Posts written by Filira

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    The monkey chronicles

    II - La scimmia volante

    Thud. Thud.
    Un rumore sordo risuonava nella piccola stanza del piccolo albergo di Konoha. Ogni volta che la sfera compiva il suo tragitto discendente, una mano bianco latte l'afferrava, spedendola di nuovo in aria. Così il rumore si ripeteva, vuoto e monotono, ogni qualvolta l'oggetto incontrava il palmo della ragazza.

    Signorina. Signorina? Signorina Mononobe, è ancora in stanza?

    Thud.
    La palla di gomma stavolta si fermò, rimanendo in mano alla rossa di Suna, che l'aveva eletta a proprio antistress personale. La ragazza girò la testa verso la porta, da cui proveniva un bussare farneticante. A quanto pareva, la sua presenza in quella stanza stava per giungere al termine. Aggrottò la fronte, mentre dall'altra parte il bussare si faceva più insistente.

    Signorina, se vuole rimanere un'altra notte basterà parlare con la reception. Abbiamo bisogno però...
    Come ho già detto al suo collega, non ho intenzione di trattenermi. Non appena avrò finito di sistemare le mie cose, me ne andrò con molto piacere da questa bettola.

    Rapida come aveva spalancato la porta la richiuse, mentre il funzionario dell'albergo, ancora interdetto per la velocità dello scambio, lanciava uno sguardo perplesso al marasma che ancora regnava nella stanza. Non pareva proprio che la ragazza fosse sul punto di andarsene.
    Saru Mononobe guardò fuori dalla finestra. Il sole era alto in cielo, doveva essere passato da poco il mezzogiorno. Le fronde degli alberi che circondavano la struttura ondeggiavano pigramente al vento, mentre qualche timida cicala cominciava a far sentire il proprio canto. Il Villaggio della Foglia era estremamente... Verde, pensò Saru. Non che la pausa temporanea dall'arsura Sunese le dispiacesse, tuttavia vi era un'atmosfera nell'aria, un certo sentire, un je ne sais quoi che non riusciva ad individuare chiaramente, ma che la spingeva a voler raccogliere armi e bagagli e mettere tra lei e il Villaggio quanti più passi possibile. Eppure, non aveva ancora nemmeno cominciato a raccattare le sue cose. Si era portata via un po' di tutto da Suna; viste le premesse della missione, le era parso da una parte indispensabile avere tutte quelle cose, e dall'altra una cosa davvero futile.

    Alla fine, è stato tutto inutile.

    Sospirò, cominciando a radunare i vestiti sparsi e qualche kunai abbandonato sull'angusta scrivania. Come erano arrivati a quel punto?

    [...]

    La strada sterrata che precedeva i cancelli del Villaggio della Foglia scricchiolava sotto i suoi piedi. Eppure la rossa quasi non lo sentiva, così come non pareva avvertire il sole che le scaldava la pelle, o il vento che le scompigliava la chioma vermiglia. L'unica cosa che riusciva a vedere, erano due uomini di fronte a lei, un ricordo vicino eppure confuso. Le parole dei due, però, le ricordava bene.

    Non sei pronta.

    Calciò la pietruzza che si trovava sulla sua strada, mentre attorno a lei mercanti, famiglie e brutti ceffi attraversavano in entrata e in uscita il limitare di Konoha. Da Raizen Ikigami, dal Kage di un altro Villaggio, non si era aspettata di ricevere chissà quale iniezione di fiducia. Era pronta a controbattere, come d'altronde era nella sua natura, quando quello l'aveva tacciata di essere ancora troppo acerba per sobbarcarsi un tale problema.
    Era stato lo sguardo del Kazekage, il capo della Sabbia, a farla desistere quasi istantaneamente. Raizen non la conosceva, non aveva idea di chi Saru Mononobe fosse o di quali fossero i suoi trascorsi. Il suo giudizio era stato rapido, ma che valore poteva avere ai suoi occhi? Hohenheim, d'altro canto, era il suo comandante, colui che conosceva capacità e possibilità di ogni ninja e kunoichi di Suna. La rapidità con cui il Kazekage aveva concordato con il suo pari rango della Foglia l'aveva destabilizzata, impedendole di perorare la sua causa.
    La giornata le era poi scivolata via dalle mani, e mentre la missione congiunta della Foglia e della Sabbia si era preparata a partire alla volta di Oto, la rossa si era confinata nella sua stanza d'albergo, rimuginando sui fatti che l'avevano condotta in quel luogo. Era vero, Hohenheim aveva concordato nel non ritenerla ancora pronta a diventare jinchuuriki. Avrebbe potuto imporsi, tuttavia, cercando di convincere i Kage e lo strambo ragazzino dai capelli rossi. Il punto - constatò, mentre varcava la soglia di Konoha e compiva i primi passi del tragitto che l'avrebbe riportata a Suna - era che prima di convincere loro, Saru Mononobe avrebbe dovuto convincere se stessa. Era pronta? A questa domanda, si disse, non aveva ancora risposta.

    [...]


    La strada alberata che conduceva lontano dal Villaggio della Foglia era dritta e ben curata. Qualche cespuglio sforava timidamente il limitare della boscaglia, ma lo sterrato procedeva ben marcato per tutto il percorso. No, si disse, non avrebbe mai potuto abituarsi a tanta precisione. L'azzurro del cielo, il verde degli alberi, tutto era troppo intenso. In quel momento seppe che il caldo soffocante e il caotico movimentarsi della sabbia era ciò che le mancava di Suna, di casa. Sorrise appena fra sé e sé, mentre la strada scorreva rapida sotto di lei. In tutti questi anni, da quando la vecchia Mononobe l'aveva accolta come una figlia in casa propria, Saru non si era mai concessa di pensare troppo a Suna come casa propria. Lì aveva vissuto, giocato, imparato, pianto, e anche amato - a modo suo. Ma c'era sempre stata una certa urgenza, un pensiero intrusivo che le continuava a suggerire che, forse, quello non sarebbe stato per sempre il suo posto nel mondo. Dopotutto, da qualche parte vi poteva essere qualcuno ad attenderla. Una madre, un padre, fratelli e sorelle. Famiglia? Scosse la testa, mentre quei pensieri si abbatevano su di lei, per poi ritirarsi e cominciare di nuovo. Si sentiva come in riva ad un oceano in burrasca. Bramava la salvezza, il caldo, la sicurezza della sabbia della riva. Invece le acque delle sue più recondite preoccupazioni la ammantavano, trascinandola al largo, dove nessuno l'avrebbe sentita gridare.

    Voglio solo andare a casa.

    Una casa, finalmente. Suna. I volti di chi aveva amato e già perso, tutti quelli che ancora doveva incontrare. Il caldo del mezzogiorno e le ombre lunghe della sera. Le case rotonde e i mattoni color sabbia. Gli sguardi in apparenza sfuggenti ma spesso benevoli degli abitanti. Tutto questo finalmente sapeva di casa. Era il suo posto, lo sapeva.

    Eppure non sono riuscita a fare l'unica cosa che mi è stata richiesta.

    Una casa, finalmente. Da proteggere. Un demone da addomesticare e riportare a Suna in sicurezza. Un sacrificio estremo. Per le persone che aveva amato e per quelle che ancora doveva incontrare. Forse non era pronta. Ma lo sarebbe stata, presto. O forse già lo era. Guardò di fronte a sé, ma il suo corpo aveva già deciso ciò che la mente aveva appena ponderato. La strada che aveva intrapreso l'avrebbe portata a Suna, ma non subito. Inspirò profondamente, e proseguì per Oto.

    [...]

    L'aria le sferzava la pelle e le bruciava nei polmoni. Correva veloce, forse troppo, ma non le importava. Gli altri viaggiatori sarebbero rimasti interdetti, non aveva dubbi, ma nessuno di loro stava per affrontare ciò che attendeva Saru Mononobe una volta arrivata a destinazione. O almeno, lo sperava per loro. Fu proprio in quel momento, mentre la ragazza si muoveva rapida tra gli alberi, che qualcosa entrò nel suo campo visivo, palesandosi qualche secondo dopo in una macchia rosso acceso che le si affiancò. Saru andava veloce, ma chi le si era avvicinato sembrava stare al suo passo senza sforzi, dovendo anzi adattare la sua andatura a quella della ragazza. Non ebbe nemmeno il tempo di proferire parola per la sorpresa, che il suo inatteso interlocutore cominciò a... Gridarle addosso?

    Ti sembra questo il modo di approcciarsi a una signora?!

    Strepitò, mentre quello ancora blaterava. Nel frattempo continuavano a muoversi - non che Saru avesse tempo da perdere - e la Rossa notò solo in un secondo momento che il nuovo arrivato pareva muoversi su un qualche artefatto ninja. Veloce, decisamente più veloce delle sue gambe.

    Senti, ehm... Hoshi? Sì esatto. Sono un po' di fretta, mi dispiace saltare i convenevoli del caso. Tu vai a Oto, io vado a Oto. Io guadagno velocità, e tu un'ottima compagnia fino alla meta. Non temere, una volta tornati al Villaggio saprò ricompensarti. 

    Non vi è dubbio che Saru intendesse un risarcimento di natura prettamente economica e/o materiale, ma d'altronde non aveva specificato nulla, e se anche il suo nuovo compagno di viaggio avesse inteso altro, quello sarebbe stato un problema per un altro momento.

    Sempre se tornerò viva.

    Scosse la testa e saltò sulla nuvoletta, afferrando la mano che lo strano ragazzo di fronte a lei le tendeva. Solo in quel momento si accorse che il colore dei capelli di lui era stranamente simile al proprio, così come lo erano quelli del ragazzino di Konoha. Le parve strano, ma in quel momento ci fece poco caso. In futuro, avrebbe ripensato spesso a questo momento, ma è un racconto per un altro momento.

    [...]

    A posteriori forse avrebbe dovuto dare retta alla vecchia Mononobe, quando da bambina le aveva intimato di non accettare niente dagli sconosciuti. Di sicuro questo avvertimento includeva i passaggi su nuvole volanti. Se appunto le avesse dato retta, Saru si sarebbe risparmiata un viaggio francamente nauseante in cui aveva passato metà del tempo con le unghie conficcate nella pelle di Hoshi, e il resto del tempo a nascondere il viso - e le urla - nella sciarpa di lui. Certamente, soffrire di vertigini non aiutava la sua causa. Sentì poi che si erano fermati, la voce del Rosso che allegra si rivolgeva a qualcuno, e le sue braccia che la sollevavano di peso per poi lasciarla delicatamente a terra. Oh, la terra. Come le era mancata.

    Mai più, rosso. MAI. PIU'.

    Sibillò vicino a quello, mentre la scena che le si parava di fronte finalmente assumeva contorni più precisi. La sorpresa sul volto dei convenuti le provocò un brivido di attesa e contentezza. Erano disorientati, non si aspettavano che lei si palesasse così di fronte a loro. Erano... Sconvolti? E guardavano... Hoshi? A posteriori l'avrebbe capito. Una volta che tutta la storia le fosse stata chiara, avrebbe potuto ripercorrere quel momento e capire che l'apparizione di Hoshi Chikuma, morto, resuscitato, poi morto e resuscitato ancora, rappresentava la fonte di circa il 99.9% della sorpresa dipinta sul volto degli astanti. Ma la Saru di allora, lì in piedi vicino al Chikuma, non sapeva nulla di tutto questo. Guardò Hohenheim, pur non comprendendo la sua espressione. Stavolta l'avrebbe convinto, o sarebbe morta nel tentativo.

    Sono qui per portare a termine la missione, Kazekage. 


    Edited by Filira - 28/4/2022, 16:41
  2. .

    Me-An


    IV: Tuskur



    Correva, a perdifiato.
    Il ghiaccio e la neve sottostanti scricchiolarono pericolosaemnte al suo passaggio, mentre il freddo della tagliente aria di Azumaido le bruciava la gola e i polmoni, ferendola ad ogni respiro affrettato. Hotene Nitai, nata e cresciuta in quelle terre gelate, si era sempre considerata una creatura del freddo. Ciò era ben visibile nella sua pelle, perlacea quanto le nevi perenni dell'isola, nella forma affusolata dei suoi occhi, attenti a non assorbire il riverbero accecante della luce riflessa sul ghiaccio, e nella sua statura, contenuta quanto bastava a permettere al suo corpo di nutrirsi dei frutti della sua terra senza desiderare di più.
    Eppure in quel momento, in quell'istante, il freddo la stava tradendo.
    Le lacrime appena versate si erano congelate sulle sue gote, tirando e graffiando la sua pelle. L'aria gelida le mozzava il respiro. Le gambe lottavano contro il peso igombrante di stivali e pelli.

    Tuskur.

    Una voce si fece strada nella sua mente, mentre si muoveva il più rapidamente verso il campo di battaglia. Poteva già udirne i rumori, la lotta, lo stremo.
    Chi-e si muoveva silenziosa vicino a lei. Non parlavano, ma Hotene aveva imparato a conoscere i pensieri dell'animale. Le ultime immagini dei bambini che si lanciavano nella foresta, la certezza della perdita di alcuni di loro, la preoccupazione per Yusica e per la sopravvivenza del Kotan. Era un silenzio carico di timore e aspettative.

    Yume, sono lieta che tu sia di ritorno. Spero che gli akihi siano al sicuro. Che lo sia il nostro futuro.

    Era così, doveva esserlo. Erano gente forte, temprata da madre natura. Non si sarebbero arresi, non avrebbero permesso ad alcun wenkamuy di cancellare la loro esistenza.
    Parve un attimo, o forse un'eternità, ma ad un certo punto gli occhi affaticati della giovane indovinarono la vaga forma di figure in movimento. L'uomo di Kirigakure era ancora lì, a combattere fianco a fianco della tuskur. Quello che seguì fu un misto di sorpresa e sollievo. Non era fuggito, quantomeno. Chiunque fosse, almeno non era un codardo.

    Di certo non sono qui per disquisire di fronte ad una tazza di té, shisam.

    In pochi metri li aveva raggiunti, affiancando Yusica con Chi-e e Yume. Waboose sembrava reggere il colpo, fortunatamente. Avrebbe affidato la sua stessa vita a quei kamuy, era certa che avrebbero combattuto fino allo stremo per proteggere il Villaggio e i suoi componenti.

    Tuskur, gli akihi sono in salvo, ora sta a loro sopravvivere. E a noi lottare, fino alla morte se necessario.

    Annuì, osservando lo sguardo profondo e antico della donna che, più fra tutte, avrebbe chiamato madre. Più di chi l'aveva generata e portata in grembo, Yusica aveva cresciuto e sostenuto Hotene in ogni singolo passo della sua giovane vita. Si augurava di sopravvivere? Certamente. Ma avrebbe dato volentieri un braccio, una gamba, la vita stessa pur di proteggere la Tuskur e ciò che essa rappresentava.

    Chi-e, Yume. Avanti.

    Fece un cenno col capo, ma quelle avevano già intuito. La civetta e il corvo saettarono di fronte alle due donne e al muro di ghiaccio eretto da Yusica, le ali spalancate e pronte a colpire il nemico, e a difendere le due donne di Azumaido.
  3. .

    A little party never killed nobody


    VI: The worm experience



    È andato! L'evocatore, l'abbiamo colpito, Nekki!

    Riuscì a dire tuttto d'un fiato, prima di piegarsi in avanti ed appoggiare le mani alle ginocchia. Una stanchezza profonda l'aveva colta dopo l'ultimo attacco, mentre ogni singolo muscolo e fibra del suo essere chiedeva riposo e pietà Era finita, ce l'avevano fatta. Saru sapeva poco del rapporto oscuro e impenetrabile che legava evocatori e bestie evocate, eppure una cosa le era apparsa chiara nei suoi anni da shinobi: eliminare o incapacitare il primo, significava far sparire il secondo in una nuvoletta di fumo, con buona pace delle intenzioni del proprietario. Attendeva dunque solo quel glorioso momento in cui un botto sordo avrebbe accompagnato l'uscita di scena dello schifossissimo verme.
    Attendeva. E attendeva.

    Perché cazzo questo verme è ancora qui, dovrebbe già esser tornato nell'inferno schifoso da dove è uscito.

    Sibilò, mentre l'adrenalina - che già l'aveva abbandonata prima - tornava a scorrere nelle sue vene, rendendole quel poco di energia che ancora aveva a disposizione. La situazione non le piaceva, per niente. E cominciò a piacerle ancor meno quando l'animale, non contento della sua inspiegabile presenza, cominciò a brillare come la peggiore e più inquietante disco-ball che la Rossa avesse mai visto. Ci volle ancora un secondo, ma infine l'obbiettivo della bestia - o più probabilmente chi per lei - rendesse chiaro il proprio intento. Una serie di convulsioni scosse l'animale, mentre le sue grida di dolore riempivano l'aria. Se ce ne fosse stato il tempo, Saru avrebbe probabilmente sentito un certo dispiacere per la sofferenza dell'animale: aveva d'altronde quello alcuna colpa, se non l'essere controllato da umani immondi e beceri? Ovviamente questa riflessione avrebbe richiesto secondi e minuti troppo preziosi per essere sprecati, specialmente quando la ragazza si vide precipitare l'essere esattamente verso lei e la Nekki - che coincidenza!
    Impastò quanto più chakra possibile, rotolando di lato e provando ad allontanarsi dalla caduta libera del verme. Riuscì per miracolo a non rimanere schiacciata, ma la forza dell'impatto e della successiva caduta le procurarono un danno non indifferente diffuso su tutto il corpo. Il respiro nei polmoni le fu mozzato, e pensò davvero di essere arrivata al limite della sopportazione.
    È proprio in questi momenti, tuttavia, che si mostra il vero carattere di una persona.
    Voltando il capo, riuscì appena a vedere e sentire i suoi due compagni muoversi e combattere fino all'ultimo respiro. La vista era offuscata, le forze le mancavano. Eppure, non poteva abbandonare. Abbandonare gli altri, privandoli del suo utile - seppur piccolo - aiuto. Abbandonare il Villaggio, non sacrificandosi nel momento di maggior bisogno. Abbandonare sé stessa, permettendo alla sua intrinseca debolezza di condannarla ad una sconfitta certa.
    Non poteva abbandonare. Non voleva abbandonare.

    Ti sento... Ryūgi. Non... Non possiamo lasciare che facciano altri danni.

    Soffiò appena. Probabilmente la Nekki non l'avrebbe sentita, né tantomeno Masayoshi accanto a loro. Ma quelle parole erano più per lei che non per altri, e le diedero la forza di tirarsi dapprima su un ginocchio, poi sull'altro, e prima che se ne accorgesse fu di nuovo in piedi. Tremante sulle gambe e con la vista offuscata, Saru Mononobe non avrebbe permesso che degli invasati devastassero il suo Villaggio. Mai, né ora né in futuro, anche quando fosse rimasta l'ultimo baluardo di fronte ad un nemico invincibile.

    Dobbiamo... Fermarlo.

    L'urlo di Masayoshi e le parole di Ryūgi rimbombarono in contemporanea nell'aria e nella sua testa. Il verme stava per esplodere, e non potevano permetterlo. La bestia si trovava ancora sotto all'edificio parzialmente crollato da dove le due ragazze erano precipitate, pronta a rilasciare la sua inumana potenza. Saru, con le ultimissime forze che aveva in corpo, caricò l'ennesimo colpo sul pugno sinistro. Non vedeva altro modo di contenere un'esplosione, se non quella di sotterrarla sotto ad un cumulo impenetrabile di roccia e terra, specialmente se coadiuvata dall'azione dei suoi due compagni. Inspirò, e poco dopo il suo pugno colpì la parete rimasta, facendola franare sull'animale e - o almeno così la Rossa sperava - controllando la sua esplosione.
    Cosa sarebbe stato di loro, così vicini all'epicentro dell'impatto, era ancora da scrivere.


    Chakra: 7/30
    Vitalità: 2,5/12
    En. Vitale: 20,5/30
    Statistiche Primarie
    Forza: 325
    Velocità:  300
    Resistenza: 300
    Riflessi: 275
    Statistiche Secondarie
    Concentrazione: 300
    Agilità: 300
    Intuito: 300
    Precisione: 300
    Slot Difesa
    1: Schivata
    2: ///
    3: ///
    Slot Azione
    1: ///
    2: ///
    3: ///
    Slot Tecnica
    1: TA: Spaccamontagne
    2: ///
    Equipaggiamento
    • Shuriken × 5
    • Filo di Nylon [10m] × 1
    • Kunai × 5
    • Rivestimento Mimetico × 1
    • Accendino × 1
    • Tekken × 1
    • Chigiriki × 1
    • Guanto in Cuoio × 1
    • Tonico di Ripristino Inferiore × 1
    • Katar × 1
    • Cartabomba I Distruttiva × 2
    • Bottiglietta di Alcool × 1
    • Fumogeno × 1
    • Tonico di Ripristino Minore × 1

    Note
    ///
  4. .

    The Climb


    V: La caduta


    Una mano spuntò da oltre il precipizio, poi un'altra, seguita da una zazzera rosso fuoco. In breve, il resto del corpo di Saru seguì, rotolando sul terreno in modo totalmente sgraziato. Pur avendo appreso i rudimenti necessari per stare sospesa a metri e metri dal suolo senza cadere a terra come una pera troppo matura, la Rossa non poteva di certo dire che quella salita fosse stata una piacevole passeggiata.
    Se ne stava lì, spaparanzata con la schiena a terra, contenta nel constatare come un appoggio sicuro esistesse ancora, e che la sua esistenza non si sarebbe consumata per sempre appollaiata ad una parete.

    Odio questo cazzo di posto.

    Sbuffò, tirandosi a sedere mentre già i due otesi prendevano il largo verso nuove ed esilaranti avventure. Le toccò trotterellare di nuovo al fianco di entrambi, mentre quelli marciavano a passo di guerra verso la loro sperduta meta. La camminata in piano, sebbene decisamente più confortevole di quella sospesi a mezz'aria, si rivelò più lunga delle aspettative della Sunese, che decise di affrontare la cosa nel miglior e unico modo che conosceva: sbuffando e lamentandosi. Fu con questa amabile distrazione che presto furono dall'altra parte del tunnel che stavano percorrendo. Forse in un'altra vita la vista che gli si parò davanti l'avrebbe emozionata, se non profondamente commossa. Una distesa di terreno roccioso si stagliava di fronte a loro, mentre la conca formata da un antico cratere vulcanico dominava il paesaggio, con i suoi brulli e dolci pendii che convogliavano verso un unico punto centrale. Eppure, per Saru in quel momento tutto quel panorama voleva dire una cosa sola: altre camminate.

    Odio anche questi cazzo di monaci.

    Aggiunse, aprendo le braccia in maniera sconsolata. Era stanca, era stufa, e ancora la missione doveva cominciare. Munisai pareva essersi azzittito improvvisamente, forse a causa della fatica precedente, oppure si stava semplicemente rivelando per il rammollito che Saru era sicura che fosse. Comunque, per stavolta la Rossa si astenne da qualsiasi commento sul suo mutismo, troppo impegnata a pensare al suo attuale disagio.

    Kamine, che bel percorso natura che ci hai portato a fare. Non l'avrei potuto immaginare nemmeno nei miei migliori incubi.

    Il ponte - ma si poteva davvero chiamare così?! - si stagliava di fronte a loro, con le sue assi pericolanti e la sua caduta libera in caso di cedimento. Altro che chakra adesivo, Saru si sarebbe attaccata come un maledettissimo polipo a quelle assi e corde, se questo l'avesse salvata da un'orribile morte certa. Eppure non ci fu tempo di disquisire sulla natura del ponte fantoccio, in quanto, appena compiuti pochi passi, una fragorosa esplosione li accolse in quelle terre dimenticate dai Kami.

    Ma che... ?!

    Il suo sguardo saettò verso Kamine, e per la prima volta vide della fulminea preoccupazione attraversarle gli occhi neri. In breve furono dall'altra parte, le preoccupazioni riguardo il ponte dimenticate di fronte ad una più urgente situazione di merda.

    Che cazzo, ma non può mai andarne una liscia?! Munisai, cerca di non farti ammazzare. Mi devi ancora una bevuta, ricordatelo stronzo!

    Annuì, la faccia incredibilmente seria in contrasto con le sue irriverenti parole. L'esplosione non sembrava essere collegata ad altri eventi, in quanto la situazione si presentava insolitamente calma. Aggirarono l'edificio, con la Rossa che seguiva pedissequamente e in un inusuale silenzio la sua superiore in grado di Oto. L'ultima cosa che voleva era dover uccidere qualche maledettissimo monaco, tanto valeva starsene buona e quatta.

    Ricevuto.

    Annuì al suggerimento della donna, tornando a concetrare il suo adorato chakra nelle piante dei piedi, e lasciando che ancora una volta penetrasse il muro, ancorando la ragazza allo stesso. Salirono di qualche metro, tenendo sempre d'occhio le finestre. Quando vi furono in prossimità, la situazione divenne finalmente chiara: erano incappate in un maldestro tentativo di scasso con ostaggi annessi e connessi. Due poveri monachelli tremanti stavano in disparte, legati come salami, mentre tre energumeni - che in tre probabilmente non arrivavano al Q.I. di una gallina morta - se la litigavano sul come procedere oltre e aprire la cassaforte ancora serrata.
    Nella confusione generale l'incursione delle donne passò inosservata, e Saru avrebbe gradito che così continuasse. Intercettò i segni di Kamine, che la invitavano a piazzarsi sopra gli uomini e la cassaforte, mentre quella si dirigeva sulla parete opposta. Le bastò uno sguardo per capire cosa doveva accadere: un attacco veloce e rapido, un lavoro pulito. Dovevano bloccare o eliminare il trio, ne andava della vita dei monaci e della salute mentale della Rossa, che voleva consegnare il maledettissimo carico e tornare a Suna il prima possibile. Annuì verso l'Otese.
    Un secondo dopo era in caduta libera, mentre già il chakra si condensava nel suo pugno sinistro. Non avrebbe nemmeno avuto il tempo di vederla, che l'uomo più vicino alla cassaforte si sarebbe ritrovato scaricato sul capo un colpo discendente dalla forza decisamente dirompente, nonché il successivo peso di Saru piombargli addosso con tutta l'eleganza di cui solo la Rossa era in grado.

    Sorpresa, stronzi.

    Si rialzò rapidamente, estraendo il suo bastone preferito, o quasi: il fidato chigiriki. Fece roteare in alto la catena, mentre si voltava verso il secondo uomo. Rapidamente lasciò che la catena si svolgesse in avanti, intrappolando le gambe dell'uomo. Avrebbe poi tirato violentemente verso di lei, così da fargli perdere l'equilibrio e mandarlo rovinosamente a terra.

    Non pensare che non ce ne sia anche per te!

    Estrasse un paio di shuriken, lanciandoli verso il volto dell'ultimo uomo. Un attacco con poche pretese, niente di più che un primo saggio di quello che la furia della Sunese poteva riservargli. C'era ancora molto da scoprire, e Saru era più che disposta a mostrare tutte le sue innate qualità distruttive.


    Chakra: 25/30
    Vitalità: 12/12
    En. Vitale: 30/30
    Statistiche Primarie
    Forza: 325
    Velocità:  300
    Resistenza: 300
    Riflessi: 275
    Statistiche Secondarie
    Concentrazione: 300
    Agilità: 300
    Intuito: 300
    Precisione: 300
    Slot Difesa
    1: ///
    2: ///
    3: ///
    Slot Azione
    1: Lancio Chigiriki
    2: Recupero Chigiriki
    3: Lancio Shuriken x2
    Slot Tecnica
    1: TA: Spaccamontagne
    2: ///
    Equipaggiamento
    • Shuriken × 5
    • Filo di Nylon [10m] × 1
    • Kunai × 5
    • Rivestimento Mimetico × 1
    • Accendino × 1
    • Tekken × 1
    • Chigiriki × 1
    • Guanto in Cuoio × 1
    • Tonico di Ripristino Inferiore × 1
    • Katar × 1
    • Cartabomba I Distruttiva × 2
    • Bottiglietta di Alcool × 1
    • Fumogeno × 1
    • Tonico di Ripristino Minore × 1

    Note
    ///
  5. .

    Jigoku

    I



    Le era parso più un sogno, che non la realtà. Ricordava a malapena la sua permanenza nel mondo parallelo, e ogni secondo che trascorreva fra quel momento e la sua ricomparsa di fronte a Youkai sanciva uno sbiadirsi di quella rosata sensazione di abbandono e sicurezza.

    Youkai... Non so dove fossi, non so cosa sia successo. Ricordo poco, solo la sensazione di essere stata lontano da qui per lungo tempo. Io...

    La testa le doleva, così come ogni singolo muscolo del corpo risultava intorpidito. Rimase in ascolto mentre il ragazzino dalla zazzera rossa sciorinava una serie interminabile di informazioni. Poteva chiaramente vedere come l'argomento lo agitasse, a giudicare dal ritmo con cui le parole scivolavano via veloci dal suo volto paonazzo. Non capì ogni singola parola, in quanto il discorso era condito da nomi che non riconosceva. Eppure il suo sguardo si posò dapprima sugli animali che circondavano guardinghi il non-morto, e poi sul rotolo che esso stringeva freneticamente tra le mani.

    E il rotolo, Youkai?

    Annuì, lasciando che un sorriso appena accennato le illuminasse il volto. Il ragazzo non aveva avuto una vita semplice, e anche la sua esperienza a Konoha era stata di certo solitaria. Non poteva contare su una rete di appoggi e conoscenze come sempre era stato per lei, e il pensiero che d'ora in avanti avrebbe sempre avuto qualcuno su cui contare e al quale appoggiarsi la rinfrancò non di poco.

    Tayoko, è mio onore conoscere la tua gloriosa stirpe. Vi affido Youkai, sono certa che saprete proteggerlo e crescerlo nel modo che si confà ad una tradizione millenaria come la vostra.

    Si esibì in un piccolo inchino con il capo verso la buffa evocazione. Avere al proprio fianco un aiuto non avrebbe di certo nociuto alla siatuazione, era bene che gli shishi vedessero anche nella Hyuga qualcuno di cui fidarsi.
    Stavano ancora scambiando ameni convenevoli, quando il respiro di Murasaki si interruppe, mozzato. Una incredibile sensazione di schiacciamento si impadronì del suo petto, mentre la mente veniva invasa da un terrore cieco. I suoi occhi si spalancarono, cercando tramite il proprio sguardo bianco l'origine dell'improvvisa minaccia. La qual cosa non fu comunque necessaria, in quanto in breve due figure irruppero nello spiazzo, una conosciuta, l'altra mai vista prima.
    L'imponente figura dell'Hokage si stagliava alta di fronte ai due ragazzi e ai leoni, e pareva che quel terrore e annichilimento venissero emanati dall'uomo stesso. Murasaki avrebbe voluto chiedere conto di tale assurda situazione, ma l'aria nei suoi polmoni era così pesante da renderle difficile anche il respiro.

    H-Hokage, così... Ci uccide.
  6. .

    Eredi


    VII



    Sono lieta che Alinamaru stia facendo progressi. Ma non credo di poterlo aiutare oltre.

    Murasaki abbassò il capo alla richiesta del Cervo. Sapeva di essere ancora ad uno stadio embrionale delle proprie capacità di gestione del Juuken, e le pareva di aver fatto quanto in sua conoscenza per sostenere il Nara. Il Cervo non parve scosso da quelle parole, ma anzi si prodigò nello spiegare alla ragazza quali sarebbero stati i loro prossimi movimenti.
    Murasaki avrebbe preferito muoversi più rapidamente, raggiungere la sorella il prima possibile e liberarla dalla prigione d'ombra che la celava alla sua vista. Tomoe era vicina, incredibilmente vicina, eppure a Murasaki non pareva che le fosse mai stata così lontana.

    Corretto, l'antica arte Hyuga del juuken consiste nell'espulsione di chakra dai propri tenketsu, al fine di colpire quelli dell'avversario. Tuttavia... Come dice lei, non è un flusso continuo, è più un'espulsione di un momento, un movimento effimero di chakra.

    Non aveva mai riflettuto sulla possibilità di mantenere l'espulsione di chakra attiva per lunghi periodi. Conosceva le basi del controllo del chakra adesivo, sapeva far permeare al proprio chakra le superfici per potervisi ancorare. Eppure non aveva mai provato ad applicare lo stesso ragionamento al juuken.

    Proverò, e vi dedicherò tutta la mia concentrazione. Ma non appena Alinamaru si sarà svegliato, dovremo proseguire. Tomoe Hyuga è un membro di vitale importanza per il Clan, non posso permettermi di perderla.

    Un moto di dolore avrebbe attraversato le sue parole, mentre Murasaki si voltava per cercare un briciolo di solitudine e tranquillità. Aveva sempre rifuggito il caos e le chiacchiere, preferendo il placido silenzio della meditazione. Per terra trovò un piccolo ciottolo, che faceva al caso suo. Ne saggiò la consistenza e la temperatura, prenendo confidenza con la sua forma.
    Emettere chakra era facile, quasi naturale per uno Hyuga. Era nella sua memoria muscolare l'atto di aprire i tenketsu e lasciar fuoriuscire piccole quantità di energia. Eppure durava solo qualche secondo, mandando in alto il ciottolo di qualche centimetro, e facendolo ricadere dopo poco sul palmo della mano della ragazza. Provò più volte, applicando prima troppa e poi troppo poca forza. Ma era l'incostanza dell'emissione che la faceva fallire.

    Non è naturale per il chakra Hyuga questa forma di esercizio.

    Sospirò, pensando fra sé e sé di abbandonare l'impresa e tornare a cercare Tomoe. Eppure il pensiero di affrontare l'ignoto del Bosco la inquietava, specialmente dopo l'avvertimento del Cervo. Doveva munirsi di ogni protezione o abilità possibile, se voleva arrivare da Tomoe.

    Arrivo, sorella. Non ti ho abbandonata.

    Chiuse gli occhi, continuando ad osservare il mondo attraverso il Byakugan. Il chakra fluiva libero in lei, e prima di fuoriuscire dai tenketsu assumeva una velocità devastante, venendo espulso sotto pressione in un attacco tipico del Clan. I tenketsu si richiudevano subito dopo, lasciando poche possibilità per un flusso continuo di energia. Era su quello che doveva focalizzarsi, sull'ampliare il raggio di azione dei propri punti di fuga, prima di attaccare quelli del nemico. Fece diversi tentativi, andando specialmente a circondare l'interno dei propri tenketsu, creando anelli di energia che bloccassero gli spasmi involontari dei punti di fuga. Se era l'esercizio a rendere perfetti, di certo Murasaki era pronta a faticare per il risultato.

    Ho bisogno di diventare migliore. Più forte. Più letale.

    Un secondo dopo lo avvertì. Un flusso tremolante ma costante si allontanava dalla sua mano, confluendo verso il piccolo ciottolo. Poteva vederlo anche ad occhi chiusi, ma volle aprirli per sincerarsi in prima persona della cosa. Il ciottolo fluttuava di fronte a lei, almeno lo fece per qualche secondo. Poi ricadde con un tonfo, bollente per il contatto con il chakra della Hyuga.

    E' un piccolo passo, ma pur sempre un passo. Ora devo trovare la via.
  7. .

    In missione all'Abete


    XI



    Ce l'abbiamo fatta. Hokage-dono...

    Sorrise, lasciando la frase in sospeso, mentre anche l'uomo più alto in rango della Foglia si mostrava esausto e soddisfatto della conclusione di quell'odissea. Di fronte a loro il cuore, dapprima colmo e rigonfio di oscuri umori, era andato incontro ad un appassimento improvviso, come se ogni fibra del suo essere avesse improvvisamente perso energia. Una moltitudine di personaggi sconosciuti era ora apparso, andando a gremire la sala quasi oltre le sue capacità. Guerrieri conosciuti e non accerchiavano ora Youkai, o chi ne aveva preso le veci. Murasaki rimase in disparte, mantenendo comunque sotto controllo la situazione del non-morto, che sembrava comunque non soffrire più.
    Parole di sconforto e separazione furono scmabiate, mentre le voci sovrapposte di Youkai e della donna annunciavano la volontà di quest'ultima di abbandonare questo mondo, nonostante le rimostranze dei suoi più fedeli servitori. Gli altri potevano solo rimanere in silenzio e osservare lo svolgersi della vicenda, che però parve concludersi nel più fasto dei modi. Parve incredibile alla Hyuga come la proposta arrivò dal più scalmanato degli elementi del gruppo, eppure Natsuhime fu salva, e la sua sorte rallegrò non di poco l'umore della sala.
    Fu allora che la ragazza fu finalmente libera di ricongiungersi con i suoi compagni, in particolare con Youkai. Lo aveva visto combattere al fianco di Youshi e Fudoh, era orgogliosa dell'impegno con cui si era destreggiato in quella situazione difficile. Non glielo disse, ma il ragazzo avrebbe avvertito tutto ciò nello sguardo di intenso affetto che i suoi occhi bianchi gli regalarono.

    H-Hokage-dono, non mi sembra... Appropriato. E' sicuro che non ci sia un altro modo per lasciare la sala?

    Sospirò, già rassegnata al suo sconveniente destino. Fece del suo meglio per toccare il meno possibile il Gigante mentre si arrampicava sulle spalle dello stesso, titubante. Erano fortunati che Genji Hyuga non fosse stato convocato per quella missione.

    [...]

    Non pensavo avremmo visto presto questo momento. Sono contenta di vedere tutti sani e salvi.

    Lunghi tavoli erano stati predisposti per accogliere la grande delegazione sopravvissuta alle fatiche dell'Abete. Se prima il gruppo le era parso eterogeneo, ora era davvero bizzarro. Membri dell'Accademia e della Tregua discutevano amabilmente, chi più e chi meno, godendosi una rinnovata serenità e un nuovo senso di sicurezza.
    Fu allora che Youkai venne avvicinato da un uomo che gli affidò il suo potere millenario, suscitando una forte emozione nel non-morto. Murasaki sorrise a entrambi, e fece segno al ragazzo di seguirla per prendere posto a uno dei grandi tavoli predisposti per loro da chissà chi. Avrebbe voluto chiedere ragione di ciò che i suoi occhi avevano visto depositarsi sulle sue mani, quel residuo che pareva non volerla lasciare. Eppure non era il momento, ci sarebbe stato tempo una volta tornata al Villaggio di verificare come l'Abete l'avesse per sempre cambiata.

    Non dovresti crucciarti, Youkai. A volte un bene superiore ci impone di dialogare con entità che preferiremmo ignorare. Lo Hokage conosce bene questa situazione, non farà nulla per mettere in pericolo il suo Villaggio.

    Strinse forte il braccio del ragazzino, per offrirgli quanto più conforto possibile. Eppure il suo animo era altrettanto inquieto di fronte alla proposta avanzata da Raizen. Scendere a patti con Hayate voleva dire condonare i suoi metodi e idee. Erano pronti a sacrificare la popria integrotà sull'altare di qualcosa più grande di loro?
    Scosse il capo, come a voler scacciare certi pensieri. C'era una persona con cui non aveva avuto ancora occasione di disquisire. Lo vide lì, inombrato dai suoi stessi pensieri. Il suo sguardo pareva distante e assente dal momento presente. La Hyuga si accomodò di fronte a lui, facendo attenzione a non risvegliarlo troppo bruscamente da quella trance.

    Youshi-san, mi rincresce non aver avuto occasione di salutarti in precedenza, ma il momento concitato richiedeva la nostra piena attenzione.

    Sorrise appena, inclinando di poco il capo.

    Sono contenta di rivederti sano e salvo. Ho a lungo pensato al mio alleato di Kiri, trovarti qui è stato motivo di gioia e sorpresa per me. Vedo che la vita da shinobi ha già cominciato a chiedere un certo scotto a entrambi, ma spero che ti abbia anche concesso le soddisfazioni che meriti.

    [...]

    Era di ritorno verso il loro tavolo, quando da una certa distanza scorse Youkai abbandonato in un sonno ristoratore. Sorrise tra sé e sé, mentre con fare materno posizionava la propria giacca come una coperta sulle spalle del non-morto. Avrebbe cercato con lo sguardo la figura di Raizen, facendogli cenno di avvicinarsi. Era arrivato per loro il momento di lasciare quell'Isola, congedandosi dai suoi strani luoghi e intrighi.

    Toriamo a casa.
  8. .

    Missione: Si vive insieme, si muore soli

    XII: The End Is the Beginning Is the End 



    Faceva male. Molto male.
    Cosa? Ogni singola parte del suo corpo, a voler essere precisi. Il suo animalesco avversario, dopo aver lanciato un tremendo guaito, si era accasciato a terra, con lo sguardo vigile e carico di sofferenza. Non era morto, d'altronde nessuno pareva potersi arrogare tale privilegio in quella landa dimenticata dai Kami. Però giaceva lì, immobile, la schiena spezzata incapace di sorreggere oltre le sue fatiche. E tanto bastava a Saru per avvertire un moto di contentezza attraversarle il corpo. Era finita, questa volta davvero.
    Visto che la sua richiesta era stata totalmente ignorata dai suoi adorati compagni, la Rossa si risolse a puntare un piede verso la schiena dell'animale, facendo perno e riuscendo dolorosamente a sgusciare da sotto il peso della bestia immobilizzata.

    E' sempre bello contare su di voi, ragazzi!

    Sbuffò, passando la mano sui resti logori dei suoi vestiti, in un gesto che voleva togliere un po' della polvere depositata, ma che non sortì certamente alcun effetto. Oramai lei e il fango di quella maledettissima grotta erano un unico, schifoso elemento.
    Vide in una manciata di secondi lo scontro di Masayoshi terminare in suo favore, provocandole un inaspettato moto di contentezza e orgoglio che sorprese anche lei. Erano compagni di sventure, dopotutto, e il pensiero di non dover affrontare Shunsui o Daishin riguardo alla morte di un giovane Jinchuuriki di certo la rincuorava. Fu in quel momento che lo vide, i capelli biondi ancora saettanti nello scontro con Tasaki. Jins si era appena fermato, constatando che la situazione non volgeva più a suo favore. Dedicò meno di uno sguardo a tutti i presenti, lei compresa, e in una parola scomparve, lasciando dietro di sé nebbia e distruzione. Jins Kaguya era scappato. Cosa avrebbe dovuto aspettarsi, d'altronde?
    Eppure...

    JINS! MALEDETTO KAGUYA, TI TROVERO' PRIMA O POI. DOVESSI ANDARE IN CAPO AL MONDO.

    Urlò, stringendo il braccio che - grondante di sangue - cominciava appena a rimarginarsi. Poteva avvertire le ossa e i muscoli della gamba ricomporsi, il corpo guarire gradualmente. Ma qualcosa l'aveva ferita più in profondità, in un orgoglio che non pensava di possedere. In uno dei pochi slanci di bontà della sua breve vita si era fidata ed affidata ad un alleato. Lui l'aveva tradita, abbandonata.
    L'avrebbe trovato. Dovunque fosse. E gli avrebbe fatto scontare ogni singolo debito.

    Masayoshi! Sei stato bravo, piccolino. Sono sicura che a Suna canteranno le tue gesta, alla prossima sagra. Chissà come te la cavi come protagonista di una canzoncina da osteria.

    Disse, con intento decisamente canzonatorio, scompigliandogli la zazzera di capelli rossi e bianchi con la mano buona. Eppure era contenta davvero, c'era qualcosa nel non essere finita morta - o peggio, dannata lì sotto per l'eternità - che la metteva stranamente di buon umore. Chissà.

    Sì, è il momento di uscire da questa tomba. Non vedo l'ora di sentire un po' d'aria fresca, per quanto l'umidità di questa fetida isola sia insopportabile.

    Sorrise, forse genuinamente dopo tanto tempo. Era finita, era finita davvero. Era il momento di tornare a casa.

    [...]

    Ma guarda che bel ritrovo di disgraziati.

    Sussurrò, diretta più a sé stessa e Masayoshi al suo fianco, che non ad altri. Si aspettava di tutto, una volta raggiunti i superstiti della missione, ma non di certo un postribolo in cui leccarsi tutti insieme allegramente le ferite e auto compiacersi a suon di pacche sulle spalle e finti complimenti. Avrebbero potuto essere più sinceri e dire a chiare parole che, non fosse sussistita la necessità corrente, la maggior parte dei presenti si sarebbe volentieri attaccata una al collo dell'altra. Eppure erano lì a scambiare falsi convenevoli e dolci parole.
    Che amenità.

    Ai potenti piace esibire orgogliosamente l'agognato risultato. Che poi faccia schifo o meno, non importa a nessuno.

    Rimuginò, mentre in sottofondo discorsi altisonanti, ringraziamenti strappalacrime, e inaspettate proposte venivano sbandierati ai quattro venti. Lasciò che i grandi del Continente continuassero nella loro opera di vicendevole masturbazione mentale, mentre lei prendeva saggiamente posto vicino alle cibarie.

    Oh, se non è il mio parruccone preferito!

    Feng-gu si era avvicinato quatto quatto - ma poteva davvero, vista la sua stazza? - a lei e Masayoshi. Fu quasi carino da parte sua sincerarsi della condizione dei due Sunesi, quasi inquietante, sarebbe da aggiungere.

    Ah, non preoccuparti bestione. In qualche modo me la cavo sempre. Jins, beh che dire. Ci è stato d'aiuto, finché non ha deciso di rivelarsi per la merda che è: il Lupo d'Ora di Hayate. Ci puoi credere? Penso non ci sia altro da aggiungere, abbiamo speso anche troppe parole per lui.

    Fece spallucce, mentre la furia si impadroniva dell'Albino. Di certo non si poteva dire che amasse quello sgangherato gruppo mononome. Era lì, persa tra una pietanza e una chiacchera svogliata, quando la massa imponente dell'Hokage le fece ombra, dichiarando la sua presenza. Aveva già una qualche batuttta pronta in canna, ma che puntualmente dimenticò una volta girato lo sguardo e avendo verificato chi avesse accompagnato l'omone di Konoha alla sua mensa.

    Chi non muore si rivede, Miraggio della Foglia.

    Non fosse stato stupido, avrebbe potuto scorgere nel titolo affibiatogli una mal celata vena di ironia. Ma nemmeno su questo Saru poteva garantire, quindi lasciò cadere lì la provocazione.

    Non c'è molto da disquisire, Hokage. Quello che dovevo dire l'ho già detto. Un tuo ninja ha deliberatamente abbandonato un alleato per potersi esibire in una fuga degna del miglior codardo del Continente. Ho lottato, sono sopravvissuta. Sono contenta che lui non sia finito a marcire per l'eternità in un buco sotto terra.

    Lo guardò, e non era certa di aver detto tutta la verità in quell'ultima frase. Per il suo personale codice d'onore, l'aver abbandonato un alleato non lo rendeva diverso da Jins Kaguya. Che potessero morire male, tutti i Jins Kaguya del Continente.

    Cosa c'è da dire di te, Shin, che non abbia già espresso tu stesso in questa ridicola arringa. Ti nascondi dietro una fantomatica etica dello shinobi solitario, dietro alla missione, quando il tuo rango ti imporrebbe la protezione dei tuoi alleati e compagni. Non mi importa di come la Foglia cresca i suoi membri, so che la differenza tra un nostro capo squadra e te è abissale, e la tua bella dialettica non potrà mai colmare l'irrimediabile distanza che ti separa dall'essere un leader. Avrai forse avuto successo nel tuo personale intento, ma il tuo fallimento come comandante non è passato inosservato. Sarai condannato ad una vita da secondino, se questa è la tua idea di successo.

    Spostò lo sguardo verso le sue braccia, sulla pelle bruciata ed esposta. I nuovi innesti di pelle fresca si fondevano con quella già presente, creando un insolito mosaico bianco e rosso, lì dove il tessuto epiteliale si stava faticosamente ricostruendo.

    Abbandonare i più deboli è facile. Condurre una missione in solitaria è facile. Rimanere quando la situazione si fa dura, resistere alle avversità insieme ai propri compagni. Portare a termine la missione e tornare a casa con la squadra. Dividere oneri e onori. Questo vuol dire essere shinobi della Sabbia per Saru Mononobe. Queste ferite sono la prova del mio operato, del nostro operato, e le portrerò con orgoglio fino al giorno in cui le mie membra mi abbandoneranno, in cui non avrò più la forza di combattere. Perché sono la prova del mio impegno e della mia fedeltà.

    Coprì di nuovo le braccia, riportando lo sguardo sul ragazzo di fronte a lei. Shunsui era lì presente, forse non avrebbe gradito il suo discorso, forse avrebbe appoggiato lo shinobi della Foglia. Non le importava, la sua integrità e il suo credo non erano alla mercé di nessuno.

    Ma non so nemmeno perché ne stiamo discutendo. Le differenze fra noi sono troppe e troppo profonde. Non avrò mai nulla a che spartire con un accademico che si presenta armato come un Hayate. Shin Kinryu, non ho animosità verso di te o il tuo popolo. Spero solo che le nostre strade non si incrocino mai più, questo non posso negarlo.
    Ora vogliate scusarmi, altri impegni più urgenti mi attendono.


    Si alzò, esibendosi in una teatrale pacca sulla schiena dell'Hokage e prendendo il largo da quell'inutile discorso. Cosa le importava di Shin? Cosa le importava della Foglia? La Tregua, Jins Kaguya, l'Arma. Era tutto già passato, nascosto in un tempo che si allontava da lei ogni secondo di più. Ogni respiro a pieni polmoni la portava lontano da quella grotta, da quel banchetto, da quell'Isola. Volava rapida sull'Oceano, vedeva lontane le dune di Suna, il caldo del Sole, il bruciore del vento caldo del Deserto. Voleva solo andarsene da lì, abbandonare quei luoghi per sempre. Era giunto il momento.
    Era pronta a partire.
  9. .

    Me-an


    III: Akihi



    Possibile che il Freddo possa rivoltarsi contro di noi, i suoi stessi figli? Questo demone... Dobbiamo fermarlo, prima che distrugga tutto ciò che i nostri antenati hanno faticosamente costruito. Se per fare ciò sarà necessario un aiuto esterno, tuskur, che così sia.

    Lo sguardo della giovane indigena si fermò su Kensei Hito, o su ciò che il suo buffo copricapo rendeva visibile. Hotene si chiese brevemente quale fosse la motivazione di un tal bizzarro costume, facendo scorrere gli occhi lungo l'imponente figura dell'uomo. Forse il freddo di Azumaido, con la sua aria tagliente che congelava carni e ossa, lo intimoriva. Oppure quegli strati celavano una forma non umana.

    Wenkamuy.

    La parola si fece strada nella sua testa, intrusiva. Yusica le aveva confermato la natura non demoniaca dell'uomo, eppure la sua energia pulsava di un nero assoluto, riempiendo l'aria gelida che li divideva. Forse Kensei Hito non era un demone, certo. Ma la sua natura non era benevola, e Hotene non gli avrebbe permesso di contaminare la sua mentore con la sua oscurità.
    Stava ancora rimuginando sulle parole della tuskur e sulla presenza del wenkamuy di Kirigakure, quando il nemico si affacciò alle porte del kotan. Nei momenti concitati che seguirono, Hotene si ritrovò catapultata in una situazione di inatteso pericolo. I piccoli del Villaggio furono presto in preda al panico, mentre le loro grida riempivano l'aria fredda e immobile che sovrastava il terreno ghiacciato.

    Tuskur, non posso privarla di due tra i suoi più fidati Kamuy. Io...

    Scosse il capo, mentre una rabbia emotiva le riempiva la gola, andando a creare un nodo che le impedì di parlare oltre. Di fonte a lei la tuskur e l'uomo di Kirigakure si preparavano alla lotta, con quest'ultimo che sfoderava un'arma dal preoccupante aspetto infernale. Un brivido scorse lungo la schiena della ragazza di Azumaido, mentre il dubbio su chi rappresentasse realmente un pericolo per il kotan si faceva sempre più impellente.

    Yume, Chi-e, voi verrete con me. Dobbiamo portare in salvo quanti più akihi possibile. I bambini sono la nostra priorità. Waboose tu...

    Si voltò, accarezzando appena il muso candido dell'animale con cui era solita giocare da bambina. Ricordava appena quel periodo della sua vita, ma alcuni dei suoi ricordi più cari erano legati a Yusica e i suoi kamuy. Posò lo sguardo su quello del bufalo, mentre i suoi occhi tradivano una nuova forza e convinzione.

    Proteggi Yusica, salva il villaggio. E non perdere di vista lo anun.

    Anun, straniero. Lontano da ciò che il kotan e le genti di Azumaido rappresentare. Waboose avrebbe protetto Yusica, anche a costo della vita, questo Hotene lo sapeva bene. Sospirò, riunendo poi in un grido i bambini verso di sé, e allontanandosi dallo strano duo creatosi. Sarebbe tornata, ne era certa. Al presente ci avrebbe pensato la tuskur.
    Adesso la sua missione era mettere in salvo il loro futuro.

    Yume, Chi-e, dovete coprire la nostra ritirata. Accompagnerò i bambini al limitare della foresta, da lì potranno raggiungere i kuca. Quando tutto sarà finito, andremo a recuperarli. Ora, volate in alto e proteggeteci, yan.

    La neve creava uno strato soffice e al contempo compatto sotto i loro stivali, mentre il folto gruppo di giovani si allontanava dalla minaccia. Con un bambino attaccato ad un braccio e l'altro alla sua spalla, Hotene aveva poca possibilità di manovra, potendo per lo più confidare nella protezione offerta dai due kamuy di Yusica. Fu in quel momento che una selva di ombre ricoprì il cielo, preannunciando una notevole caduta di frecce sul gruppo di fuggitivi.

    VELOCI, METTETEVI AL RIPARO!

    Urlò, lasciando che i due bambini attaccati a lei scappassero insieme ai compagni, trovando rifugio dietro a qualche masso o albero sparso. In alto, sopra di loro, i due animali avevano aperto le loro grandi aliArmatura di Ghiaccio [AdR]
    Speciale: L'utilizzatore può indurire la propria pelle con una una patina di ghiaccio, ottenendo un aumento della difesa naturale pari a 20.
    (Consumo: ½ Basso ogni slot)
    [Da chunin in su]
    , facendo da scudo e respingendo una buona parte dell'attacco dei non-morti, Yume proteggendo la corsa dei bambini e Chi-e quella di Hotene.
    La ragazza continuò a correre, fino ad arrivare al limitare della foresta che lambiva il kotan. Fu lì che radunò i piccoli, dividendoli in gruppi da massimo tre componenti.

    Dovete ascoltarmi bene, adesso. Niente più grida, niente più lacrime. I nostri padri, i nostri fratelli non ci sono più, ora siamo noi il kotan. Dovrete essere forti e saldi, anche quando avrete più paura. Prendetevi cura gli uni degli altri, e trovate un kuca in cui nascondervi. Nei capanni dei cacciatori troverete qualche provvista e arma, cercate di sopravvivere. Io e la tuskur torneremo a prendervi entro tre giorni. Se non dovesse arrivare nessuno, fuggite verso un altro kotan. Il nostro futuro è nelle vostre mani, akihi. Io credo in voi.

    Accarezzò brevemente qualche testolina che si ritrovava davanti, prima di fare un cenno col capo verso i boschi. Non sapeva cosa avrebbe atteso i piccoli del Villaggio una volta allontatisi, ma di certo non sarebbe stato peggio del loro presente.

    Yume, sorveglia la loro fuga dall'alto. Poi torna da me e dalla tuskur, avremo bisogno di tutto il sostegno possibile.

    Detto questo si sarebbe voltata, mentre una lacrima silenziosa solcava il suo viso. Non avrebbe più rivisto parte di loro, forse. Forse sarebbe stata lei a perire nello scontro. Come che fosse, il kotan avrebbe dovuto resistere. Era l'unica cosa che contasse davvero. Sospirò, accarezzando appena il pugnale posto al suo fianco.

    Chi-e, torniamo da Yusica. Il nostro posto è al suo fianco.
  10. .

    Missione: Si vive insieme, si muore soli


    XI: Rodeo drive


    Preferirei farmi cavare la lingua, piuttosto che mettermi a leccare il culo tuo e dei tuoi superiori, Hayate. Alcune persone hanno una dignità Jins, in caso te ne fossi dimenticato strada facendo, tra una leccata e l'altra.

    Sentenziò, mentre quello già si dedicava allo scontro con quell'idiota del loro compagno spilungone. Li avrebbe picchiati entrambi una volta finito il tutto, oh sì che li avrebbe picchiati. Perché - e ne era sicura - quei due presto si sarebbero ridotti a brandelli a vicenda, e nulla li avrebbe salvati dall'ira funesta della Sunese. Non fosse stato per loro, e per l'ego smisurato che si trascinavano dietro, probabilmente quella faccenda si sarebbe già risolta da sé, permettendo a lei e al suo prezioso carico, ovvero Masayoshi, di riportare le terga tra le amene dune della Sabbia. Invece erano ancora lì, a prendere botte da orbi, cosa per cui qualcuno avrebbe certamente pagato.

    [...]

    Yippee ki-yay, stronzo!

    Inutile dire che, da parte di Saru, sarebbe stato saggio prendere sul serio la situazione. Si trovavano a diversi metri dall'unica via di fuga verso l'esterno, quelli che consideravano amici si erano rivelati nemici, e il tempo per ultimare la loro missione era decisamente agli sgoccioli. Eppure, un sorriso beffardo si era dipinto sul viso della Rossa, mentre il lupo di Jins - che stava attentando nuovamente alla sua vita - la faceva volteggiare stile rodeo.
    Il colpo ben assestato dalla ragazza in precedenza aveva sì sortito effetto, ma non pienamente quello sperato: ecco spiegato il motivo per cui, invece che trovarsi a cavalcioni di un lupo immobilizzato, si trovava a rimbalzare sgraziatamente sulla sua groppa.
    Certamente una visione incantevole.
    Fu in quel momento che la bestia sotto di lei ne ebbe abbastanza del suo fantino, cominciando una ribellione che certamente non prevedeva nulla di buono. Mentre già la brusca frenata del lupo l'aveva portata a sbilanciarsi pesantemente in avanti, la pelliccia dell'animale si fece aguzza, andando a strappare il sottile strato protettivo fornito dai vestiti e penetrando nella tenera carne della ragazza.
    Digrignando i denti per il dolore, la Rossa fece perno sulle gambe, seguendo il movimento della bestia e lanciandosi il più lontano possibile dall'animale, cercando di rotolare una volta a contatto con il terreno. Tuttavia, la sua gamba sinistra non fece in tempo a scansarsi, che il lupo le rovinò addosso schiacciandola e provocandole un certo dolore. Un grido avrebbe riempito la sala, mentre quello si contorceva cercando un nuovo, disperato attacco.

    MI DEVI MOLLARE, CAGNACCIO!

    Urlò, in un misto di lacerazione e rabbia, mentre quello riusciva ad afferrarle il braccio sinistro in una morsa che riempiva di dolore entrambi, la bestia per il danno subito precedentemente, e Saru per i denti che nuovamente si facevano strada nella sua carne, tranciando muscoli e tendini. Eppure uno spiraglio le si aprì, quando il garrese della bestia si trovò nuovamente di fronte a lei. Con la gamba bloccata sotto il peso dell'animale, e il braccio sinistro chiuso in una morsa difficilmente scioglibile, la Rossa dovette esibirsi in un'ultima contorsione mentre, spingendo sull'addome, il pugno destro trovava la propria strada sotto il braccio opposto, irrorato di tutto il chakra che la ragazza riuscì a richiamare. Se fosse andato a buon fine, l'animale sarebbe definitivamente capitolato, rimanendo paralizzato e senza più possibilità di reagire.
    Solo allora la ragazza avrebbe lasciato che la tensione abbandonasse il suo corpo, mentre ancora la sua gamba era imprigionata sotto la mole dell'animale.

    QUALCUNO MI TOGLIE QUESTA MERDA DI DOSSO?!


    Chakra: 10/30
    Vitalità: 3,5/12
    En. Vitale: 21,5/30
    Statistiche Primarie
    Forza: 325
    Velocità:  300
    Resistenza: 300
    Riflessi: 275
    Statistiche Secondarie
    Concentrazione: 300
    Agilità: 300
    Intuito: 300
    Precisione: 300
    Slot Difesa
    1: Salto
    2: Parata
    3: ///
    Slot Azione
    1: //
    2: //
    3: //

    Slot Tecnica
    1: TA: Spaccamontagne
    2: //
    Equipaggiamento
    • Shuriken × 5
    • Filo di Nylon [10m] × 1
    • Kunai × 5
    • Rivestimento Mimetico × 1
    • Accendino × 1
    • Tekken × 1
    • Chigiriki × 1
    • Guanto in Cuoio × 1
    • Tonico di Ripristino Inferiore × 1
    • Katar × 1
    • Cartabomba I Distruttiva × 2
    • Bottiglietta di Alcool × 1
    • Fumogeno × 1
    • Tonico di Ripristino Minore × 1

    Note
    ///
  11. .

    In missione all'Abete


    X



    Non ti affannare, Youkai. Sto bene, Mori-baa mi ha trattata bene. Non hai nulla da rimproverarti, il tuo cuore deve essere sereno.

    Sorrise affettuosamente, stringendo appena le mani in un piccolo buffetto che sperava avrebbe tranquillizzato il ragazzo. Sorvolò di proposito di nominare l'incontro con il Coraggio e lo scontro con gli anticorpi di ghiaccio e vento, onde evitare che il non-morto si turbasse ancor di più, compromettendone definitivamente lo stato emotivo.
    Fu in quel momento che la situazione precipitò. In breve Murasaki dovette informare l'Hokage e i compagni, sottoponendo poi Youkai a un attacco che l'aveva colto inaspettato. Eppure tutti i loro sforzi, e il dolore sopportato dal compagno, si erano conclusi in un nulla di fatto. L'essere di fronte a loro subiva mutazioni inaspettate e difficilmente contrastabili, mentre anche le loro armi si ritorcevano contro loro stessi. Il buio li aveva avvolti per qualche secondo, evocato da Youshi, comparso a inizio combattimento dalle stesse ombre che avevano portato l'Hokage sul campo di battaglia. Quando rivide Kagami, un essere enorme ed immondo aveva preso il suo posto, sovrastandoli di molto e dominando l'ambiente.

    YOUKAI, ATTENTO!

    Ebbe appena il tempo di gridare, mentre un getto d'acqua dalla velocità spaventosa si abbatteva sui genin, lasciando pochissimo margine di protezione. Murasaki portò le braccia a coprire la testa, assorbendo quel poco di forza impattante che poté. Non fu molta, e il vortice d'acqua la spinse diversi metri indietro, mentre la forza sferzante della stessa le procurava abrasioni in tutto il corpo, facendole digrignare i denti per il dolore.
    Quando anche le ultime gocce d'acqua si furono diradate, il nemico si presentò in una forma utleriormente nuova, che Murasaki giudicò però essere la più vera: una superficie di vetro sfaccettato lo ricopriva, mandando bagliori frammentati nei punti in cui la luce incontrava il piano riflettente. Se non fossero stati nel bel mezzo di un combattimento, la Hyuga avrebbe forse potuto sedare la curiosità che era nata in lei riguardo la natura di quell'essere, ma quello non era certamente il luogo - né il momento - per soddisfare tali dubbi.
    Aveva appena rimesso salde le gambe al terreno, quando la figura specchiata si lanciò in una folle corsa contro di lei, preparando un'offensiva che, per quanto rapida, risultò comunque facilmente schivabile dalla Hyuga. Murasaki si spostò verso destra, mentre il pugno di quello andava a vuoto e un coltello lanciato da un suo alleato volava rapido verso Kagami. Tuttavia quello tornò alla carica, cercando di lanciarsi su di lei e toccarla - ovvero l'unica cosa che la ragazza avrebbe evitato a tutti costi, scongiurando la possibilità che un'arte antica come il juuken cadesse in mani decisamente sbagliate. Con un balzo fu a qualche metro dall'avversario, e in quel momento intervenne di gran carriera anche Fudoh, parandosi tra lei e l'essere e lasciandole possibilità di ulteriore manovra. Fu allora che il suo sguardo cadde nuovamente su quello che accadeva dall'altro capo della stanza, dove l'Hokage, Daishin e il resto dei ninja di alto rango combatteva un essere ancor più mostruoso e temibile: il cuore dalle carni e viscere esposte, rabbioso e immobile dominava lo scontro, mettendo anche i più esperti tra loro in difficoltà. Non poteva, non doveva sottrarsi alla battaglia principale. Non avrebbe atteso nelle retrovie, non stavolta.
    Qualora fosse stato a portata di orecchio, avrebbe fatto cenno a Youkai prima di allontanarsi, parlando brevemente mentre già si allontanava.

    Devo andare, mi fido di voi per gestire la situazione qui.

    Aggrottò la fronte, mentre già era nei pressi dell'Hokage, dopo un rapido spostamento di qualche metro. Poteva sentire il fetido calore emanato dalla creatura, la cui sola vista le procurava intenso e ancestrale terrore. Le gambe parvero tremarle, complici gli attacchi subiti dallo specchio maledetto. Tuttavia non avrebbe ceduto, non quando la sua patria e il Continente tutto contavano anche su di lei. Pensò brevemente al padre, alla madre e alla sorella, rimasti a Konoha e lontani da quell'orrore, inconsapevoli. Avrebbe voluto riabbracciarli un'ultima volta, apprendere ancora qualcosa. Eppure non v'era tempo, e se il suo destino era di perire lì, così sarebbe stato. Era pronta, adesso.

    Hokage-dono, la prego di prendere in considerazione di utilizzare le mie capacità contro l'avversario. Non sarò in grado di raggiungerlo o sottrarmi alla sua mossa, per questo avrò bisogno del suo appoggio, ma una volta in prossimità della bestia potrò colpirlo con il Juuken.

    Un contatto avrebbe rivelato all'Hokage ciò che gli occhi bianchi della Hyuga avevano visto, rivelando la mappatura dei punti di fuga che ricoprivano la massa dell'essere, e in particolare quelli che legavano indissolubilmente la sfera d'acqua allo stesso. Quello era il loro primo obiettivo, e non avrebbero avuto margine di errore.

    Gli Hyuga serviranno sempre fedelmente la Foglia, come da tempi immemori. Partiremo dall'alto, come le ho mostrato. Poi chiuderemo il resto.

    Lasciò cadere qualche goccia dell'olio sulle mani, pur ignorandone il preciso utilizzo, annuendo alle parole del primo ninja di Konoha. Chiuse gli occhi, concentrandosi su ciò che essi vedevano oltre la pelle e l'involucro delle cose. Il respiro si regolarizzò, mentre tutto diveniva più chiaro e nitido. La bestia di fronte a loro non era altro che un intricato processo di tsubo e tenketsu, come ogni essere vivente. Una volta semplificato e ridotto a ciò, la sua bestialità lasciava il posto ad una primitiva semplicità, quasi intuitiva. Ora Murasaki vedeva, ora sapeva. Doveva solo agire.
    Poi furono sospesi in aria. Era trascorso un secondo, eppure il mondo era scivolato sotto ai loro piedi, vedendoli ricomparire in una posizione totalmente diversa da quella di partenza. E il cuore era lì, i punti di fuga che legavano la sfera alla bestia le si trovavano di fronte, come aveva descritto in precedenza a Raizen. Allungò il braccio destro, mentre ancora il sinistro si manteneva ancorato all'Hokage. Sfiorò appena la superficie del cuore, che pareva pulsare ritrmicamente, seguendo gli ululati della bestia. Le bastarono pochi tocchi, e già avrebbe potuto vedere il suo chakra penetrare le difese della bestia e solidificarsi, andando a bloccarne i tenketsu in una morsa difficilmente scioglibile.

    Andiamo.

    Sussurrò appena all'uomo vicino a lei, e nuovamente il loro spostamento istantaneo li portò in un altro punto dello spazio, dove già i colpi dell'uomo alato avevano ferito le carni dell'essere. Un altro tocco avrebbe cercato i punti di fuga sottostanti il primo strato di pelle, cercando di bloccarne quanti più possibile. Un ulteriore cenno all'Hokage e la ragazza si ritrovò lontana dall'essere, dal calore, dal sangue. L'offensiva era durata qualche secondo, il contatto con il cuore ancor meno. Eppure i suoi polpastrelli bruciavano e l'animo si agitava inquieto.
    Aveva fatto abbastanza?



    Chakra: 18.5/30
    Vitalità: 6/12
    En. Vitale: 24/30
    Statistiche Primarie
    Forza: 200
    Velocità:  325
    Resistenza: 300
    Riflessi: 300
    Statistiche Secondarie
    Concentrazione: 375
    Agilità: 375
    Intuito: 300
    Precisione: 300
    Slot Difesa
    1: Parata
    2: Schivata
    3: Salto
    Slot Azione
    1: Colpo ai tenketsu
    2: Colpo ai tenketsu
    3: Colpo ai tenketsu
    4: Colpo ai tenketsu
    Slot Tecnica
    1: TA - Tenketsu no Ryoshi
    2: ///
    Equipaggiamento
    • Filo di Nylon [10m] × 1
    • Fukibari × 3
    • Shuriken × 5
    • Tonico Coagulante Inferiore × 1
    • Rotolo da Richiamo × 1
    • Cartabomba I × 2
    • Bottiglietta di Alcool × 1
    • Kunai × 5
    • Wakizashi × 1
    • Corda di Canapa [10m] × 1
    • Fumogeno × 2
    • Bende Rinforzate × 2
    • Accendino × 1
    • Sonagli [x5] × 1
    • Kit di Primo Soccorso × 1

    Note
    -1/4 basso per mantenimento Byakugan
  12. .
    It’s a-me :riot:

    link
  13. .

    Me-an


    II - Cisa



    Capisco, tuskur, ma...

    Il tocco leggero della mano di Yusica sulla sua spalla ebbe un effetto calmante, portando Hotene a lasciar inespressa la sua ennesima arringa. Di fronte a loro, Kensei Hito rimaneva immobile, stoicamente fisso nella sua posizione. La degnò di poche e fugaci parole, salvo poi dedicare la sua attenzione alla sciamana del Villaggio. Il racconto correva veloce dalle labbra di Yusica, delineando in breve una situazione complessa e dolorosa per tutti i presenti, e in particolare per la stessa Hotene. C'era stato un tempo in cui lei e Ipokash erano state inseparabili, in cui Munkeke si era preso cura delle due gemelle da buon fratello maggiore. Ma quel tempo era lontano, il ricordo dello stesso cancellato da anni di tradimenti e lotte. Ora giacevano distanti, divisi da kilometri di neve e ancor più rancore malamente celato. Tutto ciò, tuttavia, Kensei Hito lo ignorava, potendo al massimo cogliere il velo di tristezza e rabbia che andò a rabbuiare lo sguardo di Hotene alla menzione di Munkeke e del suo confuso rapporto con i Kamuy di Azumaido.

    Tuskur, possiamo difenderci. Abbiamo resistito in passato, cosa è differente questa volta? Nessuna presenza, wenkamuy o demone potrà mai sopraffarti, ne sono certa. Finché il kotan avrà la sua tuskur, non potrà cadere.

    Aveva voltato il capo verso l'alto, volgendo lo sguardo alla propria maestra. Una poco velata preoccupazione macchiava le sue parole, infondendo un senso di inquietudine anche nella giovane. Possibile che il pericolo fosse così urgente e temibile da giustificare un tale sconvolgimento anche in una combattente d'esperienza quale Yusica? Hotene soppresse un brivido, mentre i suoi grandi occhi viola tornavano su Kensei Hito, questa volta più curiosi che ostili. La maschera che gli celava il volto nascondeva anche i suoi lineamenti, le sue emozioni, qualsiasi cosa che potesse dare una parvenza umana. Eppure la tuskur vi aveva sotto intravisto una natura disposta a prestare aiuto al kotan. Hotene era ancora dubbiosa, ma stavolta avrebbe tenuto per sé le proprie perplessità - comunque leggibili facilmente sul suo volto. Solo il tempo avrebbe potuto dar loro la facoltà di un giudizio completo.

    Cosa succede, tuskur?

    La donna si era come bloccata, congelata in un infinito secondo di stupore. Hotene seguì la linea del suo sguardo fino al margine del bosco, dove una massa informe e caotica si stava lentamente formando. Qualche bambino si avventurò in avanscoperta, salvo tornare poco dopo sui pochi passi, gridando. Prima un solo grido, poi un altro, poi un altro ancora. In breve l'aria fu carica di urla, e finalmente Hotene individuò il pericolo di fronte a loro: gli uomini del villaggio erano tornati, ma non erano soli. Trai volti tumefatti e distorti dal gelo, la ragazza di Azumaido ritrovò anche lineamenti non familiari, mischiati a volti che aveva visto - caldi e sorridenti - molte volte. Un brivido di terrore si impadronì del suo corpo, mentre quelli avanzavano senza sosta.

    TUSKUR!

    Gridò, mentre da quella già si levava l'aura del suo immenso e antico potere. Di fianco a loro, Kensei Hito avanzò la sua proposta per mettere in salvo quante più vite possibile. Non si fidava dell'uomo dietro la maschera, ma le forze nemiche erano troppe e troppo vicine per cominciare a sindacare lì e ora.

    Li porterò al sicuro, nessuno dei nostri bambini deve perdere la vita stanotte. Ma appena sarò certa della loro sorte tornerò qui a combattere al vostro fianco. Tuskur, non posso abbandonarti. Non qui da sola.

    Il suo sguardò si spostò rapidamente dagli intrusi a Kensei Hito, e poi nuovamente ad essi. Certamente la comparsa del nemico era stata fortuitamente vicina al palesarsi dell'uomo. Yusica sembrava fidarsi di lui, ma non potevano escludere un suo qualche coinvolgimento. Hotene non era potente, e gli strumenti in suo possesso erano pochi in una lotta. Ma sarebbe volentieri morta per proteggere la sua maestra.

    BAMBINI, TUTTI CON ME!

    Avrebbe gridato, correndo verso il gruppo di piccoli urlanti e disperati. Il trauma del vedere i propri padri e fratelli ridotti a quello stato ne aveva spento gli occhi, mentre i tremori li pervadevano da capo a piedi. Se necessario, avrebbe preso in braccio uno dei più piccoli, afferrando per la mano chi poteva, dirigendosi poi verso la grande casupola comune, il cisa del Villaggio, dove la comunità si riuniva per deliberare, o trascorrere in compagnia le notti più fredde e inospitali. Quei bambini erano il futuro del Villaggio, e Hotene li avrebbe protetti dal nemico. Qualsiasi esso fosse, e a qualunque costo.
  14. .

    Kamuy Nomi


    VI: Emushi



    Conosceva quella voce. Riconosceva quella spada. Eppure il rimbombo e i riflessi che esse provocarono le fecero comunque accapponare la pelle. Proprio lei, abituata ai grandi freddi di Azumaido, provava ora la spiacevole sensazione di brividi che le scossero la colonna vertebrale. Il rapitore di Kiri era scoparso in una nube, così come si era palesato qualche ora prima. Al suo posto, temibile quanto prevaricante, era comparsa la figura dello sisam incontrato qualche tempo prima proprio ad Azumaido. Kensei Hito e la sua spada dominavano ora la stanza.

    Mi conosci abbastanza bene da sapere che non ritratto le mie parole, Hito. Ma non abbastanza bene da sapere che noi di Azumaido non siamo i vostri cani da combattimento. Non riconosco Kiri e le sue leggi, non vedo perché dovrei giustiziare un altro uomo in suo nome.

    Alzò il viso, andando a puntare lo sguardo fiero sull'elmo dell'uomo. Poteva sentire la luce pulsare dalla lama posta appena accanto alla sua testa, quasi i riflessi rossi dell'arma le bruciassero la pelle e la carne viva sotto di essa. Avrebbe mantenuto il suo cipiglio fino a che Kensei Hito non fosse arretrato, questo ne era certo. Ma in un istante un nuovo sentimento - acuto, bipolare, feroce - si impadronì della giovane indigena di Azumaido. Un freddo odio l'accecò, scorrendo potente attraverso il suo corpo, penetrando muscoli, tendini, nervi, fino a consumarle le ossa. Avrebbe voluto urlare, gridare il proprio furore contro chiunque le si parasse davanti. Eppure rimase immobile, ammutolita. Congelata in quell'attimo di cieca follia.
    Poi abbassò il capo, incapace di sostenere lo sguardo dell'uomo.
    Un ringhio sommesso le sfuggì dai denti, mentre quello le regalava un ultimo avvertimento, e si dirigeva verso l'altro cane da macello della serata.

    Lo porterò con disonore.

    Sibilò, questa volta mantenendo tra sé e sé il proprio commento. Rigirò il corpifronte di Kiri tra le mani, osservandone le sfumature cremisi donategli da una qualche lega metallica particolare. Da lì in avanti, la strada era incerta. Il suo unico desiderio era quello di fuggire, abbandonare quel luogo di morte e scappare nei freddi boschi di Azumaido. Eppure sapeva di dover tornare al Villaggio, redarguendo Yusica riguardo gli avvenimenti di quella notte. Un nuovo capitolo dell'alleanza tra Kiri ed Azumaido si stava componendo di fronte ai suoi stessi occhi, e suo malgrado ne era oramai protagonista.
    A lei sola spettava ora tramutare la propria passiva sorte in fortuna.
  15. .

    Ecce Deus fortior me


    IV



    La tua spada ha certamente sete di sangue, Akuraguri Kenkichi. In futuro dovrai prestare attenzione, altrimenti il primo di cui si ciberà sarà il suo stesso padrone.

    Chiosò, mantenendo lo sguardo fisso sull'elsa indicatale da Akuraguri, quasi la sua visione l'avesse condotta in uno stato di trance. Le parve quasi di avvertire delle voci provenire dalla spada stessa: voci passate - certamente - ma perlopiù future. L'arma rispecchiava il suo proprietario, un'anima giovane ed inesperta. Sospirò, chiudendo gli occhi e tornando in contatto col momento presente. Con un cenno del capo si diresse verso la loro meta, mantenendo un sacrale silenzio anche in caso di ulteriori domande da parte del Kiriano.

    [...]

    Preferisco rimanere in piedi, la ringrazio. Niente té per me.

    Disse, avvicinandosi al tavolino dove l'uomo custodiva le proprie carte - non senza prima passare in zelante rassegna le librerie presenti nell'ufficio. Sfiorò appena il dorso dei tomi che le si paravano davanti, leggendone i titoli più disparati. Fu poi nei pressi dell'uomo e del Kenkichi, proprio mentre il primo dava vita ad una valanga di rotoli. La Dea si premurò di osservarne il contenuto, per quanto velocemente date le tempistiche. Qualora vi fosse stato qualche vocabolo di rilievo per la missione, o che comunque avesse catturato la sua attenzione, Izanami non si sarebbe fatta scrupolo a prelevarlo dal terreno e leggerne liberamente il contenuto, senza premurarsi delle eventuali proteste di Nishimura. In caso contrario, si sarebbe limitata ad osservare le fatiche dell'uomo, rimanendo immobile e senza offrire aiuto alcuno.

    Dunque queste sono tutte le informazioni in vostro possesso. Un elenco di luoghi e date.

    Inarcò un sopracciglio, come a voler sottolineare ancor di più il suo disappunto nella qualità delle informazioni in possesso del Capovillaggio. Se questo era il livello dell'amministrazione, Izanami cominciò a chiedersi quanto alto potesse essere quello dei Samurai posti a protezione dell'Isola. Passò poi la pergamena ad Akuraguri, avendone memorizzato il contenuto.

    Sei in errore, Akuraguri di Kiri. Se bramassero gioielli o ricchezze questo non sarebbe di certo il loro primario terreno di caccia. La gente dell'Isola dispone di ordinarie ricchezze, se non addirittura scarse.

    Tirò fuori la lunga pipa, traendo una profonda boccata e producendo intorno a sé una discreta nuvola di fumo al sapor di tabacco bruciato. Nuovamente si trovò a girovagare per la stanza, continuando a perlustrarne le centinaia di tomi conservatevi.

    Direi piuttosto che vogliano attingere ad una risorsa naturale, quale le vostre acque, a giudicare dalle leggende narrate riguardo la fonte. I tempi così regolarmente scanditi potrebbero suggerire un rituale.

    Si fermò, ruotando sui geta e portandosi di nuovo frontale al Capovillaggio. Prese un'altra boccata di fumo, espirando poi profondamente.

    Abbiamo bisogno di più informazioni riguardo tale leggenda, non importa se da lei giudicata reale o meno. Qualora lei non fosse in grado di fornircene, la prego di indicarci qualcuno di più preparato in materia.
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