[Accesso] L'entrata di Suna

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  1. Kei Hajime
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    Sangue e Sabbia

    L'entrata




    Ecco quindi come accadde che mi risvegliai in un deserto e mi ritrovai alle porte di un grande villaggio. Accompagnato da un pazzo. Non che io avessi potuto inequivocabilmente definirmi più "normale", intendiamoci. Camminavamo nel mezzo del nulla; io, con in spalla un avvoltoio appena stecchito, lui ciondolando, ballando e cantando e parlando. Parlava talmente tanto che sembrava quasi compensasse la mia ineluttabile apatia. Apatia, ovvero insensibilità. Ero sensibile, ma allo stesso tempo ero insensibile. Ero Kei Hajime dopo tutto. Questo era certo. Il lascito di tale nome mi fu dato dal sangue, la prova dalla sabbia che era sulla medaglietta che portavo al collo. Il mio corpo era vivo. La mia mente, forse, no. La mia pelle sentiva il tocco leggero della brezza calda che spirava su Suna, ma la mia coscienza non ebbe nessuno sfarfallio simile al sorriso agli strani comportamenti, alquanto esilaranti, del giovane ragazzo prodigio al mio fianco. Il mio palato aveva assaporato lo snervante tocco della fame e della sete, ma lo snervante tocco della paura della morte, quello, non era minimamente passato vicino al mio cervello. Il mio naso, il mio udito, sentivano suoni, odori, che si libravano nell'aria come onde musicali suonate solo per me, ma ciò che, come scoprii in seguito, davvero caratterizzava la razza umana mancava. Mancavano emozioni, mancavano sentimenti e tutte le percezioni che cominciavo a sperimentare attraverso i miei cinque sensi rimanevano bloccate durante il loro cammino verso la mia coscienza da un muro freddo, criptico che formava un recinto attorno al mio cuore. Un solo cuore, un solo volto ed una sola anima erano troppo poche per me. Troppo poco era il tempo trascorso dal mio rinvenimento, semplicemente troppo fu per me andare oltre la mera registrazione, quasi inconsapevole, degli avvenimenti che passivamente percepivo. Per questo ero sensibile ed insensibile allo stesso istante. Mentre camminavo e l'intorpidimento mentale non procedeva di pari passo a quello fisico nello svanire, dall'orizzonte alte mura, che all'inizio scambiai per una montagna rocciosa, si stagliarono di fronte ai miei occhi. In effetti, penso di essermi ispirato a questa visione quando poi sviluppai il paragone con il muro che bloccava le mie sensazioni ad uno stadio puramente primordiale. Tra la liscia parete ocra, da cui cadevano esili filamenti di sabbia, scorsi una crepa che si estendeva per tutta l'altezza della struttura. Il mio compagno di viaggio blaterò di andare a controllare la presenza di una certa guardia noiosa e mi invito a desinare nella sua abitazione, non prima di avermi chiesto il nome.


    Kei Hajime.

    Ancora una volta questo nome segnava l'inizio di qualcosa. Per me, l'inizio della vita al villaggio della Sabbia. Dissi i kanji che mi avrebbero marchiato per sempre ma essi si persero nell'aere poiché il mio avventore si percepitò nella crepa tra le mura cittadine, svelandomi la vera natura di tale solco: l'entrata a Suna. A mia volta mi avvicinai verso tale direzione e facendomi largo, mi rivolsi alla prima guardia che avessi incontrato, indicando la persona che mi aveva appena preceduto.

    Cerco riparo: quel ragazzo mi ha appena invitato.

    Ero a Suna e con me faceva il suo ingresso, sorvolando dall'alto cielo azzurro, costellato da qualche nuvola grigiastra, nel villaggio uno stormo d'avvoltoi dalle oscure sembianze.

    Semplice post d'intermezzo per segnare ufficialmente il mio arrivo a Suna facente parte di una giocata che è cominciata qui e proseguirà qui.

     
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674 replies since 9/5/2006, 20:29   18801 views
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