Votes taken by Shinodari

  1. .

    Yuki no Suiren


    Once upon a time...

    I




    Narrato Pensato Parlato di Miyori Uchiha


    Erano giorni che Miyori era immersa nella lettura di un libro di medie dimensioni dall'aria consunta, da cui staccava gli occhi solo per i kata con “Ninfea di Giada” e per mangiare quando l'insistente voce di Susumu la richiamava alla realtà.
    La copertina rigida era stata foderata in un tessuto serico su cui era stato dipinto la copia di un quadro. I fogli ingialliti di carta di riso erano stati vergati a mano in una grafia elegante. Illustrazioni accompagnavano le storie raccontate nel libro.

    Quel giorno si trovava seduta su uno dei rami centrali del ciliegio, che faceva bella mostra di sé sul retro della dimora assegnatale dallo zio paterno. La schiena poggiata contro il tronco, le ginocchia piegate per fare da leggio al volume. Mancavano poche pagine alla fine della lettura.
    Miyori era rimasta stupita quando l'aveva trovato nella biblioteca della villa principale dove risiedeva il resto della famiglia. L'aveva notato casualmente mentre stava cercando un libro sulla storia degli Uchiha. Era ncastrato tra un voluminoso tomo e l'angolo dello scaffale della libreria che stava visionando. Sembrava abbandonato. Nessuno si era mai dato pena di restaurarlo. Una volta che l'aveva preso tra le mani, la sua espressione si era trasformata da semplice curiosità, a puro stupore.
    Era una raccolta di storie su esseri misteriosi che l'autore reputava immaginari, ma che secondo alcune testimonianze orali dimoravano nel deserto dell'Anauroch.
    Miyori li conosceva come Yōkai.
    L'essere su cui si era concentrata era particolare. Aveva delle peculiarità che potevano inquadrarlo più come un Hengeyookai. Ciò che aveva focalizzato l'attenzione della ragazzina proprio su di lui era la sua origine, sembrava provenire dalla zona più antica della foresta di Suiren, dove si narrava dimorassero alcuni Yōkai.

    L'Uchiha chiuse il volume e si alzò in piedi sullo spesso ramo. Diresse lo sguardo verso il basso. Non era un altezza esagerata, all'incirca un paio di metri dal suolo. Tenendo il libro con la sinistra, si diede lo slancio per saltare, atterrando con grazia ai piedi del ciliegio.



    Poggiato il volume sulla passerella che collegava le varie stanze della dimora, si sistemò l'obi, dando anche una rassettata a tutto il vestito.
    Si tolse le scarpe prima di salire sul camminamento di assi di legno pregiato per dirigersi con passo svelto alla ricerca di Susumu.
    L'idea che si era materializzata nella sua mente sicuramente non l'avrebbero approvata Hajime e Toshi, reputandola non adatta alla situazione. Per tale motivo, sapendo che probabilmente si stavano entrambi allenando nel dojo, era corsa dall'unica persona che l'avrebbe spalleggiata.
    Il ragazzo in questione, più grande di lei di un paio d'anni, si trovava nella sua stanza.
    Susumu san, posso entrare? Chiese educatamente la ragazzina davanti la porta chiusa.
    Miyo chan? Si... aspetta un attimo per favore. Replicò il giovane con un tono di voce sorpreso. Dall'interno si sentirono rumori di una camminata affrettata, tonfi, cose che cadevano?!... Poi improvvisamente lo shoji si aprì e fece capolino Susumu. Aveva un'espressione trafelata come se avesse corso.
    Miyori gli scoccò un'occhiata perplessa. Posso? Indicando il ragazzo che si parava sulla soglia, impedendole l'ingresso.
    Ah si, scusa! Esclamò grattandosi nervosamente la nuca con la destra. Entra pure. Aggiunse spostandosi di lato.
    La stanza sembrava innaturalmente in ordine. Guardandosi attorno la ragazzina non scorse neanche la presenza dei libri di medicina su cui studiava lo shinobi. Era come se nessuno stesse abitando la camera. Poi lo sguardo cadde sull'armadio a muro da cui fuoriusciva la manica di una maglia color blu scuro.
    Si diresse verso il mobile prima che Susumu potesse intercettarla.
    E questa... osservò con aria incuriosita, facendo scorrere appena l'anta destra dell'armadio.
    Miyo chan... Spostati!!!
    Eh? L'Uchiha fece appena in tempo a scansarsi di lato, evitando si essere sommersa da una valanga di abiti, libri e un futon che scivolando si era aperto in tutta la sua interezza.
    Susumu san, mi potresti spiegare? Volgendo lo sguardo verso il basso, osservando con curiosità un kunai che sbucava da dentro la federa del cuscino.
    Quello... oppure quello? Osservò visibilmente in imbarazzo, indicando prima l'arma da lancio e poi l'ammasso di cose eruttato dal mobile.
    Entrambe. Ripose, senza distogliere l'attenzione dal cumulo di oggetti presenti nella stanza, ammassati alla rinfusa.
    Il kunai è per sicurezza. Non si sa mai. E prima che Miyori potesse replicare Si, è vero, tuo zio ha assoldato delle guardie a protezione della villa, però... la sua espressione si era fatta seria Nessuno di noi può permettersi di abbassare la guardia. Il resto del discorso, le parole non dette, erano intuibili. Loro tre si sentivano responsabili per lei.
    Capisco... mormorò Ti chiedo scusa per averti disturbato nel tuo orario di riposo. Posso aiutarti a rimettere in ordine? Si offrì, inchinandosi a raccogliere uno dei libri di medicina.
    No... non è necessario... Farò io... Non devi scusarti... Tu non hai fatto nulla... Cominciò a balbettare, affrettandosi a nascondere sotto le coperte indumenti non consoni alla vista della principessina. E poi se sei venuta a cercarmi, ci sarà una ragione, giusto? Aggiunse cambiando discorso, facendo cenno alla ragazzina di accomodarsi su uno dei cuscini accanto alla bassa scrivania.
    Si, avrei bisogno di un favore da te. Annuii in risposta. Si sedette in seizà e poggiò il libro sulla scrivania aprendolo alla pagina in questione. Si tratta di... Cominciò a spiegare.

    COSA? Ma sei impazzita? Miyori lanciò un'occhiata nervosa alla porta rimasta aperta. Per favore abbassa il tono di voce o ci farai scoprire.
    Solo Hajime aveva il permesso di rimanere da solo con la sorella minore. In realtà non erano esattamente parenti di sangue. Il padre della ragazzina l'aveva adottato quando era un bambino, ma era qualcosa di noto solo a pochi. Il clan paterno non l'avrebbe mai accettato in famiglia. Per essere più corretti Hajime sarebbe dovuto essere uno zio per Miyori, ma alla fine, vista la poca differenza di età, circa una decina di anni, lei l'aveva sempre considerato un fratello maggiore.
    Miyo chan, ti rendi conto di quello che vuoi fare? Ti pare un'idea sensata? Sottolineò lo shinobi, richiudendo il libro. E' solo folle l'averlo pensato.
    Non è una pazzia e lo sai bene. Anzi è la nostra unica possibilità. Incalzò decisa l'Uchiha.
    Eh? Fammi capire. Secondo te è sensato andare alla ricerca in uno dei più pericolosi deserti dei territori accademici di una creatura che... Non saprei neanche io come descriverla. osservò fissandola dritto negli occhi.
    D'accordo, posso concederti che ci sia qualche rischio nel mio piano, ma Suiren non può attendere in eterno che diventi la principessa samurai che tutti si aspettano. La gente sta soffrendo ORA! Esclamò decisa con la voce che le vibrava dall'emozione. Non puoi chiedermi di fare finta di nulla. Di ignorare questa possibilità perché non mi è ancora concesso di impugnare “Ninfea di Giada”.
    Susumu fece un sospiro. Se quella creatura... Bakemono... Hengeyookai... quello che sia... é originario di Suiren, la katana ti sarebbe stata utile. Non è quello il legame tra la tua famiglia e il loro popolo? Osservò pensierosamente, grattandosi il mento.
    Si, ma lo è anche la mia iride cremisi. Sai perfettamente che non è la mia eredità Uchiha. Per favore, aiutami. Per Miyori non era stato facile prendere quella decisione. Cosa racconterai ad Hajime san e Toshi san? Ometterò la ragione per cui mi recherò a Suna... La vera ragione... Non le piaceva mentire, ma non aveva altra scelta.
    E tutti i principi in cui credi? Non c'era l'onesta? L'Uchiha annuì E non recedere da una decisione presa... Farò ammenda delle mie colpe al mio ritorno... Non penso mi chiederanno di fare … Entrambi i ragazzi si guardarono negli occhi Naaaaa... No.
    Ascolta Miyori, permettimi di accompagnarti. Mi sentirei più sicuro. le propose il giovane.
    Sai che non puoi. Come lo giustificheresti? Onii san poi si sentirebbe in dovere di venire anche lui... e... Non si è ancora ripreso da quel giorno... commentò, tornando indietro con la memoria agli avvenimenti accaduti un anno prima.
    E vai bene! Si arrese Sususu, battendo il palmo della destra sulla superficie lignea della scrivania. Avrai il mio supporto, ma sappi che non mi piace affatto.



    Il giorno della partenza.
    Il giovane shinobi era stato di parola. Aveva preso accordi con una carovana di mercanti diretti a Suna per permettere a Miyori di viaggiare con loro. Il contratto prevedeva che lei facesse parte della scorta. Toshi e Hajime non l'avevano presa bene, ma difronte al timbro ufficiale dell'Accademia erano stati costretti ad acconsentire alla partenza della ragazzina.
    Non sarò da sola. Farò parte di un gruppo. Ci sarà anche un genin. Aveva cercato di rassicurarli senza troppo successo.
    Si erano salutati con un inchino formale.
    Fai attenzione! Esclamò Susumu.
    Miyori si fermò voltandosi nella sua direzione, annuendo. Solo loro due conoscevano il vero motivo del suo viaggio.

    Suna
    La carovana aveva raggiunto il villaggio dopo alcuni giorni. Era stato un viaggio abbastanza tranquillo. L'episodio di banditismo era stato rapidamente risolto dalla scorta, come un paio di scorpioni troppo cresciuti che avevano fatto visita durante la sosta notturna in una delle oasi.
    Miyori si era accomiata dai mercanti e dal gruppo dei ninja di Konoha una volta all'interno delle mura.
    Non sarebbe tornata indietro con i suoi colleghi. Aveva un permesso che le consentiva di restare fuori da Konoha per un periodo limitato di tempo. Era stata generica sulle sue motivazioni, ma aveva scritto chiaramente che avrebbe soggiornato a Suna.
    Dopo aver preso una stanza in una delle locande presenti nel villaggio, gestita da una simpatica coppia di anziani, si era diretta alla piazza centrale.
    Ora che era arrivata, l'unica cosa che doveva fare era cercare una guida e una scorta.
    Più facile a dire che a fare.
    E adesso? Riflette Miyori seduta su un basso muretto, guardandosi attorno.



  2. .

    L'Erba tinta di sangue


    Intro



    L'eco della guerra aveva raggiunto anche Oto.
    Stavo terminando gli ultimi preparativi prima di partire per il punto di rendez-vous situato nei pressi di Nanaki.
    Ko aveva sistemato i cuscini del letto in modo da creare una cuccia temporanea. Si era acciambellato comodamente e di tanto in tanto sollevava il muso per curiosare.
    Sei sicura? Sollevai lo sguardo nella sua direzione con aria interrogativa.
    Ne abbiamo discusso fino allo sfinimento. Pensavo ti fossi convinto. Replicai, chiudendo il contenitore con il materiale medico necessario per il primo soccorso.
    Non mi hai risposto Shinny. I suoi occhi erano fissi su di me. Era mortalmente serio. Un atteggiamento che raramente avevo visto in lui.
    Incrociai lo sguardo, sostenendolo.
    E' naturale che abbia dei dubbi. Sono tornata da poco e... sospirai ...Sapevo che non sarebbe stato facile...
    Ci sarà anche lui. Che pensi di fare? Incalzò senza staccare il suo sguardo da me.
    Cosa pensavo di fare. Ko si stava riferendo all'attuale Kokage. Non avevamo più parlato da quando ero andata via.. Ci eravamo lasciati... già, come c'eravamo lasciati?... Con una promessa che aveva il sapore di una minaccia.
    Sospirai. Suppongo riprenderemo da dove ci siamo lasciati. Il cucciolo non sembrava molto convinto. Lo so, ma non posso rivelartelo. Ho giurato sulla mia vita... parole che non uscirono dalle mie labbra.
    Ora se hai finito di riposare sui miei cuscini, che ne diresti di sgranchirti le ali, che a breve partiamo?
    Volare? Ma... non mi porti in spalla? La sua espressione era mutata in una di pura delusione.
    Mi concessi un sorriso, stringendo la chiusura dello zaino.
    E va bene, mio cucciolo pigro.
    Non sono pigro, ragazza ninja. Sto meditando e non si può fare mentre voli. Osservò, fingendo di mettere il broncio.
    Mi avvicinai a lui, sedendosi sul bordo del letto. Gli carezzai la testa.
    Era tornato il solito Ko. Gli feci cenno di arrampicarsi sulla schiena.
    Chiusi la porta della villetta alle mie spalle.
    Neanche il tempo di disfare le valigie.

    Accampamento nei pressi di Nanaki

    Prima della riunione



    L'accampamento era in fervente attività.
    Io avevo trovato un angolo defilato tra un gruppo di casse accatastate per fare un discorso serio al mio compagno alato. Il cucciolo si era sistemato sopra una di quelle più voluminose.
    Ko, mi raccomando. Muto. Non fiatare. Non fare battute. Fai finta di essere un pupazzo. Siamo in una situazione critica. Per favore, non facciamoci riconoscere. L'ultima cosa che desideravo era finire al centro dell'attenzione per un'esplosione di innocenza del drago.
    Ragazza ninja, ma io quando... Socchiusi gli occhi.
    Vuoi che te le citi in ordine alfabetico, cronologico oppure dalla più innocua a quella più catastrofica? Osservai, con un sospiro.
    Potrei dire lo stesso di te. Lo sentii brontolare. Appena ritornata ad Oto... Amministrazione... Touché! Mi costrinsi a non arrossire.
    D'accordo, avremo tempo per stabilire il vincitore o la vincitrice della coppa della situazione più imbarazzante. Per ora limitiamoci entrambi a stare zitti e contare fino a 100...mila... prima di dire qualcosa di cui ci potremmo pentire. Affare fatto? Gli tesi la mano destra.
    Inclinò di lato il collo come a soppesare la cosa. Ok! Me la strinse con la sua zampa.

    Tendone principale, lunedì, 6:30



    Cercai di mescolarmi nel gruppo di shinobi che erano stati convocati dal Kokage. Ko era aggrappato sulla schiena, il muso proteso in avanti. Guardandomi in giro riconobbi che pochi volti. Il tempo trascorso lontano da Oto aveva lasciato strascichi. Il Colosso si era mostrato nella sua armatura fulgida, in pieno assetto da combattimento. Non mi sfuggì l'espressione stanca che trapelava dal volto severo.
    Mi domandai se sarebbe stato il caso di dare un'occhiata al suo stato di salute.
    Ninja del Suono, benvenuti a Nanaki. Esordì.
    Mi concentrai sul discorso.
    Un gruppo di altissimo profilo, denominato d'ora in avanti Puragu, si unirà alla compagine del Fuoco per impedire che i Cremisi conquistino Kusa, ultimo baluardo di un Paese che si è semplicemente fidato delle persone sbagliate nella sua storia recente. Partirete oggi stesso e farete rapporto dall'Hokage in persona, che guiderà la missione.
    Mi venne spontaneo chiedermi chi fossero i ninja cui si stava riferendo il Colosso.
    Avevano l'ordine di mobilitarsi nell'immediato. Seguivano i fascicoli da distribuire al gruppo per un approfondimento sulla missione.
    Febh, annuii Shinodari, annuii Tasaki, annuii, lo avevo conosciuto di recente, sembrava essere tornato in forma perfetta, e Kamine, annuii, uno dei volti nuovi andrete voi.
    Fu solo l'istante seguente che realizzai il secondo nominativo pronunciato dal Mikawa.
    Shinodari? Io? EHHH?!
    Ringraziai l'entità mistica sovrannaturale che non fece palesare sul mio volto e su quello di Ko, l'espressione di vivida sorpresa.
    Ebbi l'accortezza di continuare ad ascoltare il resto del discorso, prendendo nota mentalmente.
    Zittii la vocina che stava cercando di dirmi qualcosa cui non volevo pensare.
    Riassumendo... Gruppo di alto profilo... Quattro shinobi... messi a conoscenza solo delle informazioni base per la missione... le priorità... preservare gli interessi e l'integrità di Oto, rallentare... impedire che l'assedio abbia successo, acquisire informazioni sensibili sui Cremisi, limitare i danni per l'Erba. E che ci vuole? Soltanto allora mi resi conto che stavo trattenendo il respiro da un po'.

    Durante i preparativi...



    Il momento del confronto era giunto. Non era stata mia intenzione volerlo procrastinare fino a quel giorno, semplicemente era capitato.
    Avevo chiesto a Ko di restare in disparte e di non ascoltare la nostra conversazione.
    Con mio stupore il cucciolo si era allontanato in volo, dopo aver annuito, senza replicare. Ancora una volta il suo sguardo si era fatto serio.
    E io che avevo ingenuamente pensato che avrebbe fatto una delle sue scene da cucciolo abbandonato.
    Camminavo assieme al Mikawa per l'accampamento. Mi aveva fatto cenno di seguirlo ed io avevo acconsentito. Alla fine era inutile cercare l'occasione adatta.
    Sei dunque tornata per riprenderti Oto. Mi avevi promesso che saresti tornata più forte, è così?
    Dritto al dunque. Sarebbe stata mia cortesia, replicare in maniera sincera, come se avessi mai mentito al Mikawa.
    Riprendermi Oto, dici? Siamo arrivati a questo punto? Replicai, sollevando lo sguardo per cercare il suo. No, non sono qui per questo motivo, hai già troppi nemici, non credi? Sarebbe noioso, averne uno in più. Osservai, seria. Ricordo la promessa che ti feci. Sono tornata più determinata e con più consapevolezza in me stessa. Aggiunsi.
    Mi aspettavo che saresti passata a Villa Mikawa prima ancora che in Amministrazione...una speranza sciocca in effetti, hai sempre voluto più bene a Febh che a me, su questo non ci sono dubbi.
    Mi dovetti sforzare per non far trapelare dal mio volto un'espressione sorpresa.
    Era serio o era una piccola vendetta la sua, per non essere passata a porgergli i miei omaggi?
    Non è che non volessi. Non c'è stata l'occasione. Non è certo la tua nomina ad avermi intimorita nel precipitarmi alla villa senza invito. Considerai. Però... riguardo Febh... Non ti facevo così sentimentale. Se è un modo per dirmi che ti sono mancata... Potrei dire lo stesso di te. Feci affiorare sulle mie labbra un sorriso enigmatico.
    Immagino che ti abbia già riconsegnato la tua scrivania, senza interpellarmi ovviamente...come se potessi o volessi oppormi ahahha
    Ad essere onesti no, non l'aveva fatto. La situazione in amministrazione era stata alquanto... complicata. In effetti, lo era tuttora.
    Forse Febh avrebbe agito come si immaginava il Colosso se fossi tornata prima, ma non dopo tutti quegli anni in cui ero scomparsa dalla vita di Oto. Febh non poteva abbandonare tutto, come invece, egoisticamente, avevo fatto io.
    Ma nonostante abbia distrutto il palazzo 3-4 volte in questi anni Solo? Pensavo peggio. direi che ha tenuto in piedi la baracca dignitosamente. Merito suo, sicuramente la lontananza non ti avrà impedita dal tenerti informata sulle sorti del tuo amato villaggio e le voci di un Kokage assente saranno giunte alle tue orecchie.
    Forse era più saggio per la salute mentale sua e fisica mia, tacere su alcune verità.
    Ad ogni modo, se hai intenzione di rimanere per un po', quella sedia è tua per quanto mi riguarda
    Le sue parole mi presero in contropiede.
    Questa volta non riuscii a mantenere un'aria indecifrabile.
    Era serio? Si, non era tipo da scherzare su certe affermazioni.
    Ed io? Cosa volevo realmente?
    Non pensavo che avrei avuto la possibilità di ricoprire ancora una volta tale incarico. Non credevo di sentirlo dire da lui.
    Ero sempre stata convinta che mi considerasse debole, incapace di sostenere il ruolo che mi ero assunta sin dai miei primi giorni al villaggio.
    Quella frase fu come un pugno alla bocca dello stomaco.
    Mi stava mettendo alla prova?
    Perché ero tornata? Per una volta, riuscivo ad essere sincera con me stessa?
    Quel giorno che ci siamo parlati, arrivai con una bottiglia di sakè e due bicchierini. Esordii Questa volta, potrei offrirti una bottiglia e due calici intessuti d'ombra. Quando mi hai chiesto se sono diventata più forte, era parte della promessa che ti feci. Ho accettato la mia ascendenza, entrambi i clan manipolano l'ombra. Quindi si, sono più forte della dottoressa che conoscevi. Metto la vita al primo posto? Annuii Qualcuno dovrà pur farlo. Intendo intralciare i tuoi piani? Scossi la testa. Penso sia più vantaggioso per entrambi mantenere questa implicita tregua. Io mi assicurerò di mantenere in vita quelli che manderai in battaglia. E... rivolsi lo sguardo verso un gruppo che si stava occupando diligentemente delle sue mansioni. Sono tornata per restare. Avevi ragione quel giorno... Ho abbandonato il villaggio quando più aveva bisogno di me. Tornai a dirigere l'attenzione sul Mikawa. Non commetterò più questo errore. Accetto la tua offerta. Esistevano altri modi per preservare la vita delle persone, oltre che come medico. Tieni i tuoi amici vicino, ma i tuoi nemici più vicino. Giusto Kokage sama?

    In un momento non ben precisato prima della partenza, se il gruppo si raduna.



    Avevo letto con attenzione il fascicolo con i dati sulla missione.
    Ko, aveva sbirciato, da dietro le spalle.
    C'era stata data la possibilità di approvvigionarci come meglio ritenevamo.
    Avevo salutato Febh, risposto al saluto di Tasaki e presentata a Kamine.
    Non era la prima volta che facevo gruppo con Febh, mi ero sempre fidata di lui, ma erano trascorsi degli anni. E le persone cambiano... Una realtà cui non volevo pensare.
    Tasaki... nel momento in cui ci fossimo radunati, ci avrebbe spronato a partire subito per congiungerci il prima possibile con le forze alleate.
    Ma come saremmo andati?
    Rivolsi un'occhiata a Febh. Ci avrebbe trasportato una delle sue evocazioni o avremmo utilizzato mezzi più mondani?

    Shinodari_Kusa_ridotto



    Edited by Shinodari - 12/11/2021, 13:42
  3. .

    Il Figlio del Vento


    Il vento è cambiamento

    III



    Narrato Parlato Pensato>Parlato nel linguaggio natio


    Tamashii non si era fatto illusioni sulla strategia che avevano ideato. La disparità tra loro e il sensei era evidente. Non si stupì quando i suoi attacchi vennero vanificati dalle azioni difensive del chunin. Quello che il ragazzino di Suna fece, fu di assimilare la lezione pratica.
    Il suo lancio fu intercettato da una salva di shuriken in numero superiore al suo. Aveva perfettamente senso. In questo modo si aveva una ragionevole certezza di mandare a vuoto l'offensiva avversaria. Serviva una buona prontezza per rispondere senza far avvicinare troppo le armi da lancio nemiche.
    In conclusione la loro combinazione fu nullificata ad eccezione di un singolo colpo, l'ultimo portato da Hayashi.
    Erano riusciti a pressare il sensei o aveva concesso loro un contentino?
    Non ebbe tempo di pensare che Tasaki passò all'offensiva.
    Li avvisò, concedendo ai due studenti una frazione di tempo per cercare di prepararsi. Rapido portò un gancio a semicerchio in direzione del compagno. Il sensei era dannatamente rapido. Non ebbe il tempo di chiedersi se avesse trattenuto il pugno.
    Il secondo attacco fu riservato a lui: un calcio. Se l'avesse preso in pieno, probabilmente, gli avrebbe incrinato una costola. Troppo rapido per schivarlo, poteva solo incassare il colpo riducendo il danno. Tamashii portò le braccia al petto a protezione, lasciando fluire il chakra per rendere più resistente la zona dell'impatto, offrendo al calcio del chunin l'avambraccio sinistro.
    Dannazione! Imprecò a denti stretti nel suo idioma natio, quando il piede lo raggiunse [Slot Difesa I]Consumo di chakra pari a 0.5 bassi per avere +2 tacche alla Resistenza,
    Forza Tasaki - Resistenza Tamashii= 175 -150 = 25 (+1 tacca),
    Potenza dell'attacco avversario: 10 + 5= 15,
    Danno subito da Tamashii=1+0.5=1.5 leggera (Vitalità ed Energia Vitale)
    . Non era riuscito a proteggersi del tutto. Non era stata una mossa furba la sua, ma per fortuna l'arto sembrava muoversi regolarmente, pur essendo dolorante.
    Non abbassò lo sguardo, tenendolo fisso sul sensei, i sensi all'erta.

    Moyo non infierì oltre, per il momento; al contrario li invitò ad attaccarli, senza porre vincoli questa volta.
    I due studenti avevano del tempo per intessere una strategia di attacco. Il chunin distava circa sei metri da loro. Aveva assunto la posizione di guarda in attesa della loro prossima offensiva.
    Il ragazzino approfittò del tempo concesso per reprimere la rabbia mista a frustrazione. Il sensei gli aveva inferto una ferita gratuita, una lezione dolorosa. In uno scontro non esisteva la pietà, questo lo sapeva. Il chunin non faceva sconti agli allievi. Eppure quello non doveva essere solo un addestramento? Perché far assaggiare al Chikuma quel senso di impotenza? Il mettercela tutta senza ottenere alcun risultato?
    Rivolse uno sguardo al compagno per vedere come fosse messo.
    Il Sensei ci è andato pesante anche con te? Domandò, sforzandosi di non parlare nel suo idioma natio, cui si rifugiava quando era nervoso.

    Dopo la risposta di Hayashi era tempo di cercare un metodo di attacco che pressasse ancora una volta Tasaki.
    Moyo san vuole che sfruttiamo tutte le nostre conoscenze. Siamo un team, per cui potremmo scambiarci informazioni per articolare una strategia. Esordì, cominciando per primo a svelare le sue capacità. Una volta terminata l'esposizione sarebbe toccato al suo compagno di Oto.
    Furono vagliate varie possibilità.
    Hayashi fu il primo a mettere giù un piano per cercare di attaccare efficacemente Moyo.
    Se il Chikuma avesse sfruttato la sua tecnica sunese “Vento Affilato” non per colpire l'avversario, quanto piuttosto per creare un polverone a circa due metri davanti al chunin, Hayashi avrebbe potuto sfruttare l'occultamento per la seconda parte del suo piano.
    Tamashii scosse la testa.
    Preferirei evitare di consumare troppo chakra; non abbiamo idea fino a quando durerà l'allenamento. Se ci esauriamo subito, rischiamo di arrivare esausti alla fine, se non peggio. Dosare il nostro chakra è un utile insegnamento, soprattutto quando saremo in una reale situazione di pericolo. Rivolse un'occhiata al sensei Sempre che non lo siamo anche ora... Ma questa riflessione la tenne per sé. Inoltre in questo ambiente dubito possa funzionare. Forse con la sabbia del deserto...
    Pensò alle dune presenti vicino all'Oasi di Fuoco, dove viveva il suo clan.
    Si tenne il mento tra l'indice e il pollice della mano destra, cominciando a fare avanti ed indietro con aria pensierosa.
    Servirebbe qualcosa che occulti la nostra presenza. In quel caso la tua idea dei cloni sarebbe interessante da attuare. O meglio se tu non creassi tutte le copie, ma una in meno, potrei trasformarmi per assumere le tue sembianze e confondermi con te e i tuoi cloni. Un attacco in contemporanea su più fronti, dove due tentativi di attacco sarebbe reali. Sempre che il sensei non abbia una qualche abilità che gli permetta di individuare i falsi. Inoltre la visibilità scarsa dovrebbe rimanere almeno fino a quando non fossimo addosso al sensei. E a meno di non incendiare l'intera radura... Forse sarebbe meglio un attacco più diretto per ora. Considerò suo malgrado.
    I due studenti vagliarono a turno altre opzioni prima di arrivare ad un compromesso, soddisfacente per entrambi.
    Si, il piano che abbiamo ideato assieme, penso possa andare. osservò il sunese. La tua idea di portarmi in spalla per non lasciarmi indietro, sfruttando la tua capacità di velocizzarti, sarebbe un aiuto per attaccare assieme. Ho un fisico minuto, per cui peso poco e cercherò di bilanciarmi per non ostacolare i tuoi movimenti. Nella fase dell'offensiva dovremo coordinarci e pressare gli attacchi su Moyo san. Dobbiamo sfruttare ogni nostra singola capacità in corpo a corpo.

    Si erano accordati sul metodo di attacco.
    Erano pronti. Tamashii si era calmato. Non era un tipo vendicativo, però non era detto che il divario tra sensei e allievo non si sarebbe colmato un giorno. Poteva attendere fino ad allora.


    Ipotetica 1

    Il Chikuma salì sulle spalle di Hayashi [Azione gratuita, lenta] per sfruttare l'aumento di velocitàHayashi usa "Scatto Rapido", descrizione nel suo post del compagno.
    Hayashi con il sunese si sarebbe diretto di corsa verso Tasaki.
    Una volta raggiuntolo, lo studente di Oto si sarebbe piegato per permettere a Tamashii di fare leva con l'avampiede destro sulla schiena del compagno, per sferrare un calcio circolare, articolando coscia e gamba e accompagnando il movimento con la rotazione delle spalle. L'obiettivo del ragazzino sarebbe stato di colpire con il collo del piede sinistro la parte destra del collo del sensei [Slot Azione I]Velocità:100
    Forza: 100
    potenza del colpo: 10
    .
    Sarebbe atterrato in piedi, sul terreno, senza perdere di vista le azioni del chunin.
    Avrebbe incalzato l'attacco, seguendo i movimenti del sensei, tentando di assestare un calcio di punta dal basso verso l'alto con il piede destro ai gioielli di famiglia, basso ventre [Slot Azione II]Velocità e Forza: 100
    potenza del colpo 10
    .
    Non contento, sempre mantenendo l'attenzione su Tasaki, avrebbe rapidamente estratto dal fodero il dadao, impugnando l'elsa con la destra, [Slot Tecnica I]Forza e Velocità (+3 tacche): 175
    Dadao, potenza: 15
    con la volontà di sbudellarlo, ossia cercando di portare un colpo di taglio con il filo della lama rivolto verso le carni all'altezza dell'intestino.
    Sarebbe tornato in posizione di guardia, senza distogliere lo sguardo dal chunin. [ Slot Azione III] utilizzato per i movimenti di Tamashii durante gli attacchi per non allontanarsi da Tasaki.


    Ipotetica 2

    Se non fosse riuscito a salire sulle spalle del compagno, Tamashii avrebbe cercato il contatto con Tasaki nel tentativo di di assestare un calcio di punta dal basso verso l'alto con il piede destro ai gioielli di famiglia, basso ventre [Slot Azione I]Velocità e Forza: 100
    potenza del colpo 10
    .
    Avrebbe incalzato sferrando un pugno con la sinistra, dal basso verso l'alto, accompagnando l'azione con il movimento del busto e delle gambe, cercando di colpire la bocca dello stomaco del chunin [Slot Azione II]Velocità e Forza: 100
    potenza del colpo 10
    .
    Non contento avrebbe rapidamente estratto dal fodero il dadao, impugnando l'elsa con la destra, [Slot Tecnica I]Forza e Velocità (+3 tacche): 175
    Dadao, potenza: 15
    con l'intenzione di sbudellarlo, ossia cercando di portare un colpo di taglio con il filo della lama rivolto verso le carni all'altezza dell'intestino.
    Si sarebbe rimesso in guardia, mantenendo lo sguardo concentrato su Moyo [Slot Azione III]movimento utilizzato per restare in corpo a corpo con Tasaki.



    Chakra: 8.5/10
    Vitalità: 6.5/8
    En. Vitale: 28.5/30
    Statistiche Primarie
    Forza: 100
    Velocità:  100
    Resistenza: 100
    Riflessi: 100
    Statistiche Secondarie
    Concentrazione: 100
    Agilità: 100
    Intuito: 100
    Precisione: 100
    Slot Difesa
    1: Incassa il calcio,
    riducendone l'entità
    2: ///
    3: ///
    Slot Azione
    Ipotetica 1 (2)

    1: Calcio
    2: Calcio (Pugno)
    3: Movimento
    Slot Tecnica
    Ipotetica 1 (2)

    1: Estrazione Mortale
    2: ///
    Equipaggiamento
    • Rivestimento Mimetico × 1
    • Tonico Coagulante Minimo × 1
    • Occhiali × 1
    • Tonico di Ripristino Minimo × 1
    • Shuriken × 3
    • Kunai × 2
    • Dadao × 1 estratto
    • Filo in Acciaio [10m] × 1
    • Specchietto in Metallo × 1
    • Respiratore × 1
    • Accendino × 1
    • Bottiglietta di Alcool × 1
    • Sonagli [x5] × 1

    Note Contusione all'avambarccio sinistro:  1.5 Leggera


  4. .

    Titolo del Topic


    III



    Quando ti risvegli da un incubo per scoprire di essere piombato in uno peggiore: la vita.



    Mentre gli stavo asciugando la guancia percepii il suo senso di frustrazione, Mosse la testa per rivolgerla dall'altra parte, per non incrociare il mio sguardo.
    Potevo capirlo? Si. Tasaki era costretto a letto, le sue ferite l'avevano reso indifeso. Non mi offesi per quel gesto istintivo.
    L'istante dopo sembrava essere venuto in parte a patti con la mia presenza, con la consapevolezza che ne derivava.
    Chi... sei?
    Chi sono? Mi sarei dovuta presentare con il mio nome completo o celare una verità che ormai in pochi conoscevano?
    Shinodari Nara Jaku Kazekumo. Mi presentai. Glielo dovevo. Prendersi cura di qualcuno significava non nascondersi dietro facili menzogne.
    E... cosa vuoi?
    Cosa voglio? La domanda mi prese di sorpresa. Ancora mi stupivo? Non avevo imparato a mie spese che ad Oto raramente qualcuno agiva senza esigere un proprio tornaconto?
    Sono un medico. Il mio scopo è curare le persone, evitare che muoiano. Per le cicatrici dello spirito non servivano le mie abilità curative. Cosa desidero da te? Vorrei che non ti riducessi mai più nello stato in cui ti ho trovato. Sei andato molto vicino alla morte. Sospirai. Suppongo che tu non me lo possa promettere, vero?
    Il giovane era ancora molto debole. Sapevo che non doveva sforzarsi, però non tutto poteva essere rimandato a dopo.
    Mi chiese di raccontargli quanto ero successo. In fin dei conti glielo avevo proposto io. Le mie parole avrebbero potuto minare il suo precario equilibrio interiore. In casi estremi potevo sempre sedarlo, se avesse voluto compiere qualche gesto inconsulto.
    Basta! La verità per quanto amara andava affrontata. Rimandando, gli avrei procurato solo un danno maggiore.
    Gli raccontai tutto, senza omettere nulla. Le informazioni riferitemi dal team medico presente sul luogo dello scontro, la testimonianza delle guardie di turno al gate occidentale. Per quanto mi costasse dirglielo, gli rivelai dell'incisione, del marchio dell'infamia. Cicatrici che avevo rimosso mentre lui era ancora in stato di incoscienza.
    Non sarebbe stato facile venire a patti con una verità cruda, violenta. Tasaki aveva tempo per metabolizzare l'accaduto. Il tempo necessario a rimttersi in forma.

    Mi mise al corrente delle sue motivazioni. Mi oscurai in volto. Nessuno aveva il diritto di prendere la vita di un altro... nessuno in un mondo utopico. Mi chiesi se Shiltar avrebbe compiuto le stesse azioni del Mizukage attuale. Non lo credevo, non dopo lo scontro con Yami. L'aveva risparmiato, non era sua la responsabilità se aveva rifiutato di vivere.
    Sei... bella. Come un angelo. Arrossii, pur sapendo che non era ancora del tutto in sé. Non ero un angelo, non nell'accezione che veniva data al termine. Piuttosto un angelo decaduto.
    Balbettai un Grazie in risposta.
    Quel suo commento, non mi avrebbe fermato dal replicare a quanto detto in precedenza.
    Il tuo gesto è stato nobile, ma estremamente impulsivo. Commentai. Avrei dovuto assecondare quel suo desiderio di giustizia? Il tuo conterraneo... Mi avevano messo al corrente che lui non fosse otese di nascita. …aveva messo a rischio la sicurezza di Kiri? Non tutti erano magnanimi nel dispensare le condanne. Non fraintendermi. Per me la vita è al di sopra di tutto o non sarei un guaritore, però il nostro ambiente non permette la clemenza, non sempre. Vendicare qualcuno... sembra che ti faccia sentire bene, in pace con te stesso, ma non è così. Anche se avessi vinto, se gli avessi impartito la lezione che, dal tuo punto di vista, meritava, sei sicuro che il tuo animo si sarebbe placato? La vendetta genera solo una spirale di violenza, il sangue chiama altro sangue. E alla fine resta solo un vuoto nell'anima. Sempre che tu sia ancora in vita. Se il Mizukage ha rispettato le leggi accademiche ci si può fare ben poco, a meno di non andare contro il coprifronte che indossiamo. Se ha ucciso il tuo conterraneo senza giusta causa, allora dovrebbe essere processato per i suoi crimini contro l'Accademia. Noi non siamo nella posizione di arrogarci tale diritto. Mi spiaceva essere così dura, ma avevo paura che avrebbe ritentato. E non era detto che sarebbe sopravvissuto. La carica di Mizukage non si assegna per gioco. E' uno dei ninja più forti del villaggio, se non il più forte. Cosa ti faceva pensare di essere in grado di sconfiggerlo? Perché lui si è accanito contro di te a quel modo? Perché ti ha inciso le carni con quella scritta infamante? Non potevo lasciar correre. Se voleva affrontarlo ancora una volta, doveva mettere la cosa nella giusta prospettiva. Quelle ferite sottolineavano la disparità tra le loro abilità.

    I gusti in fatto di tè del mio paziente erano molto specifici. Sorrisi. Gli feci cenno di restarsene tranquillo al letto.
    Mi dispiace, ma dovrai accontentarti della mia miscela preferita. Replicai, prendendo un paio di bicchieri. Il latte non credo sia una delle priorità qui al gate. La temperatura non sarebbe stata un problema. Avrei atteso che si raffreddasse prima di servirglielo. Lo zucchero... Rabbrividii. Mi voltai nella sua direzione. Sei sicuro? Tu bevi il tè con lo zucchero? Osservai, sottolineando la parola “zucchero”. Sai che ti perdi tutto il gusto? Ogni miscela ha un sapore unico. Probabilmente mia madre l'avrebbe preso come un affronto personale. Ricordavo le estenuanti sessioni riguardanti l'arte della cerimonia del tè. E se aggiungevamo che fosse pure un'abile assassina... No, non sarebbe stato per nulla piacevole. Non credevo sarebbe arrivata all'atto estremo, ma costringerlo a bere a forza la bevanda senza l'aggiunta di ingredienti che ne contaminassero il sapore, quello si. Per fortuna di Tasaki non ero lei.
    Mentre attendevo che l'infuso si raffreddasse, frugai tra il materiale medico alla ricerca di una cannula per le flebo. Non era una cannuccia, ma era sterile e, accorciandola, sarebbe stata una degna sostituta.
    Rivincita... Per poco non mi sfuggì di mano il bicchiere.
    Ci avevo provato.
    Come... posso... ringrazia... graziarti? Lo fissai dritto negli occhi.
    Potresti evitare di suicidarti. La tua vita è preziosa. Vivi e mi avrai ringraziato. La mia espressione si fece seria. O la prossima volta sarò io stessa a tatuarti in fronte con inchiostro indelebile la scritta “BAKA”! Sospirai. Se proprio desideri una rivincita, confrontati con i tuoi limiti. Sii umile. Ci sarà sempre qualcuno più forte di noi per quanto invincibili ci sentiamo. Almeno promettimi che, se lo affronterai di nuovo, sarò io il tuo medico. Non intendo permetterti di morire.
    Mi sedetti accanto a lui sulla branda. Poggiai il bicchiere con la cannuccia improvvisata sulla sedia.
    Ti aiuto io a bere il tè, non sforzarti per metterti seduto. Gli dissi, addolcendo il mio sguardo.
    Il cucciolo scelse quel momento per sollevarsi in volo e aggrapparsi allo schienale.
    Ciao ragazzo ninja. Io sono Ko, drago dei ghiacci. Si presentò.


  5. .

    Integrazione Sunese


    Intro del topic



    Narrato Parlato PensatoParlato nel linguaggio natio


    Tamashii era seduto sul davanzale della camera della locanda, dove risiedeva quando si recava a Suna. Lo sguardo perso in lontananza.
    Il nonno era in visita al villaggio in quei giorni per sbrigare degli affari. Dormiva nella stanza adiacente a quella del nipote.
    Qualcuno bussò alla porta riportando il ragazzino alla realtà.
    Si ritrovò davanti il nonno. Aveva un'espressione pensierosa dipinta sul volto.
    Figliolo. Lo salutò appendendo il copricapo su uno dei ganci vicini alla porta. Poi si sedette stancamente sulla poltroncina vicino il letto.
    Nonno, che succede? Chiese con un misto di curiosità e preoccupazione. Era raro vedere l'anziano parente esternare un tale sentimento. Sistemò uno dei grossi cuscini davanti a lui, sedendosi a gambe incrociate. Koryukaze si arrampicò sulla spalla destra.
    L'uomo chiuse per un istante gli occhi, massaggiandosi le palpebre coi polpastrelli. Sono troppo vecchio per mettermi in mezzo alle questioni politiche del villaggio. Sospirò, riaprendogli poco dopo.
    Questioni politiche? Non capisco, che intendi? Da quando la politica di Suna ci interessa? Non viviamo nel deserto per essere liberi come il vento? Obiettò il ragazzino, confuso dalle parole del vecchio.
    Sulle labbra del nomade affiorò un sorriso amaro.
    Non è così semplice Tamashii. Nel nostro sangue scorre il sangue dei Chikuma, non scordarlo. Abbiamo scelto di vivere in libertà lontano dal clan di origine, ma non dimentichiamo il nostro patto. Tu ne sei la prova vivente. Ogni figlio del vento fa ritorno. E' la legge. Solo chi non sente il respiro del vento è libero di seguire la sua strada. Sottolineò, guardando dritto negli occhi il nipote.
    Il vento. Il ragazzino era legato a quell'elemento per certi versi capriccioso. Rispettava la sua duplice natura: fedele alleato e temibile nemico. Sapeva quanto potesse essere insidioso in un ambiente ostile alla vita com'era il deserto dell'Anauroch. Il suo desiderio di essere libero derivava dal vento. Nella sua idealizzazione fanciullesca aveva sempre pensato che nessuno fosse in grado di incatenare quel maestoso elemento, quella magnificente forza della natura. Nel suo sangue scorreva l'eredità del suo clan ancestrale e questa consapevolezza l'aveva sempre riempito di orgoglio.
    Un giorno non ci saranno più legami. Il patto verrà sciolto con l'ultimo figlio del vento. E' la legge della natura. Sono sempre più rari i prescelti. Le unioni esterne al clan dell'Oasi di Fuoco stavano dando il colpo di grazia ad un dono raro sin dall'inizio negli appartenenti del clan nomade. Fin ad allora sarà nostro dovere supportare i Chikuma nelle loro decisioni. Spero che questo ti sia ben chiaro, figliolo. Osservò in tono grave.
    Tamashii era sempre più confuso, non capiva dove il nonno volesse arrivare con quel suo discorso.
    So che entrare nel clan significhi avere dei doveri, rispettare le loro regole. Non è solo un privilegio nascere nel segno del vento. Non capisco il motivo del tuo turbamento. La mano dell'uomo si poggiò sulla testa del ragazzino, scompigliandogli i capelli.
    Nonno?
    Il vento scorre potente nei giovani. Considerò, dirigendo lo sguardo verso la finestra spalancata. Ti dissi prima di partire di mantenere integra la tua natura, ma ci saranno dei momenti in cui dovrai scendere a compromessi. Quanto conosci dell'attuale politica del villaggio? Domandò, concentrandosi nuovamente sul giovane nomade.
    Non molto. I rotoli che ho studiato sono datati. I più recenti risalgono all'incirca ad una decina di anni fa. Ammise, arrossendo lievemente per l'imbarazzo.
    Era il periodo in cui avevo contatti con l'allora Kazekage, Gin Chikuma. Esordì.
    Davvero? E' uno dei capiclan se ricordo bene. Non mi avevi mai parlato della vostra conoscenza. Che tipo era? Chiese, cercando di non mettere troppa enfasi nelle sue parole. Nei rotoli che aveva consultato aveva trovato scarse informazioni al riguardo.
    Una persona straordinaria. Era il signore dei Tornadi. Uno spirito libero. E un gran bevitore di birra. Omise di aggiungere che non era solo per il gusto se beveva così tanto. C'erano segreti che non dovevano essere rivelati. Tamashii non era stato messo al corrente dell'esistenza di una “terza casata” reietta, né dei rotoli che erano custodi dai capiclan dell'Oasi di Fuoco con le informazioni molto più dettagliate sul loro clan ancestrale.
    Non avresti mai creduto, incontrandolo di persona, che fosse il Kazekage. Riprese a parlare.
    Continua, nonno... Tamashii adorava i racconti.
    A quel tempo l'avevo contattato per una richiesta che, ad essere onesti, andava contro lo spirito libero del nostro clan. Il deserto aveva mietuto troppe vittime tra il nostro popolo. I figli del vento non nascevano da un paio di generazioni. Come capoclan era mio dovere dare un futuro ai sopravvissuti. Decisi di arrogarmi il diritto di chiedere la nostra riammissione al clan.
    Cosa? Il ragazzino assunse un'aria incredula. Nonno stavi violando i più sacri principi del nostro credo. E la nostra libertà?
    La stavo barattando con la vostra salvezza. Spiegò l'uomo. Pensavo di fare la cosa giusta.
    E lui rifiutò? Se non erano imprigionati all'interno delle mura di Suna, qualcosa non doveva essere andato per il verso giusto. Per fortuna! Ma questa considerazione evitò di esternarla.
    No, non sarebbe stato facile, ma saremmo potuti tornare.
    E allora cosa successe? Incalzò Tamashii.
    Nascesti tu e non ebbi cuore di recidere il vento della libertà che scorreva in te. Osservò con una punta di tristezza nel tono della voce. Una scelta che era costata la vita ai genitori di Tamashii.
    Se non avessi anteposto al bene del popolo, quello del ragazzo, sarebbero ancora vivi. Reclusi all'interno del villaggio, ma vivi. Era un peccato con cui conviveva da anni. Una ferita sanguinante che non si sarebbe mai cicatrizzata.
    Suppongo di dovertene essere grato, nonno. Non hai più rivisto Gin Chikuma? Era un ragazzino estremamente curioso.
    No, dopo avergli comunicato della tua nascita, mi concentrai sul nostro clan. E sul crescere un nipote fin troppo ribelle.
    D'accordo nonno, mi hai parlato di uno dei Kazekage del passato che apparteneva al nostro clan di origine, ma cosa centra con il commento fatto in precedenza? Sai quello riguardante le questioni politiche. Tamashii stava cercando di riportare la conversazione sul giusto binario.
    L'uomo si concesse una risata.
    Dritto al punto, eh? D'accordo, ti metto a conoscenza di quello che è successo. E cominciò a raccontargli le notizie che si erano sparse a Suna.
    E allora? Non mi sembra una tragedia. E' positivo quello che vuole fare il Kazekage. Osservò il ragazzino dopo essere stato messo al corrente. Non è anche la nostra filosofia di vita quella di collaborare? Di non lasciare mai nessuno isolato?
    Tamashii, in una concezione utopica sarebbe una decisione onorevole, ma quando si mettono in mezzo altri fattori, le cose possono complicarsi. I giochi di potere, i precari equilibri, non era affatto scontato che non ci sarebbero state ripercussioni.
    L'anziano rifletté se fosse il caso di portare via il nipote prima che la situazione potesse degenerare.
    Non posso proteggerti per sempre Tamashii... Era difficile da accettarlo, ma il ragazzino era un adulto per la loro gente. Si cresceva in fretta nell'Anauroch. Il nipote sarebbe dovuto essere il suo successore, ma il vento aveva scelto diversamente.
    Si alzò dalla poltrona dirigendosi verso l'uscita.
    Io devo ritornare all'Oasi. Ho concluso gli affari che avevo qui al villaggio. Prese il copricapo e se lo mise sulla testa, fasciando il collo con i lembi inferiori. Tamashii, ricordati che sei un Chikuma. E agisci di conseguenza.
    E se le due casate dovessero andare in disaccordo? Ipotizzò il nipote.
    In quel caso segui il vento. O l'assenza di esso. L'ultima frase rimase un pensiero. I figli del vento tornavano alla casata principale, questa era la legge. Eppure c'era stata un'eccezione, era esistito un prescelto che aveva risvegliato le capacità della casata cadetta. E Tamashii, forse, poteva essere la seconda anomalia.
    Che il vento possa sempre spirare a tuo favore.Lo salutò.
    Che il vento possa sempre spirare a tuo favore, nonno.
    Richiuse la porta alle sue spalle, lasciando il ragazzino solo con i suoi pensieri.


  6. .

    Il Figlio del Vento


    Il vento è cambiamento

    II





    Narrato Parlato Pensato>Parlato nel linguaggio natio


    Il sensei aveva replicato al discorso di Tamashii con un laconico “Bene”. Non che con Hayashi fosse stato più colloquiale.
    Devo prenderla come una perla di saggezza? Il figlio del vento sembrava confuso. Da come aveva esordito all'inizio, Moyo san sembrava tutt'altro che di poche parole.
    Lasciò le sue perplessità da parte, concentrandosi sulla spiegazione delle armi che lo shinobi stava mostrando loro.
    Mandò a memoria ogni informazione, aggiungendole a quelle che aveva letto sulle pergamene. Il kunai era senza dubbio un'arma versatile, questo doveva ammetterlo, sebbene preferisse le lame. Il suo obiettivo era di padroneggiare “Sussurro del Vento”, la doppia lama appartenuta a suo padre. Gli shuriken avevano delle potenzialità che lo intrigavano. Gli spiedi di contro, in un primo momento li aveva scartati nella scelta del suo equipaggiamento. Avevano risvolti interessanti, sebbene non gli piacesse l'idea di intingerli nel veleno. Era un comportamento lontano dalla sua natura. Poteva venire a patti solo con dei sedativi.
    Il sensei passò all'esercitazione. Era giunto per Tamashii il momento di mettere in pratica lo studio teorico.
    Il chunin aveva tracciato sul terreno la distanza sotto la quale non potevano andare per lanciare le armi.
    Il ragazzino si concesse del tempo per esaminarle. Prese uno spiedo, tenendolo tra l'indice e il pollice, lo osservò, facendo ruotare il polso. Ne saggiò la punta stando attento a non ferirsi. Era facilmente nascondibile. E sarebbe stato utile anche come complemento per gli strumenti che utilizzava nella realizzazione dei suoi progetti. Si rese conto di stare divagando.
    Per prima cosa vediamo dove spira il vento. Rifletté il giovane nomade. Nel deserto era importante capire l'intensità del vento.
    Inumidì l'indice sinistro con la saliva. Non era elegante, ma sottomano non aveva una borraccia d'acqua. Sollevò il braccio, chiudendo gli occhi. In una situazione di pericolo non avrebbe rinunciato alla vista, ma in teoria si trattava di un'esercitazione. Si concentrò sul senso del tatto e sull'ascolto del rumore del vento per percepire la direzione da dove spirasse.
    Riaprì le palpebre e si focalizzò sul bersaglio.
    Doveva mirare gli spiedi alle parti più delicate del corpo umano. Occhi, collo, ma anche l'interno dell'orecchio se uno possedeva una buona mira.
    Tirò uno spiedo di prova cercando di compensare con il vento.
    Occhi... Il primo lancio arrivò all'altezza del “terzo occhio”, rimbalzando all'indietro. Recuperò l'arma.
    Riproviamo... Questa volta risultò più centrato, ma il vento fece svirgolare lo spiedo all'ultimo.
    Ancora... Lo spiedo centrò il tronco di legno in corrispondenza dell'occhio destro, ma non si conficcò in profondità. Poco male, sulle parti molli avrebbe avuto più efficacia.
    Continuò mirando ai punti più vulnerabili finché non fu soddisfatto. C'era ancora molto margine di miglioramento, ma per il momento si sarebbe accontentato.
    Gli shuriken furono la seconda tipologia che scelse di provare. Ne prese uno in mano, ne saggiò il bilanciamento e l'affilatura sempre facendo attenzione a non tagliarsi. Gli piacevano proprio come armi. Potevano danzare con il vento.
    Il primo tiro che effettuò fu semplice senza imprimere alcuna trattoria parabolica. Voleva vedere l'effetto del vento su di esso.
    Lo shuriken si conficcò nel bersaglio, deviando leggermente dalla direzione di lancio. La penetrazione era migliore degli spiedi, ma le potenzialità erano nelle traiettorie che si potevano imprimere al momento del lancio.
    Riprovò più volte cercando di compensare l'effetto del vento. Prima utilizzando un solo shuriken. Poi aumentando di un'unità. La coppia risultava più difficile da gestire. Imprimere un movimento rotatorio ad entrambi andava a peggiorare la precisione. Il metodo d'attacco andava raffinato, serviva più coordinazione. Riprovò un tiro liscio per analizzare quanto il punto d'impatto differisse tra i due. Successivamente impresse una curva parabolica al lancio. Le prime volte li vide sfarfallare e conficcarsi disordinatamente nel tronco. Continuò fino a padroneggiare sufficientemente il tiro. Provò con tre shuriken. La raffica copriva una linea d'attacco migliore, ma la rapidità di lancio doveva aumentare se voleva che arrivassero praticamente in contemporanea sul bersaglio.
    Nei rotoli di pergamena aveva letto che tipologia di attacco potesse essere implementata fino a quattro armi di taglia piccola. Sospirò. Non era convinto che sarebbe stato in grado di gestirne quattro. La coordinazione richiedeva un notevole sforzo sia fisico sia mentale. Inoltre c'era da tenere in considerazione che l'aumentare del numero andava di pari passo con lo svuotare rapidamente l'arsenale di armi possedute. Era necessario ottimizzare il numero di armi per attacco.
    L'ultima arma era il kunai. Ripeté la metodologia di analisi. La forma diversa portava ad un differente bilanciamento. Non potevano essere nascosti a differenza degli spiedi, però offrivano una maggiore capacità di attacco in mischia e a distanza. Uno dei vantaggi risiedeva nel fatto che un vento leggero non influisse granché sulla traiettoria. Il tiro in linea retta arrivò al bersaglio all'incirca nel punto in cui Tamashii aveva mirato, all'altezza del cuore. Andò a recuperare l'arma ed osservò l'incisione all'interno del legno. Era più profonda. Riprovò altre volte per prendere dimestichezza con l'arma.

    Terminato il tempo concesso loro, Moyo san li richiamò.
    Dal suo commento sembrava soddisfatto del loro metodo di apprendimento.
    Non era passato molto tempo, eppure al ragazzino sembrava trascorsa un'eternità.

    La terza fase era rappresentata dal combattimento vero e proprio.
    Il sensei era stato chiaro, avrebbero dovuto attaccarlo, imbastendo una strategia di gruppo.
    Hayashi san, potremmo spostarci laggiù e studiare un metodo di attacco. Propose il giovane nomade al suo compagno di corso. Moyo san spero che comprendiate. Non era una questione di mancanza di fiducia, quanto piuttosto abituarsi alla riservatezza. Tamashii era ben conscio che le distanze non avrebbero fatto la differenza, se il sensi avesse voluto ascoltarli, ma si fidava della sua correttezza.
    Moyo san vuole che collaboriamo. Ha senso, considerando il divario di esperienza tra noi e lui. Esordì assumendo un'espressione pensierosa. In questa fase è necessario coordinarci e pressarlo, cercando di non dargli tempo di attaccarci in momenti separati.
    Entrambi concordarono sul portare l'offensiva attraverso due vettori differenti. Hayashi si propose per un attacco frontale mentre Tamashii avrebbe dovuto cercare di colpire il sensei alle spalle. Possibilmente saltando per attaccarlo dall'alto. Il ragazzino rifletté sulla proposta, visualizzando l'azione nella mente.
    Al nostro grado di preparazione non penso sia fattibile. Chi deve compiere un semicerchio partirebbe troppo presto rispetto all'altro. Osservò. L'ideale sarebbe arrivare in contemporanea. Inoltre uno di noi potrebbe creare un diversivo per supportare l'altro nella prima fase dell'attacco.
    Ritornò nella sua stanza della mente tentando di immaginare i possibili scenari.
    Ti propongo una variante. Le mie azioni saranno di supporto per cercare di avvantaggiarti nei tuoi attacchi. Ti spiego la mia idea. Disse cominciando a spiegare il piano. Ci posizioniamo entrambi davanti a lui ad una distanza che ti permetta di raggiungere Moyo san rapidamente. Io dovrò necessariamente partire per primo compiendo una traiettoria curva discendente verso la tua sinistra, ossia la destra per il sensei. Raggiunta una certa distanza da lui, che mi permetta di raggiungerlo subito dopo il tuo arrivo, lancerò tre shuriken in un unico attacco nel tentativo di distrarlo, in modo da permetterti di partire in corsa e compiere il primo attacco in mischia. Successivamente chiuderei le distanze compiendo una spazzata su Moyo san per supportare uno dei tuoi successivi attacchi. Non posso prevedere quale. Che ne pensi? Non garantisco che funzionerà. Non ho un criterio di valutazione sulle capacità del nostro avversario.
    Il compagno sembrò concordare con la sua strategia.
    Il passo successivo sarebbe stata di metterla in pratica.

    Tamashii si posizionò sulla sinistra di Hayashi. Si concentrò un istante per percepire la direzione del vento.
    Non ci fu un segnale visibile tra i due, quando il ragazzino di Suna partì verso il sensei, cominciando a compiere una traiettoria curva [Azione Gratuita]Movimento 6 metri
    Velocità 100
    . Dimezzata la distanza, il figlio del vento lanciò in un unico attacco tre shuriken, mirando all'altezza della spalla destra [Slot Azione I]Forza 100
    Velocità 100
    Shuriken potenza 5
    . Imprimendo un movimento rotatorio, le tre armi avrebbero dovuto aprirsi a ventaglio in modo da aumentare i vettori di attacco sul corpo del sensei: spalla destra, petto, fianco sinistro. Lo scopo di Tamashii era tentare di attirarne l'attenzione, non si illudeva che sarebbe stato facile colpirlo, per permettere ad Hayashi di azzerare le distanze e sferrare un primo colpo con il vantaggio della distrazione. Naturalmente non sempre i piani sopravvivevano alla fase pratica. Mantenendo la concentrazione avrebbe continuato la sua corsa verso il chunin [Slot Azione II]Movimento 6 metri
    Velocità 100
    , concludendo il suo movimento con una spazzata nel tentativo di sbilanciare Moyo san [Slot Azione III]Forza 100
    Velocità 100
    .
    Il resto sarebbe spettato al compagno.

    Chakra: 10/10
    Vitalità: 8/8
    En. Vitale: 30/30
    Statistiche Primarie
    Forza: 100
    Velocità:  100
    Resistenza: 100
    Riflessi: 100
    Statistiche Secondarie
    Concentrazione: 100
    Agilità: 100
    Intuito: 100
    Precisione: 100
    Slot Difesa
    1: ///
    2: ///
    3: ///
    Slot Azione
    1: Lancio
    2: Movimento
    3: Spazzata
    Slot Tecnica
    1: ///
    2: ///
    Equipaggiamento
    • Rivestimento Mimetico × 1
    • Tonico Coagulante Minimo × 1
    • Occhiali × 1
    • Tonico di Ripristino Minimo × 1
    • Shuriken × 3
    • Kunai × 2
    • Dadao × 1
    • Filo in Acciaio [10m] × 1
    • Specchietto in Metallo × 1
    • Respiratore × 1
    • Accendino × 1
    • Bottiglietta di Alcool × 1
    • Sonagli [x5] × 1

    Note
    ///


  7. .

    La Via del Guaritore


    II




    Un flebile mormorio raggiunse il mio udito.
    Non mi ero resa conto di essermi addormentata. La stanchezza aveva preso il sopravvento approfittando del rilascio della tensione.
    Rimasi in quel particolare stato di dormiveglia, cercando di concentrami su quel sussurro.
    Yuki... Chissà a chi apparteneva quel nome. Avrei voluto chiederglielo, aprire gli occhi e fargli capire che ero lì, destata dalle sue parole.
    Non lo feci. Finsi di dormire. Sentivo che non era il momento adatto. Lui aveva bisogno di restare da solo con i suoi pensieri, metabolizzare l'accaduto. Quando sei un passo dalla morte non sempre è facile ritornare.
    Ora... ancora un flebile suono. Ora sei qui, sei vivo, ma non a tutti basta questa verità. Ripensai a Yami, Per lui vivere non aveva avuto più alcun significato dopo quell'ultimo scontro.
    Non potevo fare a meno, per quanto mi sforzassi di non pensare, di tornare a quel ricordo.
    Due shinobi di Oto il cui fato correva parallelo, andando incontro ad un avversario che li aveva sconfitti.
    La morte di qualcuno come si può giustificare?
    A quel tempo se fossi stata lì, l'avrei fermato dal quel gesto autodistruttivo. Eppure non sarebbe stato un atto egoistico decidere per lui? Condannarlo alla prigionia, incatenare il suo spirito, spezzato dalla sconfitta, pur di farlo vivere. Ero un medico, avevo fatto un giuramento, ma ci sono casi in cui quel giuramento avrebbe potuto portare a conseguenze ben più dolorose della morte.
    Ed ora il ciclo si stava ripetendo. Tasaki non era morto. Lentamente ne stava prendendo coscienza. L'avversario non gli aveva inferto il colpo di grazia. I medici erano riusciti ad evitare che morisse per le ferite riportate. Io avevo cancellato l'infamia incisa sulle sue carni. Mi ero arrogata il diritto di decidere per lui, per concedergli un istante di tregua, per non caricarlo di un marchio che avrebbe potuto scarificare il suo spirito.
    Il segreto non poteva essere mantenuto per sempre. La verità riesce sempre ad emergere. L'unica nostra scelta è trovare l'occasione adatta.
    Purtroppo a volte quel momento sembra non arrivare mai. Si ha paura di ferire l'altro con le nostre parole. Un atto di compassione che può rivelarsi una lama a doppio taglio. Una lama in grado di ferire quando si attende troppo. E in quel preciso istante la verità esplode addosso alla persona che si voleva proteggere.
    Fuori da questo riparo sicuro, le voci stavano correndo e presto o tardi sarebbero arrivate anche alle orecchie di Tasaki.
    Era il mio compito fare in modo che quanto successo mentre lui era esanime, potesse essere affrontato in maniera razionale, possibilmente senza causare ulteriori lesioni.
    Non conoscevo il giovane che avevo soccorso.
    Era il momento di scambiare due parole con lui, stando attenta a non farlo affaticare.
    Dovevo apprendere la sua versione dei fatti, conoscere le motivazioni che l'avevano spinto allo scontro, trovare il modo per rivelargli l'esistenza dell'infamia; il marchio che avevo cancellato, quando era ancora privo di conoscenza.
    Aprii gli occhi e diressi il mio sguardo verso di lui. La luce riflesse la parte umida della guancia. Le lacrime della consapevolezza di essere tornati. Solo che non sapevo se era questo il suo desiderio.
    Mi alzai dalla sedia, mi disinfettai le mani ed estrassi dalla confezione una garza sterile.
    Ritornai da Tasaki e con estrema delicatezza tamponai la parte di pelle bagnata.
    Mi dispiace, non posso fare di più per te. Osservai, con una sfumatura di tristezza nel tono della voce. Quando ti sentirai di parlare, posso raccontarti quello che è successo dopo che sei svenuto, però devo sapere se sarai in grado di affrontarlo. Te la senti di raccontarmi le tue motivazioni? Con la mano libera gli spostai una ciocca di capelli per liberare la fronte.
    Io vado a preparare del tè, spero che tu ne gradisca un bicchiere. Le tazze erano un lusso che la guardiola non poteva permettersi.
    Gettai la garza nel contenitore per lo smaltimento, disinfettai ancora una volta le mani e mi diressi verso il fornelletto.
    Ko aveva sollevato il muso e mi stava osservando. Gli sorrisi.
    Aprii il contenitore e versai alcuni cucchiaini di tè, mentre aspettavo che l'acqua si scaldasse.
    Attesi che lui mi parlasse.
    E' vivo, sa di aver perso... C'è speranza che sia in grado di risalire il baratro...

  8. .

    Il Figlio del Vento


    Il vento è cambiamento

    intro



    Narrato Parlato Pensato>Parlato nel linguaggio natio

    Oasi del Fuoco, Anauroch



    La luna era alta nel cielo, silente regina della notte stellata. Il chiarore si rifletteva su quelle lande sabbiose mutevoli, scolpite dalla brezza capricciosa.
    L'oasi era immersa nel sonno. A poca distanza da un intrusione rocciosa erano state erette un gruppo di una ventina di tende dai colori del sole e del fuoco, ornate con motivi che ricordavano refoli di vento. Una polla d'acqua, preziosa alleata in quell'ambiente proibitivo, completava il quadro.

    Una mano scostò lentamente uno dei drappi d'ingresso. Una figura minuta sbucò fuori silenziosamente, zaino in spalla. Si curvò all'interno per recuperare l'ultima sua creazione: una tavola di legno dai bordi arrotondati. Di dimensioni contenute, non raggiungeva l'altezza del suo proprietario, ma era sufficientemente ingombrante perché il giovane nomade fosse costretto a trascinarla sul terreno sabbioso.
    Non era la soluzione ideale per non dare nell'occhio, le scie che lasciava ad ogni passo avrebbero tradito la sua destinazione. E sarebbe finito in punizione per l'ennesima volta.
    Suo nonno paterno era stato categorico: quell'asse di legno era pericolosa.
    Tamashii sospirò. Conosceva i rischi, li aveva valutati. Aveva rivisto il progetto così tante volte da aver segnato in maniera indelebile la carta su cui aveva disegnato lo schema della tavola.
    Questa volta non si sarebbe tirato indietro. Desiderava assaporare la libertà di quel mare di sabbia un'ultima volta, prima di abbandonare la sua famiglia.
    Era il destino che lo aveva segnato dalla nascita. I “figli del vento” dovevano far ritorno alla loro dimora ancestrale, al loro clan d'origine: i Chikuma.
    Un sussurro nella lieve brezza che si era levata, il delicato sbattere d'ali e il Coelurosauravus planò sulla sua spalla sinistra. La lucertola volante avrebbe condiviso anche questa avventura fanciullesca.
    Il ragazzino sapeva orientarsi di notte, la sua scuola era stata la natura stessa.
    Nei giorni precedenti aveva perlustrato la zona con la scusa di studiare la fauna e la flora attorno all'oasi. E nei suoi giri aveva trovato una serie di dune che potevano servire allo scopo.
    Uscire dall'accampamento risultò più facile del previsto, grazie alla collaborazione delle sentinelle, che avrebbero chiuso un occhio. In fondo Tamashii era il nipote del capo clan del Popolo del Vento.
    Il deserto lo circondò nel suo silenzioso abbraccio. Il ragazzino si calcò sulla fronte il berretto, avvolgendo la sciarpa attorno al collo. La temperatura si era abbassata con il calar del sole.
    Raggiunse la bassa sporgenza di roccia dove aveva scelto di fare campo e montò una tenda da viaggio. Si strinse nella coperta lasciando che il Coelurosauravus si insinuasse all'interno in cerca di calore. Attese l'arrivo del nuovo giorno.
    Le prime luci dell'alba filtrarono attraverso il tessuto grezzo del suo riparo. Tamashii aprì gli occhi, destandosi dal dormiveglia in cui era caduto durante la notte. La lucertola sbucò da sotto le coltri, arrampicandosi sul braccio del ragazzino.
    Il cielo era terso, una piacevole brezza si era levata smuovendo la sabbia in superficie.
    Il vento non dovrebbe essere un problema, non nella prima parte della giornata... osservò il giovane nomade, nella sua lingua natia dalle sfumature musicali, rivolendosi alla lucertola alata. E non credo che avremo il tempo di confutare le mie previsioni. Conoscendo mio nonno, avrà urlato alle sentinelle di guardia e si sarà messo alla nostra ricerca. Nel migliore dei casi potremmo concederci due discese. Considerò, afferrando la tavola e incamminandosi lungo il crinale sabbioso.
    La vista dalla sommità era una visione da togliere il fiato per chi, come lui, amava le lande desertiche.
    Poggiò la tavola sul limitare del pianoro, pericolosamente in bilico. Salì sull'asse, incastrando i piedi nelle scanalature che aveva realizzato. L'idea l'aveva presa da una tavola realizzata per scivolare sulla neve. Il principio base ero lo stesso, variava l'attrito. La parte inferiore era stata lucidata con la cera in modo da migliorare la velocità di discesa.
    Pronto Koryukaze? Chiese al Coelurosauravus. Il rettile lo fissò con il suo muso allungato, la lingua schioccò fuori dalla bocca.
    Lo prendo per un si. Osservò il ragazzino, calandosi davanti agli occhi gli occhiali, la sciarpa a coprire naso e bocca.
    Si diede la spinta necessaria per precipitare nel vuoto. L'impressione iniziale fu molto simile, ma la sabbia accolse la tavola, lasciandola scivolare sulla sua superficie.
    Non era facile mantenere l'andamento senza rischiare di rotolare. Il vento sferzava nella loro direzione, accompagnando la discesa. La velocità era in aumento. Tamashii doveva compensare per non finire steso a pancia in giù alla fine del pendio, dopo aver ripulito il terreno per alcuni metri.
    Gli agganci lo tenevano fermo sulla tavola, ma non avrebbero accompagnato la caduta.
    Rallentò la velocità zigzagando lungo la duna, cercando di mantenere stabile l'assetto. Non si curò dei rischi a cui stava andando incontro, era troppo preso dal godersi l'attimo.
    TAMASHIII!!! l'urlo portato dal vento, il tono di voce che aveva imparato a riconoscere dalla nascita. Il ragazzino guardò verso il basso. Suo nonno l'aveva rintracciato prima del previsto.
    Si trattò di un istante, ma perse la concentrazione. L'asse cominciò ad ondeggiare pericolosamente, seguendo una traiettoria che il giovane nomade non riusciva più a controllare.
    Pensa Tamashii e in fretta! Mormorò a se stesso, mentre la fine del crinale si stava inesorabilmente avvicinando.
    Alla base il nonno si stava sbracciando, gridando nella sua direzione.
    Lo so anche io che devo rallentare. Se solo non avesse sbraitato al quel modo. Commentò il ragazzino, sforzandosi di equilibrare con il suo peso lo sfarfallio della tavola.
    E quando finalmente sembrò che la situazione fosse gestibile, l'asse si stava dirigendo contro il capo clan.
    Ma non è possibile! Nonno, allontanati! Gridò, arrischiandosi a gesticolare con una delle mani.
    Pessima idea. L'asse scelse di non obbedire al suo inventore, riacquistando velocità. Il ragazzino fece appena in tempo a sganciarsi dalle attaccature e saltare via, prima che la tavola cominciasse a ruotare su se stessa.
    Il giovane nomade si accucciò per attutire la caduta, ma una volta impattato contro la sabbia cominciò a rotolare verso il basso.
    La discesa terminò in una nuvola di sabbia, che al suo diradarsi, mostrò Tamashii disteso a faccia avanti con i vestiti rovinati.
    Davanti ai suoi occhi poteva soltanto vedere gli stivali del nonno, offuscati dalla sabbia che aveva coperto le lenti.
    L'anziano attese che il nipote riprendesse fiato.
    Riesci ad alzarti? Gli chiese con un tono di voce per nulla rassicurante.
    Il ragazzino si mise seduto. Riusciva a muovere gli arti senza provare dolore a parte qualche escoriazione di poco conto. I lividi sarebbero comparsi successivamente.
    Sei stato fortunato. Potevi romperti qualcosa. E che figura avesti fatto con il tuo clan d'adozione? Lo rimproverò tirandolo in piedi e costringendolo a guardarlo dritto negli occhi.
    Era conscio della , che la sua nascita comportava. Non l'aveva mica fatto apposta.
    Mi dispiace... non fece in tempo a finire, che l'uomo gli poggiò una mano sulla testa, accarezzandola.
    Sarai sempre libero come il vento, Tamashii. Nessuno incatenerà il tuo spirito. Il dono che ti viene fatto è di abbracciare fino in fondo la tua eredità. Quando sarai pronto sarà il vento stesso a chiamarti. Lo rassicurò. Torniamo all'oasi, ho una lettera da consegnarti. Aggiunse, incamminandosi verso l'accampamento.
    Una lettera? Per me? Fece eco. Si affrettò a recuperare le sue cose e seguì il nonno.


    Una settimana dopo
    20 aprile dell'anno 41
    Campo di addestramento 43,
    Paese del Fuoco
    Territori dell'Accademia



    Tamashii era confuso. Tutto si sarebbe aspettato tranne una lettera di convocazione da parte dell'Accademia. Perché gli era stato imposto di partecipare ad un corso di addestramento? Cosa doveva dimostrare? A chi doveva provare di essere degno di entrare a far parte del nuovo clan?
    Non comprendeva le motivazioni, ma aveva rispettato la decisione del nonno.
    Era stato un viaggio istruttivo, per chi conosceva solo il deserto.
    Il luogo dell'incontro era circondato da una rete metallica, la foresta faceva da cornice.
    Per il nomade era tutto nuovo. Non aveva mai visto dal vivo un'esplosione di natura così rigogliosa.
    Varcò la porta della stessa fattura della recinzione, sentendosi a disagio. Era come se volessero imbrigliare il vento, la sua natura libera. Il campo non era soffocante in quanto a dimensioni, però l'essere confinato, non era nella sua natura. Lungo il percorso non potè fare a meno di notare fantocci di legno, travi dello stesso materiale, bersagli e altri oggetti dall'utilizzo a lui ignoto.
    Non fu il primo ad arrivare. Erano presenti un giovane sulla ventina, forse qualche anno di più, dagli occhi scuri e i capelli corvini. Aveva un'aria risoluta. Stava sorseggiando una bevanda calda, a giudicare dalle volute di fumo, che salivano dal bordo della tazza per poi disperdersi nell'aria. Lo sovrastava in statura. Tamashii era minuto, superava di poco il metro e cinquanta. Si poteva dire fossero agli antipodi. Il giovane nomade aveva i capelli biondi, le iridi dorate, la carnagione abbronzata e le vesti inusuali, tipiche del suo clan natio.
    Il secondo ospite era un ragazzo dai capelli verdi, la carnagione chiara, un'aria malinconica, non sapeva dirlo con certezza, non riusciva ad inquadrarlo. Forse anche lui aveva ricevuto la convocazione. Non sempre la logica era una buona consigliera.
    I suoi dubbi vennero fugati dalla presentazione del loro... istruttore? Come si sarebbe dovuto appellare a lui? Il giovane dalla chioma corvina.
    Sicuramente era un tipo curioso.
    Li tempestò di domande. Fin troppe domande tutte in una volta.
    Tamashii attese il suo turno. Inspirò profondamente e rivolse ai presenti un inchino mentre sulle sue labbra affiorava un sorriso.
    L'educazione prima di tutto. La sua famiglia gli aveva insegnato ad essere cordiale.
    Mi chiamo Tamashii... esitò ...Chikuma... vengo dal deserto dell'Anauroch... Suna... si affrettò ad aggiungere. Piacere.
    Un movimento dietro la schiena ricordò al ragazzino di non aver terminato la presentazione. Lui è Koryukaze, un Coelurosauravus. Spiegò con naturalezza, incurante del fatto che non tutti sapessero di che specie si trattasse.
    Prese tempo, invece, per rispondere al resto delle domande.
    Quali sono i miei sogni?
    Portare onore al clan Chikuma. Non tradire gli ideali che mi sono stati impartiti dalla mia famiglia di origine. Essere uno spirito libero come il vento. Il vento non può essere imbrigliato. Cosa significa essere uno shinobi? Una scoperta continua di un mondo, che conoscevo solo attraverso i rotoli di pergamena, i racconti degli anziani. Ho vissuto finora nel deserto, per me al momento un ninja è solo un nome. Il reale significato lo apprenderò con l'esperienza. Spiegò, con una certa enfasi. Riguardo il mio futuro, vorrei apprendere le arti curative e avere la possibilità di andare in esplorazione. Il mio stile di combattimento? Mi piacciono le armi da mischia. La mia famiglia si tramanda l'uso della doppia lama. E considero il vento un mio leale compagno dalla duplice natura: offesa e difesa.
    Non aveva altro da dire, non al momento.

    Chakra: 10/10
    Vitalità: 8/8
    En. Vitale: 30/30
    Statistiche Primarie
    Forza: 100
    Velocità:  100
    Resistenza: 100
    Riflessi: 100
    Statistiche Secondarie
    Concentrazione: 100
    Agilità: 100
    Intuito: 100
    Precisione: 100
    Slot Difesa
    1: ///
    2: ///
    3: ///
    Slot Azione
    1: ///
    2: ///
    3: ///
    Slot Tecnica
    1: ///
    2: ///
    Equipaggiamento
    • Rivestimento Mimetico × 1
    • Tonico Coagulante Minimo × 1
    • Occhiali × 1
    • Tonico di Ripristino Minimo × 1
    • Shuriken × 6
    • Kunai × 2
    • Dadao × 1
    • Filo in Acciaio [10m] × 1
    • Specchietto in Metallo × 1
    • Respiratore × 1
    • Accendino × 1
    • Bottiglietta di Alcool × 1
    • Sonagli [x5] × 1

    Note
    ///


  9. .

    Incontri: amico o nemico?


    Intro



    Una giornata come tante altre. Nulla da eccepire al riguardo. Un po' di sana monotonia riuscivo ancora a sopportarla. In fondo i miei primi anni ad Oto erano stati così burrascosi, che potevo godermi la tranquillità del dolce far niente. In teoria...
    In pratica, la mia posizione all'interno dell'Ospedale era... come potrei definirla?... fluida.
    Il trascorrere del tempo aveva creato una frattura, che avrei dovuto risanare prima o poi. Non sarebbe stato facile, questo lo sapevo fin troppo bene. E i conti in sospeso...
    ...Quelli sarebbero stati ancora più complicati da saldare...
    All'iniziale entusiasmo di essere ritornata, ben presto si era aggiunto un senso di nostalgia, di tristezza. Emozioni che avevo imparato a mantenere sotto controllo... il più delle volte.
    Oggi era così, quel particolare momento in cui i ricordi affioravano e non me la sentivo di riviverli all'interno delle mura del villaggio.
    Avevo bisogno di spaziare, di immergermi in quella natura misteriosa, pericolosa, ma a me cara, che era rappresentata dal “Bosco dei Sussurri”.
    Lasciai il villaggio presto quella mattina. Avvisai alle mura della mia intenzione di allontanarmi alla volta della foresta per l'intero giorno. Keima non era di turno. Peccato. Ancora non mi ero scusata con lui. L'invito a pranzo era ancora valido, dovevo solo trovare l'occasione per avvisarlo.
    Camminai all'inizio senza una meta precisa. Forse perché non volevo dirigermi in quel luogo, non ancora.
    Ko era al mio fianco. Il mio giovane compagno di viaggio: mi era sempre stato accanto in tutti quegli anni.
    Raggiunsi una radura e mi sedetti su un masso, che si ergeva solitario. Il giovane drago mi si acciambellò in grembo.
    Sollevai lo sguardo, osservando le nuvole, che scoorevano in quell'infinità azzurro cielo.
    Attorno a me i rumori della natura, rassicuranti per certi versi. Forse alcuni suoni, portati dal vento, potevano risultare inquietanti ad un udito non abituato, ma sempre meglio del silenzio più assoluto. In quel caso bisognava prepararsi al peggio.
    Il cucciolo sembrava pensarla diversamente. Aveva un'espressione vigile.
    Dovresti goderti questi attimi. Non so per quanto tempo avremo la possibilità di fingere di essere due semplici viaggiatori. Cercai di rassicurarlo, accarezzandogli la testa.
    I raggi di sole rendevano lucenti le sue scaglie azzurro chiaro.
    Ragazza ninja, ma questo non è esattamente un bosco privo di pericoli. Mi fissò con le sue iridi smeraldine.
    Non potevo negare la sua affermazione, però...
    Nessun luogo lo è. Basta esserne consapevoli. Non credere, non ho abbassato la guardia, ma allo stesso tempo non intendo privarmi di questo spettacolo. Non avevo dimenticato l'amore per la natura, che mi aveva trasmesso mio padre, Ryukage Nara.
    Se lo dici tu... Quel commento mi strappò un sorriso.
    Vediamo... Si narra che se dai un calcio ad uno dei sassi, non semplici sassolini, potresti finire all'interno di uno dei laboratori segreti di Orochimaru. Riflettei, cercando di assumere un tono di voce serio, picchiettando le labbra con l'indice destro.
    Davvero? Lo vidi sporgersi ad osservare il masso su cui eravamo seduti.
    Mh... Vogliamo provare? Lo presi in braccio e mi alzai. Se avessi dato un calcio alla pietra non sarebbe finita molto bene, questo lo sapevo, ma potevo spostarla.
    Se ti sollevi in volo, verifichiamo se la diceria sia vera.
    Mi inginocchiai davanti al masso; per mia fortuna non avevo a che fare con un macigno. E lì si che avrei fatto una figura decisamente ridicola, non che quello, che mi stavo per apprestare a fare, non lo fosse.
    Spinsi la pietra facendola strusciare sul terreno erboso. Mi concentrai per non arrossire.
    Dannazione a me e alle mie idee malsane! Imprecai mentalmente.
    Non c'è nulla! Percepii una sfumatura di delusione nel tono della sua voce.
    E' solo una leggenda. Osservai. Omisi, che, in alcuni casi, quella stessa leggenda avesse un fondo di verità. Anni prima con Ledah mi ero imbattuta in un esperimento di Orochimaru, ma si era trattato di un caso fortuito.
    Andiamo Ko, vorrei mostrarti un posto. E' giunto il momento. Commentai con una certa enfasi.
    Camminammo all'interno della foresta, facendoci strada nel sottobosco. Di tanto in tanto prendevo bonariamente in giro Ko raccontandogli aneddoti sulle creature, che avremmo potuto incontrare.
    I rospi allucinogeni? mi fece eco Ko.
    Non rammento il nome scientifico, ma scherzosamente li avevo soprannominati “ipnorospi”, a causa del veleno che secernevano. In tutta sincerità, non ho la più pallida idea se esistano ancora o si siano estinti. Ammisi, mio malgrado.
    Percorremmo il sentiero che costeggiava un corso d'acqua fino ad un ponte. Mi fermai per un istante. Rividi la me stessa del passato appoggiata al parapetto. Un'ombra le era accanto. Non diedi un volto a quell'apparizione: sapevo a chi appartenesse.
    Attraversai a passo lento, lasciando scorrere la mano sinistra sulla mancorrente.
    Era un gioco crudele, mettermi alla prova in questo modo. Cosa volevo dimostrare? Di essere cambiata? Che i ricordi, quei ricordi non mi avrebbero più ferito?
    Dove porta questo sentiero? La domanda del mio compagno, mi riportò alla realtà.
    Conduce ad una cascata. E' un posto isolato. Però merita di essere visto.
    Mancava poco alla nostra destinazione, potevamo udire lo scrosciare dell'acqua.
    Ko, siamo quasi arriv... mi interruppi di scatto.
    Afferrai al volo il cucciolo, nascondendomi dietro il tronco di un albero.
    Che succede? Feci segno al drago di zittirsi.
    Non siamo soli... sussurrai, tenendolo tra le braccia.
    Che facciamo allora? Lo sentii replicare, mantenendo il tono di voce basso.
    Non presi, per il momento, in considerazione la possibilità di tornare indietro.
    Feci cautamente capolino da oltre il tronco. Per un breve istante i ricordi offuscarono la mia vista.
    Kailei... fu solo un sussurro, poi tutto tornò com'era prima.
    L'intruso si era appropriato della polla d'acqua e sembrava godersi la situazione.


    Che bel panorama. Ora capisco, perché volevi venire qui...
    Si, davvero un bel panorama. Mi lasciai sfuggire, notando il corpo muscoloso privo di vestiti.
    Shinny, io mi stavo riferendo al posto. Tu?
    Ovviamente anche io! Mi affrettai a replicare, arrossendo visibilmente.
    Tirai la testa all'indietro e feci lo stesso con Ko. Ma che razza di commenti faceva?
    Lo sconosciuto sembrava non essersi accorto della nostra presenza. Non ne potevo essere certa, solo fare supposizioni. La distanza, che intercorreva tra noi, in teoria doveva essere sufficiente a tenerci al sicuro, soprattutto se quella persona non avesse avuto modo di sospettare di essere spiato.
    Ok, spiato, forse era una parola grossa. Non era nei miei progetti dividere il posto con un nudista, però era il mio luogo. Si, d'accordo non era di mia proprietà ed era raggiungibile da chiunque, però... era il mio luogo preferito.
    Lo era stato... fui costretta ad ammettere con me stessa.
    Pensi sia un nemico? Ma perché il cucciolo doveva sempre interrompere a sproposito le mie fantasticherie?
    Sospirai.
    Non lo so, potrebbe essere un abitante di Oto. Ma non è che al momento abbia un segno distintivo sul suo... Era difficile non ripensare ai muscoli. Insomma, Ko, hai capito! Non è che tutti si tatuino addosso il simbolo di appartenenza al villaggio. La situazione si stava facendo paradossale, al limite del ridicolo. Per non parlare dei commenti sussurrati.
    Mi riaffacciai sempre con le dovute cautele. Sarebbe stato esilarante spiegare il mio comportamento, se si fosse accorto di me.
    Forse si era accorto e voleva vedere dove volessi arrivare. In questo caso non un nemico, oppure si?
    Mi concentrai per studiare l'intruso. Non avendo un nome, scelsi di rifermi a lui con quell'appellativo.
    Molto interessante... osservai a bassa voce.
    Questa volta a cosa ti stai riferendo, ragazza ninja? Ko, fece capolino da sotto la mia testa.
    Al suo chakra, alla sua persona, ma non nel senso che pensi tu. E ai suoi compagni di viaggio. Interessanti e letali creature.
    Eppure non erano stati loro ad attirare la mia attenzione, ma i riflessi scuri provenienti dalla parte inferiore del suo corpo. Dalla mia posizione non potevo essere sicura che non si fosse trattato di un effetto ottico. Socchiusi gli occhi. Che stava succedendo? Avrei dovuto analizzare l'effetto da vicino. Mi ritrassi. Poggiai la schiena contro il fusto legnoso. Era la prima volta che mi capitava di vedere una cosa simile. E sebbene fossi un medico, probabilmente non sarebbe stato molto educato piombare all'improvviso e chiedere la ragione di tale particolarità.
    La curiosità uccise il gatto. Vocina fastidiosa. Io non ero un gatto, per cui...
    Rifeci capolino, questa volta ero intenzionata a mostrarmi.
    Come non detto! Mi nascosi rapidamente. Non sarebbe stato salutare intromettermi in un allenamento con una mantide troppo cresciuta. Come Kaworu sama e le sue tigri. Perfetto! La mia mente stava correndo libera nel vento.
    Avrei atteso.
    Ko, sbircia di tanto in tanto e avvisami quando hanno finito.
    Per carità, sarebbe stata un'ottima idea prendere informazioni sul suo stile di combattimento, soprattutto se si trattava di un avversario. Non potevo dare per scontato che non lo fosse. Però mi sentivo un po' in imbarazzo ad osservarlo.
    Finito.
    Eh?
    Ha finito. Guarda tu stessa.
    Il combattimento non aveva lasciato indenne il corpo dell'intruso.
    A questo punto sarebbe stato il momento giusto per palesarmi.
    Potevo sempre offrirmi di curarlo, accelerando la rimarginazione delle ferite.
    Uscii dal mio nascondiglio, camminando in piena vista, con movimenti lenti, il viso rilassato, senza mostrare alcuna volontà offensiva. Il cucciolo aggrappato sulla mia schiena.
    Salve, sembra che abbiamo un luogo che interessa ad entrambi. Esordii, mantenendo un tono di voce pacato, senza distogliere lo sguardo dai presenti. Nessun inchino per il momento. Non posso fare a meno di notare... mantieni lo sguardo fisso, Shinny... che siete ferito. Se permettete, potrei curarvi. Sono un medico. Terribile, come presentazione.
    Dimenticavo, sono Shinodari Kazekumo, lui è Ko... e voi... intruso... signore? Aggiunsi, quasi un ripensamento.
    Le mie parole erano sincere. Prima di ogni cosa veniva il mio giuramento come medico.
    Ma avrei aiutato un amico o un nemico? Questa era la domanda, che non riuscivo a scacciare dalla mia mente.




  10. .

    La Via del Guaritore


    Intro




    Quando pensi che il passato non possa più tornare.
    Quando pensi che i ricordi non possano più ferirti.
    La storia non ammette tregua.
    Il flusso degli eventi è destinato a ripetersi.



    Non saprei dire se fu il fato a guidarmi o una semplice coincidenza. Mi ero ritrovata nelle vicinanze del cancello occidentale, immersa nei miei pensieri.
    Ko mi volava accanto in silenzio, sfruttando il leggero vento che si era alzato da qualche minuto.
    Qualcuno mi oltrepassò di corsa, sembrava avere una certa fretta. Lo seguii con lo sguardo, per poi ridirigerlo in direzione dell'ingresso.
    Feci cenno al cucciolo di seguirmi, mentre acceleravo l'andatura.
    Oltre il cancello, a poca distanza dalla base delle mura, un gruppo di guardie si trovava accanto al corpo di un giovane. Era disteso al suolo, la schiena in contatto con il terreno.
    Che è successo? Domandai loro, avvicinandomi al corpo esanime.
    Uno degli shinobi si voltò nella mia direzione, aveva un'espressione interrogativa sul volto.
    Chi siete? Non è uno spettacolo per voi. Stiamo aspettando la squadra medica, dovrebbe essere qui a momenti. Osservò in tono secco.
    Non me la presi, il tempo trascorso lontano dal villaggio aveva cancellato il mio ricordo. Non potevo pretendere che si ricordasse di me.
    Shinodari Kazekumo... Jaku? Non sembrava sortire alcun effetto Ninja medico di grado chunin, se mi lasciate passare posso controllare le sue condizioni. Aggiunsi, fronteggiando lo sguardo dell'altro.
    Avete un documento che attesti la vostra... Si interruppe. Uno degli altri colleghi gli stava dicendo qualcosa. Sebbene il timbro di voce fosse volutamente basso, non era un ostacolo per chi, come me, aveva un udito sviluppato.
    Shinodari... bla bla... ex... bla bla... ex... bla bla... Decisamente troppi ex, sospirai E' arrivata... bla bla... Il drago... bla bla...
    Ragazza ninja, non è che muore prima te lo lascino curare? Osservò Ko, fissando il giovane.
    In effetti non è che avesse tutti i torti.
    Se non è un problema, io mi occuperei di lui, mentre voi continuate a scambiarvi informazioni sul mio conto. esordii assumendo un'aria angelica, facendomi strada per raggiungere il mio paziente.
    Mi sedetti sui talloni per osservarlo meglio. Chiunque fosse stato il responsabile, non c'era andato leggero. Ad una prima occhiata, sembrava che la maggior parte delle ferite presenti avessero smesso di sanguinare.
    Mi concentrai nel fermare il sanguinamento di quei brutti tagli attorno ai polsi e alle caviglie, lasciando fluire il mio chakra curativo per rimarginare le parti lese.


    Successivamente mi focalizzai sul flusso di chakra e sull'entità dei danni inferti al corpo. Era privo di conoscenza, probabilmente un sonno indotto, da quanto potevo dedurre in base alle mie capacità di analisi. Abrasioni, ematomi, probabili ossa incrinate, ferite di varia profondità e quella scritta, che marchiava la parte corpo dal petto fino a poco sopra l'ombelico.
    Oto no Akuta... Mi sforzai di non pensarci, dovevo mantenere il sangue freddo.
    Fra quanto arriverà la squadra medica? Domandai, senza voltarmi nella loro direzione.
    Supponiamo a breve. Potevo attendere e lavorare in team con gli altri guaritori, probabilmente sarebbe stata la decisione più sensata. Non era in pericolo di vita, ma uno spostamento senza le dovute cautele poteva far precipitare il quadro clinico. D'altra parte quella frase incisa sulle sue carni, non doveva essere motivo di spettacolo. Andava rimosso da quella posizione. Quello che potevo fare per lui, ora, era di togliere il marchio prima che si risvegliasse, prima che quelle parole lo infamassero più del necessario. Purtroppo le notizie si sarebbero sparse fin troppo rapidamente. E io non potevo sapere se lui fosse consapevole di quella scritta. Ai drammi psicologici ci avrei pensato in un secondo momento.
    Non intendo aspettare la squadra medica in questo posto di passaggio. Esordii con un tono di voce, che non ammetteva repliche. Mi servono dei volontari, che mi aiutino a trasportare il ferito in un luogo più riparato. Aggiunsi, mentre riversavo il chakra curativo nelle zone più critiche, assicurando di non causare danni durante lo trasporto.
    Le guardie non sembravano entusiaste all'idea. Non potevo dar loro torto.
    Me ne assumo tutta la responsabilità. Mi alzai in piedi e mi girai, fronteggiandoli. Non intendo lasciarlo qui un istante di più.
    Ma non... Ancora una volta nuovi bisbigli attirarono la mia attenzione.
    Lei è l'allieva di “quella” persona. Quale persona? Che stai dicendo? Come quale...Bla Bla...Non ti dice niente? Non può essere... Un improvviso pallore comparve sul volto dello shinobi reticente, lo vidi indietreggiare, un riflesso condizionato più che vero timore, ma ebbe il sangue freddo di recuperare lucidità nel giro di pochi istanti.
    La mia sensei era solo un nome, una storia che si stava perdendo nel tempo. Un giorno sarebbe stata dimenticata, ma, per chi aveva vissuto il periodo di transizione, non era così facile dimenticare la sua eredità.

    Mi feci aiutare a trasportarlo nella loro guardiola, stando attenta che nessuno facesse movimenti bruschi, mettendo a rischio le cure effettuate per stabilizzarlo. Per il momento l'ospedale non era un'opzione.
    Lo feci adagiare sulla branda e con la massima cautela gli sfilammo le scarpe, che poggiamo sul pavimento ai suoi piedi; successivamente la parte superiore dei vestiti irrimediabilmente compromessi, lasciandolo a torso nudo. L'equipaggiamento lo adagiammo in un angolo. Osservai con un certo disappunto il resto dell'abbigliamento indossato, che violava ogni possibile norma igienica. Le scelte possibili erano solo due, ma rimandai la questione all'arrivo della squadra medica, sperando che avessero un camice sterile da far indossare al giovane.
    Sgombrai il tavolo, poggiandoci sopra la mia attrezzatura. Aprii il contenitore e presi un flacone di disinfettante per sterilizzarmi le mani. Per sicurezza. Poi rovistai alla ricerca del materiale che mi sarebbe servito.
    Glissai sul rispondere al motivo del perché andassi in giro con un kit di pronto soccorso nello zaino. Non avevo esattamente l'aspetto di un medico.
    In altre circostanze si sarebbe trattato di pura casualità. Quel giorno avevo scelto scientemente di portarlo, essendo intenzionata a fare un giro nelle zone più problematiche.

    Le guardie, che mi avevano assistito, tornarono al loro posto, con l'avviso di farmi raggiungere dalla team medico.
    Ko si era acciambellato sopra una delle sedie, il muso reclinato, gli occhi socchiusi.
    Nell'attesa di procedere alla rimozione delle cicatrici, mi riconcentrai sulla cura. Agii sulle zone più critiche, cercando di risanare dove potevo arrivare con le mie sole forze, per evitare che collassasse durante l'operazione. Era stato fortunato, si era spinto al limite e aveva rischiato di non tornare più indietro.
    Non potevo fare l'impossibile, una volta risvegliato, avrebbe dovuto restare a riposo per un po'. Una breve degenza in ospedale poteva essere una soluzione, per rimettersi rapidamente in sesto, sebbene non fossi sicura sul consigliare una tale ipotesi. Ancora dovevo comprendere appieno le dinamiche interne ed esterne della struttura.

    L'incontro con il team medico mi chiarì alcuni dubbi. Il giovane si chiamava Tasaki Moyo, un chunin, otese di adozione, che aveva sfidato a duello il Mizukage.
    Déjà vu... ma questa volta potevo intervenire, questa volta non sarebbe morto nessuno.
    Avevano prestato le prime cure allo shinobi, ma era stato imposto loro di non risvegliarlo. Ed erano stati testimoni impotenti dello sfregio sul corpo esanime dello sconfitto.
    Almeno gli era stata risparmiata quella umiliazione.
    Prima o poi avrebbe saputo: non oggi. Al suo risveglio non avrebbe avrebbe trovato alcuna cicatrice.
    D'accordo non era il luogo ideale, ma il gruppo di supporto aveva l'equipaggiamento necessario per renderlo il più sterile possibile. Dovendo agire in ambienti esterni all'ospedale, dovevano essere abituati a scenari ben peggiori.
    Dopo aver controllato i parametri vitali ed esserci sincerati che il paziente non fosse cosciente, iniziammo l'operazione.
    Procedetti con l'incisione della prima cicatrice. I tessuti sottostanti erano lesi, il taglio era sceso in profondità. Mentre i miei colleghi tenevano sotto controllo la lacerazione utilizzando le arti mediche, iniziai a ricucire gli strati di tessuto con il filo di chakra, partendo da quelli più in profondità risalendo fino alla superficie. Se funzionava per un arto amputato, sarebbe servito allo scopo anche in questo caso. Ogni volta stavo attenta a far combaciare le estremità, che venivano rimarginate con il chakra curativo. Un lavoro lento, scrupoloso, senza margini di errore.
    Esegui la procedura per le restanti scritte.
    Non mi resi conto del tempo che passava.
    L'operazione terminò senza complicazioni. Lavorare in team aveva i suoi vantaggi.
    Mi sentivo esausta e non faticavo a credere che lo fossero anche i miei colleghi.
    Un ultimo sforzo per sistemare tutto e poi ci saremmo potuti concedere qualche attimo di riposo.
    Riempii un bollitore e misi a scaldare l'acqua su un fornelletto, che si trovava su un ripiano del locale. Recuperai dei bicchieri, non mi aspettavo di trovare un servizio di tazze in fine porcellana. Servii il tè a tutto il gruppo: avevamo bisogno di bere qualcosa di caldo.
    Ancora una volta glissai sul perché mi portassi dietro una scatolina con la mia fragranza preferita.
    In realtà la risposta sarebbe stata fin troppo banale: adoravo quell'aroma.
    Sorseggiando la bevanda, compilai la mia parte di rapporto, che consegnai loro.

    Li salutai con un inchino formale. Sarei rimasta io a vegliare sul giovane.
    Una volta che avesse ripreso conoscenza, avrei valutato il trasferimento in ospedale.
    Avvicinai la sedia accanto alla branda. Ko dormiva placidamente.
    Tasaki aveva indosso il camice ospedaliero ed un lenzuolo lo copriva fino al petto.
    Il respiro era regolare, i parametri vitali nella norma. Il riposa l'avrebbe aiutato a riprendersi.
    Il riposo... una parola così allettante.
    Chiusi gli occhi.
    Solo per un istante... o così credetti...






    Off Topic
    Essendo una free, sono andata molto a sentimento.
    Ho sfruttato l'aiuto del team medico, che era stato chiamato per supervisionare lo scontro tra Tasaki e il Mizukage. Ho supposto che fossero preoccupati per le condizioni di salute di Tasaki. Ho semplicemente ritardato il loro arrivo al Gate e ho considerato che il Mizukage non fosse più presente alle mura.
    Tasaki non ha recuperato tutto, ma quello consentito dalle abilità mediche. La scritta è stata rimossa con un'operazione. Non era esattamente il luogo adatto, ma Shinodari ha operato in condizioni peggiori.
    Non penso sia un problema, in quanto la free non pregiudica il suo completo recupero per altre giocate.





  11. .

    Semplicemente... Ciao


    Intro






    Cosa si prova a ritornare nel luogo, che più di ogni altro, avevo imparato a chiamare “casa”?


    Un flusso di emozioni sommerse il mio animo. Nostalgia, commozione, allegria, senso di pace. Quest'ultimo sentimento, probabilmente, non era in tema con il villaggio, ma non mi importava.
    Se non mi fossi trovata a camminare in una delle vie più trafficate, avrei cominciato a saltellare da un piede all'altro, lasciando che l'euforia si impadronisse dei miei gesti. Sarebbe stato un quadro alquanto pittoresco, avrei attirato l'attenzione più del dovuto, ma...
    Eh, no... Troppi ma! Considerai, fermandomi di scatto.
    Ragazza ninja? Il mio compagno di avventura sollevò il muso nella mia direzione, fissandomi con aria interrogativa. Da quando avevamo lasciato il gate era rimasto accoccolato tra le mie braccia.
    Si era calmato, entrambi ci eravamo riappacificati con il mondo.
    Sai, Keima aveva ragione. Replicai, ripensando allo shinobi. Bisogna vedere la vita sotto un'altra prospettiva. Non importa se sono un tricorno maschio o l'ambasciatrice del pianeta Oscuria.
    Notai lo sguardo del cucciolo, che mi osservava con aria sempre più confusa. Quello che ha veramente valore è che sono ritornata. Non avrei mai dovuto andarmene, ma si fanno tanti sbagli quando si pensa di non avere più nulla per cui lottare. Mormorai a bassa voce.
    Dicevamo Ko? Gli scoccai un'occhiata penetrante. No, non avrebbe gradito. Vola Ko! Esclamai, lanciando il mio minuto amico in aria.
    Solievai le mie braccia verso il cielo, saltellando sul posto. SONO A CASA!!! gridai con quanto fiato avevo in corpo.
    Ragazza ninja, ma cosa... Lo vidi agitare freneticamente le ali per evitare di precipitare al suolo.
    Sono_a_casa

    L'istante successivo mi ricomposi, tentando di darmi un contegno. Dubitavo che sarebbe stato possibile, non dopo la mia esibizione.
    Con molta flemma mi incamminai lungo la strada, cercando di ignorare gli sguardi incuriositi delle persone che incrociavo lungo la strada.
    Per il mio imbarazzante spettacolo avevo scelto proprio una delle vie più trafficate a quell'ora del giorno.
    Non mi sarei stupita se avessi attirato l'attenzione più del dovuto. Non che fosse stata mia intenzione girare tenendo un basso profilo. Non all'interno delle mura. Non sapevo se la voce del mio ritorno si sarebbe sparsa, non sapevo neanche se questo avrebbe avuto una qualche rilevanza. Troppi anni mi separavano da quella che ero stata un tempo, dalle persone che conoscevo, dai miei amici.
    Svoltai in un vicolo per raggiungere una strada secondaria. Ko mi volava accanto, stranamente silenzioso.
    Mi fermai, approfittando di un momento in cui il passaggio delle persone si era diradato.
    Ti starai chiedendo il motivo del mio improvviso sbalzo di umore. Esordì, poggiando la schiena contro il muro e rivolgendo lo sguardo verso il cielo.
    Io lo definirei più un attacco di follia acuta, ragazza ninja. Non mi sfuggì la sfumatura risentita nel tono della sua voce.
    Suppongo tu abbia ragione, se vediamo la cosa dal tuo punto di vista. Considerai, percependo il refolo d'aria proveniente dallo sbattere delle sue ali.
    Perché esiste un altro punto di vista?

    Distolsi lo sguardo da quell'azzurro privo di nuvole, seguendo il suo volo. Lo vidi planare, posarsi sopra un basso muretto a poca distanza da me.
    Valutare la vita da una prospettiva differente, può infondere coraggio, il coraggio di ritornare sui propri passi. Riflettei con una punta di malinconia.
    Avevo perso il conto delle volte che ero fuggita da una realtà che non riuscivo a gestire. Avevo amato, avevo sofferto, avevo rinchiuso le mie emozioni, il cuore si era spezzato in così tanti frammenti, che avevo creduto di non riuscire più a ricomporlo.
    Avevo lottato, avevo seguito il mio credo a dispetto di tutto, avevo cercato di dare un futuro diverso ad un luogo che stava rinascendo dalle proprie ceneri, ma non era quella la strada... Oto non poteva dimenticare la sua identità, non poteva cancellare il sangue da cui era nata la nuova generazione di shinobi. Il villaggio era ombra, eppure io credevo nella sua luce, anche se si fosse trattato di un flebile bagliore.
    E questo contrasto, che non ero più riuscita a gestire, non dopo aver perso troppe persone a me care, mi aveva portato ad abbandonare la lotta, gli ideali, a fuggire da coloro a cui volevo dare una speranza.
    Il coprifronte, che avevo indossato per tanti anni, macchiato del sangue di chi desiderava un futuro, era l'emblema che, alla fine, si era trasformato in polvere.
    Un simbolo non dovrebbe etichettare la nostra personalità... Questo era quello in cui avevo sempre creduto, eppure riflettendo, negli ultimi tempi, mi ero resa conto che un simbolo aveva la forza di unire animi diversi, di donare uno scopo, che andava oltre la propria vita. Un diverso punto di vista... una differente realtà...
    Era il motivo per cui ero ritornata, uno dei motivi. Avevo lasciato troppe cose in sospeso, non avevo voluto vedere attraverso lo sguardo degli altri, ostinandomi a pensare che la mia visione pacifica fosse la più adatta.
    Adatta per chi? Non per uno shinobi, non per gli abitanti di un villaggio dal passato intriso nel sangue e nell'odio.
    La situazione era cambiata durante la mia assenza, non sapevo se in positivo, potevo solo sperarlo.
    Quello che desideravo veramente era proteggere Oto, la sua gente, non desideravo per loro un futuro in catene, una vita da misere cavie di qualche sperimentatore folle. Però...
    Si, c'era un però...
    Adesso ero disposta al compromesso. Potevo essere sia luce sia ombra. Potevo andare incontro ad una differente visione, non avrebbe snaturato il mio essere medico, il mio voler preservare la vita, la mia promessa. Ko ne era la prova. I suoi genitori non me l'avrebbero affidato, se non avessi giurato sul mio essere un guaritore prima che un ninja.
    Rivolsi un sorriso al cucciolo acciambellato, che si stava crogiolando al sole.
    Quando hai finito di perderti nei tuoi pensieri, mi daresti una delle pietre luccicanti che ti porti dietro? Ho fame! La sua era una protesta, accentuata dal brontolio del suo stomaco.
    D'accordo, ma rammenta che stanno per finire. Dopo dovrai accontentarti di piatti meno preziosi. Frugai nella tasca, astraendo una minuscola manciata di pietre semi preziose. Il dono di ringraziamento per aver aiutato degli amici in difficoltà. Gli porsi la mano con i frammenti di gemme.
    La rapidità con cui ingurgitava il cibo, mi lasciava sempre divertita.
    Mi fissò con un'aria speranzosa.
    Scossi la testa.
    No, non ne puoi avere altre. Era un tono di voce che non ammetteva repliche, ma era complicato con un cucciolo che ti teneva il broncio. Ko, sul serio, non posso procurarmi quel tipo di materiale facilmente come fanno i tuoi simili. Non accennava a darmela vinta. Sii ragionevole. Non ho idea se abbiamo ancora una casa o ci toccherà dormire all'addiaccio. Non era facile fare da tutrice ad un cucciolo di drago. Per favore, mi sono bastate le crisi adolescenziali di Ryutsuki, non mettertici anche tu. Per fortuna qualcuno era maturato negli anni, ma non potevo paragonare la sua crescita a quella di Ko. I draghi restavano cuccioli per molto tempo.
    Mai io ho fame... Sei crudele, ragazza ninja.
    No, non era corretto quello che stava facendo. Non poteva farmi sentire in colpa, non ora. Avevo ancora qualcosa da fare, prima di dargliela vinta.
    E quella cosa la stavo procrastinando da quando avevo messo piede all'interno del villaggio.
    Sospirai.
    Non potevo fuggire per sempre da lui.
    Ko, senti, facciamo così. Risolvo una certa questione in bre... nel tempo che servirà e poi andiamo a mangiare in uno dei locali. E visto che ci siamo, invitiamo anche Keima.
    L'espressione stralunata, che si dipinse sul suo muso, mi strappò una risata.
    No, non sono impazzita. Mi affrettai a spiegare. Devi sapere che mi sento in colpa. L'ho trattato molto male al gate. Eppure la prima volta che ci siamo incontrati, avevo fatto di tutto per proteggerlo dai metodi di insegnamento... feb... otesi. Mi corressi al volo.
    Febotesi? Che significa? Non ho mai sentito questo termine.
    Non aveva tutti i torti.
    E adesso che mi invento? Febotesi è un modo di dire che si usa qui ad Oto... Mi scontrai con la sua aria dubbiosa. Il febotese è un tutore per quelle persone che hanno bisogno... di una... guida... per essere inseriti nella società. Questa l'avevo sparata grossa. Febh aveva un concetto tutto suo di “vita sociale”.
    Guarda che a me non sembra sia servito con Keima. Considerò il mio piccolo amico.
    In effetti.
    Non sempre è un metodo funzionale. A volte basta lasciare che la persona segua la propria strada.
    Ko era ancora più scettico.
    Ti sei resa conto che ha versato il sale dietro di noi, dopo averti salutato?
    Ah si? assunsi un'espressione innocente. Non me ne ero accorta. Non ho gli occhi dietro le spalle. E anche se fosse? Alla fine ha mostrato una certa... empatia... Ok, molto distorta, ma non era il caso di puntualizzare. E poi tu come avresti fatto a vederlo?
    Sono un drago. Che voleva dire tutto e niente. Sospettavo che avesse sbirciato, mentre lo tenevo in braccio.
    D'accordo, ne riparleremo più tardi. Ora che ne diresti di andare prima che chiudano l'amministrazione? Esordì, cominciando ad incamminarmi lungo la via.
    Eh? Non starai dando la colpa a me del tuo ritardo, vero?
    Finsi di ignorarlo.
    Ragazza ninja! SHINNY!
    Sentii lo sbattere delle ali e la successiva pressione sulla mia spalla destra, che conoscevo fin troppo bene.
    Hai ragione, ma ho paura... Ko... Ho paura di incontrarlo. Mormorai, fissando la traversa, che avrei dovuto imboccare.
    E perché mai? Non siete amici?
    Un tempo, ora non lo so. Gli ho affidato la gestione del villaggio perché mi fidavo di lui... Mi fido di lui... Perché gli avrei affidato la mia vita... Perché era al mio fianco... Ma ora, dopo tutti questi anni senza dare mie notizie... con che coraggio mi presento davanti a lui? Ammisi.
    L'amicizia si distrugge così facilmente tra voi umani? Non è in grado di superare gli ostacoli?
    Aveva ragione, però...
    Non c'era anche lui quando ti hanno salvata?
    Si, c'era... Il gruppo di Shaina mi aveva trovata per primo, ma lui era venuto a cercarmi.
    Di cosa hai paura Shinny?
    Di cosa ho paura?
    Di perdere qualcuno che avevo dato per scontato. Solo perché lui c'era sempre per me, sin dal nostro primo incontro, perché sapeva strapparmi un sorriso anche quando ero triste, perché non mi aveva abbandonato... Io cosa avevo fatto per meritarmi tutto ciò?
    Avevo tradito la sua fiducia.

    Per quanto cercassi di seguire un percorso tortuoso, per quanto fingessi di non ricordare la sua ubicazione, alla fine mi ritrovai davanti all'edificio. Non era esattamente lo stesso stabile che ricordavo, ma restava pur sempre la sede amministrativa.
    Forse si tratta solo lavori di ammodernamento. Non saltiamo subito a pericolose conclusioni. Se il Kokage l'ha riconfermato, non può essere stato così disastroso. Sapevo di mentire a me stessa.
    Mi avvicinai cautamente, trattenendomi dall'usare qualcuna delle mie abilità.
    Dovevo essere positiva.
    L'edificio sembrava reale, non una qualche facciata di cartone o un'illusione ben realizzata.
    Eh no, non ci provare! zittii la vocina che mi ricordava di agire da ninja.
    Io mi fidavo di Febh. E se volevo recuperare la sua fiducia, dovevo essere io a fare il primo passo.
    A proposito di primi passi. Per qualche motivo faticavo a varcare la soglia. Era come se infinite e pesanti catene mi avessero bloccata suol posto.
    Inspirai profondamente, lasciando andare l'aria tutta d'un fiato.
    Entrai e mi guardai attorno. La planimetria era cambiata, in caso contrario avevo un serio problema di memoria.
    Cercai la prima persona a cui poter chiedere dove potessi trovare l'amministratore Febh.
    Rilassati Shinodari, che cosa potrà mai accadere?




    Edited by Shinodari - 21/9/2021, 10:31
  12. .

    Ritorno dal Passato


    Keima



    La sconosciuta e il cucciolo di drago rimasero in attesa, fino a quando qualcosa si mosse sugli spalti delle mura di ingresso del cancello occidentale.
    In tutta onestà sarebbe stato più corretto dire “qualcuno”, ma, tralasciando questo dettaglio di poco conto, nessuno dei due viaggiatori, in particolare l'umana, si sarebbe aspettato un simile disastroincontro.

    Keima? Che accidente ci fa lassù? E gli altri guardiani? Osservò pensierosa, incerta se considerare la cosa un bene o un male.

    In passato aveva avuto un assaggio circa i modi stravaganti dello shinobi di relazionarsi con il prossimo. Ne era uscita viva, questo non poteva negarlo, il resto era un ricordo che preferiva non mettere a fuoco.
    La voce dello shinobi la riportò alla realtà.

    Ferma? E chi si muove? Considerò mentalmente, osservando con curiosità lo strano aggeggio dal funzionamento misterioso. Pensa ad un mantra... alla pace dello spirito...

    Ignorò per il momento il resto del discorso, che la vedeva sotto l'influsso di una esotica specie aliena o contaminata da radiazioni di beltequalcosa. Ragionarci sopra non sarebbe stato salutare per la sua mente.

    Chi è quello strano umano? Lo conosci, ragazza ninja? Sussurrò il cucciolo all'orecchio della giovane.

    L'unica risposta che ottenne, fu un profondo sospiro da parte della compagna umana.
    Come avrebbe potuto spiegare a Ko chi fosse Keima?
    Keima non era descrivibile a parole, bisognava viverlo. Se si sopravviveva all'esperienza mistica, allora, forse, si poteva entrare in sintonia con il caso umanolo shinobi in questione.
    In sostanza bisognava dire addio alla propria sanità mentale per comprendere il filo logico del suo ragionamento svalvolato.

    Keima, che piacere si fa per dire rive...der...ti... il saluto le morì sulle labbra.

    Lo shinobi era sceso dagli spalti per avvicinarsi ai due forestieri, sproloquiando cose senza senso.

    Chi sarebbe il maschio tricorno semiumano? Spalancò gli occhi con aria stupita. Si stava riferendo al cucciolo?

    Ko aveva solo due corna, era un drago, per cui...
    La giovane socchiuse gli occhi, fissandolo con espressione grave. Percepiva distintamente un accenno di mal di testa. Cercò di non pensarci.
    Si staccò il lembo di tessuto che le copriva la parte inferiore del volto.
    Se avesse esordito con un “Sono Shinodari Jaku Nara Kazekumo, ex amministratrice ed ex primario di Oto”, sicuramente l'avrebbe perso molto prima di citare i vari “ex”.
    Doveva puntare su una presentazione concisa, per dare meno possibilità all'altro interlocutore di denunciarla per tentata sostituzione di cariche pubbliche allo scopo di rubare dati sensibili per i suoi alleati alieni.
    E se la mente stava facendo quel tipo di congetture, doveva essere messa male pure lei.
    Non restava che presentarsi e sperare in...

    Ko, fiero appartenente della nobile razza dei draghi di ghiaccio. Lei è la ragazza ninja. Voi umani la chiamate Shinodari. Esordì serio il cucciolo, sporgendosi in avanti per farsi notare dallo shinobi. Movimento che sbilanciò pericolosamente la compagna, assorta nei suoi pensieri.
    La giovane recuperò tempestivamente l'equilibrio.

    Ko, ma ti pare il modo? Lo rimproverò, prendendolo in braccio. Il danno, purtroppo, era stato fatto. Dicevamo? Ah, si. Shinodari Kazekumo, kunoichi del villaggio di Oto. Indicando con lo sguardo l'entrata. Sicuro che non ti ricordi di me? Non basarti sulla traccia di chak... astrale. E' normale che non la riconosca. Manco dal villaggio da... un po'... qualche... diversi anni... ammise, restando sul vago sulla cifra esatta. Piuttosto dove posso trovare Febh? E' ancora l'amministratore di Oto? chiese, cambiando repentinamente discorso. Non ha venduto il villaggio durante la mia assenza, vero? aggiunse con aria serafica.

    Non era una mancanza di fiducia la sua, Shinodari si era sempre fidata di lui, altrimenti non gli avrebbe lasciatoaffidato la totale gestione del villaggio. Era piuttosto una sorta di campanellino d'allarme, che si stava facendo faticosamente strada per raggiungere il suo io cosciente.
    Sollevò la testa verso le guardie sugli spalti. Non ci voleva un genio per capire cosa stessero pensando.
    Poi, come un ripensamento, si ricordò il motivo del suo iniziale disappunto, finito in secondo piano a causa del siparietto comico di Ko.
    Lo posò delicatamente a terra.
    Volare in quel frangente, poteva non essere una mossa saggia.

    Vediamo se ora ti è più chiaro, Keima.

    Si tolse il copricapo liberando una cascata di lunghi capelli blu, che le scivolarono sulla schiena.
    Staccò la spilla con l'effige del clan Kazekumo per liberare i lembi del mantello, mostrando gli abiti sottostanti.
    Inspirò profondamente. Scacciò tutti gli improperi che avrebbero provocato un incidente alle mura. Focalizzò il pensiero sulla frase più diplomatica che riuscì a formulare.

    Keima! Passi che tu mi abbia scambiato per un essere alieno nato da una qualche entità vegetale, animale o l'unione di entrambe. Ma... MA DICO? CHI SAREBBE L'UOMO? NON HAI MAI VISTO UNA DONNA UMANA IN VITA TUA? Osservò, fissandolo dritto negli occhi.

    E addio all'approccio diplomatico.




  13. .

    Ritorno dalle nebbie del passato

    Intro




    Lo sconosciuto comparve lungo il sentiero che conduceva al gate occidentale.
    Non si trattò di un'apparizione improvvisa. Nessun intento ostile sembrava essere emanato dalla sua persona.
    Non era alto, il corpo era occultato dal mantello. L'ampio cappuccio celava i lineamenti del volto. Solo le iridi ametista risaltavano nella penombra.
    Una spilla rotonda chiudeva i lembi di tessuto: un drago nero stilizzato sopra lo sfondo di un tao viola e avorio.
    Avanzò con passo lento, misurato, come se stesse stesse valutando la situazione.
    Lo accompagnava un cucciolo di drago dei ghiacci.


    Sei sicura? Non soffrirai più, ragazza ninja?Ruppe il silenzio la giovane creatura alata.

    Annuì, concedendosi un sorriso.
    Erano trascorsi anni dal loro primo incontro, ma Ko si ostinava ancora a chiamarla in quel modo.
    Aveva scelto di tornare. Il legame con Oto era troppo forte per essere reciso. La sua vita, nel bene e nel male, era lì. La sua essenza era rimasta radicata a quel villaggio. Fuggire da quella verità per anni era stato inutile.

    Arrestò il suo incedere, mantenendo una distanza di sicurezza dal gate, ma a portata d'udito.
    Sollevò il capo, il suo sguardo si fece penetrante. Una ciocca di capelli blu scuro scivolò sulla guancia.
    Un osservatore sulla sommità avrebbe potuto notare un lampo di luce oscura guizzare dalle sue iridi. Un effetto di breve durata, quasi un'allucinazione.


    Cosa mi aspetto di vedere?
    Rifletté mentalmente. Chi vorrei rivedere?

    Era ben conscia che quelle mura trasudavano di eventi cruenti, di ferite mai rimarginate, di esistenze spezzate da anni.
    Erano solo fantasmi di un passato, cui era venuta a patti.

    Restò in immobile, in attesa.
    Non sapeva cosa sperare, una sentinella qualunque o un volto conosciuto?
    In quest'ultimo caso avrebbe dovuto dare spiegazioni che ancora non si sentiva di condividere.

  14. .
    La stanza, repositorio dei disegni delle quattro kunoichi, era rimasta abbandonata per anni.
    Ogni angolo era invaso da ragnatele.
    Shinodari osservò il locale con una sfumatura di disappunto, ma non si scoraggiò.
    Spolverò e rimise a posto le cornici sulle pareti, ripulì il pavimento fino a rendere le assi di legno splendenti.
    Purtroppo la maggior parte delle opere era andata perduta.
    Che fare?
    Tornò tempo dopo con un paio di porta pergamene.
    Ne estrasse il contenuto ed inserì le tele nelle cornici.
    Un granello di sabbia...
    Era pur sempre un primo passo.
    Non sapeva se sarebbe riuscita a ridare colore a quel luogo desolato, ma poteva provarci.




    Shinodari e Shaina, FF X-2
    2014



    Hiris Majenta, jedi consolare
    2017

    Eh si, sono partita con disegni arcaici.
  15. .
    Ciao ragazzi,
    sono trascorsi eoni dalla mia ultima visita.
    Sono qui... perchè? Bella domanda!
    Nostalgia...
    Risentirvi dopo tanto tempo...
    Sinceramente mi sento molto in imbarazzo.
    E non so neanche come prenderete la mia visita dopo essere scomparsa all'improvviso.
    Naturalmente il panico da tastiera non aiuta a digitare frasi di senso compiuto. ^^''
    Aggiungiamo anche la mia innata timidezza da presenazione, sebbene buona parte dello staff lo conosca da anni.

    Concludo qui per non aggiungere altre figuraccie.

    Un abbraccio,

    Paola (Shinny)
72 replies since 28/9/2005
.