Il Fiore del Caos, Parte I°

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    Il Fiore del Caos, Parte I°


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    Al nostro ritorno dalla dimensione del Vuoto, in cui era assente sia la materia che la Luce, avevo detto a Etsuko che ben presto ci saremmo rivisti e non avrei potuto per nessun motivo al mondo dimenticarmi di quella richiesta.

    Affinché le linee si materializzassero e l’Oscurità prendesse forma, avrei dovuto fare in modo da migliorare il mio controllo sulla dimensione materiale, riuscendo a usare i Simboli del Caos meglio di come ero riuscito a farlo fino a quel momento, affinché ogni cosa diventasse reale, i portali tra i mondi si assottigliassero e l’Oscurità assumesse i lineamenti della materia.

    Etsuko in tutto ciò giocava un ruolo di quasi primo piano: non era una semplice pedina nelle mani delle divinità. No. Nel corso del tempo aveva scalato le gerarchie. Era diventato un colonnello. Pronto per fare un altro passo e vestire le vesti di un generale. Pronto per aprire le porte. I portali.

    “Fondere i mondi”.

    Quel giorno Etsuko sarebbe stato di nuovo invitato a recarsi nel Villaggio in cui, più degli altri, le dimensioni si assottigliavano e la materia tendeva laddove non esisteva né tempo, né materia, né luce, né oscurità.

    Lo stesso giorno Etsuko non avrebbe visto alcun cambiamento sul Villaggio della Pioggia, che sembrava misterioso, oscuro e silenzioso come sempre. Avvicinandosi allo stesso, il ninja di Kiri non avrebbe visto alcunché di strano in quel che era un villaggio come molti altri. Uno dei soliti. Ma quello che si prospettava uno dei soliti giorni di routine, simili a tanti altri, sarebbe ben presto potuto cambiare, se le Sue mani e le Sue linee lo avessero accolto. Se il suo Cuore lo avesse voluto.

    [...]



    Etsuko avrebbe saputo dove trovarmi senza problemi, anche se non gli avevo fornito alcuna indicazione degna di nota. Semplicemente, il chunin kiriano avrebbe saputo che bisognava recarsi lì, in quel momento. E avrebbe visto una torre distinguersi da tutte le altre, come se l’accumulo di energie oscure su di essa fosse in qualche modo… diverso. In qualche modo… particolare. La stessa aria intorno alla torre sarebbe vibrata in maniera particolare. Più densa. Insolita. Come se ogni cosa fosse cambiata. Come se l’Oscurità stessa si fosse resa solida e i filamenti che cucivano le strutture dell’Universo vi si fossero… allentati.

    Lì egli mi avrebbe trovato, sulla cima della torre, con il volto rivolto in alto, con l’intento di scrutare quelle energie oscure che tanto mi affascinavano. Che formavano i simboli… le porte dentro la materia stessa. Oh sì, Etsuko mi avrebbe di nuovo visto lì, sotto le nuvole, a scrutarle come se fossimo una cosa sola, in un dialogo tra pari, in un discorso su mezzi e materie.

    Non avrebbe visto il mio volto. No. Era cambiato, del resto, un po’ come cambiava la materia stessa quando veniva sottoposta a un po’ di energia.



    - Ti aspettavo, - gli avrei sussurrato da sotto la plastica della maschera, oltre la quale solo i miei occhi rossi si potevano vedere mentre il colore dello zaffiro sembrava riversarsi al di fuori dalle mie orbite.

    - Come puoi intuire, ho appreso ciò che volevo. Ciò che il Caos voleva fornirmi. Ma ancora non abbastanza. Non sufficientemente. Le porte tra le dimensioni mi restano ancora chiuse. -

    Da quelle prime parole che gli avevo detto poteva già provare a capire il motivo per cui la Provvidenza lo aveva di nuovo portato lì, scaraventandolo tra le mie braccia. E le mie braccia lo avrebbero accolto, prima ancora che potesse dire qualsiasi cosa.

    Rispondermi.

    - Dobbiamo trovare un oggetto quest’oggi, - gli avrei detto mentre saremmo stati in un abbraccio fraterno fatto di calore e amore. - Qualcosa che mi serve. -

    Un fiore. Rosso. E al contempo nero. Disegnato, ma al contempo reale. Fatto di luce e ombra. Somigliante a una farfalla.

    Con quelle parole, con la mia mano appoggiata sulle sue spalle, gli avrei indicato la skyline di Ame. Un panorama composto da torri e pioggia. Da Oscurità e polvere. Sotto le stelle quel paesaggio sembrava così diverso. Così insolito. Come se Ame non fosse Ame. Come se tutte quelle torri non fossero altro che un enorme Porta.

    Un ingresso.

    Oppure un’uscita.

    - Trovami quel fiore, - gli avrei detto. - E avrai ciò che cerchi. -

    Non lo avrebbe visto. No. Non avrebbe avuto modo di vedere come sotto la mia maschera si manifestasse un piccolo sorriso. Come le labbra si assottigliassero vicino a uno degli angoli e lo sguardo diventasse più preciso, più concentrato, più… profondo.

    Quegli occhi rossi non mentivano. Non in quel momento, per lo meno, ed Etsuko lo avrebbe percepito senza alcun problema.

    Era la verità.

    E per realizzare i suoi sogni egli non avrebbe dovuto che fare un solo passo.


     
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