La Più Grande delle MinacceIl Crollo di un'Era

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    Rivelare se stessi. L'atto di coraggio di Yukine


    Chapter VII - Villaggio del Suono




    Fu come svegliarsi da un lungo sogno.
    In un istante il Palazzo del Demone era scomparso e al suo posto aveva preso forma un ampio spiazzo di terra battuta, liscia come la pelle di un neonato e arida come la sabbia del deserto.
    Qualsiasi cosa fosse accaduta alla riunione, Yukine si trovava lì, lontano dal Palazzo e dal centro abitato di Oto.
    Cosa?!Esclamò, confuso.
    L'odore di terra e muffa investì le sue narici, aiutandolo a prendere coscienza della sua nuova posizione.
    Sotto il cielo plumbeo, coperto da nuvole cariche di pioggia, lo studente era stato catapultato all'interno di un antica arena da combattimento. Attorno a lui, gli spalti erano logori e vuoti, preda di muffe e insetti. Vi era un silenzio surreale, quasi angosciante, infranto solo dalle sferzate di vento che incanalandosi nelle strettoie generavano suoni simili a ululati.

    A qualche metro dal piccolo e gracile studente, vi era Aloysius Mikawa, nuovo Kage di Oto, uccisore del Nidaime, ex clone di Orochimaru.
    La differenza di corporatura e carisma era abissale. Se qualche pittore avesse dipinto i due individui su una tela, il titolo "Davide e Golia" sarebbe stato perfetto.
    Schiacciato dallo sguardo del Kage, lo studente rimase immobile, con le labbra ben cucite e gli occhi puntati sul coprifronte del ninja più forte del villaggio.
    La paura iniziò a gelare il sangue del ragazzino.
    Con la lingua serrata tra i suoi piccoli denti, lo studente cercò di riprendere il controllo della situazione ricordando a se stesso di non aver fatto o detto nulla di sbagliato.
    Rifiutare uno dei sigilli era stata una scelta saggia. Era l'ultimo degli studenti di Oto, senza alcuna abilità e potere.
    Il suo nome non compariva nemmeno nelle liste del villaggio. Come poteva pretendere un potere così immenso?
    CITAZIONE
    " Hai paura? "

    Una raffica di vento lo investì da destra, scompigliandogli le ciocche dei suoi capelli dorati.
    In preda a un ansia così intensa da paralizzarlo, egli deglutì almeno un bicchiere di saliva.
    Sì. Sussurrò, annuendo. Mentire al proprio Kage non era una buona idea.
    Non so perché sono qui. Aggiunse, guardandosi attorno. Al posto del Kage, doveva esserci la copia generata dalla macchina di Orochimaru.
    In risposta alle sue parole cariche di paura, Aloysius si slacciò la parte superiore dell'abito, rivelando al piccolo Yukine il suo possente petto pieno di cicatrici.

    CITAZIONE
    " Ti concedo un colpo; da lì inizierà lo scontro alla morte. MA se vuoi puoi ancora andartene, non conosci nulla di Oto nè dei suoi segreti. Scappa in un altro villaggio o diventa un nukenin; è chiaro che questo posto non fa per te. Hai paura, lo vedo, lo sento...si, tu puzzi di paura! "

    Una patina di sudore imperlarono la fronte e la schiena del futuro manipolatore. Con il cuore in procinto di uscirgli dal petto, lo studente indietreggiò di un metro.
    La paura aveva incatenato i suoi arti, per nulla al mondo doveva offuscare la sua mente, sopratutto in una situazione come quella.
    Come diceva suo padre, Jonin di lunga carriera, la prima arma di un ninja risiede nel cervello perché da esso derivano doti come l'astuzia, la strategia e il controllo.
    Uno shinobi non deve essere mai impulsivo. Ragiona sempre!Ricordava ancora la sua voce calda e affettuosa.

    La decisione spettava a lui e questo lo rassicurò. Doveva solo stilare una lista di pro e contro in tempi brevi e tirare le somme.
    Aveva zero possibilità di uscire vivo in uno scontro alla morte contro il proprio Kage, anche con il vantaggio che quest'ultimo aveva deciso di concedergli, ma qualora avesse rifiutato l'invito, il ragazzino avrebbe dovuto lasciare il proprio villaggio.
    Quale delle due alternative era la migliore? Assolutamente la seconda, ma Yukine non avrebbe mai accettato di lasciare per sempre il suo paese natio.
    Al solo pensiero di vivere come Nukenin, lo studente reagì formulando un semplice pensiero.
    Meglio morire.
    A Oto aveva un sogno da coronare: intraprendere il percorso di suo padre e diventare il miglior manipolatore di metallo del mondo. Con la morte del proprio babbo, quell'aspirazione era divenuta la propria ragione di vita.
    Forse era l'occasione buona per rivelare i suoi sogni al capo massimo di Oto e a ogni persona a cui voleva bene.
    La paura che aveva congelato i suoi muscoli si sciolse come neve al sole, rendendolo leggero come una piuma.
    Attraverso i suoi ricordi d'infanzia, costellati dagli insegnamenti dei suoi genitori, Yukine aveva capito che in cuor suo la morte era una valida alternativa a una vita vissuta senza poter coronare i propri sogni.
    In un futuro non molto lontano, il ragazzino avrebbe capito che conoscere se stessi è vitale per prendere le migliori decisioni nel minor tempo possibile.
    Ho avuto paura Aloysius-sama Non aveva dimenticato di trovarsi davanti al suo Kage. Eseguì un passo in avanti, abbassando il capo in segno di rispetto.
    ma la paura mi ha permesso di ponderare bene la mia decisione. Un ninja incapace di provare questa emozione è destinato a morire. In questo caso, si sarebbe lanciato all'attacco... Alzò lo sguardo, curioso di scrutare la reazione del suo capo.
    E avrebbe commesso l'errore di ferirla. Solo un pazzo, uno stupido, penserebbe di avere un vantaggio nel ferire un Mikawa. Le ore trascorse a studiare non erano state inutili. Trascorreva le giornate a considerarsi un ninja come tanti, forse più debole dei suoi coetanei, ma in realtà era uno dei migliori. Il suo talento si mostrava solo se messo alle strette.
    Non ho alcuna possibilità di vittoria. Rifiuto il combattimento. La sua voce tremò per un secondo. Ciò che aveva in mente era un atto di puro coraggio.
    E con rispetto, rifiuto di andarmene da Oto da vivo. Allargò le braccia.
    Il messaggio che Yukine aveva lanciato al proprio Kage era chiaro: se lo voleva fuori dal Suono, doveva ucciderlo in quell'arena.
    Non sono pigro. Come tutti gli altri ninja del Suono, ho il mio sogno: diventare il più forte manipolatore di metallo del mondo.
    E solo a Oto voglio coronarlo. Affianco ai miei amici e cari.
    Si sfogò, con gli occhi colmi di lacrime.
    Proprio in quel momento, in cui la sua vita era appesa a un filo, Yukine capì quanto quel villaggio che non aveva mai vissuto appieno fosse importante per lui.







    Chakra: 10/10
    Vitalità: 8/8
    En. Vitale: 28/30
    Statistiche Primarie
    Forza: 100
    Velocità:  100
    Resistenza: 100
    Riflessi: 100
    Statistiche Secondarie
    Concentrazione: 100
    Agilità: 100
    Intuito: 100
    Precisione: 100
    Slot Difesa
    1: ///
    2: ///
    3: ///
    Slot Azione
    1: ///
    2: ///
    3: ///
    Slot Tecnica
    1: ///
    2: ///
    Equipaggiamento
    • Bende Rinforzate × 2
    • Rivestimento Mimetico × 1
    • Tonico Coagulante Inferiore × 1
    • Lama Interna × 1
    • Kunai × 5
    • Tonico di Ripristino Inferiore × 1

    Note
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    La vetta


    VII



    Hebiko si svegliò all'improvviso, spalancando gli occhi. Cercò di rimettersi dritta sulla schiena con naturalezza, schiarendosi la voce e ripulendosi il rigolo di bava con un leggero gesto del pollice. Prese un paio di fogli dal lato della scrivania, rimettendoli in ordine picchiettandoli in verticale su di essa. Si sentiva abbastanza stordita, e a giudicare dalla calma che regnava nell'ufficio quella giornata doveva essere piuttosto scarsa di impegni. Schioccò le dita in direzione dell'impiegato intento a fotocopiare dei documenti, borbottando con voce rinvigorita:

    Ey, tu. Fammi un favore, riassumimi gli appuntamenti di oggi. E mentre ci sei fammi pure un caffè, sii gentile.

    Si massaggiò le tempie, leggermente infastidita da quello che doveva essere un pisolino non previsto. Chissà cosa diavolo era successo il giorno prima per stordirla in quella maniera. Mentre ascoltava il suo dipendente si accorse di quanto la camicia premesse sul suo petto, inspirando profondamente e sbuffando, domandandosi come quei minuscoli bottoni fossero in grado di restare al loro posto. Lei non poteva certo saperlo, ma gli sguatteri del Mikawa non si erano premuniti di trovarle una camicia su misura, e vista l'incredibile organizzazione di tutta la faccenda il loro era forse stato un gesto sadico (o pervertito) nei confronti della Vipera.

    Ma perchè mi ostino ad indossare roba stretta se poi so che non mi sta!? Che fastidio!!

    Mentre armeggiava nel tentativo di mettersi comoda, qualcuno bussò alla porta. Sussultò, quasi fosse stata presa alla sprovvista, riprendendosi con un piccolo colpo di tosse.

    Avanti. Sentenziò, sedendosi composta sulla sua sedia in pelle. Uno degli impiegati entrò dopo il suo comando mostrandosi piuttosto entusiasta, porgendole una lettera firmata dal consiglio stesso. La rossa la lesse sorridendo, influenzata dalle emozioni mostrate dal suo sottoposto... ma quel sorriso si tramutò ben presto in confusione. Non appena si rese conto dell'effettivo contenuto di quella lettera, fu come se fosse stata colpita da un fulmine.





    U-un momento... Kage?? Io???



    Rilesse più volte la lettera alzandosi dalla sedia, iniziando a sudare freddo. Nessun errore. Il suo nome, la sua nomina, le firme dei consiglieri, il timbro ufficiale. Era tutto al suo posto. Eppure dalla sua espressione non sembrava entusiasta della cosa, piuttosto ne era spaventata. Non era sicura del motivo, era una sensazione, ma qualcosa le diceva che lei non voleva che le cose andassero in quella maniera. Ma perchè non dovevano? Dopo tutto quello che aveva fatto per il villaggio c'era da aspettarselo, ormai la gente la trattava come fosse Kokage da sempre, quel foglio di carta era solamente la conferma che tutti aspettavano, una logica conseguenza delle sue azioni. Eppure, quella sensazione di inadeguatezza persisteva. La sensazione che le cose non fossero effettivamente al loro posto, che quello non era davvero quello che voleva. Esporsi così, con un titolo del genere... No, non era tipa da dare nell'occhio a quel modo. Quando si è in cima non ci si può nascondere nell'ombra di nessuno, e tutti, alleati e nemici, sono in grado di vederti chiaramente. Il suo silenzio venne spezzato da un mugolìo, mentre gli occhi saettavano tra l'impiegato delle fotocopie e il postino improvvisato.

    ...Fate venire qui lo Yakushi. Subito.

    Fece chiamare il suo sottoposto più fidato. Aveva bisogno di un consulto, solo loro due. Lo avrebbe atteso impaziente, camminando avanti e indietro per la stanza, con le braccia strette sul petto e una mano sulla bocca, rimuginando confusa sulla sua situazione. Era forse il classico esempio di qualcuno che puntava alla vetta da tutta una vita ed una volta realizzato il suo sogno invece di esserne felice si era resa conto di aver perso tempo lì, piuttosto di passarlo con la sua famiglia? Scosse la testa. Non poteva essere quello il motivo. Una presenza nella sua mente rise di gusto, comodamente seduta su un trono ben decorato.

    Vederti brancolare nel buio mi mette sempre allegria.
    Ma taci, tu. Borbottò, infastidita. Non sembrava violenta come avrebbe dovuto nei suoi confronti, anzi. Era sì egoisticamente concentrata sui propri pensieri, ma allo stesso tempo non si preoccupava della figura alle sue spalle. Figura che, possedendo una mente propria non collegata con quella di Hebiko, era riuscita ad evitare il genjutsu imposto da Eiatsu, aggiungendo un piccolo, semplice dettaglio per potersi godere la scena dalle retrovie: lui e la Vipera erano simbionti. Lei perciò non doveva preoccuparsi della sua presenza, e lui poteva commentare tranquillamente, consapevole di poter riprendere il controllo di quel corpo in qualsiasi momento, avendo la coscienza della ragazza ancora segretamente incatenata, pronto a trascinarla nel subconscio non appena si fosse mostrata instabile. E allora perchè lasciarle il controllo, dopo tutto quel tempo intrappolato? Molto semplicemente, il suo era un piano per graziarsi il Mikawa. Paziente come la Serpe sapeva essere, gli stava permettendo di divertirsi con i suoi giochetti, lasciando che torturasse Hebiko come preferisse, così da ottenerne delle reazioni senza che lo Yakushi sospettasse della sua presenza, soprattutto dopo l'acquisizione del sigillo. Guadagnata la fiducia di entrambi sarebbe finalmente potuto entrare in scena, lavorandosi il Colosso di sangue per bene, aspettando il momento giusto per vendicarsi della sua morte e riprendersi il titolo di Kokage che meritava. Era incuriosito dalla sua prova, immaginando che il suo proclamare Hebiko capo del villaggio fosse un tentativo di farlo uscire allo scoperto. Avrebbe dovuto sforzarsi più di così. Nonostante fosse solamente un frammento, restava pur sempre Orochimaru.

    Non sei contenta? Finalmente hai ereditato il posto che tanto desideravamo. E l'hai ottenuto con le tue forze! Faceva il gioco di Diogene, per puro divertimento. Ed un leggero tocco di sadismo.
    IO non... non lo so. Dovrei? Ho fatto di tutto per arrivare fin qui, ma non... non è quello che volevo. Credo??

    All'arrivo dello Yakushi lo avrebbe trascinato nell'ufficio tirandolo per la maglia, chiedendo a chiunque fosse presente di uscire, chiudendosi poi la porta alle spalle. Con fare sconvolto, porse la lettera al suo più fedele sottoposto.

    Mi aiuti a capire?

    Sembrava una domanda trabocchetto (o la domanda di un analfabeta). Gli avrebbe dato a malapena il tempo di balbettare una risposta rapida, prima di riprendere il discorso. Ripensare allo Yakushi le aveva fatto tornare in mente un particolare episodio che non le permetteva di fare del tutto chiarezza sulla situazione, ma allo stesso tempo apriva mille dubbi.

    Kokage. Kokage!! Perchè sono Kokage adesso!? Non... Era stata una tua idea, no?? Dovevo diventarlo per evitare che il Mikawa prendesse troppo potere! Ma dicevi che non ero pronta, che dovevamo trovare un'altra soluzione... Che cosa avevamo deciso alla fine?? Io avrei voluto te su questa sedia, maledizione. Se solo non fossi così ostinato. Era ironico come lo stesse criticando per una rinuncia che anche lei sembrava volere. Si massaggiò nuovamente la fronteHo mal di testa. E faccio fatica a respirare dentro questa stupida camicia. E non capisco cosa mi succede. Voglio dire... questo è il sogno di una vita. O almeno credo? Non mi sarei mai impegnata a tal punto se non mi interessava...

    Sperava che lo Yakushi sapesse rispondere ai suoi dubbi. Dopotutto lavoravano fianco a fianco da una vita, era più che sicura che se qualcuno avesse potuto aiutarla quel qualcuno era lui.
     
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    Psycho Circus


    La Più Grande delle Minacce • Capitolo VI

    Una luce sfolgorante investì i due Munisai, il bambino e l'adulto, abbagliandoli e avvolgendoli completamente come una calda coperta.
    Poi, fu l'oblio. Quella orribile esperienza appena vissuta e tutto ciò che era stato nella vita del ragazzo svanirono nel nulla, cancellati dalla memoria.
    Almeno per il momento.


    ——— ♦ ———




    Il vecchio Kanashige non era certo un uomo dai natali illustri. Non era un nobile né veniva da una famiglia facoltosa, tuttavia uno spiccato spirito imprenditoriale, uno scarsa stima per le regole e una buona dose di fortuna avevano fatto di lui uno degli individui più ricchi e potenti del Paese delle Risaie. Oltre ad essere un magnate dell'edilizia, era anche uno degli elementi di punta di un'organizzazione che controllava il traffico di droga dell'area, uno dei più fiorenti di tutto il Continente. Un vero pilastro della società e dell'economia otese, che come noto non erano tra le più specchiate.
    Purtroppo gestire gli affari e accumulare risorse era l'unica cosa in cui realmente eccellesse, mentre occuparsi di una famiglia non era mai stato il suo forte. Oltre ad aver inanellato ben due divorzi, aveva commesso l'errore che molti genitori ricchi da far schifo commettevano con la propria prole: viziarla.
    Nel caso specifico Munisai, unico figlio dell'imprenditore, era cresciuto nello sfarzo più sfrenato, coccolato e accontentato in ogni maniera possibile. Gli era sempre bastato chiedere per soddisfare qualsiasi capriccio. E così, ormai alla soglia dei ventun anni, il giovane era venuto su come un ragazzone smargiasso, piuttosto borioso, ma sostanzialmente inetto in qualsiasi cosa contasse davvero.
    Non aveva mai lavorato un giorno della sua vita, era costantemente attorniato da gente al suo soldo che si occupava di lui in ogni modo, dalla servitù che lavorava nella sua sontuosa magione alle guardie del corpo che lo accompagnavano ovunque andasse. Diamine, persino la gente che frequentava, i suoi amici, a ben vedere gli ronzavano intorno soprattutto per i suoi quattrini. Non sapeva cosa fosse la fatica, o la dedizione, o privarsi di qualcosa. Era un miracolo che sapesse come ci si allacciava le scarpe.
    Ora, cosa fa una persona con mezzi economici quasi illimitati? Si diverte, ovvio!
    Li brucia in donne, alcool e droga,e ci mancherebbe anche! E di tutti i luoghi in cui il rosso amava indugiare nei propri vizi, sicuramente lo Psycho Circus era uno dei suoi preferiti.
    Ovviamente i beni che possedeva grazie alla grana di papino non si contavano, tra mobili e immobili, ma spesso e volentieri lo si poteva trovare a bazzicare con i suoi compagni proprio nella discoteca di sua proprietà.
    Fu così anche quella notte.



    Dj Hadoweru stava dando il meglio di sé mentre una calca amorfa ballava e si dimenava sulla pista da ballo.
    Ai margini di questa, eccolo lì Munisai che a ogni passo si beccava i saluti e i complimenti di due o tre persone, e nel mentre si faceva largo tra la folla, non che gli riuscisse particolarmente difficile data la statura importante e l'abbigliamento che, anche in un ambiente scarsamente illuminato come quello, l'avrebbero reso riconoscibile dal capo opposto della sala.
    Una camicia bianca con dei motivi fiammeggianti lungo le spalle, tenuta sbottonata rigorosamente fino a metà addome, lasciando il busto muscoloso in bella mostra, dei pantaloni arancione chiaro lunghi fino a metà polpaccio e ai piedi dei mocassini dalla punta stretta e all'insù in pelle laccata. Appoggiati sul naso degli occhiali da sole a mezzaluna dalle lenti viola che, diciamocelo, in una discoteca ma in generale in un contesto civilizzato non avrebbero mai dovuto trovare posto (che fine avevano fatto i fidi occhialoni da lavoro?).
    Ma la cosa più spettacolare era la pelliccia rosa che portava sopra, una vera gioia per gli occhi. Oddio, forse la parola pelliccia non è corretta, ma ci siamo capiti insomma. Invece che di pelo d'animale era costituita interamente da piume di fenicottero, e a giudicare da quanto gonfia e maestosa fosse era evidente che qualche bracconiere si fosse divertito a farne fuori un intero stormo per procurare il materiale per confezionarla.


    Incrociò la strada di una attraente cameriera che girava il locale con un vassoio pieno di bicchieri.
    A Munisai bastò una mano per inforcare al volo tre flute colmi del migliore vino spumante in circolazione, con l'altra diede una sonora pacca sul sedere alla suddetta cameriera, che ridacchiò apparentemente imbarazzata mentre quello che effettivamente era il suo datore di lavoro la superava con un sorrisetto allusivo stampato in faccia.
    Continuò a guadare la marea di gente fino a raggiungere un gruppetto di ragazzi. Quello poteva considerarsi il centro nevralgico dello Psycho Circus, ovvero in punto in cui si riuniva il piccolo boss e la sua banda.
    Al centro di quel capannello, infatti, vi era un ampio e comodo sofà in pelle rossa dove sedevano tutte acchittate le due fregne più grandi che potreste mai avere la fortuna di incontrare. L'anfitrione porse loro i bicchieri col pregiato fermentato in un raro e tutt'altro che disinteressato gesto di galanteria, prima di accomodarsi giusto in mezzo alle due, sorseggiando la propria bevanda per poi poggiare i piedi sul tavolino davanti a sé e gettare il braccio attorno al collo di ciascuna ragazza.
    Cazzo, quella sì che era vita.

    Importante precisazione, quelle due erano le sue fidanzate. Lo sarebbero state ancora un tre giorni, poi sotto a chi tocca.
    Lui era fatto così. Si annoiava, quindi gli piaceva cambiare regolarmente. Non a caso si era già bombato almeno una volta un buon 80% delle ragazze presenti in discoteca quella notte.
    Una delle poche lezioni che il vecchio Kanashige era riuscito a tramandare al suo rampollo, soprattutto in virtù delle esperienze matrimoniali, era che fosse di gran lunga meglio fare regali costosi e mirati per ottenere le "attenzioni" del gentil sesso ogni volta che ne sentiva il bisogno, piuttosto che mettere l'anello al dito ad una singola donna e farsi spennare a vita. Gli sembrava ancora di sentirlo metterlo in guardia.
    "La donna che non paghi non sai mai quanto ti costa!"

    Comunque fu mentre il rosso parlottava con i propri compari, o meglio urlava, per sovrastare il frastuono della musica, che il dj lo convocò sulla pista da ballo.
    Non rompermi i coglioni Hadoweru, non vedi che sto cercando di rilassarmi qui? tuonò il boss, tuttavia dal suo tono si capiva benissimo che l'idea non gli dispiacesse affatto quella sera.
    Voleva solo farsi pregare un po', e infatti subito partì un coro d'incoraggiamento da tutti i presenti. Dopo qualche momento di finta titubanza, infine cedette.
    E va bene, va bene! esclamò misericordioso.
    Si voltò verso la gnocca alla sua destra baciandola con passione.
    Poi si girò verso quella a sinistra.
    Rifletté un attimo, quindi limonò duro anche con lei.
    Non sia mai che si offendesse. Ci vuole tatto nella vita.

    Guadagnò quindi il centro della dance floor con un balzo felino.
    Si sentiva gasato, euforico. Probabilmente era un po' fatto per via delle pasticche che ricordava di aver preso, che poi non fosse vero erano dettagli. L'autosuggestione è uno strumento assai potente.

    E poi niente, cominciò lo spettacolo.
    Il rosso sapeva bene che molti dei suoi amici pensavano che a ballare fosse una sega, anche se non avevano le palle di dirglielo in faccia, non era mica scemo. Ma cosa poteva mai capirne quella accozzaglia di plebei leccapiedi?
    Nulla, ecco cosa.
    La tecnica e la musicalità dei suoi movimenti era a dir poco impeccabile, vi dico, e sapete che non sarei mai parziale. Una autentica gioia per gli occhi, specialmente per le fanciulle.
    Quale fluidità, e quale squisita finezza in quei sensuali movimenti pelvici.
    E poi hop con quel calcetto che fa tanto adorabile canaglia.
    Ve l'ho detto, era un fenomeno.
    Peccato che proprio sul più bello, con la folla in visibilio e le femmine in procinto di strapparsi le vesti di dosso alla vista di quell'irresistibile lavoro di anche, o almeno credo, la musica si fermò di colpo.
    E anche il rumoreggiare dei presenti, i quali si ritrassero lasciando il padrone di casa da solo in mezzo allo stage.
    Che diavolo succede? Chi ha detto di fermare la musica? si lamentò subito, guardandosi intorno in cerca di risposte.

    Dieci figure completamente irriconoscibili a causa delle bende avvolte attorno alla testa e armate di coltello si fecero largo tra la folla, e nessuno parve sorpreso o allarmato nel vederle.
    Nessuno a parte Munisai.
    Ah. Ahahah rise a fatica, ma il suo nervosismo era palpabile.
    Bello scherzo del cazzo, me l'avete quasi fatta.
    Kensuke? Noboru?

    Passò lo sguardo su ciascuno dei propri amici, o presunti tali, speranzoso che le sue parole trovassero conferma nei loro volti sorridenti. Ma non fu così. Le loro espressioni erano diventate fredde, impassibili. Come anche quelle di tutti gli altri.
    Quando vide che gli intrusi continuavano ad avanzare circondandolo e che anche le sue fide guardie del corpo restavano immobili invece di intervenire per salvarlo, il rosso cominciò davvero a sudare freddo.
    Era tutto vero, dunque? Il poveraccio fece appello a tutto il sangue freddo di cui disponeva prima di parlare.
    Non tutto era perduto. In base ai suoi due decenni di vita, non esistevano problemi che il denaro non potesse risolvere, o persone che non si potessero comprare.
    Allargò le braccia, in segno di amicizia e di resa, facendo del suo meglio per non far tremare la voce.
    Signori, parliamone, sì?
    Chiunque vi abbia mandato, qualsiasi cifra vi abbiano promesso, io vi pagherò il doppio. Anzi, il triplo!

    Il tono era quasi implorante.
    Saprete chi è mio pad--
    In realtà se ne fregavano di soldi e di padri, o presunti tali. Mentre stava parlando e senza troppi complimenti gli arrivò la prima coltellata, alle spalle, poco sotto la scapola destra.
    URGH!
    Il dolore fu tremendo, sia quando la lama entrò che quando uscì dalle carni del ragazzo, il quale, ovviamente, non aveva memoria di esser stato mai infilzato in passato, anzi.
    In un attimo anche gli altri assalitori lo raggiunsero e il rosso, in cuor suo, capì di essere spacciato.
    A quanto pare non avrebbe mai visto quei ventuno anni ormai così vicini.
    Stranamente non strillò, non implorò, né pianse. Non tentò di scappare o altro, sapeva che gli sarebbe stato impossibile. Istintivamente si raccolse portando le braccia a copertura di busto e testa, poi attese. Attese che tutto finisse, pregando per una morte il più rapida possibile.
    Ma ciò che accadde invece fu qualcosa di assolutamente inspiegabile.

    Il cervello del giovane andò completamente a nero. Ogni pensiero, idea o concezione della realtà svanito, mentre qualcos'altro prendeva il sopravvento.
    Era solo un corpo in mezzo a uno spazio finito. C'era solo la sua pelle, la sua forma, i suoi occhi, che si schiusero sull'ambiente circostante come fosse la prima volta e individuarono, tra i cori infami e nel trionfo di luci stroboscopiche, quelli che minacciavano la sua stessa esistenza.
    La mente poteva ignorarlo, al momento, ma Munisai si era trovato in situazioni del genere più e più volte. Si era allenato per affrontarle e uscirne trionfatore.
    I suoi muscoli, da soli, sapevano cosa fare. Vi era un unico imperativo.

    Sopravvivere.




    TU-TUM



    Gli occhi videro. E il corpo reagì.
    Una lama tentò di affondare nel pettorale destro del rosso, ma questi portò subito il braccio destro davanti a sé, il palmo rivolto in alto, facendo scivolare a contatto gli avambracci suo e dell'attaccante, accompagnando il movimento offensivo fuori traiettoria. [SD1]Rif e Res: 200
    Quasi in contemporanea un altro affondo arrivò altrove, stavolta diretto alla spalla sinistra. Ancora una volta il braccio, quello mancino stavolta, andò ad intercettare il colpo, bloccando quello avversario con il taglio esterno dell'avambraccio. [SD2]Rif e Res: 200
    La situazione era comunque disperata e l'otese era sovrastato numericamente. Da uno dei molti punti ciechi, dietro di lui, arrivò una pugnalata nella parte più esterna del trapezio, poco prima della spalla sinistra, ma a parte stringere i denti non ci fece troppo caso, nemmeno si voltò perché un ben più pericoloso attacco stava arrivando frontalmente. Due individui distinti cercarono di portare un affondo in contemporanea, entrambi mirando al viso. Senza esitazione Munisai si piegò sulle ginocchia, accovacciandosi e mandando a vuoto le due lame. [SD3]Impasto: Bassissimo
    Rif: 225

    Contestualmente al movimento discendente, fece scattare le braccia verso il basso, liberandosi in modo rapido e pulito dell'ingombrante soprabito piumato.
    Mentre si rimetteva all'impiedi, una nuova pugnalata calava sulla sua testa, o sul petto, a seconda di quanto velocemente le sue gambe si sarebbero raddrizzate. Ma non sarebbe stato necessario scoprirlo, poiché per quando ebbe guadagnato nuovamente tutta la sua statura, gli avambracci disposti a croce sopra la testa avevano intercettato il polso del sicario. [SD4]Rif e Res: 200
    Uno dei suoi complici non si fece scappare l'occasione offerta da quella guardia così alta e rapido andò a trafiggere il fianco sinistro dell'obiettivo.
    Non faceva male quanto avrebbe dovuto, probabilmente il rosso era ancora preda di quella sorta di trance. Riuscì persino ad intravedere con la coda dell'occhio un altro attacco diretto alla sua schiena, voltandosi di scatto e parando braccio contro braccio giusto in tempo. [SD5]Impasto: Bassissimo
    Rif: 225

    Peccato che rivolgere l'attenzione altrove spianò la strada alla coltellata successiva, che andò a segno penetrando nel bicipite destro.
    Noncurante dell'ennesima ferita sofferta, Munisai scattò verso il nemico più distante da lui e quindi dall'epicentro dell'aggressione. Quando fu a distanza da mischia, gli sferrò un rapido pugno verticale con la destra cercando di percuotere trachea e laringe. [SA1]Impasto: 1/2 Basso
    Vel: 250

    Un attacco non potente ma portato in una zona particolarmente sensibile che, se andato a buon fine, si sarebbe fatto sentire parecchio. Il bersaglio avrebbe persino potuto perdere la presa sulla propria arma, e se così fosse stato il rosso l'avrebbe prontamente raccolta, ma a prescindere da ciò, dopo l'attacco, egli si sarebbe voltato fronteggiando nuovamente i suoi aguzzini, che a quel punto, e almeno per il momento, non gli sarebbero più stati intorno ma solo davanti.

    Il rush di adrenalina non si fermò ma calò sensibilmente.
    Il fiato corto, i danni accumulati che finalmente si facevano sentire. La testa che riacquisiva lucidità e, con essa, il più profondo turbamento.
    Nessuno degli astanti, infatti, avrebbe avuto un'espressione più shoccata e sbalordita di lui dipinta sul volto.
    Che...che cazzo è successo?!
    I cori inneggianti alla sua morte erano a quel punto divenuti un mero rumore di sottofondo.
    Si guardò le mani con occhi sgranati.
    Cosa diavolo era appena successo?

    Il giovane aveva sentito parlare di reazione fight or flight e di come, sotto pressione e con l'adrenalina a mille, il fisico riuscisse a compiere prodezze normalmente impensabili. Ma quello che si era appena consumato era ben diverso, una specie di miracolo.
    Malgrado il fisico possente, del quale si era senza dubbio preso cura ma solo per vanità e per fare colpo sulle donne, il ragazzo non avrebbe mai saputo come usarlo per badare a se stesso. Lui era vissuto nella bambagia, c'era sempre stato qualcuno a vegliare su di lui. Figuriamoci se si era mai trovato coinvolto anche in una semplice rissa, impensabile. Ma soprattutto, che attrattiva poteva avere imparare a combattere per qualcuno circondato costantemente da guardie del colpo e sgherri assortiti, tutti profumatamente pagati non solo per proteggerlo ma anche per pestare chiunque non gli andasse a genio?
    Munisai, grande e grosso com'era, sarebbe stato praticamente indifeso in una qualsivoglia situazione di pericolo.
    Quindi, come si spiegava quanto era avvenuto?
    Un gesto disperato non poteva giustificarlo neanche lontanamente. Le sue azioni erano state troppo mirate, sicure, tecnicamente solide e strategicamente sensate. Quella roba non si poteva improvvisare, ci sarebbero voluti anni di esperienza marziale e di allenamenti.
    Ma il rosso non ricordava nulla del genere.
    Perché non riusciva a ricordarlo?
    Più ci pensava e più la cosa non quadrava per niente. Non poteva essersi dimenticato di una cosa così importante, che diamine!
    Era come se qualcosa...qualcuno...
    Si portò una mano alla testa mentre un intenso dolore lo assaliva, trapanandogli il cranio. Fortunatamente durò solo pochi istanti.

    [Nota]Munisai sblocca 5 conoscenze (2 T.Base e 3 T.Avanzate)
    - Tecnica della Trasformazione
    - Rilascio
    - Percezione Falsata
    - Tecnica delle Corde
    - Note del Dolore: Do! Re!


    Cosa diavolo sta succedendo? Cosa...chi..?
    Il respiro irregolare.
    Chi sono io? esalò infine, in un sussurro appena udibile.





    Chakra: 19/20
    Vitalità: 6/10
    En. Vitale: 26/30- Leggera alla schiena
    - Leggera alla schiena
    - Leggera al fianco sx
    - Leggera al bicipite dx
    Statistiche Primarie
    Forza: 200
    Velocità: 200
    Resistenza: 200
    Riflessi: 200
    Statistiche Secondarie
    Concentrazione: 200
    Agilità: 200
    Intuito: 200
    Precisione: 200
    Slot Difesa
    1: Parata
    2: Parata
    3: Schivata
    4: Parata
    5: Parata
    Slot Azione
    1: Pugno
    2 e 3: Convertiti in SD
    Slot Tecnica
    1: ///
    2: ///
    Equipaggiamento
    Nessun oggetto

    Note
    Credits a Hidan per la citazione XD


     
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    Mother of dragons

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    Lupus in Fabula


    I



    Quanto tempo era passato da quando aveva abitato quel corpo? Ore, giorni? O forse anni. Izanami non lo sapeva, e d'altronde percepire lo scorrere del tempo non era mai stato il suo forte. Era lei che piegava il tempo, non viceversa.
    Aprì gli occhi, muovendo lentamente ogni singolo muscolo per prenderne nuovamente possesso. Avvertiva chiaramente come quelle carni tentassero di rigettare il suo spirito, eppure non vi era più nulla che potesse separarla da quella forma umana. Il rituale era ormai completo, ed era tempo per la Dea della Morte di camminare nuovamente sulla Terra.

    Sacerdotessa, i nostri messi segnalano agitazioni nei pressi del villaggio. Pare che si sia verificata anche un'esplosione.

    La donna mosse il capo con un gesto meccanico, mentre le fibre muscolari del collo si stiravano dolorosamente. Al suo cospetto si trovava uno dei membri più giovani della setta, giunto al tempio poco dopo la sua reincarnazione. Il giovane aveva ancora molto da imparare, e ancora tremava e abbassava lo sguardo al cospetto di Izanami.

    Comprendo. Stai tremando, cosa temi, ragazzino? La mia ira? Oppure l'uomo che ha compiuto ciò che mi hai appena descritto? O, ancora, i tuoi superiori?

    Si alzò lentamente, facendo leva su un ginocchio e lasciando che i lunghi capelli corvini e la veste le ricadessero pigramente sul corpo minuto. Compì lentamente i pochi passi che la separavano dal ragazzo, che ora aveva preso a fissarla con aria inebetita, come se il pensiero che la Dea potesse muoversi lo riempisse di un terrore sacro, quasi reverenziale.

    Esiste solo un timore, una sola paura. Tutte le nostre fobie riconducono ad essa, e in essa hanno origine e fine. Dal giorno in cui i nostri polmoni assaggiano per la prima volta l'aria, facendoci urlare di disperazione, al giorno in cui con l'ultimo soffio vitale la nostra esistenza cessa, è essa a spronarci e tormentarci. È grazie ad essa che la nostra vita assume colore. Dimmi, hai capito di cosa sto parlando?

    Inclinò il capo, appoggiando una mano gelida sulla guancia del ragazzo. Era poco più alto di lei, e aveva forse tredici anni. Probabilmente era stato abbandonato al tempio da una famiglia indigente, ultimo scarto di una società che l'aveva rifiutato. Sotto la sua larga veste color pece, Izanami potè intuire il profilo del costato. Un ragazzo debole, di certo. Ma ciò non ne comprometteva l'utilità.

    Come immaginavo. Alla tua età è comprensibile non avere risposte a queste domande. Tuttavia, in questo tempio questo tipo di ignoranza non è permessa. Era un quesito semplice, bambino mio. Cosa può essere alla base della vita, se non la morte stessa? Così come la morte regge la vita, io reggo questo tempio. Servendo me, tu servi la morte. In un modo o nell'altro, il tuo sarà un sacrificio a me gradito. Questo te lo posso garantire.

    Sorrise, continuando a tenere stretto il viso del giovane, che era oramai in preda ad un terrore tangibile. Il suo viso aveva perso colore, diventando candido come la neve: bianco quasi come quello di Izanami stessa. Fu in quel momento che la donna, con un movimento fulmineo, estrasse un ventaglio fiorato. Con un unico fluido gesto lo aprì, tagliando la tenera carne della gola del ragazzo. Un fiume di sangue si riversò dalla ferita, tra i rantoli del malcapitato. La donna lo avvicinò a sé lasciando che il sangue le scorresse copioso sul petto e sulle vesti, macchiandone l'innaturale candore. Quasi fosse un agnello sacrificale, il ragazzo morì accasciato su Izanami, regalando ad essa il suo sangue, la sua energia vitale. Immediatamente, due membri anziani del Tempio comparvero alle spalle della Dea incarnata, accorrendo a recuperare quello che presto sarebbe stato un cadavere.

    Ripulitelo, e portatelo nei miei appartamenti. Ciò che non è stato in vita, potrà diventarlo da morto. Ognuno ha la propria utilità.

    Disse, distogliendo lo sguardo dal trio e prendendo a fissare le proprie mani insanguinate. Il contrasto tra il bianco della sua pelle e il rosso intenso del sangue risultava quasi inebriante. Inspirò a fondo, mentre l'odore ferroso impregnava i muri in legno. Poi, si rivolse nuovamente ai due bonzi.

    Ah, portatemi delle vesti pulite. Pare che ad Oto stia succedendo qualcosa di interessante. Ho intenzione di verificare in prima persona.

    [...]

    Arrivò sul luogo che tutto era finito. O almeno questa fu la sensazione che ebbe. La zona da cui era provenuta l'esplosione risultava quasi deserta, tranne che per una figura. Statuaria, immobile. Come se si trovasse in quel luogo da migliaia di anni, e per altrettanti fosse destinata a rimanervi.
    Izanami estrasse la pipa, inspirando l'aria acre che essa filtrava. Di fronte a lei, lo sapeva perfettamente, si issava il Demone di Oto, dominatore del sangue e bestia che con il solo nome procurava terrore nelle genti. Questo, di certo, li accomunava. Era conscia che lui si sarebbe accorto presto della sua presenza, se già non l'aveva fatto. Non si premurò dunque di nascondersi, lasciando che i geta che indossava stridessero a contatto con la ghiaia. In poco tempo fu a fianco dell'uomo, la cui stazza sovrastava decisamente la sua. Anche Izanami prese ad osservare il cielo sopra di loro.

    Sei arrivato lontano, Diogenes Mikawa. Tutto questo è encomiabile, per un essere umano.

    Inspirò un'altra volta attraverso la lunga pipa, lasciando che il fumo grigiastro si disperdesse nell'aria sopra le loro teste. Poi voltò il capo, spostando lo sguardo sul viso dell'uomo che le stava accanto. Era conscia della disparità di forza che incorreva fra i due, vista la debolezza a cui era stata relegata da quel nuovo corpo. Eppure, non provava timore, non in presenza di un uomo che più di altri si era dimostrato un degno servitore di ciò che lei stessa rappresentava. Diogenes, Demone di Oto, Dominatore del Sangue, Seguace della Dea Morte. Cosa avrebbe visto in lei quell'uomo che, più fra tutti, si avvicinava ad una divinità?

    Eppure continui a guardare il cielo, a guardare avanti. Cosa vedi nel futuro, Diogenes? Potere, fama?

    Si lasciò andare ad una risata appena soffocata, tornando a fissare il cielo sopra di sé. Poteva il Mikawa vedere quello che lei stessa aveva percepito?

    Un potere terribile, malvagio e formidabile oltre ogni comprensione incombe su tutti noi. Presto verrà il buio. E verrà la notte che non ha fine. A meno che i tuoi uomini non trovino il coraggio di combatterlo. Uomini i cui cuori sono fatti di morte. Sei pronto a guidarli, Mikawa?
     
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    È colpa tua. Ratty

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    [Diogene]
    Erano rimasti soli, dopo lunghi minuti in cui avevano osservato le promesse del villaggio che si contorcevano a terra, chi più chi meno, cercando di superare gli effetti del simbolo maledetto ideato decenni prima da Orochimaru. Febh era consapevole che quell'oggetto forniva una forza superiore, ma lo aveva sempre disdegnato, come disdegnava i Bijuu e le altre fonti di energia che non giungessero dal duro lavoro e dall'esercizio, quindi non poteva dirsi vicino a quei ninja che arrancavano dietro il male liquido che permeava le loro vene liberando ogni pensiero più oscuro. Forse trattenne lo sguardo qualche istante di più su Hebiko, stranamente poco turbata dal Sigillo, e per un tempo più breve, ma in generale si sforzava di escludere la partecipazione emotiva alla cosa, come spesso faceva. Per certi versi era troppo immaturo per gestire le emozioni, alla fin fine Oni era frutto di quel suo atteggiamento, e finiva sempre per subirle nella maniera più elementare e infantile o relegarle interamente lontano. Ancora non aveva del tutto metabolizzato gli eventi di Suna di qualche tempo prima.

    Fortunatamente Diogene aveva voglia di parlare di lavoro, e questo spezzò il silenzio che aveva avvolto i due ninja (e tutti gli altri presenti ma non candidati alla prova) strappando lo Yakushi al rischio dell'introspezione, che era poco più nociva dell'acido muriatico per l'emotivamente bislacco shinobi. Anzi, molto più nociva, perchè l'acido poteva guarirlo in pochi secondi. Sei parecchio fissato per quella scimmia. Come ti ho detto, la ho presa in custodia per Hoshi e per Suna, se la rivogliono non ho problemi a ridargliela...certo, solo Hoshi ha la chiave, gliela ho inviata mesi fa. Spiegò con un sorrisetto beffardo, nemmeno stesse rispolverando qualche vecchia battuta ai danni del Mikawa, suo nuovo Kage. Ma immagino la abbia lasciata ai suoi compatrioti se son venuti qui per il gorillone. Quanto a Omoi, mi è sempre stato parecchio antipatico ma non ci sono grossi problemi se lo rivuoi intorno. Fece spallucce, guardandosi intorno mentre i servitori del Mikawa portavano via i vari shinobi appena tramortiti da jutsu o sostanze dopo la pesante prova (per quanto Hebiko la avesse superata senza eccessive difficoltà...questioni di genetica, forse). Comunque vedo che già ti preparavi da tempo, se hai avuto modo di allestire questi quattro pagliacci dei tuoi sgherri. Diplomatico come sempre, sembrava quasi voler sottolineare il fatto che forse il Mikawa aveva peccato di presunzione, pensando di essere nominato prima ancora del tempo, ma non disse nulla al riguardo, lasciando che i cloni di sua creazione si spostassero, andando nelle case dei rispettivi originali per attendere il momento dello scontro.

    E dire che pensavo di essere io un pò esagerato con la messinscena...ma tu pensi parecchio più in grande. Gli avrebbe dato una pacca sulla spalla mentre con la testa faceva cenno verso il palazzo alle loro spalle. Ah, comunque io non dicevo tanto per dire quando parlavo di tagliare i conti col passato, e così il clone che ho messo a recitare il ruolo di apertura. Ho svuotato quello che valeva la pena portare via. Le cose sono un pò in amministrazione e un pò dal nostro buon dottore sotto l'ospedale, con l'ordine di non aprire buste e scatole fino a ricevuta autorizzazione. Quindi quel palazzo non serve più, è solo un simbolo del passato. Le sue labbra si aprirono in un sorriso demoniaco. E qualunque cosa tu dica, io lo butterò giù, ho dei cloni sul posto che mantengono le colonne di luce e non vedono l'ora di morire schiacciati dalle macerie. Quando avremo finito direi che vale la pena riunirsi qui per lo spettacolo.

    Prese gli attrezzi del mestiere facendo per andarsene. Non andrò da quelli che mi stanno a cuore, io andrò da quelli con cui penso di divertirmi di più, bestione. Ma farò come comandi...Kage. li metterò alla prova e ti dimostrerò che anche con il tuo aspetto e i tuoi modi inquietanti, io posso essere un trauma molto maggiore.
    E quando quello gli fece l'appunto su Hebiko, Febh si limitò a voltarsi con un sorriso misterioso. Significa solo che mi fido delle mie scelte. E così se ne andò, così come il Mikawa.
    [Hebiko]

    L'impiegato parve irrigidirsi quando lei chiese di vedere l'ex amministratore, guardandola interdetto. Lo...Yakushi? O forse più che perplessità era effettiva confusione, come se fosse un nome che non sentiva da tempo e avesse avuto un brivido al risentirlo dopo tanti anni. Er...si, si certo. Ci sarebbero voluti circa quindici minuti perchè la porta si aprisse, lasciando entrare uno scricciolo alto forse un metro e dieci, con un gran sorriso e dei tratti che richiamavano assolutamente quelli di Febh, ma con vent'anni di meno! YEEEEE!! Entrò di corsa nella stanza, gettandosi letteralmente addosso a Hebiko per abbracciarla, affondando innocentemente il volto tra i seni prosperosi. Mi sei mancata taaaaaantissimo!



    Qualche secondo di verosimile confusione, e poi alla porta si sarebbe affacciato un tizio forse sulla trentina o poco più, con capelli neri corti, occhiali privi di lenti e un'espressione adulta e responsabile. Ehi Shijin! Piantala! Cosa penserebbe la mamma se ti vedesse abbracciare un'altra? Ricordi quella volta che hai abbracciato Nikaido quante sculacciate ti ha dato? Poi verso l'ex Segretaria, con aria seriamente mortificata. Scusalo...dovrebbe portare gli occhiali ma si rifiuta di tenerli e allora scambia tutte le donne per sua madre. Ci fu in realtà in quel momento, mentre la testa ancora sfiorava i seni, uno sguardo di assoluta e completa perversione

    sul volto del piccolo Shijin, ma suo padre sembrava del tutto incapace di coglierlo. Lei ha le tette più grandi di mamma, non sbaglierei mai! Annunciò il piccolo, come se fosse la cosa più normale e innocente del mondo. A quella risposta Febh sospirò, avvicinandosi alla scrivania di lei. I bambini...anche tu hai il tuo bel daffare coi tuoi, no? Senza un padre, poi... Quindi sorrise, e su quel viso segnato dalla maturità ci fu un accenno di Kaji che stentava ad andarsene. Ciao Hebiko. Non ci vediamo da quasi sei mesi...come mai mi hai mandato a chiamare?



    Si accomodò mentre il bambino rifiutava di staccarsi ma mostrandosi sempre puro e giocoso, senza traccia di quella scintilla degna dell'hentai kamen ninja se non quando nessuno lo guardava, e prese la lettera che la sedicente rossa gli porgeva. Ah...ti hanno proposta come Kokage! Era pure ora! Quando mi sono ritirato per badare ai bambini mentre Harumi è via non riuscivo a capire come mai ti avessero proposta solo come Amministratrice e non direttamente come leader, la gente ti adora! Cercava palesemente di non guardare il bambino (e così il seno) ma doveva pur tener d'occhio il poppante e la cosa lo stava decisamente mettendo a disagio. Uhn...ma sono cresciute ancora? Si può sapere che cosa mangi? Non sarai di nuovo incinta, spero! Al di là di quelle che sarebbero state le reazioni, quando lei espose i suoi dubbi lui sembrò inizialmente perplesso e poi sinceramente preoccupato (a dispetto del suo normale carattere, Febh Yakushi era un grande attore quando ci si metteva). Parli di roba successa un decennio fa...Gene ha lasciato la carica dopo il matrimonio con Kamine e la vittoria su Kumo...non ricordi? Poi deglutì. Non...non è che è successo di nuovo? Che LUI cerca di nuovo di prendere il sopravvento? Scosse lentamente il capo. Pensavo che fosse tutto sotto controllo, ma anche la volta scorsa è cominciata coi vuoti di memoria, non ricordi? Kato si è sacrificato per riportarti indietro quella volta... La tensione stava salendo, come se Febh fosse pronto a scattare per recuperare il piccolo e combattere se fosse stato necessario...ma sarebbe stato necessario?

    Se hai vuoti di memoria forse sarebbe il caso di non accettare la carica. Non hai la mente lucida potrebbe essere molto rischioso per tutti, specie per te. Lo hanno catturato da poco...Raizen, dico. Se non ricordi cosa ha fatto al mondo...e cosa ha fatto a te. Se non lo ricordi come potresti mai giustiziarlo come primo incarico da Kokage? Tutti si aspettano che tu lo faccia. Ma se non ricordi...o se LUI sta cercando di riemergere... Visibilmente preoccupato, come se Orochimaru fosse un problema per lui nonostante i trascorsi, si decise a sporgersi in avanti per recuperare il bambino, che pure non voleva saperne di lasciare l'abbondante zona a cui era aggrappato. Hebiko...to senti veramente pronta a prendere in mano Oto e fare ciò che va fatto, senza guardare in faccia nessuno? Un vero Kage...un vero Otese non si fermerebbe se questo fosse necessario, abbatterebbe ogni sua emozione per fare la cosa necessaria.

    Se avesse chiesto maggiori lumi, Febh si sarebbe soffermato solo sui punti salienti. Raizen è tornato a prendere la volpe a Cantha. Lo ha fatto, ma era una trappola: avevano legato il Bijuu con un sigillo che ha fatto impazzire il suo portatore. Ha semidistrutto Konoha ed è scappato. Lo abbiamo accolto...e ha ucciso i figli di Diogene in preda alla follia, ferendolo fino a rendergli impossibile combattere e strappando l'Hachibi a Kamine. Harumi è andata a cercarlo e io mi sono ritirato per guardare i ragazzi. Ma lo ha preso, e torneranno qui domani. Forse la nomina è perchè vogliono che sia tu a ucciderlo, perchè lo conoscevi...da tanto. Quanto alla volta precedente in cui erano mancati i ricordi lo Yakushi fu ancor più sbrigativo. Quando eri incinta ha preso il controllo, noi attribuivamo la cosa al chakra del bambino che interferiva col Sigillo Maledetto della Luna...ci sbagliavamo. Al momento del parto ti ha usato per cercare di liberare il Niibi da Harumi e conquistare il villaggio...Kato si è sacrificato per fermarti e con il dolore di quella perdita ti sei ripresa...eravate in ottimi rapporti dopo i battibecchi iniziali...era stato anche il tuo testimone di nozze. Non vorrei servisse di nuovo qualcosa di così devastante per rispedirlo nel buio...pensavo fossi più forte di così...ricordi quel giorno nei sotterranei dell'Amministrazione, con Manda? Ricordi cosa ci eravamo detti?
    [Munisai]



    Tu sei uno che ha fatto il passo più grande della gamba, ecco chi sei. Un tizio con occhiali finti, guanti rossi e abiti che parevano indossati a caso era emerso tra la folla della pista da ballo, accennando alcuni movimenti talmente scoordinati e disturbanti che una ragazza svenne mentre uno che aveva bevuto un pò troppo cominciò a vomitare nella borsa della sua fidanzata, con supremo disappunto di quest'ultima. Il mio nome è Mahoashi, il Piede Magico. Supremo danzatore e, a tempo perso, sicario per questa o quell'altra organizzazione. Capirai che anche con un talento estremo come il mio non si può vivere di sola danza. In ogni caso...hai pestato i piedi alla persona sbagliata, ragazzone. Ti direi che mi dispiace doverti uccidere ma in realtà balli talmente male che farti fuori sarà un piacere per il mondo. E nel dirlo ancheggiò in maniera tanto sgraziata che per poco non si creparono gli specchi nella stanza, e uno dei sicari ebbe una mezza sincope. Boys...finite il lavoro, e che soffra. E mentre i nove ancora in piedi caricavano lui lo dileggiò. Il vecchio ha scoperto il tuo gioco, piccolo Kokyu, il Cuculo. Hai ucciso suo figlio e preso il suo aspetto e i suoi ricordi, sostituendoti a lui negli ultimi cinque anni. Queste cose non piacciono a un genitore, e ora vuole liberarsi di te, anche se ti sei convinto che sia questa la tua identità. I primi tre attaccarono, due con un affondo sui quadricipiti, abbassando il baricentro, mentre il terzo avrebbe attaccato subito dopo cercando un fendente orizzontale al petto, poco profondo ma che avrebbe potenzialmente aggiunto sanguinamento al sanguinamento [Attacco]Forza e Velocità Gialla
    Potenza 10
    Il terzo attacco ha Potenza 10 e Dnt Lieve (Sanguinamento)
    . Non hai più nulla. Sei solo. Non hai risorse. Non hai veri amici. Ti resta solo il tuo essere di Oto, anche se sei scarso. Altri tre si fecero avanti, aggirandolo sulla sinistra, con un fendente discendente al bicipite da quel lato e subito dopo due tentativi consecutivi di affondo all'addome [Attacco 2]Forza Gialla, Velocità Gialla +1 tacca
    Potenza 10
    . La verità è che non sei tagliato per vivere. Né per vivere qui. Scappa e forse avrai salva la vita. Forse.

    Il terzo gruppo tirò fuori degli spiedi dalle tasche lanciando una salva che comprendeva un totale di nove proiettili, tutti diretti al torace o all'addome, approfittando sicuramente della stanchezza e delle ferite del ragazzo [Attacco 3]Forza Gialla +1 tacca
    Potenza 3 per spiedo
    , ma comunque andasse Mahoashi sarebbe letteralmente sparito dalla sua posizione, riapparendo dietro Munisai, a forse tre metri, con un ghigno malefico sul volto sotto quei capelli spettinati e le lenti finte. Tuo padre ti caccia e ti vuole morto. Nessuno ti difenderà. Tutti ancora chiamavano la sua morte nella stanza. E sei molto più debole di me. Ma se vorrai andare via da Oto, abbandonarla per sempre e non farti vedere mai più...allora forse ti lascerò vivo. Avrebbe cercato di dargli un calcione in pieno torso, decisamente superiore rispetto ai suoi "Boys" [Attacco 4]Velocità Verde
    Forza Bianca
    . Magari con qualche dito in meno. Il Cuculo a tre dita, sarebbe divertente. Ho sentito che cancelli la tua identità ogni volta che ne assumi una nuova, per essere libero dal peccato, ma questa volta ti hanno preso. Sei un criminale e hai preso il posto di un Otese. Vattene prima che io cambi idea. Non hai motivo di restare, anche se dovrai reimparare da capo chi sei...falso Munisai.

    C'era uno spiraglio nella folla, alla sua destra, da cui forse con un'azione disperata avrebbe potuto guadagnare l'uscita, magari davvero lasciando qualche pezzo contro Mahoashi, ma la speranza c'era. Doveva solo fare come diceva...abbandonare Oto. E se davvero era Kokyu, il Cuculo, perchè mai sarebbe dovuto restare in un postaccio del genere?
     
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    Le sembrò di riemergere da un lungo sonno, i suoi ricordi erano confusi e si rimescolavano in un turbinio di rumori, colori e sensazioni indistinte ma indubbiamente spiacevoli, il rosso tornava sempre a confondersi ad urla lancinanti in risposta ad un nuovo tipo di dolore, poteva ricordare qualcosa perforarle la pelle e le carni, incidere in essa tagli profondi ed il rosso tornava a sgorgare come una nuova sorgente mentre un rumore raccapricciante le ricordava una serie di interminabili minuti in cui poteva sentire distintamente una sega farsi strada nelle sue ossa.

    Una volta aperti gli occhi, il dolore svanì assieme a quei pochi ricordi, come neve che si scioglieva alla luce del mattino.
    Qualcuno le mosse un oggetto davanti al viso e dopo pochi istanti era tornata sveglia a sufficenza da comprendere la situazione e ritrovarsi a lottare inutilmente contro i legacci che la costringevano al lettino, forse i suoi arti erano legati particolarmente stretti perché non riusciva a sentirseli per niente.

    Il tipo le diede rapidamente qualche spiegazione, si trattava di un disgustoso ometto grigio che si divertì ancora ad agitarle quel'oggetto davanti agli occhi, solo che questa volta le apparve chiaro di cosa si trattasse.
    Quel figlio di buona donna le aveva staccato gli arti e sembrava divertirsi un casino, divertimento non condiviso da Haru che si vide costretta a sorbirsi tutti gli idiotici progetti di quel demente.

    Avrebbe voluto liberarsi da quelle corde e prenderlo a sberle col suo stesso braccio impugnato come una clava improvvisata, tuttavia era chiaro che il potere non fosse nelle mani della donna che decise di utilizzare uno dei pochi muscoli utili in quella situazione, la lingua.

    Cominciò sforzandosi di fare una risata che le uscì come un cavernoso verso gutturale per poi dire:

    "Invertirmi braccia e gambe?
    Farmi pisciare in giro e magari farmi indossare un fottuto pannolone?
    Sarebbe questa la tua idea del 'più cazzuto mostro che i bambini di Oto abbiano mai visto'?"


    In quel momento non aveva idea di cosa fosse Oto, ma era il caso di proseguire con l'uso della lingua:

    "Anche quella ferraglia direi che te la puoi ficcare su per il culo se non sei in grado di pensare a qualcosa di meglio, persino io saprei ideare qualcosa di più terrificante!"

    E non si trattava di una menzogna, essere un tronco umano smemorato ti dava una certa elasticità quando si trattava di tramutarsi in un mostro e sicuramente preferiva essere brutta, forte e spaventosa che non un fenomeno da baraccone con braccia per gambe e gambe per braccia con l'abitudine di farsela sotto.

    png



    E così iniziò coi suggerimenti:

    "Innanzitutto, braccia e gambe al loro posto, certe limitazioni stimolano l'ingegno e puoi aggiungere artigli o qualche arma, mettici un seghetto o qualcosa del genere sull'avambraccio o qualche spuntone sui gomiti, vedi come corrono i bambini alla sola vista!

    Poi hai tutto un corpo su cui lavorare, prova ad aggiungere qualche arto extra o delle ali o una coda, i denti puoi farli più grossi ed appuntiti e perché no, se sei tanto bravo potresti darmi delle scaglie o degli occhi che brillano al buio you goddamned piece of shit!"


    Non era sicura del perché alla fine le fosse venuto da parlare in un'altra lingua ma le sembrò naturale.
    Adesso c'era da sperare che quell'idiota le rimettesse a posto le braccia prima che tutto il suo sangue migrasse altrove.
     
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    Un passo alla volta


    [5]



    Jotaro era arrivato alle porte del villaggio, le aveva oltrepassate e aveva calpestato alcune decine di metri di terra in direzione sud, quando un sospiro ne aveva arrestato l'avanzata. Si voltò verso Oto, solitamente non si sarebbe trattenuto durante un simile evento, rimandando eventuali discussioni ad un secondo momento, ma il tempo era tiranno; sentiva, di dover conversare col nuovo Kage di molti argomenti, eppure di nessuno in particolare; una smania lo stava trattenendo al villaggio, doveva tornare indietro e scambiare due parole con Aloysius, prima di andarsene alla ricerca di qualcosa in grado di volgere i conflitti, o almeno alcuni di essi, in favore dei ninja accademici. Sebbene non sapesse nemmeno da dove cominciare.
    Il mondo era davvero grande per qualcuno obbligato a percorrerlo a piedi.

    [...]

    Tornò indietro, fino a scorgere nuovamente Aloysius e Febh in lontananza, si avvicinò al gigante cremisi come se fosse atteso, e infatti dopo poco, un cenno della testa di quest'ultimo spostò l'attenzione proprio sul ronin.


    CITAZIONE
    " Non sei ufficialmente un ninja del Suono e questo può esserci molto utile in questo momento. Ho bisogno che tu faccia una cosa per me; hai passato quasi un anno nella burocrazia accademica e so che ti sei fatto un nome tra quei politici panzuti...Devi organizzare una riunione tra i cinque Kage; scegli tu il posto migliore ma che si svolga a breve, i nostri nemici non ci concederanno molto tempo prima di riattaccare. Sia tu che Febh sapete benissimo quanto ci tenga a spazzare dalla faccia della terra Iwa ma il male che ci colpisce dall'est è qualcosa di ancora più preoccupante...nessuno meglio di te, Jotaro, può saperlo. Dovremo agire con forza e rapidità contro i Cremisi ma al tempo stesso prepararci per la guerra più brutale che avverrà; per vincere contro Cantha servono tutti i paesi accademici, quindi dovremmo riallacciare dei legami ormai praticamente logorati da anni. Servirà inoltre raccogliere tutto il materiale che abbiamo trovato su Shiro e il suo esercito: mappe dettagliate, studio dell'equipaggiamento, jutsu già mostrati in pubblico...negli anni l'accademia e i singoli villaggi hanno raccolto molte di queste informazioni, il tuo compito sarà raccoglierle tutte. Prendi inoltre la pergamena di Indra, studiala e trova un modo per estrarre altre informazioni...magari un legame che possa condurci alle altre. Spero tu abbia migliorato nel tempo trascorso dal nostro ultimo incontro il tuo legame con Lui. Mettiti subito all'opera, non c'è tempo da perdere. "

    Jotaro, durante tutta la spiegazione, non disse una parola, si limitò ad annuire, come se stesse prendendo appunti sulle varie cose da portare a termine. Riguardo i Cremisi, non era mai stato troppo redarguito al proposito; la loro attività si era concentrata durante la sua assenza e non aveva avuto molto a che fare con loro, sebbene il loro passaggio avesse raggiunto anche Oto in tempi piuttosto recenti. Quanto a Iwa, era forse il territorio con cui aveva avuto meno a che fare. Per il resto invece c'era molto su cui riflettere, soprattutto riguardo la pergamena. Ne aveva sentito parlare, ma era la prima volta che ne vedeva effettivamente una. Per uno studioso come lui, si trattava di un oggetto estremamente interessante, non tanto per le sue capacità, ma proprio per la fattura in sè. Il ronin annuì e tirò fuori dal mantello un contenitore rigido da rotoli. Quando ricevette la pergamena, e la inserì nel contenitore, un rigolo di sangue molto molto scuro, colò dalla sua narice destra, e il ronin si asciugò con un piccolo fazzoletto di cotone. Gene avrebbe percepito chiaramente, con le sue doti, che non era affatto sangue.

    Posso organizzarla in breve tempo. Conosco alcuni posti adatti. Sarebbe saggio però non rivelare il motivo della tua breve assenza o la destinazione. Chiederò a tutti i capovillaggio di farsi accompagnare massimo da un collaboratore, non vogliamo attirare troppa attenzione.

    Quindi Gene applicò un sigillo sulla sua spalla, poco prima di congedarlo con parole piene di speranza. Forse quello era davvero il Kage di cui Oto aveva bisogno.

    ..Suvvia non essere così rozzo, è maleducazione applicare sigilli alla gente senza prima chiedere, non siamo mica cani come quei Canthiani. Disse il ronin con un mezzo sorriso, prima di girarsi verso Febh salutando il vecchio allievo con un cenno della testa. A quel punto si, avrebbe lasciato Oto.

     
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    La Minaccia Più Grande


    7







    La stanchezza si faceva sentire. Nonostante il sangue Yotsuki rinvigoriva le mie membra la guerra stava procedendo a lungo e le perdite e lo sforzo che tutti noi Accademici, Oto in particolare, stavamo affrontando si stava rivelando oltreché snervante anche deleterio per il morale e per il corpo. Davanti a me, dall’alto della mia torre di controllo, si presentava un riassunto cartaceo di quello che si poteva definire la conta dei morti. Quattordici persone, e numerosi feriti, un numero troppo elevato di Ninja per considerarla una perdita di secondaria importanza. Una parte di Oto, a conti fatti, era scomparsa con la morte di quei valorosi Shinobi. Ma non vana, di questo ero sicuro.

    La Guerra contro Cantha era il primo vero conflitto in cui potevo considerarmi parte integrante. Certo, ne avevo sentito di guerre precedenti, di grandi battaglie e di Ninja valorosi e abilissimi scontrarsi per nobili intenti. Ma la guerra con quei bastardi figli di puttana non era niente di tutto ciò. Era una semplice cosa: vivere o morire. Resistere o perire nel tentativo, già perché eravamo sotto assedio. Circondati. Quei bastardi si stavano rivelando dei mostri, in grado di piegare le nostre forze talmente tanto da spingerci indietro giorno dopo giorno… fino ad arrivare alle nostre mura.

    Un fatto tuttavia era inequivocabile: la loro marcia aveva rallentato. Scontrandosi davanti ad una barriera estremamente resistente. Un blocco chiamato Gate di Oto. Le quattro entrare del Villaggio del Suono avevano fermato l’impeto dei nemici e il sangue versato dagli Otesi fu tale da causare anche per i Canthiani nutrite perdite! Ma in cuor mio sapevo che la situazione per quanto positiva non poteva essere che non di stallo. I nostri nemici giurati si stavano riorganizzando, stavano recuperando le forze e preparandosi ad un altro attacco. In pratica era solo questione di tempo prima di affrontare una nuova sanguinosa lotta.

    Tuttavia non vi fu tempo di pensare ad altro perché a poca distanza dal Gate, martoriato da numerosi attacchi, si presentò un solo ed unico uomo. Mi alzai di scatto avvicinandomi al bordo della torre. Era incappucciato e non poteva a quella distanza definire la sua identità ma in mezzo a quella confusione intravidi una sorta di sorrisi, di ghigno malefico. Ebbi paura.

    Poi accadde tutto in una manciata di secondi. Dall’uso delle sue arti magiche scaturirono fiamme e vampate, Katon in grado di colpire le nostre difese attive tra le quali i calderoni di pece e olio bollente. Il risultato fu semplicemente devastante… un esplosione talmente enorme da inghiottire la torre di guardia e le mura stesse. Le mura semplicemente cedettero sotto il peso di tale pressione e la fortificazione inghiottì se stessa in un vortice nel quale venni incluso. Caddi verso il basso e non potei fare nulla per evitare il peggio, ritrovandomi così in una situazione che mai fino a quel momento avevo affrontato!

    Difficile dire quanto tempo trascorse da quell’evento al momento in cui riaprii gli occhi boccheggiando a fatica per riprendere aria nei polmoni. Mi guardai subito attorno impaurito e decisamente scosso. Dove ero finito? Mi focalizzai su me stesso, sul mio respiro e sul mio corpo. Per prima cosa compresi che non ero ferito, non provavo dolore. In secondo luogo mi mancava l’aria e non era per via dei miei polmoni ma perché, ora, vedendo attorno mi trovavo in una trappola di rocca. Io, Guardiano di Oto, ero rimasto intrappolato nelle mie stesse mura. La paura svanì lasciando spazio all’ironica sorte del destino.

    In lontananza percepii, a fatica, delle parole pronunciate verso Oto e rivolte verso il Suono stesso. Oto era sua dunque? Risi a crepapelle. Quanto c’era di sbagliato in quella breve frase. Il Suono non era di nessuno, nemmeno di noi abitati, perché Oto più che essere un Villaggio era una volontà. Un forza trainante, madre dei più intimi desideri di chi decideva di farne parte. Manna per chi era alla ricerca di potere e fama. E cimitero per chi voleva impossessarsene. Presto avrei scavato personalmente la sua tomba. Tuttavia un problema ben più grande stava per insorgere: per qualche assurda ragione ogni volta che provavo a pensare ad un modo per uscire da quel buco nella mia testa si generava una sorta di vuoto. Le mie abilità, le mie conoscenze e le mie tecniche favorite erano praticamente scomparse lasciandosi dietro il nulla più totale.

    Quello che sapevo delle mie abilità era ancora meno di quando raggiunsi Oto come studente. Ma come era possibile? Che poteva trattarsi di un effetto di quella tecnica che aveva colpito il Gate? In tutto ciò la situazione non faceva altro che peggiorare, perché mi trovavo in un vicolo cieco. Certo, sopra di me potevo intravedere un minimo spiraglio di luce ma se non avessi agito sarei morto soffocato! L’aria era rarefatta e poca. Dovevo muovermi, ma come? Sbattei entrambi i pugni sulla dura roccia davanti a me. Mai mi sarei arreso!

    Usami.



    Furono le parole che risuonarono all’interno del mio corpo, pesanti come dei macigni. Di chi era quella voce? E perché mi aveva scosso così nel profondo?

    Yotsuki, combatti!



    Quella parola, quel cognome risvegliò in me sensazioni che apparentemente mi ero scordato. Quella voce era niente altro che lui. Il sigillo dentro di me. L’essere maligno che avevo domato e che avevo costretto alle mie dipendenze e io ero un Ninja di Oto. Uno Shinobi potente in grado di sfruttare i propri pugni elettrici per distruggere i miei nemici. Una barriera o un muro di roccia di certo non mi avrebbero fermato! Ero pronto ad arrivare Canthiano!

    [Conoscenze Sbloccate]

    Sblocco per il prossimo Round le seguenti conoscenze:

    1) Veste Elettrica
    2) Sigillo Maledetto del Fulmine
    3) Competenza Chakra Distruttivo
    4) Manipolazione della Natura
    5) Tecnica Superiore della Moltiplicazione del Corpo



     
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    Father knows best


    VIII




    Sì, lo Yakushi! Cosa sei, sordo?? Muoviti, forza!

    Avrebbe atteso impaziente quei quindici, lunghissimi minuti in attesa del suo arrivo, quando finalmente la porta si spalancò. Ma la prima figura ad entrare non fu esattamente chi si aspettava... anche se dall'aspetto che mostrava e dall'entusiasmo nel vederla, Hebiko sembrò farsi allegra, chinandosi ed allargando le braccia per prendere il bimbetto mentre questo si lanciava su di lei, non risparmiandogli una dolorosa schicchera sulla fronte per costringerlo a staccarsi dal suo prosperoso seno, consentendogli nonostante tutto di restarle in braccio.

    Piccola peste! Ma quanto sei cresciuto! E ancora non perdi le tue vecchie abitudini, mascalzone. Vieni che Hebiko ti da una caramella ora.

    Le sue sembianze terribilmente simili a Febh unite alla sua apparenza piccola ed indifesa avevano fatto scattare qualcosa nella rossa, unito ai ricordi forzatele dai gregari di Diogene. L'adorazione che provava per quel piccoletto non era puramente artificiale, così come quella che provava per il vero Febh, presentatosi al seguito del bimbetto come padre dello stesso. Ma lui era un adulto, non aveva bisogno di protezione tanto quanto il più piccino, e la sua dimostrazione di affetto sarebbe stata più pacata e colloquiale. Non nascose un'espressione sorpresa quando lo Yakushi le rivelò di essere sposato con Harumi, associando quel nome ad una sensazione negativa: ricordava solamente di ritenere quella ragazza tra le più deboli che le era capitato di incontrare, completamente estranea ed inadatta alla vita da kunoichi, senza un briciolo di rispetto per se stessa... E dalla risposta che diede a Febh, si poteva persino intuire un pizzico di gelosia, che forse non avrebbe colto.

    Visto? Shinji non sbaglia, lo sa chi è la donna migliore nei dintorni. Ma ti spacco la capoccetta se metti ancora le mani lì in mezzo, ti ho detto che è da maleducati. Quella sciocca di tua madre dovrebbe passare più tempo ad insegnarti queste cose invece di ingelosirsi per delle frivolezze simili. Tiè, prenditi una caramellina, bello di zia. Con una mano aprì uno dei cassetti della scrivania, tirandovi fuori un barattolo colmo di dolciumi, costringendo così il marmocchio a tenere le mani impegnate in altro. Gli adulti dovevano iniziare i loro discorsi più seri.
    Corrucciò la fronte, sorpresa dalla sua affermazione.

    Sei mesi?? Così tanto?? Sarà meglio che tu ti faccia vedere più spesso allora, non ho intenzione di doverti venire a cercare io ogni volta! Lo sai che mi servi vicino! Sono persino senza marito, vuoi anche privarmi della tua presenza? Sarà mica quell'Harumi che ti tiene lontano da me, vero??

    Il discorso si spostò rapidamente sulla sua nomina, della quale Febh sembrava entusiasta. Hebiko ancora esitava a riguardo, irrigidita da quella questione per lei tanto delicata (e soprattutto improvvisa).

    N-non lo so... Essere Kage è una responsabilità enorme... Mi sembra di fare tutto da sola, e la cosa non mi piace. Voglio dire... Mi serve qualcuno di fidato al mio fianco! Non so se sono pronta, ho l'appoggio del villaggio e la cosa mi fa piacere, ma... Se fosse tutta scena? Se nel momento in cui dovessi diventare Kage la pressione mi schiacciasse? Non voglio rovinare tutto. So di essere sempre stata una donna estremamente indipendente ma... Sento che mi manca qualcosa. Una spalla su cui appoggiarmi, qualcuno di cui mi fido con il quale condividere questo ruolo... Sento che tu saresti adatto, ma non ho il coraggio di chiedertelo. So quanto detesti questo ruolo, e lo rispetto. Ma non mi viene in mente nessun altro degno di restare al mio fianco in un momento simile.

    Febh riusciva a farla imbarazzare come al suo solito, interrompendo il suo sfogo con un'osservazione che la costrinse a sistemarsi nervosamente la camicetta, con quei bottoni che sembravano pronti ad esplodere da un momento all'altro. Arrossita ed irritata, cercò nervosamente un foulard da legarsi al collo per coprire il prosperoso decoltè, ottenendo probabilmente solo un ulteriore motivo per il poppante per infilare le mani dove non doveva (con schiaffetti al seguito, mai dolorosi ma sentiti a sufficienza da bloccarlo momentaneamente).

    Per tutti i Kami, no! Due sono sufficienti!! Senza un marito poi! Concentrati su quello che ti ho detto!

    Le successive affermazioni la presero alla sprovvista. Istintivamente, indietreggiò appena, stringendo il piccolo Shinji a sè, quasi temesse Febh potesse portarglielo via. Poi arrivò il momento di ispezionare la propria mente.

    Hebiko si irrigidì, osservando la figura alle sue spalle, terribilmente diffidente. Anche Orochimaru si irrigidì impercettibilmente per un istante, nell'udire la risposta dello Yakushi. Lui sapeva la verità. Come mente a se stante non era stato colpito dal genjutsu. Ma non conosceva il copione alla perfezione. Sapeva che lasciare il controllo alla rossa avrebbe permesso reazioni più naturali, permettendogli così di prendere il controllo solamente finita la prova, a fiducia ormai guadagnata. Febh si stava rivelando un problema. Non poteva dire di non averlo previsto, tuttavia era comunque uno scomodo problema da risolvere. Scese dal suo trono, ondeggiando cautamente verso la ragazza, con aria pacifica.

    Piccola mia...
    Mi hai forse mentito?
    Io? Portò una mano al petto, con fare oltraggiato. Perchè mai dovrei mentirti? Sono succube di questo corpo tanto quanto te. Siamo solamente due frammenti della stessa mente... Nessuno può sopravvivere senza l'altro.
    Febh sembra sostenere il contrario. La rossa era terribilmente fredda nella sua affermazione. I ricordi erano sì stati modificati, ma le sensazioni che le dava ogni persona restavano le stesse. Ed il forte senso di fiducia che provava per lo Yakushi contrastava pesantemente con l'odio viscerale che percepiva per l'uomo che aveva davanti.
    Succede, cara. Talvolta il tuo animo viene assorbito dalle tue insicurezze, ed il controllo passa a me. Ma ciò che faccio è solamente proteggere questo corpo. Hebiko... Con voce pacata, avvolse le braccia sulle sue spalle, in un morbido abbraccio. Sono pur sempre tuo padre. E come tale voglio solo il meglio per te. E, talvolta, per garantirtelo, sono costretto ad agire al posto tuo. Ma presto ne avrai le prove, lascia parlare lo Yakushi.


    E, seppur diffidente, così fece. E rimase in silenzio, ascoltando ciò che Febh aveva da dirle, pregandolo di raccontarle tutto. E più parlava, più sentiva le gambe cederle. Fece scendere il bambino a terra, tremante, lasciando che la schiena scivolasse contro la scrivania, finchè non si ritrovò accucciata a terra. Sconvolta, fissava con sguardo vitreo un punto imprecisato di fronte a sè. Si coprìla bocca con la mano, mentre ricordava il momento più importante e prezioso passato con Raizen. Quando lui, distrutto dalla perdita della volpe, aveva accettato la sua proposta d'aiuto, tenendola in casa con sè e sfogandosi durante un'uscita a cena, alla fine della quale scappò un bacio, il suo primo bacio. Entrambi in una situazione simile, entrambi costretti a vivere in un luogo, un ruolo che non sentivano loro, bisognosi di rivalsa verso il mondo. E l'accenno dell'uomo sul conoscerlo da tanto non faceva che alimentare un tremendo dubbio, che sarebbe riuscita a placare solo vedendoli.

    I... I bambini... I miei bambini! Febh! Portami da loro, per favore!

    La voce spezzata dalla disperazione fece eco nella stanza. A qualsiasi opposizione si sarebbe ribellata gridando, ferita ma furiosa, come solo una persona che teme di poter perdere ciò che ha di più prezioso al mondo potrebbe fare.

    Portami dai miei figli!! ADESSO!!

    Le lacrime scendevano copiose sul suo volto. Poteva davvero essere Raizen il marito dimenticato? Dopo quel bacio il loro rapporto era davvero proseguito, fino a quel punto? Sapeva di voler bene a quell'uomo, un affetto che condivideva solamente con Febh, le due persone più importanti della sua vita. Più pensava a ciò che le aveva appena descritto, più le sembrava di visualizzare Raizen impazzito, con la mente rotta da un sigillo, distruggere lo stesso villaggio che aveva giurato di proteggere, nonostante questo non sembrasse ricambiare i suoi sforzi. Sapeva quanto ci tenesse, non poteva credere che un sigillo lo avesse costretto ad un gesto così estremo. Ogni parola dello Yakushi sembrava una coltellata alla schiena, le sentiva pesare come un macigno. Avrebbe voluto vedere Raizen fra tutti, ma era appena stato catturato, ed era ancora troppo lontano per poter essere raggiunto. Il dolore nel pensare di doverlo giustiziare le stava strappando l'anima.

    Era troppo sconvolta per concentrarsi quanto avrebbe dovuto sulla questione riguardante Kato. Orochimaru non aveva intenzione di perdere tempo. La abbraccio come avrebbe fatto un padre amorevole, prima di prenderle il volto e portarlo a sè, asciugandole le lacrime con un dolce gesto della mano.
    Sh, sh, sh, no, non fare così E' storia passata ormai, non soffrire più. Vedi, ciò che Febh non capisce è che io ho preso il controllo proprio per questo. Eri distrutta, spezzata da tutto ciò che ti era successo, e solo i Kami sanno quanto dolore prova una donna nel momento del parto. Ho preso forzatamente il controllo per salvaguardare la tua mente, spezzata dalla tua sofferenza per quel Raizen. E quell'imbecillotto del guardiano ha pensato volessi approfittare di qual momento. Ma se non fosse stato per me, tu ora non saresti qui a parlare, con due splendidi figli che ti aspettano. Perchè mai dovrei mentire? Se volessi avere il controllo approfitterei anche di questo momento.E invece guardami! Sorrise amorevole, sorreggendo il suo volto con le mani. Io voglio solo il meglio per la mia Erede. Ma loro non lo sanno, non lo capiscono. Per troppi anni ho tradito la loro fiducia. Hebiko. Si fece serio. Non devi mai parlargli del nostro legame.
    Io... annebbiata dalle lacrime, la ragazza deglutì, annuendo debolmente. Orochimaru sorrise, e dando prova delle sue incredibili doti da attore provetto, le fece chinare appena la testa, baciandole la fronte.
    Brava la mia bambina. Ora và, e pensa a reincontrare i tuoi figli.


    I-I miei bambini... Farfugliava, ferita. Sembrava quasi che faticasse a parlare. Pensava e ripensava a loro, cercando di associargli un volto ed un nome. Delle immagini sfocate iniziarono a crearsi nella sua mente, e pian piano, iniziò a ricordare due nomi. Solamente altri due nomi erano importanti quanto quello di Febh e di Raizen nella sua vita. E sarebbero stati quelli i nomi che avrebbe associato ai due figli. Forse rompendo il ritmo in quella recita perfettamente orchestrata. In lacrime, singhiozzando ferita, avrebbe finalmente parlato, rivelando il suo ricordo annebbiato:

    V-Voglio il mio Darwin. Ed il mio Kaji. Portameli, Febh. Portami i miei bambini.

     
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    Fine e Inizio


    Post 6 ~ Bosco

    La schiena dell'uomo davanti a me si allontana sempre di più, nonostante faccia del mio meglio per seguirlo. Sfreccio tra gli alberi contorti, abbassandomi per evitare i rami più bassi o sterzando lateralmente quando un tronco obliquo mi si para davanti. Ansimo ad ogni respiro, con i polmoni in fiamme che chiedono pietà, ma non posso concedere loro nessun riposo. Stringo i denti e batto forte i piedi sul terreno coperto di foglie morte, con la paura di scivolare ad ogni passo.

    Forza Harumi! Sei lenta! Le parole mi raggiungono a fatica. Ashiro non si volta, preso dal suo inseguimento. Vorrei gridargli di aspettarmi, ma non posso, non voglio farlo. Diogene-sama si era fidato di me, aveva detto che ero pronta. Mi passo una mano sulla faccia, cercando di togliervi sudore e stanchezza. La mia prima missione. Ero rimasta sveglia fino a tardi, rigirandomi nel letto di Villa Mikawa, troppo agitata per prendere sonno. Finalmente potevo mostrare all'uomo che mi aveva accolta in casa sua che non ero inutile, che anche io valevo qualcosa.

    Una radice che spunta dal muschio mi fa perdere l'equilibrio e cadere in avanti. In qualche modo riesco a rimanere in piedi e mi fermo qualche metro più in là, esaurito l'impeto della corsa. Appoggio di istinto le mani sulle ginocchia e mi accorgo che tremano, spinte troppo oltre le loro capacità. Copiose gocce di sudore cadono a terra, assorbite dal folto sottobosco. La tentazione di rimanere in quella posizione è forte, ma mi obbligo a rialzare la schiena.

    Solo allora realizzo che qualcosa non va. C'è troppo silenzio intorno a me. Inizio a vagare con lo sguardo in ogni direzione con crescente disperazione.

    A...Ashi...ro...? Con la bocca spalancata fatico ad articolare il suo nome.

    L'incertezza dura solo un istante. Mi ha lasciato sola. E quel che è peggio, è la consapevolezza che la colpa non è sua. Ha una missione da portare a termine. La colpa è mia. Anche io ho una missione da portare a termine. Solo che io, a differenza sua, non ne sono in grado. L'ho appena dimostrato.

    Mi passo ancora una volta il dorso della mano sul volto e mi accorgo di stare piangendo. Sono lacrime quelle che scendono dai miei occhi. Ci tenevo, ci tenevo davvero. Eppure, continuavo a fallire. Mi raggomitolo su me stessa e cingo le gambe con le braccia, paralizzata.

    Non ci avevo fatto caso durante l'inseguimento, concentrata come ero sul mantenere il passo, ma la foresta è immersa nella penombra, con i suoi grossi rami frondosi aggrovigliati tra loro a formare una sorta di soffitto vegetale che impediscono alla luce di raggiungere il suolo. Uno scricchiolio alle mie spalle mi fa sobbalzare, mi volto, ma non vedo nulla.

    Il respiro accelera di nuovo, anche se sono completamente immobile. Fatico a mettere a fuoco davanti a me e batto ripetutamente le palpebre. Il sudore inizia ad appicicarmisi addosso, provocandomi dei brividi freddi lungo la schiena.

    Aiuto... La voce è un sussurro roco. Qualcuno mi aiuti... Chiunque, andrebbe bene chiunque. Mi afferro la testa con le mani. Nessuno, non riesco a richiamare alla mente alcun volto. Neppure quello del mio compagno di missione, che avevo appena perso di vista. Stringo le palpebre, ma niente. Ci sono altre persone che abitano sotto il mio stesso tetto. No, non riesco ad essere sicura neppure di ciò. Non me ne ricordo. Perché non mi ricordo di nessuno? Spingo più a fondo le dita tra i capelli fino a farmi male. Niente, non mi sveglio. Non è un sogno: è un incubo ad occhi aperti.

    Ho freddo. Il muschio contro la mia guancia è umido, lo sento più che vederlo nell'oscurità. Non so come mi sono ritrovata a terra, ma mi raggomitolo in posizione fetale alla ricerca di un conforto che non trovo. Non capisco cosa sta succedendo, so solo che ho paura. Chiudo gli occhi. Decine di persone con il volto privo di lineamenti, simile ad una liscia maschera bianca mi fissano, emettendo rantolanti incomprensibili. Riapro le palpebre di scatto. Con uno spasmo, il mio corpo smette di tremare. Si è rassegnato. Morirò lì, da sola, come ho vissuto. Deve essere così, è naturale. Se non mi ricordo di nessuno, è perché non conosco nessuno. D'altronde, a chi potrebbe importare qualcosa di me? Di una stupida, debole ragazzina?

    Cra. Rimango immobile.
    Craa. Sono già morta?
    Craaa. Almeno sarò servita a qualcosa. Almeno riempirò la pancia a qualche corvo.
    Craaa! L'insistenza del rapace è fastidiosa. Con estrema lentezza, alzo la testa per cercarlo tra i rami. Mi fissa con i suoi occhietti intelligenti, così vicino che posso vedermici riflessa. Ha un'aria familiare. Lo fissò con attenzione. Il volatile si pulisce le penne con l'appuntito becco rosso. Rosso. Qualcosa mi si scioglie nel petto, il peso che mi opprimeva il cuore viene violentemente scostato e posso tornare a respirare pienamente. Non sono stata abbandonata.

    Il corvo si alza in volo, librando placidamente tra le fronde.
    A casa... Portami a casa... Lo intravedo appena, le ali nere immerse nel buio, ma seguo il suo gracchiare. Aggrappata disperatamente a quel filo di speranza.
    Portami a Villa Mikawa!

    [Conoscenze sbloccate]


     
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    The Masquerade


    La Più Grande delle Minacce • Capitolo VII

    Dalla folla circostante si palesò una nuova figura, qualcuno che Munisai non aveva mai visto né allo Psycho Circus né altrove a Oto. Un tale dall'abbigliamento strambo e dai passi di danza letali, e non in senso buono. Costui e il rosso avrebbero potuto fare a gara a chi fosse vestito in maniera più pacchiana e a chi ballasse nella maniera più discutibile, e se nel primo confronto probabilmente il padrone di casa avrebbe vinto con un buon margine, nel secondo lo sconosciuto avrebbe completamente annientato il suo competitor.
    Molti avrebbero potuto avere da ridire sulle capacità danzerecce di Munisai, tuttavia Mahoashi apparteneva a tutt'altra categoria. Il solo fatto che si fosse presentato come un ballerino professionista sarebbe stato sufficiente a far crollare la credibilità di tutta la messinscena, dato che di "magico" i suoi movimenti avevano solo la capacità di provocare la più straziante sofferenza psicofisica in chiunque avesse la sventura di osservarli.
    Ma il ragazzone era troppo scosso e confuso per cogliere l'indizio, quindi si limitò ad ascoltare perplesso mentre il tizio dagli occhiali finti dichiarava che lui e i suoi sottoposti, gli autori dell'aggressione, erano stati assoldati nientemeno che dal signor Kanashige per farlo fuori. L'accusa era aver ucciso e preso il posto del vero figlio del magnate, rubandone dunque l'identità.
    Quelle informazioni ci impiegarono un tempo fin troppo lungo ad essere assorbite dal ragazzo, come se il suo interlocutore avesse parlato una lingua incomprensibile.
    Ma di che cazzo stai parlando?
    Ma il giovane non aveva tutto questo tempo per vagliare quelle assurde parole, perché nel frattempo il manipolo di sgherri imbacuccati era stato incitato a riprendere l'attacco, e a finire ciò che aveva iniziato.
    Ne erano rimasti in nove dopo l'attacco del rosso, il solo che fosse riuscito a portare e che gli aveva anche permesso di impadronirsi di un coltello, che ora stringeva saldamente nella mano sinistra.

    Due degli energumeni subito guadagnarono la mischia, avanzando fianco a fianco, per poi procedere con un affondo di lama ognuno a una coscia della vittima.
    Il ragazzo non fu abbastanza reattivo, anche e forse soprattutto a causa delle presunte rivelazioni snocciolate con tono di scherno dal capobanda. Fortunatamente un corpo allenato alla battaglia riesce a reagire anche quando la concentrazione non è al massimo, ma era fin troppo irrealistico sperare che ciò da solo sarebbe bastato in una situazione che si faceva sempre più disperata.
    La gamba sinistra scattò all'indietro mentre il busto compiva una torsione in senso antiorario, ritrovandosi così a dare il fianco destro ai nemici. Ciò gli permise di schivare la pugnalata al quadricipite sinistro.[SD1]Impasto: Bassissimo
    Rif: 225

    L'altra, invece, andò pienamente a segno.
    Alle spalle dei due subito comparve una terza persona che portò un fendete orizzontale all'altezza del petto, che fu bloccato abbastanza agevolmente andato a fermare il braccio armato con il taglio esterno dell'avambraccio sinistro.[SD2]Rif e Res: 200
    Nel frattempo Mahoashi si godeva lo spettacolo, continuando a rivolgere parole sprezzanti alla sua preda.

    Munisai sentiva ogni cosa, ma si sforzava di schermarsi da quelle aggressioni verbali che si sarebbero potute rivelare nocive quanto il più insidioso degli attacchi, in quel frangente dove distrarsi e commettere un passo falso implicava morte istantanea.
    Al momento non poteva permettersi di registrare a livello emotivo nulla che fosse alieno alla battaglia in corso. Anche quello faceva parte del suo istinto di sopravvivenza, probabilmente.
    Doversi focalizzarsi sulla situazione che aveva davanti, che poteva vedere e toccare con mano, strano a dirsi, era qualcosa di estremamente rassicurante. E non importava quanto pessima fosse la piega che avevano preso le cose, o quanto alta fosse la posta in gioco, poiché l'alternativa sarebbe stata riflettere su ciò che quel ballerino da strapazzo gli stava confessando.
    Contemplare la possibilità che nulla di ciò che credeva di sapere di sé e della propria vita fosse reale.

    Una nuova ondata di tre sicari si abbatté su di lui dalla sinistra.
    Il primo cercò di ferirlo al braccio più vicino portando un fendente con il pugnale. Il rosso riuscì ad intercettare e deviare la traiettoria dell'arma frapponendo la propria in uno scontro metallico.[SD3]Impasto: Bassissimo
    Rif: 225

    Peccato che altri due farabutti fossero pronti a capitalizzare sulla distrazione fornita dall'attacco del loro compare, lanciandosi in due affondi di coltello volti a trafiggere l'addome del ragazzo, portati in rapida successione. Istintivamente Munisai inspirò con vigore tirando la pancia all'indentro per aumentare il più possibile la distanza tra la punta dell'arma e il proprio corpo, mentre, simultaneamente, il taglio esterno dell'avambraccio destro andava ad agire sul braccio avversario, bloccandone l'avanzata.[SD4]Impasto: Bassissimo
    Rif: 225

    Il secondo scagnozzo fu abile nel seguire l'azione del predecessore e nel valutare il momento migliore per colpire prendendo la vittima in controtempo, avanzando ed incalzandolo da vicino.
    Il giovane si ritrovò così con una coltellata in pancia.
    Urgh!
    Si portò una mano all'ennesima ferita, sgranando gli occhi mentre gli avversari in mischia sgombravano lasciando campo libero ai tre compagni che si erano tenuti a distanza, i quali tirarono fuori degli spiedi.
    Merda!
    Il rosso fece del suo meglio per evitare di diventare un puntaspilli, aiutandosi ancora con il chakra per quanto possibile. Mentre i nemici scagliavano le loro armi, lui cercò di scartare a sinistra per mettersi in salvo, tuttavia i danni sostenuti erano ormai fin troppi e non gli consentivano più di agire o reagire in maniera efficace. Complice anche la gamba destra ingiuriata, il movimento non fu tempestivo come sperato e più che uno scarto laterale sembro più un tuffo disperato e maldestro.[SD5]Impasto: 1/2 Basso
    Rif: 250

    Fu così che, dopo essersi comunque beccato due spiedi nell'addome e uno nel pettorale destro, il ragazzo si schiantò rovinosamente sul pavimento della pista da ballo. E lì restò, ansimante ma immobile.

    Nessuna delle ferite che aveva sofferto poteva dirsi di grave entità. Il problema era il loro costante accumularsi su buona parte del corpo, e specialmente sul tronco. Goccia a goccia stava perdendo sempre più sangue e i dolori si facevano progressivamente più difficili da tollerare.
    Sapeva di essere messo male, vicino a ciò che era umanamente lecito pretendere dal suo fisico prima del collasso. Era facile prevedere che non sarebbe sopravvissuto ad un altro assalto del genere.
    Stava dunque per morire?
    Sentiva la stanza diventare fredda. L'unica cosa a spezzare i suoi brividi il calore del respiro che, esalando irregolare dalla bocca, rimbalzava sul pavimento sfiorandogli il viso.
    Si dice che quando la morte è prossima tutta la vita ci scorra davanti agli occhi. Tutti gli eventi, lieti o dolorosi, le conquiste, i fallimenti, in un battito di ciglia tutti i momenti salienti della nostra esistenza vengono rievocati.
    I propri preziosi ricordi. Ma il rosso non avrebbe goduto neanche di questo ultimo, piccolo conforto. Non lui, che aveva perso ogni certezza sulla propria identità e su tutto ciò che aveva dato per scontato fino a quel momento.
    Stranamente il pensiero della morte imminente, per quanto atroce e penoso, passò in secondo piano rispetto alla presa di coscienza di un terrificante stato delle cose.
    Era tutto fasullo. Il suo passato, la realtà stessa su cui poggiava ogni sua convinzione.
    Non era la persona che credeva di essere, non l'era mai stato.
    Munisai non voleva credere alle parole del ballerino, e di certo non si fidava di qualcuno che stava cercando di fargli la pelle, tuttavia era indubbio che ci fossero delle incongruenze tra i suoi ricordi e i fatti che si stavano verificando grosse come una casa.
    A partire da quelle capacità in combattimento così estranee a tutto ciò che aveva sempre saputo di sé.
    E la roba da shinobi? Vogliamo parlarne?
    Si era improvvisamente ricordato di conoscere alcune tecniche che erano palesemente prerogativa di chi aveva almeno una qualche infarinatura nelle arti ninja. Quando le aveva apprese, e come?
    Scandagliare i cassetti della memoria fu ancora una volta infruttuoso.
    In base a ciò che sapeva, nulla avrebbe dovuto essere più inverosimile. No, non Munisai Kanashige, l'arrogante e viziato figlio di un uomo che aveva barattato tempo e attenzioni verso il proprio primogenito con denaro frusciante. Non Munisai, al quale bastava uno schiocco di dita per ottenere qualsiasi cosa volesse. Mettersi a studiare il chakra e imparare a utilizzarlo sarebbe stato follia pura, un'inutile spreco di tempo. Tutto ciò portava ad un'unica conclusione possibile.
    Mahoashi, in una qualche misura, diceva il vero. Il rosso era un impostore.
    Ammetterlo a se stesso richiese un notevole sforzo, ma non vedeva alternative. Ma quindi, se lui non era Munisai Kanashige, allora chi era?
    A dar retta al suo aguzzino, un criminale specializzato nel fingersi qualcun altro prendendone il posto per convenienza, tanto meticoloso nel suo agire da assumere alla perfezione non solo le sembianze ma anche i ricordi dell'individuo che andava a rimpiazzare, sostituendoli ai propri. Era lecito però credere che qualcuno del genere avesse conoscenze ninja?
    Sì, lo era. I suoi raggiri sarebbero stati quasi impeccabili proprio grazie ad esse.
    Eppure nel suo modesto arsenale non c'era nulla di utile ad una simile causa. Non conosceva jutsu per rubare o modificare i ricordi, e la Henge, qualora fosse stata attiva, si sarebbe dovuta disattivare da un pezzo, con tutti i danni subiti. Forse il suo aspetto era frutto di un cambiamento semipermanente, come un intervento di chirurgia. Forse il Cuculo aveva qualche complice che si occupava dei ricordi. Erano tutte possibilità, ma ce n'erano delle altre.
    Se fosse stato uno shinobi? Se fosse rimasto vittima di un complesso Genjutsu e vi fosse tutt'ora intrappolato? Era possibile che tutto ciò che aveva intorno, tutto ciò che stava vivendo non fosse reale, che fosse solo nella sua testa. Come un incubo da cui non ci si può risvegliare, eterno e che non lascia scampo. Sofferenza senza una fine, mentre il corpo reale marciva chissà dove.
    Il solo pensiero provocò dei tremori di puro terrore nel ragazzo. Ragazzo, poi. Magari non era né giovane né rosso di capelli.
    Non sapeva più nulla, non si fidava più di niente. Non c'erano appigli ai quali aggrapparsi.
    Non aveva modo di distinguere la realtà dalla finzione.

    Il danzatore riprese a parlare, e la sua voce arrivava stavolta dalle sue spalle, come un'eco lontana.
    Il povero disgraziato, ancora riverso a terra, si decise finalmente ad alzarsi, con estremo sforzo e tossendo un po' di sangue. Riguadagnò la posizione eretta, per quanto piegata dal dolore e dalle ferite, ritrovandosi faccia a faccia con lo strampalato sicario. Questi lo attaccò, ben più veloce dei suoi gregari. Munisai lo osservò con sguardo spento, neanche tentando di difendersi da quel calcio che lo colpì dritto all'addome, facendogli curvare appena il busto.

    Quando gli fu offerta una scappatoia, la possibilità di fuggire lasciandosi il Suono alle spalle per mai più ritornare, i suoi occhi si spostarono pigramente verso la sua destra. Indugiò per alcuni lunghi secondi sull'uscita del locale situata oltre un neanche troppo nutrito gruppo di ospiti.
    La salvezza poteva essere a portata di mano. Certo, magari lo avrebbero pestato ancora un po', gli avrebbero tagliato via qualche pezzo, come aveva minacciato il ballerino impedito, ma poi sarebbe stato libero. E vivo.
    Perché dovrei fidarmi della tua parola? chiese con tono piatto.
    Già, perché? Perché prendersi la briga di mettere su quel casino, conciandolo quasi in fin di vita...per poi lasciarlo andare?
    In fondo lo avevano in pugno, perché rischiare le ire e la ricompensa del committente, il signor Kanashige?
    No, non lo convinceva. Per come la vedeva il rosso, quel pezzo di merda voleva solo divertirsi ad alimentare una flebile speranza nella propria preda, per poi sgretolarla senza pietà.
    Ma c'era dell'altro.
    Se anche fosse riuscito a lasciare quei luoghi, cosa ci sarebbe stato fuori dalle mura di Oto per lui?
    Si poteva davvero definire vita un'esistenza priva di ricordi, di un'identità? Senza un'origine, avrebbe vagato come uno spettro senza meta, tirando a campare in preda al dubbio e al rimpianto.
    Scegliere la strada più facile e sicura era l'unica cosa che non si sarebbe perdonato, arrivato a quel punto. Il sentiero della verità era l'unico che valeva la pena di percorre, anche se questo lo avesse condotto alla morte. D'altronde non era neanche certo di essere ancora vivo, di essere cosciente. Quello poteva essere il suo personale inferno, il suo castigo perenne. La sua malattia mentale che lo rendeva prigioniero.

    No. disse d'un tratto, come ridestandosi da un lungo letargo.
    Io non mi faccio dare ordini da un pidocchio come te.
    Una delle poche certezze che ho, come tu stesso hai ammesso, è che sono otese.
    E da qui non mi muovo.

    I suoi occhi sembravano ora lottare per trapassare la patina che li copriva. Il cuore batteva più forte. La mente, sull'orlo dello sfacelo più totale, si sforzava di restare lucida e presente. Il corpo era spezzato in molti modi, ma non voleva soccombere.
    Il giovane poteva aver perso ogni certezza sulla propria esistenza, ma non aveva perso la capacità di autodeterminarsi. Non aveva perso la propria indole battagliera e ardita, a tratti incosciente. Non aveva perso la fame che aveva dentro. Altrimenti perché continuare a sollevarsi? Perché continuare a lottare, a dispetto di tutte le avversità?
    Fanculo tutto, lui voleva delle risposte. E sapeva che avrebbe potuto trovarle solo da quelle persone in quell'edificio, non altrove. Nel cuore del Suono, non al suo esterno. E se il prezzo per ritrovare se stesso, il vero se stesso, fosse stato la morte, ebbene avrebbe accolto il suo destino con il ghigno che lo aveva sempre caratterizzato.

    Aveva solo una possibilità, un'unica carta da poter giocare che copriva una singola eventualità che avrebbe potuto spiegare ciò che gli era accaduto.
    Facciamola finita.
    Munisai, restando a poco più di un metro da Mahoashi, alzò appena la mano che brandiva ancora il coltello ma , anziché attaccare come il gesto poteva suggerire, avrebbe lasciato cadere l'arma ai propri piedi con un rumore sordo.
    Se il sicario l'avesse guardato in faccia, avrebbe visto un sorriso decisamente psicotico curvargli le labbra. La mano destra del rosso, con le dita unite come a formare una lama, avrebbe raggiuntoImmagino che un gesto autolesionista non richieda Slot Azione, ma in caso contrario ne ho uno a disposizione e lo utilizzo. senza indugio una ferita aperta presente sul suo stesso corpo, in corrispondenza del fianco sinistro. Le dita penetrarono quasi per metà nel taglio e si piegarono al suo interno, provocando un acuto e persistente dolore al giovane.
    Raaaaargh! Anf...anf...
    Non sprecò una goccia di quella sofferenza, unendo subito le mani mezze sporche di sangue in un singolo sigillo, quello della Tigre, prima di urlare con tutto il fiato che aveva in corpo.[ST1&2]Consumo: Basso + 1/2 Basso
    Efficacia Rilascio: 45 (15 Base + 30 Status Medio autoinflitto)
    Efficacia Genjutsu (Modificare i Ricordi): 40

    KAI!

    Se il Rilascio fosse andato a buon fine annullando l'arte illusoria di Eiatsu, i ricordi fasulli sarebbero spariti all'istante e la mente del rosso sarebbe stata invasa impetuosamente da tutte le esperienza vissute dal passato remoto fino a quello più recente.
    Avrebbe ricordato di come non fosse affatto figlio di un riccone e di come praticamente non avesse neanche avuto un'infanzia, figurarsi poi una vissuta nella bambagia. Avrebbe ricordato dell'orfanotrofio, della sua fuga dalla Neve, del suo errare, delle sue avventure. E di come il suo cammino l'avesse infine condotto in quel Villaggio, dove aveva scelto di mettere radici per crescere forte e robusto come l'imperturbabile quercia che dà riparo e ristoro.
    Un antico palazzo, delle sfavillanti colonne di energia, poi uno tsunami di sangue nero. Un tizio strambo con gli occhiali finti, proprio come quelli di Mahoashi, e l'incoronazione di un Kage.
    Il viaggio nelle più cupe tenebre del proprio cuore.
    E ora, eccoci qua.


    L'improvviso sovraccarico di informazioni fece girare la testa al ragazzo, il quale fu costretto a poggiare un ginocchio e una mano a terra per non stramazzare al suolo. Il suo fisico stava per capitolare e il suo nemico avrebbe potuto dargli il colpo di grazia senza alcuna fatica.
    E allora cos'era quel ghigno soddisfatto e sollevato, cos'erano quegli occhi verde acido vispi e strafottenti?
    Munisai aveva ritrovato Munisai, ecco cos'era accaduto.
    "Falso Munisai", dici. HAHAHAHA! si sarebbe messo a fatica all'impiedi.
    Io sono l'unica cosa autentica in questa baracca di merda.
    Si guardò intorno osservando tutti gli astanti, prima di tornare a scrutare il sedicente ballerino.
    Pare che io sia stato invitato ad un ballo dove tutti indossano una maschera, e che una maschera mi sia stata affibbiata a mia insaputa.
    Guardò l'uomo senza rancore, più che altro cercando di studiarne la reazione. Era troppo felice di aver sollevato il velo che offuscava la sua vista e la sua mente per farsi prendere dall'ira.
    Ma la commedia è finita. La mia faccia è ormai allo scoperto, e sono a conoscenza della falsità della vostra.
    Io sono Munisai Kanashige
    proclamò infine, grave.
    E da oggi in poi sono un abitante e shinobi di questo Villaggio. La strada che conduce ai miei desideri passa da qui, e io preferisco morire piuttosto che tradirli.
    Pertanto, come ho già detto, io da qui non mi muovo.

    Il tono di pura determinazione era solo in minima parte scalfito dalla sofferenza fisica che gli lacerava le carni. Oltretutto cominciava ad avere difficoltà anche a respirare, e quando lo faceva poteva udirsi distintamente un sibilo tutt'altro che rassicurante.
    Diede alcuni colpi di tosse, sputando poi a terra un bel po' di sangue.
    Se proprio devi accopparmi, vedi di fare alla svelta.





    Statistiche Primarie
    Forza: 200
    Velocità: 200
    Resistenza: 200
    Riflessi: 200
    Statistiche Secondarie
    Concentrazione: 200
    Agilità: 200
    Intuito: 200
    Precisione: 200
    Slot Difesa
    1: Schivata
    2: Parata
    3: Parata
    4: Parata
    5: Schivata
    Slot Azione
    1&2: Convertiti in SD
    3: ///
    Slot Tecnica
    1&2: Rilascio
    Equipaggiamento
    Coltello (Pot 10)

    Note
    Status Dolore Medio: Round 1/6


     
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    [Hebiko]

    Quasi tutto segiva il copione che era stato predisposto, per quanto lo Yakushi ritenesse un filo crudele creare dei finti figli...ma Hebiko aveva una fragilità interna che la rendeva una preda facile del nemico, come il misterioso informatore anti-Diogene di cui non aveva mai rivelato l'identità (anche se Febh qualche sospetto lo aveva) o come il mostro che aveva lasciato parte della sua mente all'interno della sua Erede. Quella recita doveva essere un trauma emotivo, un trauma tanto grande da rendere evidente Orochimaru...o da spezzare per sempre sua figlia. In entrambi i casi sarebbe stata un pericolo per Oto e per sè stessa...ma se avesse superato il trauma, uscendone temprata, allora non avrebbe più avuto nulla da temere.

    Era una scommessa che purtroppo doveva essere intrapresa, o Hebiko sarebbe stata perduta. Meglio averla, anche se offesa e furiosa, piuttosto che perderla per sempre. I tuoi figli? Beh, immagino siano all'Ospedale con Ledah...hai insistito tanto che apprendessero le Arti Mediche, no? Sono studenti quindi è presto, ma meglio farsi le ossa anche da piccoli. Non erano stati stabiliti dei nomi, l'arte di Eiatsu non era perfetta, ma poteva dare suggerimenti che poi il cervello completava da sè, seguendo il percorso emotivo e meno razionale, così da evitare di mettere in mostra le troppe incongruenze che potevano emergere a una seria introspezione. Per questo quando lei rinnovò la sua richiesta, facendo quei nomi, lui rimase francamente e inequivocabilmente spiazzato per una frazione di secondo...da dove diavolo le era uscito quel nome? Non Darwin, che era probabilmente frutto di una demenza latente, ma Kaji...perchè proprio quel nome fra milioni di altri? Perchè proprio il SUO nome? Non avevano mai chiarito gli eventi del Bosco dei Sussurri, non c'era stato il tempo, ma quel nome mise un sassolino sulle rotaie della recita che era stata perfetta fino a quel momento. Er...ehm...si...da Ledah, come dicevo...ma proprio Kaji? Sai...ora che ci penso...come mai avevi...ehm...deciso di chiamarlo proprio così?

    Intanto che parlava fece per andarsi mentre il piccolo Shijin trotterellava al fianco del padre e tutti e tre si incamminavano oltre la porta. Non sarebbero mai arrivati in ospedale, quello era il copione, ma ora Febh era straordinariamente curioso di sapere cosa fosse capitato...e comunque restava il problema di capire se Orochimaru aveva o meno il controllo. Usciti dal'ufficio, il trio si sarebbe trovato nel corridoio del secondo piano dell'Amministrazione che entrambi conoscevano molto bene (strano forse notare l'assenza di cambiamenti nel decoro, ma anche gli scagnozzi di Gene non potevano avere tutto sotto controllo...inoltre quella roba era stata acquistata all'ingrosso in più copie viste le ripetute demolizioni dell'edificio, con scorte di doppioni che sarebbero durate per un secolo o due), ma Febh in qualche modo avrebbe rallentato il passo per approfondire il discorso Kaji, ma cercando anche di restare sul tema del copione.

    Un'altra cosa che non mi hai mai detto è quando hai percepito Orochimaru la prima volta. C'è stato quell'episodio con Manda, ricordi? Ti ho trattata un pò male e mi dispiace, ma era necessario, lo sai. Era capitato di nuovo? Quello farebbe di tutto per tornare in vita e controllare ogni cosa, lo sai. E' una vecchia serpe, non bisogna mai fidarsi. Per un momento stavi per chiamare tuo figlio come lui e ho temuto avessi di nuovo perso il controllo...poi lo hai chiamato Kaji però...già. Nome buffo, mi ricorda qualcosa ma non saprei proprio dire che cosa e poi... Il piccolo Shijin, come da copione, stava per avvicinarsi alle scale da cui dovevano scendere per dare il via alla scena successiva ma Febh lo trattenne. Doveva sentire quella risposta, anche se il piccolo lo guardò con aria offesa per esser stato bloccato. Il momento peggiore poi è stato alla riunione in cui abbiamo eletto Gene Kage...ricordi il tuo clone che avevo creato? Chi avrebbe mai pensato che fosse Orochimaru al comando della sua mente? E' vissuto solo tre giorni ma se avesse raggiunto il frammento dentro di te chissà cosa sarebbe successo?

    Venne però il momento di andare avanti, e lasciò che Shijin corresse verso le scale. Stai attento, impiastro! Lo ammonì bonariamente il padre, ma mentre il piccolo scendeva il primo gradino ecco che un grido belluino venne da sotto, con alcuni impiegati che urlavano terrorizzati (erano in realtà voci registrate di quella volta che Febh impose il venerdì casual senza capire che ci si riferiva solo ai vestiti e non all'intera quotidianità...pare che diversi ancora urlino in manicomio dopo quel venerdì di terrore caotico) e pochi istanti dopo il bambino venne sbalzato contro il muro da uno spostamento d'aria, mentre una sagoma enorme atterrava con un balzo davanti a loro nel mezzo del corridoio. UUUERAAAAHHHH!!!! Shijin stava bene ma era molto vicino a quell'essere, e Febh fu abbastanza nella parte da tradire vera tensione e preoccupazione (era preoccupato per Hebiko e non certo per il bambino, ma dettagli). Questo è quello che rimane di lui...di Raizen

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    . Non ha nemmeno più l'udito, parlargli è inutile... solo una bestia che distrugge tutto...capisci perchè va fatto quello che va fatto, si?
    I lineamenti erano distorti, la stazza deforme, ma quello era inequivocabilmente Raizen (un buon intervento chirurgico unito ai ricordi impiantati). Ed era un mostro. Io prendo Shijin...tu riesci a tenerlo a bada? Ricordati che per colpa del Vuoto lasciato dalla volpe lui attacca direttamente la mente se ti tocca...se Orochimaru non è perfettamente sigillato al tuo interno, del tutto incarcerato, anche un tocco fugace potrebbe liberarlo!


    [Munisai]

    Non puoi fidarti, ma meglio che star qui fermo a farti pugnalare, no? E Mahoashi si esibì nel dirlo in un passo di danza che prevedeva l'accucciarsi e il calciare in avanti in maniera tanto disarticolata e sgraziata, che cadde diverse volte col sedere a terra, puntellandosi con una mano e finendo in qualche assurdo modo a pancia in giù prima di rialzarsi scivolando un paio di volte. Si chiama Break_Dance, pivelli. Qualcuno vomitò. Forse Mahoashi stesso.

    Ma intanto Munisai era passato all'introspezione, forse troppo provato per raccogliere adeguatamente le forze e reagire. Non restava che guardare dentro la sua mente e dentro la sua anima per capire cosa fare. Una scelta, alla fin fine lo spietato assassino gli stava porgendo una scelta: morire subito o morire dopo, nell'ignoto. Lasciare Oto o meno. La Scelta dell'Orco. Ma la sua vittima decise di non scegliere, l'unica soluzione sensata. Decise di alzarsi e rifiutare tutto quello che vedeva. Decise che era Otese, e che questo era l'unico punto fermo a cui aggrapparsi. E lo fece con tutto quello che restava della sua forza di volontà, aprendosi ancor di più una grave ferita e usando quel briciolo di coscienza che restava per spezzare l'illusione.
    Metà delle ferite sparirono, così come parte della folla e diversi aggressori, mentre gli altri si rilassavano. Lentamente i ricordi refluirono nella sua mente nel modo corretto, portandolo a minacciare persino il killer che lo doveva uccidere e che in tutta risposta sorrise in maniera enigmatica

    persona_5_1



    Oh, quindi sei Munisai e pensi che Oto sia il tuo posto? In questo caso...la morte è l'unica opzione. Tese una mano, afferrando il ragazzo a distanza col chakra adesivo con una forza e una velocità contro cui sarebbe stato semplicemente impensabileStatistiche: Energia Nera opporsi, e lo prese per il collo, sollevandolo da terra. L'aspetto di Mahoashi mutò fino a rivelare Febh Yakushi, ex amministratore di Oto. Voleva vedere la faccia del ragazzo di fronte a una morte certa, e avrebbe cambiato aspetto solo dopo aver visto la sua espressione, quale che fosse, allentando la presa. Il Cuculo muore. Così come il teatro in cui viveva, perchè egli esiste solo nella finzione. Tu sei Munisai, e questa è la verità, ragazzino. E Munisai resterà a Oto, come shinobi. Per i suoi desideri. Ma ricorda sempre che a Oto il desiderio più grande divora il più piccolo. Ricordati che non sempre affrontare le cose a muso duro è la soluzione. Scegli sempre con cautela quando piegarti e quando invece spezzarti. Oto non guarda al mezzo, oto E' il mezzo. Ma il fine è tutto ciò che conta. Lo lasciò andare. Ci sono persone che ti cureranno. Datti una lavata, nuovo portatore del Sole. E raggiungi me e il tuo Kage davanti al suo palazzo.

    E così dicendo se ne sarebbe andato, lasciandolo solo con gli assassini che si sarebbero in realtà presi cura di lui.


    [Kato]

    Oh. Un sopravvissuto. Era stata una voce sibilante, velenosa almeno come un cattivo consiglio dato con malizia, a spezzare il silenzio angosciante attorno allo Yotsuki che si era riappropriato del suo cognome. Era una voce che conosceva. Non temere, i soccorsi stanno arrivando. Finalmente la battaglia è finita. Ma non c'era rassicurazione in quella voce che pareva venire da due piccoli puntini accesi di una luce gialla e sinistra, che si muovevano ondeggiando tra le macerie, sempre più vicino. Ah! Disse la voce, come riconoscendolo. Kato. Sei tu, molto bene. Una risorsa insostituibile per Oto. Lo raggiunse infine, scivolandogli sulla guancia nel buio...fredda e quasi metallica al tatto: era una piccolissima serpe violacea dagli occhi gialli. Sono Hebiko, le mie capacità mi rendono facile intrufolarmi tra le macerie in cerca di sopravvissuti. I movimenti dello Yotsuki spostarono qualche maceria facendo piovere della polvere ma al contempo garantendo a un briciolo di luce in più di bagnare la nuova arrivata. Il serpente stava sorridendo.

    Finalmente possiamo parlare senza che tu mi dia addosso di continuo. Siamo alla pari, ma non mi rispetti affatto, vero? Il serpentello oscillò con la testa, quasi gongolante. Mi chiedo se non dovrei far tardare un pò i soccorsi, giusto per fartela pagare un pochino. Ammetto di avere un brutto carattere, ma tu mi tratti davvero troppo male. E fece guizzare la lingua tra i denti velenosi. E dire che le cose sarebbero potute essere più leggere e gratificanti per entrambi, se solo fossimo stati un pò più rilassati... Gli si avvicinò al volto, in quello spazio angusto. Ho avvisato i soccorsi, non temere. Devi fidarti di me, che ti piaccia o meno sono la tua unica possibilità di salvezza, se per caso perdessi i sensi non devi preoccuparti di nulla.

    Ma visto che abbiamo un pò di tempo per noi...mi vuoi raccontare come mai ce la hai così a morte con me...con gli Yotsuki e con tutto il mondo? Tanto non può sentirci nessuno, e potresti anche morire prima che arrivino i soccorsi...male che vada recupereremo il Sigillo Maledetto dal cadavere, non preoccuparti troppo. Come era il tuo demone, a proposito, lo hai domato facilmente? Io col mio ho penato un bel pò. In effetti concentrandosi avrebbe sentito rumori ovattati provenire da oltre le rovine, ma di cosa si trattasse non ne aveva idea. Certo che è stato un Jutsu invidiabile quello dell'avversario...fuoco mirato agli esplosivi, nemmeno sapesse dove si trovavano. Sai che Haru e Kunisai non ce la hanno fatta? Un vero peccato, ma i Sigilli sono in buone mani. Ora stai calmo e rilassati. Parliamo un pò. Oto è grande e vive, e mette sempre a suo agio i suoi ninja, li difende e protegge da ogni male. E' per questo che esiste. Anche se io e te non andiamo daccordo quanto vorrei.


    [Harumi]

    Le ali del corvo sfrecciavano tra i rami mentre Harumi lo seguiva, precipitosa e ancora confusa dagli strani effetti di quel bosco in cui con la coda dell'occhio aveva intravisto api esplosive e cespugli che erano in realtà istrici velenosi altamente mimetizzati. Nessuna di quelle creature era naturale, ma tutte erano letali o pericolose, anche i fiori più belli emettevano odori capaci di stordire o potevano causare strani effetti allucinatori semplicemente se li si fissava troppo a lungo. Ma il corvo era reale, gracchiava, e volava in una direzione precisa. Almeno fino a quando Harumi non raggiunse una radura in cui due uomini attendevano. Impossibile sbagliare nell'identificarli: erano Diogene ed Eiatsu. E il secondo era in ginocchio mentre l'altro gli teneva un dito poggiato sulla fronte.

    Quindi hai mandato un corvo a prenderla. Ero stato chiaro: la ragazza doveva morire nella foresta, perchè mi hai fatto questo, Eiatsu? Parole raggelanti, che forse avrebbero fermato anche la giovane jinchuuriki che, all'apparenza, non era stata ancora individuata da nessuno dei due. Ho fatto quello che sentivo giusto. La voce di Eiatsu era più roca, come se fosse ferito. Ma non quello che io ho chiesto. Si è dimostrata inutile in questi mesi, troppo infantile. Ho avuto un barlume di speranza quando ha preso su di sè il Simbolo Maledetto ma poi nulla. Abbandonarla nel bosco dei sussurri è la scelta migliore...l'ordine era abbandonarla vicino al campo segreto di Kumo che abbiamo individuato. Il Nibi avrebbe ucciso tutti e poi lo avremmo ricatturato e dato a qualcuno di più meritevole...come Hebiko o magari Kamine. Ha talento, potrebbe essere un esperimento interessante...ma tu mi hai tradito, Eiatsu. Perchè? Io...non ti tradirei mai. Ma non potevo...non potevo tradire nemmeno lei. Sciocco, hai esagerato con le tue tecniche sui ricordi, persino quelli che ti sei impiantato per convincerti a tollerarla ora sono fuori controllo.

    Non...non sono impiantati. Replicò l'altro, come colto alla sprovvista (cosa strana per l'imperturbabile Eiatsu). Si, lo sono. Ed è solo per questo che non ti ucciderò, ma ti libererò. Col mio Rilascio questo tuo inutile affetto svanirà. A Oto servono solo ninja efficienti, non ragazzine prive di senso innamorate dei loro superiori. Harumi non serve, non servirà mai. Prima o poi scoprirà che per te lei è solo una pedina e potrebbe fare qualche stupidaggine come tradire...è talmente priva di volontà che chiunque potrebbe tradirla o magari potrebbe cadere vittima del demone. Lei non è così...è più forte di quanto... KAI! Un solo gesto di potere e ogni ricordo impiantato venne spazzato via. Eiatsu, già in ginocchio, si prostrò. Sono mortificato...tradirti guidato da false emozioni. Sei solo bravo nel tuo lavoro. Ma hai fatto fallire il piano, quando il corvo la condurrà qui tu la ucciderai senza pietà. L'uomo si alzò. Naturalmente. E recupererò il Due Code e il Sigillo maledetto. Lei non è che una traditrice indegna di Oto. Traditrice perchè debole di mente, fedele solo perchè incapace di pensare con la sua testa.

    Harumi aveva visto tutto...cosa poteva fare? Farsi avanti o fuggire? Tradire per avere salva la vita o gettare la sua vita davanti ai due uomini che la avevano appena tradita? E come avrebbe reagito il Demone davanti a un simile turbamento emotivo?


    [Haru]

    L'inquietante torturatore (sempre che non fosse uno scienziato pazzo o la variante otese dello stesso: il dipendente del servizio sanitario locale) stava preparando innesti discutibili e assaporando l'idea di un terzo braccio retrattile che emergesse tra i seni quando la gigantessa lo colse alla sprovvista, dimostrando una lucidità che non si aspettava: pur prigioniera, pur legata, pur senza braccia, trovava l'idea di una modifica corporea divertente e anzi stimolante, non certo una tortura. Cosa? Battè le palpebre qualche volta al sentirsi snocciolare una serie di suggerimenti su come renderla ancora pià mostruosa e letale. Er...dovevo immaginarlo quando ho visto le tue cicatrici che non ti importa del tuo aspetto...ma non pensavo avessi cicatrici anche nel cervello, tu non sei tanto normale. E tuttavia si riprese abbastanza in fretta, fermandosi un secondo e sorridendo appena mentre passava alla parte successiva. Usò la mano mozzata di Haru per carezzarle la spalla destra, il pezzo, e quindi la spalla sinistra dove albergava un simbolo nero impresso sulla pelle. Ma non importa...visto che sei così esperta arriverò subito al dunque. Fece battere le dita mozzate sul simbolo. Tu non sai dove ti trovi, vero? E non sai nemmeno chi sei. Sei solo un pezzo di carne dalla lingua lunga, ma un pezzo di carne marchiato.

    Per avere quel marchio hai dovuto fare qualcosa di importante, ed è quel marchio il motivo della tua presenza qui. Io devo trasformarti in un'arma che possa essere utilizzata, e non mi hanno dato alcun limite.
    Si avvicinò per sussurrarle all'orecchio, stringendo al contempo il laccio che le bloccava il collo così da evitare morsi inattesi e sgraditi. Per me sei solo un oggetto, e ti farò soffrire enormemente fino a quando non avrò quello che voglio: una macchina capace di incanalare il potere del Sigillo Maledetto della Terra, priva di mente o emozioni. Solo un pezzo di carne. Arriverai a odiare quel marchio, e a volertene liberare a tutti i costi.

    Ma se lo vorrai potrei tagliartelo via e passarlo a qualcuno più meritevole...devi solo indicarmi chi vuoi che soffra al tuo posto, e rinunciarci formalmente.
    Allentò volutamente le contenzioni ai monconi che ripresero a sanguinare copiosamente mentre un catetere nel collo riforniva di sangue quel torso smembrato...quindi conficcò a viva forza un buffo macchinario nel moncone delle gambe, causando certo un dolore atroce, e lo avrebbe iniziato ad avvitare e martellare senza particolare criterio, causando volutamente quanto più dolore possibile, crescente e pulsante. Avanti! Cedimi il marchio oppure arrenditi ad esso e lascia che si diffonda su tutto il corpo...in entrambi i casi avrò quello che voglio!

    Edited by Febh - 3/12/2018, 18:38
     
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    Fine e Inizio


    Post 7 ~ Zero

    Il corvo vola lento, tanto da sembrare a tratti fermo, permettendomi di seguirlo da vicino nonostante io non abbia le ali. Sarebbe bello poter volare come lui, senza rischiare di inciampare, di cadere ad ogni passo, senza i limiti e le costrizioni, con solo il cielo aperto e sconfinato davanti a sé.

    Con gli occhi rivolti verso l'alto, seguendo il rapace e anelando il cielo, non vedo la radice nerboruta e il mio piede l'aggancia. Vengo proiettata in avanti, ma riesco ad appoggiare le mani a terra prima di sbattere la faccia. Gli addestramenti intensivi sono serviti almeno a migliorare i miei riflessi, anche se rimango impacciata. Nel rialzarmi, le dita stringono zolle di muschio molliccio. Mi sbatto le mani per rimuovere la terra, perdendo ancora tempo. Me ne rendo conto e mi guardo intorno con ansia, cercando il corvo, nel timore di averlo perduto. Ma il volatile è lì, che vola in cerchio sopra la mia testa lanciando di quanto in quanto il suo richiamo. Ricomincio a camminare, nel folto del Bosco dei Sussurri.

    La vegetazione si fa meno densa. Tra i tronchi vedo squarci di un prato erboso. Ancora qualche passo e anche i raggi del sole fanno capolino. Mi copro gli occhi con il braccio, disabituata dopo tanta oscurità, ma ne apprezzo il calore sulla mia pelle. Alla radura mancano solo poche file di alberi. Avanzo un poco e mi fermo, chinandomi. Porzioni di corpi fanno capolino tra le fronde. Appoggiandomi con il palmo ad un tronco robusto, mi basta sporgermi di poco per riuscire a scorgere i loro volti. Quello in ginocchio è Eiatsu! Eiatsu. Come avevo fatto a dimenticarlo? Il mio tutore, colui che si prendeva cura di me. Mi aveva insegnato tutto quello che sapevo sull'essere una kunoichi. Un uomo di poche parole, con più familiarità con i morti che con i vivi, ma l'unico che si interessasse veramente a me. Prima di rendermene conto sto sorridendo. Le spalle irrigidite si rilassano. L'ansia si scioglie come neve al sole. Mi riprendo da quella visione e mi alzo per farmi loro incontro, ma mi blocco. Un refolo d'aria trasporta le loro parole, portandole fino a me.

    Mi porto una mano alla bocca, soffocando un lamento. Conosco l'altra voce, la conosco bene. Morire. Era quello il mio dovere. Dovere, che non ero riuscita a compiere. E a dirlo era il kokage in persona. Diogene, capoclan dei Mikawa. Il più potente tra gli shinobi di Oto, l'uomo a cui Eiatsu aveva giurato personalmente obbedienza, al di là del bene del Villaggio, nonché il mio ospite. Erano mesi ormai che vivevo nella sua villa, tanto da poterla chiamare casa. Casa. Un luogo dove tornare. Un luogo dove qualcuno mi aspetta. Un luogo che pensavo essere il mio posto nel mondo. Un mondo vasto, sconosciuto, eppure vuoto. Non c'era nulla ad attendermi là fuori, se non un vagare, priva di guida, in balia delle correnti. Oto era stato il primo porto nella quale avevo trovato rifugio e lì mi ero fermata, cercando un senso, uno scopo, un motivo per andare avanti. Uno qualsiasi.

    Le parole di Diogene sono come una doccia fredda, tanto che rabbrividisco. Mi stringo le spalle, cercando di contenere il tremore che le pervade. Persa nella tempesta, mi ero affidata a lui. Mi ero fidata di lui. I denti battono debolmente, il gelo si fa più intenso ad ogni frase. Sapevo che non era una persona buona. Nessuno a Oto lo è, quello mi era stato chiaro fin da subito. Se lo sapevo, perché allora ero rimasta? Conoscevo già la risposta. Perché era stato il primo a mostrarmi una strada da percorrere. L'unico ad offrirmi una mano per seguirla. Però mi ero illusa comunque. Avevo creduto, avevo voluto credere, che non ci fosse solo quello. Che mi vedesse oltre la mera utilità. Che mi considerasse una persona. I muscoli del petto si contraggono. Una, due volte. Non capisco, finché non esplode. Un principio di risata che a stento trattengo. Una persona, chi? Io?

    La fitta al petto mi paralizza, spegnendo quel sorriso amaro che mi era salito sulle labbra. Anche il cervello si rifiuta di funzionare, e non posso fare altro che osservare la scena che si svolge nella radura. Sono bastate tre lettere per far crollare il mio mondo. Kai. Rilascio. Un'illusione. L'ennesima. La più dura. La più crudele. Qualcosa mi si scioglie dentro. Il cuore mi liquefa e cola tra le visceri. Al suo posto rimane un buco, nero. Pulsa, e ad ogni battito è un'ondata di dolore che mi pervade, dal centro fino alle punte dei piedi, delle mani, dei capelli. Non respiro. Ci provo, ma non ci riesco. Apro la bocca, ma non inalo aria. Fa male, troppo male. La mia visuale inquadra solo fili d'erba e formiche che corrono affaccendate. Devo essere caduta in ginocchio ad un certo punto, ma non me lo ricordo. Una goccia cade su uno stelo. Un'altra poco distante da quegli operosi insetti, che si scostano impauriti. Sta iniziando a piovere? Un singhiozzo. Da dove arriva? Mi trema il busto. Le spalle si alzano e abbassano a sobbalzi. Ah, sono io che sto piangendo.

    È perché devo morire? No, non credo. Non so il perché, ma il pensare alla mia morte non mi spaventa particolarmente. Con entrambe le mani mi tappo la bocca. Le lacrime continuano a scendere lungo le gote e non accennano a fermarsi. Perché fa così tanto male allora? Alzo la testa. I due uomini sono ancora là, a guardarsi dopo la dichiarazione di Eiatsu. Fisso il suo volto sfocato. Il buco nel mio petto si allarga. Forse. Forse il motivo è quello. Qual è la parola giusta? Sì, dovrebbe essere questa. Affetto. Come suona strana, nella mia testa. Non sapevo dove l'avevo imparata, ma so dove l'avevo provato per la prima volta, anche se lo realizzo solo ora. Nessuno me lo aveva insegnato, ma lui me l'aveva mostrato. Uno sguardo carico di preoccupazione negli Inferi di Oto. Un accenno di sorriso dopo un esercizio riuscito. Una mano appoggiata sopra la testa. La cosa più simile ad una carezza che ricordo. Quando avevo un problema, era a lui che mi rivolgevo. La voragine che ho dentro si spalanca, pronta ad inghiottirmi. Quando ero preoccupata, era a lui che andava il mio pensiero. Eiatsu era la mia figura di riferimento. Il mio punto fermo. La mia ancora nella tempesta. La persona più vicina ad un padre che ho mai avuto.

    L'abisso al mio interno mi fissa, ed io fisso lui. Mi ha assorbito interamente. Buio. E vuoto. Quella sono io, quello è ciò che valgo. Nulla. Zero. Rei. Mi lascio andare, senza opporre resistenza. Lasciarsi assorbire dall'oscurità non sembra così male. Il mondo là fuori fa paura. Non voglio uscire. Non voglio uscire mai più.
    Allora non ti spiacerà se lo faccio io al tuo posto.
    La voce mi raggiunge attraverso il buio.
    Tu puoi restare qui, a riposare.
    Profonda, mi avvolge delicatamente.
    Puoi rimanere qui, al sicuro.
    Rilassante, mi blandisce dolcemente.
    Me ne occuperò io.
    Impercettibilmente, annuisco.
    Allora vado.
    Una scarica mi investe.
    Adrenalina.
    Paura.
    No!

    Apro gli occhi. Tutto è nero, sono come immersa nella pece. Cerco di levarmi di dosso quella sostanza vischiosa, ma è tutta intorno a me. Apro la bocca per gridare, ma i miei polmoni si riempiono di quel liquido gelatinoso, impedendomi di emettere alcun suon. Protendo le mani in avanti, alla cieca, mentre soffoco. Le mie dita brancolano nel mare oscuro. Sfioro qualcosa, anche se forse è solo un'impressione. Sento che le forze mi stanno abbandonando. Distendo il braccio. Catene invisibili mi trascinano a fondo. Con un ultimo sforzo, mi slancio in avanti. Il pugno si chiude intorno a qualcosa di soffice. Una coda. La coda di un gatto.

    Un conato di vomito mi travolge. Mi piego su me stessa, portandomi le mani allo stomaco. Non capisco più dove sono. Quando sono. Perché sono. So solo che sono. Anche se non l'ho chiesto a nessuno. Ma ormai sono qui. È qualcosa che mi riguarda, non posso semplicemente girarmi dall'altra parte. Lasciar fare a qualcun altro. Troppo facile. Sarebbe l'ennesima fuga. Dalla realtà. Da me stessa. Le mie braccia stringono una sfera morbida. Con le dita ne seguo la forma. Batto le palpebre un paio di volte. Prima torna la luce, poi i colori. Le mani afferrano quelle che sembrano orecchie. Finalmente torno a mettere a fuoco. Due pupille feline, bicrome, mi fissano indispettite.
    Perché non mi hai lasciato andare? Era da tanto che non sentivo la voce di Matatabi. Il corpo del demone gatto è quello di un cucciolo, ma lo sguardo è adulto, serio. Con delicatezza sollevo una delle catene che lo avvolgono. Alcuni lucchetti giacciono a terra intorno a me, ma numerosi altri ancora lo bloccano, inseriti tra gli anelli metallici ad ogni intersezione. Gli angoli della mia bocca si abbassano e assumo quell'aria melanconica che tanto lo indispettisce.
    Hai capito che ti hanno sempre mentito?
    Sì. Ascolto quella voce, che neppure sembra la mia.
    Ti hanno inganato, fin dal primo istante.
    Sì. La voce è tanto sottile da sembrare un foglio trasparente attraverso cui si possono distinguere le singole fibre che compongono la carta.
    Il Nibi scuote le due code, nei limiti concessi dai legacci.
    Tu... Non sei arrabbiata.
    No. La risposta è trasportata da un sospiro lieve.
    E non vuoi vendicarti.
    No. Il monosillabo è, con la consistenza di un grumo di sabbia secca pronta a disfarsi tra le dita.
    Il demone alza un sopracciglio. Non ti capisco. L'odio è così semplice, così soddisfacente, così...potente. I suoi occhi lampeggiano, giallo e verde. Di ritorno, sorrido.
    Vuoi andartene anche tu? Matatabi è spiazzato da quella domanda improvvisa.
    Il bakeneko che ha sempre la risposta pronta abbassa lo sguardo, in silenzio, alla ricerca della replica migliore.
    Non ti ho lasciato andare perché ho avuto paura. Paura di rimanere sola, certo... Alzo il atto tra le mie braccia fino ad avere i suoi occhi alla stessa altezza dei miei. Ma soprattutto... Paura di non scegliere, per l'ennesima volta, il mio destino.
    E quindi? Che hai intenzione di fare?
    Davanti alla sua domanda mi limito a sorridere. Mentre sta per riaprire bocca, stringo il piccolo Nibi contro il mio petto, come se fosse un peluche.
    Grazie, è stato bello...
    Gli sussurro quelle parole all'orecchio peloso e una luce accecante tinge il mondo di bianco.

    Il Bosco dei Sussurri nel frattempo non è cambiato. Gli alberi contorti continuano a protendersi verso di me, minacciosi, ma impossibilitati a toccarmi. Le formiche continuano a trasportare il loro bottino verso la tana. L'erba continua a oscillare, lambita appena dalla brezza. Eiatsu e Diogene continuano a fronteggiarsi nella radura, in attesa di qualcosa. Di qualcuno. Di me. Mi pulisco la faccia con la manica della divisa. Per qualche assurdo motivo ci tengo ancora ad essere presentabile. Ispiro ed espiro profondamente. Devo solo fare un passo avanti, non è così difficile. Chiudo le mani a pugno, le braccia distese lungo i fianchi. Coraggio. Abbasso le palpebre e mi muovo. All'altezza dello stomaco percepisco una fitta di acidità, ma in realtà sono gli artigli del Nibi che graffiano dall'interno. Probabilmente è furioso. Il pensiero mi fa sorridere. Perdonami. Ancora un passo. Sembra che non si siano ancora accorti di me. Farei ancora in tempo a voltarmi e a correre via. Ma per andare dove? Scorlo la testa. Non è quella la ragione. Avanzo, sono quasi al margine della boscaglia. La mia vita non vale niente. Zero. Quello è il valore che le viene attribuito. Neppure una persona, solo un oggetto inutile. Uno strumento rotto. Abbasso la cerniera dell'uniforme, lasciando intravedere la pelle di porcellana. Respiro a fondo, ed esco nella radura.

    Mi dirigo verso i due shinobi con passo lento, ma sicuro. Sul volto un sorriso, tenue, come il primo fiore che sboccia a primavera. Con le mani, sposto i lunghi capelli raccolti in una treccia e scosto il bordo dell'abito, mettendo in mostra il collo d'un bianco candido. Sono abbastanza vicina da sentire l'odore di Eiatsu trasportato dal vento. È un profumo di morte, ma l'unica sensazione che mi trasmette è una profonda nostalgia. Quello, e i suoi occhi, mi fanno esitare per un istante. La mia determinazione rischia di abbandonarmi, la mia maschera di compostezza di crollare. A fatica, ma resisto. Affrontare la fine con dignità, è questo che fanno gli esseri umani. Per una volta, una volta soltanto, voglio affermarlo, a costo di mentire. Una persona. Sì, sono una persona. Inutile, di peso, indesiderata, quello che vogliono, ma comunque una persona. Il sorriso che si era affievolito torna a sbocciare sul mio viso.
    Anche se è stata tutta una bugia, vi ringrazio. Chino il capo educatamente. Mi sono divertita.

    Socchiudo gli occhi a mezzaluna, chinando il capo di lato, indicando dove colpire.
    Per favore, Eiatsu-sama, sia gentile. Non sono mai morta prima. Gli sorrido, per l'ultima volta, in attesa del sonno eterno. Nell'istante supremo, anche se solo per per un secondo, glielo mostrerò. No, gli altri non hanno niente a che fare con quella decisione. L'unico a cui voglio dimostrarlo sono io.

    Per un attimo soltanto, voglio saperlo. Sapere se uno zero può diventare un uno.

    [Conoscenze sbloccate]Ricordo: la vita a Villa Mikawa con Eiatsu, Diogene e gli altri inquilini e ospiti.

     
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    Tsk – fu il mio unico commento in seguito alla semplice esclamazione di quella serpe parlante. Immerso in quella prigione di roccia, francamente preoccupato per la mia stessa vita, apparve quella che si poteva dire l’ultima delle persone o meglio dire dei mostri che mi sarei mai aspettato. Hebiko, nella sua forma di Vipera. La guardai, forse nell’oscurità di quel fratto, non avrebbe potuto incrociare il mio volto ma i miei occhi erano carichi: di odio, di vendetta e ricolmi di risoluzione. Era giunta forse per rincuorarmi, per darmi una speranza e aggiornarmi sulla situazione. La battaglia era finita, queste erano state le parole principali che mi avevano colpito: - E a favore di chi? – sarebbe stata l’unica domanda che avrei rivolto al serpente – Non farmi ridere. Nessuno è essenziale, tutti sono sostitubili. E' la prima lezione che si impara all'Accademia. – Non c’era tempo da perdere. La voce che avevo udito poco prima: Oto è mia. Fu un sibilo inequivocabile che mi aveva attraversato tutto il corpo e che richiamava la mia massima attenzione. Un invito diretto e sincero che mi portava a spronarmi al massimo delle forze per affrontare il nemico che era sopraggiunto al Gate. Al massimo delle mie capacità per liberarmi. Prima sarei uscito da quella trappola e prima sarei riuscito a dare una mano al Gate. Quello era il mio imperativo che avrei dovuto tramutare in azioni.

    La Vipera voleva parlare, voleva soffermarsi sul mio passato e sul mio presente. Perché? Per qualche assurda ragione… in quei momenti così concitati bisognava rivangare situazioni e ricordi passati? Non aveva alcun senso se non quello di sprecare fiato e aria, molto troppo preziosa in quei frangenti. Ma fu nell’esatto momento in cui la Vipera descrisse l’attacco, con fin troppi dettagli, che la mia attenzione si rivolse finalmente su di lei.

    Come poteva conoscere in maniera così dettagliata il Justu prodotto da quel nemico? Io ero l’unico Ninja di spicco presente in quel momento al Gate. E l’unico che di fatto poteva essere sopravvissuto per raccontarlo e per fermare quel mostro. Hebiko non poteva essere a conoscenza di tutto quello! Era passato troppo poco tempo. Si trattava forse di una illusione o di un altro nemico. La Vipera o era morta già da un pezzo oppure non si trovava lì in quel momento. Quei bastardi di Canthiani mi volevano fregare… volevano farmi soffocare sotto quelle stesse macerie, bastardi! Il flusso di potere iniziò a scorrere violentemente dentro il mio circolo, irrorando tutto il mio corpo di quel Chakra Maledetto. Il mio sguardo si tramutò in malvagità, i miei muscoli si tesero all’inverosimile e la mia forza si amplificò. I miei occhi sprofondarono nell’oscurità e le mie iridi divennero rosse, come il sangue che da lì a poco sarebbe calato sul campo di battaglia. [Attivazione Sigillo Maledetto del Fulmine]Consumo Slot Tecnica Avanzato


    Sigillo Maledetto del Fulmine [Equipaggiamento]

    Primo Stadio
    Arte: L'utilizzatore può attivare il sigillo maledetto, ricoprendo solo la parte del corpo dove applicato: ottiene +2 tacche in Velocità.
    ( (Mantenimento: ½ Basso) )
    [Da genin in su]

    Attivazione Difensiva
    Speciale: Il Sigillo Maledetto si attiverà automaticamente al primo stadio se il chakra o la vitalità dell'utilizzatore scendono sotto il 50%. Il Primo Stadio rimarrà attivo per massimo 3 round. Se attivato tramite questa abilità il Primo Stadio non richiede consumo di chakra.
    [Da genin in su]

    Secondo Stadio
    Villaggio: Oto
    Posizioni Magiche: Nessuna (0)
    L'utilizzatore può raggiungere il secondo stadio del Sigillo Maledetto. Il Sigillo ricoprirà tutto il corpo dell'utilizzatore, l'abilità "Primo Stadio" si attiverà automaticamente all'attivazione della tecnica. L'utilizzatore ottiene un miglioramento del colpo senz'arma pari a +30, 1 volta a round e causare Semiparalisi per 2 round, 1 volta a round. Il mantenimento richiede slot tecnica. Questa tecnica si attiva automaticamente utilizzando slot tecnica anziché slot tecnica avanzato se il chakra o la vitalità dell'utilizzatore scendono sotto la metà. L'utilizzatore non può disattivare il Secondo Stadio per 3 round se attivato automaticamente.
    Tipo: Ninjutsu - Raiton
    (Consumo: Medioalto / Mantenimento: Mediobasso)
    [Da chunin in su]

    Sigillo Maledetto del Fulmine [Meccanismo]
    Il sigillo maledetto è un sigillo applicato su una qualsiasi parte del corpo, a discrezione dell'utilizzatore. Se rimosso il Sigillo Maledetto è costituito da un foglietto sui cui è applicato e disegnato il sigillo. Il Sigillo si fonderà normalmente su qualsiasi oggetto organico toccato. Rimuovere e fondere il Sigillo Maledetto con un nuovo oggetto o parte del corpo richiede 1 ora di preparazione.
    Tipo: Supporto - Supporto
    Dimensione: Minuscola
    (Potenza: 0 | Durezza: 0)
    [Da chunin in su]

    Terzo Stadio
    Speciale: L'utilizzatore può attivare il terzo stadio, una volta al giorno. L'utilizzatore otterrà un aspetto bestiale e la capacità di muoversi più rapidamente, la lunghezza dello slot azione è aumentata di una volta e mezza (x1,5). Ottiene 16 Bassi extra da utilizzare esclusivamente per utilizzare il sigillo maledetto, non possono essere utilizzate per impasti. Attivare il Terzo Stadio attiva automaticamente Secondo Stadio e Primo Stadio, dovranno essere pagati i relativi consumi di chakra. Se terminato il chakra extra, non sarà possibile entrare in questa forma per 1 settimana.
    ( (Consumo: Quasi Elevato) )
    [Da jonin in su]


    HEBIKO, COMBATTI SE TIENI AL SUONO.



    Il primo fu doppio pugno, dalla breve rincorsa visto lo spazio angusto, ma sufficiente per scaricare tutta la potenza del Chakra distruttivo sulla parete davanti a me, e in profondità, andando oltre [S. Azione 1 + Manipolazione della Natura]Attacco doppio con i pugni. Utilizzo Slot tecnica per Manipolazione Natura


    Per braccio,
    Potenza: (10 +15 Esplosione Elettrica + 80 Chakra Distruttivo (4 Bassi))*3 Manipolazione della Natura = 315
    Forza: 675

    Distruzione ad Area (Intermedio)
    Arte: 'utilizzatore può causare danni ad area tramite i colpi corpo a corpo: il colpo si propagherà entro 1,5 metri sulla superficie colpita a partire dal punto d'impatto. La potenza del danno ad area è metà (x0.5) rispetto a quella del colpo diretto, viene considerato come il danno di una [Bomba] per il calcolo dei danni. Nel caso vengano colpiti jutsu difensivi il danno ad area si somma al danno inferto sul punto di impatto diretto.
    (Mantenimento: ½ Basso a colpo)
    [Da chunin in su]

    Tocco Distruttivo (Superiore)
    Arte: L'utilizzatore può danneggiare gli oggetti con gli attacchi corpo a corpo; la potenza del colpo non armato contro oggetti e armi è aumentata di 10 ogni consumo ½ Basso. Non aumenta la potenza contro avversari.
    (Consumo: ½ Basso a colpo ogni 10 di potenza)
    [Consumo massimo: 4 Bassi])
    [Da chunin in su]
    . Un colpo che sarebbe servito a minare la già precaria stabilità della struttura. E poi sarebbero seguiti altri due raffiche di pugni, la prima raffica carica al massimo per sfondare e sgretolare la roccia.[S. Azione 2 + Manipolazione della Natura]Attacco doppio con i pugni.


    Per braccio sinistro,
    Potenza: (10 + 30 Sigillo del Fulmine +15 Esplosione Elettrica + 80 Chakra Distruttivo (4 Bassi))*3 Manipolazione della Natura = 405
    Forza: 675
    Per braccio destro,
    Potenza: (10 +15 Esplosione Elettrica + 80 Chakra Distruttivo (4 Bassi))*3 Manipolazione della Natura = 315
    Forza: 675

    Tocco Distruttivo (Superiore)
    Arte: L'utilizzatore può danneggiare gli oggetti con gli attacchi corpo a corpo; la potenza del colpo non armato contro oggetti e armi è aumentata di 10 ogni consumo ½ Basso. Non aumenta la potenza contro avversari.
    (Consumo: ½ Basso a colpo ogni 10 di potenza)
    [Consumo massimo: 4 Bassi])
    [Da chunin in su]
    E la terza raffica per spazzare via i residui delle mura e aprirmi infine un varco verso l'esterno! [S. Azione 3 + Manipolazione della Natura]Attacco doppio con i pugni. Utilizzo Slot tecnica per Manipolazione Natura


    Per braccio,
    Potenza: (10 +15 Esplosione Elettrica + 80 Chakra Distruttivo (4 Bassi))*3 Manipolazione della Natura = 315
    Forza: 675

    Distruzione ad Area (Intermedio)
    Arte: 'utilizzatore può causare danni ad area tramite i colpi corpo a corpo: il colpo si propagherà entro 1,5 metri sulla superficie colpita a partire dal punto d'impatto. La potenza del danno ad area è metà (x0.5) rispetto a quella del colpo diretto, viene considerato come il danno di una [Bomba] per il calcolo dei danni. Nel caso vengano colpiti jutsu difensivi il danno ad area si somma al danno inferto sul punto di impatto diretto.
    (Mantenimento: ½ Basso a colpo)
    [Da chunin in su]

    Tocco Distruttivo (Superiore)
    Arte: L'utilizzatore può danneggiare gli oggetti con gli attacchi corpo a corpo; la potenza del colpo non armato contro oggetti e armi è aumentata di 10 ogni consumo ½ Basso. Non aumenta la potenza contro avversari.
    (Consumo: ½ Basso a colpo ogni 10 di potenza)
    [Consumo massimo: 4 Bassi])
    [Da chunin in su]
    Colpi ripieni di odio e di una potenza difficilmente raggiungibile. Colpi destinati a sfondare come un ariete la prigione di roccia che mi stava costringendo. Mi sarei liberato a forza di pugni! Avrei aperto una via davanti a me distruggendo completamente la struttura fino ad arrivare davanti a quel bastardo! Conoscevo le mie mura e sapevo che non avrebbero retto ai miei attacchi. Ne ero assolutamente certo.

    CANTHA, SU DI TE DISCENDERA’ LA VENDETTA DI OTO.
    COME UN FULMINE, NEL CUORE DELLA NOTTE.






    Tabella Riassuntiva:

    Chakra Residuo: 42,5/80 Bassi


    Conoscenze SbloccateSblocco per il prossimo Round le seguenti conoscenze:

    1) Tecnica della Sostituzione
    2) Nota del Dolore: Do! Re!
    3) Nota Assordante
    4) Nota del Dolore: Mi! Fa! Sol!
    5) Azione Rapida





     
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    Giù il Sipario


    La Più Grande delle Minacce • Capitolo VIII

    Quando Munisai invitò il ballerino a porre fine a quella storia, questi non si fece pregare troppo.
    Distese il braccio destro davanti a sé e la mano mimò il gesto che avrebbe compiuto per serrarsi intorno a qualcosa per stritolarlo. C'era circa mezzo metro di distanza tra essa e la gola del rosso, eppure quest'ultimo avvertì fin troppo bene la presa chiudersi sulla propria gola. A Mahoashi bastò sollevare il braccio perché la sua preda perdesse il supporto del pavimento e si ritrovasse sospeso in aria a qualche palmo da terra.
    Difficile dire quale fosse stato il metodo utilizzato per ottenere quel prodigio, e in fin dei conti non aveva troppa importanza saperlo. C'era ben altro a cui pensare, come ad esempio il fatto che il giovane si trovasse al momento, e letteralmente, tra le grinfie del nemico, alla sua completa mercé.
    Istintivamente portò le proprie mani alla gola, cercando di afferrare e liberarsi da una mano invisibile che, tuttavia, non avvertì al tatto. Eppure la pressione sul suo collo era tremendamente reale. Se avesse potuto guardarsi dall'esterno il ragazzo avrebbe potuto persino distinguere i segni delle cinque dita del sicario delinearsi sulla sua pelle, come se in qualche modo egli potesse prolungare il raggio d'azione delle sue membra oltre i limiti anatomici.

    Munisai lottò contro quella morsa che andava stringendosi gradualmente sempre più, salda ed inamovibile, mentre una espressione spiritata andava inevitabilmente a deformargli il volto, non dissimile da quella di una bestia che si batte per la propria sopravvivenza. Si portò le dita alla gola graffiandosela quasi a sangue, come a cercare disperatamente di grattar via l'artiglio che lo ghermiva. Mentre si dimenava inutilmente come un pesce gettato a riva dalla marea e le gambe scalciavano il nulla, la sua faccia cambiava colore.
    Non riusciva quasi più a respirare.
    Fece un ultimo gesto per tentare di salvarsi, ormai guidato più che altro dall'istinto. Facendo appello a tutte le sue forze e trovando il migliore equilibrio che quella posizione gli concedesse, stabilizzandosi e angolandosi con il supporto dei muscoli della fascia addominale, riuscì a sferrare un calcio cercando di colpire il dorso della mano destra del ballerino, quella protesa e decisamente alla portata delle sue gambe, con la parte bassa della tibia sinistra. Nel tentativo di scacciare quella mano, di infrangere quel contatto, di spezzare quella tecnica, insomma, qualsiasi cosa.
    Qualsiasi cosa che potesse far uscire il rosso da quell'infausto frangente, anche solo per una manciata di secondi. Per poter tirare il fiato, riordinare le idee.
    Ma fu tutto inutile.

    Forse stava veramente per morire. Forse davvero non sarebbe riuscito ad ammirare una nuova alba a Oto.
    Poteva darsi che avesse fatto male i suoi conti, ma non rinnegava nessuna delle sue scelte da quando aveva messo piede in quel Villaggio prima e nello Psycho Circus poi.
    Aveva affrontato a viso aperto ogni sfida che gli era stata messa davanti e aveva combattuto senza posa tutta la merda che gli era stata lanciata contro. Era riuscito a soggiogare le proprie paure e a riconquistare il suo io più intimo dopo che esso gli era stato rubato. Che riuscisse anche a beffare la morte forse era troppo da pretendere, ma la speranza era viva in lui.
    Sapeva di aver dato tutto se stesso, di aver dato fondo a tutte le sue forze fisiche e mentali per spuntarla. Cosa più importante, aveva tenuto fede alle sue parole. Come aveva affermato con un certo ardire, egli avrebbe preferito morire piuttosto che voltare le spalle ai propri desideri.
    E su quell'argomento neanche un esercito intero sarebbe riuscito a fargli chinare la testa.
    Probabilmente fu la consapevolezza di tutto ciò a donare al giovane un senso di orgoglio e dignità che non era così comune vedere in qualcuno che stava per tirare le cuoia. I polmoni erano quasi vuoti, ma il petto si gonfiò, colmo del confortante calore che solo chi affrontava il suo destino senza rimpianti, quale che esso fosse, poteva conoscere.
    Vada come vada.
    Le gambe smisero di dibattersi, le braccia non annaspavano più.
    Comun...que--coff--come balle--gah--rino fai...caga--ugh--re riuscì a malapena a biascicare, prima che un ultimo rivolo di sangue gli colasse dalla bocca che, incredibilmente, si curvò in un ghigno.
    Gli occhi si ribaltarono, tutto si fece nero.
    Tuttavia non perse conoscenza, perché la presa sul collo si allentò sensibilmente prima che ciò avvenisse, permettendo a Munisai di tirare un po' il fiato, pur in maniera affannosa e tra i colpi di tosse. Il suo sguardo tornò vigile giusto in tempo per vedere il suo aguzzino trasformarsi nell'ex Amministratore di Oto.
    Gli occhiali finti. I fottuti occhiali finti.
    Forse la speranza era davvero l'ultima a morire, quella bastarda.

    Lo Yakushi parlò al ragazzo con tono tranquillo e con una serietà che, avrebbe scoperto con il tempo, non gli apparteneva così di frequente.
    Il rosso ascoltò ogni parola con estrema attenzione, marchiandola a fuoco nella sua memoria. Non sarebbe potuto essere altrimenti, date le circostanze nelle quali quel discorso gli fu rivolto.
    Quando il Jonin mollò la presa, il nuovo arrivato crollò a terra. Le gambe non riuscirono a reggere il suo peso, e lui si ritrovò a quattro zampe sulla pista da ballo ad alzare la testa e guardare impotente mentre quell'uomo si allontanava sempre di più, mettendo tra i due una distanza considerevole ma che era nulla a confronto del divario che separava i due in termini di forza.

    Si sarebbe aspettato di avere un mucchio di domande da porgli, o quantomeno di volergliene cantare quattro prima che se ne andasse. Aveva ogni ragione per essere incazzato nero per tutto ciò a cui era stato sottoposto, sarebbe stato perfettamente normale che fosse adirato oltre ogni dire.
    Ma per qualche ragione non fu così.
    Si riportò in posizione eretta osservando Febh lasciare quel luogo. Non disse una parola, non cercò di fermarlo.
    Oto aveva sottoposto il ragazzo a delle prove, aveva voluto saggiarne le qualità, le debolezze, il potenziale. Lo aveva fatto nei modi più spietati e sadici che si potessero concepire, ma è anche vero che solo nei più autentici momenti di crisi le persone mostrano realmente di che stoffa sono fatte.
    Munisai lo aveva mostrato. E confidava di non aver deluso, poiché le parole dello Yakushi, oltre a contenere i preziosi e saggi consigli che un superiore avrebbe potuto trasmettere al proprio sottoposto, sembravano riconoscere e legittimare esplicitamente il rosso come nuovo ninja del Suono.
    Quello che gli serviva sapere stava tutto lì. Era tutto chiaro, cristallino.

    Si estrasse i tre spiedi dal busto con appena una smorfia di fastidio, mentre il fianco sinistro che si era lui stesso martoriato continuava a dolergli parecchio.
    A seguito del rilascio dell'illusione solo una metà delle ferite sostenute si erano rivelate reali, e lo stesso poteva dirsi per il grosso delle comparse presenti in discoteca e per una metà degli scagnozzi che lo avevano attaccato. Uno di questi andò ad occuparsi del compagno ancora accasciato sul pavimento, quello che Munisai aveva colpito, mentre i restanti tre si avvicinarono al rosso dopo aver deposto le armi.
    Come ha detto lo Yakushi, ti rimetteremo in sesto.
    Nulla di personale per quanto accaduto prima, ragazzo. Seguivamo degli ordini.

    Il giovane li guardò uno ad uno mentre si toglievano le bende che ne avevano fino a quel momento celato le fattezze, senza proferire mezza parola. Un paio di loro li riconobbe come elementi del gruppo che era arrivato durante la votazione del Kokage per esprimere la sua fedeltà al Mikawa.
    Il ragazzo non oppose resistenza, fidandosi abbastanza da ingerire dei tonici offertigli mentre due dei tre si occupavano di sanare ciò che restava delle ferite con una semplice quanto miracolosa imposizione delle mani sulle zone interessate, e un leggero bagliore verde ad accompagnare il trattamento.
    Il sollievo fu pressoché immediato e in men che non si dica tornò in ottima salute. Il chakra non lo recuperò del tutto, ma poco ci mancava.

    Seguì il gruppetto sul retro del locale e su per delle scale, fino a raggiungere quello che sembrava un appartamento che sorgeva al piano di sopra, magari abitato da qualcuno che lavorava allo Psycho Circus. L'abitazione era vuota al momento.
    Uno dei tizi indicò una porta.
    Puoi usare quel bagno per darti una rinfrescata, se vuoi. Al suo interno troverai anche i tuoi vestiti e gli altri effetti personali.
    Senza replicare, Munisai si spogliò completamente lì dov'era, prendendo il cumulo di indumenti di dubbio gusto che si era ritrovato indosso e piazzandoli senza troppe cerimonie tra le braccia di uno dei suoi accompagnatori. Poi entrò nel bagno chiudendosi la porta alle spalle.
    Azionò il miscelatore della doccia facendo scendere l'acqua dal soffione, nel frattempo constatava l'effettiva presenza delle sue cose.
    Finalmente permise a tutta la tensione accumulata di dissiparsi, arrancando fino al lavello per poi aggrapparvisi con tutte le sue forze, stringendo tanto da farlo scricchiolare pericolosamente e strattonandolo ripetutamente quasi sradicandolo dal muro. I denti digrignati mentre soffocava un lamento, il respiro affannoso.
    Sollievo. Puro sollievo.
    Eppure ci sarebbe voluto un po' per metabolizzare tutto quello che era accaduto quella notte.
    Alzò lo sguardo sullo specchio che aveva a un palmo dal naso e questo gli restituì l'immagine di un uomo, nel suo piccolo, più forte.
    Da quel punto in poi c'era solo da camminare senza mai voltarsi indietro.

    [ ... ]


    Dopo essersi dato una ripulita, Munisai aveva ricevuto indicazioni dai tirapiedi del Kage su come raggiungere nuovamente l'antico edificio dove tutta quella storia aveva avuto inizio.

    La piazza gli era davanti e, mentre lui vi accedeva con passo lento ma deciso, già si potevano distinguere le sagome di qualcuno al suo interno.
    Aveva recuperato sia i suoi abiti che il suo esiguo equipaggiamento. Indossava di nuovo una maglia bianca e dei comodi pantaloni neri, con ai piedi stivali dello stesso colore. Aveva guadagnato un'ampia tunica dall'aspetto quasi formale, nera anch'essa, e ovviamente i fidi occhiali da lavoro erano tornati a fasciargli la fronte.
    Il suo viso non tradiva particolari emozioni, al momento, e lo sguardo serio e attento veniva indirizzato di quando in quando verso l'alto. Le colonne di chakra si stagliavano ancora contro il cielo fosco ma sempre più prossimo all'essere bagnato dalle prime luci dell'alba. Continuavano ad illuminare e a minacciare il Palazzo della Serpe, che si ergeva ancora intatto, in grossa parte.
    Ma per quanto ancora?



     
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