La Guerra:

Avevo poco più di quattordici anni quando scoppiò una violenta guerra nel mio paese natio, la Cascata. Iwagakure, la nostra avversaria, ci aveva attaccato perchè voleva entrare in possesso di alcune zone di mari e relavivi porti poichè queste lingue di terra erano punti strategici per il commercio tra i quattro grandi villaggi. Eppure, perchè un villaggio a noi così lontano doveva intraprendere una guerra molto lunge dalla sua madrepatria? Ero già Genin a quei tempi, anche se dovevo maturare fisicamente e psicologicamente. La Cascata, oltre che ai ninja accademici, si appoggiò ad alcuni uomini potenti del villaggio per estinguere la nuova minaccia della guerra ed io, nonostante la mia giovine età, dovevo - e soprattutto volevo - arruolarmi o nell'esercito accademico o in uno privato; ritenevo che l'accademia, con tutto ciò che doveva controllare ed amministrare con la sua lunga e snervante routine burocratica, non potesse garantire la sicurezza per il mio paese, perciò decisi di arruolarmi nell'esercito della famiglia Maeda, al capo del quale c'era il capofamiglia, Shikuzu Maeda, un uomo altamente patriottico ed un grande tattico.

XIV Armata Gōsuto:

Dopo sei mesi di addestramento privato nell'arte della spada, anche io fui pronto per entrare in guerra. In queste due stagioni, avevo visto sbocciare le mie abilità, proprio come le rose nelle siepi della residenza Maeda, ma allo stesso tempo, vidi cadere i petali di quelle rosse rose alla stregua dei corpi dei miei compagni. Conobbi una ragazza di qualche anno più grande di me, anche lei una ninja, bellissima, con la sua fluente chioma bionda e gli occhi di un azzurro così intenso che mi fu troppo semplice perdermici all'interno. Fu il primo, vero, unico amore della mia vita. La nostra relazione durò per tutto il periodo del mio addestramento finché un giorno, con una lettera, mi disse che doveva tornare al suo villaggio e che, in realtà, tutto ciò che mi aveva detto era una bugia ad eccezione, ed in questa parte il foglio era umido, bagnato, probabilmente dalle sue stesse amare lacrime, dei sentimenti che provava per me. Non la rividi mai più.

Me lo ricordo bene, entrai in guerra poco prima che questa finisse, per fortuna. Ero nell'armata fantasma, chiamata così perché era quell'armata mandata subito allo sbaraglio per aprire le difese nemiche: eravamo esattamente come i pedoni degli scacchi. Eppure, riuscii a sopravvivere, fui uno dei pochi dei miei camerati. Combattevamo contro altri ninja che all'incirca avevano la nostra età e nonostante la barbarie di questa mostruosa guerra, io continuavo imperterrito senza indietreggiare, perchè credevo nei grandiosi ideali della famiglia Maeda, credevo nella gerarchia nella quale mi trovavo, credevo ciecamente ai miei compagni di armata affinchè questi mi proteggessero le spalle ed io facessi lo stesso con loro. Intervenni in tre uniche missioni, sterminando, insieme ai miei commilitoni, intere orde di shinobi di Iwakagure senza batter minimamente ciglio.

La cerimonia e l'addio alla Cascata:

Si dice che la guerra cambi le persone e non posso dare torto a questo luogo comune ma c'è una osservazione doverosa da fare: chiunque si offra di andare in guerra per un qualsiasi ideale, ha un forte istinto omicida che gli scorre potente nelle vene, proprio come quello che anche io mi sono accorto di avere. Quando i Ninja del paese della roccia si ritirarono, alla Cascata venne organizzata una grande cerimonia in onore delle squadre che avevano combattuto e trionfato sul nemico: io marciavo, seppur malconcio, tra i trenta rimasti della XIV Gōsuto, accanto all'armata Accademica ed ai Generali. Eravamo tutti vestiti a festa, partendo dal sottoscritto che aveva gli abiti da cerimonia donati a tutti i soldati dalla famiglia Maeda.
Finita la cerimonia, tornai a casa con i miei genitori, Ken Kagome, mio padre e Mayoko Fugaki, mia madre. Erano persone giovani, avevano poco più di trentanni tutti e due ed erano entrambi grandi lavoratori. Mentre io ero in guerra, loro arano riusciti ad accumulare i soldi necessari per mandarmi a Kiri città ove avrei potuto crescere e continuare i miei studi. Ne fui così entusiasta che l'indomani mattina feci i bagagli e partii, verso Kiri.

L'Istinto Omicida:

Un soldato non può vivere senza combattere, è proprio vero. La guerra mi aveva fatto assaggiare il sangue ed il mio corpo, la mia spada, non potevano più farne a meno. Vicino alle porte di Kiri trovai dei mercenari che cercarono di derubarmi ed io li uccisi, li uccisi tutti quanti senza pietà, senza esitazione. Avere del sangue sparso su tutto il corpo mi inondava le membra di adrenalina. Così, quando entrai a Kiri, completamente sporco di sangue, le guardie esitarono un attimo a lasciarmi entrare ma davanti a tutti i cartigli accademici necessari, non si poterono opporre.
Ci misi del tempo ad ambientarmi, circa un annetto. Ero ancora poco più di un ragazzino, avevo poco più di sedici anni. In giorno mentre mi dirigevo verso un lago limitrofo alla mia casa, un gruppo di banditi mi assalì. L'idea di poter uccidere quando volevo e come volevo mi allettava sempre di più così che, prima di fare una qualsiasi mossa, gli chiesi se avevano bisogno di un ulteriore membro per quella banda di debravati. La risposta fu ovviamente negativa perchè uno di loro mi si lanciò contro brandendo una spada troppo pesante per lui. Mi limitai ad estrarre la mia ed a batterlo in velocità, tagliandogli prepotentemente il braccio dal busto. Quello che sembrava essere il capo, dopo questo gesto, mi disse che, come avevo appena visto, si era liberato un posto e che quindi io potevo tranquillamente iniziare a fare baldoria con loro. Dopo due anni di scorribande ed omicidi, mi stancai di quella brutta compagnia di uomini viziati, rozzi ed infantili così, li uccisi tutti. Con i soldi da loro ricavati decisi di rimodernarmi un po' la casa e di iniziare finalmente a soddisfare il mio sempre più grande istinto omicida iscrivendomi all'accademia Ninja.