. Era dappertutto. La sensazione sulla gola era sempre più forte, sempre più chiara. Qualcuno la stava strangolando. Ma chi? Riuscì appena ad abbassare lo sguardo per vedere le sue stesse mani stringere intorno al proprio collo.

    Cosa cerchi? Potere? Posso darti potere, si... La voce le trasmetteva una spiacevole sensazione viscida che le fece accapponare la pelle, come se un serpente le stesse strisciando addosso. Avrai tutto il potere che desideri...devi solo darmi il controllo...

    La pressione sulla gola iniziò ad essere eccessiva. La vista le si annebbiò. Era impotente. Instintivamente cercò di attingere al chakra del demone, come ultima risorsa, ma non lo trovò. La familiare sensazione che la seguiva da due anni ormai, l'ingombrante presenza dell'Hachbi dentro di sè, era sparita, ma non potè trovare sollievo in ciò. vediamo...ah, ora capisco perchè sei così compatibile con questo demone....Perse coscienza dopo pochi, interminabili secondi.

    [...]


    Una sgradevole sensazione di bagnato la riportò all'apparente coscienza. Era stesa in una pozza appiccicaticcia, in una strada di Oto. Aprì lentamente gli occhi e la sua vista venne pervasa dalla luce rossastra che circondava tutto. Ci mise qualche secondo per riuscire a mettere bene a fuoco quello che aveva intorno. Era Oto, ma era...diversa. Gli edifici ai lati della strada erano crepati, gli infissi distrutti senza una chiara causa. Mise le mani a terra per alzarsi, toccando il liquido che pervadeva il terreno. In ginocchio, osservò le sue mani intrise di quell'addensamento appiccicoso, distinguendone ora la vera natura biologica. Era sangue. Tutto intorno a lei, tutta la strada, era ricoperta di sangue.

    Vedi? Non sei abbastanza forte. Non sai cosa è meglio per te. Non sai niente nemmeno delle tue origini.

    Si rimise in piedi a fatica. Si sentiva sfinita come se avesse corso tre maratone di fila. Voltò la testa per cercare di orientarsi e allora la notò. Verso il centro del villaggio, un'ombra più scura si addensava. Filoni di materia oscura si espandevano verso le estremità del villaggio. Cadaveri e scheletri erano addossati agli edifici.

    Lascia che ti mostri cosa ti accadrà se continui a ribellarti.

    Iniziò ad arrancare diretta al centro del villaggio. Ogni passo era un supplizio, ogni fibra del suo corpo era come prosciugata. Tutto intorno a lei, il villaggio sembrava in rovina e peggiorava avvicinandosi alla meta. Arrivata a metà strada, si accorse di essere ad un paio di incroci da casa sua, in perpendicolare alla sua direzione attuale. Un altro tipo di ansia iniziò a farsi strada dentro di lei.

    Liberati delle tue debolezze, non ne hai più bisogno. Continua drit-

    Ignorò la voce e voltò a destra, ansimando. La distruzione non aveva risparmiato nemmeno quella zona. Arrivò davanti alla propria abitazione. Con un groppo in gola, varcò la soglia dove non erano rimasti che pochi pezzi di legno che una volta componevano la porta. Tutto nell'appartamento era coperto da polvere mista a sangue, che avrebbe dovuto raggrumarsi ma sembrava rimasto in forma liquida in maniera indefinita.


    L'hai voluto tu.

    Le stanze sembravano tutte vuote. Cucina, soggiorno, bagno. Con un groppo in gola, si diresse verso le camere. La porta della sua camera era divelta, come se qualcuno l'avesse sfondata per entrare. I mobili erano completamente a soqquadro, ma per il resto la stanza era vuota. I battiti del cuore le salirono vertiginosamente, quando si voltò verso la porta della stanza di sua madre. Tremando, fece girare la maniglia per aprire. La luce rossastra penetrava dalla finestra, dando alla scena un'aria ancora più macabra di quanto già non fosse. Kamine si dovette fare coraggio con tutto quello che le era rimasto per voltare lo sguardo verso il letto. Aveva già visto i segni della colluttazione nella prima parte di stanza. E sul letto, vide quello che temeva più di ogni altra cosa.

    Un cadavere in avanzato stato di decomposizione era in posizione seduta contro la spalliera del letto. Le braccia larghe, tenute ferme da due wakizashi piantate contro il muro, come se fosse stato crocifisso. Anzi, crocifissa. Sul busto, svariate armi erano state infilzate per tutta la sua lunghezza, un macabro puntaspilli di strumenti di morte. Attorno al collo una catena nera. I biondi capelli di sua madre avevano iniziato in parte a cadere sul resto del corpo, ma erano ancora per la maggior parte incollati alla testa. Gli occhi color smeraldo fissi in avanti brillavano ancora come la ragazza ricordava.

    Si catapultò fuori dalla stanza, sbattendo contro il muro in lacrime e cadendo a terra. Un paio di secondi di disperazione prima che il suo stomaco decidesse di cedere e riversare il proprio contenuto a terra.

    Tossì furiosamente per poi cadere a terra in preda alle convulsioni.

    Vuoi il potere per impedire tutto questo? Lasciami fare...

    La voce continuò con quelle promesse. Sarebbe stato così semplice dire di si e far finire quell'incubo...

    Un raggio oscuro passò davanti alla finestra e la ragazza si ricordò cosa stava facendo prima della deviazione. Tremante, si costrinse a rialzarsi, appoggiandosi al muro. Era ormai ricoperta di sangue, vomito, lacrime e polvere.

    Uscì a fatica dalla costruzione in rovina, subito prima che questa crollasse con uno schianto enorme, ma Kamine non aveva ancora la forza per reagire, ormai si muoveva per inerzia.

    Avvicinandosi, il sangue sul terreno si faceva sempre più copioso e scuro, la rovina sempre più impietosa. Uno strano sottofondo iniziò a ronzare nelle orecchie della ragazza.

    Finalmente, a fatica, arrivò al centro del villaggio. Gli edifici erano stati rasi al suolo per far posto ad un enorme piazzale. E trovò la fonte del suono. Centinaia, forse migliaia di persone erano incatenate, molte in ginocchio, emettendo lamenti di dolore. Le catene nere attorno ai loro corpi sembravano muoversi come serpenti, stringendosi sulle loro carni. Il sangue che fuoriusciva dalle loro ferite veniva in parte assorbito dalle catene, lasciando cadere solo poche gocce alla volta a terra. Alcuni corpi erano tenuti sospesi in aria dalle catene, le quali si erano ammassate in gran quantità su di loro, ricoprendoli interamente.

    Lo sguardo di Kamine cercò l'origine di queste catene, mentre si avvicinava lentamente. Tutte sembravano ricondurre al centro del piazzale, che scendeva in pendenza formando una depressione circolare piena di sangue, letteralmente un lago rosso rubino. A fatica si fece largo in quella distesa di disperazione e sofferenza.

    A questo porta il volersi opporre a tutti i costi.

    Le catene si facevano sempre più fitte e il sangue più profondo. Ormai Kamine era sommersa fino alla vita nel rosso. E poi, la vide.

    Al centro di tutto, una colonna nera emergeva dal lago, dove le catene confluivano. Il colore rendeva impossibile capire se venissero dalla supeficie della colonna o dal suo interno, per quanto profondo era il nero. E, incatenata alla colonna, gli arti tagliati, una donna. Una specie di elmo metallico le copriva la parte superiore della testa, solo la bocca era visibile, tenuta forzatamente aperta con una specie di museruola che teneva ferma anche la lingua, con un uncino. Anche i seni le erano stati asportati, oltre a braccia e gambe. Ma non le servì molto per riconoscerla.

    Vedi cosa succederebbe? Una guerra civile. Fratelli che schiavizzano fratelli per usarli come armi.

    Il sigillo che appariva sulla pelle dello stomaco non lasciava dubbi. Era lei. Era Kamine, improgionata in quel modo orripilante alla colonna.

    E dopo la guerra civile, rimane solo un paese debole. Incapace di reagire ai propri nemici. Che hanno vita facile. E vi hanno trasformato nell'arma definitiva.

    Su uno dei pochi palazzi rimasti in piedi a ridosso della piazza, un gruppo di uomini dalla pelle scura controllava la situazione. Nessuno di loro sembrava aver notato l'arrivo di Kamine. Uno di loro fece un cenno con la mano e tutto il piazzale iniziò ad emettere un grido disumano, Kamine imprigionata compresa. Le catene e la colonna iniziarono a brillare, assorbendo nel processo anche tutto il sangue disperso nei dintorni. Dalla colonna iniziò ad alzarsi una sfera rosso rubino, simile a sangue ma più brillante del normale. Era sangue misto ad una immensa quantità di chakra.

    Lascia che ti aiuti ad ottenere il potere per mantenere la pace....o tutto il mondo sarà in pericolo

    ...no....non può succedere....lo impedirò...
    La gola le faceva ancora malissimo. La sfera iniziò a sollevarsi ed ingrandirsi. Era più grande del piazzale ormai.
    Non ne sei ancora in grado...lasciami fare...
    Il suo corpo si irrigidì di nuovo, era stata di nuovo paralizzata. La sfera aveva raggiunto dimensioni talmente gargantuesche da coprire tutto il cielo visibile.
    no...troverò il modo...io...

    Mi hai stancato.
    La sfera ricadde verso il suolo, oscurando la visione della ragazza. L'esplosione fu talmente brillante da farle bruciare gli occhi anche se li aveva istintivamente chiusi.

    La scena attorno a lei cambiò ancora, tornando in quella profonda oscurità iniziale dall'assordante silenzio, mentre Kamine era ancora ansimante, trattenuta ferma da quella forza invisibile che le bloccava dolorosamente il corpo.
    Sei inutile.

    Sentì quelle poche parole prima di una sensazione di dolore tremendo al centro del petto. Anche ora, poteva solo abbassare lo sguardo sullo spettacolo. Qualcuno dietro di lei le aveva appena trafitto il petto con un braccio. La mano che spuntava dalla ferita era più simile a quella di un essere demoniaco che a quella di un essere umano. Però...sembrava avere qualcosa di familiare. Troppo familiare.

    Dopo tutto questo tempo sei ancora qui ad avere paura e a piangerti addosso. La mano si ritrasse di scatto, causandole un altro dolore tremendo e facendola urlare. La ferita prese ad emettere violentemente sangue. Sentì a malapena dei passi accanto a sè, una figura si mise di fronte a lei. La ragazza rialzò lo sguardo.

    Quella di fronte a sè era....lei? Aveva davanti sè stessa, indubbiamente lei, ma diversa. Profondamente diversa. La pelle era di uno strano colore grigio bluastro. I capelli, più voluminosi, erano bianchi. E gli occhi....la sclera era di un nero senza fine, mentre la pupilla brillava, del colore dell'oro. Sgranò gli occhi, incapace di formulare un pensiero coerente di fronte a quella visione.

    Stupida ragazzina. Hai solo mirato fantasticando ai tuoi obiettivi e non ti sei mai accorta di quello che avevi attorno. Di quello che vedevi nei tuoi occhi, allo specchio. Eri troppo concentrata su altro.
    ...
    Cosa credevi di poter fare? Diventare Kage? Farti ascoltare da gente che potrebbe pulire il pavimento col tuo culo? Sei solo un'arma, un contenitore, uno strumento. Lascia che siano gli altri a dirti cos'è meglio fare.
    ...n...
    La verità è che non sei nessuno, troietta. Non sai da dove vieni e di certo non hai idea di dove andrai.

    No.
    Stai cercando di dire qualcosa? No, forse?
    NO!
    Uno scatto improvviso, il controllo del proprio corpo che tornava. Afferrò la gola della Kamine che aveva davanti.
    IO... Iniziò a stringere. L'oscura copia di fronte a sè sgranò gli occhi, proprio come faceva Kamine quando era sorpresa. La stretta di questa sulla gola della ragazza iniziò a poco a poco a scemare. Aveva ancora un filo di voce per lo strangolamento.
    Io sono Kamine Ashimi.
    Avvertì le forze tornare. Il sanguinamento della ferita al centro del petto si arrestò.
    Sono una kunoichi di Oto. Sono la Jinchuuriki dell'Hachibi.
    Stava vincendo la battaglia di forza con sè stessa. L'aria riprese a circolare nei polmoni della giovane. La voce più sicura.
    E nessuno, nemmeno me stessa, può pensare di soggiogarmi. Sarò io a tracciare la mia strada. Una promessa di potere facile non mi controllerà mai. CI controllerà .Sentì di nuovo il ruggito del demone dentro di sè, la ferita che si rimarginava. Riuscì a sopraffare l'altra, cadendo in avanti. Era a cavalcioni su di lei, le mani ancora intorno alla gola mentre l'altra aveva ormai mollato la presa.Mi credi così stupida da volere una guerra civile? Mi credi così egoista da non vedere i danni che potrei causare agli altri? Kamine abbassò il viso, arrivando a far sfiorare i nasi delle due. Mi credi così manipolabile da poterti prendere gioco di me?La pelle dell'altra stava cambiando colore, assumendo quello della Kamine originale, il colore rimasto in uno strano pattern che sembrava partire da dietro il collo della copia.Dovresti saperlo bene.Il tono era diventato mellifluo, un seducente filo di voce. Sono sempre io a condurre le danze. Mise le labbra sulle sue, in un bacio appassionato, mentre diede la stretta finale alla gola. Lo strano motivo era sparito dalla pelle, ormai normale, della copia ed era apparso su quella della Kamine originale, anche se questa non se ne potè accorgere.

    La copia trasse l'ultimo respiro ed iniziò a crollare su sè stessa, come se fosse sempre stata fatta di polvere. Kamine si alzò di scatto mentre intorno a lei l'oscurità iniziò a rompresi, crepata da inframezzi di luce accecante. E tutto si fece luminoso.

    [...]

    Fuori, durante la prova, il corpo di Kamine sarebbe rimasto in piedi, solo la testa si abbassò, facendole cadere i capelli davanti al viso, nascondendolo. Pochi secondi passarono, prima che la ragazza venisse avvolta dal chakra. Inizialmente, il chakra che la circondò fu viola per qualche secondo, per poi infiammarsi di un colore scuro, praticamente nero per alcuni secondi. Poi, il nero iniziò ad essere inframezzato da lampi di colore blu. La lotta tra i due colori durò qualche secondo e, infine, Kamine venne completamente avvolta da una patina di chakra color viola, come quello iniziale, solo alcuni riflessi erano blu notte. In tutto questo, il suo corpo rimase immobile, finchè l'emissione visibile di chakra non svanì.

    Un rivolo di sangue fioccò da un lato della bocca della giovane. Finalmente Kamine riprese a muoversi. Portò una mano alla bocca, pulendosi con il dorso. Il capo era ancora chino. Dopo che la manifestazione del Due Code si mosse, dalla bocca della ragazza iniziarono anche ad uscire delle parole.

    Nibi.
    La voce della ragazza aveva uno strano eco.Se proprio hai preso a cuore la mocciosa, dovresti iniziare a farla ragionare con la sua testa. Altrimenti rimarrà sempre solo e soltanto una mocciosa.

    Kamine Ashimi
    Chakra: 75/75
    Vitalità: 15.5/15.5
    En. Vitale: 30/30
    Statistiche Primarie
    Forza: 475
    Velocità: 525
    Resistenza: 475
    Riflessi: 525
    Statistiche Secondarie
    Concentrazione: 500
    Agilità: 500
    Intuito: 500
    Precisione: 500
    Slot Difesa
    1: ///
    2: ///
    3: ///
    Slot Azione
    1: ///
    2: ///
    3: ///
    Slot Tecnica
    1: ///
    2: ///
    Equipaggiamento
    • Kunai × 5
    • Shuriken × 5
    • Fukibari × 1
    • Wakizashi × 1
    • Mantello × 1
    • Guanti Rinforzati × 1
    • Corpetto in Cuoio × 1
    • Parabraccia in Cuoio × 1
    • Filo di Nylon [10m] × 1
    • Gambali in Cuoio × 1
    • Veleno Debilitante C1 (5 dosi) × 1
    Note
    La parte successiva all'emissione di chakra nel mondo esterno è, ovviamente, soggetta alla sopravvivenza di Kamine ma non volevo scrivere un'ipotetica palese XD
     
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    "Non piangere perché è finita, sorridi perché è accaduto.
    Ti sei elevato, sei in qualche modo evoluto.
    Oto ti ha dato potere ma il fardello è pesante...nulla ti appartiene più perché ora sei Maledetto.
    Il rotolo è la chiave, è così elementare, ma allora perché è così difficile aprirlo?
    A poco a poco i frammenti riaffiorano ma il conto alla rovescia è iniziato e sempre più impervia diventa la via."



    [Modificare i Ricordi -> Non conoscete più nulla di voi stessi, solo la base fornita da Eiatsu. Ogni round potete sbloccare 5 conoscenze in scheda o 1 ricordo vero.]

    ::: Bosco dei Sussurri :::

    Anf anf anf

    Il passo di Ashiro era difficile da tenere. Stavano inseguendo un ninja di Kumo, scoperto tra le fila dei guardiani del Suono e in alcun modo doveva varcar il confine, oltre il quale sarebbe stato salvo. Per Harumi era la sua prima missione, Aloysius finalmente aveva dato il consenso di renderla operativa e quella era una grande opportunità per lei...doveva farcela, a tutti i costi.

    " Forza Harumi! Sei lenta! "

    E in effetti così era; in pochi secondi il gigante buono le avrebbe dato 20 metri e più il tempo passava più il distacco aumentava lasciandola indietro. A nulla sarebbero valse le sue urla...li avrebbe persi e in men che non si dica non avrebbe saputo più dove andare. Il bastardo di muoveva tra i rami in maniera irregolare e l'intricata vegetazione del Bosco non aiutava...Poco dopo avrebbe capito che continuare a correre non sarebbe servito a nulla: era da sola e in uno dei luoghi più pericolosi di Oto, un covo di bestie feroci che negli anni avevano aiutato i sensei del Suono negli addestramenti alla morte dei loro allievi. Probabilmente avrebbe avuto paura e lo sconforto di aver fallito la sua prima missione avrebbe preso il sopravvento; in un attimo il giorno più bello da quando era diventata Jinkurichi si sarebbe tramutato in un incubo.

    1RGPIwt

    I rumori della foresta, di quella in particolare, erano snervanti e terribili...nell'oscurità più prrofonda anche se fuori era giorno. Si accorse di non ricordare nulla apparte il volto di Aloysius e capì di essere in confusione, indifesa e incapace persino di impugnare un kunai.
    Poi, come un segno del destino, video un corvo dal becco rosso, di quelli del Mikawa...era venuto a salvarla, doveva essere così. Quello prese il volo e lei avrebbe potuto seguirlo per ritrovare la strada di casa.

    ::: Mura, South Gate :::

    Murato vivo, ecco il destino del giovano rampollo degli Yotsuki. Tra gli enormi massi della cinta muraria nessuno avrebbe sentito le sue grida: come era finito lì? E soprattutto perché? L'ultimo ricordo utile lo vedeva nella torretta di controllo, ovviamente: stava analizzando dei dati dell'ultima ondata....la guerra stava costando molto al villaggio sia in termini economici che di uomini. 14 morti e una cinquantina di feriti tra civili e ninja, brutte notizie, ma lui era fermamente convinto che la via intrapresa era quella giusta! Erano sotto assedio da settimane ma erano due giorni che i Canthiani sembravano aver rallentato; probabilmente anche loro avevano accusato il colpo e perso molti uomini. Ricordò poi che un uomo si presentò difronte il gigantesco portone: era solo e di poche parole. Vide un ghigno terrificante sotto il cappuccio e poi fuoco e fiamme divampare ovunque. Aveva mirato ai secchi di olio bollente e in un secondo una tremenda reazione a catena si innescò sgretolando la roccia sotto i loro piedi.

    Ecco allora cosa era accaduto, era finito tra le rovine, sommerso da metri e metri di dura roccia; non sembrava aver subito danni seri ma non riusciva praticamente a muoversi...a breve l'aria sarebbe mancata e doveva trovare un modo per uscire di lì [soffochi in 3 round]. Il punto era che più si sforzava di ricordare più nessuna delle conoscenze ninja che o aveva reso famoso gli venivano alla mente; la stessa sensazione di avere un concetto sulla punta della lingua ma essere incapaci di pronunciarlo.

    C'era qualcosa di anche peggio, però, che gravava sul suo corpo; una specie di sensazione, di cattivo presentimento difficile da scrollarsi di dosso [Impronta di Sangue] e che gli annebbiava ancora di più la mente.

    " Oto è mia. "

    ::: Amministrazione :::

    Si sarebbe risvegliata di soppiatto, come quando si rinviene da un pisolino durante l'orario di lavoro. " Cazzo, spero non mi abbiano vista! " Questo sarebbe stato il primo pensiero che le sarebbe saltato in testa mentre sentiva un po di bavetta colarle dalla bocca...Era vestita elegante, come sempre quando andava in sede, e non fosse stato per lo sguattero delle fotocopie avrebbe avuto l'ufficio tutto per lei e avrebbe potuto dormire quanto più desiderava, levandosi le scarpe e sbottonando un po la camicetta che le stringeva un po troppo sul prosperoso petto [Conoscenza Chirurgica Estetica].

    YpJLILw

    Qualcuno bussò alla porta e avrebbe atteso il permesso di entrare per farlo; da chi? Ma ovviamente dall'Amministratrice Hebiko Dokujita che domande! Felicemente sposata, due pargoli di tre e cinque anni...Eiatsu le aveva persino fatto qualche ruga in più per farle prendere una decina di anni all'apparenza. Viveva in una villetta nel quartiere più ricco del villaggio ed era amata da tutti; da quando aveva salvato Oto, tre anni prima, dagli invasori del Nord erano state erette statue in suo onore ed era ormai prossima a fare l'ultimo passo per la scalata al successo:

    " Hebiko-sama ho qui la risposta del consiglio. Hanno accettato la sua richiesta di diventare Kage! Guardi, legga con i suoi occhi! Che bello, lo sapevo che era solo questione di tempo! "

    La missiva lo diceva a chiare lettere: lei sarebbe stata il nuovo Kokage.
    Gli uomini dei Garth avevano acchitato tutto nei minimi dettagli Gregari Tattici, ripulendo quel posto e imparando le parti a memoria. Lo stesso però poteva dirsi dello Yakushi?

    ::: Pozzo di Villa Mikawa :::

    "Mi chiedevo quando ti fossi svegliata...non ti ho fatto la completa apposta! Guarda qui! "

    Un tipo dalla pelle grigia, inquietante e evidentemente fuori di testa aveva in mano il suo braccio. Non sentiva dolore e aveva il collo bloccato da strette fasce che la ancoravano al lettino medico. Anche il suo busto era stato bloccato ma per gli arti non ce ne era stato bisogno...Erano stati rimossi tutti e quattro e, sebbene non provasse alcun tipo di dolore, Haru aveva altrettante ferite gravissime all'altezza di spalle e bacino [4 x Sanguinamento Grave]. L'unica spiegazione del perchè non stesse impazzendo dal dolore era che era stata sedata con qualche miracoloso medicinale.

    " Certo che tu sei proprio una strana creatura. Ti avranno ricucito almeno trenta volte visto il numero di cicatrici che hai addosso! Mai visto nulla del genere...Ma ora veniamo a noi. Mi hanno chiesto di creare il più cazzuto mostro che i bambini di Oto abbiano mai visto. Tu parti già da una bella altezza, quindi non dovrò segarti le ossa e aggiungere qualche centimetro. Avevo però pensato di metterti le gambe al posto delle braccia e viceversa! Che dici? "

    Quindi si alzò e evidentemente eccitato prese delle barre di metallo arrugginite e dei chiodi che aveva raccolto per l'occasione.

    " Pensavo di impiantartele un po in tutto il corpo, che escano per metà così fa ancora più effetto. Avevo pensato anche a qualcosa per inibirti alcune funzioni celebrali; ad esempio la capacità di trattenere gli stimoli viscerali....sarebbe divertentissimo se andassi in giro defecando e pisciando senza freno ahahahah "

    Non ricordava nulla se non la marea di esperimenti cui era stata costretta a sottoporsi.

    ::: Inferi di Oto :::

    cSy73gX

    Il posto era angusto e sudicio. Una cella, un branda e un secchio per i bisogni...era quello lo stile del secondo livello delle prigioni del villaggio. Aveva commesso un errore, lo sapeva, era stata beccata e a breve avrebbero iniziato a frugare nella sua testa per estorcerle informazioni. Cambiata nell'aspetto fisico [Conoscenza Chirurgica Estetica] la sua vera identità era forse al sicuro ma era dei strani trucchetti di quei bastardi che aveva paura. Non doveva parlare a nessun costo.

    " Era solo questione di tempo, feccia. Ora parlerai...oh si se parlerai. "

    Era legata con spesse catene, ancorata alle sbarre della cella dal collo alle caviglie. Una seconda figura uscì dall'ombra...aveva una fiaccola in mano e il suo volto era coperto:

    " Cosa mi avete fatto l'ultima volta che siete venuti?! Eh, parla puttana! PARLA! "

    La voce le ricordava qualcosa ma in quella situazione critica era difficile ricordarsi cosa. Poi l'otese avvicino il fuoco al volto della malcapitata e senza alcuno scrupolo iniziò a bruciarle la faccia [Ustioni Medie].

    " Certo che sei proprio brutta, forse anche i Cremisi ti hanno cacciata per quanto ribrezzo fai. Ma sappi che io sono più crudele di loro: avrò quell'informazione, ad ogni costo. Pinze! "

    L'uomo al suo fianco le passo l'arnese e senza dare nemmeno il tempo alla prigioniera di dire qualcosa le stacco l'unghia dell'alluce usando tutta la forza a sua disposizione [Ferita Media, Dolore Grave].

    " Sai che ti ucciderò comunque ma almeno se parli potrei risparmiarti un po di dolore. "

    ::: Quartiere dei Piaceri :::

    " E ALLORAAAA! E' con immenso piacere che chiamo in pista il patron della serata! L'uomo che ha reso possibile tutto questo! Signori e signore Munisai Kanashige!!!! "

    Avete presente il classifico figlio di papà, buono a nulla ma con talmente tanti soldi da poter fare qualsiasi cosa nella vita? Ecco, quello era Munisai. Quelle strafiche che ballavano sui cubi? Sue. Le bottiglie che venivano stappate senza mai fermarsi? Sue. Le pasticche che giravano per mezzo villaggio? Sue. Ovviamente anche quella discoteca era sua.
    Raramente scendeva in pista da ballo ma per qualche strana ragione si era fatto convincere quella sera, ne aveva già tre di dosi in circolo. Si muoveva in modo ridicolo ma nessuno osava dirglielo, lui in fondo lo sapeva ma poi si consolava con tutto ciò che aveva e dimenticava la falsità di quelli che era solito chiamare amici.

    In un primo momento nemmeno si accorse che la musica si fosse interrotta. La folla si era diradata e dieci sicari con le bende sul volto erano piombati su di lui armati di coltelli [10 x Pot 10, Energia Gialla]. Un colpo ciascuno dato senza grande importanza sul dove si stesse colpendo o il tempismo: non sembravano volevo morto ma gli avrebbero fatto male, molto male. Nessun grido di paura né tentativo di salvataggio da parte di coloro che fino a qualche istante prima gli sorridevano come compagni fidati. Anzi, un coro iniziò ad echeggiare nel locale, sempre più forte:

    " MORTE MORTE MORTE MORTE "

    ::: L'Arena del Suono :::

    Forse l'avversario peggiore toccò proprio all'ultimo degli arrivati. La sua memoria era stata lasciata intatta dall'eliminatore poiché in un certo qual senso si era dimostrato il migliore tra tutte le giovani leve di Oto. Non accettare il sigillo era sinonimo di grande maturità, una scelta cauta ma saggia...tipica di shinobi affermati o con una grande esperienza. Forse si trattava solo di paura, forse si stava cercando l'oro in dello sterco di vacca e proprio per questo il rivale che il giovane avrebbe dovuto affrontare non aveva le sembianze del suo alter ego bensì del Kokage stesso.

    Un uno contro uno, con Aloysius Diogenes Mikawa nell'area di Oto, il palcoscenico che aveva visto grandi combattimenti e prove all'ultimo sangue in un passato non così recente.

    " Hai paura? "

    Disse il Colosso guardo il ragazzino dritto negli occhi. Erano soli, tra di loro semplice terra battuta, gli spalti vuoti.

    90D4yyc

    " Ti concedo un colpo; da lì inizierà lo scontro alla morte. MA se vuoi puoi ancora andartene, non conosci nulla di Oto nè dei suoi segreti. Scappa in un altro villaggio o diventa un nukenin; è chiaro che questo posto non fa per te. Hai paura, lo vedo, lo sento...si, tu puzzi di paura! "

    ::: Un po' prima :::

    Per Shinken, il quale non si era sottoposto al sigillo maledetto, la sorte fu differente.

    " Non c'è nulla per te qui, ora. Ma il tuo clone è lì insieme agli altri e ti serviranno nuove motivazioni per batterlo. Vai alla villa, ala est; nella stanza dei trofei c'è un diario. Aprilo e trova la pagina giusta...hai un'ora di tempo, poi la tua opportunità passerà ad un altro. "

    Chiedere ulteriori spiegazioni non avrebbe trovato alcun riscontro; Aloysius si era già messo all'opera per i piccoli del suono e il Fedakin, dall'alto della sua esperienza, poteva benissimo percorrere la sua strada, quella nuova appena tracciata dal Mikawa per lui, da solo. La magione non distava poi molto ma se aveva appreso qualcosa in tutti quegli anni di conoscenza sul Garth era che con lui tutto era programmato e tempo per stare con le mani in mano non ve ne era.

    La sala delle reliquie non era un posto molto accogliente, metteva la stessa soggezione di quando si entra in un museo di guerra e la stessa aria che si respirava tra quelle mura era più pesante. Arazzi tinti con il sangue, armature, armi, antichi tomi sulle tattiche di guerra e molto altro era ivi custodito; Shinken stesso aveva lì ritrovato la Fremen Still Suite, la protezione del corpo speciale fondato da Sayaka. I due elementi evidentemente più importanti, tuttavia, erano collocati agli angoli più lontani della sala: il primo era un manichino spoglio con le sembianze del Dio Khorne; affianco vi era un tavolo con mappe del territorio della Rosa d'Acciaio e antiche rune Kenkichi sotto traduzione. Sembrava che Aloysius stesse cercando disperatamente qualcosa...
    Il secondo, invece, era un altarino in pietra nera sulla cui estremità era stato riposto un vecchio quaderno: il jonin lo aveva già visto in passato, era il diario di Yashimata, e aveva avuto modo di vederne il funzionamento. Serviva una pagina precisa e una combinazione univoca di pressione sui fori del leggio per attivare il meccanismo [I Segreti di un Covo]...peccato che al momento Shinken non conoscesse nessuna delle due cose!

    Le pagine erano ingiallite, la copertina consumata e la rilegatura fragile; oltre trecento pagine scritte ma solo poche erano quelle giuste per il dono che il Kage aveva riservato al suo ninja più esperto. Trovare qualcosa che si riferisse a lui non fu poi così complicato: 3 pagine erano le candidate (la 36, la 203 e la 157 ) ed rispettivamente custodivano le seguenti parole:

    " Villa Mikawa 18/07/30,
    Prometti di impegnarti fino al sacrificio estremo per la causa di Oto e per il mio progetto? Di mettere a mia disposizione le tue abilità da Jonin e da eliminatore? Di cambiare identità al fine di non far ricondurre ad una figura Otese il controllo dell'obitorio? Di sottostare ai miei voleri riguardo tutto ciò che interessi lo stesso? Di non parlare mai con nessuno, se non da me concesso, di quanto raccontatoci oggi e dei futuri movimenti? "

    " Pensieri sfusi 9/02/33,
    Jotaro è tornato, questa volta sotto le sembianze di uno shinobi di Suna che si fa chiamare Brando. La lunga attesa sta ripagando, il mio sogno può ancora realizzarsi...mancano ancor gli altri all'appello, Shinken è tra questi, ma se il Jaku ha trovato una cura forse anche per l'ultimo dei Fedaikin c'è speranza. Ah, ho ritrovato la sua armatura, era in uno dei laboratori di Sayaka e del primario folle...sarà contento di rivederla dopo tutto questo tempo. Sempre che torni..."

    " Tratto dal Saggio sui Mikawa di Loxion Mikawa,
    Troppe volte ho visto promesse infrante.
    Ma sembra che un modo per rompere il jutsu ci sia! Nel cuore della rosa d'Acciaio, loro sanno. Drake è partito alla ricerca della libertà e non so se lo rivedrò...volevo solo proteggerlo ma con il mio egoismo l'ho probabilmente ucciso. Come Shinken e Yashimata anche lui sembra avermi lasciato."

    p1DGzOH

    Vi erano 26 fori aperti e disposti uno di fila all'altro.

    Mancavano ancora Febh e Jotaro all'appello. Il falso figlio di Ayato si era sempre rivelato un ottimo alleato per lui e per Oto e un compito importante lo aspettava; rifiutando il dono del villaggio aveva mostrato ancora una volta grande sicurezza ma visto il futuro incerto che attendeva tutti loro forse avrebbe fatto meglio ad accettare quell'antico retaggio di Orochimaru.

    " Non sei ufficialmente un ninja del Suono e questo può esserci molto utile in questo momento. Ho bisogno che tu faccia una cosa per me; hai passato quasi un anno nella burocrazia accademica e so che ti sei fatto un nome tra quei politici panzuti...Devi organizzare una riunione tra i cinque Kage; scegli tu il posto migliore ma che si svolga a breve, i nostri nemici non ci concederanno molto tempo prima di riattaccare. Sia tu che Febh sapete benissimo quanto ci tenga a spazzare dalla faccia della terra Iwa ma il male che ci colpisce dall'est è qualcosa di ancora più preoccupante...nessuno meglio di te, Jotaro, può saperlo. Dovremo agire con forza e rapidità contro i Cremisi ma al tempo stesso prepararci per la guerra più brutale che avverrà; per vincere contro Cantha servono tutti i paesi accademici, quindi dovremmo riallacciare dei legami ormai praticamente logorati da anni. Servirà inoltre raccogliere tutto il materiale che abbiamo trovato su Shiro e il suo esercito: mappe dettagliate, studio dell'equipaggiamento, jutsu già mostrati in pubblico...negli anni l'accademia e i singoli villaggi hanno raccolto molte di queste informazioni, il tuo compito sarà raccoglierle tutte. Prendi inoltre la pergamena di Indra, studiala e trova un modo per estrarre altre informazioni...magari un legame che possa condurci alle altre. Spero tu abbia migliorato nel tempo trascorso dal nostro ultimo incontro il tuo legame con Lui. Mettiti subito all'opera, non c'è tempo da perdere. "

    Colui che era stato molti uomini avrebbe sentito tutto il peso di quel compito da parte del nuovo Kokage; per prepararsi alla battaglia contro l'Impero oltre il Mare di Giada serviva uno studio meticoloso e Aloysius aveva affidato quel compito delicato all'unico ninja in grado di adempierlo, almeno secondo lui. Quindi lo toccò sulla spalla, attivando un sigillo innocuo ma al tempo stesso molto utile [Simbolo di Richiamo]:

    " Mi servirai molto nelle settimane a venire, con questa traccia posso contattarti e i miei corvi sapranno dove trovarti. "

    Una volta rimasto solo con Febh, sarebbe arrivato anche il turno di quel ragazzo, il cui destino aveva da diverso tempo fatto passare notti in bianco al Colosso. L'ex amministratore era unico nel suo genere: fortissimo e al tempo stesso fragilissimo, un'uomo diviso in due o forse più nature altamente contrastanti tra di loro ma che lo Yakushi aveva saputo nel tempo bilanciare fino a diventare l'uomo che ora Diogene aveva difronte.

    " Sai bene la scelta di dare a me il controllo dove ci porterà...sono ancora deboli, troppo per quello che ci aspetta. I jinkurichi in primis; non possiamo scendere in battaglia fin quando non saranno capaci di badare a loro stessi. Tra poche ore una delegazione di Suna sarà qui...riguarda lo Yonbi. Dobbiamo toglierci subito tra i piedi questi cocciuti vicini di quartiere per concentrarci sul vero nemico e Omoi è da troppo tempo rinchiuso in un barattolo. So che non riuscirei a convincerti con le parole a consegnarmelo ma spero lo farai per quelle dei Sabbiosi e per il bene del tuo villaggio.
    Per ora però voglio che ti concentri sui nostri ninja: appena ho visto quei cloni ho capito dove volevi arrivare e sappi che approvo in pieno; la paura della morte è l'unico vero strumento che abbiamo per farli progredire in fretta. Ma nessuna scelta deve essere data loro, l'hanno già fatta facendo vincere il mio nome in questa "riunione", se così vogliamo chiamarla. Dovranno combattere per la vita: se prima hanno affrontato le loro paure ora dovranno affrontare la propria forza. I miei cloni ormai li avranno trasportati nei luoghi che ho pensato più idonei a loro e Eiatsu avrà già azzerato i loro ricordi per la seconda prova; prepara i tuoi cloni al meglio però...per quanto crudeli e bastardi ci crederanno, non lo saremo mai più di coloro che a breve dovranno affrontare ricorda. Magari un giorni ci ringrazieranno ma non è questo il giorno. Seguine quattro che ti stanno più a cuore, gli altri li supervisioni io...magari vai prima da Lei, i miei uomini ti daranno il copione. Dobbiamo capire se possono realmente giocare un ruolo importante nel futuro del villaggio. Ci rincontreremo qui tra due ore e non dimenticare di portare i cadaveri di chi non ce la farà. "


    Una ricetrasmittente e una mappa di Oto con sette grosse X sparse, ecco il dono che Aloysius fece al ninja più potente che avesse mai incontrato. Poteva non sembrarlo ma anche quella era una prova, probabilmente la peggiore che il Mikawa potesse dare a quello shinobi negato a gestire dei sottoposti. Ricevere ordini, seguire il piano e prendersi cura dei membri del team...l'abc che ogni buon capo delle squadre speciali doveva conoscere. A modo suo, Febh era stato il maestro di molte nuove leve del Suono ma questa volta era diverso, questa volta non c'era da improvvisare ma solo da attuare e di farlo con precisione chirurgica.

    " Ah Febh, davvero Hebiko è la figlia di Orochimaru? Sai cosa significa questo, vero? "

    jpLmpri

    Se ne andò così, senza nemmeno sentire la risposta.



    CITAZIONE
    OT/ Eccomi! Scusate per l'attesa, spero di aver accelerato con un post stimolante per voi, invece che le solite chiacchiere da riunione. Febh sentiti libero di andare da chi vuoi e di organizzare l'attacco dei cloni come meglio credi...l'ho impostata inizialmente come una mini quest di tortura/fuga ma può prendere qualsiasi deviazione ;) Ah se non si è capito siete senza alcun tipo di conoscenza su voi stessi, un foglio bianco, e piano piano qualcosa torna alla memoria. Non si tratta del Simbolo del Pensiero, in questo caso non sapete proprio un fico secco XD Apparte le ferite introdotte nel post, partite tutti full di chakra e vita.

    Shinken il tuo bottino è a portata di mano, devi solo capire come arrivarci! Info per la soluzione: il testo sottolineato non considerarlo.

    Ah, quasi dimenticavo:

    - Kato Yotsuki ottiene "Sigillo Maledetto del Fulmine"
    - Munisai Kanashige ottiene "Sigillo Maledetto del Sole"
    - Kamine Ashimi ottiene "Sigillo Maledetto del Cielo"
    - Haru Aikawa ottiene "Sigillo Maledetto della Terra"
    - Harumi Miyazaki ottiene "Sigillo Maledetto del Mare"
    - Hebiko Dokujita ottiene "Sigillo Maledetto della Luna"

    Have fun! /OT
     
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99 replies since 22/7/2018, 18:14   3400 views
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