Posts written by Munisai

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    Psycho Circus


    La Più Grande delle Minacce • Capitolo VI

    Una luce sfolgorante investì i due Munisai, il bambino e l'adulto, abbagliandoli e avvolgendoli completamente come una calda coperta.
    Poi, fu l'oblio. Quella orribile esperienza appena vissuta e tutto ciò che era stato nella vita del ragazzo svanirono nel nulla, cancellati dalla memoria.
    Almeno per il momento.


    ——— ♦ ———




    Il vecchio Kanashige non era certo un uomo dai natali illustri. Non era un nobile né veniva da una famiglia facoltosa, tuttavia uno spiccato spirito imprenditoriale, uno scarsa stima per le regole e una buona dose di fortuna avevano fatto di lui uno degli individui più ricchi e potenti del Paese delle Risaie. Oltre ad essere un magnate dell'edilizia, era anche uno degli elementi di punta di un'organizzazione che controllava il traffico di droga dell'area, uno dei più fiorenti di tutto il Continente. Un vero pilastro della società e dell'economia otese, che come noto non erano tra le più specchiate.
    Purtroppo gestire gli affari e accumulare risorse era l'unica cosa in cui realmente eccellesse, mentre occuparsi di una famiglia non era mai stato il suo forte. Oltre ad aver inanellato ben due divorzi, aveva commesso l'errore che molti genitori ricchi da far schifo commettevano con la propria prole: viziarla.
    Nel caso specifico Munisai, unico figlio dell'imprenditore, era cresciuto nello sfarzo più sfrenato, coccolato e accontentato in ogni maniera possibile. Gli era sempre bastato chiedere per soddisfare qualsiasi capriccio. E così, ormai alla soglia dei ventun anni, il giovane era venuto su come un ragazzone smargiasso, piuttosto borioso, ma sostanzialmente inetto in qualsiasi cosa contasse davvero.
    Non aveva mai lavorato un giorno della sua vita, era costantemente attorniato da gente al suo soldo che si occupava di lui in ogni modo, dalla servitù che lavorava nella sua sontuosa magione alle guardie del corpo che lo accompagnavano ovunque andasse. Diamine, persino la gente che frequentava, i suoi amici, a ben vedere gli ronzavano intorno soprattutto per i suoi quattrini. Non sapeva cosa fosse la fatica, o la dedizione, o privarsi di qualcosa. Era un miracolo che sapesse come ci si allacciava le scarpe.
    Ora, cosa fa una persona con mezzi economici quasi illimitati? Si diverte, ovvio!
    Li brucia in donne, alcool e droga,e ci mancherebbe anche! E di tutti i luoghi in cui il rosso amava indugiare nei propri vizi, sicuramente lo Psycho Circus era uno dei suoi preferiti.
    Ovviamente i beni che possedeva grazie alla grana di papino non si contavano, tra mobili e immobili, ma spesso e volentieri lo si poteva trovare a bazzicare con i suoi compagni proprio nella discoteca di sua proprietà.
    Fu così anche quella notte.



    Dj Hadoweru stava dando il meglio di sé mentre una calca amorfa ballava e si dimenava sulla pista da ballo.
    Ai margini di questa, eccolo lì Munisai che a ogni passo si beccava i saluti e i complimenti di due o tre persone, e nel mentre si faceva largo tra la folla, non che gli riuscisse particolarmente difficile data la statura importante e l'abbigliamento che, anche in un ambiente scarsamente illuminato come quello, l'avrebbero reso riconoscibile dal capo opposto della sala.
    Una camicia bianca con dei motivi fiammeggianti lungo le spalle, tenuta sbottonata rigorosamente fino a metà addome, lasciando il busto muscoloso in bella mostra, dei pantaloni arancione chiaro lunghi fino a metà polpaccio e ai piedi dei mocassini dalla punta stretta e all'insù in pelle laccata. Appoggiati sul naso degli occhiali da sole a mezzaluna dalle lenti viola che, diciamocelo, in una discoteca ma in generale in un contesto civilizzato non avrebbero mai dovuto trovare posto (che fine avevano fatto i fidi occhialoni da lavoro?).
    Ma la cosa più spettacolare era la pelliccia rosa che portava sopra, una vera gioia per gli occhi. Oddio, forse la parola pelliccia non è corretta, ma ci siamo capiti insomma. Invece che di pelo d'animale era costituita interamente da piume di fenicottero, e a giudicare da quanto gonfia e maestosa fosse era evidente che qualche bracconiere si fosse divertito a farne fuori un intero stormo per procurare il materiale per confezionarla.


    Incrociò la strada di una attraente cameriera che girava il locale con un vassoio pieno di bicchieri.
    A Munisai bastò una mano per inforcare al volo tre flute colmi del migliore vino spumante in circolazione, con l'altra diede una sonora pacca sul sedere alla suddetta cameriera, che ridacchiò apparentemente imbarazzata mentre quello che effettivamente era il suo datore di lavoro la superava con un sorrisetto allusivo stampato in faccia.
    Continuò a guadare la marea di gente fino a raggiungere un gruppetto di ragazzi. Quello poteva considerarsi il centro nevralgico dello Psycho Circus, ovvero in punto in cui si riuniva il piccolo boss e la sua banda.
    Al centro di quel capannello, infatti, vi era un ampio e comodo sofà in pelle rossa dove sedevano tutte acchittate le due fregne più grandi che potreste mai avere la fortuna di incontrare. L'anfitrione porse loro i bicchieri col pregiato fermentato in un raro e tutt'altro che disinteressato gesto di galanteria, prima di accomodarsi giusto in mezzo alle due, sorseggiando la propria bevanda per poi poggiare i piedi sul tavolino davanti a sé e gettare il braccio attorno al collo di ciascuna ragazza.
    Cazzo, quella sì che era vita.

    Importante precisazione, quelle due erano le sue fidanzate. Lo sarebbero state ancora un tre giorni, poi sotto a chi tocca.
    Lui era fatto così. Si annoiava, quindi gli piaceva cambiare regolarmente. Non a caso si era già bombato almeno una volta un buon 80% delle ragazze presenti in discoteca quella notte.
    Una delle poche lezioni che il vecchio Kanashige era riuscito a tramandare al suo rampollo, soprattutto in virtù delle esperienze matrimoniali, era che fosse di gran lunga meglio fare regali costosi e mirati per ottenere le "attenzioni" del gentil sesso ogni volta che ne sentiva il bisogno, piuttosto che mettere l'anello al dito ad una singola donna e farsi spennare a vita. Gli sembrava ancora di sentirlo metterlo in guardia.
    "La donna che non paghi non sai mai quanto ti costa!"

    Comunque fu mentre il rosso parlottava con i propri compari, o meglio urlava, per sovrastare il frastuono della musica, che il dj lo convocò sulla pista da ballo.
    Non rompermi i coglioni Hadoweru, non vedi che sto cercando di rilassarmi qui? tuonò il boss, tuttavia dal suo tono si capiva benissimo che l'idea non gli dispiacesse affatto quella sera.
    Voleva solo farsi pregare un po', e infatti subito partì un coro d'incoraggiamento da tutti i presenti. Dopo qualche momento di finta titubanza, infine cedette.
    E va bene, va bene! esclamò misericordioso.
    Si voltò verso la gnocca alla sua destra baciandola con passione.
    Poi si girò verso quella a sinistra.
    Rifletté un attimo, quindi limonò duro anche con lei.
    Non sia mai che si offendesse. Ci vuole tatto nella vita.

    Guadagnò quindi il centro della dance floor con un balzo felino.
    Si sentiva gasato, euforico. Probabilmente era un po' fatto per via delle pasticche che ricordava di aver preso, che poi non fosse vero erano dettagli. L'autosuggestione è uno strumento assai potente.

    E poi niente, cominciò lo spettacolo.
    Il rosso sapeva bene che molti dei suoi amici pensavano che a ballare fosse una sega, anche se non avevano le palle di dirglielo in faccia, non era mica scemo. Ma cosa poteva mai capirne quella accozzaglia di plebei leccapiedi?
    Nulla, ecco cosa.
    La tecnica e la musicalità dei suoi movimenti era a dir poco impeccabile, vi dico, e sapete che non sarei mai parziale. Una autentica gioia per gli occhi, specialmente per le fanciulle.
    Quale fluidità, e quale squisita finezza in quei sensuali movimenti pelvici.
    E poi hop con quel calcetto che fa tanto adorabile canaglia.
    Ve l'ho detto, era un fenomeno.
    Peccato che proprio sul più bello, con la folla in visibilio e le femmine in procinto di strapparsi le vesti di dosso alla vista di quell'irresistibile lavoro di anche, o almeno credo, la musica si fermò di colpo.
    E anche il rumoreggiare dei presenti, i quali si ritrassero lasciando il padrone di casa da solo in mezzo allo stage.
    Che diavolo succede? Chi ha detto di fermare la musica? si lamentò subito, guardandosi intorno in cerca di risposte.

    Dieci figure completamente irriconoscibili a causa delle bende avvolte attorno alla testa e armate di coltello si fecero largo tra la folla, e nessuno parve sorpreso o allarmato nel vederle.
    Nessuno a parte Munisai.
    Ah. Ahahah rise a fatica, ma il suo nervosismo era palpabile.
    Bello scherzo del cazzo, me l'avete quasi fatta.
    Kensuke? Noboru?

    Passò lo sguardo su ciascuno dei propri amici, o presunti tali, speranzoso che le sue parole trovassero conferma nei loro volti sorridenti. Ma non fu così. Le loro espressioni erano diventate fredde, impassibili. Come anche quelle di tutti gli altri.
    Quando vide che gli intrusi continuavano ad avanzare circondandolo e che anche le sue fide guardie del corpo restavano immobili invece di intervenire per salvarlo, il rosso cominciò davvero a sudare freddo.
    Era tutto vero, dunque? Il poveraccio fece appello a tutto il sangue freddo di cui disponeva prima di parlare.
    Non tutto era perduto. In base ai suoi due decenni di vita, non esistevano problemi che il denaro non potesse risolvere, o persone che non si potessero comprare.
    Allargò le braccia, in segno di amicizia e di resa, facendo del suo meglio per non far tremare la voce.
    Signori, parliamone, sì?
    Chiunque vi abbia mandato, qualsiasi cifra vi abbiano promesso, io vi pagherò il doppio. Anzi, il triplo!

    Il tono era quasi implorante.
    Saprete chi è mio pad--
    In realtà se ne fregavano di soldi e di padri, o presunti tali. Mentre stava parlando e senza troppi complimenti gli arrivò la prima coltellata, alle spalle, poco sotto la scapola destra.
    URGH!
    Il dolore fu tremendo, sia quando la lama entrò che quando uscì dalle carni del ragazzo, il quale, ovviamente, non aveva memoria di esser stato mai infilzato in passato, anzi.
    In un attimo anche gli altri assalitori lo raggiunsero e il rosso, in cuor suo, capì di essere spacciato.
    A quanto pare non avrebbe mai visto quei ventuno anni ormai così vicini.
    Stranamente non strillò, non implorò, né pianse. Non tentò di scappare o altro, sapeva che gli sarebbe stato impossibile. Istintivamente si raccolse portando le braccia a copertura di busto e testa, poi attese. Attese che tutto finisse, pregando per una morte il più rapida possibile.
    Ma ciò che accadde invece fu qualcosa di assolutamente inspiegabile.

    Il cervello del giovane andò completamente a nero. Ogni pensiero, idea o concezione della realtà svanito, mentre qualcos'altro prendeva il sopravvento.
    Era solo un corpo in mezzo a uno spazio finito. C'era solo la sua pelle, la sua forma, i suoi occhi, che si schiusero sull'ambiente circostante come fosse la prima volta e individuarono, tra i cori infami e nel trionfo di luci stroboscopiche, quelli che minacciavano la sua stessa esistenza.
    La mente poteva ignorarlo, al momento, ma Munisai si era trovato in situazioni del genere più e più volte. Si era allenato per affrontarle e uscirne trionfatore.
    I suoi muscoli, da soli, sapevano cosa fare. Vi era un unico imperativo.

    Sopravvivere.




    TU-TUM



    Gli occhi videro. E il corpo reagì.
    Una lama tentò di affondare nel pettorale destro del rosso, ma questi portò subito il braccio destro davanti a sé, il palmo rivolto in alto, facendo scivolare a contatto gli avambracci suo e dell'attaccante, accompagnando il movimento offensivo fuori traiettoria. [SD1]Rif e Res: 200
    Quasi in contemporanea un altro affondo arrivò altrove, stavolta diretto alla spalla sinistra. Ancora una volta il braccio, quello mancino stavolta, andò ad intercettare il colpo, bloccando quello avversario con il taglio esterno dell'avambraccio. [SD2]Rif e Res: 200
    La situazione era comunque disperata e l'otese era sovrastato numericamente. Da uno dei molti punti ciechi, dietro di lui, arrivò una pugnalata nella parte più esterna del trapezio, poco prima della spalla sinistra, ma a parte stringere i denti non ci fece troppo caso, nemmeno si voltò perché un ben più pericoloso attacco stava arrivando frontalmente. Due individui distinti cercarono di portare un affondo in contemporanea, entrambi mirando al viso. Senza esitazione Munisai si piegò sulle ginocchia, accovacciandosi e mandando a vuoto le due lame. [SD3]Impasto: Bassissimo
    Rif: 225

    Contestualmente al movimento discendente, fece scattare le braccia verso il basso, liberandosi in modo rapido e pulito dell'ingombrante soprabito piumato.
    Mentre si rimetteva all'impiedi, una nuova pugnalata calava sulla sua testa, o sul petto, a seconda di quanto velocemente le sue gambe si sarebbero raddrizzate. Ma non sarebbe stato necessario scoprirlo, poiché per quando ebbe guadagnato nuovamente tutta la sua statura, gli avambracci disposti a croce sopra la testa avevano intercettato il polso del sicario. [SD4]Rif e Res: 200
    Uno dei suoi complici non si fece scappare l'occasione offerta da quella guardia così alta e rapido andò a trafiggere il fianco sinistro dell'obiettivo.
    Non faceva male quanto avrebbe dovuto, probabilmente il rosso era ancora preda di quella sorta di trance. Riuscì persino ad intravedere con la coda dell'occhio un altro attacco diretto alla sua schiena, voltandosi di scatto e parando braccio contro braccio giusto in tempo. [SD5]Impasto: Bassissimo
    Rif: 225

    Peccato che rivolgere l'attenzione altrove spianò la strada alla coltellata successiva, che andò a segno penetrando nel bicipite destro.
    Noncurante dell'ennesima ferita sofferta, Munisai scattò verso il nemico più distante da lui e quindi dall'epicentro dell'aggressione. Quando fu a distanza da mischia, gli sferrò un rapido pugno verticale con la destra cercando di percuotere trachea e laringe. [SA1]Impasto: 1/2 Basso
    Vel: 250

    Un attacco non potente ma portato in una zona particolarmente sensibile che, se andato a buon fine, si sarebbe fatto sentire parecchio. Il bersaglio avrebbe persino potuto perdere la presa sulla propria arma, e se così fosse stato il rosso l'avrebbe prontamente raccolta, ma a prescindere da ciò, dopo l'attacco, egli si sarebbe voltato fronteggiando nuovamente i suoi aguzzini, che a quel punto, e almeno per il momento, non gli sarebbero più stati intorno ma solo davanti.

    Il rush di adrenalina non si fermò ma calò sensibilmente.
    Il fiato corto, i danni accumulati che finalmente si facevano sentire. La testa che riacquisiva lucidità e, con essa, il più profondo turbamento.
    Nessuno degli astanti, infatti, avrebbe avuto un'espressione più shoccata e sbalordita di lui dipinta sul volto.
    Che...che cazzo è successo?!
    I cori inneggianti alla sua morte erano a quel punto divenuti un mero rumore di sottofondo.
    Si guardò le mani con occhi sgranati.
    Cosa diavolo era appena successo?

    Il giovane aveva sentito parlare di reazione fight or flight e di come, sotto pressione e con l'adrenalina a mille, il fisico riuscisse a compiere prodezze normalmente impensabili. Ma quello che si era appena consumato era ben diverso, una specie di miracolo.
    Malgrado il fisico possente, del quale si era senza dubbio preso cura ma solo per vanità e per fare colpo sulle donne, il ragazzo non avrebbe mai saputo come usarlo per badare a se stesso. Lui era vissuto nella bambagia, c'era sempre stato qualcuno a vegliare su di lui. Figuriamoci se si era mai trovato coinvolto anche in una semplice rissa, impensabile. Ma soprattutto, che attrattiva poteva avere imparare a combattere per qualcuno circondato costantemente da guardie del colpo e sgherri assortiti, tutti profumatamente pagati non solo per proteggerlo ma anche per pestare chiunque non gli andasse a genio?
    Munisai, grande e grosso com'era, sarebbe stato praticamente indifeso in una qualsivoglia situazione di pericolo.
    Quindi, come si spiegava quanto era avvenuto?
    Un gesto disperato non poteva giustificarlo neanche lontanamente. Le sue azioni erano state troppo mirate, sicure, tecnicamente solide e strategicamente sensate. Quella roba non si poteva improvvisare, ci sarebbero voluti anni di esperienza marziale e di allenamenti.
    Ma il rosso non ricordava nulla del genere.
    Perché non riusciva a ricordarlo?
    Più ci pensava e più la cosa non quadrava per niente. Non poteva essersi dimenticato di una cosa così importante, che diamine!
    Era come se qualcosa...qualcuno...
    Si portò una mano alla testa mentre un intenso dolore lo assaliva, trapanandogli il cranio. Fortunatamente durò solo pochi istanti.

    [Nota]Munisai sblocca 5 conoscenze (2 T.Base e 3 T.Avanzate)
    - Tecnica della Trasformazione
    - Rilascio
    - Percezione Falsata
    - Tecnica delle Corde
    - Note del Dolore: Do! Re!


    Cosa diavolo sta succedendo? Cosa...chi..?
    Il respiro irregolare.
    Chi sono io? esalò infine, in un sussurro appena udibile.





    Chakra: 19/20
    Vitalità: 6/10
    En. Vitale: 26/30- Leggera alla schiena
    - Leggera alla schiena
    - Leggera al fianco sx
    - Leggera al bicipite dx
    Statistiche Primarie
    Forza: 200
    Velocità: 200
    Resistenza: 200
    Riflessi: 200
    Statistiche Secondarie
    Concentrazione: 200
    Agilità: 200
    Intuito: 200
    Precisione: 200
    Slot Difesa
    1: Parata
    2: Parata
    3: Schivata
    4: Parata
    5: Parata
    Slot Azione
    1: Pugno
    2 e 3: Convertiti in SD
    Slot Tecnica
    1: ///
    2: ///
    Equipaggiamento
    Nessun oggetto

    Note
    Credits a Hidan per la citazione XD


  2. .

    Infiltrazione


    Suiminami • Capitolo II

    Quando il duo fece capolino nella locanda, Juzo si rivolse alla ragazza dai capelli verdi forse in maniera fin troppo diretta, dimostrando una conoscenza dell'interlocutrice che difficilmente uno straniero avrebbe potuto avere. Per fortuna degli otesi Junko era abbastanza ciucca da non notarlo. O forse pensava che gli sconosciuti avessero chiesto indicazioni in loco, dopotutto molti elementi di Umiuso, e specialmente quelli di rango più basso, erano ben noti alla comunità del luogo, e per i criminali non era un problema. Questi, infatti, avevano l'isola occidentale e quella meridionale di Suiminami in pugno, e nessuno osava opporsi alla loro autorità. O quasi.
    Criminale lo dici a tua sorella, bifolco ribatté lei seccata alla definizione data al proprio gruppo, pronta a intimare agli scocciatori di smammare e lasciarla bere in santa pace.
    Tuttavia quando le furono offerte ben due pinte di birra i suoi occhi si illuminarono ed un sorriso radioso le si stampò sul grazioso viso. Il tono inizialmente scontroso si addolcì notevolmente.
    A quanto pare ci sono ancora degli uomini decenti in giro, per tutti i Kami...hic!
    Grazie...ehm, come avete detto che vi chiamate?
    domandò infine, con aria confusa.
    Prese il primo bicchierone e se lo scolò d'un sol fiato, sospirando poi inebriata prima di mollare un molto signorile rutto.
    Probabilmente i due accademici non avrebbero neanche avuto il tempo di gustare la propria bevanda, ma la donna non era un tipo dai modi spicci. Agguantato il secondo boccale, fece cenno ai benefattori di seguirla.
    Non voglio parlare d'affari in questa baracca, prendiamo una boccata d'aria.
    Un attimo di pausa, mentre apriva la porta e usciva all'aria pungente della sera.
    Hic! Ah pagatemi il conto, già che ci siete.
    Ed era chiaro che non fosse una richiesta ma un obbligo se volevano che la conversazione proseguisse.

    Junko si fermò giusto una ventina di metri più in là, in una stradina deserta del villaggio, dove orecchie indiscrete non avrebbero potuto ascoltare.
    E così vorresti unirti a noi, eh? si rivolse subito a Juzo, facendo poi scivolare dubbiosa lo sguardo su Kasai.
    Tu invece non ho capito che cazzo vuoi fare. Se parlassi magari...
    Cos'è? Il gatto gli ha man--...hic!...mangiato la lingua?
    ridacchiò sguaiatamente, emettendo anche un piccolo grugnito.
    Comunque si fece più seria, fissando l'aspirante infiltrato, non so per chi accidenti ci hai presi, ma noi non arruoliamo il primo coglione che passa. E soprattutto, stiamo bene attenti a non tirarci in casa quei topi di fogna dell'Accademia
    Lo sguardo si fece più penetrante, come se cercasse un qualsiasi indizio della falsità dei suoi interlocutori. Buttò giù un bel sorso di birra.
    Junko era sicuramente una alcolizzata, su questo non c'erano dubbi, ma purtroppo per i ninja del Suono, era una alcolizzata che, avvezza com'era a bere, manteneva una considerevole efficienza anche quando era oltremodo alticcia.
    E soprattutto non era una scema.
    La nostra organizzazione è piccola ma ha il potenziale per una espansione aggressiva. Dobbiamo stare attenti a chi scegliamo di accogliere nel nostro progetto però, sono certa che...hic!...comprenderete.
    Tuttavia, visto che mi stai simpatico...
    ma sarebbe stato più corretto dire "Visto che mi hai offerto da bere", ...voglio darti la possibilità di guadagnarti il tuo posticino in Umiuso.
    C'è giusto un lavoretto che mi era stato assegnato dai boss. Te ne occuperai tu al mio posto, e se farai un buon lavoro metterò una buona parola coi piani alti.
    Mi sembra onesto, no?


    Se Juzo avesse detto che ci stava, la ragazza avrebbe spiegato di cosa si trattava.
    Vedi quella casupola...hic!...laggiù?
    Indicò una piccola abitazione in legno vicinissima alla costa, probabilmente la casa di un pescatore.
    Lì ci vive un certo Takeshi, un pescatore così pazzo da credere di poterci mettere i bastoni tra le ruote. Non solo ritarda ogni santa volta sul pagamento del contributo a Umiuso leggasi pizzo, ma siamo venuti pure a sapere che il povero fesso tiene delle riunioni segrete sobillando gli altri isolani contro di noi!
    Ti rendi conto l'arroganza?!

    E giù altra birra.
    Ora, giustamente, i boss si sono rotti il cazzo e vogliono dare a questo tizio una lezione esemplare, così che né a lui né a nessun altro possa più passare per la testa di contrastarci.
    Bada bene, non lo sfioreremo con un dito. In questo momento dovrebbe trovarsi ancora in mare, quindi fuori dai piedi.
    Il tuo compito è semplicissimo. Dovrai introdurti nella casa che ti ho indicato e togliere di mezzo sua moglie e la loro figlia di quattro anni.

    Fece una pausa, continuando ad osservare ogni reazione dell'interlocutore alle sue parole.
    Voglio la loro testa. E parlo in senso letterale, devi portarmi qui le loro teste mozzate.
    Fa' questo per me, e sarai dentro.
    Ti concedo quindici minuti di tempo, senza creare trambusto o casini, intesi?

    Si rivolse poi a Kasai.
    Tu allora che vuoi fare? Che un lavoretto anche per te lo trovo facile facile...Hic! sorrise inquietante.

    La donna non avrebbe sentito ragioni in caso di rifiuto, né avrebbe accettato controproposte. La trattativa, semplicemente, si sarebbe chiusa lì.

    Se Juzo, invece, avesse accettato l'incarico, tutto sarebbe andato come previsto. L'otese sarebbe riuscito a introdursi facilmente nella casupola e non avrebbe trovato ostacoli nell'uccidere la famiglia del temerario pescatore, a parte le strazianti suppliche della madre di risparmiare la vita almeno alla sua bambina.


    La situazione non era delle migliori.
    I due accademici erano stati incauti ad avvicinare la Nukenin senza uno straccio di piano, senza pensare a uno stratagemma o a una messinscena per dare credibilità alla richiesta d'ammissione del Genin da infiltrare. E così, la donna dai capelli verdi aveva preso in mano la situazione, e ora menava lei le danze.
    Con la sua richiesta avrebbe ottenuto più risposte in un colpo solo riguardo a chi aspirava ad entrare nelle file di Umiuso, testandone l'indole, la determinazione e la capacità di obbedire agli ordini fedelmente, senza se e senza ma, per quanto spietati potessero essere.
    I due del Suono avrebbero potuto benissimo mandarla al diavolo e insieme probabilmente non avrebbero avuto troppe difficoltà a sopraffarla e, eventualmente, catturarla o ucciderla. Ma questo avrebbe significato mandare in malora la missione.
    D'altro canto, uccidere una donna e una bambina indifese sarebbe stato così facile! Fatto quello, penetrare nell'organizzazione criminale come spia sarebbe stata cosa fatta.
    Ma Juzo avrebbe avuto abbastanza pelo sullo stomaco per eseguire un ordine del genere? E, cosa più importante, Kasai, col suo agire o non agire, si sarebbe reso complice dell'assassinio di due povere innocenti pur di vedere la missione affidatagli portata a termine?

    Era tempo di prendere una decisione.
    Spicciatevi, il mio bicchiere...hic!...è quasi vuoto, qui.



  3. .

    Reclutamento forzato





    Territorio: Kurohai
  4. .

    Infiltrazione


    Suiminami • Capitolo I

    Juzo era appena diventato Genin, eppure le alte sfere dell'Accademia avevano deciso di affidargli un compito importante e piuttosto impegnativo: infiltrarsi in un gruppo di Nukenin che operava nell'arcipelago di Suiminami, a sud di Kiri. Malgrado l'alto rischio che comportasse un incarico di questo genere, c'era qualcosa nel curriculum dell'uomo dai meravigliosi baffi che aveva convinto i gerarchi a puntare su di lui: il fatto di essere uscito indenne da una missione guidata dall'ex Amministratore di Oto, Febh Yakushi. Infatti non era cosa da tutti sopravvivere ad un'esperienza con il ninja più imprevedibile e distruttivo del Continente, persino quando lo si aveva come alleato!

    Ad ogni modo, al neogenin era stato chiesto di penetrare nell'organizzazione criminale, che si faceva chiamare Umiuso, per raccogliere più informazioni possibile su di essa e sabotarne le azioni dall'interno.
    Data la posta in gioco, però, non era stato mandato da solo. Con lui c'era Kasai Fushi, suo compaesano e Genin di esperienza maggiore, il cui compito sarebbe stato quello di coadiuvare e supportare l'azione del compagno, facendo in modo che l'aspirante infiltrato riuscisse nel suo proposito.

    Dopo aver viaggiato per mare a bordo di un mercantile che si occupava di trasporto ittico, giusto per non dare nell'occhio, i due raggiunsero l'isola occidentale di Suiminami, dove era noto che sorgesse la base dei fuorilegge in questione. Sbarcarono in un piccolo villaggio di pescatori un paio d'ore dopo il tramonto, al che esaminarono ancora una volta la mappa che gli era stata fornita.
    A meno di un chilometro di distanza, addentrandosi nel paesello, c'era una locanda che, secondo le informazioni raccolte da alcune spie kiriane, era frequentata assiduamente da una certa Junko, un membro di Umiuso. A baffetto era stato persino fornito un identikit della donna, così che non avrebbe avuto problemi a riconoscerla.
    E lì l'avrebbe trovata Juzo, quando fosse giunto nel locale amichevolmente chiamato "Il Pescecane", seduta al bancone del bar a bere come se non ci fosse un domani. Lei era l'aggancio che gli serviva, la persona da fregare facendosi ammettere tra le fila dei Nukenin. Ma prima avrebbe dovuto convincerla della sincerità delle sue intenzioni e c'era da dire che, anche se la ragazza dai capelli verdi ricopriva una posizione abbastanza bassa nella gerarchia del suo gruppo, non era affatto una sprovveduta.

    I due otesi avrebbero fatto meglio a consultarsi e a farsi venire in mente qualche buona idea prima di fare anche solo un passo verso la locanda, se non volevano mandare all'aria una missione così delicata.



  5. .

    Saru e Munisai • Interpost

    Scherzi? Sarei l'anima della festa ribatté il rosso con un tono volutamente serio, ma palesemente fasullo.
    La sunese decise di seguirlo per mettere qualcosa nello stomaco e, mentre scendevano di sotto, gli chiese senza troppi giri di parole delle cicatrici che gli segnavano il volto.
    Dritta al sodo, eh? fece lui, guardandola con un mezzo sorriso compiaciuto.
    Nemmeno io amo i convenevoli, penso che andremo d'accordo.
    Nel frattempo avevano raggiunto il pian terreno, dove Munisai vide il locandiere dietro il solito bancone intento a versare da bere a degli avventori. Cercò il suo sguardo e quando finalmente lo incontrò, gli fece un cenno discreto col capo come a chiedergli di raggiungere i due ragazzi che ormai avevano occupato un tavolo libero.
    Diciamo che ho il brutto vizio di cacciarmi in situazioni parecchio pericolose.
    A volte accidentalmente, talvolta di proposito, ma in generale tendo ad avere lo sguardo rivolto verso orizzonti troppo lontani, che le mie gambe non hanno la forza di raggiungere.

    Teneva lo sguardo puntato negli occhi della ragazza mentre parlava con tono calmo, adagiato comodamente sullo schienale della sedia.
    Ho scelto di diventare un ninja in parte per questo motivo, per tentare di accorciare la distanza che mi separa da quegli orizzonti.
    Forse non era la risposta chiara e diretta in cui la giovane avrebbe sperato, ma era chiaro che l'otese non sarebbe sceso nei dettagli sull'argomento. Il fatto che egli apprezzasse la franchezza di lei non significava certo che lui avesse intenzione o voglia di sviscerare il suo passato con una sconosciuta.
    Giusto il tempo di un'eventuale replica della sunese, che il locandiere finalmente si sarebbe presentato al loro cospetto.
    Signorina. Signore.
    Un breve inchino.
    Che cosa gradite?
    Sake rispose immediatamente il ragazzo.
    Quello che mi ha servito prima andrà benissimo.
    Guardò un attimo sovrappensiero la rossa, prima di continuare.
    Ne porti anche uno di tipo tradizionale, filtrato. Riscaldato.
    In realtà il giovane non sapeva se la rossa era una bevitrice, comunque lei avrebbe avuto l'opportunità di ordinare altro. Una sua protesta o la richiesta di una bibita non alcolica, tuttavia, sarebbe stata zittita da un gesto serafico con la mano da parte del compagno.
    Non vorrai lasciarmi bere da solo, vero?
    Quanto alle pietanze, l'otese avrebbe lasciato la scelta al proprietario del locale. Munisai non era schizzinoso con il cibo, e le sue uniche richieste furono che gli fosse portato qualcosa di sostanzioso, degno della sua fame, e magari di tipico della zona, o una specialità della casa.
    Dopo che anche la Genin ebbe fatto le sue richieste e l'oste si fosse momentaneamente congedato, il rosso ritenne che era arrivato il suo turno di conoscere meglio la sua interlocutrice.
    E tu, invece? domandò, come per riprendere il discorso precedentemente interrotto.
    Cosa ti ha spinto ad arruolarti nelle fila di Suna?
    Dopo aver ascoltato la risposta, avrebbe ripreso.
    Sai, non sembri affatto appartenere a quelle terre.
    Con quei capelli. Con quella carnagione, soprattutto.
    Te la vedrai brutta sotto il sole impietoso del Vento
    ghignò, mentre intanto arrivavano al tavolo i beveraggi.



    A te nominare e descrivere le pietanze che arrivano, sicuramente sei più ferrata di me su cibi nipponici o pseudo tali. XD

  6. .
    Le avanzate ti mancano, forse qualcosa è andato storto mentre creavi la scheda. Ne hai 3 a disposizione da Studente/Sospetto.

    Benvenuto.
  7. .
    Benvenuto.
    Bravo, la gnocca non è mai abbastanza in game. :solerò:
  8. .

    The Box


    La Colonna • Capitolo I

    Quando l'impiegata dell'Amministrazione giunse sull'uscio di casa di Munisai, udì degli strani rumori provenire dall'interno dell'abitazione. Perlopiù suoni metallici, come di martellate, ma anche improvvisi tonfi sordi e il tipico sfrigolio dell'acqua quando tocca un oggetto incandescente.
    Con espressione interrogativa, la donna bussò energicamente alla porta per farsi sentire.
    ARRIVO! tuonò una voce dall'interno, con tono piuttosto seccato.
    L'ingresso si schiuse rivelando la figura gagliarda del rosso, per l'occasione con i suoi inseparabili occhiali da lavoro inforcati a protezione degli occhi e una fiamma ossidrica di quelle compatte alla mano. Difficile dire se ricordasse più un operaio della più malfamata fabbrica del circondario o un maniaco omicida dalla spiccata fantasia.
    Sì?
    Ehm...ecco...c'è un incarico per lei balbettò la visitatrice leggermente presa alla sprovvista dalla strana situazione, ma subito si ricompose.
    In fondo a Oto di gente stramba ce n'era a bizzeffe, era più o meno ordinaria amministrazione per lei.
    Porse al giovane prima una lettera e poi una scatola di legno.
    All'interno della busta troverà tutti i dettagli del caso. Buona giornata.
    Dopo un rapido inchino, la messaggera girò i tacchi allontanandosi a passo sostenuto, senza aggiungere altro.
    A te replicò l'altro, tornando dentro la propria dimora felice che la seccatrice avesse sloggiato così rapidamente.
    Posò la fiamma ossidrica poggiando anche la misteriosa scatola sul tavolo, si sollevò gli occhialoni sulla fronte e lesse rapidamente il contenuto della lettera.
    Cazzo, devo partire adesso se voglio arrivare in tempo.
    Un minimo di preavviso in più no, eh?
    aggiunse, irritato.
    Mise via tutte le ferraglie senza capo né coda sparse in giro, che lui avrebbe chiamato "il suo lavoro", e in men che non si dica fu adeguatamente vestito ed equipaggiato. Si chiese cosa contenesse l'astuccio in ebano mentre se lo girava tra le mani e lo scuoteva delicatamente, senza tuttavia venire a capo di nulla.
    Era curioso, ma non abbastanza da rompere il sigillo di cera e cercare di forzare i Fuuinjutsu apposti, chissà poi con quali conseguenze, quindi decise di non indagare oltre. Si infilò il contenitore nel cinturone che aveva in vita, in modo che fosse ben sicuro e non potesse perderlo, si buttò un mantello sopra le spalle e prese la porta, dirigendosi verso sud.

    [ ... ]


    Quel dannato vento era una gran rottura, ma per fortuna il clima era ancora mite, quindi l'unico fastidio che diede realmente al ragazzo fu quello di dover tenere il cappuccio calato sulla testa con l'ausilio di una mano.
    Quando arrivò nel punto segnato sulla cartina il sole ormai era calato da un po'. Si trattava di in una zona scarsamente popolata della penisola meridionale, e proprio lì, ai piedi di un rilievo che costituiva solo l'inizio della catena montuosa che si andava estendendo per svariati chilometri nel Paese del Tè, c'era il luogo dove il rosso avrebbe dovuto incontrare il suo contatto per la missione.

    Entrò nella locanda con sicurezza, abbassandosi contestualmente il cappuccio scoprendo il viso.
    Si diresse al bar sedendosi con sollievo su uno degli sgabelli, mentre l'uomo dietro al bancone, che sembrava essere anche il proprietario di quel posto, gli si avvicinava accogliendolo con un caloroso sorriso.
    Benvenuto! Cosa posso offrirle?
    Un buon muroka genshu, per cortesia. A temperatura ambiente rispose Munisai, mentre si guardava intorno rilevando quanto fosse variegata la clientela del locale.
    Il locandiere chinò il capo e si allontanò brevemente, per poi tornare con quanto richiesto, porgendo il piccolo recipiente di porcellana al cliente.
    Questo è uno dei nostri prodotti migliori.
    Il riso utilizzato nella lavorazione arriva direttamente dal Paese delle Risaie.

    Pure io.
    Il ragazzo diede una generosa sorsata, facendo fuori metà del drink in un colpo solo. Effettivamente, la qualità di quel sake era medio-alta almeno.
    Chiuse gli occhi e sorrise mentre lo assaporava.
    Mmmh. Ci voleva proprio disse con tono soddisfatto.
    Sono in viaggio da stamattina, meno male che mi sono imbattuto nella vostra locanda. Ancora qualche passo e avrebbero dovuto strascinarmi a terra con l'ausilio di una fune e di un verricello.
    L'uomo smise di asciugare bicchieri e incontrò lo sguardo dello straniero, che lo fissava in maniera eloquente.
    Prego, può seguirmi?
    L'otese mandò giù il genshu restante d'un sol fiato, lasciò una banconota sul bancone e seguì il padrone di casa su per le scale, dove si trovavano gli alloggi in affitto ai visitatori. L'uomo gli indicò una porta e, senza dire una parola, si inchinò per poi congedarsi.
    Munisai bussò ed entrò nella stanza.
    Al suo interno trovò Kamine, la kunoichi incontrata per la prima volta alla riunione di Villaggio e con la quale aveva fatto la sua prima esperienza sul campo, subito prima di diventare Genin.
    Ah, vedo che finalmente si fidano abbastanza da mandarti in missione da solo.
    Il giovane la salutò con appena un cenno del capo e un ghigno.
    Per forza. Ho portato a casa un po' di incarichi e sono addirittura sopravvissuto a una missione con quel matto di Febh Yakushi.
    Mi sembra il minimo.


    Quando la sunese si unì a loro, avrebbe fatto la conoscenza di un ragazzo sulla ventina, alto quasi due metri, muscoloso, dai capelli rosso acceso e dagli occhi verde acido. Niente sopracciglia e delle cicatrici sulla metà sinistra del viso, oltre che su diversi punti del corpo, che era ancora coperto dal mantello.
    Il giovane l'avrebbe scrutata con attenzione per poi presentarsi a lei con un mezzo sorriso.
    Io sono Munisai Kanashige, Genin del Suono.
    Anche tu qui per la consegna?


    Quando Kamine ebbe concluso la breve spiegazione, il rosso lasciò che fosse prima la Genin a dare voce a eventuali dubbi, e ascoltò con moderato interesse qualsiasi ulteriore scambio. Nel frattempo indugiava con lo sguardo sul punto della mappa indicato dalla compaesana, proprio in corrispondenza della catena montuosa. Di certo con la fortuna che aveva quei maledetti bonzi vivevano sulla sommità di un fottutissimo monte dai pendii ripidi, senza sentieri, magari da scalare a mano con uno strapiombo sotto che significava morte certa.
    Maledetti monasteri e chi li aveva inventati.
    Ma non aveva senso fasciarsi la testa prima di essersela rotta, così quando arrivo il suo turno di parlare decise di assecondare Kamine e preservare la "sorpresa".
    Ci sono stanze riservate anche per noi due o stanotte si fa un grande pigiama party qui? domandò, senza celare il sarcasmo.
    A parte ciò, non credo ci sia altro riprese, tornando serio e rivolgendosi alla mora.
    In fondo ci sarai tu a guidarci, quindi potrai chiarire qualsiasi dubbio sul momento.
    Se nessuno avesse avuto altro da aggiungere, a quel punto Munisai si sarebbe avviato verso la porta e l'avrebbe aperta.
    Se non c'è altro, io scendo a mettere qualcosa sotto i denti.
    Il viaggio è stato lungo e sto morendo di fame.
    Si voltò a guardare le ragazze per qualche istante, e specialmente la rossa che aveva coperto una distanza altrettanto considerevole.
    Qualcuno mi fa compagnia? chiese, non tanto per buona creanza quanto per sfruttare una possibilità di conoscere meglio le persone con le quali era stato spedito lì.
    Se nessuna delle due avesse manifestato interesse nella proposta, il ragazzo avrebbe varcato la soglia da solo, diretto al piano di sotto.
    Se avete bisogno sapete dove trovarmi.



  9. .

    Salto in Alto


    L'Era Glaciale • Capitolo II

    Lo Yakushi sembrò non gradire il tono confidenziale di Munisai.
    Il rosso non era un tipo che amava particolarmente l'eccessiva formalità nel rivolgersi al suo prossimo, compresi suoi eventuali superiori. Non è che fosse estraneo all'etichetta e alle buone maniere, sapeva bene come ci si comportava in società e sapeva anche che molte persone, piuttosto che ambire alla concretezza della sostanza, erano morbosamente attaccate alle liturgie di una forma essenzialmente vuota. Come se il concedere rispetto si manifestasse sotto forma di un inchino o di un appellativo altisonante, come se il rispetto stesso spettasse in automatico a chi ricopriva una certa posizione nella società.
    Il ragazzo non la vedeva così, ai suoi occhi solo le azioni facevano acquisire o perdere rispetto, null'altro. In fondo siamo fatti tutti di carne e sangue, e lui adottava un approccio il più paritario possibile ogni volta che poteva. Grosso modo, quando aveva a che fare con qualcuno per la prima volta, andava molto a intuito. Cercava di capire come gli convenisse muoversi, o comunque che tipo di persona avesse di fronte.
    Ed il problema, in quella circostanza, era proprio il suo limite nel comprendere il superiore.
    Mentre, ad esempio, un Kato era facile da inquadrare e sapeva che egli avrebbe prediletto una certa formalità e deferenza nei suoi confronti, la stessa immediatezza di lettura era impossibile con un personaggio come Febh. Non gli era parso uno che badasse troppo ai convenevoli, anzi sembrava lui stesso uno dai modi molto spicci, bruschi, spesso anche gratuitamente offensivi. Per questo gli era venuto spontaneo dargli del tu malgrado la differenza di grado, ma forse aveva trascurato la sua vanità o comunque la volontà di tenere i propri sottoposti sotto schiaffo.

    A dirla tutta, il giovane non sapeva neanche se prendere il disappunto dell'altro troppo sul serio.
    La possibilità che, in realtà, stesse facendo solo scena e in realtà non gliene fregasse un tubo di come ci si rivolgeva a lui era tutt'altro che trascurabile, tuttavia Munisai decise che non era saggio mettere alla prova una semplice ipotesi con un soggetto così imprevedibile, quindi lo assecondò.
    Perdoni la sfacciataggine di poc'anzi, starò più attento in futuro disse, chinando brevemente il capo, mentre la bocca si piegava in maniera indecifrabile.
    Il tono non era esattamente contrito, diciamocelo, ma era sicuramente educato.

    Quando arrivò il Chunin della Foglia, lo Yakushi rivelò un nuovo aspetto di sé: il razzismo.
    Oddio, a onor del vero l'uomo perculava e maltrattava tutti democraticamente, non c'era scampo per nessuno, eppure, dopo aver ingiuriato il kiriano per la sua provenienza, dimostrò una chiara avversione per il nuovo arrivato, che chiaramente non aveva mai incontrato, per il solo fatto che fosse di Konoha.
    Il rosso non ci badò troppo.
    Si limitò a voltarsi verso il nuovo elemento del team, facendogli un mezzo sorriso.
    Io sono Munisai, Genin di Oto si presentò, lapidario.
    Il Jonin si era rifiutato di ripetersi e mettere al corrente anche Shin delle poche informazioni sulla missione, quindi in teoria sarebbe spettato al secondo per rango, ovvero allo Yotsuki, l'onere di fare un rapido briefing al ritardatario.
    Solo se ciò non si fosse verificato, Munisai, senza troppo entusiasmo, sarebbe intervenuto per mettere al corrente il compagno.
    Per farla breve, questa è principalmente una missione di protezione.
    Ci imbarcheremo su una nave mercantile e dovremo difenderne il carico e l'equipaggio da dei pirati che molto probabilmente tenteranno di abbordarla e saccheggiarla.
    E presumo che dovremo anche fare il culo ai suddetti pirati, così da porre fine definitivamente alle loro scorribande.


    Mentre il veliero si avvicinava alla banchina, il rosso subì in religioso silenzio le lamentele dello Yakushi riguardo l'incompetenza dei presenti, e nello stesso silenzio ma con il massimo interesse e attenzione ascoltò la spiegazione riguardante quegli specifici utilizzi del chakra.
    Si parlava di capacità e azioni quasi sovrannaturali rese possibili da un controllo raffinato e preciso dell'energia che albergava in ogni essere vivente, ma che solo i ninja erano in grado di sfruttarle al massimo del suo potenziale.
    Munisai aveva ovviamente letto di quel genere di applicazioni del chakra su dei rotoli nella biblioteca del Suono, magari ne era stato anche testimone una volta o due, tuttavia tentare di metterle in pratica senza una guida si era purtroppo rivelato infruttuoso. Malgrado quei concetti suonassero così dannatamente semplici, non si trattava di qualcosa che si potesse apprendere senza allenamenti mirati, ed il fatto che persino alcuni Chunin, quindi shinobi di una certa esperienza, avessero ancora delle lacune in quel campo ne era la riprova.
    Il ragazzo non poté che gioire, dunque, quando capì che il viaggio in mare sarebbe stato l'occasione per cominciare a lavorare su quelle sue mancanze che reputava odiose e inaccettabili. Proprio così, gioì e fu grato a Febh perché lo avrebbe aiutato a compiere un nuovo, importante passo in avanti sul suo cammino.
    Il povero fesso non sapeva cosa lo aspettava.

    [ ... ]


    Appena imbarcato sull'Era Glaciale non ebbe neanche il tempo di dare uno sguardo in giro e scambiare due parole con la ciurma che Febh affibbiò a lui e ai suoi compagni di sventure dei pesi da dover indossare. In men che non si dica si ritrovarono in quattro a spazzare e lucidare il ponte di coperta, che ovviamente era fatto di ghiaccio come la quasi totalità del veliero.
    Una cosa inutile come poche.
    Cosa poteva esserci mai da spazzare? E soprattutto, a cosa serviva lucidare il ghiaccio?
    Interrogativi che sarebbero rimasti perlopiù inevasi, almeno per il momento.

    Lavorando insieme il gruppetto riuscì a svolgere il compito senza troppi problemi, nonostante i pesi rendessero i movimenti più lenti e macchinosi, e portassero a stancarsi più velocemente. Il fatto era che, anche dopo finito, gli fu ordinato di ricominciare da capo, ancora e ancora, in un loop che durò delle ore.
    Munisai riuscì bene a nascondere la frustrazione che provava, e non tanto dovuta al dover sfacchinare in quel modo, quanto piuttosto al non vedere un senso in ciò che gli era stato detto di fare. Ma restò al suo posto e fece la sua parte senza fiatare, usando quel tempo almeno per pensare a come rendere più vivibile la sua permanenza su quella nave.
    Come già accennato, il rosso era abituato a climi estremamente rigidi, tuttavia nessuno gli aveva comunicato che avrebbe dovuto trascorrere due o tre giorni in un freezer galleggiante, altrimenti si sarebbe meglio equipaggiato per i freddo. Aveva un cappotto pesante, stivali robusti e calzini imbottiti, ma per il resto il suo abbigliamento non era niente di chissà che.
    Il piano era semplice e lineare: cercare di non morirci assiderato su quella bagnarola.

    Ecco, la prima cosa erano le calzature. Aveva subito notato come i membri dell'equipaggio avessero tutti degli stivali che sembravano permettere loro di spostarsi sul ghiaccio senza alcuna difficoltà.
    Ora, non era ben chiaro se ciò fosse dovuto a come erano progettati, tipo con dei tacchetti di metallo per migliorare la presa sulla superficie, oppure ci fosse dietro qualche trattamento con il chakra, fatto sta che averne un paio avrebbe facilitato di molto la vita al ragazzo, dato che non era capace di aderire a quel pavimento tutt'altro che sicuro. Certo, c'erano delle pedane di legno su cui poteva camminare tranquillamente, ma queste non ricoprivano ogni parte della nave, e avere la massima libertà d'azione sarebbe stato auspicabile, specialmente se ci fosse stato da combattere.
    Fu così che alla prima pausa concessa da Febh, probabilmente quella serale, Munisai avrebbe avvicinato un ragazzo piuttosto giovane, che si sarebbe rivelato essere il mozzo, chiedendogli se poteva procurargli un paio di quegli stivali. Non era proprio facile che ce ne fosse un paio in più e della misura adatta, tuttavia valeva la pena di fare un tentativo. In fin dei conti, come non avrebbe mancato di fargli capire, sarebbe stato solo nel loro interesse che ogni membro della loro scorta fosse nelle migliori condizioni per poter agire al momento del bisogno.

    Oltre a questo, era fondamentale tenersi caldi in ogni modo.
    Ogni forma di riscaldamento era bandito sul veliero, per ovvi motivi, quindi non restava che coprirsi bene e tenersi attivi. Beh, a quell'ultimo aspetto pensava Febh. Fin troppo.
    Mangiare pasti nutrienti e caldi. Zuppe, minestre. Il cuoco di bordo sicuramente sapeva cosa fare al riguardo.
    Magari farsi un bicchierino o due col primo ufficiale, che si sa, una bevanda alcolica di qualità riesce a scaldare sia il corpo che lo spirito.

    Ma il problema più grosso era forse il dormire.
    Finché si era svegli, in movimento, il freddo lo si poteva sopportare. Uno ci faceva l'abitudine a un certo punto.
    Ma appisolarsi a temperature sotto lo zero? Senza una fonte di calore decente?
    Quando il giovane ebbe l'opportunità di visitare i dormitori scoprì che anche i giacigli erano scolpiti nel ghiaccio. C'erano anche delle coperte, certo, ma restavano comunque più bare che letti. Quel dannato Shinretsu aveva chiaramente qualche rotella fuori posto.
    Fu così che, sempre nella sua ora di libertà, Munisai si sarebbe procurato una cima o comunque del cordame, che su una nave non era mai difficile da reperire e in abbondanza, e in quattro e quattr'otto si sarebbe fatto un'amaca di fortuna, intrecciando e annodando abile e veloce le funi a propria disposizione. In caso di necessità avrebbe anche potuto sfruttare della corda che aveva con sé, ma probabilmente non ce ne sarebbe stato bisogno.
    Al momento di andare a riposare, l'avrebbe messa in sospensione, ben lontana dal pavimento gelato, ci avrebbe buttato sopra le coperte e ci si sarebbe avvolto dentro come un bruco nel suo bozzolo. Questo avrebbe dovuto garantire la minore dispersione di calore possibile e permettergli di dormire decentemente, almeno fino alla impietosa sveglia dello Yakushi.

    Tutto ciò sarebbe avvenuto, ma più avanti.
    Adesso riportiamo indietro l'orologio e torniamo ai nostri quattro disgraziati alle prese con le più inutili pulizie della storia.


    Erano ormai quattro ore che andava avanti quella solfa e tutti erano parecchio stanchi, Munisai forse più di altri. Finalmente il Jonin giudicò che poteva bastare così, liberò tutti dai pesi e li divise.
    L'addestramento poteva avere inizio. Forse.

    Munisai fu accompagnato verso la parte posteriore della nave, di fronte al castello di poppa. C'era un cerchio disegnato sul pavimento, il ragazzo vi entrò.
    Non dico di stare a piedi nudi sul ghiaccio ma puoi tenere le calze, sono generoso, lo so. Comunque con il freddo sarà difficile concentrarsi, ma quello che ti serve è impastare chakra nei piedi, una piccola quantità ma con cadenza costante, continuamente. Sentirai come se fossi attaccato al ghiaccio, e non per le ustioni, ma aumentando la frequenza d'impasto e leggermente la quantità ti sentirai come respinto. Quello che devi fare è riuscire a coordinare la lieve spinta con il tuo salto per guadagnare un paio di metri. Questo senza sfracellarti sul muro, se riesci.
    Esalando uno sbuffo di vapore acqueo, Munisai non fece altro che rivolgere lo sguardo al superiore facendo un cenno secco con la testa in segno d'intesa, dopodiché, sia che Febh fosse restato a osservarlo sia che fosse andato via, il ragazzo si sarebbe messo all'opera senza pensare ad altro.
    La prima cosa che avrebbe fatto sarebbe stata rimuovere la cotta di maglia. Non tanto per il peso, irrisorio, quanto piuttosto perché vestire una camicia di metallo a quelle temperature non era il massimo in termini di efficienza termica. Poi, si tolse stivali e calzini. Accettare la concessione dello Yakushi di tenere questi ultimi, infatti, sarebbe stato abbastanza controproducente. Una volta che si fossero bagnati a contatto col ghiaccio, tenerci i piedi dentro sarebbe stato molto peggio che stare scalzo. Dunque se non poteva indossare gli stivali, sarebbe stato direttamente a piedi nudi.
    Guardò in alto verso il cassero. In realtà saltando e alzando le braccia ci si sarebbe potuto aggrappare e issare sopra, la sua statura di sicuro lo aiutava. Ma il punto non era quello, l'obiettivo era atterrarci con i piedi sopra e quella era un'altezza ben al di là delle sue possibilità.
    Senza pensare troppo, fece subito un tentativo. Saltò più in alto che poteva e, come previsto, alzando le braccia riuscì ad aggrapparsi, ma la superficie era scivolosa e subito le mani persero la presa facendolo cadere rovinosamente a terra. Di schiena. E il ponte di ghiaccio era impietoso, rigido come il marmo.
    Si rimise in piedi imprecando a mezza voce, cercando a quel punto di seguire le indicazioni ricevute.
    Tentò di concentrare una piccola quantità di chakra sotto la pianta dei piedi, mentre a intervalli regolari provava a staccare i piedi da terra per vedere se stesse funzionando. Basarsi sulla sensibilità era praticamente impossibile, le estremità inferiori l'avevano in gran parte persa.
    Nel corso di quell'allenamento il rosso fu costretto a delle pause frequenti per dare tregua ai propri piedi, premendone le palme contro le cosce e stringendone le dita tra le mani per rinfondervi calore, mentre stava disteso sulla schiena. Una accortezza che, con un po' di fortuna, avrebbe evitato l'insorgere di lesioni da congelamento.
    Ma l'esercizio doveva andare avanti nonostante le avversità.
    Poggiando le mani sulle gambe e restando immobile, chiuse gli occhi visualizzando nella mente l'immagine dei propri piedi che emettevano in continuazione una sostanza viscosa, che si espandeva poco a poco sulla superficie su cui poggiavano e penetrava nelle sue profondità.
    Un flusso costante dalla frequenza stabile, appena accennato, ma perpetuo. Era come se il suo corpo respirasse senza l'ausilio dei polmoni, come se dalle sue estremità uscisse un alito costante d'energia diretta verso il basso che gli impediva di sprofondare in quel sarcofago di ghiaccio.
    Dopo svariati tentativi sentì che qualcosa stava cambiando, forse iniziava a funzionare. I piedi cominciarono a staccarsi a fatica da terra, ma il controllo era tutt'altro che preciso. A volte gli capitò accidentalmente di espellere troppo chakra, il che ebbe come curioso risultato il farlo sdrucciolare sul ghiaccio come un pattinatore ubriaco.
    Tuttavia era sul controllo della repulsione che doveva concentrarsi, e su quel benedetto salto.
    I suoi muscoli erano sia indolenziti per la fatica del precedente lavoro che scossi dal freddo, e lo scorrere del tempo non migliorava certo le sue condizioni psicofisiche, ed in particolar modo lo stato dei suoi piedi.
    Quindi non si affinò troppo sulla adesione al terreno. Semplicemente, non appena si accorse che il chakra fluiva più o meno correttamente, cercò di aumentare la frequenza e diminuire l'intervallo di emissione, aumentando leggermente la quantità di chakra impiegato e tentando di espellerlo in un colpo solo dopo averlo accumulato. In effetti era l'azione opposta alla precedente.

    I primi tentativi, senza ancora rischiare il balzo, si tradussero nelle cadute più rovinose. Quella spinta improvvisa e priva di controllo rendeva lo stare in equilibrio sulla già precaria superficie una mera utopia. Qualche livido non glielo avrebbe tolto nessuno per la fine di quella storia.
    Quando il chakra era troppo poco non succedeva niente, o si limitava ad aderire, quando era eccessivo invece riceveva una spinta esagerata e irregolare che lo sbalzava bruscamente facendolo finire a terra, ma ci si divertiva davvero quando perdeva il controllo sulla direzione del flusso. Se esso non era perfettamente perpendicolare al piano d'appoggio, infatti, il poveretto finiva sparato in avanti, o indietro, o chissà dove, con risultati disastrosi.

    Svariate botte e innumerevoli tentativi fallimentari più tardi, sembrò finalmente cominciare a venirne a capo.
    L'effetto di spinta era più contenuto, più controllabile. Più focalizzato, soprattutto. Capì che la chiave era la costanza nel dosare l'impasto e il tempismo nel rilascio dell'energia. Non era tanto una questione di sprigionare potenza in maniera esplosiva, quanto piuttosto di imbrigliarla, liberarla sapientemente dopo averla accumulata in un punto preciso. Ora non restava che associare la spinta con il salto.
    Non fu proprio una passeggiata di salute, e quel fottutissimo pavimento di ghiaccio rendeva tutto molto più difficile, sia in termini di stabilità nello spiccare il balzo, sia al momento dell'atterraggio, che due volte su tre si traduceva nell'ennesima caduta. Questo portò Munisai a sperimentare ancora con l'adesione nel tentativo di limitare i danni, ma i risultati furono solo sporadicamente positivi, e comunque era qualcosa di assolutamente secondario.
    Fece appello a tutta la sua tenacia e a ogni grammo di concentrazione che gli era rimasto, tutto rivolto a completare quell'esercizio. Aveva il fiato corto, era stremato, pieno di sudori freddi, ma cos'altro poteva fare se non insistere? E al diavolo le cadute, tanto era già tutto ammaccato.
    Lui continuò a provare, e un salto dopo l'altro cominciò a guadagnare centimetri.
    Certo, andò anche a spalmarsi sul muro alcune volte, e in particolare una facciata sarebbe stata memorabile se solo qualcuno fosse stato presente ad apprezzare il lato comico delle fatiche del rosso, ma lui continuava e imperterrito conquistava altezza. Fino a quando la sua capacità di coordinare un controllo ineccepibile del chakra e il comando impartito ai muscoli non fu perfetta.

    Piegando le gambe e abbassando il baricentro, sentì il chakra formicolargli sotto ai piedi per qualche istante prima che, nel momento in cui questi stavano per staccarsi dall'algido ponte, una spinta decisa arrivò dal basso incrementando la prestazione del gesto atletico.
    Non sapeva quanto tempo fosse passato da quando aveva cominciato l'addestramento, aveva completamente perso la cognizione del tempo, ma finalmente riuscì nell'impresa, atterrando sul castello di poppa. Oddio, appena mise piede sulla nuova stazione scivolò cadendo rumorosamente di schiena, ma il giovane nemmeno parve accorgersene. In un batter d'occhio fu in piedi e si mise a correre giù per le scale che lo avrebbero ricondotto al punto di partenza, un ghigno esaltato dipinto sul volto.
    Doveva accertarsi che non fosse stato un colpo di fortuna.

    Non lo era stato. Riprovò l'azione alcune volte ancora, e ogni tentativo si trasformò in un successo.
    HAHAHAHAHAHAHAHA!
    La risata del ragazzone, piena di soddisfazione e in parte di sollievo, probabilmente si sarebbe sentita per mezza nave.



    Non metto consumi, danni, cazzi e mazzi perché non saprei bene come gestire la cosa, i tempi che se ne vanno e il resto. A seconda delle tue indicazioni, aggiungerò alla tabella riassuntiva dal prossimo turno se è il caso.

  10. .
    Benvenuto!
  11. .

    Inseguimento





    Territorio: Lago Shino
  12. .

    Gelida Disperazione


    L'Era Glaciale • Capitolo I

    Beh, di certo dovrebbero lavorare sull'ospitalità rimarcò il rosso, mentre lo sbuffo di vapore acqueo dalla bocca si infrangeva visibilmente contro l'aria fredda.
    Per l'occasione il ragazzo si era abbigliato con cappotto trapuntato con tanto di cappuccio pelliccioso, ma sotto i suoi indumenti erano abbastanza normali, niente di eccessivamente pesante. Chi lo avesse osservato avrebbe pensato che fosse uno del posto, dal momento che sembrava non accusare minimamente quel freddo.
    Munisai era cresciuto su Kanashima, una delle tante isole dell'arcipelago appartenente ai territori della Neve, dove le temperature erano molto più rigide in quel periodo dell'anno, per non parlare della stagione invernale che era al limite del vivibile. Pertanto, almeno sotto quell'aspetto, si trovava perfettamente a suo agio lì.
    Kotta Zetsubo era una località scordata da Dio dove si conduceva, era facile intuirlo, una vita grama e monotona. La popolazione era composta prevalentemente da pescatori e, in generale, persone di una certa età, ma chi poteva biasimare i più giovani che avevano deciso di lasciare quelle gelide sponde? Altro che turismo, solo un'anima tormentata intenta ad espiare chissà quali peccati o un asceta masochista avrebbero potuto scegliere di visitare quel porto.

    Ma tornando a noi, il ragazzo aveva ben notato il fuggi fuggi generale che si era consumato all'arrivo del team otese, ma si scoprì che la cosa era dovuta alla mera presenza del Jonin e alla passata attività d'estorsione per conto del suo clan proprio ai danni del piccolo villaggio. Le attività illegali degli Yakushi erano cosa abbastanza nota nel Suono, ma era qualcosa che Munisai prese mentalmente nota di voler approfondire.

    La missione, almeno per come fu presentata, sembrava abbastanza lineare.
    Erano stati ingaggiati, loro più due kiriani, per scortare una nave mercantile che già due volte era stata attaccata e derubata del proprio carico da dei pirati.
    Più che altro le modalità con le quali avveniva l'arrembaggio erano ciò che destava curiosità, in quanto, sempre a detta di Febh, il veliero, che peraltro non era un veliero comune ma anche qui fu lasciato il brivido della scoperta, veniva intrappolato in mezzo a degli iceberg che spuntavano dal nulla, bloccando ogni possibilità di seminare gli assalitori.
    Questo lasciava pensare che non si trattasse di comuni topi di mare, bensì di gente che sapeva il fatto suo, anche perché la ciurma del mercantile stesso era composta da uomini addestrati quantomeno nelle basi delle arti ninja, dunque non esattamente delle facili prede.
    Febh, hai detto che il capitano della nave è uno Shinretsu. Così a naso direi che è un clan, ma non ne ho conoscenza.
    Puoi dirmi qualcosa in più al riguardo?
    interloquì giusto quando udì quel nome a lui ignoto.

    Quando la delegazione kiriana arrivò, questa si rivelò essere composta da un singolo elemento, a dispetto di quanto annunciato. Il nuovo giunto era l'unico tra i presenti che Munisai non avesse mai incontrato. Si trattava di un adolescente caratterizzato da un aspetto trasandato e da un vestiario davvero povero, non di molto migliore di quello di un accattone. Questi si sarebbe trovato davanti un ragazzo sulla ventina, alto ben più di tutti i presenti, avvicinandosi ai due metri. Fisico ben piazzato, capelli ribelli di un rosso acceso e profondi occhi verde acido. Niente sopracciglia e il viso, che era praticamente l'unica parte del corpo lasciata scoperta dal massiccio cappotto, segnata da cicatrici nella sua parte sinistra.

    Dopo che Kato ebbe esposto le sue teorie su ipotetici collegamenti tra gli attacchi e il Villaggio del Fulmine, ed il tentativo di Fudoh di rammentare all'ex-Amministratore chi egli fosse in virtù di un precedente incontro, i due ragazzi esposero quali erano i loro punti di forza, che risultarono essere molto simili.
    Erano entrambi combattenti che eccellevano nel corpo a corpo e in quello si specializzavano.
    Quella era tuttavia forse l'unica cosa che avevano in comune, in quanto anche solo a un'osservazione superficiale parevano individui dalle personalità diametralmente opposte. Il Chunin era tremendamente rigido e serioso, freddo come il ghiaccio di quei lidi, mentre il kiriano pareva un tipo molto rilassato e socievole, spensierato. Forse anche un po' tonto, ma era presto per dirlo. Tra di loro c'era l'autoproclamato "pezzo grosso di Oto", il quale enumerò con quasi commovente vanagloria le sue doti senza tuttavia fare dell'aderenza alla realtà il suo cavallo di battaglia.
    Be', sicuramente le affermazioni riguardanti le lucertole e la distruzione indiscriminata erano veritiere, il giovane ne aveva avuto un assaggio di persona. Sulle altre affermazioni si limitò ad annuire con uno scetticismo che era platealmente palese.
    Arrivò dunque il suo turno di parlare, e fu quasi sorpreso di scoprire che il superiore ricordava il suo nome. E lo ricordava addirittura giusto.
    Il rosso, per quanto fosse nuovo di Oto e stesse ancora imparando a conosce meglio i suoi abitanti, e i vari ninja in particolar modo, ormai si era fatto un'idea abbastanza precisa del più importante esponente del clan Yakushi. E, inutile specificarlo, era un'idea quantomai bizzarra. Il solo fatto che si ricordasse il nome di un novellino come lui dopo averlo intravisto una volta in croce, gli sembrava quasi sospetto.
    Non sapeva se accogliere la cosa con soddisfazione o con sana apprensione.
    Esatto confermò.
    Si grattò il mento, quasi soprappensiero.
    Mh. Diciamo che sto ancora sviluppando uno stile mio ben delineato, e ho troppa poca esperienza per poter dire di eccellere in un qualsiasi ambito.
    Tendenzialmente prediligo il confronto sulla corta o medio-corta distanza.
    Riesco a destreggiarmi sia con le armi che a mani nude, e posso essere d'aiuto nell'immobilizzare o intralciare l'avversario.


    Quando arrivò l'Era Glaciale rimase alquanto colpito.
    Di certo non aveva mai visto una imbarcazione fatta quasi interamente di ghiaccio prima, anche se navigare con un mezzo del genere non aveva nulla di pratico o comodo. O sensato, a dirla tutta.
    Trasportava forse del pesce o degli articoli che si deteriorano così rapidamente da necessitare temperature così basse ed una soluzione così drastica?
    Che genere di merce hai detto che trasporta la nave? chiese al Jonin senza staccare gli occhi dal veliero, sempre più incuriosito da quella vicenda.
    Ma anche seccato, diciamoci la verità, perché non era proprio un viaggio all'insegna del relax quello che avevano davanti.

    Mentre il Chunin si avviava in avanscoperta, il rosso e Fudoh restarono indietro a chiedere delucidazioni sulle ultime parole dello Yakushi.
    Questi, infatti, aveva parlato di utilizzi del chakra piuttosto particolari e specifici. Roba che, con tutta la buona volontà, non si poteva apprendere così, improvvisando. Un ninja doveva esservi un minimo introdotto.
    Le basi ci volevano, le basi!
    Si parlava di un controllo del chakra alquanto raffinato, per ampliare le capacità di movimento o di distruzione dello shinobi. Almeno questo era quello che Munisai dedusse, facendo due più due con nozioni di cui aveva solo sentito parlare o aveva letto su qualche pergamena.
    Ma a lui, tutte quelle belle cosine, nessuno le aveva ancora insegnate.
    Febh, non ho la minima idea di cosa tu stia parlando disse serio, con una tale onestà che sarebbe stato o da abbracciare o da prendere a schiaffi.
    O meglio, un'idea ce l'ho, ma sono abbastanza convinto di non essere capace di usare il chakra in quei modi aggiunse, incrociando le braccia e annuendo.



  13. .

    Roped, Tied and Branded


    Evasione - Mittsu no Umi • Capitolo III

    L'azione di Munisai si era rivelata tempestiva ed efficace, riuscendo in un batter d'occhio a soverchiare ed imprigionare il seguace di Hayate. Questi, nonostante le batoste che si era guadagnato, tuttavia, dimostrò di avere ancora abbastanza energie per urlare ogni genere di improperio all'indirizzo degli otesi.
    Ehi! Sciacquati la bocca, vecchio rimbambito! subito ribatté Ikku, belligerante.
    Munisai, senza voltarsi a guardare il compagno, si limitò ad alzare una mano, segnalandogli di mantenere la posizione e di non cadere in sciocche provocazioni.
    L'anziano a quel punto, forse rendendosi conto di non avere scampo e di non poter nulla contro l'avversario che aveva di fronte, cominciò a tremare in maniera preoccupante e a sudare freddo. Probabilmente era una reazione naturale dell'organismo allo shock che l'uomo stava vivendo, ma se anche fosse stata una recita volta a far abbassare la guardia ai suoi aguzzini, e in tal caso si trattava di un'ottima interpretazione, al rosso questo poco importava.

    Con rapida mossa, ruotò usando la gamba sinistra come perno e abbassandosi contemporaneamente, eseguendo una spazzata con l'arto inferiore destro rivolta verso le gambe del vecchio.[Slot Azione 1]Impasto Bassissimo
    For 200 / Vel 225(Gialla+1)

    Il poveretto era legato come un salame dalle braccia alle caviglie e, considerando le mazzate che aveva già preso, il suo equilibrio era alquanto precario. Quel colpo, se andato a segno, sarebbe stato più che sufficiente per farlo schiantare faccia a terra.
    Se il malcapitato avesse dato ancora segno di coscienza, il ragazzo si sarebbe chinato su di lui poggiandogli un ginocchio in mezzo alla schiena e con il taglio della mano sinistra avrebbe cercato di dargli una botta dietro la nuca, al fine di tramortirlo.[Slot Azione 2 & 3]Non mi metto a specificare forza e roba varia qui perché non so quanto danno ha già subito Sugimoto, ma a occhio direi che se la sua Vitalità non è già azzerata, portandolo allo svenimento, siamo lì lì. Ad ogni modo considera che questo ultimo colpo, laddove fosse necessario, serve appunto solo a fargli perdere i sensi ed è calibrato in tal senso
    Se tutto fosse andato per il verso giusto, a quel punto il prigioniero sarebbe stato fuori combattimento, e Munisai avrebbe proceduto a perquisirlo e a verificare l'integrità dei nodi. Erano perfetti.

    Non ti pare di esserci andato giù un po' pesante? E' solo un vecchio, in fondo disse l'otese ghignando, mentre si avvicinava al pilastro dove aveva precedentemente legato Sugimoto.
    Un vecchio che ha cercato di filarsela puntualizzò il rosso, senza fare una piega.
    E poi non hai visto come tremava alla fine?
    Secondo me gli ho fatto un favore a mandarlo nel mondo dei sogni.

    Sì, beh, ricordami di non chiederti mai favori, ok? replicò l'altro mentre raccoglieva le corde con le quali aveva precedentemente immobilizzato l'anziano e dal quale, dal suo punto di vista, questi era riuscito inspiegabilmente a liberarsi.
    Le esaminò.
    Uhm, strano. Sembrano essere state tagliate.
    Non sembrano. Sono state tagliate. Con questo.
    Così dicendo il compagno di squadra, ancora accovacciato accanto alla preda tramortita, lanciò all'altro il kaiken utilizzato per compiere il misfatto. Ikku lo prese al volo, accigliandosi immediatamente.
    Complimenti, bella perquisizione del cazzo lo apostrofò Munisai.
    Il ragazzo dai capelli verdi sembrò profondamente in imbarazzo e mortificato.
    Oddio, cosa ho combinato?
    Non so come sia potuto succedere...

    Poi, l'ennesimo cambio repentino.
    Anzi, lo so! Doveva esserselo nascosto su per il culo!
    Non ci sono altre spiegazioni.
    Non pretenderai che mi metta ad ispezionare le cavità anali di uno schifosissimo matusalemme?

    Perché, se il prigioniero fosse stato giovane l'avresti fatto più volentieri?
    Ikku parve riflettere con molta serietà.
    Beh...
    Munisai alzò una mano e scosse con vigore la testa.
    Lascia perdere, non voglio saperlo tagliò corto, facendo così cadere il discorso.

    Si stavano solo perdendo in inutili chiacchiere quando c'era ancora una consegna da portare a termine.
    Il rosso schiaffò un sacco sulla testa del seguace di Hayate assicurandosi però che potesse respirare bene, poi se lo caricò su una spalla. La propria stazza e la corporatura piuttosto esile del vecchio gli avrebbero permesso di portarlo così per una considerevole distanza senza stancarsi troppo.
    Direi che possiamo avviarci.
    Andrò io avanti con il carico in spalla, mentre tu mi coprirai a qualche passo di distanza.
    A due chilometri da qui ci attende un carro con cavallo che ho noleggiato mentre ero diretto qui, prevedendo che ne avremmo avuto bisogno per trasportare il prigioniero in maggiore sicurezza e comodità.
    Da lì in poi sarà praticamente una gitarella di piacere. Come ti ho accennato, prenderemo una strada tranquilla, poco conosciuta e quindi poco trafficata.
    Non dovremmo avere problemi di sorta. Tutto chiaro?

    Rogerrrr! fece l'altro, alzando un pugno in aria pieno d'entusiasmo.
    E così i due si avviarono fuori dalla costruzione, pronti ad affrontare il viaggio che avrebbe riportato loro a Oto e Sugimoto in gattabuia.



    Chakra: 17,25/20
    Vitalità: 9,7/10
    En. Vitale: 29,7/30
    Statistiche Primarie
    Forza: 200
    Velocità: 200
    Resistenza: 200
    Riflessi: 200
    Statistiche Secondarie
    Concentrazione: 200
    Agilità: 200
    Intuito: 200
    Precisione: 200
    Slot Difesa
    1: ///
    2: ///
    3: ///
    Slot Azione
    1: Spazzata
    2: Pressione ginocchio
    3: Tramortire
    Slot Tecnica
    1: ///
    2: ///
    Equipaggiamento
    • Fuuma Kunai × 1
    • Kunai × 4
    • Coltelli da Lancio × 3
    • Cartabomba I Distruttiva × 1
    • Occhiali × 1
    • Cotta di Maglia Inferiore × 1
    • Gambali in Cuoio × 1
    • Tonico di Ripristino Minore × 1
    • Tonico di Recupero Minore × 1
    • Filo in Acciaio [10m] × 1
    • Corda di Canapa [10m] × 1
    • Rotolo da Richiamo × 1

    Note
    ///


  14. .

    Sabotaggio Missione di Protezione


    Otafuku • Capitolo IV

    Ricongiungiti al tuo creatore, laido fellone!
    Così dicendo Kikunojo mise a segno il suo letale attacco ai danni di Kisuke, dilaniandogli ulteriormente le budella là dove erano già state martoriate.
    Purtroppo, malgrado le migliori intenzioni, Emiko non riuscì a bloccare l'attacco e l'assassinio si compì.[Nota]Non puoi usare una tecnica per fare Counter su un Genjutsu. Anche volendo considerare questo come un AdO (Azione d'Opportunità) sull'affondo di spada, e non sono certo che la situazione rientri nella casistica, comunque non potresti usare una tecnica in AdO, di norma. Si dovrebbe avere un'Abilità specifica per farlo, ed Emiko non la possiede. Pertanto la difesa è irregolare e di conseguenza, purtroppo, l'attacco si verifica e dati i danni pregressi il ciccione muore
    Tuttavia l'esultanza del seguace di Hayate fu di breve durata, in quanto, nel frattempo, Kasai gli era arrivato alle spalle tagliandogli la via di fuga. Baffetto si difese meglio che poteva dall'offensiva dell'otese, riportando comunque diverse ferite, seppur nessuna di grave entità, ma con la morte del bersaglio e quindi Emiko a disposizione a dare manforte, l'assassino fu rapidamente sopraffatto dalla superiorità numerica degli accademici, sconfitto e catturato. Le due prostitute furono trovate e riportate sane e salve a Otafuku.
    I ninja avevano in parte fallito la loro missione, ma se non altro avrebbero assicurato alla giustizia, e alle prigioni accademiche, un pericoloso criminale.



    CITAZIONE
    La quest può considerarsi conclusa, a meno che tu non voglia fare un ultimo post d'interazione con Emiko, ma è totalmente facoltativo. Fammi sapere quando metti in timeline che procediamo alla reciproca premiazione. ; )

  15. .

    c h a p t e r
    b l a c k

    Munisai giunse al cospetto del suo personale Demone del Sangue, su quello che sarebbe stato per il ragazzo o l'altare della consacrazione o un altare sacrificale. Sostenne lo sguardo e il sorriso angoscianti di quella creatura dal potere smisurato senza tradire alcun timore, manifestandogli unicamente l'umiltà e il rispetto che la circostanza imponeva.
    Si starà chiedendo chi io sia, Sandaime esordì il giovane, con voce chiara e ferma.
    Era forse l'unico individuo, tra i presenti, che Diogene non conoscesse o del quale non avesse, per forza di cose, alcuna informazione. Una breve introduzione era dunque necessaria, specialmente quando si presentava di fronte e a fianco agli otesi rivendicando per sé uno dei tesori più preziosi del Suono.
    Mi chiamo Munisai Kanashige e mi sono appena trasferito qui a Oto.
    E' mio desiderio diventare un abile shinobi servendo questo Villaggio, e un potere del genere
    continuò, indugiando con lo sguardo sull'intera, quasi mostruosa figura del Kage, mi aiuterebbe di sicuro a realizzarlo.
    Strinse appena i pugni.
    So bene di rischiare grosso, ma non intendo farmi da parte ed essere un mero spettatore.
    Questa è la strada che ho scelto, in fondo. Non fuggirò davanti al primo ostacolo.
    Procediamo pure.

    In fin dei conti il Colosso aveva offerto a tutti i presenti la possibilità di fronteggiare l'arduo cimento, senza eccezioni, dunque il rosso non riteneva di doverlo convincere.
    Quando il clone di sangue diede il suo benestare, il giovane allargò il colletto della maglietta sformandolo abbastanza da scoprire maggiormente petto e dorso. Diede poi le spalle all'altro, indicandogli un punto sulla spina dorsale, all'incirca un palmo sotto l'ultima vertebra cervicale, giusto tra le scapole. Diogene non si fece pregare troppo e subito affondò gli artigli nelle carni del ragazzo, provocandogli un dolore acuto ma circoscritto. Vacillò appena, stringendo i denti e le labbra per non fare un fiato. Poi sentì le grinfie cremisi penetrare più a fondo, sfiorando una vertebra o due pur non danneggiandole. La sensazione fu comunque tremenda e alquanto strana, come se qualcuno gli avesse spinto un cilindro di ferro incandescente nella schiena.
    Il rosso serrò le palpebre e non riuscì a trattenere un lamento, mentre si piegava in due dal dolore. Quando tornò in posizione eretta e riaprì gli occhi, si ritrovò davanti una piazza completamente deserta.

    Tutti gli otesi e i vari duplicati, Diogene, Febh, tutti quanti si erano volatilizzati. Persino le gigantesche lucertole e le colonne di chakra erano andati. Restavano solo il piazzale imbrattato dal sangue del Mikawa e il Palazzo della Serpe. Munisai si guardò intorno febbrilmente, cercando di capire che fine avessero fatto tutti. Regnava un silenzio assoluto, sovrannaturale.
    Che cazzo sta succedendo?! esclamò, o meglio tentò di farlo, ma non uscì il minimo suono dalla sua bocca.
    Sgranò gli occhi per la sorpresa, stringendosi la gola con una mano. Scrutò in ogni direzione in maniera convulsa, e quando l'edificio tornò nel suo campo visivo scoprì di non essere più solo.
    Una decina di metri di fronte a lui si stagliava una figura incappucciata ricoperta da capo a piedi da un'ampia cappa candida come la neve. Sembrava un maledettissimo spettro.
    Fece un passo in avanti, lentissimo ma il cui suono riecheggiò nell'intera piazza, l'unico che si fosse udito dopo la sparizione di massa. Il giovane istintivamente indietreggiò.
    E tu chi cazzo sei? Dove sono finiti tutti?
    Per la seconda volta, il suo tentativo di proferir parola fu inutile. Munisai ora era realmente spaventato. Cosa diavolo stava succedendo? Chi era quel tizio? Era forse caduto in una tremenda arte illusoria che...
    No. Era il Sigillo. Doveva essere per forza il Sigillo, la prova di cui aveva parlato il Kokage.
    Ma cosa fare? Come comportarsi?
    Il rosso si sentiva, per qualche ragione che al momento non riusciva a comprendere o spiegarsi, completamente impotente di fronte alla figura immacolata, la quale avanzò di un altro passo, ancora più assordante. Da sotto al mantello fece capolino un braccio ossuto, latteo tanto quanto l'abito. Delle dita affusolate e dalle unghie acuminate avvicinò con lentezza esasperante l'indice al cappuccio, come a far segno di tacere.
    In un istante la mente del rosso fu invasa da migliaia di immagini di morte, come una serie interminabile di agghiaccianti diapositive che gli fecero vivere, nei panni della vittima, le più disparate e crudeli esperienze di tortura e uccisione.

    Durò solo un secondo, ma lui le percepì come ore.
    AAAAAAAAAAAARGHHHH!!!
    Un grido straziante che non fu mai proferito, non poté esserlo.
    Gli occhi sgranati, le lacrime gli rigarono il viso mentre l'intero corpo era scosso dai tremiti. Le gambe cedettero e prima di rendersene conto era a terra a dare di stomaco.
    E intanto la bianca sagoma continuava ad avanzare.
    Passo. Dopo passo.
    No. Così no. Così era impossibile.
    Perdendo il sangue freddo che normalmente riusciva a mantenere anche nelle situazioni più critiche, annaspò nel suo stesso vomito cercando di rimettersi in piedi. Quando ci riuscì, girò le spalle e scappò.
    Stava per morire, ne era certo. Al diavolo la prova, al diavolo Oto, al diavolo tutto. Non voleva crepare.

    Sfortunatamente, la sua fuga si concluse dopo una singola falcata.
    La figura in bianco, infatti, si era materializzata nuovamente davanti a lui, ma ad appena due metri di distanza. Ebbe appena il tempo di realizzarlo che questa, allungandosi ed assottigliandosi in maniera innaturale, saltò nella bocca della sua preda fino a scomparire del tutto. Quell'essere si era fatto volutamente divorare, andandosi ad annidare nell'animo di Munisai, il quale ora si sentiva soffocare.
    Portò entrambe le mani alla gola, incapace di respirare. Divenne cianotico, gli occhi si iniettarono di sangue. Stava per morire di una morte orrenda.
    Si sentì solo cadere mentre perdeva conoscenza, precipitando nelle tenebre.
    Quando rinvenne era immerso in un liquido scuro simile al catrame, non altrettanto viscoso ma abbastanza denso e nero da impedire completamente la visibilità. Agitò gli arti con tutta la forza che aveva cercando di nuotarci dentro. Andava praticamente alla cieca ma aveva comunque una vaga idea di quale fosse il sopra e il sotto, quindi si diresse là dove sperava di trovare la superficie. Era di nuovo a corto di ossigeno e stava per annegare, quando una flebile luce bianca penetrò il flutti.
    Ancora qualche metro e riuscì a cacciare fuori la testa, tirando un profondo respiro. Per qualche strano fenomeno, il pelo dell'acqua parve solidificarsi e il giovane riuscì ad issarcisi sopra come fosse una lastra di ghiaccio. Il muscoli e i polmoni gli bruciavano per lo sforzo, ma ne era uscito indenne e stranamente senza avere addosso tracce di quella robaccia.
    Già, ma dove si trovava?
    Si guardò intorno ma, a parte quello sconfinato mare oscuro non vi era nulla se non un orizzonte bianco, vuoto di qualsiasi cosa.

    D'un tratto, dei vagiti.
    Nella direzione dalla quale provenivano vide due figure sfocate inginocchiarsi accanto a un neonato che piangeva. Entrambe cinsero le loro mani attorno all'esile collo del bebè.
    No...
    Intanto Munisai aveva recuperato l'uso della voce, almeno quello.

    Giusto il tempo di prenderne atto, che qualcun altro arrivò sulla scena, spazzando via gli aspiranti infanticidi, che si dissolsero in una nube di fumo grigio.
    Si trattava di una donna vestita in abiti cerimoniali da miko, una sacerdotessa del tempio. Aveva lunghi capelli neri lisci e lucenti come la seta, ma non aveva un volto. Dove dovevano esserci occhi, naso, bocca, non c'era nulla. Un essere a dir poco inquietante, che sembrava uscito da chissà quale racconto popolare.
    Questo raccolse il lattante stringendolo tra le proprie braccia affettuosamente. Ma sembrò quasi che avesse toccato una sostanza tossica, perché la pelle della donna immediatamente si riempì di piaghe e andò in necrosi.
    Vomitò sangue, poi venne lentamente inglobata dalla distesa d'ossidiana.
    Cos'è questo?

    Prima che il giovane potesse avvicinarsi, il neonato, rimasto lì da solo, crebbe, diventando in pochi secondi un bambino vestito di poco più che stracci e palesemente negletto. Questi cominciò a correre più veloce che poteva.
    Munisai gli tenne dietro a una certa distanza, fino a quando il piccolo non si fermò una cinquantina di metri davanti a lui, ai piedi di un albero sbucato dal nulla.
    Al rosso gli si gelò il sangue.
    Avrebbe detto che si trattava di una quercia, ma era completamente priva di foglie e la corteccia era bianca come l'avorio. Ai suoi rami completamente spogli erano legate delle corde dalle quali penzolavano alcune dozzine di bambini e bambine di età diverse, ma tutti decisamente piccoli. Alcuni dei corpi erano sfigurati, altri mutilati, ma erano tutti, chiaramente, appesi lì da un pezzo.
    Il bambino, di fronte a quell'immagine, crollò sulle ginocchia tremando in maniera incontrollabile come in preda alle convulsioni, lanciando un grido lancinante tra i singhiozzi.
    Che...che posto è questo?
    Il ragazzo cominciò a respirare affannosamente, guardandosi intorno in cerca di un appiglio, di una via di fuga.
    In cerca di una risposta.
    DOVE CAZZO MI HAI PORTATO?!! sbraitò, chiaramente rivolto alla figura in bianco. O forse al Kokage?


    Munisai non aveva mai conosciuto i propri genitori, era stato abbandonato ancora in fasce ai piedi di un tempio, dove fu trovato da una miko che decise di crescerlo come suo.
    Purtroppo la giovane contrasse un male sconosciuto e morì non molto tempo dopo. Al che il piccolo, che qualcuno addirittura biasimò per la disgrazia, fu affidato ad un orfanotrofio dalle pratiche assolutamente esecrabili.
    I ragazzini erano sottoposti a ogni genere di maltrattamento e sevizie, ed erano anche sfruttati. Da giovanissimi, infatti, venivano impiegati come forza lavoro ad infimo costo da "affittare" a individui senza scrupoli, ognuno in base alle inclinazioni che dimostrava.
    Il rosso, ad esempio, da subito aveva dimostrato ingegno e buona manualità, oltre alla sorprendente capacità di assemblare oggetti anche di utilità partendo da rottami e cianfrusaglie. Pertanto si era trovato spesso a dover affiancare orologiai, artigiani, e meccanici di vario tipo.
    Ma c'era di peggio.
    I bambini più graziosi, femmine ma anche maschi, venivano avviati alla prostituzione prima ancora che la loro età raggiungesse le due cifre.
    I bambini che non mostravano talenti evidenti, invece, venivano costretti a mendicare. Spesso questi ultimi venivano mutilati deliberatamente affinché suscitassero maggior compassione nei passanti.
    Munisai aveva visto molti ragazzini come lui morire durante la sua permanenza in quel luogo maledetto, incapaci di sostenere un simile inferno.
    Inutile dire che questo vissuto l'aveva profondamente segnato.


    Le scene alle quali aveva appena assistito erano una sorta di macabra reinterpretazione di alcuni eventi traumatici della sua vita, alcuni dei quali troppo remoti perché ne avesse memoria.

    Benvenuto nella mia dimora.

    Il ragazzo sobbalzò nel sentire quella voce grave e spettrale che scoprì appartenere all'uomo in bianco, che ora si stagliava alle sue spalle a debita distanza.
    Tirami fuori da qui esalò Munisai respirando a fatica, serrando i pugni.

    Mi dispiace, ma questa sarà la tua tomba.

    Ti ho detto DI FARMI USCIRE DA QUI!
    Il rosso sbroccò, scagliandosi rabbioso contro il suo aguzzino.

    HAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHA!

    Una risata gutturale riempì ogni angolo di quel limbo.
    Alla creatura bastò alzare una mano. Un braccio del giovane sparì. Senza dolore, senza sangue. Come se qualche divinità avesse usato una gomma da cancellare su di lui, che a stento se ne accorse.
    Poi via l'altro braccio, infine le gambe, una alla volta. Si schiantò rovinosamente di faccia sulla superficie nera, un tronco umano.

    Non potrai mai sconfiggermi così.
    La tua ira è futile, vecchio amico.


    Chi...coff... Chi cazzo ti conosce?

    Oh, ma ti sbagli di grosso.

    L'essere afferrò per il collo ciò che restava dell'altro, sollevandolo da terra.
    Un flebile tentativo di dimenarsi non servì a nulla.

    Noi ci conosciamo da tutta una vita.
    Siamo cresciuti insieme. Ti ho sempre accompagnato lungo il tuo cammino.
    Il Sigillo mi ha solo dato forma e consistenza, e abbastanza forza per sopraffarti.
    Ho IO il Controllo adesso.


    E così dicendo lo scagliò lontano con una forza inaudita, facendo urtare a terra il corpo martoriato diverse volte, come un sassolino fatto rimbalzare su uno stagno.
    Il ragazzo sputò sangue per i vari impatti ma, miracolosamente, si ritrovò di nuovo con gli arti integri al loro posto.


    Si mise in piedi con qualche difficoltà, ma non ripartì alla carica. Restò fermo, cercando di tenere a bada la frustrazione e di recuperare la lucidità di pensiero di cui avrebbe avuto bisogno per uscire da quella situazione.

    Ciò che ti ho mostrato prima non era nulla di che, mi stavo solo riscaldando.
    Il tuo passato ti ha dato cicatrici che probabilmente non guariranno mai, ma sei riuscito ad andare avanti in qualche modo.
    Le tue paure non risiedono in ciò che è stato.
    Le tue paure risiedono in ciò che sarà, non è così?


    Munisai non rispose, non fece nulla.

    La tua morte è imminente, ma se vuoi provare a fermarmi dovrai affrontarmi sul mio terreno.

    Sotto i piedi della figura ammantata spuntò una roccia che crebbe e salì, più e più in alto, fino a diventare una vera e propria rupe, difficile dire quanto alta, ma ben oltre il centinaio di metri.

    Raggiungimi qui, sulla vetta di tutte le cose.
    Lascia che il tuo destino ti sia rivelato.



    Il rosso non aveva molta scelta.
    Era intrappolato in una dimensione sulla quale sembrava non avere il minimo controllo. Era alla totale mercé di quella entità trascendente, ma sapeva che l'unica speranza era affrontarla e sconfiggerla.
    Ma come raggiungere quella sommità?
    Lo spettro non aveva dimenticato un dettaglio così importante.
    Dall'abisso emerse qualcos'altro, un'enorme scala a pioli lunga quanto la rupe, già in posizione verticale pronta ad essere usata. Ma non era una scala comune.
    Sia i due staggi che i numerosi gradini erano composti da parti anatomiche umane. Braccia e gambe senza pelle, ogni genere di organo interno, e poi teste di ogni misura e sesso che penzolavano qua e là, occhi che lo fissavano, il tutto tenuto insieme da capelli, tendini e intestini.
    Se la vista era raccapricciante, l'odore era nauseabondo.
    Ma che razza di mente malata poteva partorire una cosa del genere?
    Munisai indietreggiò coprendosi la bocca, pensando che avrebbe rimesso ancora una volta ma ciò non accadde. Era come se la scala lo attirasse a sé, non gli faceva così schifo come aveva immaginato. Doveva comunque raggiungere quella vetta, e quello era l'unico modo.

    Fece per avvicinarsi, quando sentì qualcosa tirargli i pantaloni.
    Si girò.
    Era il bambino di prima, esile e dai vestiti lisi e rattoppati, e degli occhialoni da lavoro sulla fronte. I capelli rosso acceso erano spettinati e gli occhi verde acido colmi di lacrime, mentre un braccio stringeva forte a sé un pupazzo di metallo, un giocattolo che si era costruito lui stesso usando delle vecchie ferraglie trovate in una discarica.
    Nel luogo dove era cresciuto i bambini non avevano balocchi.
    Ti prego, non andare... gemette.
    Munisai lo fissò come imbambolato.
    Diede per la prima volta segni di cedimento. Si mise le mani in faccia.
    Non ne poteva più. Basta. Basta.
    Guardò verso la rupe con odio.
    QUESTO E' UN ALTRO DEI TUOI TRUCCHI DEL CAZZO?
    TI FACCIO VEDERE IO! MI HAI SENTITO?!
    sbraitò.
    Fece per muoversi, ma il piccoletto si aggrappò di nuovo.
    No, ti prego! ripeté tra i singhiozzi.
    Non lo fare! Resta con me!
    Tirò su col naso.
    Non lasciarmi da solo.
    Munisai lo spintonò facendolo cadere col sedere a terra.
    Non mi seccare! E' l'unico modo.
    E senza degnarlo più di uno sguardo, lo lasciò lì a piangere mentre lui cominciava la sua scalata.


    A ogni piolo che calpestava sentiva il suono di ossa che si rompevano e tessuti che si laceravano. Non i suoi, quelli della scala stessa. E urla strazianti si levavano.
    Sembrava quasi che ogni gradino rappresentasse una vita spezzata. Inizialmente il rosso trovò tutto ciò alquanto inquietante, ma più si avvicinava al vertice e meno restava turbato.
    A metà percorso si scatenò una tempesta, con raffiche di vento che gli tagliavano la pelle e una pioggia di sangue a inzupparlo. La scala oscillava pericolosamente, ma lui arrivato a quel punto nemmeno ci faceva caso. Nulla riusciva più a distrarlo o a scuoterlo.
    Lui continuava a salire, e salire, e salire. Fino alla vetta, quando finalmente mise piede sulla roccia e dove trovò la creatura immacolata ad aspettarlo.

    Questa prese ad applaudire lentamente ma sonoramente, tirando fuori due braccia candide e mostruose da sotto al mantello.

    Eccellente. Dimmi, come ti senti adesso?

    Vuoto.

    Per Munisai fu come svegliarsi da una trance, d'improvviso riusciva di nuovo a percepire con chiarezza il mondo che lo circondava. Sgranò gli occhi e spalancò la bocca nel guardare le proprie braccia, scoprendo con orrore che erano identiche a quelle dell'essere, cadaveriche e dalle unghie aguzze.
    Se le sue braccia erano così...allora anche il resto?

    HAHAHAHAHAHAHA! Mi sembri confuso.

    Che...che diavolo mi hai fatto? farfugliò il rosso.

    Io? Niente. Ciò che sei...
    No, ciò che siamo è frutto delle tue decisioni.


    Lo additò mentre da sotto al cappuccio si intravedeva per la prima volta qualcosa, un ghigno abominevole.

    Io sono il tuo futuro. Io sono il tuo destino.

    E così dicendo, si abbassò il cappuccio rivelando le sue fattezze.
    Capelli e cute bianche come il latte, una voragine al posto dell'occhio destro e delle zanne che conferivano un sorriso uscito direttamente da un incubo. L'unico occhio brillava di una luce sinistra, dietro alla quale si celava un'iride verde acido e una pupilla verticale.
    Era quasi irriconoscibile, ma quello era sicuramente Munisai.
    Qualche anno più vecchio, dal fisico scheletrico, ma era lui.

    Orrore misto a terrore si palesarono sul viso del rosso, il quale indietreggiò ma dietro di sé non aveva altro che un burrone ormai, anche la scala era sparita.
    Non aveva via di scampo.
    No! Non può essere...

    Sei stato poco lungimirante, vecchio mio.

    Quel momento se lo stava godendo tutto, come se lo avesse atteso per anni.

    A cosa pensavi conducesse la ricerca del Potere Assoluto? Mh?
    Se sapessi che cose che abbiamo fatto con queste mani per arrivare fino a qui.
    Quanti patti col diavolo.
    Quante persone trucidate. Tradite. Ingannate.


    Un'espressione estatica gli si dipinse sul volto mostruoso.

    Che c'è? Non è come te lo aspettavi?

    Non doveva andare così. scosse il capo il giovane, in totale negazione.
    Non è possibile, SONO SOLO STRONZATE!

    Tu credi?
    Guardati, sei un essere patetico. Un debole.
    La verità è che nessuno ti ha mai amato, nessuno ti ha mai considerato.
    Sei solo una nullità, un errore.


    Adesso avanzava, lento e minaccioso.

    Hai cercato di sopperire alla mancanza d'affetto accumulando potere e benessere, come se il buco che hai nel petto potesse essere riempito con qualcosa di così dozzinale.

    Basta, stai lontano. STA' LONTANO! urlò disperato il rosso, che si trovava in un angolo senza potersi muovere.
    L'altro lo ignorò.

    E tutto in nome della Vera Libertà, no?
    Quel concetto schifosamente puerile che hai sempre posto come tuo obiettivo ultimo, quello stato che credevi di poter raggiungere quando fossi diventato potente oltre ogni limite.
    Quale ironia.
    Più cercavi Potere per raggiungere la Libertà, e più ti ritrovavi a dover accettare vincoli, compromessi.
    A doverti legare a doppio filo a entità che sotto sotto disprezzavi.
    Fin quando un bel giorno ti sei svegliato in catene, e hai realizzato che il tuo bel percorso ti aveva condotto solo alla prigionia.


    Dalle profondità del mare oscuro emersero diverse catene lunghe decine di metri, che schizzarono a folle velocità verso il rosso, avvolgendolo dal collo in giù.
    Ogni tentativo di resistenza fu inutile.
    Lasciami andare! LIBERAMI, PEZZO DI MERDA!
    LIBERAMI!!
    LIBERAMI!!!
    il ragazzo si dimenava e gridava come un ossesso. Senza rendersene conto le lacrime bagnarono le sue guance, mentre la luce nell'unico occhio rimasto si spegneva.
    Quella era la cosa peggiore che potesse capitargli. Peggiore della morte.
    E quel maledetto lo sapeva bene.

    Liberami, ti supplico.

    Oh, abbiamo cambiato tono eh?
    Quanto sei ridicolo HAHAHAHAHAHAHAHAHA!
    Spero tu capisca qual è la tua posizione, adesso.
    Sai, avevo intenzione di ucciderti, ma penso di aver cambiato idea, non sarebbe abbastanza divertente.
    Da questo momento, prendo io il controllo.
    Questo corpo mi appartiene.
    Tu, invece, marcirai in catene nelle profondità più recondite del tuo stesso subconscio, inerme e in preda ai tuoi rimpianti. Per il resto dei tuoi miserabili giorni.


    No, ti prego! TI PREGO!

    Il mostro fece ciao con la manina prima che le catene trascinassero con violenza il loro prigioniero nell'oblio dell'oceano nero dal quale erano arrivate.




    Sprofondò sempre più, ma il ragazzo non avrebbe trovato sollievo nella morte, non stavolta. Provò infinite volte a liberarsi, invano.
    Le parole del suo spettro gli rimbombavano ancora in testa. Aveva ragione? Era tutto vero?
    In parte lo era, non riusciva a togliersi quel pensiero dalla testa.
    Era stato davvero così cieco da scegliere un percorso che conduceva ad un qualcosa di così aberrante?
    Pianse in silenzio.
    No, non poteva accettarlo. Non doveva andare così. Lui voleva solo essere in grado di contrastare chiunque cercasse di renderlo di nuovo schiavo. Per quello aveva cominciato a cercare il Potere, perché il mondo è dei forti e tutti gli altri vengono calpestati. E lui non voleva essere calpestato, schiacciato, come era successo in passato.
    No, mai più. Voleva essere libero, il Potere gli serviva solo per spazzare via chiunque tentasse di fargli di nuovo del male.
    Voleva proteggere se stesso. E voleva proteggere coloro che aveva a cuore, fornire a tutti loro una realtà sicura e serena dove poter esistere.
    Dove poter tentare di essere felici.

    Un momento.

    Fu come se qualcuno avesse alimentato una fiammella che stava per estinguersi.
    I suoi amici dell'orfanotrofio! I suoi fratelli e le sue sorelle.
    Loro gli avevano voluto bene, e lui ne aveva voluto a loro. Ancora gliene voleva. E molti di loro erano da qualche parte nel mondo.

    Voleva rivederli.

    L'essere immacolato, la proiezione delle sue paure, non era stato del tutto sincero con lui.
    Munisai aveva conosciuto l'affetto. Pertanto, la sua esistenza non poteva essere un errore. Non poteva essere priva di significato. Quel mostro voleva solo ingannarlo, portarlo alla disperazione, ma nessuno può conoscere il futuro.

    Il destino non esiste.

    La strada non era prefissata, ma tutta da tracciare, e Munisai non avrebbe dimenticato quel terrificante avvertimento ogni qual volta si fosse trovato davanti ad una scelta. Se avesse mantenuto i piedi per terra e avesse rammentato di non concentrarsi solo su se stesso e sulla sua personale ambizione, se avesse considerato anche chi gli stava intorno e le conseguenze del suo operato, non avrebbe sporcato il suo cammino. Non più di quanto fosse necessario, comunque.
    Il Potere non doveva essere il fine, ma il mezzo per concedere a se stesso e a coloro ai quali teneva la serenità che gli era mancata tutta la vita.
    La Libertà, seppur non assoluta, sarebbe stata, a quel punto, vivere con soddisfazione e orgoglio la propria vita senza dover soffrire per mano di qualcuno che tentava ignobilmente di distruggerla.

    Sì. Così stavano le cose.
    E così le cose sarebbero andate. Ne era certo.




    Munisai e quel groviglio di catene schizzarono verso l'alto emergendo dalle tenebre.
    Il ragazzo vide che la creatura bianca stava per ghermire il bambino, e sapeva anche il perché, finalmente ci era arrivato.
    Così come l'essere era la personificazione delle sue paure, così il piccolo se stesso era la personificazione di ciò che di buono e umano era rimasto in lui. O forse della sua innocenza, o della sua speranza, non ne era sicuro, ma quel che è certo è che non avrebbe permesso che gli succedesse niente.

    Le catene attorno al giovane cambiarono colore, passando dal nero al rosso e infine ad un bianco luminoso, diventando incandescenti. Poi esplosero in mille pezzi scagliati in ogni direzione, tranne dove si trovavano gli altri due.
    La figura del rosso si rivelò nuovamente, mostrando che era tornata alla normalità.
    Camminò verso il piccoletto, parandosi poi tra lui e il nemico. Intanto i frammenti roventi davano fuoco al mare e a tutto lo scenario.
    Il mostro si accigliò, confuso.

    Questo è...impossibile!

    Le catene si riassemblarono pezzo per pezzo accanto a Munisai, stavolta del colore del comune metallo.
    Forse la Vera Libertà davvero non esiste come dici, o forse sì.
    Tutti hanno dei legami, tutti hanno delle catene da sorreggere.
    Ma se questo è inevitabile, io forgerò le mie catene con le stesse mie mani, ne conoscerò ogni segreto, e non avrò problemi a liberarmi da esse quando diverranno un fardello troppo grande.

    Distese un braccio davanti a lui e quei serpenti d'acciaio si avvinghiarono e stritolarono la Paura.

    Sei uno stolto se pensi di potermi uccidere! IO SONO--

    Non poté finire la frase perché anche la testa fu avvolta, intrappolandolo come in un bozzolo impenetrabile.
    So esattamente cosa sei.
    E so di non poterti eliminare, perché sei una parte di me e dobbiamo coesistere.
    Per ora mi servi, ma quando non sarà più così ti annienterò senza lasciare di te nemmeno il ricordo.
    Non ti lascerò mai il controllo. Perché non ho più paura di te.

    E così dicendo, il sarcofago di metallo fu inghiottito dal mare nero.


    Tutto stava bruciando, nel mentre.
    Munisai tirò un respiro profondo, poi si voltò verso il piccolo Munisai, accovacciandosi.
    Ti chiedo scusa per prima, sono stato un vero idiota disse con tono sinceramente dispiaciuto. Poi gli sorrise tendendogli la mano.
    L'altro non disse nulla, gli corse solo incontro gettandogli le braccia al collo.
    Fu sollevato e preso in braccio, poi i due si allontanarono.
    E ora vediamo di uscire da questo postaccio.
    Stai tranquillo, non permetterò più a nessuno di farti del male.







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