Posts written by Filira

  1. .

    Kamuy Nomi


    V: Rai



    Sentì il sangue colarle dalla fronte, facendosi strada lungo la guancia e scendendo poi verso il collo. Eppure sorrideva, mentre quello di fronte a lei esalava l'ultimo, martoriato respiro. Sorrideva perché il sangue che macchiava la sua pelle bianca, temprata dall'estremo freddo nordico, non era il suo. Sorrideva, perché la morte del suo avversario decretava la sua possibilità di continuare a vivere. E - dannazione - non aveva avuto alcuna intenzione di morire in un posto del genere, a costo di vender cara la pelle. L'energumeno di fronte a lei l'aveva capito troppo tardi, ed era perito nel tentativo.
    La stanchezza calò improvvisamente sul suo corpo, fiaccato fino allo stremo e oramai senza forze. Si piegò in avanti, appoggiando le mani alle ginocchia per reggersi sulle gambe tremanti. Il respiro era irregolare ed accelerato, ma anche quel bruciore d'ossigeno contro i suoi polmoni la riempiva di gioia: era viva. Soffriva, ma il suo corpo era ancora pieno di energie.

    È morto, come avevi richiesto. Spero che il tributo di sangue dovuto a Kirigakure sia ora considerato saldato.

    Sbuffò, mentre alle sue spalle i passi del suo rapitore si facevano più vicini, fino a che non le comparve vicino, emergendo dalla nebbie da lui stesso creata. Vide il suo volto rilassarsi, mentre quello di Hotene si faceva più corrucciato. Non aveva ancora ben compreso il suo ruolo in quel macabro rituale, e di certo la felicità di essere sopravvissuta non adombrava del tutto il fatto di aver spedito un uomo all'inferno prima del suo tempo.

    Ti ringrazierei, sisam. Ma è a causa tua se mi servono questi tonici, fosse per me sarei ancora addormentata nella mia cisa.

    Alzando appena un sopraccicglio in aria di sfida arraffò i due tonici, assumendoli senza troppe cerimonie. Un tepore appena accennato si impadronì di lei, andando a rinvigorire i suoi muscoli strappati, e regolarizzando il respiro affannato. In passato aveva assunto delle radici in Azumaido, che avevano un effetto simile; eppure non pensava che la chimica del continente potesse replicare un tale portento della natura. Non fosse stata esausta e in disperato bisogno di rimettersi in forze, difficilmente avrebbe accettato una tale diavoleria.

    Sì, il tuo uomo sembra sul punto di prevalere su quella donna. Sarai soddisfatto, spero. Stanotte due anime hanno lasciato il mosir anzitempo, ma i kamuy non dimenticano. Colpiranno chi ne è responsabile. Le nostre anime potrebbero essere perdute, eppure sorridi. Non capirò mai la gente di Kiri.

    Sorrise, ma era un sorriso amaro. Youshi avrebbe intravisto un'ombra di tristezza velarle lo sguardo alla menzione della sua famiglia, presto sostiuita da un moto di rabbia che - per il ragazzo - sarebbe parso immotivato, specialmente in qualcuno allo stremo delle forze come era lei in quel momento.

    Non vuoi conoscere la realtà della mia semenza, ne sono certa. Ipokash, Munkeke e i loro seguaci non sono quello che credi. Te ne accorgerai presto, sisam. O morirai nel farlo. Kirigakure dovrebbe prestare maggiore attenzione nel selezionare i propri alleati.
  2. .

    Me-an


    I - Tuskur



    Sei in errore, sisam.

    Hotene fece un passo in avanti, portandosi a fianco della tuskur del kotan, la vecchia Yusica. Un capannello di abitanti del piccolo villaggio perduto tra le nevi di Azumaido si era riunito per osservare il nuovo arrivato. Coperto da capo a piedi di una spessa copertura monocolore, di certo non passava inosservato, stagliandosi contro il candore delle nevi dell'Isola. Un bambino sporgeva appena da dietro le gambe della ragazza, facendo capolino solo con la testa. Con i suoi grandi occhi chiari osservava il nero arrivato con stupore.

    Non ho memoria dei nomi che pronunci, né della ricerca in cui sei impegnato. Quella a cui ti riferisci è un'altra, io non posso garantire la veridicità del tuo nome. Tantomeno se ti presenti con tali esseri alle tue spalle. Tuskur, quegli animali hanno tutto l'aspetto di wenkamuy, e il fatto che l'uomo conosca Ipokash non mi tranquillizza, anzi. Se ha incontrato lei, si sarà imbattutto nel falso tuskur, Munkeke.

    Se fosse stato attento, il Kiriano avrebbe potuto cogliere un certo disprezzo da parte di Hotene nel pronunciare quell'ultimo nome. La ragazza spostò lo sguardo da Yusica, guardando nuovamente Kensei Hito, di fronte a lei. Furono le sole parole dell'anziana sciamana a tranquillizzarla parzialmente, dal momento che rivelarono la natura umana di chi si nascondeva sotto strati di ferro e tessuto. L'uomo del Continente parlò, descrivendo le circostanze che l'avevano portato al kotan. Cercava Yusica, la sciamana del viallggio, per proteggerla dall'attacco di un kamuy avverso. Hotene sbuffò sonoramente, mentre una rabbia atavica si impadroniva delle sue membra. Fece un'ulteriore passo avanti, portandosi tra l'uomo e la tuskur.

    Kensei Hito di Kirigakure, dovresti prestare attenzione al tono con cui ti rivolgi agli anziani del kotan. Ti presenti non annunciato, accompagnato da due spiriti maligni. Parli di demoni e minacce al nostro uomo più promettente. Ma ignori chi ti trovi di fronte, se queste sono parole sincere. I nostri uomini sono tutti assenti, loro si occupano della caccia, di procacciare cibo per il villaggio. Non troverai nessun uomo provvido qui. Ma bambini e donne, e tra esse la nostra tuskur, Yusica. Ma lei non ha bisogno della tua protezione, noi non ne abbiamo bisogno.

    Avrebbe dunque abbassato il tono di voce, trovandosi oramai frapposta tra Yusica e Kensei. Le era palese che, in caso di attacco sconsiderato da parte dell'uomo, sarebbe perita senza possilità alcuna. Tuttavia non se ne curava, avrebbe volentieri dato la sua vita se questo avesse assicurato alla tuskur e al villaggio qualche secondo in più per organizzare la difesa.

    Probabilmente l'incontro con i miei fratelli deve averti fuorviato, le tue idee sul nostro popolo sono confuse. In Azumaido la lotta e l'armonia con la natura non sono mai venute meno, noi siamo diversi da voi del Continente. E di certo non necessitiamo della protezione di un Villaggio ninja che ha portato solo sventure alla nostra terra. Non siamo delle caricature di un popolo oramai estinto, come Ipokash e Munkeke ti avranno fatto credere. Siamo un popolo vivo. Siamo un popolo indipendente. E non necessitiamo di essere salvati da Kensei Hito.
  3. .
    Ehi, benvenuto! :riot:

    Edited by Filira - 15/5/2020, 15:21
  4. .

    A little party never killed nobody


    V: Boom, baby



    Non aveva funzionato. O meglio, aveva funzionato ma non come l'aveva immaginato nell'eroica ricostruzione del suo attacco che aveva condotto in precedenza nella sua testa.
    I kunai erano volati rapidi verso gli uomini alla testa del verme, ma si erano fermati qualche metro prima, interrompendo la propria corsa contro una barriera che fino a qualche millesimo di secondo prima era stata celata ai loro occhio. Saru sbuffò appena, mentre l'avversario di Masayoshi continuava a sbraitare frasi senza alcun senso, invocando chissà quale stramba divinità.
    Stava giusto per cominciare ad inveire contro quel bonzo dall'aria decisamente inquietante, quando un movimento di Ryugi la riportò alla realtà: il calore delle fiamme prodotte dalla ragazza riempì dapprima l'aria, rendendola ancora più incandescente della solita calura Sunese. Pochi secondi dopo, tuttavia, la gola di Saru prese a bruciare intensamente, mentre una nube verdognola si impadroniva dell'ambiente, impedendole sia di respirare, che di vedere i dintorni.

    RYUGI! CHE STA SUCCEDENDO, MALEDIZIONE?

    Riusciva a malapena a percepire la ragazza vicino a lei, quando uno strattone della corda che le collegava la avvertì della rinnovata presenza dell'animale di fronte a loro. Sfruttando la spinta offertale dalla Nekki, Saru concentrò il chakra nelle gambe per sfuggire nuovamente all'attacco dell'animale, trovandosi a qualche metro da uno dei tre uomini che guidavano le sorti del verme. Due di quelli, quasi istantaneamente, lanciarono verso le due malcapitate due shuriken, riuscendo nell'intento di separarne la difesa. Saru si prodigò di frapporre fra sé e lo shuriken rapido - troppo rapido - il braccio, non aspettandosi però che quello, impattando, si sarebbe diviso in più pezzi, andando a perforarle l'addome in più punti, e portandola a piegarsi in avanti per il dolore. Vedeva a stento i due uomini di fronte a lei, offuscati dal dolore e dalla distanza. Gliel'avrebbe fatta pagare, a qualsiasi costo. Qualsiasi dolore o ferite, l'avrebbero dovuta subire per il doppio di quanto aveva sofferto lei. Se era certa di una cosa, era quella.

    SONO.

    Si lanciò in corsa verso l'uomo che le aveva lanciato lo shuriken, rapida per quanto fosse in suo potere. In breve gli fu in prossimità, al limitare dell'edificio e del vuoto che li separava. Estrasse il katar mantenendolo dietro la schiena di modo che fosse celato, ed applicando velocemente sullo stesso una cartabomba che sarebbe esplosa a tempo debito, con buona pace dell'uomo di fronte a lei.

    MOLTO.

    Caricò all'indietro il braccio, lanciando il katar verso l'addome dell'uomo. Il suo obbiettivo era sì quello di infilzarlo, ma le sarebbe andato benissimo anche se lui si fosse limitato a bloccarne la corsa. Bastava che arrivasse nelle sue vicinanze. Una volta a portata dell'uomo, infatti, Saru avrebbe attivato il fuuinjutsu, facendo detonare la piccola cartabomba e - o almeno così sperava - lasciando l'uomo di stucco. Poi, mentre ancora quello sarebbe stato distratto dalla piccola esplosione, avrebbe appoggiato le mani sulla parete rocciosa del palazzo, venendone momentaneamente inghiottite.

    STANCA.

    Un proiettile veloce quanto forte si elevò dal terreno, lasciando le mani di Saru e dirigendosi verso la testa dell'uomo. Era ferita, anche piuttosto malamente, e non sapeva quanto avrebbe resistito. Infilò la mano in tasca, estraendo un piccolo tonico e assumendolo, cercando di rimediare a qualche ferita subita. Dovevano risolvere quella situazione, il prima possibile. O ci avrebbero lasciato le penne di certo. Nel mentre, i vermi piovevano, e un altro si attaccò alla sua carne, mentendosi a prelevare quanto più sangue possibile.


    Chakra: 10/30
    Vitalità: 6/12
    En. Vitale: 30/30
    Statistiche Primarie
    Forza: 325
    Velocità:  300
    Resistenza: 300
    Riflessi: 275
    Statistiche Secondarie
    Concentrazione: 300
    Agilità: 300
    Intuito: 300
    Precisione: 300
    Slot Difesa
    1: Schivata Verme
    2: Parata Shuriken
    3: ///
    Slot Azione
    1: Equipaggiamento
    2: Lancio Katar
    3: Tonico
    Slot Tecnica
    1: TA: Distruzione Terrena
    2: ///
    Equipaggiamento
    • Shuriken × 5
    • Filo di Nylon [10m] × 1
    • Kunai × 5
    • Rivestimento Mimetico × 1
    • Accendino × 1
    • Tekken × 1
    • Chigiriki × 1
    • Guanto in Cuoio × 1
    • Tonico di Ripristino Inferiore × 1
    • Katar × 1
    • Cartabomba I Distruttiva × 2
    • Bottiglietta di Alcool × 1
    • Fumogeno × 1
    • Tonico di Ripristino Minore × 1

    Note
    ///
  5. .

    The monkey chronicles


    I - La scimmia pensa, la scimmia fa



    Il calpestìo dei passi della genin di Suna rimbomava ritmicamente contro le rocciose pareti degli edifici della Sabbia.
    Quante volte li aveva percorsi in modo distratto, o frettoloso? Riusciva quasi a vedere e vedersi lì, i capelli arruffati e lo sguardo puntato a terra, mentre le sue gambe la portavano veloce chissà dove, chissà perché. Eppure stavolta procedeva lentamente, misurando ogni passo polveroso, e spostando lo sguardo incuriosito da una casupola all'altra, da un abitante del villaggio ad un altro. Li vedeva ora, quasi fosse la prima volta.
    Nata lontano dalle terre sabbiose di Suna - come d'altronde il suo colorito perlaceo e i capelli rosso fiammante testimoniavano - la ragazza aveva però oramai fatto suoi quei paesaggi, essendovi stata allevata dall'anziana Mononobe, la quale le aveva regalato un nome, e con esso una vita degna di essere considerata tale. Entrata in forze ai ninja della Sabbia da qualche tempo, Saru aveva trascorso il periodo dalla promozione a Genin a servizio del villaggio, per quanto le sue limitate forze e risorse glielo permettessero. Aveva conosciuto nuovi alleati, stretto amicizie e - perché no - guadagnato qualche nemico, se così si poteva definire. Ma quello richiestole ora dalle più alte sfere del Villaggio? Ecco, quello era qualcosa che andava oltre ogni sua immaginazione.
    Si guardò di nuovo attorno, inspirando a fondo la rovente aria del deserto. Di fronte a lei si stagliava severa la figura del palazzo dell'Amministrazione sunese. Lì Daishin l'aveva indirizzata, dopo una discussione breve quanto brusca. Lì si trovava il suo futuro, incerto e ricco di insidie. Si voltò, l'attenzione richiamata da degli schiamazzi provenienti da un gruppo di bambini. Giocavano in gruppo, rincorrendosi fino a rotolare nella sabbia, felici. Uno di loro, zazzera rosso scuro e occhi di un profondo color nocciola, andò verso di lei, trotterellando sulle gambe ancora insicure. Ricordava a malapena quell'età tenera, in cui la preoccupazione maggiore da affrontare ricadeva sulla scelta del gioco in cui impegnare il pomeriggio. Sorrise, raccogliendo la palla che giaceva ai suoi piedi, e lanciandola in direzione del bambino. Per un attimo si rivide in lui, con la treccia che si agitava nel vento e la pelle bianca perennemente ustionata. Per loro il mondo sarebbe andato avanti, sempre uguale a sé stesso. Domani sarebbero stati ancora lì, a rincorrere l'ennesimo pallone bucato dal troppo utilizzo.E lei? Non sapeva cosa ne sarebbe stato del suo domani. Ma una cosa era certa: una parte di lei l'avrebbe abbandonata, per sempre. Quella bambina spensierata moriva, oggi.
    Si voltò, e in un passo fu dentro l'Amministrazione. La sua sentenza definitiva.

    L'edificio era semplice e austero, come riteneva sarebbe apparsa l'Amministrazione di qualsiasi altro villaggio ninja. I funzionari si muovevano rapidi e silenziosi, come topi ben addestrati. Si diresse verso il primo bancone libero, attorniata da cittadini Sunesi: chi era lì per il rinnovo di un documento, chi richiedeva sussidi o pagava tasse. Il tutto era estremamente mondano, fin troppo considerato il motivo che l'aveva portata a farvi visita. Approcciò uno dei segretari, che la osservava da dietro un bancone con aria annoiata.

    Saru Mononobe. Ho richiesto udienza con il Kazekage. Credo mi stia aspettando.

    Deglutì, mentre quello sollevava un sopracciglio con aria perplessa, quasi non le credesse. Certo, non era usuale richiedere un incontro con il ninja di più alto grado del villaggio, specialmente per una come lei: non aveva un grado elevato, né un ruolo che giustificasse la sua presenza lì. Si muoveva nell'anonimato della sua normalità. Pensandoci, forse era proprio quella sua banalità ad averla condotta lì.
    Nel frattempo, l'uomo di fronte a lei aveva aperto un tomo polevoroso, richiudendolo poco dopo con fare ancora più accigliato. Le fece cenno di seguirlo, aprendole la strada su per delle scale cigolanti, fino a che nons i trovò in un lungo corridoio. Lì in fondo - fu informata dalla voce monotono dell'uomo - avrebbe trovato chi cercava.

    La maniglia d'ottone della porta le sembrò stranamente calda al contatto. Per un secondo rimase perplessa, poi sfiorò il dorso della mano appena con la guancia: se la prima era di un freddo cadaverico, la seconda divampava di un calore incessante. Inconsapevolmente, il suo corpo aveva attivato uno stato di panico che il cervello stesso ignorava. Un atavico riflesso di fuga dal pericolo si era innestato in lei. Avrebbe dovuto seguirlo, girare i tacchi e fuggire lontano da lì? Il deserto sconfinato la attendeva appena fuori dalle mura della Sabbia, un infinito nascondiglio da tutto e tutti. Poteva farlo. Doveva farlo?
    Abbassò la maniglia tutto d'un colpo, ignorando sé stessa e il suo istinto primordiale. Da lì, non sarebbe più tornata indietro.

    Kazekage.

    Chinò appena il capo in cenno di saluto, mentre il Kage bambino la accoglieva nel suo studio. La luce del giorno inondava la stanza, moltiplicando lo spazio e creando interessanti giochi di luce. Aveva avuto poco a che fare con il capo del Villaggio, sin dalla sua elezione. Certo, la sua fama lo precedeva, così come i racconti delle sue vicissitudini. Era incredibile pensare quanto avesse affrontato per occupare lo scranno più altro del Palazzo. La differenza d'altezza tra i due era notevole, ma in quel momento era lei a sentirsi piccola piccola.
    Il ragazzo la interrogò riguardo le sue motivazioni, e l'evento che l'aveva spinta lì. Saru trasalì appena quando sentì pronunciare il nome della bestia, ciò a cui aveva evitato di pensare da quando aveva lasciato di corsa l'angusto soggiorno di casa propria, dove aveva abbandonato Daishin e l'annuncio che le aveva portato.
    Sarebbe diventata una forza portante, contenitore di una delle forze più temibili dell'intero mondo ninja.

    Ricordo di aver letto dei Jinchuuriki in un libro della sezione proibita della biblioteca, sa? Avrò avuto una decina d'anni, eravamo lì in gita con la scuola, non ricordo per quale motivo, in realtà.

    Si guardò intorno, cominciando a camminare per l'ufficio dell'uomo. Una serie di busti si avvicendava regolarmente, con le fattezze di uomini che non riconobbe. Di sicuro ninja di spicco, magari antichi esponenti del Villaggio stesso, o i predecessori del Kazekage. Sorrise tra sé e sé, immaginando tra qualche anno il suo bel faccino stampato su uno di quei busti impettiti. Oh no, non l'avrebbe permesso.

    Ma ricordo una cosa, quello sì. Sin dai tempi antichi, i Jinchuuriki hanno funto da garanti della pace tra nazioni, a volte come armi da battaglia, altre come deterrente, altre ancora come fonte di equilibrio di potere fra i paesi - o almeno così diceva il libro. Io li ho sempre considerati sfortunati, dal canto mio. Derisi, allontanati, temuti dalla gente comune. Isolati.

    Si avvicinò alla finestra, osservando Suna sotto e intorno a loro. Era una vista incredibile, mai aveva avuto il piacere di guardarne i tetti e le infinite viuzze che si dipanavano dalla strada centrale. La vita nel villaggio continuava pigramente, nella calura quasi estiva che la contraddistingueva perennemente. Sorrise, questa volta amaramente.

    Perciò, quando Daishin mi ha comunicato la notizia, la mia prima reazione è stata negativa. Decisamente. Potrà chiederglielo direttamente, poi. Sono scappata, l'ho piantato lì in casa mia. Avrebbe dovuto vedere la sua faccia, non sarà contento. Già. Ma comunque, ho preso e me ne sono andata, come ho sempre fatto in vita mia. Sono uscita per strada e ho pensato di scappare, tagliare la corda e fuggire il più lontano possibile da qui. D'altronde, non sono una persona di rilievo all'interno del villaggio, nessuno conosce il mio nome a parte qualche povero sventurato. Avrei potuto scomparire senza lasciare alcuna traccia, e tutto questo sarebbe finito.

    Sospirò, lasciando che sul vetro di fronte a lei si formasse un alone, che le offuscò per poco la vista del Villaggio. Qualche secondo dopo, tornò a vedere chiaramente.

    Vuole sapere perché non l'ho fatto, accettando il mio destino e acconsentendo ad essere privata dell'autonomia del mio stesso corpo? Perché Suna, tutto questo, è la mia casa. È la casa della vecchia Mononobe, la donna che mi ha donato la vita ed un nome, l'unico che io abbia mai conosciuto. Qui ci sono le mie radici, per quanto possano essere ancora acerbe ci sono, e sono profonde. La gente di questo posto mi ha accolta quando il resto del mondo mi aveva rifiutata. Tra le fila del villaggio ho conosciuto i miei più cari affetti, che proteggerei fino alla morte.

    Il suo pensierò andò a Jou, Masayoshi, la piccola Nekki, e tutti i ninja che l'avevano affiancata in quei caotici anni di addestramento e missioni.

    Lo farò per loro, per chi conosco e amo. E anche per chi non conosco, perché non debba conoscerne l'orrore personalmente. Tutti quei bambini, così amati dalle loro famiglie, come potrei mai lasciare che qualcuno così amato e voluto prendesse il mio posto, che sacrificasse la propria vita? Io sono stata sola per tanto tempo, i pochi legami che ho capiranno, in caso. E se dovesse tornare la solitudine, il timore, la derisione degli altri che deriva dall'essere una forza portante, non me ne curerò: li ho già provati sulla mia pelle, non possono più ferirmi.

    Pensò alla sua vita in casa della vecchia Mononobe, all'odio dei suoi fratelli acquisiti, alla repulsione che lei provocava in essi. Quante volte era stata allontanata, picchiata, isolata? Dalla sua nascita fino a tempi recenti non aveva conosciuto altro, si considerava oramai temprata di fronte alle indifferenze dalla gente comune.

    E da ultimo, ma non per importanza, lo faccio per me. Kazekage, io sono nessuno. Lo sono sempre stata, e pensavo lo sarei stata sempre. Ma questo compito, questa missione... Possono essere un punto di partenza, per trovare il mio vero posto nel mondo, la mia chiamata, il mio nindo. Posso farcela, se me ne darà l'ooprtunità, o morirò provando. E in quest'ultima eventualità...

    Si avvicinò al ragazzo, allungando verso di lui un foglio di carta stropicciato, unitamente ad una mappa. Separarsene fu difficile, quasi dolorosamente impossibile. Eppure non poteva rischiare di perdere tale informazione. Qualcuno avrebbe fatto luce su quella questione prima o poi.

    Nella mappa è segnato un luogo, dove riposa il corpo della vecchia Monobe. Portate il mio cadavere lì, se potrete. È dove vorrei riposare. Il foglio è ciò che è stato trovato nella cesta in cui quelli che si presumono essere i miei genitori mi hanno abbandonata: un'unico messaggio, peraltro poco chiaro. "Dovete proteggerla, è l'ultima rimasta". Kazekage, questo è il mio inzio, e la mia fine. Tutto il resto è storia, che ci tocca ancora vivere. Se per lei va bene, io sono pronta.

    Qualora quello fosse stato soddisfatto del suo sproloquio, Saru avrebbe espirto sonoramente, lasciando che i muscoli delle spalle si rilassassero ed assumendo una posizione più rilassata. Il difficile giaceva ancora davanti a loro, ma non era mai stata una grande oratrice, e alle parole preferiva l'azione: in futuro quello li avrebbe attesi, e ne era più che lieta.

    Ho qualche dubbio sul processo che mi porterà a diventare Jinchuuriki. Non mi fraintenda, non ho paura di un po' di dolore. Forse tempo di più i risvolti per la psiche, ma credo che per quello dovremo solo attendere. Ho comunque l'esempio di Masayoshi che mi conforta, tutto sommato è rimasto normale, o quasi.

    Si permise una risata leggera, che riempì per un secondo la stanza. Annuì quando il Kazekage le propose di rivedersi dopo qualche ora, anticipando la loro partenza per Oto effettuando uno stop a Konoha. Era estremamente felice di visitare un Villaggio esterno a Suna, non le era mai capitato, perlopiù venendo ricevuta dal Kage in persona.

    Ah, no non ho mai visitato né Konoha né Oto, sarà interessante di certo. Tuttavia conosco Raizen Ikigami, mi sono ritrovata a combattere fianco a fianco a lui all'Abete. Brutta storia quella, ancora quando ci penso mi sale la pressione! Ma comunque...

    Si esibì in un piccolo inchino, congedandosi poi dal suo illustre ospite e percorrendo leggera la strada che l'aveva condotta lì. Era come se un peso le si fosse sollevato dalle spalle, pur non comprendendone la ragione: quello era solo l'inizio di una complicata faccenda, nessun fardello era stato risolto, quindi cos'era quella sensazione?

    Un obbiettivo, una ragione di vivere.

    Pensò. Il sole era oramai alto in cielo, e l'aria cominciava a diventare irrespirabile. I preparativi da fare erano molti, le preoccupazioni da tenere in conto ancora di più. Ma aveva una nuova vita che si dipanava rapida di fronte a lei. E l'avrebbe affrontata, a testa alta e una profanità alla volta, alla maniera Mononobe.

    [...]

    Sono... Impressionata, devo ammetterlo. Li avevo già visti questi cosi, ma mai così da vicino. Posso... Posso toccarlo?

    Disse, già toccacciando con l'indice l'evocazione del Kazekage. Quello era vestito di tutto punto, mentre Saru indossava un semplice Yukata blu notte, in netto contrasto con il rosso dei suoi capelli e il bianco della sua carnagione. La risposta del Kage non si fece attendere, e la ragazza ottenne anche più di quanto aveva sperato. Avrebbero addirittura volato su quel coso, che li avrebbe trasportati felici e contenti fino alle lontane terre del Paese del Fuoco. Avrebbe cominciato a saltellare sul posto, se non l'avesse giudicato lei stessa estremamente poco professionale.
    Appena salita e lasciato che l'aquila spiccasse il volo, il Kazekage si propose di raccontare di più riguardo la bestia che da lì a breve avrebbe soggiornato dentro di lei. In effetti sapeva molto poco, e ciò di cui era a conoscenza aveva molte lacune.

    Dello Yonbi, Son Goku, so molto poco. Quanto si riporta sui libri di storia, perlopiù. Leggenda vuole che sia il più temibile e irascibile dei bijuu, fermo nella sua altezzosità. Credo che saremo un'ottima coppia, decisamente.

    Sbuffò, attendendo che il ragazzo colmasse le lacune riguardo la sua conoscenza del suo futuro ospite. Poi, fece una domanda che la Rossa avrebbe volentieri evitato, a tutti i costi.

    La missione all'Abete, dice? Ehm, ecco, sa... È tutto molto complicato, deve sapere che eravamo tutti su una grande barca. Già lì dovevo capire che eravamo partiti sotto una cattiva stella, perché ho passato tutto il viaggio a stare male. Poi, una volta scesi sono stata appioppata ad uno di Konoha, un tipo che non le dico...

    Così cominciava un racconto lungo e complesso, che qui non riportiamo per mancanza di spazio. Tuttavia sarebbe stato abbastanza lungo da tediare il Kazekage, che forse non ne avrebbe mai conosciuto la fine, o li avrebbe accompagnati per buona parte del lungo volo verso Konohagakure.
  6. .

    Kamuy Nomi


    IV - Menoko



    Ne valeva realmente la pena?
    L'aveva pensato spesso, in quella polverosa manciata di minuti trascorsi da quando l'uomo con la benda aveva dato il via a quello che Hotene considerava non più di uno spettacolo pietoso. L'aveva pensato mentre riprendeva i sensi dopo il suo rapimento, e poi quando erano comparsi i due energumeni. Lo pensava anche in quel momento, mentre i suoi colpi andavano a segno ma non con l'efficiacia che avrebbe voluto e che si era aspettata. Quello sisam, un avanzo di galera dalle dimensioni di un orso bruno, era decisamente attaccato alla propria vita e libertà. Ma, d'altronde, poteva forse biasimarlo? Combatteva con la ferocia dell'animale chiuso in gabbia, a cui finalmente si presenta la possibilità di spalancare la porta della propria gabbia e fuggire nella natura incontaminata. Eppure qualcosa si frapponeva tra l'uomo e la libertà. E quella cosa era proprio lei, Hotene di Azumaido.

    Aveva appena terminato la sua offensiva, quando l'uomo si prodigò nel regalarle l'ennesimo pugno diretto alla mascella, con una velocitò di risposta alla sua offensiva col martello che rese impossibile alla ragazza difendersi, vista la breve distanza spaziale e temporale. Avvertì la vista sfocare appena mentre il gancio dell'uomo impattava con il suo viso piccolo e tondo, andando a colpire in pieno lo zigomo sinistro sinistro. Ne sarebbe uscita con il volto completamente tumefatto, ne era cosciente, soprattutto ora che poteva sentire il dolore pulsare sotto la pelle bianco latte. Il pugno, tuttavia, suonò come una sveglia per la giovane di Azumaido, facendo correre l'adrenalina e il chakra, irrorandone i muscoli e migliorandone la percezione del pericolo a cui andava incontro.

    Scartò in rapida sequenza i successivi tre pugni dell'uomo, contando che la velocità dello stesso pareva rallentare, e i suoi ganci seguivano uno schema fisso, alternando braccio sinisto e destro, terminando il quarto attacco con un'offensiva a vuoto dalla sinistra. I due erano ingaggiati in un corpo a corpo estenuante, con l'uomo piegato sulla ragazzina del Gelo, intento a sferrare attacchi che la potessero raggiungere all'altezza del viso. Così facendo, la distanza di centimetri che li separava era grandemente ridotta, permettendo a Hotene di scorgere il volto dell'uomo e, ancor più importante, di trovare a portata di mano la sua giugulare. Con la coda dell'occhio vide l'ennesimo pugno dell'uomo dirigersi verso di lei, stavolta da destra. In un millesimo di secondo, decise di lasciare che il suo avambraccio sinistro soffrisse le conseguenze di quel montante, andando ad assorbirne l'impatto. Fu sorpresa nel sentire una scossa percorrerle il braccio destro, rendolo immediatamente intorpidito, tuttavia aveva poco tempo per piangere l'arto momentaneamente perduto.

    Mi dispiace, ma sono mancina.

    Sentenziò, mentre già la sua mano - dopo aver afferrato l'ultimo spiedo d'acciaio rimastole - correva veloce verso l'occhio sinistro dell'uomo. Il suo obbiettivo era superare il tenero bulbo oculare dell'energumeno, puntando direttamente alle delicate cervella sottostanti. Qualora non fosse bastato - o sfruttando il momento di dolore e confusione dell'uomo - Hotene avrebbe poi afferrato velocemente un kunai ben affilato, esibendosi in un rapido fendente da sinistra a destra mirando alla giugulare dell'uomo, cercando di tagliargli la gola di netto. Quel tipo di taglio le ricordava la macellazione degli animali, il cui sangue versato dalla carotide rappresentava un oggetto di culto fondamentale. Alcuni sciamani usavano perfino bagnarsi del sangue delle vittime sacrificali, credendo che ciò regalasse loro poteri oltre il divino.
    Forse, ne avrebbe presto scoperto gli effetti benefici lei stessa.

    Dietro di loro, nel frattempo, l'uomo di Kiri passeggiava sentenziando nell'ombra. Si interrogava sulle loro volontà assassine, e su quelle degli avversari che stavano affrontando. Parlava della decisione di entrare in forza a Kiri quasi la considerasse una scelta accettata di buon grado dai due ragazzi che si stavano battendo in quel campo invaso dalle nebbie. Hotene non aveva idea di cosa muovesse il ninja che stava battagliando con la galeotta, tuttavia era ben certa che lei, membro di uno dei più antichi villaggi di Azumaido, non aveva alcun legame di fedeltà che la legasse a Kirigakure. Un vecchio compromesso siglato da anziani oramai periti la obbligava a prestare un giuramento che ogni fibra del suo essere rigiutava grandemente. Era sempre stata conscia che la vita militare l'avrebbe potuta strappare in qualsiasi momento alla sua tranquilla esistenza fra neve e ghiacci, o che essa stessa invadesse il suo ambiente in Azumaido: l'aveva visto succedere a sua sorella Ipokash, ma la storia non si sarebbe ripetuta.
    Potevano costringerla a combattere fino alla morte, buttarla in arena come un cane allevato da sempre per combattere fino allo stremo, quello sì. Ma non l'avrebbero mai privata della sua indigena identità.
    Lei era Hotene Nitai di Azumaido, ora e sempre.


    Chakra: 1.25/10
    Vitalità: 4.5/8
    En. Vitale: 30/30
    Statistiche Primarie
    Forza: 100
    Velocità:  100
    Resistenza: 100
    Riflessi: 100
    Statistiche Secondarie
    Concentrazione: 100
    Agilità: 100
    Intuito: 100
    Precisione: 100
    Slot Difesa
    1: Schivata
    2: Schivata
    3: Schivata
    Slot Azione
    1: Colpo Spiedo
    2: Colpo Kunai
    3: ///
    Slot Tecnica
    1: ///
    2: ///
    Equipaggiamento
    • Fionda × 1
    • Rivestimento Mimetico × 1
    • Corda di Canapa [10m] × 1
    • Accendino × 1
    • Biglie Metallo × 1
    • Bottiglietta di Alcool × 1
    • Hanbo × 1
    • Kunai × 5
    • Pietrame per Fionde × 1
    • Spiedi Potenziati × 5

    Note
    ///
  7. .

    Missione: Si vive insieme, si muore soli


    X: Balla coi lupi


    Lo sguardo della rossa rimase per qualche secondo lì, dove l'Hokage e l'allegra combriccola delle ombre si erano appena smaterializzati, quasi come fossero fatti loro stessi d'ombra, e non di carne ed ossa come i comuni mortali. In quell'umida sala rocciosa - che Saru cominciava realmente e appassionatamente ad odiare con tutta sé stessa - non erano rimasti che lei, Masayoshi, lo spilungone che aveva un debito con l'Hokage, e tutta la masnada di alleati, nemici, ed altri amorevoli congiunti. Che non trovavano niente di meglio da fare che battibeccare tra loro, ovviamente.

    Non credo ci volesse quest'ennesima conferma per stabilire che siete delle colossali spine nel fianco, voi Hayate. Ma di certo il nostro obbiettivo attuale non è metterci a sindacare sull'eticità delle vostre marachelle. Vogliamo solo uscire da questo claustrofobico inferno il quanto più interi possibile.

    Annuì, lanciando uno sguardo d'intesa verso il suo compagno Sunese, che pareva entrato in una trance prepuberale, quasi il tocco della cortigiana l'avesse rincretinito tutto d'un botto. Beh, di certo non avrebbe mai, e dico mai, smesso di prenderlo sonoramente in giro per quella scena. Non vedeva l'ora di raccontare tutto a Daishin, anche se quello non le dava mai un minimo di soddisfazione quando si trattava di pettegolezzi.
    Comunque, per quanto la riguardava, i discorsi pieni di retorica dei vari Kage, Virtù - o chi per loro - avevano oramai assunto un'importanza del tutto relativa. La Forgia era attiva, l'arma sarebbe stata distrutta. Ora che erano tutti - più o meno - felici e contenti, non potevano semplicemente levare le tende e tornarsene ognuno al proprio maledettissimo paese? Voleva solo che quell'infinita missione finisse, una volta per tutte. Eppure loro non smettevano di disquisire sul nulla.
    Stava giusto rimuginando su qualche risposta sagace da rifilare ad un Hayate a caso, quando il biondo dei Kaguya si parò fra i tre accademici rimasti ed il resto dei convenuti. Poi, in quello che fu probabilmente un secondo ma le parvero anni, Jins Kaguya - propio lui, quello che l'aveva prima attaccata, poi si era ammansito come un agnellino diventando il primo manipolatore d'ossa capace di rompersi una gamba - mostrò la sua vera natura, mettendo contemporaneamente fuori gioco la Chiba. Jins Kaguya, il Lupo d'Oro di Hayate.
    Che pezzo di merda.

    Jins, che cazzo stai dicendo.

    Saru si portò accanto a Masayoshi, allargando le braccia e facendo segno sia ai suoi compagni che a quelli che - oramai - presumeva come avversari, di placare i bollenti spiriti e provare a ragionare.

    Mi stai dicendo che da quando abbiamo messo piede su questa merda di isola, non hai fatto altro che mentirmi a ripetizione, senza ritegno? Oh Jins, immaginavo fossi un pezzo di merda, ma non ti credevo capace di sputare bugie senza un minimo rimorso.

    Mentre i due Hayate dall'aria decisamente pericolosa si allontanavano senza molte cerimonie, la Rossa di Suna vide comparire dietro al biondo due musi decisamente conosciuti - e altrettando decisamente indesiderati. I due lupi di Jins - che qualche tempo prima avevano attaccato lei e Shin di Konoha, costringendo il primo ad una rocambolesca fuga e lei a quasi perdere un braccio - erano ora in campo, e non erano lì per giocare a riporto, di questo Saru ne era certa.

    Non mi importa a quale padrone appartieni, o di fronte a chi ti piace inginocchiarti quando torni a casa. Ognuno ha le proprie preferenze in materia, non sarò di certo io a giudicarti. Ma noi siamo qui su invito della Tregua, e ora che questa ha cessato di esistere vorremo solo andarcene da qui illesi. Non è mio interesse, né tanto meno di Masayoshi né Tasaki, andare a spifferare a chi giuri fedeltà. Garantiscici un ritorno sicuro alle navi e a casa, e niente di tutta questa merda sarà necessaria. Ti prego, non c'è bisogno di versare altro sangue, ne abbiamo tutti abbastanza.
    Se mai ti è importato qualcosa di questa tua sfigata compagna di viaggio, lasciaci uscire da qui e dimenticati di noi. Noi faremo lo stesso con te.


    Chissà, magari in una realtà alternativa quelle parole avevano sortito un effetto, e c'era una versione di lei che - in barba ad ogni previsione - stava lasciando l'isola tutta intera, e per giunta felice di aver riportato a casa i propri compagni senza dover versare un'altra goccia di sudore - o peggio, di sangue. Doveva esserci, ne era convinta.
    Ma chiaramente quella non sarebbe stata la sua realtà.
    Tra Masayoshi che inneggiava alle infinite saggezze di Lianshi-sama, e Tasaki che come il decerebrato che era aveva preso a sparare insulti cui non sarebbe di sicuro riuscito a dar seguito, le possibilità che il Kaguya degli Hayate li lasciasse scorazzare liberi si erano appena ridotte a zero. Eccellente.

    E va bene, io almeno ci ho provato. Masa, non ti preoccupare, non ti mollo qui.

    Fece appena in tempo a sentire l'avvertimento sui lupi, che una forte spinta proveniente dalla direzione generale in cui si trovava Masayoshi la sbalzò, facendole perdere brevemente il contatto col terreno. Quando si ritrovò nuovamente salda sulle gambe, una folata di vento bollente era passata a pochi metri da lei, bruciandole la divisa e diffondendo nell'aria un deciso odore di pollo fritto. Ah, no. Era la sua pelle ad essere decisamente abbrustolita.

    AAAAH! Acquerello di MERDA! Vedi se ti prendo, che fine faccio fare a quell'inchiostro!

    Urlò al vento, mentre già di fronte a loro i lupi prendevano l'iniziativa, lanciandosi in un ferale attacco contro il fuo di Suna. Dietro di loro, i rumori della lotta tra Tasaki e Jins si facevano intensi. Non poteva aiutarlo adesso, ma avrebbe volentieri dato una mano a dare il colpo di grazia al Kaguya, se ci fosse stata occasione nell'immediato futuro.
    Comunque, tornando al suo attuale e feroce problema, il suo amico lupo - compagno di mille azzannate - si trovava nuovamente di fronte a lei, pronto con le sue fauci a staccarle uno e l'altro braccio, se possibile.

    Non stavolta, Fuffi.

    L'animale era rapido, ma prevedibile. La rossa l'aveva già affrontato in campo aperto, e le sue mosse - vuoi che la povera bestia non era dotata di pollice opponible - parevano avere un range limitato. Saru concentrò un'ingente quantità di chakra nelle gambe, che le permise di spostarsi alla sua sinistra, riuscendo a schivare agilmente l'affondo della bestia e il successivo tentativo di azzannarla portato dalla stessa. Quei denti avevano già assaggiato il suo sangue, non voleva replicare di certo l'esperienza.

    Il tuo padrone non ti ha insegnato che i bravi cagnolini non mordono, stupida bestia?!

    Sputò, portandosi di fronte al lupo e ad un metro dal suo muso, afferrando velocemente il proprio Chigikiri, e facendone volteggiare il peso all'estremità un paio di volte, per fargli prendere velocità. Poi sferrò un colpo, lasciando che il peso e la catena volassero verso le zampe anteriori della bestia, cercando di intrappolarle nella morsa dell'arma, per poi tirare violentemente verso di sé in modo da far perdere l'equilibrio al lupo. Successivamente, si avrebbe puntato al muso dell'animale intrappolato, sguainando due kunai, uno per mano. Lì Saru avrebbe sferrato un doppio colpo diretto agli occhi della bestia, cercando di perforarne i bulbi oculari e di renderla - così - cieca e dolorante. Almeno così sperava.
    Se invece il colpo di Chigiriki non fosse riuscito a bloccare l'animale, Saru avrebbe lanciato da parte l'arma, tuffandosi in corsa verso l'animale, come a volerlo fronteggiare direttamente. Una volta arrivata a distanza quasi zero - tuttavia - avrebbe piegato le gambe, esibendosi in un salto con rotazione che l'avrebbe portata a cavalcioni dell'animale. Lì, concentrando quanta più forza possibile nel proprio pugno, avrebbe colpito violentemente il garrese dell'animale, mirando a spaccarne la vertebra, in modo da immobilizzarlo.

    Chakra: 17(1)-15(2)/30
    Vitalità: 9/12
    En. Vitale: 30/30
    Statistiche Primarie
    Forza: 325
    Velocità:  300
    Resistenza: 300
    Riflessi: 275
    Statistiche Secondarie
    Concentrazione: 300
    Agilità: 300
    Intuito: 300
    Precisione: 300
    Slot Difesa
    1: Schivata
    2: Schivata
    3: ///
    Slot Azione
    1: AaD Chigikiri
    2(1): AaD Chigikiri
    3(1): Attacco Doppio
    2(2): Corsa
    3(2): Salto
    Slot Tecnica
    1: TA: Spaccamontagne
    2: //
    Equipaggiamento
    • Shuriken × 5
    • Filo di Nylon [10m] × 1
    • Kunai × 5
    • Rivestimento Mimetico × 1
    • Accendino × 1
    • Tekken × 1
    • Chigiriki × 1
    • Guanto in Cuoio × 1
    • Tonico di Ripristino Inferiore × 1
    • Katar × 1
    • Cartabomba I Distruttiva × 2
    • Bottiglietta di Alcool × 1
    • Fumogeno × 1
    • Tonico di Ripristino Minore × 1

    Note
    ///


    Edited by Filira - 11/5/2020, 22:52
  8. .

    In missione all'Abete


    IX



    Hokage-dono, non mi aspettavo di trovarla qui. E tu, Youkai.

    Murasaki chiuse per qualche secondo gli occhi, mentre un moto di sollievo in quel mare di preoccupazione ne rischiarava l'orizzonte. Aveva temuto la solitudine di un combattimento popolato da estranei, in cui avrebbe dovuto affiancare abilità sconosciute e pianificazioni a lei spesso lontane. Era combattuta tra l'avvicinarsi a Raizen e portare i propri saluti all'Hokage - e possibilmente vedersi riservata una sonora lavata di capo - e il dirigersi verso Youkai, l'amico di lunga data con cui aveva oramai perso le speranze di riconoscersi. Fece un senno di assenso in direzione del capo della Foglia, mentre le sue gambe abbandonavano la posizione precedente, allontanandosi da Daishin e il Coraggio di Hayate. In breve fu vicino al ragazzo, poggiando le mani sulle spalle di quest'ultimo e avvicinandolo a sé.

    Ho temuto di averti perso. Mi sono risvegliata, e intorno a me vi era il nulla, se non le ombre di qualche abitante del Villaggio. Quando ho capito che non eri più lì, ho subito creduto il peggio. Sono lieta di averti ritrovato alla fine.
    Hokage-dono, spero che possa perdonare la nostra imprudenza nel venire fin qui. Non ci sono altri ninja di Konoha al di fuori di quelli da lei nominati, per quanto ne sono al corrente. Di Shin, tuttavia, non ho notizie.


    Se non che aveva evidentemente avuto contatti con il Coraggio, contando l'affabilità con cui quello pronunciava il suo nome. Ma questo evitò di dirlo, preferendo riservare la condivisione di tale informazione ad un secondo momento, certamente più riservato e meno affollato. Il suo sguardo, seppure agli altri sarebbe parso immobile, vagò rapidamente sui presenti nella stanza, saggiando uno per uno il chakra di ogni convenuto. C'erano fonti di energia più o meno intense, concentrazioni energetiche diverse, ma quella più oscura e pericolosa di tutte giaceva sul fondo della cavità in pietra: il cuore era in agitazione, così come lo erano le sue sfere di protezione contro cui avevano avuto in precedenza a che fare lei e Daishin. Si voltò verso di esso, rimanendo vicina a Youkai, mentre ancora la nausea comparsa in precedenza persisteva, fiaccando la sua resistenza e costringendola a focalizzarsi sul manteneresi salda sui propri piedi. Stava per interrogare Youkai sull'uomo che li aveva raggiunti insieme a lui, quando il dolore svanì d'improvviso, così come le strazianti grida provenienti dalle torbide acque che si agitavano ai loro piedi. Aggrottò la fronte, mentre l'acqua pareva ddensarsi di fronte a loro, in un turbinio man mano più definito: di fronte a loro, una donna e un uomo si erano materializzati dalle acque, creando nei presenti un moto di agitazione e - in un certo senso - commozione.
    Natsuhime, così la chiamarono, reggeva con fatica il corpo esausto di un uomo, sorreggendolo con quelle che parevano tutte le sue forze. Qualche secondo dopo, accadde qualcosa di inquietante. Murasaki lo percepì probabilmente qualche millesimo di secondo prima degli altri, notando il chakra di Youkai venir rapidamente infettato dal denso color rossastro dell'acqua. Poco dopo, Natsuhime rivelò la possessione in corso, parlando per bocca di Youkai in una sovrapposizione di voci che aveva un carattere decisamente surreale. Murasaki sussultò, facendo un istintivo passo indietro e ascoltando rapita le parole della donna. Non capì tutti i riferimenti nel suo discorso, ma sentì fin dentro di sé la gravità e pesantezza del sacrificio che Natsuhime e Akira - aveva ora appreso il nome dell'uomo privo di coscienza, a quanto pare una vecchia conoscenza dell'Hokage e affetto del presente Kensei Hito - si apprestavano a compiere, e di cui i due guerrieri antichi non sembravano decisamente entusiasti.
    Fu in quel momento che lo vide. Rapida come una saetta e silenziosa come le ombre, una seconda fonte di chakra del tutto simile a Youkai si era materializzata appena dietro il ragazzo, alle spalle di entrambi. Pur non essendo voltata in quella direzione, il campo visivo esteso di Murasaki aveva colto istantaneamente l'apparizione, che in un primo momento la giovane Hyuga aveva relegato ad un errore dovuto alla stanchezza. Il colore e le fattezze del chakra del ragazzo erano identiche, come identico era il loro aspetto fisico. Solo un piccolo residuo rossastro, lascito della possessione di Natsuhime, le dava ora modo di riconoscere l'originale dalla copia. Eppure, non capiva comunque cosa stesse guardando.
    Un filo di chakra partì rapido dalla sua bocca, creando un'istantanea connessione con Raizen.

    Hokage-dono, i miei occhi hanno osservato qualcosa che non riesco a spiegarmi. È apparsa nelle vicinanze di Youkai una presenza a lui identica, per chakra e fattezze. L'originale si trova in mia prossimità, l'ultimo arrivato è appena dietro Youkai. Sa dirmi qualcosa a riguardo?

    Sussurrò appena, coprendo la bocca per evitare che orecchie e occhi indesiderati afferrassero anche qualche parola del delicato discorso che si stava tenendo. Dietro di lei, poteva percepire la battaglia contro il cuore entrare nel vivo, mentre uomini straordinari sfoderavano poteri a lei sconosciuti, persino impensabili. Lì dentro, era certamente l'anello debole della catena. Lasciò che tale pensiero attraversasse appena la sua testa, esaurendosi in poco tempo. Le parole rapide di Raizen le rimbombavano nel cervello, investendola di nuove ed inquietanti informazioni. Di fronte a lei, di fronte a loro, si trovava un ninja-copia- Kagami, lo specchio che rifletteva Youkai.

    Comprendo, la situazione mi pare complessa. Dobbiamo danneggiarlo cercando di preservare Youkai il più possibile, gradirei che ne uscisse sano e salvo.
    Sarà mia premura evitare contatti con il nemico, o evitare che ci veda compiere sigilli. Credo di avere un'idea, non so quanto le piacerà. Ma le prometto di essere il più delicata possibile, Hokage-dono. Dopotutto, la specialità della mia famiglia è il pugno gentile.
    Per il momento non potrò assistervi contro il Cuore, ma conto di essere a vostra disposizione il prima possbile.


    Interruppe la comunicazione, mentre anche il primo ninja di Konoha iniziava la propria offensiva contro il nemico principale. Spostò lo sguardo verso il vero Youkai, mentre dietro di lui la presenza dello specchio dava alla situazione un carattere di estrema urgenza.

    Nessuno le ha insegnato che è scortese assumere sembianze altrui? L'inganno è la più vile forma di mancanza di rispetto.

    Sentenziò, alzando il palmo verso Kagami e assumendo la tipica posizione di attacco del più antico clan della Foglia. Innumerevoli volte aveva preso posizione a quella maniera, lasciando fluire il chakra attraverso gli tsubo fino a convogliarne la maggioranza nei palmi e nelle dita, pronte a sfiorare e ferire l'avversario che si trovava di fronte. Mantenne lo sguardo fermo e fisso verso la copia di Youkai, suo obbiettivo primario. Eppure, questa volta il suo sarebbe stato fuoco amico.
    Mentre ancora lo sguardo permaneva su Kagami, il corpo della Hyuga si mosse rapido verso Youkai, il vero Youkai. Un moto di tristezza sarebbe stato leggibile nei suoi inespressivi occhi bianchi, mentre nessun avvertimento le sarebbe stato possibile nei confronti dell'amico. Se avesse parlato tramite la comunicazione del chakra, difatti, il ninja-copia l'avrebbe certamente sentita. Si portò alle spalle del ragazzo, toccando in rapida sequenza i tenketsu sparsi per le sue braccia. Un unico, sussurrato Perdonami sarebbe stato udibile dal non-morto, mentre le mani di Murasaki chiudevano rapide le feritoie di uscita del chakra.
    Se Kagami aveva replicato lo stato di salute di Raizen, così avrebbe dovuto fare con la nuova incapacità di Youkai di gestire il proprio chakra liberamente. Forse avrebbe funzionato del tutto, bloccandone l'offensiva. Forse parzialmente, rallentandolo. Oppure avrebbe fallito, lasciando perlopiù il proprio alleato in grave difficoltà. Eppure non aveva scelta, secondo le indicazioni dell'Hokage, Murasaki non poteva, non doveva toccare lo specchio. Altrimenti avrebbe posseduto il Juuken, antica abilità tramandata ai soli Hyuga di sangue puro. E questo non l'avrebbe permesso, mai. A costo di combattere fino allo stremo.
    Poi, avrebbe assunto una posizone difensiva andando a pararsi di fronte a Youkai.

    Sono davvero spiacente, ma non ho mai amato i maleducati.


    Chakra: 21/30
    Vitalità: 10/12
    En. Vitale: 30/30
    Statistiche Primarie
    Forza: 200
    Velocità:  325
    Resistenza: 300
    Riflessi: 300
    Statistiche Secondarie
    Concentrazione: 375
    Agilità: 375
    Intuito: 300
    Precisione: 300
    Slot Difesa
    1: ///
    2: ///
    3: ///
    Slot Azione
    1: Colpo ai tenketsu
    2: Colpo ai tenketsu
    3: Colpo ai tenketsu
    Slot Tecnica
    1: TA - Tenketsu no Ryoshi
    2: ///
    Equipaggiamento
    • Filo di Nylon [10m] × 1
    • Fukibari × 3
    • Shuriken × 5
    • Tonico Coagulante Inferiore × 1
    • Rotolo da Richiamo × 1
    • Cartabomba I × 2
    • Bottiglietta di Alcool × 1
    • Kunai × 5
    • Wakizashi × 1
    • Corda di Canapa [10m] × 1
    • Fumogeno × 2
    • Bende Rinforzate × 2
    • Accendino × 1
    • Sonagli [x5] × 1
    • Kit di Primo Soccorso × 1

    Note
    -1/4 basso per mantenimento Byakugan
  9. .

    Eredi


    VI



    Aveva appena terminato la sua breve offensiva, quando ritirandosi lontano dal corpo del Nara posseduto sentì la voce profonda del cervo riempire l'aria rarefatta di quel bosco ricco di tenebra. Le sembrò che fossero trascorsi anni, non attimi, anni in cui il rimbrotto dell'animale le rimbombò in testa, occupando e prendendo il posto di qualsiasi altro pensiero. Alinamaru si issava di fronte a lei, immerso in un'oscurità potente e nociva, mentre ancora poteva percepire la stessa oscurità tenere prigioniera la sorella a un passo da loro. Era vicina, così vicina da poter avvertire la disperazione di Tomoe chiamarla a sé. Eppure non poteva raggiungerla, non ancora. Prima doveva salvare il Nara. Prima doveva vedere.

    Riesco a vedere così tanto, eppure sono cieca. Il sistema circolatorio di Alinamaru, i suoi tsubo, i tenketsu... Nulla ha senso. Le ombre interferiscono con i miei occhi, il Byakugan non può combattere le tenebre.

    Disse al cervo, e la sua voce si tinse del roco timbro della disperazione e della stanchezza. I suoi occhi, così giovani e inesperti, la stavano tradendo proprio quando più avrebbe necessitato della loro antica potenza. Aveva risvegliato da poco l'abilità genetica del Clan, e il suo controllo era impreciso, imperfetto.

    Inutile.

    Una voce si insinuò tra i suoi pensieri e la disperazione, creando attorno a sé un vuoto dettato dalla verità che essa portava. Quella voce, in fondo, non era altro che la sua. Nella sua ora più buia, nel momento in cui il Clan necessitava di lei, in cui Tomoe necessitava di lei, Murasaki si era rivelata impotente. Inadatta. Inutile. La Principessa degli Hyuga, erede di Genji Hyuga, detentrice del più antico potere della foglia. Alla fine, non era altro che una ragazzina spaventata.
    Inspirò, mentre il ragazzo di fronte a lei continuava nelle sue scoordinate convulsioni che l'avevano portato ad aggredirla. Avrebbe forse dovuto abbandonare la situazione, correndo da Tomoe e lasciando Alinamaru al suo triste destino? Dopotutto, cosa la legava al ragazzo, tanto da impedirle una fuga giustificata dall'urgenza?
    Gli occhi bianchi di Murasaki scorsero rapidamente il corpo del Nara, osservandone i piegamenti innaturali e le fratture nel chakra, interrotto e contaminato da qualcosa di familiare, ma al contempo estremamente dannoso. Erano simili i due, alla fine. Figli di un retaggio antichi, detentori di arti le cui radici affondavano in tempi immemori. Eredi.
    Non l'avrebbe abbandonato, non in preda alle ombre che avrebbero dovuto esserne la forza, non la condanna. Abbandonare Alinamaru al suo destino, avrebbe significato abbandonare sé stessa, e ciò che avrebbe dovuto e potuto essere. Un'erede. Una Hyuga. La futura responsabile di un Clan.
    Un nuovo moto di energia si diffuse nel suo corpo, correndo rapido dal tantien ai suoi occhi, confusi ma - e ne doveva essere consapevole - capaci.

    Non tutti gli tsubo creano problemi, ma non riesco ad identificare la diversa natura dei tenketsu. Il movimento interno è troppo, lo sconvolgimento interiore interferisce anche sull'esterno.

    Come poteva il cervo suggerirle di chiudere i propri occhi? Non poteva, non voleva. I suoi occhi bianchi, vanto della Foglia e del Clan, erano la sua unica e vera fonte di informazione, conoscenza e controllo. Se loro fallivano, lei falliva. Se li avesse chiusi, tutto sarebbe andato perduto. Eppure, la situazione attuale richiedeva uno sforzo in più, un passaggio che pareva sfuggirle. I suoi occhi avrebbero dovuto vedere, perché dunque non lo stavano facendo? Era rischioso, di certo, ma il cervo era stato chiaro. Prima di aprire i suoi occhi, i veri occhi, avrebbe dovuto chiuderli. Abbassò le palpebre, ispirando brevemente. Da lì a poco, il futuro di molti quella sera sarebbe dipeso da lei.

    Spiegare come uno Hyuga vedesse il mondo non era affare facile. Aveva spesso provato a spiegare la sensazione a Tomoe, ancora inesperta dell'arte oculare. La piccola di casa Hyuga adorava passare il tempo fantasticando su quando anche lei - finalmente - avrebbe potuto ottenere la vera vista sul mondo che li circondava. Murasaki provò una fitta di dolore immenso al solo pensiero che un momento tanto fondamentale nella vita di un appartenente al Clan si fosse trasformato per Tomoe in uno straziante incubo, che l'aveva trascinata fin nei reconditi antri del bosco oscuro. Possedere il Byakugan e ottenerne il potere, significava guadagnare una vista analitica senza precedenti, capace di vedere cose nascoste ai più della Terra, anche ai più potenti fra essi. Poter osservare il sistema circolatorio del chakra di una persona, voleva dire conoscerne i movimenti più essenziali, i rapporti interni di energia, il funzionamento della vita stessa. Vi era una certa armonia, un pattern che il chakra seguiva all'interno dei corpi, fondendosi naturalmente con carne, tendini e ossa, trasformando in possibilità ciò che prima essi non avrebbero nemmeno potuto immaginare.
    Possedere il Byakugan era un privilegio, ma anche una condanna.
    Affidarsi solamente alla vista, credere di non dover seguire l'istinto, ritenersi invicibilmente perfetti. Era questo ciò da cui suo padre l'aveva messa da sempre in guardia. L'inesperienza, sul campo di battaglia, uccide quanto la troppa sicurezza, questo Genji l'aveva sempre sostenuto. Era possibile che, nella sua inesperienza, Murasaki avesse troppa fiducia in ciò che credeva di vedere? Una fiducia cieca, come i suoi occhi in quel momento. Più vedeva, meno conosceva. Più osservava il dettaglio, meno il senso generale della situazione le risultava chiaro. Guardava, ma non vedeva. Cieca.

    Riaprì gli occhi, mentre ancora le parole e gli insegnamenti di Genji Hyuga rieccheggiavano nella sua testa. Lasciò che il suo sguardo abbandonasse il livello microscopico dei tenketsu, concentrandosi invece sul flusso generale del chakra e sugli tsubo oramai avvelenati dalla presenza delle ombre. Come fiele, esse si stavano impadronendo di Alinamaru, sottraendogli la possibilità di decidere del proprio destino. Come veleno, l'ombra doveva essere circoscritta, fermata, annientata. Non poteva discernere ogni singolo tenketsu, l'energia era troppo caotica e sfuggente; ma poteva individuarne l'area, circoscrivendo l'azione dell'ombra e bloccandone la propagazione. Chiudendo i punti di fuga dell'area, avrebbe arginato il chakra contaminato. Doveva farlo, poteva farlo. Per Alinamaru, per Tomoe. E per sé stessa.

    Una nuova fluidità di movimento si impadronì di lei, mentre la sua vista potenziata e l'istinto di millenni di movimenti Hyuga perfezionati prendevano possesso delle sue movenze. Era leggera, rapida, precisa. Quasi come una danzatrice, i suoi passi veloci e felpati la portarono nuovamente vicino ad Alinamaru, pronta a arginarne la malattia in diffusione. Le sue mani si mossero rapide, sfiorando appena la carne bollente dell'uomo e lasciando dietro di sé pochi segni tangibili. Il busto, le gambe, il braccio. Tutti luoghi del corpo del Nara danneggiati e pervasi, che ora toccava a lei sanare. Quattro colpi precisi e leggeri, ma con un effetto che sarebbe stato ben più devastante del loro invisibile apporto esterno.


    Chakra: 19.5/30
    Vitalità: 12/12
    En. Vitale: 30/30
    Statistiche Primarie
    Forza: 200
    Velocità:  325
    Resistenza: 300
    Riflessi: 300
    Statistiche Secondarie
    Concentrazione: 375
    Agilità: 375
    Intuito: 300
    Precisione: 300
    Slot Difesa
    1: ///
    2: ///
    3: ///
    Slot Azione
    1: Colpo ai tenketsu
    2: Colpo ai tenketsu
    3: Colpo ai tenketsu
    4: Colpo ai tenketsu
    Slot Tecnica
    1: Juuken - Tenketsu no Ryoshi [TA]
    2: ///
    Equipaggiamento
    • Tonico Coagulante Inferiore × 1
    • Fukibari × 3
    • Filo di Nylon [10m] × 1
    • Shuriken × 5
    • Kunai × 5
    • Cartabomba I × 2
    • Rotolo da Richiamo × 1
    • Bottiglietta di Alcool × 1
    • Corda di Canapa [10m] × 1
    • Wakizashi × 1
    • Fumogeno × 2
    • Bende Rinforzate × 2
    • Sonagli [x5] × 1
    • Kit di Primo Soccorso × 1
    • Accendino × 1

    Note
    ///
  10. .

    Ecce Deus fortior me


    III



    L'aroma intenso e scuro del té catalizzò i suoi sensi, mentre intorno a lei il chiacchiericcio della vecchia continuava ininterrotto. Aveva provato a imprimere un'altra velocità alla questione, comandando di scortare alla presenza del gruppo di accademici la più alta carica del villaggio, ma a nulla era valsa la sua richiesta. La Dea si era limitata a mantenere lo sguardo fisso negli occhi della anziana donna di Rojin, non tradendo alcuna emozione di fronte al diniego della stessa.

    Comprendo.

    La sua voce era risuonata ferma e monotono, mentre Izanami appoggiava la tazzina da té sul suo piattino, facendone risuonare la ceramica. L'amaro delle foglie di té le aveva inebriato le papille gustative, inondando il suo cerebro ancora affaticato con un'estenuante catena di stimoli che ne catalizzarono l'attenzione per qualche secondo. Quando la sua concetrazione si dedicò nuovamente all'interlocuzione in corso, la Dea ascoltò in silenzio la proposta del ninja Kiriano, studiandone fattezze e movenze, così come del suo compare di Oto. Akuraguri e Kyuke. Non potevano essere molto più che in età di pubertà, o poco oltre. I visi imberbi e il generale impaccio nel muoversi tradivano il loro essere novizi a situazioni in cui la responsabilità della missione ricadeva sulle loro spalle. Provò quasi un moto d'invidia, o mancanza, nei confronti di quella loro ingenuità apparente: non ricordava un momento della sua vita in cui la responsabilità del suo destino non l'avesse schiacciata con un enorme peso asfissiante. Eppure aveva resistito, eppure aveva vinto. Era sopravvissuta.

    Lasciarono la casupola dell'anziana coppia che oramai il sole aveva preso il posto più ambito nel cielo, scaldando l'aria e la pelle dei giovani ninja. Izanami lasciò che Kyuke si dirigesse verso il suo destino. Si chiedeva se avesse dovuto provare più compassione nel lasciar a sé stesso un ragazzo che ufficialmente figurava come suo commilitone, ma l'appartenenza della Dea ad Oto era per il momento più una questione di opportunismo che una vera e propria adesione all'ideale del Villaggio del Demone di Oto. Aprì il parasole, mentre già i raggi arrossavano la sua pelle bianco latte, affiancandosi al Kiriano e dirigendosi verso l'amministrazione del villaggio di Ryojin. Avrebbe volentieri trascorso il tragitto immersa in un pensoso silenzio, rotto solo dal ritmato incedere dei geta sul fondo del sentiero, ma il suo compagno di viaggio non parve della stessa idea. Con una sfacciataggine che quasi divertì l'Incarnata, il ragazzo le chiese di rivelargli il suo nome, e il motivo della sua reticenza nel comunicarlo in precedenza.

    Akuraguri.

    Disse, come sovrappensiero, e l'altro avrebbe sentito pronunciare il proprio nome quasi come una melodia, dolce all'udito e al contempo inquietante. Izanami, fece roteare il manico del parasole, quasi come se stesse ponderando le parole che sarebbero seguite. Il suo viso era animato da un sorriso appena accennato.

    C'è del potere, nei nomi. Un oggetto, una persona, qualsiasi elemento del creato diventa per noi riconoscibile esclusivamente grazie al proprio nome. Saper definire qualcosa o qualcuno ci fornisce la possibilità di pensarlo, evocarlo, persino maledirlo.

    Si fermò per un secondo, fissando i grandi occhi viola dritti in quelli del ragazzo, inespressivi. Ora non sorrideva più. Pochi millesimi di secondo dopo riprese a camminare, estraendo la pipa e prendendo una lunga boccata di fumo, che poco dopo rimise nell'aria attorno a loro.

    Conoscere un nome ci dà potere, controllo, un vantaggio. Akuraguri, ninja di Kiri. Il tuo nome è un nome senza lignaggio, povero. Un nome segnato dalle fatiche, come le tue mani. Fatiche del passato e del presente, certamente. Ma anche del tuo futuro. Alla fine di tutto ciò cosa ti aspetta, Akuraguri? Quando capirai ciò, forse sarai degno di conoscere il mio nome.

    Inspirò nuovamente, lasciando che il fumo denso e scuro le riempisse i polmoni. Probabilmente il ragazzo non avrebbe capito le sue parole, o ne sarebbe risultato divertito e stranito. Eppure lei vedeva, lei sapeva. Prima o poi avrebbe compreso anche lui, o sarebbe morto nel tentativo. Ancora qualche passo, e furono in vista dell'edificio principale del villaggio.

    Forse non ho nome, forse ne ho diversi. Forse tra questi vi è Akuraguri da Kiri, o Kyuke da Oto. Mi duole declinare la tua gentile offerta, ma io non mangio.

    Considerò la questione chiusa, dirigendosi placidamente verso l'amministrazione. L'edificio rispecchiava il generale tema vetusto che regnava in tutta l'isola. Con i suoi tetti arcuati e i giardini zen, Izanami non poté che sentire un certo senso di familiarità con l'ambiente, non del tutto dissimile a quello antico e malandato del suo tempio alle porte di Oto. L'ingresso dell'edificio rivelò un'ulteriore pletora di dipendenti della terza età, tra cui la Dea riuscì ad individuare la segretaria, a cui si rivolse per prima.

    Abbiamo necessità di interloquire col capovillaggio, con la massima urgenza. Siamo membri dell'Accademia.

    Quando vennero ricevuti, Akuraguri si lanciò in una presentazione dettagliata, a cui la Dea rispose con un breve cenno del capo e ponendosi di fronte all'anziano capovillaggio, imperturbabile.

    Necessitiamo della vostra piena collaborazione, e dell'accesso a qualsiasi informazione a riguardo in vostro possesso. Classificate o meno.
  11. .

    In missione all'Abete


    VIII



    Un attimo di esitazione. Riprendere fiato, giusto un millesimo di secondo. E le era quasi costato un braccio. Esalò un rapido respiro, cercando di concretizzare in esso lo shock del momento e così espirarlo lontano da sé e dal coraggio che aveva cercato di radunare. Daishin era comparso dal nulla, rapido come un lampo, e l'aveva soccorsa. Di nuovo, di nuovo si era ripetuta quella che oramai era una costante della sua vita: non riusciva realmente ad essere più di una zavorra da dover continumente soccorrere?

    Ti ringrazio, Daishin.

    Mormorò, più al vento e a sé stessa che non all'uomo, la cui copia originale si trovava a troppi metri da lei per poterne realmente udire le parole. Murasaki, dal canto suo, si trovava decisamente vicina ad Hayate, cosa che non sfuggì al terrificante bambino.
    Il caos regnava sovrano in quei pochi metri di radura spazzati dal vento e dal gelo, ed illuminati da una sovrannaturale luce aurea. Era oramai ad una manciata di passi dal ragazzino, mentre di fronte a loro le sfere non accennavano ad arrendersi. Avrebbero dovuto presto attaccarle, poiché il margine di manovra di Hayate continuava a diminuire. Eppure, non ve ne fu bisogno. Accadde tutto in pochi attimi, mentre ancora la Hyuga teneva alta la guardia concentrando il proprio sguardo bianco sulla sfera dinnanzi a lei. Un secondo prima avvertiva il terreno saldo sotto i piedi, quello dopo il suo corpo cadeva libero dove avrebbe dovuto esserci la roccia, in una discesa che però risultava poco rocambolesca e molto pacata.

    Dove siamo finiti?

    La voce sottile di Murasaki risultò poco più di un soffio, mentre gli occhi bianchi della ragazza si abituavano all'assenza della luce esterna. La loro caduta era terminata in una grotta allagata, a giudicare dal freddo umido che le pervadeva le gambe. Indivuduò d'acchito la presenza di altre due figure all'interno del luogo chiuso, ma sul momento non riuscì ad identificarne nettamente i contorni. Stava per rivolgersi a Daishin, quando l'agghiacciante risata di Hayate pervase di nuovo l'ambiente, risultando - se possibile - ancora più inquietante grazie al favore delle tenebre, e al rimbombo che le pareti rocciose della stanza offrivano. Poi, uno dei due uomini parlò, e le sue parole dalla tonalità robotica si dispersero nell'aria. Murasaki aggrottò la fronte, osservando con curiosità la familiarità che tale Kensei Hito pareva avere con quello che ora sapeva chiamarsi Coraggio di Hayate. Poi, un nuovo riferimento a degli amici comuni. Possibile che il Coraggio parlasse nuovamente di Shin?

    Daishin, conosco uno dei due convenuti. Il ragazzo dietro all'uomo mascherato, l'ho incontrato brevemente qualche anno fa. Proviene da Kiri.

    Fece un cenno all'amministratore Sunese, continuando a scrutare il resto del gruppo con la propria abilità oculare onde verificarne eventuali eccessi nell'impasto del chakra. Proseguirono brevemente nell'acqua, giungendo ad una seconda stanza che pareva scavata nella roccia. Lì, giaceva contorcendosi un essere immondo, che avrebbe potuto tranquillamente essere la trasposizione di un qualche incubo terrificante. Murasaki portò la mano all'altezza dello stomaco, mentre una fitta le agitava i visceri. Possibile che la sola vista della bestia l'avesse sconvolta a tal punto?

    Non può essere reale, non deve esserlo.

    Dalla bocca del mostro pulsante fuoriuscì un grido disperato che riempì l'aria, concrettizzandosi poi in una coltre di fumo nero che andò a schermare l'essere e quelle che Murasaki ritenne oramai essere delle sue emanazioni, ovvero le sfere che li avevano in precedenza attaccati. Fu Kensei Hito a parlare, interrogando il duo che accompagnava Hayate con la sua voce monotono.

    Murasaki, del Clan Hyuga della Foglia. Abbiamo incontrato delle difficoltà nel nostro cammino sull'Isola, che ci hanno tenuto per lungo tempo fuori gioco. Una volta risvegliati, ci siamo imbattuti nel Coraggio di Hayate, che ci ha avvertiti riguardo il posizionamento del Cuore e la possibilità di distruggerlo per porre fine all'esistenza dell'Arma. Gli abbiamo prestato quanto più aiuto possibile, e il suo rituale ci ha condotti qui.

    Lanciò un'occhiata a Daishin alle sue spalle, attendendo qualora volesse aggiungere qualche elemento rilevante alla concisa descrizione dei rocamboleschi eventi che li avevano condotti in quella stanza. Sfruttò quei pochi secondi per concentrare lo sguardo analitico del Byakugan sulla massa informe che definivano Cuore, individuandone in breve l'intricato sistema circolatorio del chakra che lo attraversava, e i suoi tenketsu.

    La seconda sfera che ci ha seguiti è di elemento vento. Per attaccarci si porterà in alto, sferrando potenti lame taglienti. Il Cuore, invece, è paragonabile ad un essere vivente, non solo come evidente dalla sua forma carnale esterna, ma anche a livello prettamente anatomico.

    Allungò appena il braccio, indicando sommariamente le diverse aree di cui pareva essere composta la bestia. Rabbrividì appena a sondarne la superficie e la carne, mentre ancora quello pulsava e si contorceva pur nella sua temporanea immobilità.

    I punti di fuga del Cuore sono divisi equamente tra corpo principale e membra esterne. Trenta tenketsu per entrambi. Potrei chiuderli e impedirgli di sfruttare qualsiasi abilità legata al chakra, ma ho bisogno che venga immobilizzato il più possibile.

    Affermò, riportando lo sguardo su Kensei Hito. La maschera che ne ricopriva il volto non tradiva emozione alcuna, tantomeno lo faceva la sua voce. Chi avevano davanti, realmente?


    Chakra: 23.75/30
    Vitalità: 10/12
    En. Vitale: 30/30
    Statistiche Primarie
    Forza: 200
    Velocità:  325
    Resistenza: 300
    Riflessi: 300
    Statistiche Secondarie
    Concentrazione: 375
    Agilità: 375
    Intuito: 300
    Precisione: 300
    Slot Difesa
    1: ///
    2: ///
    3: ///
    Slot Azione
    1: ///
    2: ///
    3: ///
    Slot Tecnica
    1: ///
    2: ///
    Equipaggiamento
    • Filo di Nylon [10m] × 1
    • Fukibari × 3
    • Shuriken × 5
    • Tonico Coagulante Inferiore × 1
    • Rotolo da Richiamo × 1
    • Cartabomba I × 2
    • Bottiglietta di Alcool × 1
    • Kunai × 5
    • Wakizashi × 1
    • Corda di Canapa [10m] × 1
    • Fumogeno × 2
    • Bende Rinforzate × 2
    • Accendino × 1
    • Sonagli [x5] × 1
    • Kit di Primo Soccorso × 1

    Note
    -1/4 basso per mantenimento Byakugan
  12. .

    Missione: Si vive insieme, si muore soli


    VIII: Peace-out



    Inclinò appena il capo, come a voler soppesare le parole appena uscite dalla bocca di Masayoshi. Quel ragazzino strano, dal sorriso nervoso e i capelli bipolari. Possibile che proprio lui fosse una delle megliori e peggiori armi per Suna? Rabbrividì di un terrore sacro, dovuto non tanto al pensiero della bestia che si annidava nel ragazzo, quanto più al solo immaginare le infinite lavate di capo - o peggio - cui l'avrebbe sottoposta l'alta sfera di Suna, qualora non avesse riportato il prezioso contenitore del bijuu tutto intero. Poi ovvio, non è che volesse vedere Masayoshi mutilato.

    Bene, o male. Non so, non mi intendo molto di bestie codate. So solo che qui o ci inventiamo qualcosa, o ci lasciamo la pelle, o sveniamo. O qualsiasi cosa succeda in questo maledettissimo posto quando si finisce K.O.

    Alzandosi si battè appena le gambe, come a volerle rianimare. Sentiva distintamente l'acido lattico impadronirsi dei muscoli, accompagnato da una stanchezza mentale non indifferente. Non erano lì sotto da molto, ma l'aria rarefatta della grotta e un certo je-ne-sais-quoi di disagio prodotto dal fatto di avere di fronte una frotta di stronzi pronti a menar le mani, non la rendeva di certo una scampagnata nel parco.
    Erano tutti lì a scambiare ameni convenevoli, soprattutto lo spilungone emanciato, che si chiamava... Tasaki, certo, Tasaki, e una dei convenuti dello schieramento opposto, la quale aveva ovviamente accolto con gioia le parole gentili di quell'ultimo. Certamente.

    Jins, sei proprio terribile, che vuoi che ti dica! Però ti terremo anche così, non temere lupacchiotto.

    Lo canzonò, dondolando appena il capo a destra e sinistra. Tutto considerato, Jins si sarebbe potuto anche rivelare utile, ammesso e non concesso che non si infilasse di nuovo sotto qualche fortuito masso per fare una siesta.
    Stava ancora ridendo sotto i baffi per quella che riteneva essere un'acuminata invettiva contro il Kaguya, quando l'aria all'interno della grotta cambiò senza preavviso. Le pareti offrirono una perfetta superficie di rimbombo per quelle che Saru avrebbe potuto solamente descrivere come grida infernali. Nella sua seppur breve esperienza di vita, aveva spesso sentito lamenti dovuti al dolore fisico o mentale, ma quello che sembrava sprigionarsi dalle acque ora ribollenti del lago non aveva natura umana. Qualcosa di estremamente sbagliato stava montando nelle profondità dell'isola, e loro ne erano proprio all'interno.

    Cosa... Cosa sono quelle cose?

    Si piegò in avanti, quasi accovacciandosi e cercando di proteggere l'addome da una minaccia che non era però tangibile. Le sembrò che le viscere le si contorcessero in maniera innaturale, mentre un generale stato di nausea le fece girare la testa, portandola a sudare freddo. Alzò appena lo sguardo verso Jins e l'Hokage, i due più prossimi alla sua posizione. Avrebbe voluto interpellarli e chiedere ragione di quanto stava accadendo, ma tutto ciò che seguì accadde talmente velocemente da lasciarla senza fiato. Una luce intensa aveva riempito la stanza, e un secondo dopo Raizen troneggiava di fronte a lei, ancora accovacciata per il dolore allo stomaco. Guardò in alto verso il volto dell'uomo - che non tradiva particolare sofferenza, per quanto assurdo - mentre nell'aria si diffondeva un netto sentore di vesti e pelli bruciate.

    Consideralo estinto, Hokage. Ma non andare in giro a sbandierare la mia magnanimità.

    Disse, alzandosi in piedi e regalando un mezzo sorriso al Colosso. Ma, ovviamente, non v'era possibilità di trascorrere un minuto di beata serenit in quel posto dimenticato dai Kami, fu quindi così che dalle lunghe ombre proiettate sulle rocce emerse un'ombra, quasi una eco lontana di un essere umano.

    MA CHE CAZZO!

    La Rossa indietreggiò istintivamente di un paio di passi, mentre quello sommessamente riferiva a Raizen cose che la Sunese capì a malapena. Il cuore era stato trovato, e una nuova squadra doveva essere creata per distruggerlo. Questo voleva dire che i più forti tra loro sarebbero stati reclutati, lasciando i soliti noti a cavarsela contro qualcosa decisamente più grande di loro. Guardò appena Masayoshi, con aria apprensiva. Dovevano rientrare a Suna sani e salvi, tutto il resto era secondario. Ascoltò annuendo l'offerta di pace dell'Hokage alla compagine avversaria, e con poca sorpresa la sua volontà di andare ad eliminare il fatidico cuore portandosi appresso i migliori elementi della squadra. Lì sarebbero rimasti Tasaki, Masayoshi e Jins, più lei, in una rocambolesca fuga verso l'esterno e la salvezza. Sempre che l'offerta di pace fosse stata accettata.

    Hokage, comprendo la tua necessità di andare per un bene superiore. Ma sappi che se qualcuno qui ci lascia le penne, verrò a cercarti personalmente a Konoha solo per prendere a sberle quel tuo bel faccino.

    Sorrise, inclinando appena il capo verso il Jinchuuriki della sabbia. Tutti lì sapevano, e di certo l'idea della morte di una forza portante e successiva liberazione di un demone in campo aperto non avrebbe facilitato la vita a nessuno. Si voltò sui tacchi, rivolgendosi a Tasaki e Jins.

    Vi è toccato occuparvi delle zavorre, stavolta. Mi dispiace. Ma ho bisogno che ci portiate fuori di qui vivi. Jins, stavolta le tue ossa non possono fallire. Riesci a garantirci un po' di durezza qui, o hai bisogno di un incentivo?
  13. .

    Ecce Deus fortior me


    II



    Lo sciabordio dell'acqua salmastra contro i fianchi della piccola imbarcazione riempiva l'aria, librando nell'atmosfera milioni di particelle d'acqua salata. Izanami usciva di rado dal proprio tempio, data la sua ancora precaria condizione di salute dovuta al rituale di qualche tempo prima, e dunque la sensazione frizzante di quei vapori le parve decisamente peculiare. Posizionata il più lontano possibile dai quattro ragazzini che la accompagnavano, preferì trascorrere il viaggio in solitaria, nascondendo il proprio profilo e la pelle chiara sotto un ombrellino parasole finemente ricamato.

    O ci state prendendo in giro, o il vostro quoziente intellettivo è ancora più basso di quanto già temessi.

    Sospirò, prendendo una generosa boccata di denso fumo dalla pipa che portava sempre con sé. Inclinò appena un po' il capo, osservando uno ad uno i quattro individui che le si paravano davanti. Poteva vedere distintamente le rotelle arruginite dei loro limitati cerebri arrovellarsi di fronte all'ovvio. Non pervenne alcuna domanda dai due uomini, ma questo la Dea già lo immaginava. D'altronde, non era colpa loro. Come poteva pretendere da essi una parvenza di ragionamento superiore, quando il loro intelletto era abbietto e limitato, noncurante della infinita libertà e potenza del Divino? La Morte stessa, unica Signora, aveva preso possesso della mente di Izanami, quando ella non era altro che un pallido riflesso del suo vero sé, del tutto simile agli umani che ora si trovava dinnanzi.

    Quando l'ora fatale sarà giunta, la Signora si svelerà anche a voi, e tutto sarà finalmente chiaro. Fino ad allora, mi auguro che la vostra idiozia non ci conduca in acque pericolose.

    Proprio mentre terminava la sua criptica invettiva, la barca su cui viaggiarono si arenò sulla spiaggia, permettendo la discesa dei componenti di quel malassortito gruppo. Izanami richiuse rapidamente il parasole, smontando dall'imbarcazione e lasciando che i geta sprofondassero nella soffice sabbia del litorale. Il sole regnava caldo in cielo, emettendo raggi caldi che si trasformavano in fuoco sulla sua pelle color latte. Procedettero nel silenzio più assoluto per qualche minuto, inoltrandosi nell'ombra di una rigogliosa foresta che Izanami accolse con sollievo, data la protezione che essa poteva fornire contro i fastidiosi raggi solari. Lì, quasi celato agli occhi avidi del restante continente, giaceva addormentato e stanco il villaggio di Rojin. Non solo gli abitanti parevano congelati nel tempo, quasi un riflesso di sé stessi, ma anche la struttura architettonica del villaggio stesso era antica e in un certo qual senso decadente.

    Rojin, nomen omen. Tutto olezza di vecchio in questo posto.

    Arricciò il naso, badando appena alle varie presentazioni che intercorrevano tra i presenti. Si limitò ad abbassare il capo quando fu il suo turno, e a sussurrare il nome del suo antico casato, i Tachibana. Non occorreva che i mortali conoscessero il suo primo nome, non sarebbero comunque stati in grado di comprenderne la grandezza e gravità.

    Prenderò volentieri del té. Nero, se possibile, senza miele né zucchero. In secondo luogo, portate qui la massima autorità del Villaggio, se concesso. Non abbiamo tempo da perdere.
  14. .

    Kamuy Nomi


    III - Hay



    Non sei molto diverso da un grosso orso polare, sisam. Con la differenza che loro riescono a stare ben saldi sulle zampe.

    Notò senza alcuna pretesa di superiorità, mentre il bestione si rimetteva su due piedi a fatica. Certo, non era nella natura di Hotene cacciare gli umani quali fossero prede, ma ci derto non avrebbe permesso all'uomo di ridurla in carne da macello. Era d'altronde la più antica e fondamentale legge della natura, quella a cui si trovavano ora dinnanzi: mangiare, o essere mangiato. Vincere, o essere sconfitto.
    L'uomo non sembrava molto soddisfatto dell'andamento della lotta, comunque. Che fosse il pensiero della libertà tanto anelata che gli sfuggiva tra le dita, o la vergogna di essere sopraffatto da una ragazzina, di certo la cocente delusione lo spinse a caricare contro Hotene con tutta l'energia che aveva in corpo.
    La ragazza lo vide arrivare rapido, mentre le sue nocche rilucevano illuminate dal rosso tremolante delle torce accese. Non riuscì a concentrarsi su quel dettaglio, in quanto un rapido montante dell'uomo la costrinse ad abbassarsi velocemente, anche se di poco, riuscendo a schivare l'attacco anche grazie all'enorme differenza di altezza fra i due. Quasi contemporaneamente, l'energumeno tentò stavolta di allungare le mani per afferrarla, non facendo però conto dell'agilità che il piccolo corpo della ragazza le offriva. Rotolò su un fianco, concentrando un'esagerata quantità di chakra nelle gambe per sfuggire all'attacco. I muscoli cominciavano a dolerle, danneggiati dalla forzatura cui Hotene li stava sottoponendo.

    HAY.

    Non l'aveva visto, non l'aveva sentito. E di certo non aveva fatto nulla per fermarlo. Tuttavia il pugno dell'uomo le era arrivato dritto in faccia, reso ancora più doloroso da un pericoloso aggeggio sulle sue nocche. L'esclamazione di dolore di Hotene era stata una semplice conseguenza di quell'ultimo attacco che, con superificialità, si era lasciata sfuggire a causa della distrazione data dalla schivata precedente. Il sapore ferroso del sangue le inondò la bocca, costringendola a sputare una macchia rossa sul terreno. Sospirò, volgendo la testa verso l'uomo di fronte a lei.

    Sono stanca, sisam. La caccia finisce qui, e ora.

    A qualche metro da lei, giaceva abbandonato il martello dell'uomo. Ne aveva udito il tonfo quando quello l'aveva perso, e ne poteva scorgere il brillìo sommesso dato dalle torce. Non restava che recuperarlo.
    Compose un semplice sigillo, lasciando credere all'uomo che non avesse mai abbandonato la sua posizione. Poi, rapidamente, si mosse verso il martello, prendendone possesso. L'immagine sarebbe durata solo qualche frazione di secondo, lasciandole però il tempo di lanciarsi contro l'uomo, con un colpo ben assestato ai garretti di quello. Poteva essere grande e grosso, ma con le caviglie fuori uso sarebbe collassato come un orso caduto in trappola. Poi, cambiando rapidamente orientamento del martello, l'avrebbe diretto verso l'inguine dell'uomo, con un devastante colpo caricato dall'alto verso il basso. Era il colpo peggiore che si potesse riservare ad un uomo? Probabilmente. Hotene provava un qualche tipo di rimorso nell'aver messo in pratica un trucco di così basso livello? Forse. Però voleva sopravvivere, voleva mangiare, non essere mangiata. Voleva vincere.


    Chakra: 3/10
    Vitalità: 6.5/8
    En. Vitale: 30/30
    Statistiche Primarie
    Forza: 100
    Velocità:  100
    Resistenza: 100
    Riflessi: 100
    Statistiche Secondarie
    Concentrazione: 100
    Agilità: 100
    Intuito: 100
    Precisione: 100
    Slot Difesa
    1: Schivata
    2: Schivata
    3: ///
    Slot Azione
    1: Movimento
    2: Colpo Martello
    3: Colpo Martello
    Slot Tecnica
    1: TA: Immagine Residua
    2: ///
    Equipaggiamento
    • Fionda × 1
    • Rivestimento Mimetico × 1
    • Corda di Canapa [10m] × 1
    • Accendino × 1
    • Biglie Metallo × 1
    • Bottiglietta di Alcool × 1
    • Hanbo × 1
    • Kunai × 5
    • Pietrame per Fionde × 1
    • Spiedi Potenziati × 5

    Note
    ///


    Edited by Filira - 19/4/2020, 18:14
  15. .

    In missione all'Abete


    VII



    La risata di Hayate aveva riempito l'aria, rimbombando rumorosamente tutto intorno. Murasaki deglutì appena, appoggiando delicatamente una mano sulla spalla di Daishin e facendo appena segno al Consigliere di mantenersi in disparte. L'austerità e franchezza del Sunese erano di certo utili nel dirimere boriosi questioni politiche di villaggio, tanto quanto lo erano le notorie arti oatorie del padre nell'appianare i contrasti in seno al clan Hyuga. Tuttavia, di fronte a loro si parava ora una figura estranea a qualsiasi schema dialettico immaginabile: parlamentare con l'Hayate non sembrava di gran lunga la migliore delle strategie.
    Inspirò appena, compiendo dapprima un piccolo passo verso il ragazzino, e poi un altro, fino a che non si trovò a metà tra Daishin e Hayate stesso. Durante i suoi anni di adolescenza e prima età adulta, la Hyuga aveva passato lungo tempo in compagnia dei più piccoli del clan. Apprezzava la semplicità di ragionamento derivata dall'infanzia, ma anche la straordinaria imprevedibilità dei discorsi che ne scaturivano. Possibile che l'Hayate di fronte a loro dovesse essere trattato alla stregua del più normale dei bambini? Vi era realmente in quella situazione una parvenza, anche lontanta, di normalità?
    Appogiò un ginocchio a terra, accovacciandosi appena e portandosi ad altezza del bambino di fronte a lei. Riservò un ultimo sguardo a Daishin, colmo di terrore e contemporanea speranza. L'avrebbe protetta, qualora l'essere di fronte a lei avesse deciso che la sua presenza non lo aggradava più? O l'avrebbe abbandonata al proprio destino, dileguandosi il più rapidamente possibile? Voleva, e doveva fidarsi. D'altrone, poteva sapere solo quello che avrebbe fatto lei, kunoichi della foglia e figlia primogenita degli Hyuga: avrebbe onorato il giuramento prestato in quanto shinobi di Konoha, proteggendo il proprio alleato come fosse un'estensione di sé stessa. Poteva solo sperare che Daishin fondasse il proprio nindo sulle stesse convinzioni.

    Sono così contenta che tu ci abbia trovati! Tutti quelli di cui hai parlato, e anche Shin, sono tutti nostri amici. E se sono anche tuoi amici, non vuol dire forse che lo siamo anche io e te? Anche io sarei davvero disperata se Shin e Kato si facessero del male. Vedi, siamo stati proprio fortunati ad averti incontrato!

    Sorrise appena, annuendo alle parole del bambino dalla risata agghiacciante. Nel giro di qualche secondo, Hayate vomitò una quantità indefinita di parole e informazioni sul duo, accennando dapprima alla posizione dei diversi alleati presenti - a quanto pare l'Hokage stesso era presente sull'Isola - e descrivendo poi l'esatta posizione dell'Arma. La Hyuga voltò il capo verso Daishin, mentre Hayate ancora latrava. Possibile che fossero così vicini all'obbiettivo da averlo praticamente a portata di mano? Quale che fosse il prezzo, la missione doveva essere portata a termine. Avrebbe determinato la loro dipartita? Con buona probabilità, certamente. Murasaki era abituata all'idea. Certo, non era piacevole pensare di trascorrere gli ultimi istanti di una così breve esistenza in compagnia di un essere instabile, ma questa era la vita che entrambi avevano scelto. E dovevano essere pronti al sacrificio, se ciò avrebbe significato ad altri la possibilità di vivere e prosperare.

    Siamo qui per distruggere l'arma, avrai la nostra protezione. Sarà come giocare tutti assieme, vedrai che ci divertiremo!

    Il sorriso ancora dipinto sul suo volto tremulò, trasformandosi in un'espressione decisamente turbata quando Murasaki si voltò, portandosi a sei metri di distanza dall'Hayate, come da lui richiesto. Quello stava appena alzando l'arma al cielo, quando la ragazza si avvicinò a Daishin. Poteva essere l'ultima occasione di interloquire prima di ritrovarsi nel mezzo del caos assoluto, o prima di soccombere allo stesso.

    Non so se abbiamo fatto la cosa giusta, ma dobbiamo finire quello che abbiamo iniziato. Dobbiamo fare la nostra parte. Se non dovessi farcela...

    Sussultò, mentre l'aria intorno a loro si caricava di tensione, e il terreno veniva scosso da terribili movimenti tellurici. Il rituale era cominciato, non c'era più tempo. Avrebbe voluto completare la frase, chiedere al Sunese di portare ciò che sarebbe rimasto di lei al suo villaggio, alla sua casa. Avrebbe voluto chiedere di essere posta nel suo giardino preferito di villa Hyuga, tra i crisantemi. Ma non ci fu tempo, il nemico era già lì. Sorrise, volgendo lo sguardo lontano da Daishin.
    L'aria si era colmata di un vento gelido, condensatosi poi in due sfere dalla parvenza quasi soprannaturale. Per un attimo sembrarono due entità, gemelle e immobili nella loro atemporalità. Poi parvero distinuersi, incarnando una la potenza del freddo e l'altra quella del vento. Con la coda dell'occhio vide il Consigliere di Suna prendersi carico del Freddo incarnato, lasciandole dunque fronteggiare l'essenza del vento stesso. Il chakra che scorreva impetuoso attraverso ogni fibra del suo corpo - e specialmente negli occhi - non le diede alcuna particolare informazione riguardo alla natura del suo nemico. Non aveva idea di cosa aspettarsi.
    Preso tuttavia la sua curiosità venne soddisfatta, in quanto la sfera generò una corrente decisamente possente, scaricandone la furia sulla Hyuga e, conseguentemente, sull'Hayate dietro di lei.

    Non temere Hayate, me ne occupo io.

    Concentrò un'importante quantità di chakra nelle gambe e nelle braccia, cercando di ancorarsi al terreno e assorbendo quanto più possibile il colpo con gli avambracci. Per quanto cercò di resistere, la bordata d'aria fu comunque in grado di spostarla di qualche metro, portandola più vicina al Coraggio. Le braccia le dolevano, il respiro cominciava a farsi più corto. Avrebbe voluto urlare e cercare l'aiuto di Daishin, ma i movimenti a margine del suo campo visivo le suggerivano che fosse impossibilitato a soccorerla. Per la prima volta in vita sua era completamente sola. Genji, suo padre, non l'avrebbe aiutata. Oboro, sua maestra e mentore, non l'avrebbe aiutata. Youkai, amico e compagno di avventure, non l'avrebbe aiutata. Si sarebbe salvata da sé, o avrebbe perso la vita nel tentativo.
    Il suo campo visivo innaturale, garantitole dall'abilità genetica nascosta nei suoi occhi bianchi, le permise di seguire il rapido spostamento della sfera qualche metro più in alto, spostando il baricentro del proprio attacco. Inizialmente le parve che permanesse nella sua immobilità, quando improvvisamente andò a produrre una lama diretta non verso di lei, ma in direzione dell'Hayate. Il bambino li aveva avvertiti, non voleva subire attacchi.
    La Hyuga si mosse rapidamente, concentrando il chakra appena sotto i tenketsu del braccio sinistro, quasi questo fosse compresso. Quando la lama di vento fu a portata di braccio, Murasaki rilasciò la pressione sui punti di fuga, ottenendo che il chakra deflettesse il colpo e lasciasse solo qualche danno superficiale, tagliando lo strato di bende che ricopriva il suo avambraccio. Ebbe tuttavia appena il tempo di esultare tra sé e sé, che una seconda lama si stava dirigendo verso di loro. L'avrebbe intercettata, certo, ma stavolta non aveva tempo di preparare il proprio chakra per respingere l'attacco. Pochi centimetri e qualche strato di stoffa separavano la sua carne da quella manifestazione tagliente della natura. Qualche centimetro, e poi nulla. Inizialmente non percepì dolore, come se quello le avesse attraversato il braccio destro senza lasciare tracce o danni. Poi, uno squarcio rosso si aprì sotto le bende. Poi, arrivò il dolore.

    AAAAH! Hayate, non possiamo resistere ancora a lungo!

    Si voltò verso il bambino, facendo pressione sull'ambraccio destro con la mano, per evitare il dissanguamento. La sfera era ancora di fronte a lei, immobile ed impassibile. Avrebbe potuto attaccare, probabilmente avrebbe dovuto attaccare. Eppure non aveva a disposizione molto più che qualche kunai, ed un braccio decisamente infortunato. E se avesse diretto un attacco alla sfera, per poi vedere il vento defletterlo e rispedirlo al mittente? Non poteva rischiare, non adesso. Si sarebbe limitata a difendere Hayate, almeno fino al completamento del rituale. Questa era l'unica cosa che le era dato sapere, e su questo avrebbe basato la sua più immediata esistenza.
    Sbagliato o giusto che fosse.

    Chakra: 24/30
    Vitalità: 6.5/12
    En. Vitale: 30/30
    Statistiche Primarie
    Forza: 200
    Velocità:  325
    Resistenza: 300
    Riflessi: 300
    Statistiche Secondarie
    Concentrazione: 375
    Agilità: 375
    Intuito: 300
    Precisione: 300
    Slot Difesa
    1: Parata Vento I
    2: Parata Vento III
    3: ///
    Slot Azione
    1: ///
    2: ///
    3: ///
    Slot Tecnica
    1: Velo di Chakra (TA)
    2: ///
    Equipaggiamento
    • Tonico Coagulante Inferiore × 1
    • Fukibari × 3
    • Filo di Nylon [10m] × 1
    • Shuriken × 5
    • Kunai × 5
    • Cartabomba I × 2
    • Rotolo da Richiamo × 1
    • Bottiglietta di Alcool × 1
    • Corda di Canapa [10m] × 1
    • Wakizashi × 1
    • Fumogeno × 2
    • Bende Rinforzate × 2
    • Sonagli [x5] × 1
    • Kit di Primo Soccorso × 1
    • Accendino × 1

    Note
    -0.5B per mantenimento Byakugan
186 replies since 6/4/2018
.