Posts written by Shinodari

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    Il Figlio del Vento


    Il vento è cambiamento

    II





    Narrato Parlato Pensato>Parlato nel linguaggio natio


    Il sensei aveva replicato al discorso di Tamashii con un laconico “Bene”. Non che con Hayashi fosse stato più colloquiale.
    Devo prenderla come una perla di saggezza? Il figlio del vento sembrava confuso. Da come aveva esordito all'inizio, Moyo san sembrava tutt'altro che di poche parole.
    Lasciò le sue perplessità da parte, concentrandosi sulla spiegazione delle armi che lo shinobi stava mostrando loro.
    Mandò a memoria ogni informazione, aggiungendole a quelle che aveva letto sulle pergamene. Il kunai era senza dubbio un'arma versatile, questo doveva ammetterlo, sebbene preferisse le lame. Il suo obiettivo era di padroneggiare “Sussurro del Vento”, la doppia lama appartenuta a suo padre. Gli shuriken avevano delle potenzialità che lo intrigavano. Gli spiedi di contro, in un primo momento li aveva scartati nella scelta del suo equipaggiamento. Avevano risvolti interessanti, sebbene non gli piacesse l'idea di intingerli nel veleno. Era un comportamento lontano dalla sua natura. Poteva venire a patti solo con dei sedativi.
    Il sensei passò all'esercitazione. Era giunto per Tamashii il momento di mettere in pratica lo studio teorico.
    Il chunin aveva tracciato sul terreno la distanza sotto la quale non potevano andare per lanciare le armi.
    Il ragazzino si concesse del tempo per esaminarle. Prese uno spiedo, tenendolo tra l'indice e il pollice, lo osservò, facendo ruotare il polso. Ne saggiò la punta stando attento a non ferirsi. Era facilmente nascondibile. E sarebbe stato utile anche come complemento per gli strumenti che utilizzava nella realizzazione dei suoi progetti. Si rese conto di stare divagando.
    Per prima cosa vediamo dove spira il vento. Rifletté il giovane nomade. Nel deserto era importante capire l'intensità del vento.
    Inumidì l'indice sinistro con la saliva. Non era elegante, ma sottomano non aveva una borraccia d'acqua. Sollevò il braccio, chiudendo gli occhi. In una situazione di pericolo non avrebbe rinunciato alla vista, ma in teoria si trattava di un'esercitazione. Si concentrò sul senso del tatto e sull'ascolto del rumore del vento per percepire la direzione da dove spirasse.
    Riaprì le palpebre e si focalizzò sul bersaglio.
    Doveva mirare gli spiedi alle parti più delicate del corpo umano. Occhi, collo, ma anche l'interno dell'orecchio se uno possedeva una buona mira.
    Tirò uno spiedo di prova cercando di compensare con il vento.
    Occhi... Il primo lancio arrivò all'altezza del “terzo occhio”, rimbalzando all'indietro. Recuperò l'arma.
    Riproviamo... Questa volta risultò più centrato, ma il vento fece svirgolare lo spiedo all'ultimo.
    Ancora... Lo spiedo centrò il tronco di legno in corrispondenza dell'occhio destro, ma non si conficcò in profondità. Poco male, sulle parti molli avrebbe avuto più efficacia.
    Continuò mirando ai punti più vulnerabili finché non fu soddisfatto. C'era ancora molto margine di miglioramento, ma per il momento si sarebbe accontentato.
    Gli shuriken furono la seconda tipologia che scelse di provare. Ne prese uno in mano, ne saggiò il bilanciamento e l'affilatura sempre facendo attenzione a non tagliarsi. Gli piacevano proprio come armi. Potevano danzare con il vento.
    Il primo tiro che effettuò fu semplice senza imprimere alcuna trattoria parabolica. Voleva vedere l'effetto del vento su di esso.
    Lo shuriken si conficcò nel bersaglio, deviando leggermente dalla direzione di lancio. La penetrazione era migliore degli spiedi, ma le potenzialità erano nelle traiettorie che si potevano imprimere al momento del lancio.
    Riprovò più volte cercando di compensare l'effetto del vento. Prima utilizzando un solo shuriken. Poi aumentando di un'unità. La coppia risultava più difficile da gestire. Imprimere un movimento rotatorio ad entrambi andava a peggiorare la precisione. Il metodo d'attacco andava raffinato, serviva più coordinazione. Riprovò un tiro liscio per analizzare quanto il punto d'impatto differisse tra i due. Successivamente impresse una curva parabolica al lancio. Le prime volte li vide sfarfallare e conficcarsi disordinatamente nel tronco. Continuò fino a padroneggiare sufficientemente il tiro. Provò con tre shuriken. La raffica copriva una linea d'attacco migliore, ma la rapidità di lancio doveva aumentare se voleva che arrivassero praticamente in contemporanea sul bersaglio.
    Nei rotoli di pergamena aveva letto che tipologia di attacco potesse essere implementata fino a quattro armi di taglia piccola. Sospirò. Non era convinto che sarebbe stato in grado di gestirne quattro. La coordinazione richiedeva un notevole sforzo sia fisico sia mentale. Inoltre c'era da tenere in considerazione che l'aumentare del numero andava di pari passo con lo svuotare rapidamente l'arsenale di armi possedute. Era necessario ottimizzare il numero di armi per attacco.
    L'ultima arma era il kunai. Ripeté la metodologia di analisi. La forma diversa portava ad un differente bilanciamento. Non potevano essere nascosti a differenza degli spiedi, però offrivano una maggiore capacità di attacco in mischia e a distanza. Uno dei vantaggi risiedeva nel fatto che un vento leggero non influisse granché sulla traiettoria. Il tiro in linea retta arrivò al bersaglio all'incirca nel punto in cui Tamashii aveva mirato, all'altezza del cuore. Andò a recuperare l'arma ed osservò l'incisione all'interno del legno. Era più profonda. Riprovò altre volte per prendere dimestichezza con l'arma.

    Terminato il tempo concesso loro, Moyo san li richiamò.
    Dal suo commento sembrava soddisfatto del loro metodo di apprendimento.
    Non era passato molto tempo, eppure al ragazzino sembrava trascorsa un'eternità.

    La terza fase era rappresentata dal combattimento vero e proprio.
    Il sensei era stato chiaro, avrebbero dovuto attaccarlo, imbastendo una strategia di gruppo.
    Hayashi san, potremmo spostarci laggiù e studiare un metodo di attacco. Propose il giovane nomade al suo compagno di corso. Moyo san spero che comprendiate. Non era una questione di mancanza di fiducia, quanto piuttosto abituarsi alla riservatezza. Tamashii era ben conscio che le distanze non avrebbero fatto la differenza, se il sensi avesse voluto ascoltarli, ma si fidava della sua correttezza.
    Moyo san vuole che collaboriamo. Ha senso, considerando il divario di esperienza tra noi e lui. Esordì assumendo un'espressione pensierosa. In questa fase è necessario coordinarci e pressarlo, cercando di non dargli tempo di attaccarci in momenti separati.
    Entrambi concordarono sul portare l'offensiva attraverso due vettori differenti. Hayashi si propose per un attacco frontale mentre Tamashii avrebbe dovuto cercare di colpire il sensei alle spalle. Possibilmente saltando per attaccarlo dall'alto. Il ragazzino rifletté sulla proposta, visualizzando l'azione nella mente.
    Al nostro grado di preparazione non penso sia fattibile. Chi deve compiere un semicerchio partirebbe troppo presto rispetto all'altro. Osservò. L'ideale sarebbe arrivare in contemporanea. Inoltre uno di noi potrebbe creare un diversivo per supportare l'altro nella prima fase dell'attacco.
    Ritornò nella sua stanza della mente tentando di immaginare i possibili scenari.
    Ti propongo una variante. Le mie azioni saranno di supporto per cercare di avvantaggiarti nei tuoi attacchi. Ti spiego la mia idea. Disse cominciando a spiegare il piano. Ci posizioniamo entrambi davanti a lui ad una distanza che ti permetta di raggiungere Moyo san rapidamente. Io dovrò necessariamente partire per primo compiendo una traiettoria curva discendente verso la tua sinistra, ossia la destra per il sensei. Raggiunta una certa distanza da lui, che mi permetta di raggiungerlo subito dopo il tuo arrivo, lancerò tre shuriken in un unico attacco nel tentativo di distrarlo, in modo da permetterti di partire in corsa e compiere il primo attacco in mischia. Successivamente chiuderei le distanze compiendo una spazzata su Moyo san per supportare uno dei tuoi successivi attacchi. Non posso prevedere quale. Che ne pensi? Non garantisco che funzionerà. Non ho un criterio di valutazione sulle capacità del nostro avversario.
    Il compagno sembrò concordare con la sua strategia.
    Il passo successivo sarebbe stata di metterla in pratica.

    Tamashii si posizionò sulla sinistra di Hayashi. Si concentrò un istante per percepire la direzione del vento.
    Non ci fu un segnale visibile tra i due, quando il ragazzino di Suna partì verso il sensei, cominciando a compiere una traiettoria curva [Azione Gratuita]Movimento 6 metri
    Velocità 100
    . Dimezzata la distanza, il figlio del vento lanciò in un unico attacco tre shuriken, mirando all'altezza della spalla destra [Slot Azione I]Forza 100
    Velocità 100
    Shuriken potenza 5
    . Imprimendo un movimento rotatorio, le tre armi avrebbero dovuto aprirsi a ventaglio in modo da aumentare i vettori di attacco sul corpo del sensei: spalla destra, petto, fianco sinistro. Lo scopo di Tamashii era tentare di attirarne l'attenzione, non si illudeva che sarebbe stato facile colpirlo, per permettere ad Hayashi di azzerare le distanze e sferrare un primo colpo con il vantaggio della distrazione. Naturalmente non sempre i piani sopravvivevano alla fase pratica. Mantenendo la concentrazione avrebbe continuato la sua corsa verso il chunin [Slot Azione II]Movimento 6 metri
    Velocità 100
    , concludendo il suo movimento con una spazzata nel tentativo di sbilanciare Moyo san [Slot Azione III]Forza 100
    Velocità 100
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    Il resto sarebbe spettato al compagno.

    Chakra: 10/10
    Vitalità: 8/8
    En. Vitale: 30/30
    Statistiche Primarie
    Forza: 100
    Velocità:  100
    Resistenza: 100
    Riflessi: 100
    Statistiche Secondarie
    Concentrazione: 100
    Agilità: 100
    Intuito: 100
    Precisione: 100
    Slot Difesa
    1: ///
    2: ///
    3: ///
    Slot Azione
    1: Lancio
    2: Movimento
    3: Spazzata
    Slot Tecnica
    1: ///
    2: ///
    Equipaggiamento
    • Rivestimento Mimetico × 1
    • Tonico Coagulante Minimo × 1
    • Occhiali × 1
    • Tonico di Ripristino Minimo × 1
    • Shuriken × 3
    • Kunai × 2
    • Dadao × 1
    • Filo in Acciaio [10m] × 1
    • Specchietto in Metallo × 1
    • Respiratore × 1
    • Accendino × 1
    • Bottiglietta di Alcool × 1
    • Sonagli [x5] × 1

    Note
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    Il Festival del Fuoco


    Intro



    Narrato Parlato Pensato>Parlato nel linguaggio natio


    Il nonno era stato categorico. Tamashii doveva imparare a vivere all'interno delle mura di Suna. Immergersi nella quotidianità così diversa dalla vita del giovane nomade.
    Sarebbe stato alquanto inappropriato per il ragazzino, una volta entrato nel clan Chikuma, mantenere il suo vecchio stile di vita. Niente fughe nel deserto alla ricerca delle dune ideali per praticare sand board oppure dormire all'aperto con il cielo stellato come riparo. Doveva abituarsi a vivere in spazi ristretti. Muoversi in un ambiente urbano. Non avrebbe potuto fare ritorno all'Oasi prima di una settimana, non un giorno di meno.
    Tamashii osservava con aria smarrita gli edifici torreggianti su di lui, le strade asfittiche. Una percezione distorta dalla realtà, filtrata dal sentirsi a disagio in un luogo circoscritto da mura.
    Una volta giunto al villaggio, si era diretto alla locanda in cui aveva soggiornato da bambino. Era un edificio a due piani, dalle finestre ampie, tende in tessuto leggero che decoravano la facciata. I proprietari, una coppia di mezza età, avevano modi affabili e alla vista del ragazzino, l'avevano trattato come fosse uno dei loro nipoti. Gli avevano dato la stanza con vista sul cortile interno, protetta dai rumori della strada, spaziosa e ben areata. Nel cortile di dimensioni contenute, erano stati disposti alcuni tavoli, protetti da tendaggi colorati. Una palma solitaria si ergeva sul lato sinistro, circondata dalla vegetazione locale. Sul tavolino all'interno della sua stanza, la donna aveva lasciato un vassoio colmo di biscotti fatti in casa ed una caraffa di succo di frutta.
    Il giovane nomade si era affacciato alla finestra osservando con delusione come gli altri edifici coprissero l'orizzonte. Forse sul tetto avrebbe potuto spaziare la vista, ma non sembravano esserci appigli per arrampicarsi.
    Peccato. Mormorò deluso. Se fosse stato uno shinobi esperto non avrebbe avuto problemi. Sulle pergamene, che aveva studiato, aveva letto di ninja in grado di camminare sulle pareti. Questa capacità aveva a che fare con il chakra.
    Guardò il vassoio con i biscotti e ne prese un paio, uno per lui e l'altro per Koryukaze. Si poteva obiettare che le lucertole non mangiassero i dolci, ma il suo compagno scaglioso apparteneva alla specie dei Coelurosauravus, ritenuta estinta in epoche remote come le conoscenze sulle loro abitudini alimentari.
    Si distese sul letto accanto alla lucertola acciambellata sul cuscino. Il materasso risultò essere troppo morbido rispetto al giaciglio cui era abituato. La sua era una vita spartana. Poche comodità, ma la possibilità di essere libero come il vento.
    La stanchezza del viaggio prese il sopravvento, facendolo crollare addormentatalo.

    L'indomani si svegliò all'alba.
    Si preparò indossando uno degli abiti del suo clan, si sistemò gli occhiali e, dopo un ultimo controllo a tutto il suo equipaggiamento, scese a fare colazione. Nella stanza aveva visto una pendola ferma allo stesso orario da tempo. Un ricordo di famiglia, appartenuto ad uno dei parenti del proprietario. L'uomo non era originario di Suna, ma si era trasferito dopo il matrimonio. Tamashii aveva scoperto altre informazioni sulla famiglia della coppia. Non era la prima volta che qualcuno si sentiva spinto a parlare con lui. Aveva un'aria fanciullesca, un carattere gioviale che metteva a proprio agio le persone. La sera prima il ragazzino aveva dato un'occhiata agli ingranaggi dell'orologio, scoprendo che il malfunzionamento era dovuto alla rottura della ghiera usurata, collegata al sistema di rotazione del movimento delle lancette. Per ringraziarli della calorosa accoglienza si sarebbe occupato di riparare il meccanismo. Gli servivano solo i pezzi di ricambio. L'abilità di aggiustare le cose, di crearne di nuove, era un'abilità che aveva sviluppato sin dall'infanzia. Nella sua tenda aveva un piccolo baule di legno dove riponeva l'attrezzatura e il materiale necessario per il suo hobby. A Suna aveva portato solo l'occorrente per terminare di costruire una specie congegno meccanico ticchettante, dall'aspetto vagamente simile ad uno scorpione.
    Uscì presto alla ricerca di un robivecchi, dove poteva trovare i pezzi che gli servivano a prezzi economici.
    Nel suo giro era riuscito a rimediare la maggior parte del materiale, ma gli mancavano alcuni ingranaggi della misura desiderata.
    Si concesse qualche istante di riposo al riparo dalla calura in un angolo della piazza centrale, riflettendo su dove dirigersi per cercare quello che gli serviva.
    Improvvisamente un'ombra si proiettò sulla sua. Sollevando lo sguardo, incrociò quello di un uomo avanti con gli anni che lo guardava con aria minacciosa.
    Assunto? Ma che... Non terminò la frase, che venne afferrato per un braccio e costretto a seguire lo sconosciuto.
    Non era riuscito a raggiungere il dadao, la presa dell'uomo era forte. Ogni tentativo di divincolarsi o di opporre resistenza era fallito miseramente.
    Mi lasci andare. Che significa assunto? Cosa vuole da me. Pensa di farla franca rapendo qualcuno nel cuore di Suna? Se non era in grado di sfuggire con le proprie forze, poteva sempre urlare per attirare l'attenzione.
    Possibile che nessuno fosse ancora intervenuto?
    Prese fiato e... lo lasciò andare senza emettere alcun suono.
    Andare vicino a Konoha... Nella mente del giovane nomade si fece strada un'opportunità allettante. Poco importava la parte dell'aiutante e dover lavorare per caricare e scaricare un carro. Sarebbe stato libero di viaggiare, di non essere costretto a restare tutto il tempo all'interno del villaggio.
    La locanda era pagata per una settimana. Probabilmente i proprietari si sarebbero preoccupati, ma avrebbe spiegato tutto al suo ritorno. La riparazione della pendola avrebbe potuto attendere qualche giorno. A malincuore, ma si trattava solo di un ritardo.
    Lo seguì in silenzio con la lucertola alata nascosta nello zaino.

    Il luogo d'arrivo non era distante. Il nomade lasciò vagare lo sguardo sul carro, che aveva visto giorni migliori, sulla una quantità spropositata di casse e su un giovane seduto nella parte terminale. Era di qualche anno più grande di lui, capelli biondo chiari, occhi azzurri, carnagione chiara. Stava mangiando un ghiacciolo gusto frutta e... gli occhi del ragazzino si illuminarono notando il ventilatore portatile.
    Chissà qual è il meccanismo che lo fa funzionare. Forse potrei chiedergli se me lo presta. Dovrei essere in grado di rimontarlo, se studio i suoi componenti. Riflettè mentalmente.
    Yasuke si presentò. Era un genin di Suna, un collega di grado superiore.
    Tamashii Chikuma del clan dell'Oasi del Fuoco, studente di Suna. Rispose, senza poter fare l'inchino di rito.
    La presa fu allentata poco dopo, ma non fu piacevole l'atterraggio vicino alle casse. Istintivamente il ragazzino cercò di rotolare offrendo all'impatto con il suolo una parte del corpo più resistente, proteggendo la testa.
    Ahi! Si lamentò nella sua lingua. Ma che razza di modi sono. Protestò sempre nel suo idioma natio.
    Si rialzò in piedi dolorante. Nulla di rotto, ma non poteva dire altrettanto sulla presenza di lividi o abrasioni.
    Si pulì le vesti e fissò, storcendo il naso, le casse che avrebbe dovuto caricare da solo. Non poteva lamentarsi, l'occasione l'aveva perduta accettando di seguirlo.
    Cominciò a sistemare le casse una dopo l'altra. Era faticoso, ma poteva considerarlo un allenamento.
    Yasuke dal canto suo lo incitava, senza fare il minimo sforzo per aiutarlo.
    Terminata di collocare l'ultima cassa, il giovane nomade si concesse un attimo di riposo per riprendere fiato.
    Si puoi chiamarmi Tama kun, se preferisci. Replicò, stancamente rivolto all'altro. Yasuke gli diede una pacca sulla spalla e gli tese un ghiacciolo. Grazie... Si ritrovò il suo volto chino su di lui, per poi ritrarsi.
    EH?! Ma che... Cosa c'entrano le mie iridi? Sembra deluso che non sia una ragazza... L'istante successivo arrossì violentemente. Non ebbe modo di riprendersi, che la sua attenzione fu rivolta allo strano essere apparso in uno sbuffo di fumo. Ma cosa era? Non ricordava di aver letto nulla di simile sui rotoli di pergamena.
    L'evocazione scelse proprio lui come oggetto del suo saluto. Tamashii si ritrovò l'intero volto impiastricciata dalla saliva dall'odore fetido.
    Che schifo! Cercò di pulirsi il volto con la manica della veste.
    Le parole dell'uomo fecero assumere tutte le possibili sfumature di rosso al viso del tredicenne.
    Accoppiamenti? Sta scherzando vero? Balbettò in direzione di Yasuke, ma questi era intento a ridere a crepapelle aumentando il carico con i suoi commenti pungenti.
    Prese posto sul retro del carro. Frugò nello zaino alla ricerca di fazzoletto per terminare di pulirsi. Koryukaze fece capolino, fissando il figlio del vento.
    Gli rivolse un accenno di sorriso.
    La libertà poteva richiedere un prezzo.
    Il viaggio durò poche ore. Il ragazzino rimase sveglio ad osservare ammirato il paesaggio che scorreva velocemente attorno a lui.
    Yasuke si era addormentato e il mercante non sembrava in vena di conversare.

    Hijikata arrestò il carro vicino all'ingresso del villaggio di Okuyama.
    Una volta sceso il giovane nomade scoprì di essere libero di girare per la fiera. Il mercante non aveva bisogno di nessuno dei due. In realtà una condizione esisteva: dovevano partecipare entrambi ad un torneo di arti marziali. Preferì non approfondire la parte sulle scommesse.
    Seguì Yasuke, osservando con interesse gli stand. C'erano molte mercanzie, forse avrebbe potuto trovare qualcosa da aggiungere al materiale, che si era portato dietro.
    Le sue riflessioni vennero interrotte dall'altro shinobi.
    Dalle mie parti non indossiamo quel tipo di vestiario. Io li trovo poco adatti. Ti assicuro che non sarebbe piacevole andare in giro con gli yukata nel deserto. La parte sulla madre non la comprese, probabilmente si era lasciato andare a dei ricordi nostalgici. Tamashii non ne aveva: aveva pochi anni quando era rimasto orfano di entrambi i genitori. Il torneo di arti marziali sembra interessante. Continuò con aria riflessiva. Non ho mai praticato, ma ho letto qualcosa sulle pergamene. Penso che sarà un'occasione di crescita.
    Il genin sembrava allegro. Si fecero strada tra la folla, fino a quando il giovane non si bloccò di scatto. Per poco il figlio del vento non gli finì addosso.
    Ed ora? Stava per chiedere spiegazioni, ma l'altro riprese a muoversi e il ragazzino si affrettò a seguirlo per non perderlo di vista.
    Il motivo fu presto chiaro al nomade, quando l'altro si fermò a salutare una fanciulla. Asami... Anche lei era alta rispetto a Tamashii. Aveva una chioma rosso fuoco che metteva in risalto le iridi color smeraldo. Il viso era cosparso di efelidi. Ma la caratteristica che attirò l'attenzione del nomade era il simbolo sulla fronte. Non era da sola, le faceva compagnia un uomo più grande di loro. Non sapeva quantificare con certezza l'età. Alto, fisico atletico, capelli scuri ed iridi azzurre.
    Il figlio del vento si sentiva piccolo in confronto al terzetto.
    Ancora una volta Yasuke prese la parola.
    Fu il turno del nomade di presentarsi.
    Mi chiamo Tamashii Chikuma del clan dell'Oasi di Fuoco. Portò la mano aperta all'altezza del cuore, il dorso rivolto verso di loro, sfiorò il petto e rivolse un inchino formale. Che il vento possa sempre spirare a vostro favore. Aggiunse nel suo linguaggio natio.

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    Incontri: amico o nemico?


    III




    A volte dovremmo imparare dai più piccoli a relazionarci con gli altri.
    Il cucciolo di drago sembrava aver trovato un amico e stava conversando con il piccolo scorpione di pirite, incurante della nostra ricerca delle vulnerabilità altrui.
    COSA? Un'intera caverna di zaffiri! Sentii urlare Ko, con la voce che gli tremava per l'emozione. Una scolopendra dici? Non c'è nulla da preoccuparsi, io sono un drago!Cucciolo.. Evitai di farglielo notare, non volevo intaccare la sua autostima. A proposito, Otekko, cos'è una scolopendra?
    E mentre l'altro rispondeva alla domanda, io mi ritrovavo in una situazione dai molteplici risvolti.
    Ah, è un bruco gigante. E io che credevo chissà cosa. Shinny, mi ci porti? Dai, ci andiamo? Dalle sue parti c'è una caverna piena di zaffiri. ZAFFIRI, capisci?
    Si avevo capito fin troppo bene che stesse sottostimando l'entità del pericolo.
    L'entusiasmo degli adolescenti.
    Mi concentrai su Kurogane.
    La risposta che mi diede fu vaga sotto certi aspetti, ma dal punto di vista del villaggio non era ricercato. Non era ben visto solo nei quartieri a luci rosse di Oto, non che fosse un mio problema. Sorrisi mentalmente.
    Quello che succede nel bordello, resta all'interno del bordello. Replicai con aria serafica.
    Sembrava che alla fine avesse deciso di accogliere la mia offerta di curarlo senza altri trabocchetti.
    Ne ero sollevata, però nel profondo mi sarebbe piaciuto che non si fosse trattato solo di una recita tra noi due.
    L'attimo era passato e, forse, era meglio così. Le relazioni comportavano troppe complicazioni nella mia vita. Non volevo soffrire ancora un'altra volta, l'ennesima volta.
    Risalire il baratro in cui ero sprofondata era stato terribile. Avevo ferito persone con la mia apatia, avevo distrutto l'infanzia di Ryutsuki. Non sarebbe più dovuto ricapitare.
    Questa volta Kurogane si posizionò in modo da agevolarmi nel trattare le ferite presenti sul suo corpo.
    Nel mentre ero riuscita a scoprire qualche tassello sul misterioso intruso. Eh si, mi piaceva chiamarlo così, ma senza cattiveria.
    Riscontrai l'impronta del vento, ma non sembrava pura. Avevo percepito qualcos'altro. Un residuo... Chissà se ne era a conoscenza. Avrei dovuto rivelargli l'informazione?
    Più tardi...
    Mi focalizzai sulle cure, facendomi cullare dal suono delle voci dei due “cuccioli”.
    Era qualcosa di rinfrescante sentirli parlare.
    Otekko, perché non restate un po' ad Oto? Ci sono dei posti che vorrei farti conoscere. C'è una bottega dove il proprietario lavora il metallo, ci credi? E può capitare che ci siano degli scarti commestibili. Potresti trovare qualcosa di buono. Poi c'è un locale dove fanno del cibo super buonissimo. E' per umani, ma ti assicuro che piacerà pure a te.
    Non potevo biasimarlo per quel fiume di parole. Era da tanto che non conversava con qualcuno con cui rapportarsi. Vivendo al mio fianco, aveva perso l'interazione coi suoi coetanei.
    Se non sapete dove dormire, potete venire da noi. A casa di Shinny c'è tanto spazio, sai?
    EHHH!!! il flusso di chakra curativo vibrò pericolosamente, faticai non poco per stabilizzarlo.
    Attesi un istante prima di parlare.
    Sono sicura che se decidessero di soggiornare ad Oto, non avrebbero problemi a trovare una locanda adatta alle loro esigenze, lontano dal quartiere a luci rosse. Replicai.
    Avrei dovuto fare un lungo discorso con il piccoletto.
    Terminate le cure, lo vidi avvicinarsi ai suoi vestiti. Per educazione, questa volta distolsi lo sguardo, fidandomi di lui.
    Osservai le altre creature presenti. Un senso di nostalgia si impossessò del mio animo. Mi mancavano i miei amici draghi, mi mancavano terribilmente. Avevano una missione da compiere. Un giorno sarebbero tornati, era una promessa che ci eravamo scambiati, ma non sapevo quando.
    Le parole di commiato di Kurogane, mi lasciarono sorpresa.
    Dovevo aspettarmelo, dopo quello che gli avevo detto. Ero stata tutt'altro che diplomatica.
    Mi inchinai a mia volta.
    Non c'è bisogno che mi ringrazi. Sono un medico e per me la vita è preziosa. Forse è strano sentirlo dalle mie labbra... Dalle labbra di una otese... ma è il mio giuramento. Risposi, mantenendo il tono di voce pacato.
    Davvero voglio che vada via?
    Se passerò per Suna ti verrò a trovare e... sulle mie labbra affiorò un sorriso divertito ...ti manderò una lettera prima.
    Il mio posto solitario, hanno davvero senso ormai queste parole?
    No, Otekko, non andare! SHINNY!!! Fai qualcosa! Ti prego!
    Mi mossi di qualche passo nella sua direzione.
    Aspetta... Shinichi... Era ora di lasciare andare anche questi ricordi. Non serve che tu vada via. Resta per favore. Sono stata ingiusta nei tuoi confronti. Ammisi. Un tempo era il mio luogo preferito, ma sono passati anni. Quando ti ho visto, ho reagito male, come se qualcosa mi fosse stato portato via. Ho dato a te la responsabilità, ma non è così.
    Devo rivelargli quello che ho visto.
    Shinichi... il tuo chakra è particolare... Sapevi di possedere un residuo di di chakra magnetico?

  7. .

    La Via del Guaritore


    II




    Un flebile mormorio raggiunse il mio udito.
    Non mi ero resa conto di essermi addormentata. La stanchezza aveva preso il sopravvento approfittando del rilascio della tensione.
    Rimasi in quel particolare stato di dormiveglia, cercando di concentrami su quel sussurro.
    Yuki... Chissà a chi apparteneva quel nome. Avrei voluto chiederglielo, aprire gli occhi e fargli capire che ero lì, destata dalle sue parole.
    Non lo feci. Finsi di dormire. Sentivo che non era il momento adatto. Lui aveva bisogno di restare da solo con i suoi pensieri, metabolizzare l'accaduto. Quando sei un passo dalla morte non sempre è facile ritornare.
    Ora... ancora un flebile suono. Ora sei qui, sei vivo, ma non a tutti basta questa verità. Ripensai a Yami, Per lui vivere non aveva avuto più alcun significato dopo quell'ultimo scontro.
    Non potevo fare a meno, per quanto mi sforzassi di non pensare, di tornare a quel ricordo.
    Due shinobi di Oto il cui fato correva parallelo, andando incontro ad un avversario che li aveva sconfitti.
    La morte di qualcuno come si può giustificare?
    A quel tempo se fossi stata lì, l'avrei fermato dal quel gesto autodistruttivo. Eppure non sarebbe stato un atto egoistico decidere per lui? Condannarlo alla prigionia, incatenare il suo spirito, spezzato dalla sconfitta, pur di farlo vivere. Ero un medico, avevo fatto un giuramento, ma ci sono casi in cui quel giuramento avrebbe potuto portare a conseguenze ben più dolorose della morte.
    Ed ora il ciclo si stava ripetendo. Tasaki non era morto. Lentamente ne stava prendendo coscienza. L'avversario non gli aveva inferto il colpo di grazia. I medici erano riusciti ad evitare che morisse per le ferite riportate. Io avevo cancellato l'infamia incisa sulle sue carni. Mi ero arrogata il diritto di decidere per lui, per concedergli un istante di tregua, per non caricarlo di un marchio che avrebbe potuto scarificare il suo spirito.
    Il segreto non poteva essere mantenuto per sempre. La verità riesce sempre ad emergere. L'unica nostra scelta è trovare l'occasione adatta.
    Purtroppo a volte quel momento sembra non arrivare mai. Si ha paura di ferire l'altro con le nostre parole. Un atto di compassione che può rivelarsi una lama a doppio taglio. Una lama in grado di ferire quando si attende troppo. E in quel preciso istante la verità esplode addosso alla persona che si voleva proteggere.
    Fuori da questo riparo sicuro, le voci stavano correndo e presto o tardi sarebbero arrivate anche alle orecchie di Tasaki.
    Era il mio compito fare in modo che quanto successo mentre lui era esanime, potesse essere affrontato in maniera razionale, possibilmente senza causare ulteriori lesioni.
    Non conoscevo il giovane che avevo soccorso.
    Era il momento di scambiare due parole con lui, stando attenta a non farlo affaticare.
    Dovevo apprendere la sua versione dei fatti, conoscere le motivazioni che l'avevano spinto allo scontro, trovare il modo per rivelargli l'esistenza dell'infamia; il marchio che avevo cancellato, quando era ancora privo di conoscenza.
    Aprii gli occhi e diressi il mio sguardo verso di lui. La luce riflesse la parte umida della guancia. Le lacrime della consapevolezza di essere tornati. Solo che non sapevo se era questo il suo desiderio.
    Mi alzai dalla sedia, mi disinfettai le mani ed estrassi dalla confezione una garza sterile.
    Ritornai da Tasaki e con estrema delicatezza tamponai la parte di pelle bagnata.
    Mi dispiace, non posso fare di più per te. Osservai, con una sfumatura di tristezza nel tono della voce. Quando ti sentirai di parlare, posso raccontarti quello che è successo dopo che sei svenuto, però devo sapere se sarai in grado di affrontarlo. Te la senti di raccontarmi le tue motivazioni? Con la mano libera gli spostai una ciocca di capelli per liberare la fronte.
    Io vado a preparare del tè, spero che tu ne gradisca un bicchiere. Le tazze erano un lusso che la guardiola non poteva permettersi.
    Gettai la garza nel contenitore per lo smaltimento, disinfettai ancora una volta le mani e mi diressi verso il fornelletto.
    Ko aveva sollevato il muso e mi stava osservando. Gli sorrisi.
    Aprii il contenitore e versai alcuni cucchiaini di tè, mentre aspettavo che l'acqua si scaldasse.
    Attesi che lui mi parlasse.
    E' vivo, sa di aver perso... C'è speranza che sia in grado di risalire il baratro...

  8. .

    Incontri: amico o nemico?


    II




    Il primo impatto con l'intruso, tutto sommato, non era stato così disastroso... non troppo. Poteva andare peggio, no? Le interazioni sociali non erano state esattamente la mia priorità negli ultimi tempi.
    Eravamo alla fase della raccolta informazioni, quella particolare danza verbale dove si cercava di ottenere qualcosa dall'altro dando il meno possibile di sé.
    L'intruso non sembrava intenzionato a volgere il nostro incontro in uno scontro, almeno per ora, non che questo significasse qualcosa. Nel nostro ambiente era vitale restare sempre all'erta.
    Se l'intruso si fosse dimostrato ostile in un secondo momento, mi sarei inventata qualcosa.
    L'intruso in realtà aveva un nome... Shinichi Kurogane. Aveva dignitosamente coperto una parte delle sue nudità con un paio di boxer. Di questo lo ringraziai mentalmente.
    Il più piccolo, presumibilmente il più giovane tra gli scorpioni, si era avvicinato a me, porgendo una chela per presentarsi.
    Piacere mio, Otekko. Lo salutai educatamente, rivolgendogli un sorriso cordiale. Non gli strinsi la chela, limitandomi ad un accenno di inchino. Non potevo abbassare la guardia. Il piccolino era pur sempre uno scorpione.
    Fu il turno del suo simile dal carapace ramato, molto più imponente del precedente. Shunchu... Non accennai a nessun saluto, intenta a non perdere di vista la sua coda.
    Se avesse abbassato il pungiglione verso di me, sarebbe stato un saluto alquanto velenoso.
    E... cosa aveva detto? Dov'era la mantide?
    Dannazione l'avevo persa di vista. Mi concentrai sui suoni, sul più piccolo rumore ambientale, che mi potesse dare una qualche informazione su dove si fosse cacciato Seidou.
    Ed eccolo riapparire all'improvviso ad un comando di Kurogane. Uno schiocco di dita, beh... ognuno aveva i suoi segnali. La mantide era timida con le donne? E io avrei dovuto credergli?
    Seidou si era avvicinato durante la sparizione. Se non fosse stato richiamato, mi sarei ritrovata un avversario insidioso in caso di attacco.
    Eravamo in stallo. Avrei dovuto rivelargli la verità? Mi avrebbe creduto? Ma non riuscivo ancora a spiegare il malinteso. Non per il momento.
    Per curare Kurogane dovevamo trovarci a distanza ravvicinata, questo comportava perdere di vista i suoi compagni.
    Pur conscia di questo svantaggio, lasciai avvicinare l'uomo. Agiva come se tra noi ci fosse solo uno scambio colloquiale, ma era apparenza, questo non era da mettere in dubbio. Non potevo metterlo in dubbio. D'altra parte era ferito ed aveva bisogno di cure. Era mio dovere. Certo, se alcune domande me le fossi posta prima di sbucare dal mio nascondiglio, non mi sarei ritrovata in questa situazione assurda.
    E potenzialmente letale....
    Kurogane era una continua sorpresa.
    Odore di tè? Aveva percepito la fragranza all'interno del contenitore che mi portavo dietro.
    A questo punto la fuga non era un'opzione da considerare. Mi avrebbe rintracciata con il fiuto.
    Non mi ritrassi, non avrebbe avuto senso, sarebbe stato come ammettere la mia debolezza.
    Sembra che abbiamo alcune cose in comune, Kurogane san; purtroppo mi rincresce di non poter condividere con voi una tazza di tè. Non ho portato l'occorrente. Osservai, cercando di dissimulare la mia crescente preoccupazione.
    Seguii l'uomo verso la roccia che mi aveva indicato, non prima di scoccare un'occhiata eloquente a Ko. Era ancora un cucciolo, non mi avrebbe assistito in combattimento, ma se la situazione fosse precipitata poteva volare fino al gate e avvisare le guardie. In quello scenario, avrei dovuto concedergli tutto il vantaggio di cui sarei stata capace.
    Una visione ottimista delle mie abilità combattive.
    La lesione al braccio destro dell'uomo era particolare. Esaminandola con attenzione, non sembrava essere stata inferta da un attacco naturale della mantide. Una qualche abilità speciale?
    La ferita sanguinava, ma non era complicata da trattare, se qualcuno mi avesse permesso di cominciare.
    Kurogane san, vi posso anche chiamare per nome, darvi del tu e voi potete fare lo stesso con me, ma se volete che vi curi la ferita, dovrei concentrami sull'arto leso. Osservai, sollevando lo sguardo verso di lui. Può anche continuare a parlarmi, però potrei non essere troppo comunicativa.
    Sei uno scorpione di pirite? Forte! Io mi chiamo Ko e sono un drago dei ghiacci. Sei un cucciolo anche tu? Appunto, c'era già il mio compagno di viaggio a parlare al posto mio. E dimmi tu mangi la pirite? E com'è? E' come mangiare gli zaffiri? Si, perché a me piacciono tanto, ma Shinny dice che non devo fare il goloso. Così mi devo accontentare delle pietre semi preziose, ma non sono buone come gli zaffiri e poi me ne dà sempre una manciata minuscola e neanche tanto spesso.
    Naturalmente anche il mio paziente improvvisato aveva deciso di continuare la nostra conversazione.
    Le terme di Oto, dite? No, troppa confusione. Preferisco luoghi più isolati ed a contatto con la natura. Non è che gli stessi rivelando chissà quale segreto. Per le libertà, non è mio compito giudicare il vostro... abbigliamento. Sul serio stava portando il discorso sulle sue... nudità? Ringraziai di avere avuto una sensei come Sayaka. Mi aveva insegnato a non avere distrazioni quando esercitavo la professione medica.
    Terminato di trattare il braccio, mi occupai del resto dei danni: c'era la ferita alla gamba da trattare. Sarebbe stata la mia intenzione, se non si fosse posizionato in modo da farmi osservare qualcos'altro.
    Seriamente? Due sconosciuti si incontrano per caso in un luogo lontano da occhi indiscreti e vengono travolti dalla passione. Decisamente una trama che non stava in piedi.
    Se voleva giocare, era un gioco che si poteva fare in due.
    Mi girai in modo da fronteggiarlo. Sollevai lo sguardo per incrociare il suo. Non dovevo faticare per arrossire. Bastava concentrarmi sulla muscolatura, non potevo negare che non fosse attraente. Dovevo mascherare le mie vere intenzioni. Era rischioso perché era necessario che mi concentrassi, ma potevo camuffare la cosa focalizzando il mio sguardo sui suoi addominali e ancora più giù.
    Mi trovate bella? Mi lusingate. Commentai con voce suadente. Ditemi... no, tropo formale... Dimmi Shinichi, desideri che ti curi anche lì? Credo, che vista l'entità dell'infiammazione, debba essere trattato prima del resto delle ferite. Non vorrei che finissi per soffrirne. Ho una certa esperienza in materia,... a meno che tu non voglia curarlo con una bella doccia gelata sotto la cascata. Un altro passo e la situazione si sarebbe fatta sul serio imbarazzante. Poteva bastare, non era il caso andare oltre. Che intenzioni hai, Shinichi? Vuoi che continui a curarti o hai altro in mente? Non sei la prima persona che usa queste tattiche con me. Io sono qui per due soli motivi: godermi questo angolo di natura, il mio personale angolo... sottolineai la parola personale ...e curarti, perché sono un medico e non lascio qualcuno ferito se posso evitarlo. Se hai altro in mente, prego, abbi il coraggio di mettere le tue carte in tavola. Se non sei un nemico di Oto non hai nulla da temere.
    Dovevo ammetterlo: ero un'esperta nel cacciarmi nei guai.

    OT
    Per quanto riguarda la "Percezione del chakra", lascio a te decidere se Shinny abbia avuto succeso o meno.


  9. .

    Semplicemente... Ciao


    Un cuore sanguinante




    Ero entrata. Un passo avanti l'avevo fatto. Non era stato così difficile, giusto? Che problemi avrei potuto avere da ora in poi? A parte cominciare a parlare da sola.
    Mi guardai attorno. Tutto sembrava in regola. D'accordo, gli impiegati non erano quelli che ricordavo. Esistevano i turni, le ferie, la maternità, la paternità, i congedi temporanei, il pensionamento, i trasferimenti, le malattie... le nuove assunzioni. Il mondo andava avanti, non era congelato nel passato.
    Individuai uno degli impiegati, un giovane sulla trentina, anno più anno meno.
    Mi avvicinai a lui con passo tranquillo, volto rilassato. Una semplice turista interessata ad una banale informazione. Ok, i turisti andavano in giro con la katana, ma eravamo pur sempre in tempi pericolosi e una povera ed indifesa fanciulla doveva pur difendersi.
    Sfoderando il mio sorriso più accattivante, mi rivolsi all'uomo in tono educato.
    Salve. Sono Shinodari Kazekumo, desidererei parlare con l'amministratore... l'impiegato mi interruppe.
    Consiglieri? No, non ho un appuntamento. E' piuttosto un'improvvisata, sicuramente... neanche questa volta riuscii a terminare la frase.
    Mi ritrovai ad avere informazioni non richieste sull'ufficio di una certa Consigliera Hebiko Dokujita. La fitta, che percepii al cuore, non mi piacque per niente.
    Pensavo realmente che si sarebbe sobbarcato per sempre il lavoro amministrativo senza dividerlo con nessuno? Non avevo fatto la stessa cosa con Yami? Non era una notizia positiva? Sarei dovuta essere contenta, invece... non lo ero.
    Nel mio pensiero egoistico avevo sperato di mancargli almeno un po'.
    Mi scusi, forse non mi sono spiegata bene. Chiedo perdono se le sto facendo perdere altro tempo, ma io stavo cercando l'ammin... il Consigliere Febh. Febh Yakushi. Mi è stato detto che è ancora in carica.
    Le ultime parole ebbero un effetto che, forse, avrei dovuto prevedere.
    L'uomo parve invecchiare di botto, sembrando il padre di se stesso, anche il nonno se volevamo puntare sul drammatico.
    Pallore improvviso, gesti di scongiuro, balbettio, forse sudorazione anomala...
    Questo tra un po' mi collassa sul posto.
    Shinny!
    Si, lo so. Presi nota di tutte le informazioni, augurio compreso. A Febh avrei pensato in un altro momento. Riconoscevo certi sintomi, li avevo visti anche sul volto di Sato e purtroppo, a volte, la responsabilità era stata mia.
    Non si preoccupi. Sono un medico. Andrà tutto bene. Capisco perfettamente come si sente. Ora respiri. Respiri lenti, profondi. Faccia come faccio io. Si, così... Bravo. Cercai di rassicurarlo. L'ideale sarebbe stato farlo stendere, ma non potevo mandare nel panico anche gli altri due impiegati. A proposito, non è che qualcuno di voi potrebbe preparare del te' con … Lei non è diabetico, vero? … con lo zucchero, tanto zucchero. Sono sicura che una bevanda calda la rimetterà in sesto. Si sarebbe dovuto riposare. C'è qualcun altro che potrebbe sostituirlo per un'oretta?

    La crisi sembrò passare più rapidamente di quanto sarebbe dovuta durare in realtà. L'impiegato mi assicurò, giurò, quasi inginocchiandosi, di essersi ripreso, pregandomi di non riferire l'accaduto al Consigliere. Non ero molto convinta, ma annuii, promettendo di non dire nulla.
    Ko mi lanciò occhiate dubbiose, alle quali replicai con una scrollata di spalle.

    Quello che era accaduto nell'atrio, mi diede da pensare. Quanto bene conoscevo Febh e quanto intenzionalmente volevo ignorare sul suo conto? Lo stesso Mikawa, anni prima, non mi aveva messo in guardia sul riporre fiducia incondizionata in quella persona?
    Cominciai a salire le scale, ma non ero così sicura di voler continuare.
    Come stai? Percepii la stretta di Ko sulle spalle.
    Va tutto bene... gli risposi, accennando ad un sorriso. Ero diventata brava a mentire a me stessa.

    Raggiunto il piano, svoltare a destra... Seguii le indicazioni e mi ritrovai davanti alla porta. Dall'altra parte si udivano dei suoni sommessi. Potevo origliare, ma non sarebbe stato educato. Preferii bussare con le nocche.
    E' permesso? Febh, ci sei? Sono Shino... Shinny. Nessuna risposta.
    Forse è occupato. Ipotizzò il cucciolo di drago.
    Non credo, l'impiegato aveva detto che non avevano impegni al momento. Obiettai.
    Bussai un'altra volta, ottenendo lo stesso risultato. Nulla!
    Poggiai la mano sulla maniglia e lentamente l'abbassai.
    Pensi sia una buona idea?
    Si, alla peggio mi scuserò. Replicai, aprendo la porta e...
    Ciao Febh ti vedo, come dire? Cambiato. Direi scaglioso. Sai, dovresti fare qualcosa per idratare la tua pelle. Sei dimagrito...molto dimagrito... Non mangi abbastanza? Ironizzai, notando una lucertola distesa scompostamente sulla scrivania, che dormiva beatamente, a giudicare dal respiro sonoro. Decisamente stava russando.
    Che è successo a Febh? Ko sembrava sinceramente preoccupato.
    A lui non saprei. Alla sua lucertola, direi che si sta godendo gli agi dell'amministrazione. Considerai.
    Mi voltai verso la radiolina che stava trasmettendo... Non avevo la minima idea... Scope? Cammelli? Violini?
    Cammelli? Forse era sintonizzata su Radio Suna. Era la parte sulla partita, che mi lasciava perplessa. Non riuscivo a trovare il nesso logico.
    Vicino al rettile trovai un foglietto, scoprendo che, la persona in questione, si trovava nell'ufficio dell'altra Consigliera.
    Prima di uscire diedi un'occhiata in giro. C'erano fogli di carta appallottolati. Ne raccolsi uno e sbirciai il contenuto, dopo averlo svolto. Nulla di critico. Le pratiche urgenti e quelle molto private sembravano essere a posto.
    Sospirai.
    Vieni, andiamo nell'altro ufficio.
    Feci uscire il cucciolo per primo e poi lo seguì, chiudendo la porta alle mie spalle.
    Ci incamminammo lungo il corridoio fino a raggiungere l'altro studio.
    Riconobbi la voce di Febh. Mi avvicinai, ma quando stavo per bussare, giunsero alle mie orecchie parole, che mi congelarono sul posto.
    Non sarei mai tornata? Aveva tutte le ragioni a pensarla in quel modo. Mai una lettera, mai una visita, ero semplicemente scomparsa.
    Il mio ruolo qui è terminato. Quella frase mi ferii nel profondo. Lasciai andare il braccio. Dieci anni e non esistevo più per Oto... Per lui?
    Un ripiego... Non era la mia casa, il mio tempo al villaggio era finito... Sentivo il sangue defluire dal viso.
    Vieni via... Scossi la testa. Non riuscivo a smettere di ascoltare. Avrei dovuto tapparmi le orecchie. Maledissi il mio udito perfetto. Volevo andarmene, ma il corpo non rispondeva ai miei comandi.
    Per Febh ero come morta, no... peggio... non esistevo più...
    Era crudele ricordare la morte di Yami... Non me ne ero andata via per quel motivo... Non era stata quella la causa scatenante.
    Non avevo più amici... Non siamo più amici, Febh? Nessuno mi avrebbe difeso... Non mi difenderai più? Mi meritavo ogni singola parola. Faceva così male. Mi costrinsi a non piangere.
    E la mia sensei... Aspetta cosa aveva detto? Era tornata e non avrebbe accettato la mia presenza? Sul serio era qui ad Oto? Un clone? Un figlio segreto che aveva usato come Ryoma ai suoi tempi? No, quest'ultima parte non la credevo possibile. E' vero, mi aveva sempre considerata debole, non adatta ad Oto, ma ero diventata la sua assistente, si fidava di me anche se lo dimostrava in quel suo modo... mh... malato? E poi, riguardo a Yami... non avevo perso il mio compagno. Ci eravamo lasciati. Avevo perso un caro amico.
    Che stava succedendo? Che sta succedendo?
    Mi scrollai di dosso l'autocommiserazione in cui ero sprofondata. Inspirai profondamente e spalancai la porta.
    Shinny... Ciao Febh... si, sono contenta anche io di rivederti... Forse non è il... Lo so, è un po' che non ci vediamo, ma ti pare corretto sparlare alle mie spalle? ...caso. Se hai qualcosa da dirmi, abbi il coraggio di dirmela in faccia! Come vedi sono qui. E poi, mi spieghi cosa c'entra adesso... Non è da... Sayaka? Sarà stata anche crudele, ma era la mia sensei ed io ero, no, sono la sua erede. Non mi caccerebbe mai! Ripresi fiato.
    ...Solo.
    Febh non era da solo?
    Ops!



  10. .

    Il Figlio del Vento


    Il vento è cambiamento

    intro



    Narrato Parlato Pensato>Parlato nel linguaggio natio

    Oasi del Fuoco, Anauroch



    La luna era alta nel cielo, silente regina della notte stellata. Il chiarore si rifletteva su quelle lande sabbiose mutevoli, scolpite dalla brezza capricciosa.
    L'oasi era immersa nel sonno. A poca distanza da un intrusione rocciosa erano state erette un gruppo di una ventina di tende dai colori del sole e del fuoco, ornate con motivi che ricordavano refoli di vento. Una polla d'acqua, preziosa alleata in quell'ambiente proibitivo, completava il quadro.

    Una mano scostò lentamente uno dei drappi d'ingresso. Una figura minuta sbucò fuori silenziosamente, zaino in spalla. Si curvò all'interno per recuperare l'ultima sua creazione: una tavola di legno dai bordi arrotondati. Di dimensioni contenute, non raggiungeva l'altezza del suo proprietario, ma era sufficientemente ingombrante perché il giovane nomade fosse costretto a trascinarla sul terreno sabbioso.
    Non era la soluzione ideale per non dare nell'occhio, le scie che lasciava ad ogni passo avrebbero tradito la sua destinazione. E sarebbe finito in punizione per l'ennesima volta.
    Suo nonno paterno era stato categorico: quell'asse di legno era pericolosa.
    Tamashii sospirò. Conosceva i rischi, li aveva valutati. Aveva rivisto il progetto così tante volte da aver segnato in maniera indelebile la carta su cui aveva disegnato lo schema della tavola.
    Questa volta non si sarebbe tirato indietro. Desiderava assaporare la libertà di quel mare di sabbia un'ultima volta, prima di abbandonare la sua famiglia.
    Era il destino che lo aveva segnato dalla nascita. I “figli del vento” dovevano far ritorno alla loro dimora ancestrale, al loro clan d'origine: i Chikuma.
    Un sussurro nella lieve brezza che si era levata, il delicato sbattere d'ali e il Coelurosauravus planò sulla sua spalla sinistra. La lucertola volante avrebbe condiviso anche questa avventura fanciullesca.
    Il ragazzino sapeva orientarsi di notte, la sua scuola era stata la natura stessa.
    Nei giorni precedenti aveva perlustrato la zona con la scusa di studiare la fauna e la flora attorno all'oasi. E nei suoi giri aveva trovato una serie di dune che potevano servire allo scopo.
    Uscire dall'accampamento risultò più facile del previsto, grazie alla collaborazione delle sentinelle, che avrebbero chiuso un occhio. In fondo Tamashii era il nipote del capo clan del Popolo del Vento.
    Il deserto lo circondò nel suo silenzioso abbraccio. Il ragazzino si calcò sulla fronte il berretto, avvolgendo la sciarpa attorno al collo. La temperatura si era abbassata con il calar del sole.
    Raggiunse la bassa sporgenza di roccia dove aveva scelto di fare campo e montò una tenda da viaggio. Si strinse nella coperta lasciando che il Coelurosauravus si insinuasse all'interno in cerca di calore. Attese l'arrivo del nuovo giorno.
    Le prime luci dell'alba filtrarono attraverso il tessuto grezzo del suo riparo. Tamashii aprì gli occhi, destandosi dal dormiveglia in cui era caduto durante la notte. La lucertola sbucò da sotto le coltri, arrampicandosi sul braccio del ragazzino.
    Il cielo era terso, una piacevole brezza si era levata smuovendo la sabbia in superficie.
    Il vento non dovrebbe essere un problema, non nella prima parte della giornata... osservò il giovane nomade, nella sua lingua natia dalle sfumature musicali, rivolendosi alla lucertola alata. E non credo che avremo il tempo di confutare le mie previsioni. Conoscendo mio nonno, avrà urlato alle sentinelle di guardia e si sarà messo alla nostra ricerca. Nel migliore dei casi potremmo concederci due discese. Considerò, afferrando la tavola e incamminandosi lungo il crinale sabbioso.
    La vista dalla sommità era una visione da togliere il fiato per chi, come lui, amava le lande desertiche.
    Poggiò la tavola sul limitare del pianoro, pericolosamente in bilico. Salì sull'asse, incastrando i piedi nelle scanalature che aveva realizzato. L'idea l'aveva presa da una tavola realizzata per scivolare sulla neve. Il principio base ero lo stesso, variava l'attrito. La parte inferiore era stata lucidata con la cera in modo da migliorare la velocità di discesa.
    Pronto Koryukaze? Chiese al Coelurosauravus. Il rettile lo fissò con il suo muso allungato, la lingua schioccò fuori dalla bocca.
    Lo prendo per un si. Osservò il ragazzino, calandosi davanti agli occhi gli occhiali, la sciarpa a coprire naso e bocca.
    Si diede la spinta necessaria per precipitare nel vuoto. L'impressione iniziale fu molto simile, ma la sabbia accolse la tavola, lasciandola scivolare sulla sua superficie.
    Non era facile mantenere l'andamento senza rischiare di rotolare. Il vento sferzava nella loro direzione, accompagnando la discesa. La velocità era in aumento. Tamashii doveva compensare per non finire steso a pancia in giù alla fine del pendio, dopo aver ripulito il terreno per alcuni metri.
    Gli agganci lo tenevano fermo sulla tavola, ma non avrebbero accompagnato la caduta.
    Rallentò la velocità zigzagando lungo la duna, cercando di mantenere stabile l'assetto. Non si curò dei rischi a cui stava andando incontro, era troppo preso dal godersi l'attimo.
    TAMASHIII!!! l'urlo portato dal vento, il tono di voce che aveva imparato a riconoscere dalla nascita. Il ragazzino guardò verso il basso. Suo nonno l'aveva rintracciato prima del previsto.
    Si trattò di un istante, ma perse la concentrazione. L'asse cominciò ad ondeggiare pericolosamente, seguendo una traiettoria che il giovane nomade non riusciva più a controllare.
    Pensa Tamashii e in fretta! Mormorò a se stesso, mentre la fine del crinale si stava inesorabilmente avvicinando.
    Alla base il nonno si stava sbracciando, gridando nella sua direzione.
    Lo so anche io che devo rallentare. Se solo non avesse sbraitato al quel modo. Commentò il ragazzino, sforzandosi di equilibrare con il suo peso lo sfarfallio della tavola.
    E quando finalmente sembrò che la situazione fosse gestibile, l'asse si stava dirigendo contro il capo clan.
    Ma non è possibile! Nonno, allontanati! Gridò, arrischiandosi a gesticolare con una delle mani.
    Pessima idea. L'asse scelse di non obbedire al suo inventore, riacquistando velocità. Il ragazzino fece appena in tempo a sganciarsi dalle attaccature e saltare via, prima che la tavola cominciasse a ruotare su se stessa.
    Il giovane nomade si accucciò per attutire la caduta, ma una volta impattato contro la sabbia cominciò a rotolare verso il basso.
    La discesa terminò in una nuvola di sabbia, che al suo diradarsi, mostrò Tamashii disteso a faccia avanti con i vestiti rovinati.
    Davanti ai suoi occhi poteva soltanto vedere gli stivali del nonno, offuscati dalla sabbia che aveva coperto le lenti.
    L'anziano attese che il nipote riprendesse fiato.
    Riesci ad alzarti? Gli chiese con un tono di voce per nulla rassicurante.
    Il ragazzino si mise seduto. Riusciva a muovere gli arti senza provare dolore a parte qualche escoriazione di poco conto. I lividi sarebbero comparsi successivamente.
    Sei stato fortunato. Potevi romperti qualcosa. E che figura avesti fatto con il tuo clan d'adozione? Lo rimproverò tirandolo in piedi e costringendolo a guardarlo dritto negli occhi.
    Era conscio della , che la sua nascita comportava. Non l'aveva mica fatto apposta.
    Mi dispiace... non fece in tempo a finire, che l'uomo gli poggiò una mano sulla testa, accarezzandola.
    Sarai sempre libero come il vento, Tamashii. Nessuno incatenerà il tuo spirito. Il dono che ti viene fatto è di abbracciare fino in fondo la tua eredità. Quando sarai pronto sarà il vento stesso a chiamarti. Lo rassicurò. Torniamo all'oasi, ho una lettera da consegnarti. Aggiunse, incamminandosi verso l'accampamento.
    Una lettera? Per me? Fece eco. Si affrettò a recuperare le sue cose e seguì il nonno.


    Una settimana dopo
    20 aprile dell'anno 41
    Campo di addestramento 43,
    Paese del Fuoco
    Territori dell'Accademia



    Tamashii era confuso. Tutto si sarebbe aspettato tranne una lettera di convocazione da parte dell'Accademia. Perché gli era stato imposto di partecipare ad un corso di addestramento? Cosa doveva dimostrare? A chi doveva provare di essere degno di entrare a far parte del nuovo clan?
    Non comprendeva le motivazioni, ma aveva rispettato la decisione del nonno.
    Era stato un viaggio istruttivo, per chi conosceva solo il deserto.
    Il luogo dell'incontro era circondato da una rete metallica, la foresta faceva da cornice.
    Per il nomade era tutto nuovo. Non aveva mai visto dal vivo un'esplosione di natura così rigogliosa.
    Varcò la porta della stessa fattura della recinzione, sentendosi a disagio. Era come se volessero imbrigliare il vento, la sua natura libera. Il campo non era soffocante in quanto a dimensioni, però l'essere confinato, non era nella sua natura. Lungo il percorso non potè fare a meno di notare fantocci di legno, travi dello stesso materiale, bersagli e altri oggetti dall'utilizzo a lui ignoto.
    Non fu il primo ad arrivare. Erano presenti un giovane sulla ventina, forse qualche anno di più, dagli occhi scuri e i capelli corvini. Aveva un'aria risoluta. Stava sorseggiando una bevanda calda, a giudicare dalle volute di fumo, che salivano dal bordo della tazza per poi disperdersi nell'aria. Lo sovrastava in statura. Tamashii era minuto, superava di poco il metro e cinquanta. Si poteva dire fossero agli antipodi. Il giovane nomade aveva i capelli biondi, le iridi dorate, la carnagione abbronzata e le vesti inusuali, tipiche del suo clan natio.
    Il secondo ospite era un ragazzo dai capelli verdi, la carnagione chiara, un'aria malinconica, non sapeva dirlo con certezza, non riusciva ad inquadrarlo. Forse anche lui aveva ricevuto la convocazione. Non sempre la logica era una buona consigliera.
    I suoi dubbi vennero fugati dalla presentazione del loro... istruttore? Come si sarebbe dovuto appellare a lui? Il giovane dalla chioma corvina.
    Sicuramente era un tipo curioso.
    Li tempestò di domande. Fin troppe domande tutte in una volta.
    Tamashii attese il suo turno. Inspirò profondamente e rivolse ai presenti un inchino mentre sulle sue labbra affiorava un sorriso.
    L'educazione prima di tutto. La sua famiglia gli aveva insegnato ad essere cordiale.
    Mi chiamo Tamashii... esitò ...Chikuma... vengo dal deserto dell'Anauroch... Suna... si affrettò ad aggiungere. Piacere.
    Un movimento dietro la schiena ricordò al ragazzino di non aver terminato la presentazione. Lui è Koryukaze, un Coelurosauravus. Spiegò con naturalezza, incurante del fatto che non tutti sapessero di che specie si trattasse.
    Prese tempo, invece, per rispondere al resto delle domande.
    Quali sono i miei sogni?
    Portare onore al clan Chikuma. Non tradire gli ideali che mi sono stati impartiti dalla mia famiglia di origine. Essere uno spirito libero come il vento. Il vento non può essere imbrigliato. Cosa significa essere uno shinobi? Una scoperta continua di un mondo, che conoscevo solo attraverso i rotoli di pergamena, i racconti degli anziani. Ho vissuto finora nel deserto, per me al momento un ninja è solo un nome. Il reale significato lo apprenderò con l'esperienza. Spiegò, con una certa enfasi. Riguardo il mio futuro, vorrei apprendere le arti curative e avere la possibilità di andare in esplorazione. Il mio stile di combattimento? Mi piacciono le armi da mischia. La mia famiglia si tramanda l'uso della doppia lama. E considero il vento un mio leale compagno dalla duplice natura: offesa e difesa.
    Non aveva altro da dire, non al momento.

    Chakra: 10/10
    Vitalità: 8/8
    En. Vitale: 30/30
    Statistiche Primarie
    Forza: 100
    Velocità:  100
    Resistenza: 100
    Riflessi: 100
    Statistiche Secondarie
    Concentrazione: 100
    Agilità: 100
    Intuito: 100
    Precisione: 100
    Slot Difesa
    1: ///
    2: ///
    3: ///
    Slot Azione
    1: ///
    2: ///
    3: ///
    Slot Tecnica
    1: ///
    2: ///
    Equipaggiamento
    • Rivestimento Mimetico × 1
    • Tonico Coagulante Minimo × 1
    • Occhiali × 1
    • Tonico di Ripristino Minimo × 1
    • Shuriken × 6
    • Kunai × 2
    • Dadao × 1
    • Filo in Acciaio [10m] × 1
    • Specchietto in Metallo × 1
    • Respiratore × 1
    • Accendino × 1
    • Bottiglietta di Alcool × 1
    • Sonagli [x5] × 1

    Note
    ///


  11. .

    Incontri: amico o nemico?


    Intro



    Una giornata come tante altre. Nulla da eccepire al riguardo. Un po' di sana monotonia riuscivo ancora a sopportarla. In fondo i miei primi anni ad Oto erano stati così burrascosi, che potevo godermi la tranquillità del dolce far niente. In teoria...
    In pratica, la mia posizione all'interno dell'Ospedale era... come potrei definirla?... fluida.
    Il trascorrere del tempo aveva creato una frattura, che avrei dovuto risanare prima o poi. Non sarebbe stato facile, questo lo sapevo fin troppo bene. E i conti in sospeso...
    ...Quelli sarebbero stati ancora più complicati da saldare...
    All'iniziale entusiasmo di essere ritornata, ben presto si era aggiunto un senso di nostalgia, di tristezza. Emozioni che avevo imparato a mantenere sotto controllo... il più delle volte.
    Oggi era così, quel particolare momento in cui i ricordi affioravano e non me la sentivo di riviverli all'interno delle mura del villaggio.
    Avevo bisogno di spaziare, di immergermi in quella natura misteriosa, pericolosa, ma a me cara, che era rappresentata dal “Bosco dei Sussurri”.
    Lasciai il villaggio presto quella mattina. Avvisai alle mura della mia intenzione di allontanarmi alla volta della foresta per l'intero giorno. Keima non era di turno. Peccato. Ancora non mi ero scusata con lui. L'invito a pranzo era ancora valido, dovevo solo trovare l'occasione per avvisarlo.
    Camminai all'inizio senza una meta precisa. Forse perché non volevo dirigermi in quel luogo, non ancora.
    Ko era al mio fianco. Il mio giovane compagno di viaggio: mi era sempre stato accanto in tutti quegli anni.
    Raggiunsi una radura e mi sedetti su un masso, che si ergeva solitario. Il giovane drago mi si acciambellò in grembo.
    Sollevai lo sguardo, osservando le nuvole, che scoorevano in quell'infinità azzurro cielo.
    Attorno a me i rumori della natura, rassicuranti per certi versi. Forse alcuni suoni, portati dal vento, potevano risultare inquietanti ad un udito non abituato, ma sempre meglio del silenzio più assoluto. In quel caso bisognava prepararsi al peggio.
    Il cucciolo sembrava pensarla diversamente. Aveva un'espressione vigile.
    Dovresti goderti questi attimi. Non so per quanto tempo avremo la possibilità di fingere di essere due semplici viaggiatori. Cercai di rassicurarlo, accarezzandogli la testa.
    I raggi di sole rendevano lucenti le sue scaglie azzurro chiaro.
    Ragazza ninja, ma questo non è esattamente un bosco privo di pericoli. Mi fissò con le sue iridi smeraldine.
    Non potevo negare la sua affermazione, però...
    Nessun luogo lo è. Basta esserne consapevoli. Non credere, non ho abbassato la guardia, ma allo stesso tempo non intendo privarmi di questo spettacolo. Non avevo dimenticato l'amore per la natura, che mi aveva trasmesso mio padre, Ryukage Nara.
    Se lo dici tu... Quel commento mi strappò un sorriso.
    Vediamo... Si narra che se dai un calcio ad uno dei sassi, non semplici sassolini, potresti finire all'interno di uno dei laboratori segreti di Orochimaru. Riflettei, cercando di assumere un tono di voce serio, picchiettando le labbra con l'indice destro.
    Davvero? Lo vidi sporgersi ad osservare il masso su cui eravamo seduti.
    Mh... Vogliamo provare? Lo presi in braccio e mi alzai. Se avessi dato un calcio alla pietra non sarebbe finita molto bene, questo lo sapevo, ma potevo spostarla.
    Se ti sollevi in volo, verifichiamo se la diceria sia vera.
    Mi inginocchiai davanti al masso; per mia fortuna non avevo a che fare con un macigno. E lì si che avrei fatto una figura decisamente ridicola, non che quello, che mi stavo per apprestare a fare, non lo fosse.
    Spinsi la pietra facendola strusciare sul terreno erboso. Mi concentrai per non arrossire.
    Dannazione a me e alle mie idee malsane! Imprecai mentalmente.
    Non c'è nulla! Percepii una sfumatura di delusione nel tono della sua voce.
    E' solo una leggenda. Osservai. Omisi, che, in alcuni casi, quella stessa leggenda avesse un fondo di verità. Anni prima con Ledah mi ero imbattuta in un esperimento di Orochimaru, ma si era trattato di un caso fortuito.
    Andiamo Ko, vorrei mostrarti un posto. E' giunto il momento. Commentai con una certa enfasi.
    Camminammo all'interno della foresta, facendoci strada nel sottobosco. Di tanto in tanto prendevo bonariamente in giro Ko raccontandogli aneddoti sulle creature, che avremmo potuto incontrare.
    I rospi allucinogeni? mi fece eco Ko.
    Non rammento il nome scientifico, ma scherzosamente li avevo soprannominati “ipnorospi”, a causa del veleno che secernevano. In tutta sincerità, non ho la più pallida idea se esistano ancora o si siano estinti. Ammisi, mio malgrado.
    Percorremmo il sentiero che costeggiava un corso d'acqua fino ad un ponte. Mi fermai per un istante. Rividi la me stessa del passato appoggiata al parapetto. Un'ombra le era accanto. Non diedi un volto a quell'apparizione: sapevo a chi appartenesse.
    Attraversai a passo lento, lasciando scorrere la mano sinistra sulla mancorrente.
    Era un gioco crudele, mettermi alla prova in questo modo. Cosa volevo dimostrare? Di essere cambiata? Che i ricordi, quei ricordi non mi avrebbero più ferito?
    Dove porta questo sentiero? La domanda del mio compagno, mi riportò alla realtà.
    Conduce ad una cascata. E' un posto isolato. Però merita di essere visto.
    Mancava poco alla nostra destinazione, potevamo udire lo scrosciare dell'acqua.
    Ko, siamo quasi arriv... mi interruppi di scatto.
    Afferrai al volo il cucciolo, nascondendomi dietro il tronco di un albero.
    Che succede? Feci segno al drago di zittirsi.
    Non siamo soli... sussurrai, tenendolo tra le braccia.
    Che facciamo allora? Lo sentii replicare, mantenendo il tono di voce basso.
    Non presi, per il momento, in considerazione la possibilità di tornare indietro.
    Feci cautamente capolino da oltre il tronco. Per un breve istante i ricordi offuscarono la mia vista.
    Kailei... fu solo un sussurro, poi tutto tornò com'era prima.
    L'intruso si era appropriato della polla d'acqua e sembrava godersi la situazione.


    Che bel panorama. Ora capisco, perché volevi venire qui...
    Si, davvero un bel panorama. Mi lasciai sfuggire, notando il corpo muscoloso privo di vestiti.
    Shinny, io mi stavo riferendo al posto. Tu?
    Ovviamente anche io! Mi affrettai a replicare, arrossendo visibilmente.
    Tirai la testa all'indietro e feci lo stesso con Ko. Ma che razza di commenti faceva?
    Lo sconosciuto sembrava non essersi accorto della nostra presenza. Non ne potevo essere certa, solo fare supposizioni. La distanza, che intercorreva tra noi, in teoria doveva essere sufficiente a tenerci al sicuro, soprattutto se quella persona non avesse avuto modo di sospettare di essere spiato.
    Ok, spiato, forse era una parola grossa. Non era nei miei progetti dividere il posto con un nudista, però era il mio luogo. Si, d'accordo non era di mia proprietà ed era raggiungibile da chiunque, però... era il mio luogo preferito.
    Lo era stato... fui costretta ad ammettere con me stessa.
    Pensi sia un nemico? Ma perché il cucciolo doveva sempre interrompere a sproposito le mie fantasticherie?
    Sospirai.
    Non lo so, potrebbe essere un abitante di Oto. Ma non è che al momento abbia un segno distintivo sul suo... Era difficile non ripensare ai muscoli. Insomma, Ko, hai capito! Non è che tutti si tatuino addosso il simbolo di appartenenza al villaggio. La situazione si stava facendo paradossale, al limite del ridicolo. Per non parlare dei commenti sussurrati.
    Mi riaffacciai sempre con le dovute cautele. Sarebbe stato esilarante spiegare il mio comportamento, se si fosse accorto di me.
    Forse si era accorto e voleva vedere dove volessi arrivare. In questo caso non un nemico, oppure si?
    Mi concentrai per studiare l'intruso. Non avendo un nome, scelsi di rifermi a lui con quell'appellativo.
    Molto interessante... osservai a bassa voce.
    Questa volta a cosa ti stai riferendo, ragazza ninja? Ko, fece capolino da sotto la mia testa.
    Al suo chakra, alla sua persona, ma non nel senso che pensi tu. E ai suoi compagni di viaggio. Interessanti e letali creature.
    Eppure non erano stati loro ad attirare la mia attenzione, ma i riflessi scuri provenienti dalla parte inferiore del suo corpo. Dalla mia posizione non potevo essere sicura che non si fosse trattato di un effetto ottico. Socchiusi gli occhi. Che stava succedendo? Avrei dovuto analizzare l'effetto da vicino. Mi ritrassi. Poggiai la schiena contro il fusto legnoso. Era la prima volta che mi capitava di vedere una cosa simile. E sebbene fossi un medico, probabilmente non sarebbe stato molto educato piombare all'improvviso e chiedere la ragione di tale particolarità.
    La curiosità uccise il gatto. Vocina fastidiosa. Io non ero un gatto, per cui...
    Rifeci capolino, questa volta ero intenzionata a mostrarmi.
    Come non detto! Mi nascosi rapidamente. Non sarebbe stato salutare intromettermi in un allenamento con una mantide troppo cresciuta. Come Kaworu sama e le sue tigri. Perfetto! La mia mente stava correndo libera nel vento.
    Avrei atteso.
    Ko, sbircia di tanto in tanto e avvisami quando hanno finito.
    Per carità, sarebbe stata un'ottima idea prendere informazioni sul suo stile di combattimento, soprattutto se si trattava di un avversario. Non potevo dare per scontato che non lo fosse. Però mi sentivo un po' in imbarazzo ad osservarlo.
    Finito.
    Eh?
    Ha finito. Guarda tu stessa.
    Il combattimento non aveva lasciato indenne il corpo dell'intruso.
    A questo punto sarebbe stato il momento giusto per palesarmi.
    Potevo sempre offrirmi di curarlo, accelerando la rimarginazione delle ferite.
    Uscii dal mio nascondiglio, camminando in piena vista, con movimenti lenti, il viso rilassato, senza mostrare alcuna volontà offensiva. Il cucciolo aggrappato sulla mia schiena.
    Salve, sembra che abbiamo un luogo che interessa ad entrambi. Esordii, mantenendo un tono di voce pacato, senza distogliere lo sguardo dai presenti. Nessun inchino per il momento. Non posso fare a meno di notare... mantieni lo sguardo fisso, Shinny... che siete ferito. Se permettete, potrei curarvi. Sono un medico. Terribile, come presentazione.
    Dimenticavo, sono Shinodari Kazekumo, lui è Ko... e voi... intruso... signore? Aggiunsi, quasi un ripensamento.
    Le mie parole erano sincere. Prima di ogni cosa veniva il mio giuramento come medico.
    Ma avrei aiutato un amico o un nemico? Questa era la domanda, che non riuscivo a scacciare dalla mia mente.




  12. .

    La Via del Guaritore


    Intro




    Quando pensi che il passato non possa più tornare.
    Quando pensi che i ricordi non possano più ferirti.
    La storia non ammette tregua.
    Il flusso degli eventi è destinato a ripetersi.



    Non saprei dire se fu il fato a guidarmi o una semplice coincidenza. Mi ero ritrovata nelle vicinanze del cancello occidentale, immersa nei miei pensieri.
    Ko mi volava accanto in silenzio, sfruttando il leggero vento che si era alzato da qualche minuto.
    Qualcuno mi oltrepassò di corsa, sembrava avere una certa fretta. Lo seguii con lo sguardo, per poi ridirigerlo in direzione dell'ingresso.
    Feci cenno al cucciolo di seguirmi, mentre acceleravo l'andatura.
    Oltre il cancello, a poca distanza dalla base delle mura, un gruppo di guardie si trovava accanto al corpo di un giovane. Era disteso al suolo, la schiena in contatto con il terreno.
    Che è successo? Domandai loro, avvicinandomi al corpo esanime.
    Uno degli shinobi si voltò nella mia direzione, aveva un'espressione interrogativa sul volto.
    Chi siete? Non è uno spettacolo per voi. Stiamo aspettando la squadra medica, dovrebbe essere qui a momenti. Osservò in tono secco.
    Non me la presi, il tempo trascorso lontano dal villaggio aveva cancellato il mio ricordo. Non potevo pretendere che si ricordasse di me.
    Shinodari Kazekumo... Jaku? Non sembrava sortire alcun effetto Ninja medico di grado chunin, se mi lasciate passare posso controllare le sue condizioni. Aggiunsi, fronteggiando lo sguardo dell'altro.
    Avete un documento che attesti la vostra... Si interruppe. Uno degli altri colleghi gli stava dicendo qualcosa. Sebbene il timbro di voce fosse volutamente basso, non era un ostacolo per chi, come me, aveva un udito sviluppato.
    Shinodari... bla bla... ex... bla bla... ex... bla bla... Decisamente troppi ex, sospirai E' arrivata... bla bla... Il drago... bla bla...
    Ragazza ninja, non è che muore prima te lo lascino curare? Osservò Ko, fissando il giovane.
    In effetti non è che avesse tutti i torti.
    Se non è un problema, io mi occuperei di lui, mentre voi continuate a scambiarvi informazioni sul mio conto. esordii assumendo un'aria angelica, facendomi strada per raggiungere il mio paziente.
    Mi sedetti sui talloni per osservarlo meglio. Chiunque fosse stato il responsabile, non c'era andato leggero. Ad una prima occhiata, sembrava che la maggior parte delle ferite presenti avessero smesso di sanguinare.
    Mi concentrai nel fermare il sanguinamento di quei brutti tagli attorno ai polsi e alle caviglie, lasciando fluire il mio chakra curativo per rimarginare le parti lese.


    Successivamente mi focalizzai sul flusso di chakra e sull'entità dei danni inferti al corpo. Era privo di conoscenza, probabilmente un sonno indotto, da quanto potevo dedurre in base alle mie capacità di analisi. Abrasioni, ematomi, probabili ossa incrinate, ferite di varia profondità e quella scritta, che marchiava la parte corpo dal petto fino a poco sopra l'ombelico.
    Oto no Akuta... Mi sforzai di non pensarci, dovevo mantenere il sangue freddo.
    Fra quanto arriverà la squadra medica? Domandai, senza voltarmi nella loro direzione.
    Supponiamo a breve. Potevo attendere e lavorare in team con gli altri guaritori, probabilmente sarebbe stata la decisione più sensata. Non era in pericolo di vita, ma uno spostamento senza le dovute cautele poteva far precipitare il quadro clinico. D'altra parte quella frase incisa sulle sue carni, non doveva essere motivo di spettacolo. Andava rimosso da quella posizione. Quello che potevo fare per lui, ora, era di togliere il marchio prima che si risvegliasse, prima che quelle parole lo infamassero più del necessario. Purtroppo le notizie si sarebbero sparse fin troppo rapidamente. E io non potevo sapere se lui fosse consapevole di quella scritta. Ai drammi psicologici ci avrei pensato in un secondo momento.
    Non intendo aspettare la squadra medica in questo posto di passaggio. Esordii con un tono di voce, che non ammetteva repliche. Mi servono dei volontari, che mi aiutino a trasportare il ferito in un luogo più riparato. Aggiunsi, mentre riversavo il chakra curativo nelle zone più critiche, assicurando di non causare danni durante lo trasporto.
    Le guardie non sembravano entusiaste all'idea. Non potevo dar loro torto.
    Me ne assumo tutta la responsabilità. Mi alzai in piedi e mi girai, fronteggiandoli. Non intendo lasciarlo qui un istante di più.
    Ma non... Ancora una volta nuovi bisbigli attirarono la mia attenzione.
    Lei è l'allieva di “quella” persona. Quale persona? Che stai dicendo? Come quale...Bla Bla...Non ti dice niente? Non può essere... Un improvviso pallore comparve sul volto dello shinobi reticente, lo vidi indietreggiare, un riflesso condizionato più che vero timore, ma ebbe il sangue freddo di recuperare lucidità nel giro di pochi istanti.
    La mia sensei era solo un nome, una storia che si stava perdendo nel tempo. Un giorno sarebbe stata dimenticata, ma, per chi aveva vissuto il periodo di transizione, non era così facile dimenticare la sua eredità.

    Mi feci aiutare a trasportarlo nella loro guardiola, stando attenta che nessuno facesse movimenti bruschi, mettendo a rischio le cure effettuate per stabilizzarlo. Per il momento l'ospedale non era un'opzione.
    Lo feci adagiare sulla branda e con la massima cautela gli sfilammo le scarpe, che poggiamo sul pavimento ai suoi piedi; successivamente la parte superiore dei vestiti irrimediabilmente compromessi, lasciandolo a torso nudo. L'equipaggiamento lo adagiammo in un angolo. Osservai con un certo disappunto il resto dell'abbigliamento indossato, che violava ogni possibile norma igienica. Le scelte possibili erano solo due, ma rimandai la questione all'arrivo della squadra medica, sperando che avessero un camice sterile da far indossare al giovane.
    Sgombrai il tavolo, poggiandoci sopra la mia attrezzatura. Aprii il contenitore e presi un flacone di disinfettante per sterilizzarmi le mani. Per sicurezza. Poi rovistai alla ricerca del materiale che mi sarebbe servito.
    Glissai sul rispondere al motivo del perché andassi in giro con un kit di pronto soccorso nello zaino. Non avevo esattamente l'aspetto di un medico.
    In altre circostanze si sarebbe trattato di pura casualità. Quel giorno avevo scelto scientemente di portarlo, essendo intenzionata a fare un giro nelle zone più problematiche.

    Le guardie, che mi avevano assistito, tornarono al loro posto, con l'avviso di farmi raggiungere dalla team medico.
    Ko si era acciambellato sopra una delle sedie, il muso reclinato, gli occhi socchiusi.
    Nell'attesa di procedere alla rimozione delle cicatrici, mi riconcentrai sulla cura. Agii sulle zone più critiche, cercando di risanare dove potevo arrivare con le mie sole forze, per evitare che collassasse durante l'operazione. Era stato fortunato, si era spinto al limite e aveva rischiato di non tornare più indietro.
    Non potevo fare l'impossibile, una volta risvegliato, avrebbe dovuto restare a riposo per un po'. Una breve degenza in ospedale poteva essere una soluzione, per rimettersi rapidamente in sesto, sebbene non fossi sicura sul consigliare una tale ipotesi. Ancora dovevo comprendere appieno le dinamiche interne ed esterne della struttura.

    L'incontro con il team medico mi chiarì alcuni dubbi. Il giovane si chiamava Tasaki Moyo, un chunin, otese di adozione, che aveva sfidato a duello il Mizukage.
    Déjà vu... ma questa volta potevo intervenire, questa volta non sarebbe morto nessuno.
    Avevano prestato le prime cure allo shinobi, ma era stato imposto loro di non risvegliarlo. Ed erano stati testimoni impotenti dello sfregio sul corpo esanime dello sconfitto.
    Almeno gli era stata risparmiata quella umiliazione.
    Prima o poi avrebbe saputo: non oggi. Al suo risveglio non avrebbe avrebbe trovato alcuna cicatrice.
    D'accordo non era il luogo ideale, ma il gruppo di supporto aveva l'equipaggiamento necessario per renderlo il più sterile possibile. Dovendo agire in ambienti esterni all'ospedale, dovevano essere abituati a scenari ben peggiori.
    Dopo aver controllato i parametri vitali ed esserci sincerati che il paziente non fosse cosciente, iniziammo l'operazione.
    Procedetti con l'incisione della prima cicatrice. I tessuti sottostanti erano lesi, il taglio era sceso in profondità. Mentre i miei colleghi tenevano sotto controllo la lacerazione utilizzando le arti mediche, iniziai a ricucire gli strati di tessuto con il filo di chakra, partendo da quelli più in profondità risalendo fino alla superficie. Se funzionava per un arto amputato, sarebbe servito allo scopo anche in questo caso. Ogni volta stavo attenta a far combaciare le estremità, che venivano rimarginate con il chakra curativo. Un lavoro lento, scrupoloso, senza margini di errore.
    Esegui la procedura per le restanti scritte.
    Non mi resi conto del tempo che passava.
    L'operazione terminò senza complicazioni. Lavorare in team aveva i suoi vantaggi.
    Mi sentivo esausta e non faticavo a credere che lo fossero anche i miei colleghi.
    Un ultimo sforzo per sistemare tutto e poi ci saremmo potuti concedere qualche attimo di riposo.
    Riempii un bollitore e misi a scaldare l'acqua su un fornelletto, che si trovava su un ripiano del locale. Recuperai dei bicchieri, non mi aspettavo di trovare un servizio di tazze in fine porcellana. Servii il tè a tutto il gruppo: avevamo bisogno di bere qualcosa di caldo.
    Ancora una volta glissai sul perché mi portassi dietro una scatolina con la mia fragranza preferita.
    In realtà la risposta sarebbe stata fin troppo banale: adoravo quell'aroma.
    Sorseggiando la bevanda, compilai la mia parte di rapporto, che consegnai loro.

    Li salutai con un inchino formale. Sarei rimasta io a vegliare sul giovane.
    Una volta che avesse ripreso conoscenza, avrei valutato il trasferimento in ospedale.
    Avvicinai la sedia accanto alla branda. Ko dormiva placidamente.
    Tasaki aveva indosso il camice ospedaliero ed un lenzuolo lo copriva fino al petto.
    Il respiro era regolare, i parametri vitali nella norma. Il riposa l'avrebbe aiutato a riprendersi.
    Il riposo... una parola così allettante.
    Chiusi gli occhi.
    Solo per un istante... o così credetti...






    Off Topic
    Essendo una free, sono andata molto a sentimento.
    Ho sfruttato l'aiuto del team medico, che era stato chiamato per supervisionare lo scontro tra Tasaki e il Mizukage. Ho supposto che fossero preoccupati per le condizioni di salute di Tasaki. Ho semplicemente ritardato il loro arrivo al Gate e ho considerato che il Mizukage non fosse più presente alle mura.
    Tasaki non ha recuperato tutto, ma quello consentito dalle abilità mediche. La scritta è stata rimossa con un'operazione. Non era esattamente il luogo adatto, ma Shinodari ha operato in condizioni peggiori.
    Non penso sia un problema, in quanto la free non pregiudica il suo completo recupero per altre giocate.





  13. .

    Semplicemente... Ciao


    Intro






    Cosa si prova a ritornare nel luogo, che più di ogni altro, avevo imparato a chiamare “casa”?


    Un flusso di emozioni sommerse il mio animo. Nostalgia, commozione, allegria, senso di pace. Quest'ultimo sentimento, probabilmente, non era in tema con il villaggio, ma non mi importava.
    Se non mi fossi trovata a camminare in una delle vie più trafficate, avrei cominciato a saltellare da un piede all'altro, lasciando che l'euforia si impadronisse dei miei gesti. Sarebbe stato un quadro alquanto pittoresco, avrei attirato l'attenzione più del dovuto, ma...
    Eh, no... Troppi ma! Considerai, fermandomi di scatto.
    Ragazza ninja? Il mio compagno di avventura sollevò il muso nella mia direzione, fissandomi con aria interrogativa. Da quando avevamo lasciato il gate era rimasto accoccolato tra le mie braccia.
    Si era calmato, entrambi ci eravamo riappacificati con il mondo.
    Sai, Keima aveva ragione. Replicai, ripensando allo shinobi. Bisogna vedere la vita sotto un'altra prospettiva. Non importa se sono un tricorno maschio o l'ambasciatrice del pianeta Oscuria.
    Notai lo sguardo del cucciolo, che mi osservava con aria sempre più confusa. Quello che ha veramente valore è che sono ritornata. Non avrei mai dovuto andarmene, ma si fanno tanti sbagli quando si pensa di non avere più nulla per cui lottare. Mormorai a bassa voce.
    Dicevamo Ko? Gli scoccai un'occhiata penetrante. No, non avrebbe gradito. Vola Ko! Esclamai, lanciando il mio minuto amico in aria.
    Solievai le mie braccia verso il cielo, saltellando sul posto. SONO A CASA!!! gridai con quanto fiato avevo in corpo.
    Ragazza ninja, ma cosa... Lo vidi agitare freneticamente le ali per evitare di precipitare al suolo.
    Sono_a_casa

    L'istante successivo mi ricomposi, tentando di darmi un contegno. Dubitavo che sarebbe stato possibile, non dopo la mia esibizione.
    Con molta flemma mi incamminai lungo la strada, cercando di ignorare gli sguardi incuriositi delle persone che incrociavo lungo la strada.
    Per il mio imbarazzante spettacolo avevo scelto proprio una delle vie più trafficate a quell'ora del giorno.
    Non mi sarei stupita se avessi attirato l'attenzione più del dovuto. Non che fosse stata mia intenzione girare tenendo un basso profilo. Non all'interno delle mura. Non sapevo se la voce del mio ritorno si sarebbe sparsa, non sapevo neanche se questo avrebbe avuto una qualche rilevanza. Troppi anni mi separavano da quella che ero stata un tempo, dalle persone che conoscevo, dai miei amici.
    Svoltai in un vicolo per raggiungere una strada secondaria. Ko mi volava accanto, stranamente silenzioso.
    Mi fermai, approfittando di un momento in cui il passaggio delle persone si era diradato.
    Ti starai chiedendo il motivo del mio improvviso sbalzo di umore. Esordì, poggiando la schiena contro il muro e rivolgendo lo sguardo verso il cielo.
    Io lo definirei più un attacco di follia acuta, ragazza ninja. Non mi sfuggì la sfumatura risentita nel tono della sua voce.
    Suppongo tu abbia ragione, se vediamo la cosa dal tuo punto di vista. Considerai, percependo il refolo d'aria proveniente dallo sbattere delle sue ali.
    Perché esiste un altro punto di vista?

    Distolsi lo sguardo da quell'azzurro privo di nuvole, seguendo il suo volo. Lo vidi planare, posarsi sopra un basso muretto a poca distanza da me.
    Valutare la vita da una prospettiva differente, può infondere coraggio, il coraggio di ritornare sui propri passi. Riflettei con una punta di malinconia.
    Avevo perso il conto delle volte che ero fuggita da una realtà che non riuscivo a gestire. Avevo amato, avevo sofferto, avevo rinchiuso le mie emozioni, il cuore si era spezzato in così tanti frammenti, che avevo creduto di non riuscire più a ricomporlo.
    Avevo lottato, avevo seguito il mio credo a dispetto di tutto, avevo cercato di dare un futuro diverso ad un luogo che stava rinascendo dalle proprie ceneri, ma non era quella la strada... Oto non poteva dimenticare la sua identità, non poteva cancellare il sangue da cui era nata la nuova generazione di shinobi. Il villaggio era ombra, eppure io credevo nella sua luce, anche se si fosse trattato di un flebile bagliore.
    E questo contrasto, che non ero più riuscita a gestire, non dopo aver perso troppe persone a me care, mi aveva portato ad abbandonare la lotta, gli ideali, a fuggire da coloro a cui volevo dare una speranza.
    Il coprifronte, che avevo indossato per tanti anni, macchiato del sangue di chi desiderava un futuro, era l'emblema che, alla fine, si era trasformato in polvere.
    Un simbolo non dovrebbe etichettare la nostra personalità... Questo era quello in cui avevo sempre creduto, eppure riflettendo, negli ultimi tempi, mi ero resa conto che un simbolo aveva la forza di unire animi diversi, di donare uno scopo, che andava oltre la propria vita. Un diverso punto di vista... una differente realtà...
    Era il motivo per cui ero ritornata, uno dei motivi. Avevo lasciato troppe cose in sospeso, non avevo voluto vedere attraverso lo sguardo degli altri, ostinandomi a pensare che la mia visione pacifica fosse la più adatta.
    Adatta per chi? Non per uno shinobi, non per gli abitanti di un villaggio dal passato intriso nel sangue e nell'odio.
    La situazione era cambiata durante la mia assenza, non sapevo se in positivo, potevo solo sperarlo.
    Quello che desideravo veramente era proteggere Oto, la sua gente, non desideravo per loro un futuro in catene, una vita da misere cavie di qualche sperimentatore folle. Però...
    Si, c'era un però...
    Adesso ero disposta al compromesso. Potevo essere sia luce sia ombra. Potevo andare incontro ad una differente visione, non avrebbe snaturato il mio essere medico, il mio voler preservare la vita, la mia promessa. Ko ne era la prova. I suoi genitori non me l'avrebbero affidato, se non avessi giurato sul mio essere un guaritore prima che un ninja.
    Rivolsi un sorriso al cucciolo acciambellato, che si stava crogiolando al sole.
    Quando hai finito di perderti nei tuoi pensieri, mi daresti una delle pietre luccicanti che ti porti dietro? Ho fame! La sua era una protesta, accentuata dal brontolio del suo stomaco.
    D'accordo, ma rammenta che stanno per finire. Dopo dovrai accontentarti di piatti meno preziosi. Frugai nella tasca, astraendo una minuscola manciata di pietre semi preziose. Il dono di ringraziamento per aver aiutato degli amici in difficoltà. Gli porsi la mano con i frammenti di gemme.
    La rapidità con cui ingurgitava il cibo, mi lasciava sempre divertita.
    Mi fissò con un'aria speranzosa.
    Scossi la testa.
    No, non ne puoi avere altre. Era un tono di voce che non ammetteva repliche, ma era complicato con un cucciolo che ti teneva il broncio. Ko, sul serio, non posso procurarmi quel tipo di materiale facilmente come fanno i tuoi simili. Non accennava a darmela vinta. Sii ragionevole. Non ho idea se abbiamo ancora una casa o ci toccherà dormire all'addiaccio. Non era facile fare da tutrice ad un cucciolo di drago. Per favore, mi sono bastate le crisi adolescenziali di Ryutsuki, non mettertici anche tu. Per fortuna qualcuno era maturato negli anni, ma non potevo paragonare la sua crescita a quella di Ko. I draghi restavano cuccioli per molto tempo.
    Mai io ho fame... Sei crudele, ragazza ninja.
    No, non era corretto quello che stava facendo. Non poteva farmi sentire in colpa, non ora. Avevo ancora qualcosa da fare, prima di dargliela vinta.
    E quella cosa la stavo procrastinando da quando avevo messo piede all'interno del villaggio.
    Sospirai.
    Non potevo fuggire per sempre da lui.
    Ko, senti, facciamo così. Risolvo una certa questione in bre... nel tempo che servirà e poi andiamo a mangiare in uno dei locali. E visto che ci siamo, invitiamo anche Keima.
    L'espressione stralunata, che si dipinse sul suo muso, mi strappò una risata.
    No, non sono impazzita. Mi affrettai a spiegare. Devi sapere che mi sento in colpa. L'ho trattato molto male al gate. Eppure la prima volta che ci siamo incontrati, avevo fatto di tutto per proteggerlo dai metodi di insegnamento... feb... otesi. Mi corressi al volo.
    Febotesi? Che significa? Non ho mai sentito questo termine.
    Non aveva tutti i torti.
    E adesso che mi invento? Febotesi è un modo di dire che si usa qui ad Oto... Mi scontrai con la sua aria dubbiosa. Il febotese è un tutore per quelle persone che hanno bisogno... di una... guida... per essere inseriti nella società. Questa l'avevo sparata grossa. Febh aveva un concetto tutto suo di “vita sociale”.
    Guarda che a me non sembra sia servito con Keima. Considerò il mio piccolo amico.
    In effetti.
    Non sempre è un metodo funzionale. A volte basta lasciare che la persona segua la propria strada.
    Ko era ancora più scettico.
    Ti sei resa conto che ha versato il sale dietro di noi, dopo averti salutato?
    Ah si? assunsi un'espressione innocente. Non me ne ero accorta. Non ho gli occhi dietro le spalle. E anche se fosse? Alla fine ha mostrato una certa... empatia... Ok, molto distorta, ma non era il caso di puntualizzare. E poi tu come avresti fatto a vederlo?
    Sono un drago. Che voleva dire tutto e niente. Sospettavo che avesse sbirciato, mentre lo tenevo in braccio.
    D'accordo, ne riparleremo più tardi. Ora che ne diresti di andare prima che chiudano l'amministrazione? Esordì, cominciando ad incamminarmi lungo la via.
    Eh? Non starai dando la colpa a me del tuo ritardo, vero?
    Finsi di ignorarlo.
    Ragazza ninja! SHINNY!
    Sentii lo sbattere delle ali e la successiva pressione sulla mia spalla destra, che conoscevo fin troppo bene.
    Hai ragione, ma ho paura... Ko... Ho paura di incontrarlo. Mormorai, fissando la traversa, che avrei dovuto imboccare.
    E perché mai? Non siete amici?
    Un tempo, ora non lo so. Gli ho affidato la gestione del villaggio perché mi fidavo di lui... Mi fido di lui... Perché gli avrei affidato la mia vita... Perché era al mio fianco... Ma ora, dopo tutti questi anni senza dare mie notizie... con che coraggio mi presento davanti a lui? Ammisi.
    L'amicizia si distrugge così facilmente tra voi umani? Non è in grado di superare gli ostacoli?
    Aveva ragione, però...
    Non c'era anche lui quando ti hanno salvata?
    Si, c'era... Il gruppo di Shaina mi aveva trovata per primo, ma lui era venuto a cercarmi.
    Di cosa hai paura Shinny?
    Di cosa ho paura?
    Di perdere qualcuno che avevo dato per scontato. Solo perché lui c'era sempre per me, sin dal nostro primo incontro, perché sapeva strapparmi un sorriso anche quando ero triste, perché non mi aveva abbandonato... Io cosa avevo fatto per meritarmi tutto ciò?
    Avevo tradito la sua fiducia.

    Per quanto cercassi di seguire un percorso tortuoso, per quanto fingessi di non ricordare la sua ubicazione, alla fine mi ritrovai davanti all'edificio. Non era esattamente lo stesso stabile che ricordavo, ma restava pur sempre la sede amministrativa.
    Forse si tratta solo lavori di ammodernamento. Non saltiamo subito a pericolose conclusioni. Se il Kokage l'ha riconfermato, non può essere stato così disastroso. Sapevo di mentire a me stessa.
    Mi avvicinai cautamente, trattenendomi dall'usare qualcuna delle mie abilità.
    Dovevo essere positiva.
    L'edificio sembrava reale, non una qualche facciata di cartone o un'illusione ben realizzata.
    Eh no, non ci provare! zittii la vocina che mi ricordava di agire da ninja.
    Io mi fidavo di Febh. E se volevo recuperare la sua fiducia, dovevo essere io a fare il primo passo.
    A proposito di primi passi. Per qualche motivo faticavo a varcare la soglia. Era come se infinite e pesanti catene mi avessero bloccata suol posto.
    Inspirai profondamente, lasciando andare l'aria tutta d'un fiato.
    Entrai e mi guardai attorno. La planimetria era cambiata, in caso contrario avevo un serio problema di memoria.
    Cercai la prima persona a cui poter chiedere dove potessi trovare l'amministratore Febh.
    Rilassati Shinodari, che cosa potrà mai accadere?




    Edited by Shinodari - 21/9/2021, 10:31
  14. .

    Ritorno dal Passato


    Dolorosi ricordi




    Shinodari provò a seguire il discorso dello shinobi riguardante le onde astrali e le vibrazioni irraggiungibili. Si sforzò di fare una connessione logica, ma quello che ottenne fu un mosaico di idee, che lo stesso Keima probabilmente avrebbe apprezzato. Probabilmente...
    La giovane si immaginò lo shinobi cavalcare un'onda sinusoidale che si dirigeva verso il vuoto cosmico, mentre di sottofondo era apparso uno spettro sonoro sopra la definizione di onda astrale.



    Dopo la presentazione di Ko, la kunoichi vide per un istante un barlume di lucidità farsi strada nello sguardo dell'altro.

    Eh, già! E' un drago! D_r_a_g_o. Osservò, scandendo l'ultima parola, ma non era certa, che quella frase avesse raggiunto la psiche di Keima, immerso nei suoi pensieri.



    Ragionamenti che lo shinobi accantonò successivamente, riprendendo i suoi discorsi sulle specie aliene.
    Discorsi che riaprirono una ferita profonda nel cuore di Shinodari.
    Le sue iridi si tinsero di nero, mentre il volto si incupiva.



    Grimdad... Erano trascorsi anni da quel giorno. Si era illusa di aver dimenticato, ma non era così.
    Non poteva scordare quella missione, il rapimento che ne era seguito e quei mesi dove il tempo aveva perso di valore. Né la colpa di essere sopravvissuta, lasciando indietro una neonata dagli occhi ametista. Un'innocente barattata per la sua salvezza.

    Gutrun...

    Non l'aveva mai cercata, per mesi era rimasta in uno stato di shock. Le ferite si erano sanate, ma per la mente era servito più tempo.
    Suna, l'affetto di Shaina, che aveva vegliato su di lei come una sorella.
    Era lì le notti che la kunoichi si svegliava in preda agli incubi, madida di sudore. Era al suo fianco durante la riabilitazione, severa a contrastare la sua apatia, decisa a non permettere a Shinodari di morire per le cicatrici dell'anima.
    E quando scelse di fuggire dal suo passato, accettò la sua decisione, salutandola per l'ultima volta.
    Da quel giorno non si erano più riviste.

    Perché ora? Questo è un colpo basso, Keima... parole che rimasero imprigionate nella sua mente.

    Non era colpa dello shinobi...

    ...non poteva saperlo ed io non posso concedermi il lusso di essere debole...



    Le iridi tornarono del solito colore ametista.
    Si concentrò sulle informazioni che aveva richiesto.
    Febh era ancora amministratore, ne era contenta, e qualcuno era diventato Kage.
    Dopo l'ultima conversazione avuta con il Colosso dei Mikawa, non si erano più sentiti.
    Gli aveva fatto una promessa ed era ritornata. Le implicazioni non poteva prevederle, ma sapeva che in qualche modo doveva parlargli. Il come, poteva risultare un problema.

    Keima sembrò ritornare sui suoi passi dopo la sfuriata di Shinodari. La kunoichi non gli aveva perdonato di averla scambiata per un uomo.
    Naturalmente aveva parlato la vanità della giovane: l'essere ninja non implicava l'aver abbandonato la sua femminilità.
    Si sentì leggermente in colpa nel vederlo così imbarazzato. Si sarebbe fatta perdonare in un altro momento.
    O forse no?
    Aveva accennato ad uno scarto di pelle. Si rese conto che metà del precedente discorso, sul suo rapimento, era finito disperso nei suoi pensieri passati.
    Stava per chiedere delucidazioni, quando si aprì uno spiraglio, una luce di speranza.
    Speranza non condivisa dal drago, che si era sollevato in volo e fissava lo shinobi con aria contrariata.

    Certo che voglio entrare. Esordì tappando il muso al cucciolo, prima che potesse protestare rumorosamente sull'essere stato definito un rettile da compagnia. Sono qui per questo motivo. Ti ringrazio Keima. A presto?!... Keima. Lo salutò, tenendo stretto Ko tra le sue braccia, ignorando il suo malcontento.
    Cominciò ad incamminarsi verso l'ingresso con passo spedito, pregando che lo shinobi non ci ripensasse.
    Aveva notato anche lei un certo movimento sugli spalti.

  15. .

    Ritorno dal Passato


    Keima



    La sconosciuta e il cucciolo di drago rimasero in attesa, fino a quando qualcosa si mosse sugli spalti delle mura di ingresso del cancello occidentale.
    In tutta onestà sarebbe stato più corretto dire “qualcuno”, ma, tralasciando questo dettaglio di poco conto, nessuno dei due viaggiatori, in particolare l'umana, si sarebbe aspettato un simile disastroincontro.

    Keima? Che accidente ci fa lassù? E gli altri guardiani? Osservò pensierosa, incerta se considerare la cosa un bene o un male.

    In passato aveva avuto un assaggio circa i modi stravaganti dello shinobi di relazionarsi con il prossimo. Ne era uscita viva, questo non poteva negarlo, il resto era un ricordo che preferiva non mettere a fuoco.
    La voce dello shinobi la riportò alla realtà.

    Ferma? E chi si muove? Considerò mentalmente, osservando con curiosità lo strano aggeggio dal funzionamento misterioso. Pensa ad un mantra... alla pace dello spirito...

    Ignorò per il momento il resto del discorso, che la vedeva sotto l'influsso di una esotica specie aliena o contaminata da radiazioni di beltequalcosa. Ragionarci sopra non sarebbe stato salutare per la sua mente.

    Chi è quello strano umano? Lo conosci, ragazza ninja? Sussurrò il cucciolo all'orecchio della giovane.

    L'unica risposta che ottenne, fu un profondo sospiro da parte della compagna umana.
    Come avrebbe potuto spiegare a Ko chi fosse Keima?
    Keima non era descrivibile a parole, bisognava viverlo. Se si sopravviveva all'esperienza mistica, allora, forse, si poteva entrare in sintonia con il caso umanolo shinobi in questione.
    In sostanza bisognava dire addio alla propria sanità mentale per comprendere il filo logico del suo ragionamento svalvolato.

    Keima, che piacere si fa per dire rive...der...ti... il saluto le morì sulle labbra.

    Lo shinobi era sceso dagli spalti per avvicinarsi ai due forestieri, sproloquiando cose senza senso.

    Chi sarebbe il maschio tricorno semiumano? Spalancò gli occhi con aria stupita. Si stava riferendo al cucciolo?

    Ko aveva solo due corna, era un drago, per cui...
    La giovane socchiuse gli occhi, fissandolo con espressione grave. Percepiva distintamente un accenno di mal di testa. Cercò di non pensarci.
    Si staccò il lembo di tessuto che le copriva la parte inferiore del volto.
    Se avesse esordito con un “Sono Shinodari Jaku Nara Kazekumo, ex amministratrice ed ex primario di Oto”, sicuramente l'avrebbe perso molto prima di citare i vari “ex”.
    Doveva puntare su una presentazione concisa, per dare meno possibilità all'altro interlocutore di denunciarla per tentata sostituzione di cariche pubbliche allo scopo di rubare dati sensibili per i suoi alleati alieni.
    E se la mente stava facendo quel tipo di congetture, doveva essere messa male pure lei.
    Non restava che presentarsi e sperare in...

    Ko, fiero appartenente della nobile razza dei draghi di ghiaccio. Lei è la ragazza ninja. Voi umani la chiamate Shinodari. Esordì serio il cucciolo, sporgendosi in avanti per farsi notare dallo shinobi. Movimento che sbilanciò pericolosamente la compagna, assorta nei suoi pensieri.
    La giovane recuperò tempestivamente l'equilibrio.

    Ko, ma ti pare il modo? Lo rimproverò, prendendolo in braccio. Il danno, purtroppo, era stato fatto. Dicevamo? Ah, si. Shinodari Kazekumo, kunoichi del villaggio di Oto. Indicando con lo sguardo l'entrata. Sicuro che non ti ricordi di me? Non basarti sulla traccia di chak... astrale. E' normale che non la riconosca. Manco dal villaggio da... un po'... qualche... diversi anni... ammise, restando sul vago sulla cifra esatta. Piuttosto dove posso trovare Febh? E' ancora l'amministratore di Oto? chiese, cambiando repentinamente discorso. Non ha venduto il villaggio durante la mia assenza, vero? aggiunse con aria serafica.

    Non era una mancanza di fiducia la sua, Shinodari si era sempre fidata di lui, altrimenti non gli avrebbe lasciatoaffidato la totale gestione del villaggio. Era piuttosto una sorta di campanellino d'allarme, che si stava facendo faticosamente strada per raggiungere il suo io cosciente.
    Sollevò la testa verso le guardie sugli spalti. Non ci voleva un genio per capire cosa stessero pensando.
    Poi, come un ripensamento, si ricordò il motivo del suo iniziale disappunto, finito in secondo piano a causa del siparietto comico di Ko.
    Lo posò delicatamente a terra.
    Volare in quel frangente, poteva non essere una mossa saggia.

    Vediamo se ora ti è più chiaro, Keima.

    Si tolse il copricapo liberando una cascata di lunghi capelli blu, che le scivolarono sulla schiena.
    Staccò la spilla con l'effige del clan Kazekumo per liberare i lembi del mantello, mostrando gli abiti sottostanti.
    Inspirò profondamente. Scacciò tutti gli improperi che avrebbero provocato un incidente alle mura. Focalizzò il pensiero sulla frase più diplomatica che riuscì a formulare.

    Keima! Passi che tu mi abbia scambiato per un essere alieno nato da una qualche entità vegetale, animale o l'unione di entrambe. Ma... MA DICO? CHI SAREBBE L'UOMO? NON HAI MAI VISTO UNA DONNA UMANA IN VITA TUA? Osservò, fissandolo dritto negli occhi.

    E addio all'approccio diplomatico.




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