Posts written by Munisai

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    Infiltrazione


    Kiri • Capitolo IV

    Tutto andò come Makiko aveva sperato.
    Zora si prestò a subire il suo attacco, del tutto innocuo, e finse di averne subito gli effetti in maniera decisamente convincente. Poi, la nukenin fu risucchiata nel rotolo e il sipario poté calare su quella riuscita commedia.

    Quando il ragazzo lanciò la pergamena arrotolata alla donna, lei l'afferrò al volo, con una certa cautela, per poi osservarla incuriosita.
    Non preoccuparti per lei, tra un'ora uscirà da sola, almeno avrai anche tempo di inventarti qualche storia su come sono dovuto darmela a gambe. Da adesso dovrai far conto sulle tue abilità, dirò io ad Oto che la tua operazione è stata un successo. Buona fortuna per tutto.
    D'accordo, capito. Grazie ancora del supporto, a buon rendere disse lei sorridendo mentre alzava il rotolo il gesto di saluto nei confronti dell'alleato, prima che quest'ultimo si congedasse.

    [ ... ]


    Esattamente un'ora più tardi, proprio come il giovane aveva spiegato, Hisako fu sputata fuori dalla carta nella quale era stata imprigionata.
    MA CHE ACCIDENTI--?! urlò subito, girandosi intorno come una forsennata in cerca del nemico.
    Per lei era come se il tempo si fosse congelato al momento il cui quella tigre d'inchiostro l'aveva trascinata via dalla base kiriana sigillandola nel vuoto più assoluto. Ma il suo aguzzino era ormai sparito da un pezzo.
    Solo Makiko era rimasta lì con lei.
    Dov'è quel bastardo?! le chiese subito.
    Stai tranquilla, se n'è andato. Stai bene? rispose l'altra, avvicinandosi con aria sollevata mentre faceva come per sincerarsi delle sue condizioni.
    Abbiamo cominciato a combattere, poi tu sei finita vittima della sua tecnica...beh, alla fine se l'è filata ammise, simulando contrizione.
    Avevo anche messo a segno un paio di buoni colpi, ma il maledetto è stato veloce a scappare. Ma va bene così, non credo che si rifarà vivo.
    Ho preferito restare qui con te. Sì insomma, con il rotolo. Sinceramente non sapevo che pesci prendere per tirarti fuori, ma fortunatamente pare che il jutsu di confinamento abbia una durata limitata
    concluse, sorridendole.
    Oh fece la criminale, tranquillizzandosi un poco, ancora scombussolata da quanto era accaduto.
    Beh...ti ringrazio, allora disse infine la nukenin, mostrando per la prima volta un briciolo di dolcezza.
    Immagino tu ti sia guadagnata la chance di entrare nel nostro gruppo, se è questo che vuoi. Non ho l'autorità di decidere se qualcuno può essere arruolato o meno, ma se metto una buona parola penso che sarai dentro.
    Io sono Hisako, a proposito.

    Come se Makiko non sapesse già il suo nome.
    Ti ringrazio, Hisako. Vedrai, non vi deluderò!



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    Infiltrazione


    Kiri • Capitolo III

    Makiko ascoltò lo sconosciuto affermare di non averla affatto seguita né cercata. Una balla grossa quanto una casa, ma non si trattava che dell'ennesima menzogna nella menzogna in quella commedia estemporanea messa in piedi dalla donna e dal ragazzo, una pantomima dove saper improvvisare e adattarsi erano fattori fondamentali.
    La kunoichi non ribatté a quelle parole, lasciando che l'altro recitasse il suo ruolo, continuando solo a fissarlo facendo trasparire ostilità.

    Quando il pittore poi si rivolse aspramente alla nukenin, quest'ultima ovviamente non gradì affatto.
    Non sarei un'artista, eh? Chi diavolo ti credi di essere?!
    Per me matita e pennello non avevano segreti già prima che tu venissi al mondo, lattante!
    Puoi dire quello che ti pare, ma resti un vigliacco che si nasconde dietro una presunta etica e ideali filosofici per pararsi il sedere, ostentando una neutralità che gli serve solo da scudo.


    Per l'amor di Dio, non sei nemmeno un ninja decente, se non sono qui per la bomber per quale motivo pensi che ci sia?
    Poi, Zora passò all'azione.
    Il fiore che Hisako aveva gettato via ma incautamente alle sue spalle, la colse di sorpresa colpendola in mezzo alla schiena.
    Vacillò, poi si voltò, disorientata.
    Ma che dia--?!
    Intanto il ragazzo dai capelli verdi realizzava un enorme dipinto con una rapidità sorprendente. Una tigre a dimensione naturale, se non più grossa ma fatta d'inchiostrò, prese forma tridimensionale, proprio come era accaduto con il fiore, e in due soli balzi fu addosso all'attempata criminale, troppo veloce perché ella potesse sperare di evitarla.
    La belva schiacciò la sua preda a terra, affondando zanne e grinfie su di lei, senza ferirla o provocarle particolare dolore, ma sicuramente impedendole di muoversi.
    Merda! imprecò la donna cercando di divincolarsi ripetutamente, ma invano. Sembrava avere un macigno addosso tanto la bestia illustrata sembrava inamovibile.
    Lasciala andare, maledetto! intimò l'otese con tono minaccioso.
    Si trovava proprio accanto alla nukenin e, forte della consapevolezza di avere a che fare con un alleato, approfittò della situazione per guadagnare punti agli occhi della donna.
    Sferrò un pugno alla tigre come a voler tentare di liberare la nuova alleata, ma non servì a granché. Proprio come si aspettava e sperava.
    Cazzo, questa cosa non si smuove!
    Nel frattempo Zora si avvicinò, rivolgendo le sue ultime parole a Hisako prima di darle le spalle, mentre Makiko si allontanava ponendosi a qualche metro da lui. Recepì con chiarezza il segnale d'intesa che il giovane le lanciò, ma ovviamente non reagì, pur gioendo dentro.
    E ora veniamo a te, la tua testa mi garantirà sicuramente un compendio extra non indifferente.
    Non così in fretta, tesoro! avrebbe esclamato con l'ultimo barlume di spavalderia la criminale, prima di giocare la sua ultima carta.
    Il pittore avrebbe sentito una voce a lui sconosciuta ma di sicuro appartenente a una bambina chiamare ripetutamente il suo nome, e la voce proveniva dall'esterno, oltre l'ingresso dal quale era entrato in quel vecchio capannone. Il ramingo si sarebbe sentito istintivamente attratto da quella voce ed esimersi dal cercare di raggiungerla gli sarebbe costato un discreto sforzo di autocontrollo, nonché un po' della sua capacità di reazione.[H ST]
    Ragazza!
    Pareva che Hisako avesse un piano, e sarebbe toccato all'otese portarlo a compimento.
    Lascia fare a me! replicò la kunoichi componendo alcuni sigilli, certa di non venire ostacolata mentre lo faceva.
    In qualsiasi modo l'artista avesse reagito all'illusione, lei avrebbe approfittato del momento di possibile distrazione per aggredirlo. O almeno questo era quello che avrebbe dovuto credere la disgraziata spalmata a terra.
    Subito Makiko estrasse la sua cerbottana da sotto il giubbotto, ma tutti l'avrebbero vista come un kaiken leggermente più lungo del solito, la cui lama per giunta si sarebbe tinta gradualmente di un viola acceso.[M ST]Efficacia: 10
    Prendi questo, bastardo!
    Zanna della Serpe Assassina!

    Il nome di una presunta tecnica inventata di sana pianta sul momento fu proclamato a gran voce, mentre la donna si scagliava su Zora facendo in modo che la nukenin non potesse vedere il punto d'impatto della finta lama, possibilmente il busto.
    La donna avrebbe inoltre fatto pure lei un occhiolino al compare, quando fosse stata sicura di essere vista solo da lui, per rassicurarlo sulla natura inoffensiva dell'attacco. L'avrebbe lasciata fare?

    Fortunatamente, la recita non dovette durare oltre perché subito dopo la "pugnalata", Hisako, che aveva seguitato a cercare di divincolarsi inutilmente, fu trascinata dalla tigre d'inchiostro all'interno di un rotolo dell'uomo. Diventando ella stessa un disegno impresso su di esso!
    Se il giovane avesse fatto notare all'alleata che potevano finalmente gettare la maschera e parlare liberamente, lei avrebbe tirato un sospiro di sollievo.
    Meno male, va. Grazie dell'aiuto, Zora.
    Ammesso che sia il tuo vero nome ahahah!

    L'atmosfera sembrava essersi distesa di colpo, e anche la donna sembrava un po' più amichevole di quanto apparisse.
    Ti hanno mandato da Oto? Non mi hanno neanche avvisato, quei dannati.
    Poi riguardo la preda.
    Oddio, cosa le hai fatto?
    Fissò la pergamena dubbiosa.
    Penso che verso la fine abbia abboccato, ma ora devi spiegarmi come la tiro fuori da lì incrociò le braccia mentre sorrideva complice al compagno.





    Edited by Munisai - 14/12/2018, 12:57
  3. .

    Ambush


    Acciaio di Contrabbando • Capitolo II

    Il caposquadra parve confermare la sostanziale incertezza dello scenario di fronte al quale si sarebbero trovati nel luogo in cui lo scambio illecito si sarebbe verificato.
    Per quanto assalire i contrabbandieri e recuperare il maltolto fosse imperativo, il Jonin aveva ogni intenzione di preservare le proprie risorse, ovvero i membri del suo team, piuttosto che sfruttarle in maniera irresponsabile. A tal fine, egli stesso avrebbe effettuato il primo ingaggio contro il nemico per tastare il polso della situazione. Essendo di gran lunga l'elemento più forte ed esperto del gruppo, non avrebbe avuto problemi a battere in ritirata qualora la situazione si fosse rivelata più pericolosa del previsto, e senza mettere troppo a rischio i giovani sottoposti.

    Per quel poco che aveva avuto modo di conoscerlo, Tenma a Munisai andava piuttosto a genio.
    Era uno molto pacato, placido, a tratti persino apatico si potrebbe dire. Il suo viso non tradiva mai grosse emozioni, e anzi un'espressione tra l'annoiato e il torvo dominava spesso e volentieri i suoi lineamenti.
    Eppure, al rosso, l'uomo dava la sensazione di essere non solo uno shinobi capace e navigato, ma anche una gran brava persona, come se ne vedevano poche in giro, specialmente dalle parti di Oto. Un individuo sempre disponibile e pronto ad aiutare il prossimo, che si preoccupava dei propri compagni anche di più della missione stessa.
    Certo, magari le sue sensazioni erano infondate, ma tutto sommato al ragazzo non dispiaceva che, tanto per cambiare, avrebbe potuto apprendere qualcosa di importante da qualcuno che non fosse un mezzo pazzoide.

    Poi c'erano i suoi due colleghi, che non avrebbero potuto apparire più diversi tra loro.
    Tamao e Yato. Quest'ultimo era quello che incuriosiva più Munisai, se non altro perché, a differenza del primo, era tutt'altro che un libro aperto. Pareva un tipo molto riflessivo e dai modi misurati, anche se ciò non sembrava compromettere il suo senso pratico. Dai suoi occhi glaciali filtrava ben poco di quello che si muoveva in lui, davvero difficile ipotizzare cosa gli passasse per la testa.
    Ma quella del rosso restava comunque una curiosità molto blanda, quindi non diede peso all'espressione assorta del Genin della Foglia e non si intromise quando lo Shimasu lo apostrofò.

    Mentre la cricca si affrettava a concludere il pasto così da potersi mettere in cammino, il caposquadra annunciò al futuro discepolo che, una volta portato a termine l'incarico, lo avrebbe istruito sui fondamenti dell'arte che il giovane così ardentemente voleva apprendere.
    Ottimo ribatté lui con un mezzo sorriso, mentre si voltava a guardare il superiore.
    Sono ansioso di cominciare.

    [ ... ]


    Il sole era ormai scomparso oltre l'orizzonte quando cominciò ad esserci un po' di movimento presso la base dei contrabbandieri.
    Un carro carico di tubi e intelaiature metalliche di ogni foggia e dimensione arrivò di fronte alla baracca scortato da tre uomini. Più gli altri due che erano rimasti di guardia tutto il tempo fuori dalla casupola in lamiera e i quattro energumeni, tra cui il capobanda, che uscirono dalla stessa all'arrivo della tanto agognata merce, si arrivava a nove elementi. Un numero superiore a quanto prospettato, ma non era detto che tutti fossero avversari temibili, come avrebbe poi rivelato Tenma.

    Il team di Accademici era appostato ormai da un bel pezzo tra i rami di un grosso albero a sorvegliare la situazione, ben lontano da occhi indiscreti, pronto a colpire al momento opportuno. E il momento era finalmente arrivato.
    Anche se in netta inferiorità numerica, il gruppo di shinobi avrebbe potuto contare sul fattore sorpresa, su una preparazione bellica, con ogni probabilità, complessivamente migliore, e su un Jonin d'esperienza ad aprire e condurre le danze. Tutto sommato, date le circostanze, un assalto in forze, tempestivo e inaspettato, avrebbe dovuto dare i migliori frutti. Temporeggiare troppo avrebbe potuto dilapidare il loro vantaggio strategico, e in un batter d'occhio quello che doveva essere un agguato si sarebbe potuto trasformare in un assedio del tutto deleterio e non necessario.
    Il caposquadra valutò per qualche secondo i pro e i contro di ogni opzione possibile, nel più rispettoso silenzio dei suoi sottoposti, ma alla fine evidentemente giunse alle stesse conclusioni di Munisai, ritenendo opportuno colpire immediatamente.

    Io attacco il capo, pronti?
    Il rosso annuì con decisione mentre un ghigno gli curvava le labbra.
    Mentre portava la mano destra in una sacca recuperando tre kunai, osservò Kenzo dare inizio alla festa piombando sul boss, tuttavia il loro duello si spostò rapidamente all'interno del fabbricato e quindi al riparo da occhi indiscreti.
    Anche lo Shimasu e il Senju partirono alla carica, pur mantenendo una certa distanza dai bersagli.
    Il primo cominciò a suonare il suo flauto andando a evocare una creatura mostruosa di forma umanoide, senz'altro di natura illusoria, che andò ad assalire le due guardie. Il secondo attaccò con delle armi da lancio la scorta del carro. Carro che, di colpo, aveva preso fuoco assieme al suo contenuto, creando ulteriore tumulto. Munisai sospettava che anche quel prodigio fosse frutto di un Genjutsu e se solo avesse avuto modo di osservare i sigilli composti da Yato, lo avrebbe persino riconosciuto come uno di quelli appartenenti al proprio arsenale.

    Mancava solo lui all'appello e, dato che i suoi compagni si stavano prodigando in una offensiva dalla distanza, reputò una buona idea che qualcuno si gettasse direttamente nel cuore del conflitto attirando su di sé l'attenzione e prendendo di mira gli obiettivi forse più impegnativi.
    Il rosso avrebbe ricoperto quel ruolo. Sarebbe stato l'avanguardia, e si augurava che i suoi lo coprissero come si deve. In un istante la sua sagoma si fece eterea, il suo corpo si mimetizzò con l'ambiente circostante diventando quasi invisibile.[ST1]
    I suoi bersagli sarebbero stati i tre che erano usciti dalla catapecchia assieme al capobanda.
    C'era il biondino che era quello a lui più prossimo, poi alla sua sinistra l'unica donna della combriccola e ancora a sinistra un altro uomo, solo qualche metro a separarli.

    Il giovane balzò rapido giù dall'albero cominciando a correre diretto verso il biondo. C'erano oltre quindici metri a separarli, ma lui non avrebbe arrestato la sua corsa fino a quando non lo avesse raggiunto.[MOVIMENTO]Movimento Gratuito + Slot Azione 1 (12m)
    Vel: 300

    I tre probabilmente si sarebbero accorti di lui con notevole ritardo, e non solo perché erano stati colti di sorpresa dall'agguato, ma soprattutto perché Munisai, tra l'Occultamento e il Fuuton del Jonin che lo rendeva più difficile da percepire, non era affatto facile da notare, nonostante con le ampie falcate non si stesse affatto preoccupando di risultare silenzioso.
    Meno nove metri all'ingaggio e l'effetto dell'Arte del Vento si dissolse.
    Meno sette metri all'ingaggio e il rosso scagliò con la destrorsa i tre kunai precedentemente estratti, contestualmente perdendo il proprio Occultamento e palesandosi agli occhi dei nemici. Le armi erano indirizzate all'uomo più distante, alla sua estrema destra, e avrebbero cercato di colpirlo nell'area del petto e della gola.[SA2]Impasto: Bassissimo
    For: 325 Pot: 8 (x3)

    Senza fermarsi, avrebbe fatto scivolare la mano destra, ormai libera, dietro di lui estraendo il fuuma kunai. Contemporaneamente la mano sinistra avrebbe fatto capolino attraversando e superando orizzontalmente il torace con uno movimento secco, come una palmata a dita unite rivolta, seppur da lontano, alla donna.
    In un attimo un poderoso spostamento d'aria compressa sarebbe partito da quella mano, cercando di investire la ragazza in pieno, e forse non solo lei. L'ampiezza e la gittata della tecnica erano infatti consistenti e, considerando distanza e angolazione, c'erano ottime probabilità che anche il tizio che il rosso aveva precedentemente provato ad infilzare con i kunai sarebbe rimasto coinvolto, almeno in parte, dall'onda d'urto.[ST2]

    Ma a prescindere dall'esito di ogni attacco, a quel punto il giovane si sarebbe trovato faccia a faccia con il biondino.
    Appena guadagnata la mischia, avrebbe fatto partire un colpo di palmo diretto al setto nasale, portato con la stessa mano che aveva appena scaturito l'impeto del suo Ninjutsu, e con un movimento del tutto simile.
    Munisai avrebbe ripetuto la tecnica devastando il malcapitato con una batosta a bruciapelo?
    O si trattava di una semplice palmata, comunque insidiosa data la regione anatomica che sarebbe andata a colpire?
    Nessuna delle due. La mancina si sarebbe arrestata a pochi millimetri dal grugno dell'avversario, disorientando, si sperava, con la sua natura ingannevole ma coprendo in parte anche la visuale dell'avversario, data la vicinanza irrisoria tra gli occhi e la mano.
    Neanche il tempo di ritrarre quest'ultima che la destra, fuuma kunai in pugno, sarebbe scattata come una molla cercando di infilzare e trafiggere il collo tre o quattro dita sopra al manubrio dello sterno, stando anche attento ad assecondare eventuali movimenti scaturiti da una possibile difesa dalla finta precedente. Qualora il collo non fosse stato facile da colpire, avrebbe mirato a trapassare la testa.[SA3]Impasto: 1/2 Basso
    Vel: 350 /For: 300 /Pot: 25

    Il rosso voleva chiudere quella pratica in fretta. Non aveva intenzione di andarci poi troppo piano.





    Chakra: 25,25/30
    Vitalità: 12/12
    En. Vitale: 30/30
    Statistiche Primarie
    Forza: 300
    Velocità:  300
    Resistenza: 300
    Riflessi: 300
    Statistiche Secondarie
    Concentrazione: 300
    Agilità: 300
    Intuito: 300
    Precisione: 300
    Slot Difesa
    1: ///
    2: ///
    3: ///
    Slot Azione
    1: Movimento
    2: Lancio armi
    3: Affondo
    Slot Tecnica
    1: Tecnica dell'Occultamento
    2: Onda Tagliente
    Equipaggiamento
    • Fuuma Kunai × 1
    • Kunai × 1/4
    • Coltelli da Lancio × 3
    • Cartabomba I Distruttiva × 1
    • Tonico di Recupero Minore × 1
    • Tonico di Ripristino Minore × 1
    • Occhiali × 1
    • Cotta di Maglia Inferiore × 1
    • Gambali in Cuoio × 1
    • Filo in Acciaio [10m] × 1
    • Corda di Canapa [10m] × 1
    • Rotolo da Richiamo × 1

    Note
    ///


  4. .

    Il Fantasma della Nostromo


    La Fonte della Vita Eterna • Capitolo I

    Ben pochi si sarebbero aspettati una richiesta d'aiuto così plateale da parte di quella stessa organizzazione che aveva dato non poche gatte da pelare all'Accademia.
    Hayate era un gruppo variegato di individui spinti da un unico obiettivo: ottenere l'immortalità. Le azioni che avevano perpetrato per realizzare questo sogno li aveva portati inevitabilmente ad inimicarsi le forze più disparate, inclusi i quattro Paesi alleati, con cui erano entrati in contrasto in diverse occasioni. Tuttavia c'era qualcosa, una minaccia talmente grande e spaventosa da riuscire, di quando in quando, a spingere uomini e ideologie così distanti a collaborare, a mettere da parte i dissapori per un bene più grande. La vicenda di Tsuya con il Gashadokuro era un esempio lampante di quel genere di momentanea quanto precaria collaborazione, che tuttavia aveva portato i suoi frutti.
    A quanto pare la storia era pronta a ripetersi.

    La missiva di Hayate era giunta a Oto e subito uno dei ninja più in vista del Villaggio, Kato Yotsuki, aveva raccolto l'invito unendosi ad un ben più nutrito contingente composto da shinobi provenienti dalla Sabbia e dalla Foglia.
    C'è da dire che, nonostante si trattasse di un Chunin, dislocare un singolo elemento non sarebbe stato esattamente motivo di orgoglio per il Suono. I piani alti probabilmente non avrebbero voluto né che gli otesi ricevessero il biasimo degli alleati per uno scarso interesse e partecipazione alla spedizione, in caso si fosse rivelata fallimentare, né che venissero messi in secondo piano per un esiguo apporto alla stessa, in caso di successo.
    Fu così che, in un periodo piuttosto caotico in cui il Villaggio subiva profonde trasformazioni e un po' tutti erano impegnati in nuove mansioni e missioni, l'Amministrazione si ritrovava a designare come suo secondo ambasciatore presso l'Abete, o come i più avrebbero potuto pensare come agnello sacrificale, una giovane leva tutt'altro che esperta ma molto intraprendente. Munisai Kanashige fu convocato nel palazzo amministrativo, dove fu messo a conoscenza della lettera ricevuta da Hayate, gli fu e fu ragguagliato alla bell'e meglio sulle poche informazioni di interesse a disposizione.
    Prima di congedarlo con i migliori auguri, i funzionari gli raccomandarono la massima circospezione, poiché si sarebbe avventurato da solo in un territorio praticamente inesplorato e dove, di fatto, sarebbe stato bene non fidarsi troppo dei sedicenti alleati che avevano imbastito quella convocazione ad ampio raggio.

    In realtà il rosso non aveva bisogno di simili raccomandazioni. Sapeva fin troppo bene che stava andando a infognarsi in una situazione decisamente ingarbugliata dove il rischio di lasciarci le penne era parecchio elevato. Se anche non si fosse trattato di una trappola, possibilità da non scartare, si sarebbe comunque ritrovato nel bel mezzo di un conflitto tra fazioni ben più grandi di lui, dove voltafaccia, tradimenti e fregature assortite non potevano che essere dietro l'angolo. Tuttavia il ragazzo era anche molto intrigato da tutta quella vicenda e dall'aura quasi mitica che circondava le famigerate e al contempo misteriose Armi di Iwa.
    Gli sarebbe piaciuto scoprire qualcosa in più su quelle entità leggendarie dal potere sconfinato, che pure si diceva fossero state create dall'uomo in tempi antichi. Ma, cosa più importante di tutte, era necessario assicurarsi che un'arma del genere non finisse nelle mani sbagliate, ed era sicuramente questa priorità ad aver spinto l'Accademia a mobilitarsi.
    Ora toccava anche all'otese fare la sua parte.

    Sapeva che non avrebbe mai fatto in tempo a raggiungere il compaesano, che, aveva scoperto, sarebbe salpato dalla costa a est del Paese del Vento insieme ad un nutrito gruppo di accademici. Ormai era andata, ma con un po' di fortuna, se i suoi calcoli erano esatti, sarebbe comunque giunto a destinazione con poche ore di ritardo.
    Iniziò raggiungendo la costa orientale del Fuoco. Partendo da uno dei suoi porti avrebbe nettamente ridotto la durata del viaggio rispetto a chi aveva preso il mare dalla Baia di Hanguri. Ora non restava che trovare un'imbarcazione che levasse l'ancora quanto prima e che percorresse la rotta giusta.
    L'ubicazione dell'isola e forse la sua stessa esistenza erano qualcosa di cui non tutti erano a conoscenza, anzi, ma ipotizzando che essa non fosse un'autarchia economicamente autosufficiente, capace di coltivare, allevare e produrre ogni genere di bene necessario alla sussistenza, dovevano essere coinvolti in una qualche attività commerciale.
    Probabilmente importavano alcune merci dal continente o dalla vicina Kiri, ma Munisai si tolse subito quell'idea dalla testa. Viaggiare su un mezzo del genere sarebbe stato l'ideale, poiché di certo avrebbe passato ogni controllo agevolmente, ma il ragazzo sapeva bene che quelli dell'Abete si sarebbero serviti solo di canali segreti, sicuri e supercontrollati, magari anche con le capacità di un sensitivo. Intrufolarsi sarebbe stato arduo e c'erano ottime probabilità di essere comunque sgamati, oltretutto non aveva idea di dove scovare la giusta imbarcazione e se i suoi tempi gli sarebbero stati favorevoli.
    No, troppo complicato, e lui non aveva tempo da perdere.

    Raggiunto il porto dunque fece subito mente locale. Usando la giusta discrezione, prese informazioni su quali velieri erano più prossimi a mollare gli ormeggi e quali fossero le loro mete.
    Il rosso fu abbastanza fortunato nel trovare ciò che faceva al caso suo. Un mercantile diretto al Paese del Miele che sarebbe passato tremendamente vicino al punto segnato con una grossa X sulla mappa fornitagli dai fanatici dell'immortalità.
    E sarebbe partito in meno di un'ora. C'era tutto il tempo per mettere in atto ogni preparativo.
    La cosa facile da fare sarebbe stata rivolgersi al capitano chiedendo un passaggio e una piccola deviazione, facendo appello così alla sua generosità, ma il giovane aveva altro in mente. Egli sarebbe stato un fantasma su quella nave. Se le cose fossero andate secondo i suoi piani, nessuno avrebbe mai saputo che ci aveva anche solo messo piede.

    Si appartò dove era sicuro che nessuno potesse vederlo, per poi procedere a cambiare sembianze. Prese l'aspetto di un uomo sotto i trenta dai capelli scuri, di bella presenza e media statura. L'equipaggiamento restava a portata di mano sotto le vesti, mentre il coprifronte era tenuto ben nascosto alla vista.
    A quel punto divenne praticamente invisibile all'occhio nudo, solo allora dirigendosi verso la banchina con un ghigno sulla faccia ed una cartabomba nella mano, appositamente portata in più rispetto al suo solito arsenale
    Però nessuno avrebbe avuto modo di scorgere alcunché, a causa dell'occultamento.[X]

    [ ... ]


    Il mercantile era ormai salpato da parecchio.
    Nella sua nuova condizione di uomo invisibile salire a bordo senza farsi notare era stato un gioco da ragazzi, e lui era stato molto cauto passando la maggior parte del tempo defilato da tutti. Si era preso la libertà di gironzolare un po' solo per capire sommariamente le dinamiche della ciurma e chi ricoprisse quale ruolo, e solo quando ciò non comportava alcun rischio.
    Ma soprattutto aveva tenuto sotto controllo l'andamento del viaggio, confrontando la sua cartina con quella che si trovava a bordo e accertandosi di sapere in ogni momento in quale punto della rotta si trovassero. Fortunatamente il ragazzo aveva avuto diverse esperienze in mare in passato, lavorando anche come marinaio su un veliero non molto diverso da quello per un certo periodo. Quello era un ambiente dove si trovava abbastanza a suo agio, per quanto non fosse quello a lui più congeniale.
    Non ebbe dunque eccessive difficoltà a individuare il punto in cui fare la sua mossa successiva.

    Era ormai notte, il cielo era coperto, a malapena si vedeva qualche stella attraverso le soffici e plumbee nubi.
    Il rosso teneva d'occhio il navigatore, il quale, mentre avvicinava la mappa alla luce di una lanterna, mise la mano in tasca, un gesto che aveva già fatto un numero infinito di volte. Munisai sapeva cosa significava e compose alcuni sigilli, premurandosi di restare a debita distanza e in una zona d'ombra, invisibile a chiunque e pronto a riattivare l'Occultamento laddove esso fosse decaduto.
    All'apparenza non accadde nulla, ma quando l'ufficiale tirò fuori una bussola e la studiò per orientarsi, questa non avrebbe puntato al nord magnetico come avrebbe dovuto. Avrebbe invece puntato dove al giovane faceva più comodo, ed infatti il marinaio ordinò una leggera virata nella giusta direzione.
    O meglio, nella direzione sbagliata per il mercantile, ma questo non c'era modo di saperlo.[X]

    Non passò molto e il veliero entrò in una densa foschia. Più avanti ancora, una moltitudine di scogli e iceberg sembravano delimitare una via di passaggio ben precisa dalla quale era praticamente impossibile deviare o sottrarsi.
    A quel punto fu chiaro a tutti che stavano andando nella direzione sbagliata.
    Il capitano ordinò di invertire la rotta ma, in quel preciso momento, si sentì uno scossone, neanche troppo forte in realtà, provenire dalla parte bassa e posteriore dello scafo. Come se qualcosa lo avesse urtato con decisione, magari un grosso pezzo di ghiaccio distaccatosi da uno degli iceberg. Ma in realtà non si era trattato di una collisione, bensì di una esplosione.
    Ancor prima della partenza, il rosso aveva piazzato una cartabomba in corrispondenza del punto più fragile dell'organo di governo dell'imbarcazione, ovvero la cerniera che teneva il timone attaccato alla poppa. In parole povere, girare la ruota del timone non avrebbe prodotto risultati, perché il timone vero e proprio, cioè la parte della nave simile a una pala che sott'acqua permetteva di dirigere la nave, era appena stato fatto detonare.
    Munisai era stato ben accorto ad azionare l'esplosivo mentre era nascosto nella stiva, lontano da tutti e dove avrebbe potuto attivare ancora una volta l'Occultamento subito dopo il misfatto.
    Ora che anche la seconda mossa era stata fatta, non restava che mettersi comodi e osservare con pace zen la ciurma che andava nel panico. L'otese contava sul fatto che il capitano e il suo equipaggio sapesse il fatto suo, e quindi sapesse che, in una situazione d'emergenza come quella dove il timone era fuori uso, potevano usare le cime che penzolavano dagli alberi per governare la nave agendo direttamente sulla velatura. Non era il massimo, ma sarebbe stato abbastanza per evitare di sfracellarsi contro qualche scoglio pur rendendo improponibile una manovra complessa e ampia quale una inversione completa.

    I marinai non delusero le aspettative e, dopo essersi addentrati ulteriormente in una coltre di nebbia sempre più densa e umida, che Munisai percepì chiaramente permeargli i polmoni e le carni, alla fine la bagnarola toccò terra, con sommo sollievo di tutti quelli che trasportava. Un attracco sicuramente non bellissimo, potremmo anche dire tumultuoso, ma non si poteva pretendere di più. Era chiaro che gli uomini non avessero idea di dove diamine fossero finiti, ma erano fin troppo grati di essere ancora tutti interi, loro e la nave, per lamentarsi.
    Una piccola delegazione composta dal capitano e da due sottufficiali sarebbe scesa a terra, se le guardie glielo avessero concesso, per andare a conferire con le stesse.
    Il più alto in grado avrebbe preso la parola.
    Mi duole molto, è chiaro che qui i visitatori non siano i benvenuti. A dire il vero non so neanche dove ci troviamo, AHR AHR AHR!
    Sono il Capitano di questa nave mercantile, la Nostromo
    disse, puntando con un pollice alle sue spalle verso il veliero.
    Kaien Umikaze si presentò con un inchino un po' rozzo.
    Siamo diretti al Paese del Miele per consegnare la nostra merce, ma evidentemente siamo usciti dalla nostra rotta prestabilita e abbiamo avuto delle rogne con il timone, quindi non abbiamo potuto tornare indietro.
    Dato che è già notte fonda, vi sarei estremamente grato se permetteste ai miei uomini di trascorrere la notte qui, o anche sulla nave, ma dandoci il permesso di gettare l'ancora sulle vostre coste. Domattina cercheremo di riparare il timone e toglierci di torno quanto prima.
    Se effettuiamo la consegna con eccessivo ritardo non veniamo pagati, sapete?


    La gran cosa di quel piano era che gli uomini di mare erano completamente in buona fede e avrebbero raccontato la pura e semplice verità. Se anche quelli della Tregua si fossero dimostrati diffidenti e avessero deciso di scavare nelle loro teste con qualche tecnica, non avrebbero trovato che conferme alle parole dei marinai. E nessuna traccia di un certo passeggero di nostra conoscenza.
    Passeggero che, nel bel mezzo della conversazione, si sarebbe calato giù legando una corda, anch'essa invisibile come lui, alla battagliola, usando un nodo particolare che gli avrebbe permesso di recuperare la fune con un secco strattone una volta toccata terra.
    A quel punto, mentre le guardie erano presumibilmente alle prese con Kaien e i suoi, sfruttando il favore delle tenebre, della nebbia e l'Occultamento di cui godeva, Munisai avrebbe cercato di allontanarsi dalla scena muovendosi nella maniera più silenziosa possibile e aggirando di parecchi metri il gruppo di persone presenti.
    Se nessuno lo avesse notato o fermato, avrebbe così proseguito addentrandosi nell'isola, sperando che qualche sensitivo del cazzo non vanificasse tutto il duro lavoro fatto fino a quel momento.

    Quello in cui era sbarcato era il porto settentrionale, questo lo sapeva, ma le sue conoscenze geografiche del luogo terminavano lì. Avrebbe dovuto affidarsi all'intuito, e alla fortuna.
    Pur essendo auspicabile prendere contatto con gli Accademici e magari unirsi a un qualche gruppo, per il momento il rosso voleva solo un attimo orientarsi e capire com'era fatto quel posto, cercare di evitare incontri indesiderati e possibilmente trovare qualche indizio che lo avvicinasse all'oggetto delle comuni ricerche. Non avrebbe imboccato il sentiero principale, quello che conduceva direttamente al Paese. Si sarebbe spostato invece tra i prati ricchi di rugiada, proseguendo verso sud costeggiando la montagna a nord-est dell'isola.
    Avrebbe raggiunto un punto dove, se avesse fatto una deviazione a sinistra, avrebbe incontrato delle antiche rovine. Se avesse fatto una deviazione a destra, invece, si sarebbe addentrato in una foresta dove avrebbe trovato, continuando fino a discendere l'altopiano, un'abitazione immersa nel verde.
    Toccava prendere una decisione, o forse si sarebbe imbattuto ancor prima in qualcuno che lo avrebbe tolto dall'imbarazzo della scelta?



    Ipotetico spostamento di Munisai



    Chakra: 28/30
    Vitalità: 12/12
    En. Vitale: 30/30
    Statistiche Primarie
    Forza: 300
    Velocità: 300
    Resistenza: 300
    Riflessi: 300
    Statistiche Secondarie
    Concentrazione: 300
    Agilità: 300
    Intuito: 300
    Precisione: 300
    Slot Difesa
    1: ///
    2: ///
    3: ///
    Slot Azione
    1: ///
    2: ///
    3: ///
    Slot Tecnica
    1: ///
    2: ///
    Equipaggiamento
    • Fuuma Kunai × 1
    • Kunai × 4
    • Coltelli da Lancio × 3
    • Cartabomba I Distruttiva × 1
    • Tonico di Recupero Minore × 1
    • Tonico di Ripristino Minore × 1
    • Occhiali × 1
    • Cotta di Maglia Inferiore × 1
    • Gambali in Cuoio × 1
    • Filo in Acciaio [10m] × 1
    • Corda di Canapa [10m] × 1
    • Rotolo da Richiamo × 1

    Note
    Trasformazione e Occultamento restano Attive


  5. .

    Infiltrazione


    Kiri • Capitolo II

    Makiko quasi sobbalzò quando udì la voce dello sconosciuto echeggiare nel fabbricato abbandonato.
    Si voltò di scatto scrutando ad occhi sgranati quel tipo che si stava rivolgendo direttamente a lei. Un tizio mai visto prima, peraltro. La sua espressione sorpresa fu del tutto genuina, non ebbe bisogno di fare appello alle sue doti di attrice.
    Chi diavolo era quel tizio? Possibile che Oto o l'Accademia le avessero assegnato qualcuno in supporto alla sua missione senza neanche dirglielo?
    Dannati burocrati. Se si trattava dell'operato del Suono non sarebbe stata neanche troppo inverosimile come eventualità, a dire il vero. La sua Amministrazione aveva sempre avuto la reputazione di fare casini, specialmente ai tempi della reggenza di Febh Yakushi, anche se nella metà dei casi veniva poi fuori che non si era trattato di un disguido quanto piuttosto di puro sadismo.
    Fatto sta che la kunoichi ormai era in ballo e doveva continuare a ballare, sperando ardentemente che il ragazzo dai capelli verdi stesse per davvero dalla sua parte. Avrebbe dovuto modificare in volata il suo piano iniziale e adattarsi quanto meglio poteva al nuovo contesto, approfittando dell'aiuto di qualcuno che, si sperava, le avrebbe retto il gioco.
    Non mi aspettavo di vederti qui, non mi aspettavo di vederti affatto.
    Tu! avrebbe esclamato lei, dando l'impressione che i due si conoscessero.
    Non sapeva come si chiamasse l'uomo, quindi doveva tenersi sul vago per il momento.
    Dopo quello che hai combinato al suono pensavo ti avrebbero fatto la pelle, vedo che ci sono andati vicini comunque...
    C-come hai fatto a trovarmi? Mi hai seguito? domandò, arretrando di un passo.
    Gli è andata fin troppo bene, a quegli infami! Quando le cose si sono messe male, mi hanno abbandonata in territorio nemico e se la sono filata.
    Durante la mia prima missione! Sono viva per miracolo, cazzo!!

    La sua voce si spezzò appena. La ragazza ci sapeva fare, poco da dire.
    Sì, ho piazzato dell'esplosivo nell'edificio amministrativo, volevo farla pagare a quegli sporchi Accademici che si riempiono tanto la bocca di belle parole salvo poi trattare i loro soldati peggio della feccia, come se la loro vita contasse meno di zero.

    Nel frattempo Hisako restava silenziosa, con espressione accigliata. Sicuramente non era contenta del fatto che, d'un tratto, quello che doveva essere un nascondiglio sicuro e segreto si fosse fatto così affollato, e non cercava certo di nasconderlo. Tuttavia, il suo viso si illuminò in maniera evidente quando il bellimbusto si presentò e le porse con fare galante un fiore molto particolare. Era stato dipinto a mezz'aria con un pennello e l'inchiostro si era subito solidificato rendendo il disegno tridimensionale.
    La Nukenin prese il dono tra le mani con aria affascinata, guardandolo da ogni angolazione, come a volerne studiare le caratteristiche.
    Tecnica interessante, Zora. Te la invidio, sai?
    Inoltre hai una bella pennellata. Fluida, pulita. E' sempre un piacere confrontarsi con un collega artista.

    Inaspettatamente gettò, un po' a malincuore c'è da dire, il fiore a terra abbastanza lontano da lei. Si trattava pur sempre di uno sconosciuto, e chissà quale diavoleria si sarebbe potuta celare anche dietro qualcosa di apparentemente inoffensivo come un fiore d'inchiostro.
    Poi il suo tono cambiò, facendosi freddo e sprezzante.
    Non posso dire di avere altrettanta stima per qualcuno che non sta né con l'Accademia né con chi le è avversa, come noialtri, se non per un temporaneo guadagno personale.
    Quelli come te che rifiutano di schierarsi li disprezzo ancora di più di quei topi di fogna accademici.


    Ad ogni modo, devo chiedervi di sloggiare. A tutti e due.
    Se avete dei conti in sospeso andateli a regolare da qualche altra parte.

    No! fece l'altra, scuotendo ripetutamente la testa quasi implorante.
    Non voglio tornare sui miei passi, ho chiuso con quei maledetti! Ho giurato di fargliela pagare, e lo farò a modo mio.
    Ti prego, lascia che mi unisca al vostro gruppo!

    Poi si sarebbe voltata verso Zora, guardandolo con astio mentre si metteva in guardia come se si aspettasse di essere attaccata da un momento all'altro.
    Oto ti ha mandato per finire ciò che aveva iniziato, vero? Sei qui per uccidermi?
    Si dispose dunque accanto a Hisako, come se fosse una sua amica e alleata.
    O forse sei a caccia di taglie?

    La situazione era parecchio confusa e il fatto che il ragazzo e l'otese non fossero stati in grado di concordare una strategia insieme era un bel problema. Ma l'obiettivo di Makiko restava quello di guadagnarsi la fiducia della Nukenin per riuscire a penetrare nella sua organizzazione, e se il pittore doveva essere messo in una situazione spinosa, se non pericolosa, a tal fine...beh pazienza. A meno che il tipo non avesse un piano tutto suo per coadiuvare l'infiltrazione della recluta, un asso nella manica.
    In tal caso era forse giunto il momento di giocarlo.



  6. .

    The Masquerade


    La Più Grande delle Minacce • Capitolo VII

    Dalla folla circostante si palesò una nuova figura, qualcuno che Munisai non aveva mai visto né allo Psycho Circus né altrove a Oto. Un tale dall'abbigliamento strambo e dai passi di danza letali, e non in senso buono. Costui e il rosso avrebbero potuto fare a gara a chi fosse vestito in maniera più pacchiana e a chi ballasse nella maniera più discutibile, e se nel primo confronto probabilmente il padrone di casa avrebbe vinto con un buon margine, nel secondo lo sconosciuto avrebbe completamente annientato il suo competitor.
    Molti avrebbero potuto avere da ridire sulle capacità danzerecce di Munisai, tuttavia Mahoashi apparteneva a tutt'altra categoria. Il solo fatto che si fosse presentato come un ballerino professionista sarebbe stato sufficiente a far crollare la credibilità di tutta la messinscena, dato che di "magico" i suoi movimenti avevano solo la capacità di provocare la più straziante sofferenza psicofisica in chiunque avesse la sventura di osservarli.
    Ma il ragazzone era troppo scosso e confuso per cogliere l'indizio, quindi si limitò ad ascoltare perplesso mentre il tizio dagli occhiali finti dichiarava che lui e i suoi sottoposti, gli autori dell'aggressione, erano stati assoldati nientemeno che dal signor Kanashige per farlo fuori. L'accusa era aver ucciso e preso il posto del vero figlio del magnate, rubandone dunque l'identità.
    Quelle informazioni ci impiegarono un tempo fin troppo lungo ad essere assorbite dal ragazzo, come se il suo interlocutore avesse parlato una lingua incomprensibile.
    Ma di che cazzo stai parlando?
    Ma il giovane non aveva tutto questo tempo per vagliare quelle assurde parole, perché nel frattempo il manipolo di sgherri imbacuccati era stato incitato a riprendere l'attacco, e a finire ciò che aveva iniziato.
    Ne erano rimasti in nove dopo l'attacco del rosso, il solo che fosse riuscito a portare e che gli aveva anche permesso di impadronirsi di un coltello, che ora stringeva saldamente nella mano sinistra.

    Due degli energumeni subito guadagnarono la mischia, avanzando fianco a fianco, per poi procedere con un affondo di lama ognuno a una coscia della vittima.
    Il ragazzo non fu abbastanza reattivo, anche e forse soprattutto a causa delle presunte rivelazioni snocciolate con tono di scherno dal capobanda. Fortunatamente un corpo allenato alla battaglia riesce a reagire anche quando la concentrazione non è al massimo, ma era fin troppo irrealistico sperare che ciò da solo sarebbe bastato in una situazione che si faceva sempre più disperata.
    La gamba sinistra scattò all'indietro mentre il busto compiva una torsione in senso antiorario, ritrovandosi così a dare il fianco destro ai nemici. Ciò gli permise di schivare la pugnalata al quadricipite sinistro.[SD1]Impasto: Bassissimo
    Rif: 225

    L'altra, invece, andò pienamente a segno.
    Alle spalle dei due subito comparve una terza persona che portò un fendete orizzontale all'altezza del petto, che fu bloccato abbastanza agevolmente andato a fermare il braccio armato con il taglio esterno dell'avambraccio sinistro.[SD2]Rif e Res: 200
    Nel frattempo Mahoashi si godeva lo spettacolo, continuando a rivolgere parole sprezzanti alla sua preda.

    Munisai sentiva ogni cosa, ma si sforzava di schermarsi da quelle aggressioni verbali che si sarebbero potute rivelare nocive quanto il più insidioso degli attacchi, in quel frangente dove distrarsi e commettere un passo falso implicava morte istantanea.
    Al momento non poteva permettersi di registrare a livello emotivo nulla che fosse alieno alla battaglia in corso. Anche quello faceva parte del suo istinto di sopravvivenza, probabilmente.
    Doversi focalizzarsi sulla situazione che aveva davanti, che poteva vedere e toccare con mano, strano a dirsi, era qualcosa di estremamente rassicurante. E non importava quanto pessima fosse la piega che avevano preso le cose, o quanto alta fosse la posta in gioco, poiché l'alternativa sarebbe stata riflettere su ciò che quel ballerino da strapazzo gli stava confessando.
    Contemplare la possibilità che nulla di ciò che credeva di sapere di sé e della propria vita fosse reale.

    Una nuova ondata di tre sicari si abbatté su di lui dalla sinistra.
    Il primo cercò di ferirlo al braccio più vicino portando un fendente con il pugnale. Il rosso riuscì ad intercettare e deviare la traiettoria dell'arma frapponendo la propria in uno scontro metallico.[SD3]Impasto: Bassissimo
    Rif: 225

    Peccato che altri due farabutti fossero pronti a capitalizzare sulla distrazione fornita dall'attacco del loro compare, lanciandosi in due affondi di coltello volti a trafiggere l'addome del ragazzo, portati in rapida successione. Istintivamente Munisai inspirò con vigore tirando la pancia all'indentro per aumentare il più possibile la distanza tra la punta dell'arma e il proprio corpo, mentre, simultaneamente, il taglio esterno dell'avambraccio destro andava ad agire sul braccio avversario, bloccandone l'avanzata.[SD4]Impasto: Bassissimo
    Rif: 225

    Il secondo scagnozzo fu abile nel seguire l'azione del predecessore e nel valutare il momento migliore per colpire prendendo la vittima in controtempo, avanzando ed incalzandolo da vicino.
    Il giovane si ritrovò così con una coltellata in pancia.
    Urgh!
    Si portò una mano all'ennesima ferita, sgranando gli occhi mentre gli avversari in mischia sgombravano lasciando campo libero ai tre compagni che si erano tenuti a distanza, i quali tirarono fuori degli spiedi.
    Merda!
    Il rosso fece del suo meglio per evitare di diventare un puntaspilli, aiutandosi ancora con il chakra per quanto possibile. Mentre i nemici scagliavano le loro armi, lui cercò di scartare a sinistra per mettersi in salvo, tuttavia i danni sostenuti erano ormai fin troppi e non gli consentivano più di agire o reagire in maniera efficace. Complice anche la gamba destra ingiuriata, il movimento non fu tempestivo come sperato e più che uno scarto laterale sembro più un tuffo disperato e maldestro.[SD5]Impasto: 1/2 Basso
    Rif: 250

    Fu così che, dopo essersi comunque beccato due spiedi nell'addome e uno nel pettorale destro, il ragazzo si schiantò rovinosamente sul pavimento della pista da ballo. E lì restò, ansimante ma immobile.

    Nessuna delle ferite che aveva sofferto poteva dirsi di grave entità. Il problema era il loro costante accumularsi su buona parte del corpo, e specialmente sul tronco. Goccia a goccia stava perdendo sempre più sangue e i dolori si facevano progressivamente più difficili da tollerare.
    Sapeva di essere messo male, vicino a ciò che era umanamente lecito pretendere dal suo fisico prima del collasso. Era facile prevedere che non sarebbe sopravvissuto ad un altro assalto del genere.
    Stava dunque per morire?
    Sentiva la stanza diventare fredda. L'unica cosa a spezzare i suoi brividi il calore del respiro che, esalando irregolare dalla bocca, rimbalzava sul pavimento sfiorandogli il viso.
    Si dice che quando la morte è prossima tutta la vita ci scorra davanti agli occhi. Tutti gli eventi, lieti o dolorosi, le conquiste, i fallimenti, in un battito di ciglia tutti i momenti salienti della nostra esistenza vengono rievocati.
    I propri preziosi ricordi. Ma il rosso non avrebbe goduto neanche di questo ultimo, piccolo conforto. Non lui, che aveva perso ogni certezza sulla propria identità e su tutto ciò che aveva dato per scontato fino a quel momento.
    Stranamente il pensiero della morte imminente, per quanto atroce e penoso, passò in secondo piano rispetto alla presa di coscienza di un terrificante stato delle cose.
    Era tutto fasullo. Il suo passato, la realtà stessa su cui poggiava ogni sua convinzione.
    Non era la persona che credeva di essere, non l'era mai stato.
    Munisai non voleva credere alle parole del ballerino, e di certo non si fidava di qualcuno che stava cercando di fargli la pelle, tuttavia era indubbio che ci fossero delle incongruenze tra i suoi ricordi e i fatti che si stavano verificando grosse come una casa.
    A partire da quelle capacità in combattimento così estranee a tutto ciò che aveva sempre saputo di sé.
    E la roba da shinobi? Vogliamo parlarne?
    Si era improvvisamente ricordato di conoscere alcune tecniche che erano palesemente prerogativa di chi aveva almeno una qualche infarinatura nelle arti ninja. Quando le aveva apprese, e come?
    Scandagliare i cassetti della memoria fu ancora una volta infruttuoso.
    In base a ciò che sapeva, nulla avrebbe dovuto essere più inverosimile. No, non Munisai Kanashige, l'arrogante e viziato figlio di un uomo che aveva barattato tempo e attenzioni verso il proprio primogenito con denaro frusciante. Non Munisai, al quale bastava uno schiocco di dita per ottenere qualsiasi cosa volesse. Mettersi a studiare il chakra e imparare a utilizzarlo sarebbe stato follia pura, un'inutile spreco di tempo. Tutto ciò portava ad un'unica conclusione possibile.
    Mahoashi, in una qualche misura, diceva il vero. Il rosso era un impostore.
    Ammetterlo a se stesso richiese un notevole sforzo, ma non vedeva alternative. Ma quindi, se lui non era Munisai Kanashige, allora chi era?
    A dar retta al suo aguzzino, un criminale specializzato nel fingersi qualcun altro prendendone il posto per convenienza, tanto meticoloso nel suo agire da assumere alla perfezione non solo le sembianze ma anche i ricordi dell'individuo che andava a rimpiazzare, sostituendoli ai propri. Era lecito però credere che qualcuno del genere avesse conoscenze ninja?
    Sì, lo era. I suoi raggiri sarebbero stati quasi impeccabili proprio grazie ad esse.
    Eppure nel suo modesto arsenale non c'era nulla di utile ad una simile causa. Non conosceva jutsu per rubare o modificare i ricordi, e la Henge, qualora fosse stata attiva, si sarebbe dovuta disattivare da un pezzo, con tutti i danni subiti. Forse il suo aspetto era frutto di un cambiamento semipermanente, come un intervento di chirurgia. Forse il Cuculo aveva qualche complice che si occupava dei ricordi. Erano tutte possibilità, ma ce n'erano delle altre.
    Se fosse stato uno shinobi? Se fosse rimasto vittima di un complesso Genjutsu e vi fosse tutt'ora intrappolato? Era possibile che tutto ciò che aveva intorno, tutto ciò che stava vivendo non fosse reale, che fosse solo nella sua testa. Come un incubo da cui non ci si può risvegliare, eterno e che non lascia scampo. Sofferenza senza una fine, mentre il corpo reale marciva chissà dove.
    Il solo pensiero provocò dei tremori di puro terrore nel ragazzo. Ragazzo, poi. Magari non era né giovane né rosso di capelli.
    Non sapeva più nulla, non si fidava più di niente. Non c'erano appigli ai quali aggrapparsi.
    Non aveva modo di distinguere la realtà dalla finzione.

    Il danzatore riprese a parlare, e la sua voce arrivava stavolta dalle sue spalle, come un'eco lontana.
    Il povero disgraziato, ancora riverso a terra, si decise finalmente ad alzarsi, con estremo sforzo e tossendo un po' di sangue. Riguadagnò la posizione eretta, per quanto piegata dal dolore e dalle ferite, ritrovandosi faccia a faccia con lo strampalato sicario. Questi lo attaccò, ben più veloce dei suoi gregari. Munisai lo osservò con sguardo spento, neanche tentando di difendersi da quel calcio che lo colpì dritto all'addome, facendogli curvare appena il busto.

    Quando gli fu offerta una scappatoia, la possibilità di fuggire lasciandosi il Suono alle spalle per mai più ritornare, i suoi occhi si spostarono pigramente verso la sua destra. Indugiò per alcuni lunghi secondi sull'uscita del locale situata oltre un neanche troppo nutrito gruppo di ospiti.
    La salvezza poteva essere a portata di mano. Certo, magari lo avrebbero pestato ancora un po', gli avrebbero tagliato via qualche pezzo, come aveva minacciato il ballerino impedito, ma poi sarebbe stato libero. E vivo.
    Perché dovrei fidarmi della tua parola? chiese con tono piatto.
    Già, perché? Perché prendersi la briga di mettere su quel casino, conciandolo quasi in fin di vita...per poi lasciarlo andare?
    In fondo lo avevano in pugno, perché rischiare le ire e la ricompensa del committente, il signor Kanashige?
    No, non lo convinceva. Per come la vedeva il rosso, quel pezzo di merda voleva solo divertirsi ad alimentare una flebile speranza nella propria preda, per poi sgretolarla senza pietà.
    Ma c'era dell'altro.
    Se anche fosse riuscito a lasciare quei luoghi, cosa ci sarebbe stato fuori dalle mura di Oto per lui?
    Si poteva davvero definire vita un'esistenza priva di ricordi, di un'identità? Senza un'origine, avrebbe vagato come uno spettro senza meta, tirando a campare in preda al dubbio e al rimpianto.
    Scegliere la strada più facile e sicura era l'unica cosa che non si sarebbe perdonato, arrivato a quel punto. Il sentiero della verità era l'unico che valeva la pena di percorre, anche se questo lo avesse condotto alla morte. D'altronde non era neanche certo di essere ancora vivo, di essere cosciente. Quello poteva essere il suo personale inferno, il suo castigo perenne. La sua malattia mentale che lo rendeva prigioniero.

    No. disse d'un tratto, come ridestandosi da un lungo letargo.
    Io non mi faccio dare ordini da un pidocchio come te.
    Una delle poche certezze che ho, come tu stesso hai ammesso, è che sono otese.
    E da qui non mi muovo.

    I suoi occhi sembravano ora lottare per trapassare la patina che li copriva. Il cuore batteva più forte. La mente, sull'orlo dello sfacelo più totale, si sforzava di restare lucida e presente. Il corpo era spezzato in molti modi, ma non voleva soccombere.
    Il giovane poteva aver perso ogni certezza sulla propria esistenza, ma non aveva perso la capacità di autodeterminarsi. Non aveva perso la propria indole battagliera e ardita, a tratti incosciente. Non aveva perso la fame che aveva dentro. Altrimenti perché continuare a sollevarsi? Perché continuare a lottare, a dispetto di tutte le avversità?
    Fanculo tutto, lui voleva delle risposte. E sapeva che avrebbe potuto trovarle solo da quelle persone in quell'edificio, non altrove. Nel cuore del Suono, non al suo esterno. E se il prezzo per ritrovare se stesso, il vero se stesso, fosse stato la morte, ebbene avrebbe accolto il suo destino con il ghigno che lo aveva sempre caratterizzato.

    Aveva solo una possibilità, un'unica carta da poter giocare che copriva una singola eventualità che avrebbe potuto spiegare ciò che gli era accaduto.
    Facciamola finita.
    Munisai, restando a poco più di un metro da Mahoashi, alzò appena la mano che brandiva ancora il coltello ma , anziché attaccare come il gesto poteva suggerire, avrebbe lasciato cadere l'arma ai propri piedi con un rumore sordo.
    Se il sicario l'avesse guardato in faccia, avrebbe visto un sorriso decisamente psicotico curvargli le labbra. La mano destra del rosso, con le dita unite come a formare una lama, avrebbe raggiuntoImmagino che un gesto autolesionista non richieda Slot Azione, ma in caso contrario ne ho uno a disposizione e lo utilizzo. senza indugio una ferita aperta presente sul suo stesso corpo, in corrispondenza del fianco sinistro. Le dita penetrarono quasi per metà nel taglio e si piegarono al suo interno, provocando un acuto e persistente dolore al giovane.
    Raaaaargh! Anf...anf...
    Non sprecò una goccia di quella sofferenza, unendo subito le mani mezze sporche di sangue in un singolo sigillo, quello della Tigre, prima di urlare con tutto il fiato che aveva in corpo.[ST1&2]Consumo: Basso + 1/2 Basso
    Efficacia Rilascio: 45 (15 Base + 30 Status Medio autoinflitto)
    Efficacia Genjutsu (Modificare i Ricordi): 40

    KAI!

    Se il Rilascio fosse andato a buon fine annullando l'arte illusoria di Eiatsu, i ricordi fasulli sarebbero spariti all'istante e la mente del rosso sarebbe stata invasa impetuosamente da tutte le esperienza vissute dal passato remoto fino a quello più recente.
    Avrebbe ricordato di come non fosse affatto figlio di un riccone e di come praticamente non avesse neanche avuto un'infanzia, figurarsi poi una vissuta nella bambagia. Avrebbe ricordato dell'orfanotrofio, della sua fuga dalla Neve, del suo errare, delle sue avventure. E di come il suo cammino l'avesse infine condotto in quel Villaggio, dove aveva scelto di mettere radici per crescere forte e robusto come l'imperturbabile quercia che dà riparo e ristoro.
    Un antico palazzo, delle sfavillanti colonne di energia, poi uno tsunami di sangue nero. Un tizio strambo con gli occhiali finti, proprio come quelli di Mahoashi, e l'incoronazione di un Kage.
    Il viaggio nelle più cupe tenebre del proprio cuore.
    E ora, eccoci qua.


    L'improvviso sovraccarico di informazioni fece girare la testa al ragazzo, il quale fu costretto a poggiare un ginocchio e una mano a terra per non stramazzare al suolo. Il suo fisico stava per capitolare e il suo nemico avrebbe potuto dargli il colpo di grazia senza alcuna fatica.
    E allora cos'era quel ghigno soddisfatto e sollevato, cos'erano quegli occhi verde acido vispi e strafottenti?
    Munisai aveva ritrovato Munisai, ecco cos'era accaduto.
    "Falso Munisai", dici. HAHAHAHA! si sarebbe messo a fatica all'impiedi.
    Io sono l'unica cosa autentica in questa baracca di merda.
    Si guardò intorno osservando tutti gli astanti, prima di tornare a scrutare il sedicente ballerino.
    Pare che io sia stato invitato ad un ballo dove tutti indossano una maschera, e che una maschera mi sia stata affibbiata a mia insaputa.
    Guardò l'uomo senza rancore, più che altro cercando di studiarne la reazione. Era troppo felice di aver sollevato il velo che offuscava la sua vista e la sua mente per farsi prendere dall'ira.
    Ma la commedia è finita. La mia faccia è ormai allo scoperto, e sono a conoscenza della falsità della vostra.
    Io sono Munisai Kanashige
    proclamò infine, grave.
    E da oggi in poi sono un abitante e shinobi di questo Villaggio. La strada che conduce ai miei desideri passa da qui, e io preferisco morire piuttosto che tradirli.
    Pertanto, come ho già detto, io da qui non mi muovo.

    Il tono di pura determinazione era solo in minima parte scalfito dalla sofferenza fisica che gli lacerava le carni. Oltretutto cominciava ad avere difficoltà anche a respirare, e quando lo faceva poteva udirsi distintamente un sibilo tutt'altro che rassicurante.
    Diede alcuni colpi di tosse, sputando poi a terra un bel po' di sangue.
    Se proprio devi accopparmi, vedi di fare alla svelta.





    Statistiche Primarie
    Forza: 200
    Velocità: 200
    Resistenza: 200
    Riflessi: 200
    Statistiche Secondarie
    Concentrazione: 200
    Agilità: 200
    Intuito: 200
    Precisione: 200
    Slot Difesa
    1: Schivata
    2: Parata
    3: Parata
    4: Parata
    5: Schivata
    Slot Azione
    1&2: Convertiti in SD
    3: ///
    Slot Tecnica
    1&2: Rilascio
    Equipaggiamento
    Coltello (Pot 10)

    Note
    Status Dolore Medio: Round 1/6


  7. .

    Infiltrazione


    Suiminami • Capitolo IV

    Junko era stata forse incauta a voltare le spalle ai due stranieri, esponendosi così ad un attacco alle spalle che l'avrebbe probabilmente colta di sorpresa, con i risultati che è facile prevedere. Fortunatamente per lei Kasai, incitando ad alta voce il compagno ad aggredire la ragazza, la avvertì subito del pericolo imminente, permettendole di voltarsi in tempo per vedere partire l'attacco dell'otese armato di wakizashi.
    Portò indietro la spalla destra con una leggera torsione del busto nella medesima direzione. Non fu abbastanza reattiva da schivare del tutto il colpo, ma riuscì comunque a limitare i danni, venendo ferita solo di striscio.[SD1]Rif: 200 [NOTA]Occhio alle ipotetiche, devi sempre coprire ogni eventualità. Puoi usare frasi come "comunque fosse andata, avrei bla bla", "a prescindere dall'esito dell'attacco, bla bla" eccetera, per andare sul sicuro. Qui parli di parare o non parare l'attacco, e se io avessi deciso di schivare del tutto il tuo colpo avrei potuto annullare il resto della tua offensiva, perché come difesa sarebbe uscita dalle ipotesi da te previste. Fai attenzione che l'avversario li sfrutta sempre questi errori.
    MALEDETTI INFAMI!!!
    Arrivò il colpo diretto di Juzo, frontale e piuttosto lineare.
    Stavolta la giovane non si fece trovare impreparata e, portando il piede sinistro all'indietro e ruotando con il busto in senso antiorario, schivò del tutto l'attacco.[SD2]Impasto: Bassissimo
    Rif: 225

    Ma non era finita lì perché ancora Juzo, in un uno-due di pugilistica memoria, sferrò subito dopo un pugno allo stomaco della donna, la quale non riuscì a difendersi in alcun modo. Fortuna che il suo corpetto attutì di molto la botta, permettendole di incassarla senza conseguenze apprezzabili. Ciò le consentì anche di non perdere di vista Kasai, il quale in quel momento si posizionava alle sue spalle pronto a mettere a segno il colpo del KO. Purtroppo non sarebbe andata come sperava.
    Junko seguì i suoi movimenti e parò col braccio sinistro l'arto superiore avversario prima che potesse calare su di lei.[SD3]Impasto: 1/2 Basso
    Rif: 250 Res: 200


    La Nukenin era incazzata come non mai.
    Non riusciva a credere che quei vermi ai quali aveva concesso il beneficio del dubbio prima, e che aveva graziato poi lasciandoli liberi di andare per la loro strada, stessero cercando di farle la festa. Nonostante questo, era anche abbastanza lucida, strano a dirsi data la quantità di birra che aveva già ingurgitato, da capire che uno scontro uno contro due sarebbe potuto finire molto male per lei.
    Era arrivato il momento di togliere le tende.

    Subito dopo la sua ultima parata, la donna sferrò un calcione ascendente con la gamba destra tentando di colpire i gioielli di famiglia di Kasai.[SA1]Impasto: Bassissimo
    Vel: 225 For: 200

    Compose poi il sigillo del Gallo, facendo alzare in un istante un polverone fittissimo tutt'attorno ai tre per un raggio di dodici metri, che sarebbe andato ad ostacolare parecchio sia la mobilità che la visibilità dei nemici.[ST1]
    Approfittando di ciò, avrebbe subito estratto un kunai per poi tentare un affondo alla gola di Juzo, rimasto anch'egli a distanza da mischia da lei.[SA2]Impasto: 1/2 Basso
    Vel: 250 Pot: 8

    Solo a quel punto, soddisfatta della piccola rivincita che si era presa, la ragazza avrebbe lasciato cadere il kunai per comporre cinque sigilli.
    Se vi...hic!..ripesco su quest'isola siete MORTI!
    E con quelle parole sarebbe sparita dalla loro vista con un *puff*, sostituita da un barilotto di birra. Se l'era svignata.[ST2][SA3]Fuga
    Anche se avevano dato tutti loro stessi, i due otesi si sarebbero sentiti probabilmente smarriti, amareggiati e, nel caso di Juzo, con una brutta ferita sanguinante al collo. Non letale, ma che sicuramente l'avrebbe messo fuori combattimento per un po'.
    Accettare la sconfitta era dura, ma a quel punto non restava che tornare a casa, meditare sugli errori commessi e imparare da essi. Con la consapevolezza che i fallimenti di oggi cementano i trionfi di domani.

    [NOTE]Il tentativo di cattura di Junko è fallito.

    JUNKO
    Vitalità: 8.8/10
    Energia Vitale: 28.8/30
    Chakra: 15.5/20




  8. .

    Appuntamento a Mai Più?


    Reclutamento Forzato • Capitolo III

    Sadako prese la lettera tra le mani e, dopo un attimo di stordimento dovuto a quell'improvviso sovraccarico di informazioni, passò rapidamente lo sguardo da Munisai a Sachi, per poi rivolgersi al primo.
    Da-Dammi due minuti balbettò, prima di schizzare su per le scale che presumibilmente portavano alla zona notte.

    Quando il giovane rivolse le sue parole alla avvenente sconosciuta, intimandole velatamente di levare le tende, lei, dopo un breve istante di esitazione, sfoggiò un caldo sorriso. Almeno a parole, accettò di buon grado di lasciare i due shinobi ai loro doveri, riproponendosi di farsi viva al più presto con il ragazzo per imbastire quel famoso appuntamento galante.
    Ci conto ribatté lui con un sorrisetto, seguendola prima con lo sguardo e poi con i passi fin fuori la porta, guardandola allontanarsi a passo svelto fino a quando non svoltò un angolo sparendo tra i vicoli di Oto.
    Chissà che diavolo voleva realmente.

    Sadako non si fece attendere troppo e, una volta pronta, raggiunse il compagno. I due celermente si misero in marcia verso il South Gate.
    Quella donna. L'avevi mai vista? domandò il rosso.
    No, mai.
    Nemmeno io, e non è certo una che passa inosservata.
    E' probabile che non sia di qui.

    Bah, cosa importa? Non ho neanche ben capito cosa volesse, sinceramente.
    Chissà ponderò Munisai, grattandosi il mento.
    Ho la sensazione che non si farà rivedere tanto presto, ma se dovesse cercarti ancora tieni su la guardia.
    Mi ha lasciato una strana sensazione.

    Lo so io che sensazione ti ha lasciato! Sono stata anche io giovane e bella, cosa credi?
    Lasciamo perdere, va.

    Ecco, brava. Lasciamo perdere che è meglio.



  9. .

    Priorità


    Reclutamento Forzato • Capitolo II

    Tettedoro poteva provare e riprovare ad irretire Munisai con i suoi artifizi da donna di mondo, tanto per usare un eufemismo, ma lui di certo non si sarebbe fatto abbindolare come un allocco. Intendiamoci, Sachi era una bellissima donna e il rosso le avrebbe volentieri dato una botta o due, ma al momento, purtroppo, c'era in piedi la pressante questioncina missione che non poteva e non voleva ignorare. Anche lui aveva una sua etica del lavoro, in fondo.
    La guardò intensamente, mentre gli si allargava sul viso un sorriso quasi serafico, ma per qualche ragione vagamente inquietante.
    Forse non mi sono spiegato cominciò, e il suo tono calmo strideva decisamente con le vibrazioni colleriche che trasmetteva la sua voce.
    Ti ho detto. Che. Devi--
    Non riuscì a completare la frase, e forse fu un bene. Sadako aprì la porta proprio in quel momento rivelandosi ai due visitatori.
    Il giovane non poté fare a meno di notare l'espressione basita che assunse la procace sconosciuta nel vedere la padrona di casa. A quanto pare non conosceva Sadako. Era evidente che non l'avesse mai vista prima e che si aspettasse qualcuno dall'aspetto ben diverso.
    Chissà perché, poi.
    Ripresasi dallo shock, la donna cominciò la sua sviolinata all'attempata kunoichi, proclamando poi di essere latrice di grandi notizie. Un'offerta di lavoro assolutamente da non perdere era pronta per lei, e gliene avrebbe parlato subito. In privato.

    Munisai aveva sentito abbastanza stronzate e cominciava di nuovo a spazientirsi.
    Spalancando del tutto la porta con una mano, avanzò deciso verso la compaesana costringendola a indietreggiare, forte della propria stazza. I due si sarebbero così ritrovati all'interno della casa. Probabilmente la straniera li avrebbe seguiti nell'atrio, ma poco importava, almeno per il momento. Il giovane l'avrebbe ignorata rivolgendosi direttamente a colei che era venuto a cercare.
    Non abbiamo tempo per queste puttanate tagliò corto il rosso.
    Dobbiamo partire per una missione, all'istante.
    Il mio compagno di squadra ha dato forfait all'ultimo minuto, e l'Amministrazione ha scelto te per sostituirlo.

    Tirò fuori dalle vesti un foglio di carta, spiegandolo e sventolandoglielo davanti. Se la kunoichi avesse voluto, avrebbe potuto prenderlo dalla mano del Genin e leggerlo. Era una comunicazione amministrativa ufficiale dove si attestava ciò che lui le aveva appena detto, firmato e tutto.
    Ti spiegherò i dettagli della missione strada facendo, ora prendi ciò che ti occorre e andiamo.
    Siamo già in un ritardo mostruoso
    concluse, con un tono piuttosto autoritario che non ammetteva repliche.
    Munisai non si aspettava altro che vedere la collega fiondarsi ad indossare la sua tenuta da missione, raccattare l'equipaggiamento ed essere fuori di lì in cinque minuti netti, massimo. Dopotutto, tra gli ordini delle alte sfere del Suono e le parole di una imbonitrice e magari anche ciarlatana mai vista prima, non c'era neanche da pensarci a quale delle due dar retta e priorità.
    A quel punto, se la sensuale scocciatrice fosse stata ancora lì presente, non dando segnali di voler demordere, Munisai, che aveva comunque continuato a prestarle attenzione tutto il tempo, le si sarebbe rivolto ancora guardandola di sbieco. In maniera apparentemente distratta la mano sinistra scivolò lungo il proprio fianco, andando a tamburellare con le dita sull'elsa del fuuma kunai.
    Ti avrei offerto da bere volentieri, ma come vedi sono impegnato al momento.
    Sarà per la prossima volta
    ghignò il rosso.
    Decisamente non era un tipo al quale piaceva doversi ripetere. Se Sachi non avesse afferrato il messaggio sloggiando di corsa, le cose avrebbero potuto prendere una brutta piega. Per lei.



  10. .

    Infiltrazione


    Kiri • Capitolo I

    Makiko aveva ricevuto un compito estremamente rischioso, il genere di incarichi che raramente veniva affidato ad una recluta appena arruolata. Ma in fondo è del Villaggio del Suono che stiamo parlando, che quando si trattava di svezzare le proprie nuove leve non era propriamente famoso per i suoi metodi ortodossi. Come era accaduto ad un povero pivello che, appena messo piede a Oto, era stato marchiato con un Sigillo Maledetto e messo di fronte a una sequela di prove mortali.
    Ecco, per la kunoichi era stato pensato qualcosa di un po' diverso, forse meno d'effetto, ma la pelle l'avrebbe rischiata eccome! La sua missione consisteva nel recarsi a Kiri e cercare di infiltrarsi nelle file di un gruppetto di Nukenin.
    Ora, un qualsiasi novellino se la sarebbe fatta sotto se messo di fronte ad un compito così pericoloso e delicato, e non avrebbe neanche avuto torto. Però Makiko era una tosta e, nonostante si fosse appena affacciata al mondo ninja, era una donna ormai matura, non un'ingenua ragazzina. Ne aveva viste di cotte e di crude, aveva esperienze di vita alle spalle che molte delle sue coetanee non potevano neanche sognarsi. Da un punto di vista bellico sapeva di non poter fare granché, ma almeno sperava che la sua scaltrezza e una visione piuttosto disillusa del mondo l'avrebbero aiutata a colmare quella grossa lacuna.

    Makiko giunse dunque alla Nebbia, da sola, sfruttando il passaggio di una nave mercantile per raggiungere l'isola in gran segreto.
    Si recò nella zona più periferica del Villaggio dove, secondo le informazioni fornitele, sorgeva un vecchio capannone in disuso che un pugno di Nukenin stava utilizzando da una decina di giorni come base provvisoria, mentre organizzava chissà quali loschi affari in quell'area. Si avevano informazioni decenti solo su un membro di quel gruppo, una certa Hisako, per il resto c'era ben poco su cui lavorare.

    Raggiunto il fabbricato dismesso, l'otese vi entrò con passo cauto.
    Le poche finestre erano ricoperte di polvere e ragnatele al punto che la luce riusciva a malapena a filtrare dai vetri. C'erano casse in legno, due enormi vasche d'acciaio, vuote se non si contava la fauna di batteri e microrganismi che vi sguazzavano all'interno, e poi tutta una serie di macchinari arrugginiti, apparentemente inutilizzati da anni. C'era lerciume ovunque, e una soverchiante puzza di pesce.
    C'è nessuno qui? avrebbe chiamato con voce forte e chiara.
    Qualcuno uscì dall'ombra con fare guardingo, venendo allo scoperto.
    Era proprio lei, Hisako.
    Ciò che si sarebbe trovata davanti era una donna dai capelli blu e dalle iridi dorate, gli occhi inclinati leggermente all'ingiù che le conferivano un'espressione perennemente apatica.
    Sembrava che avesse passato chissà cosa. Le vesti erano strappate in più punti, aveva un paio di lividi sulle braccia e diverse piccole ferite da taglio ed escoriazioni sparse un po' ovunque. Presentarsi in quelle condizioni era una parte fondamentale del suo piano. Per la cronaca, non c'erano trasformazioni o arti illusorie di mezzo. Quei danni erano reali, e l'accademica se li era inflitti da sola affinché la sceneggiata risultasse quanto più autentica fosse possibile.
    Quello era il suo livello di devozione alla missione.
    Chi va là? Qui non sei la benvenuta, otese! avrebbe ringhiato la Nukenin.
    Makiko, che volutamente portava ancora l'effige di Oto in bella vista, si sfilò il coprifronte con una mano, muovendosi molto lentamente per non suscitare allarmismi inutili, e lo getto lontano da lei con tutto lo sdegno e il disprezzo di cui era capace.
    Poi mise le mani in alto allargando le braccia.
    Mi chiamo Makiko, e non sono qui per conto di Oto. Non sono tua nemica.
    Ti prego, ascolta quello che ho da dire!




  11. .

    Tiro a Segno


    L'Era Glaciale • Capitolo III

    Munisai era dunque riuscito a fare sua quella prima applicazione del Chakra Repulsivo, ed era abbastanza soddisfatto di sé. Ma sapeva bene che ciò che per lui rappresentava un bel passo avanti ed una piccola grande conquista, per lo Yakushi era appena il minimo sindacale, dato che a uno come lui quella roba riusciva più facile che sbadigliare. Le parole che questi aveva rivolto al sottoposto, più o meno a metà allenamento, erano di certo state dure e sprezzanti, a tratti canzonatorie, un po' come era nel suo stile, tuttavia il rosso vi aveva reagito positivamente, impegnandosi al massimo fino al raggiungimento del risultato richiesto.
    Febh era un tipo intrattabile, lunatico, dai metodi per nulla ortodossi e dalla psiche spesso imperscrutabile. Qualcuno avrebbe detto che si trattava di un pazzoide, qualcun altro che aveva fatto dell'infamità un'arte e ragione di vita, fatto sta che, con tutti i suoi difetti, quel tizio era palesemente un mostro di potenza, con esperienza e sapere ninja da vendere. E il giovane già da tempo aveva deciso che assecondare o scendere a patti con gli atteggiamenti strambi e vagamente sadici del Jonin fosse un prezzo più che accettabile da pagare per diventare uno shinobi più forte.
    In fondo il ragazzo non si era mai fidato molto delle persone troppo miti, che cercavano di spronarti con sorrisi e carezze, non disdegnando invece approcci più incisivi e di polso, in un certo senso più passionali. Dopotutto il loro era un contesto militare, e chi non riusciva a reggere un po' di mano pesante e di pressione psicologica chiaramente non era tagliato per quel mestiere.
    Munisai no. Munisai reggeva botta alla grande, almeno quello di lui si poteva dire.
    Inoltre avrebbe scommesso che nelle parole dell'ex Amministratore ci fosse stata una traccia di compiacimento, un "ben fatto" ben nascosto lì nel mezzo, solo che non sapeva dove. Sicuramente il sentir parlare di controlli avanzati aveva destato il suo interesse.

    Dopo la sua risata liberatoria, il rosso cadde su un ginocchio, ansimando. La stanchezza accumulata per tutta la giornata e l'abbondante utilizzo di chakra arrivavano infine a chiedere il conto.

    [ ... ]


    Quella sera il ragazzo mise nello stomaco quello che poteva, privilegiando pietanze ben calde ed energetiche, tra cui una bella minestra fumante. Potersi finalmente sedere ad un tavolo e consumare un piatto caldo lo fece sentire molto meglio.

    Quando andò a parlare con il mozzo, il quale si presentò come Piko, fu piacevolmente sorpreso nel vedere la propria richiesta esaudita.
    Il marinaio gli mise a disposizione degli stivali che, seppur chiaramente usati e un po' consumati, erano più caldi e avevano una presa assai migliore sulla superficie ghiacciata rispetto a quelli del rosso. E fortunatamente erano anche della taglia giusta.
    Oh, adesso ragioniamo! esclamò il rosso, indossandoli immediatamente.
    Mi saranno molto utili, ti ringrazio.
    Io mi chiamo Munisai, a proposito.

    L'otese non fece commenti sui propri compagni e sul fatto che non avessero preso contromisure per le basse temperature, che era stata obiettivamente una bella leggerezza da parte loro.
    Poi gli fu chiesto se il loro leader non li avesse messi in guardia sulla peculiare natura della nave.
    Non penso ti sia sfuggito come il nostro caposquadra ci abbia fatto sgobbare oggi. Anche se siamo in missione stiamo sfruttando i tempi morti per allenarci, e lui ci fa da sensei spiegò tranquillamente.
    Penso che sopportare questo freddo senza l'equipaggiamento adeguato faccia parte dell'addestramento.
    Per temprarci. Per fortificarci sia a livello fisico che mentale
    affermò con convinzione.
    Stronzate.
    Quel che aveva detto non era necessariamente falso, ma il rosso dubitava che ci fosse una motivazione vagamente sensata come quella dietro il silenzio di Febh riguardo a quella dannata imbarcazione.
    Il giovane aveva volutamente indorato la pillola per darla in pasto a Piko. Questo perché non ci avrebbe guadagnato niente a criticare, anche indirettamente, un suo superiore con uno sconosciuto, né auspicava che la ciurma capisse quanto lo Yakushi potesse essere svitato, dato che la sua autorità non avrebbe dovuto essere messa in discussione in alcun caso. In fondo già ci pensava ampiamente lui a farsi riconoscere, non occorreva gettare ulteriori ombre sulla sua figura.
    Ti dirò, non è affatto facile abituarsi a questo gelo ammise Munisai.
    Tu sembri cavartela bene, lavorerai qui da parecchio...
    L'otese avrebbe così cercato di sapere qualcosa di più sul suo interlocutore senza farlo sembrare un interrogatorio, ascoltando la sua risposta e poi chiedendogli come mai, tra tante navi, avesse scelto di arruolarsi proprio su una così inospitale.

    Dopo essersi congedato dal mozzo, il rosso si procurò il cordame e creò la sua amaca di fortuna, proprio come aveva precedentemente progettato di fare. Ci si buttò sopra avvolgendosi per bene nelle coperte e si lasciò andare ad un breve ma soddisfacente sonno.

    [ ... ]


    Al risveglio sentì la testa pulsargli per qualche secondo. Non si sentiva del tutto ristorato dal suo riposo, ma era anche vero che aveva dormito meno di quanto avrebbe voluto e non nelle migliori delle condizioni.
    Il suo letto improvvisato però aveva retto bene e aveva fatto il suo lavoro. Si era addirittura formato un certo calduccio avvolto com'era nelle coperte, tanto che decidere di uscirne richiese un piccolo sforzo di volontà.
    Quando lo fece, gli occhi ancora ridotti a due fessure, si ritrovò Febh in piedi nel dormitorio con tanto di sorriso smagliante.
    Oddiamine farfugliò, prima di potersi controllare.
    Stava ancora dormendo? Era forse l'inizio di un pessimo incubo?
    Nah, nulla di tutto questo. Era solo l'inizio di un'altra pessima giornata, molto probabilmente.
    Ma non fu così, tutto sommato. Quando tutti i ninja si furono levati dai loro giacigli, il Jonin annunciò che quel dì avrebbero avuto quantomeno la mattinata libera per poter fare quello che preferivano.
    Niente pulizie come il giorno prima dunque, già quella era una gran notizia.

    Ma quindi come impiegare le prime ore della giornata?
    Il primo pensiero di Munisai fu quello di sfruttare quel tempo per allenarsi ancora nel salto repulsivo, ma quella idea fu rapidamente accantonata. Dio solo sapeva quanto avrebbe avuto bisogno di tutto il chakra a propria disposizione per l'allenamento pomeridiano, quindi non era il caso di sprecarlo.
    Per prima cosa il giovane fece una buona colazione. Successivamente fece la conoscenza di Dohko, scambiando due chiacchiere senza troppe pretese con lui, riguardanti soprattutto le difficoltà di restare in forma in un ambiente come quello. Gli avrebbe anche rivelato di come avesse conosciuto suo fratello la sera prima e di come questi lo avesse aiutato, laddove Piko avesse accennato alla parentela tra i due.
    Munisai si augurava che anche i suoi colleghi, che avevano per certi versi patito la notte più di lui nonostante il superiore condizionamento fisico, facessero visita al vecchio medico, che avrebbe probabilmente potuto lenire i loro malesseri. In fondo era il suo lavoro.
    Ma non occorreva un dottore per capire che una delle poche cose utili a mitigare il freddo micidiale dell'Era Glaciale fosse tenersi costantemente in movimento. Fu così che il ragazzo si rivolse al nostromo, chiedendogli di essere impiegato per qualche compito da svolgere sulla nave. Di certo un buon ufficiale non avrebbe rifiutato delle braccia forti e abili, e Munisai avrebbe preso due piccioni con una fava riuscendo a tenersi attivo e dando una mano all'equipaggio, possibilmente ingraziandoselo.

    All'ora del rancio avrebbe mangiato avidamente il suo pasto per poi cercare la compagnia del primo ufficiale.
    Da quando erano saliti a bordo, il rosso aveva visto quel tipo attaccarsi alla bottiglia più volte di quante avesse potuto contare, e dato che anche il ragazzo non disdegnava mai dell'alcool di qualità, ritenne che fosse una buona idea farsi un bicchierino con l'uomo.
    Se questi avesse accettato di farsi una bevuta in compagnia, Munisai ne sarebbe stato molto lieto.
    Ottimo, ottimo. Odio bere da solo.
    All'Era Glaciale! Kanpai!

    E giù a bere come se non ci fosse un domani. Fortuna che l'otese aveva una resistenza agli alcolici a dir poco scioccante, quindi poteva permettersi di farlo senza pregiudicare l'imminente allenamento.
    Il giovane avrebbe cominciato a parlare di cose serie solo alcuni brindisi più tardi, quando sperava che Asuma, questo il nome dell'ufficiale, sarebbe stato almeno un po' brillo.
    Non vedo l'ora che si facciano vivi quei dannati pirati per suonarli come dei tamburi, ti giuro.
    Fottuta feccia
    avrebbe detto, vuotando un altro bicchiere.
    Eppure proprio non li capisco. Si danno tutta questa pena per saccheggiare un mercantile che trasporta generi alimentarsi, neanche chissà cosa.
    Senza offesa, eh!
    avrebbe aggiunto, con fare riverente.
    Fece una pausa, riempiendo il bicchiere a se stesso e al suo interlocutore, dando modo a quest'ultimo di dire qualcosa in proposito.
    In ogni caso avrebbe poi continuato.
    Che poi, pure 'sta storia che sbucano degli iceberg dal nulla. Come se qualcuno di quelle canaglie avesse dei poteri simili a quelli del Capitano.
    Sai che ridere se venisse fuori che si conoscono pure? Hahaha!
    avrebbe riso cordialmente, prima di buttar giù un altro sorso.
    Bah, ma durante l'arrembaggio l'avreste notato se conoscevate qualcuno di quegli infami.
    Non c'era una domanda che fosse una in tutto ciò, e lo scopo era proprio quello. Cercare di scucire qualche informazione ad un allegro compagno di bevute, magari un po' ciucco, senza che nemmeno se ne rendesse conto.
    Voleva dargli solo il la per poi lasciar parlare lui. Non un metodo particolarmente incisivo, certo, ma forse quello più discreto. In fondo Febh non sembrava appoggiare che si andasse in giro a seccare la ciurma con domande sugli attacchi. E il rosso di domande non ne aveva fatte, dico bene?

    [ ... ]


    Nuovo giorno, nuovo esercizio. Lo stesso in cui si erano già cimentati Kato e il kiriano, a quanto aveva capito.
    Febh condusse Munisai nella parte anteriore della nave, piazzandolo a circa tre metri da un cerchio disegnato sulla tolda e mettendogli a disposizione una pietra. L'obiettivo dell'allenamento sarebbe stato quello di centrare quel cerchio almeno venti volte di fila, tenendo la pietra in mano ma contando solo sul Chakra Repulsivo per lanciarla.
    Detta così sembrava abbastanza semplice, e probabilmente lo sarebbe stato più del giorno prima. Vuoi perché stavolta non doveva stare con delle parti del corpo a diretto contatto con il ghiaccio, vuoi perché adesso aveva già un'idea abbastanza precisa di come funzionava la cosa, e sarebbe stata un'ottima base di partenza. Avrebbe dovuto solo applicare qualche aggiustamento qua e là per infondere la repulsione ad un piccolo oggetto come lo era un sasso, invece che preoccuparsi di dover respingere il peso del proprio corpo in combinazione con un salto.

    Il giovane si mise subito all'opera, ma capì altrettanto subito che la nuova applicazione non era così immediata come aveva pensato.
    Cominciò con il cercare di trattenere la pietra sul palmo sfruttando una adesione che, tuttavia, era ben lungi dal riuscire a controllare. E in fondo era anche normale avendo deciso di concentrare tutti i propri sforzi sull'abilità opposta, in quel poco tempo che gli era concesso sul veliero. Quando l'effetto adesivo riusciva male o non riusciva affatto, semplicemente il ragazzo si aiutava con le dita, piegandole, per tenere il ciottolo in mezzo al palmo.
    A quel punto, tenendo braccio e mano immobili, andava con la repulsione. L'effetto si manifestò quasi subito, ma ottenere dei tiri precisi richiese parecchio lavoro e impegno.
    Alcuni lanci riuscirono corti, altri troppo forti, ma questi casi furono una minoranza. Come quantità di chakra utilizzato ormai c'era, era la medesima che aveva adoperato nell'altro esercizio, e tendenzialmente impastare nelle mani riusciva ancora più facile e intuitivo rispetto ai piedi.
    Il vero problema era che il lanci erano imprecisi. Uscivano storti, e questo probabilmente era dovuto ad una spinta non omogenea sulla superficie dell'oggetto da lanciare. Bastava una minima disparità nell'emissione d'energia per far assumere al proiettile una traiettoria ben diversa da quella voluta. E il fatto che l'oggetto in questione fosse così piccolo non aiutava affatto, anzi. La sua massa minima lo rendeva ancora più suscettibile a delle fluttuazioni indesiderate, facendo sì che solo un controllo esemplare potesse garantire un risultato preciso.

    Munisai non si perse d'animo, cercando di analizzare ogni tentativo sballato e correggendo coerentemente il tiro di volta in volta, ricordandosi di passarsi la pietra da una mano all'altra per esercitarsi sia con la destra che con la mancina.
    Cominciò a beccare il cerchio diverse volte consecutive, ma poi arrivava il lancio sbagliato che azzerava il conteggio.
    Provò a concentrare il chakra non su tutto il palmo ma solo sulla superficie che era in contatto con la fredda roccia. La tenne ben pigiata nella mano, cercando di abituarsi a quella sensazione, a quella forma, come se ne stesse estraendo un calco. Chiuse gli occhi e lasciò che fosse il senso del tatto a guidare l'energia in ogni crepa, fessura o irregolarità dell'oggetto, sentendo quel familiare formicolio e immaginando ancora una sostanza viscosa che si accumulava catturando ciò che toccava, per poi sprigionarsi in un unico istante, in maniera uniforme e controllata, ma potente.
    Il rosso aprì gli occhi e il palmo, vedendo il sasso schizzare dentro al cerchio.
    Cambiò mano, ripeté il procedimento. Altro centro.
    Mantenere la concentrazione alta era fondamentale in quella fase, ma un tiro dopo l'altro il giovane avvertì che l'azione gli riusciva sempre più naturale e in maniera immediata. Finalmente raggiungesse e superò la soglia dei venti centri, al che decise autonomamente di alzare l'asticella.
    Si procurò un'altra pietra e provò a lanciare da entrambe le mani, prima in contemporanea e poi con una frazione di secondo di differita l'una dall'altra. Con la sua attenzione ora suddivisa tra due estremità, inevitabilmente perse qualche colpo, anche se almeno una delle due pietre continuava ad andare sempre a segno. Continuò finché non ottenne qualche doppio centro usando ambo le mani, o fino a quando lo Yakushi gli avesse detto di fermarsi.





    Chakra: ?/30
    Vitalità: 10/12
    En. Vitale: 30/30
    Statistiche Primarie
    Forza: 300
    Velocità: 300
    Resistenza: 300
    Riflessi: 300
    Statistiche Secondarie
    Concentrazione: 300
    Agilità: 300
    Intuito: 300
    Precisione: 300
    Slot Difesa
    1: ///
    2: ///
    3: ///
    Slot Azione
    1: ///
    2: ///
    3: ///
    Slot Tecnica
    1: ///
    2: ///
    Equipaggiamento
    • Fuuma Kunai × 1
    • Kunai × 4
    • Coltelli da Lancio × 3
    • Cartabomba I Distruttiva × 1
    • Occhiali × 1
    • Cotta di Maglia Inferiore × 1
    • Gambali in Cuoio × 1
    • Tonico di Recupero Minore × 1
    • Tonico di Ripristino Minore × 1
    • Filo in Acciaio [10m] × 1
    • Corda di Canapa [10m] × 1
    • Rotolo da Richiamo × 1

    Note
    Malus fisso di 2 Leggere alla Vitalità, cause ambientali




  12. .

    Rimpiazzo


    Reclutamento Forzato • Capitolo I

    Quella mattina Munisai e un certo Naoto, anch'egli Genin del Suono, si sarebbero dovuti incontrare davanti al South Gate e partire per una nuova missione.
    Avrebbero dovuto scortare una carovana circense da una località pochi chilometri a sud di Oto fino a Otafuku, nel Paese del Fuoco. Il convoglio avrebbe compreso, oltre a contorsionisti, pagliacci, acrobati e chi più ne ha più ne metta, anche un ricco serraglio di animali da spettacolo. Tigri bianche, scimmie, e un pugno di elefanti giganteschi erano solo alcune delle attrazioni che sarebbero state date in pasto al pubblico pagante. Molte altre bestie facevano parte di altrettanti numeri che alcuni avrebbero definito mozzafiato, e la maggior parte di esse appartenevano a specie rare se non in via di estinzione.
    Nelle ultime settimane i manager del carrozzone avevano ricevuto chiare minacce da parte di quella che sembrava a tutti gli effetti una organizzazione ambientalista, e nello specifico che si batteva per i diritti degli animali sfruttati e maltrattati. Gli avvertimenti erano stati inizialmente derubricati come le vuote parole di un manipolo di fanatici, tuttavia i padroni del circo erano venuti a sapere che gli attivisti avevano infine deciso di passare ai fatti, arrivando addirittura ad ingaggiare delle braccia armate pur di porre fine al business, e nel peggiore dei casi alla vita, di individui così odiosi e scellerati.
    Per questo erano stati richiesti i servigi di Oto. Due dei suoi Genin avrebbero dovuto sventare eventuali attacchi e accertarsi che il convoglio arrivasse sano e salvo alla tappa successiva del tour.
    Il problema era che Naoto, proprio all'ultimo, si era beccato una meningite fulminante finendo in ospedale in condizioni piuttosto gravi.
    Cosa fare, dunque?

    Il rosso si era recato in Amministrazione per ricevere istruzioni. Avrebbe dovuto svolgere l'incarico in solitaria?
    Ricevette risposta negativa. Ai piani alti ritenevano che la missione non sarebbe stata la passeggiata di salute che qualcuno avrebbe potuto pensare, quindi non se la sentivano di mandare da solo un Genin neanche troppo esperto, tra l'altro. Senza perdersi d'animo, avevano messo mano ai loro schedari e cercato tra i fascicoli qualche Genin non impegnato al momento in missione o che non fosse previsto ne iniziasse una a breve.
    Al ragazzo quindi furono date le generalità del sostituto selezionato e il suo indirizzo. La soluzione più rapida sarebbe stata che Munisai in persona si recasse a casa del rimpiazzo e, comunicata la decisione dell'Amministrazione, che si mettessero in viaggio il prima possibile, per evitare ulteriori ritardi.

    Senza perdersi in lamentele che sarebbero state comunque inutili, il rosso scese in strada e percorse rapidamente la strada principale del Villaggio. La meta distava appena tre chilometri dal centro, non ci volle molto a raggiungerla.
    La donna, perché di una kunoichi si trattava, si chiamava Sadako e aveva la bellezza di sessant'anni. Ora, come si facesse ad arrivare a una veneranda età del genere, presumibilmente dopo una vita intera a fare quel mestiere, e ricoprire ancora il rango di Genin, era qualcosa che sfuggiva completamente alla comprensione del giovane, ma così stavano le cose e sinceramente a lui non fregava più di tanto. L'importante era che facesse la sua parte in missione e non lo intralciasse.

    Arrivato a poche decine di metri dall'abitazione della compaesana, Munisai notò un gruppetto di ragazzetti che bisbigliavano e ridacchiavano tra loro, e poco più avanti un paio di uomini che camminavano a passo incerto con il collo girato all'indietro quasi di 180°, neanche fosse un film dell'orrore. Per finire, un vecchio sul ciglio della strada si stringeva il petto con una mano e boccheggiava, gli occhi fuori dalle orbite.
    Evidentemente stava infartando, ma il rosso non aveva tempo o voglia di preoccuparsi di un vecchiaccio che stava tirando le cuoia, quindi tirò dritto con grande nonchalance.
    Imboccò un vicolo, raggiungendo la presunta destinazione. Davanti all'abitazione di Sadako c'era già qualcuno, ma bastò un'occhiata per capire che non poteva trattarsi della proprietaria.
    Si trattava di una donna dai lunghi capelli viola e dalle iridi giallo paglierino. Era molto attraente, e provvista di curve mozzafiato. Malgrado avesse circa il doppio dell'età del ragazzo, dimostrava almeno dieci anni in meno di quelli effettivi. A giudicare dall'abbigliamento probabilmente era anche lei un ninja, anche se con le doti che aveva, secondo il rosso, avrebbe fatto faville al Neko Senzai, il più prestigioso bordello del Quartiere dei Piaceri.

    Il giovane la raggiunse di fronte all'ingresso del modesto edificio subito dopo che lei ebbe bussato.
    La donna si sarebbe ritrovata affiancata da questo ragazzo sui vent'anni, muscoloso e alto quasi due metri, caratterizzato da capelli rossi che somigliavano a delle fiamme e da penetranti occhi verde acido, e con varie cicatrici a segnargli il corpo e la parte sinistra del viso.
    L'otese avrebbe usato la sua stazza importante per farsi spazio, in qualche modo scavalcando la provocante sconosciuta che era arrivata per prima.
    Non so cosa tu voglia da Sadako, ma io ho affari più urgenti con lei sentenziò con tono netto e inflessibile, guardandola dritto in faccia.
    Quindi smamma.
    Non lo disse a parole, ma quello era il chiaro sottinteso.
    Si voltò dunque verso la porta e cominciò a battervi sopra con un pugno in maniera veemente. Non la bussata più elegante al mondo, indubbiamente, ma sicuramente efficace.
    Sadako! Sadako!!! la chiamò con voce potente.
    Apri questa dannata porta! Devi venire subito in missione con me!
    E poi, la porta cominciò ad aprirsi.



  13. .

    Sassi e Montagne


    La Colonna • Capitolo III

    Quando Kamine alluse ad una possibile parentela tra i due rossi, Munisai si voltò a guardare la sunese per qualche secondo prima di rivolgersi nuovamente alla mora, inclinando appena la testa mentre alzava un sopracciglio come a voler esprimere un "ma che stai a di'?".

    Successivamente la procace otese evidenziò come un pigiama party sarebbe stato sconsigliabile con lei in stanza, data la sua abitudine di dormire nuda.
    La tranquillità con cui si espresse sull'argomento evidenziò ancora una volta come la donna fosse estremamente sicura della propria avvenenza e dell'effetto che essa potesse avere sugli altri, oltre alle ben poche remore nello sfruttarla a proprio beneficio. Tutte caratteristiche che il ragazzo le aveva attribuito fin dal loro primo incarico insieme, del resto. Non era una sorpresa.
    Il rosso si limitò a sorriderle serafico. Ne aveva conosciute molte di ragazze alle quali piaceva stuzzicare senza poi passare ai fatti, e lui non era il tipo da turbarsi per così poco.
    La sua risposta fu una apparentemente innocente domanda retorica.
    Come mai la cosa non mi sorprende?
    Solo a quel punto si sarebbe diretto verso la porta, esprimendo la volontà di scendere di sotto a cenare.

    [ ... ]


    Munisai non diede peso al commento giocoso riguardo la sua presunta cavalleria, ma ascoltò con interesse la risposta della sua interlocutrice alla domanda sul perché avesse deciso di diventare una kunoichi.
    Soprattutto, non gli sfuggì il modo in cui, quando finì di parlare, la giovane virò con gli occhi verso il bancone. Il rosso lo interpretò come un inconscio atto di evasione, come se volgendo lo sguardo altrove volesse mettere distanza tra sé e l'argomento, magari auspicando una rapida interruzione da parte del locandiere per poterlo mettere agilmente da parte.
    L'otese doveva aver sfiorato qualche nervo scoperto, pur non toccandolo direttamente. Decise che metterla a disagio sarebbe stato inutile e controproducente, quindi non approfondì oltre, ma incrociando le braccia lasciò cadere piano la testa all'indietro, prendendo a scrutare il soffitto con aria assorta, quasi come se parlasse a se stesso.
    "Una risposta intelligente", dici.
    Non so se possa esserci qualcosa del genere per chi come noi sceglie di propria volontà questo mestiere.

    A quanto pare né il ragazzo né la ragazza erano ninja per tradizione familiare, imposizione o stretta necessità, ma per una loro libera decisione.
    Chissà dove tale decisione li avrebbe condotti.
    Munisai riabbassò il capo riportando gli occhi sulla commensale, il tono grave scomparso e il familiare sorrisetto a curvargli la bocca.
    Una risposta sincera, piuttosto.
    Quelle non sono mai sbagliate.


    Poi manifestò i suoi dubbi sulle origini di lei.
    Ah, maledizione! Allora si nota, dici?
    Decisamente rispose lui col fare di chi la sa lunga, annuendo e stringendo le labbra.
    Intrecciò le dita in grembo mentre ascoltava in silenzio di come la sunese fosse stata abbandonata in fasce senza mai aver conosciuto i propri genitori. A quanto pare il colore dei capelli non era l'unica cosa che avevano in comune, dato che a lui era capitata la stessa cosa, anche se a qualche centinaio di Ri dalla Sabbia, su un'isola ghiacciata del Paese della Neve.
    Ma questo il rosso non lo glielo avrebbe detto, anche perché, nel frattempo, il proprietario del locale era arrivato con cibarie e bevande, e lui aveva una fame da lupi.
    Alla tua, Otese.
    Lui non si fece pregare e, afferrata la sua tazza da sake, la fece toccare con quella della kunoichi.
    Alla tua. Kanpai.
    Buttò giù in un sol sorso, poi si avventò sulla cena con una certa voracità, senza preoccuparsi di sembrare poco raffinato o educato mentre lo faceva.

    L'osservazione sulle condizioni meteo non catturarono minimamente la sua attenzione, ma fu solo quando gli fu chiesto di Kamine che finalmente avrebbe alzato gli occhi dalla ciotola.
    Uhm masticò qualche momento il boccone sovrappensiero, prima di deglutire.
    Sì, le nostre strade si sono incrociate in un paio di occasioni, quando muovevo i primi passi nel mondo ninja.
    Sembrava essere passato chissà quanto, ma in realtà non erano trascorsi neanche tre mesi.
    Ma non so molto di lei, in realtà.
    Non è una persona facile da decifrare, e non parla di sé volentieri.
    Ma è una tipa a posto, non hai da preoccuparti.
    Poteva andarci molto, molto peggio, fidati.


    La serata sarebbe proseguita mangiando, bevendo e chiacchierando con relativa leggerezza, fino a quando i due fossero tornati di sopra e, davanti alle porte delle rispettive stanze, si fossero salutati prima di stramazzare su un mediamente soffice letto, accumulando un po' di ore di sonno prima dell'escursione del giorno seguente.

    [ ... ]


    Munisai si alzo di buon'ora, era ancora buio fuori ma non mancava molto prima che albeggiasse. Si fece una doccia, si vestì e scese di sotto, dove scoprì che Kamine era già pronta alla partenza, in attesa delle prime luci fuori dalla locanda.
    Dietro al bancone non c'era più l'uomo dal volto ormai noto, bensì una signora. Era la moglie dell'oste, che aveva dato il cambio al marito coprendo il locale in quelle prime ore della giornata, mettendosi a disposizione dei più mattinieri.
    Il rosso subito chiese una colazione per due, accomodandosi allo stesso tavolo della sera precedente. Oltre al riso cotto al vapore e alla zuppa di miso come base, chiese per sé un uovo crudo che mescolò direttamente nella ciotola di riso, una sfoglia di alga nori e del salmone affumicato.
    La sunese l'avrebbe trovato lì, a consumare il suo pasto con una certa fretta, muovendo le bacchette con grande rapidità e destrezza, andando a catturare a colpo sicuro ogni cosa che aveva davanti, fino all'ultimo chicco di riso.
    La salutò con un cenno della testa.
    Chiedi alla signora, se hai preferenze particolari per la colazione.
    E poi dacci sotto, che sta per spuntare il sole
    le disse, cominciato a sorseggiare il suo tè.

    Una volta riunitosi all'esterno, finalmente il gruppo si mise in marcia.
    Percorsero dei campi che poi diedero luogo ad un bosco. Lo attraversarono per intero, salendo man mano di quota con il sentiero che si faceva sempre più brullo e impervio, conducendo infine ai piedi dell'altura che costituiva il primo anello della catena montuosa. Il percorso proseguiva abbracciando la montagna, ma la loro guida lo ignorò, dirigendosi direttamente verso la parete di roccia.
    La mora spiegò come fosse impossibile raggiungere il tempio tramite le vie tradizionali, suggerendo che l'unica maniera per arrivare a destinazione fosse scalare la montagna in verticale. Ma il ragazzo aveva notato immediatamente che quanto suggerito dalla compaesana sarebbe stato abbastanza improponibile.
    La superficie rocciosa non poteva dirsi levigata, ma neanche particolarmente scabra. Gli appigli visibili erano davvero pochi, e buttarsi in una sessione di free climbing improvvisata pareva un'idea davvero malsana.
    Forse con il giusto equipaggiamento si sarebbe potuto fare qualcosa. Il ragazzo aveva con sé del cordame. Sapeva usarlo con perizia ed era un asso con i nodi, ma comunque mancava dell'attrezzatura consona ad una arrampicata. Magari dei comuni kunai avrebbero potuto sostituire i chiodi da roccia, ma lì si scherzava col fuoco. Un errore di calcolo, un appiglio sfortunato, e sarebbero precipitati verso una assai probabile morte.
    Ma non era questo genere di scalata che Kamine si aspettava dai Genin meno esperti, e il rosso se ne rese conto quando la vide camminare in verticale sulla parete montuosa. Il giovane non restò impressionato a quella vista solo perché già aveva avuto modo di osservare una simile prodezza in una precedente occasione, ma non poté fare altro che stringersi nelle spalle con espressione desolata confermando la propria lacuna, quando la loro guida intuì che era appena venuto a galla un bell'inghippo, che poi si moltiplicò per due quando anche la sunese rivelò di non essere capace di emulare tale utilizzo del chakra.

    Era la seconda volta che a Munisai capitava di essere assegnato ad una missione che prevedeva la conoscenza di capacità che ancora non aveva padroneggiato. Era una strana coincidenza, e cominciava quasi a pensare che l'Accademia lo facesse di proposito per costringere shinobi di una certa esperienza e riluttanti all'insegnamento a trasmettere il loro sapere alle nuove leve.
    La mora infatti, dopo l'iniziale, comprensibile disappunto, giunse alla conclusione che non ci fosse altro da fare se non istruire i due novellini. Il ragazzo ascoltò attentamente la spiegazione della kunoichi e ne osservò ogni movimento.
    Fortunatamente il rosso non partiva proprio da zero. Durante una missione con Febh, infatti, aveva ricevuto un'infarinatura generale su tutti e tre i controlli base del chakra e, anche se in quella circostanza aveva avuto modo di focalizzarsi solo su uno di essi, il Repulsivo, apprendendolo a dovere, aveva comunque ottenuto durante tale allenamento, anche se con scarsa precisione o per sbaglio, alcuni effetti di attrazione.
    Quando ricevette una pietra, dunque, si buttò senza indugio nell'esercizio, avendo almeno una vaga idea di come comportarsi.

    I primi tentativi non furono dei più fenomenali.
    Aprendo la mano, la pietra cadeva verso il basso per il naturale effetto della gravità. Evidentemente si era talmente tanto impegnato a contenere il rilascio di chakra che aveva finito per non immetterne a sufficienza.
    In episodi successivi, sembrò quasi rievocare un passato allenamento che pure prevedeva pietre tenute in mano, producendo come risultato una perfetta, ma in quel momento inutile, repulsione.
    Tutto stava nel trovare la giusta via di mezzo.
    Passandosi il sasso da una mano all'altra, così da esercitare in ugual misura sia destra che mancina, e tenendo quella libera alcuni centimetri sotto così da recuperare celermente il ciottolo ogni volta che questo gli sfuggiva, egli continuò a provare.
    Non gli ci volle molto per capire quale fosse la giusta quantità di chakra da emettere.
    Si rivelò leggermente più complicato emetterlo in maniera uniforme su tutto il palmo della mano, per far sì che la superficie della pietra aderisse perfettamente in ogni punto che vi era a contatto, e assicurarsi che il flusso di energia fosse stabile. Questo avrebbe assicurato un ancoraggio saldo e persistente.
    Munisai continuò a provare e riprovare, affinando sempre più il suo controllo.
    Non si sarebbe accontentato di qualche successo fortuito, non avrebbe accettato niente di meno che la perfezione. Come gli aveva inculcato a forza lo Yakushi, controllare a dovere il proprio chakra doveva diventare qualcosa di spontaneo, più facile di respirare o battere le ciglia.
    Chiedendo gli occhi, il giovane poteva sentirlo distintamente.
    Il lievissimo formicolare del chakra sui propri palmi, era minimo ma c'era.
    Strinse il sasso nel proprio pugno, pronto a liberarlo per l'ennesima volta.
    Si concentrò.
    Sentì il chakra, un piccolissima quantità, fuoriuscire lentamente dalla sua mano, a bassa frequenza ma in maniera costante.
    Un flusso continuo ed equilibrato, placido. Inesorabile.
    Nulla poteva sfuggirgli. Era come se i pori stessi della sua pelle secernessero un fluido estremamente fine ma al contempo superappiccicoso che non lasciava scampo a qualsiasi cosa toccasse.
    Aprì gli occhi e, contemporaneamente, anche le dita della mano, stavolta di scatto.
    La pietra restò immobile dov'era, attaccata saldamente sotto la sua mano.
    Passò alla sinistra e continuò alternando. Anche se a quel punto ogni tentativo si traduceva in un risultato impeccabile, avrebbe continuato ad esercitarsi fino a quando la compaesana non gli avesse detto di fermarsi.



  14. .

    Infiltrazione


    Suiminami • Capitolo III

    Junko abbassò il bicchiere dopo l'ennesimo sorso, l'ultimo. Il boccale era ormai vuoto, è ciò non era un bene. Né per lei né per i suoi interlocutori.
    La ragazza fissò Kasai fino a quando non smise di parlare, notando come la mano dello straniero fosse scivolata minacciosamente sullo tsuka della wakizashi. Rimase un attimo interdetta, poi scoppiò in una sonora risata.
    Ahahahah! Frena un attimo, fammi capire disse, mentre un'espressione di finta incredulità le si dipingeva sul volto.
    Voi due, dei maiali dell'Accademia, vorreste presentarvi nella base di Umiuso portando la testa di una sua affiliata...e vi aspettate pure che vi diano una pacca sulla spalla e vi accolgano nell'organizzazione?
    AHAHAHAHAHA...HIC!! Ma tu sei uno spasso, amico!
    Direi che il tuo piano è geniale, se il vostro obiettivo è farvi squartare vivi!

    Quando il riso della ragazza si spense, asciugandosi una lacrimuccia continuò, ma con tono sempre più serio.
    Tutti quanti sanno che sono una forte bevitrice, inclusi i miei capi.
    Non a caso sono conosciuta come Junko l'Ubriacona da queste parti
    aggiunse gonfiando il petto, come se un epiteto del genere fosse motivo di vanto per lei.
    Eppure a Umiuso nessuno si è mai lamentato di me, e sai perché?
    Perché il mio lavoro lo faccio, e lo faccio bene. Da sobria o brilla, anzi, dopo essermi fatta un goccetto sono ancora più efficiente!

    Indicò nuovamente col dito la casetta del pescatore.
    Quella troia e la sua mocciosa sono praticamente morti che camminano, prima di fare il mio dovere mi stavo facendo la mia bevutina...hic!...come ogni sera.
    Ma poi siete spuntati voi.
    Per inciso, non mi avete ancora detto i vostri nomi, quindi siete anche dei cafoni del cazzo. Ma comunque, siete saltati fuori pretendendo di unirvi a noi.

    L'espressione della donna a quel punto era seria come non mai. In un gesto di stizza, gettò ai propri piedi il boccale vuoto, che si infranse rumorosamente.
    Pensi di potermi parlare come se fossimo sullo stesso piano? Mh? domandò a Kasai.
    Siete voi ad essere venuti da me.
    Siete voi che avevate qualcosa da dimostrare a me, un vostro ipotetico superiore nell'organizzazione, se vi avessi reputato degni.
    Per questo ti ho assegnato un compito da svolgere
    spostò lo sguardo su Juzo.
    Per metterti alla prova. Perché, come ho detto, non possiamo tirarci in casa cani e porci...hic!
    Dei pusillanimi cacasotto incapaci di eseguire gli ordini di un superiore, tra l'altro di una semplicità disarmante, sono l'ultima cosa di cui abbiamo bisogno. E voi questo avete dimostrato di essere, stasera.

    La ragazza era stata dura, ed era evidente che le sue parole fossero definitive. Convincerla ormai sembrava impossibile, ma se non altro sembrava che non avesse preso troppo sul personale la tutt'altro che velata minaccia di morte. Era altresì chiaro che la giovane dai capelli verdi non avesse intenzioni bellicose verso gli otesi, e li avrebbe lasciati andare per la loro strada senza rappresaglie da parte dei suoi compari.
    Tutto questo parlare mi ha fatto seccare la gola borbottò con tono seccato, mentre cominciava a percorrere il vicolo nella direzione dalla quale erano venuti, piantando in asso i due ragazzi senza troppe cerimonie.
    Grazie per aver sprecato il mio tempo eh.



  15. .

    Nikuman


    Acciaio di Contrabbando • Capitolo I

    Nonostante Munisai fosse arrivato a Oto da neanche tre mesi e in quel pur breve periodo si fosse fatto tutto sommato onore, raccogliendo ogni sfida incontrata e portando a termine ogni missione affidatagli, più passava il tempo e più cresceva in lui un senso di inquietudine, quasi di urgenza.
    Il mondo degli shinobi era spietato e non regalava niente a nessuno. Progredire al suo interno era qualcosa di assai arduo, ma c'era indubbiamente chi, rispetto ad altri, partiva da presupposti più promettenti.
    Ad esempio i detentori di Kekkei Genkai, coloro ai quali determinate capacità venivano trasmesse dal patrimonio genetico dei genitori, e quindi in un certo senso nascevano già predestinati a sviluppare doti speciali, ad essere dei vincenti sotto la tutela di casati spesso tra i più rinomati e rispettati.
    Poi c'erano clan che tramandavano i loro segreti non attraverso i geni bensì attraverso l'insegnamento e rigorosi allenamenti, accessibili però solo ai giovani appartenenti alla dinastia in questione per nascita o adozione.
    Infine, chi non rientrava in questi due grandi gruppi, o trovava la forza affidandosi a qualche tecnica proibita, che spesso richiedeva o una moralità molto elastica o fare i conti con seri rischi per la propria salute psicofisica, o ancora stringendo patti dalla dubbia convenienza con entità sovrannaturali disposte a cedere in prestito il proprio potere, caso emblematico rappresentato dai Jinchuuriki.

    Una cosa era certa. Per un completo outsider di quel mondo come lo era il rosso, che non vantava discendenze illustri o utili affiliazioni a clan, e che oltretutto non era affatto cresciuto in quel contesto ma solo da pochi mesi aveva approcciato la carriera ninja, riuscire a farsi strada era davvero un'impresa titanica. Non solo c'era il fatto che alla sua età in molti erano già diventati Chunin, ma anche tra i Genin suoi pari sentiva, nonostante il buon lavoro svolto fino ad allora, che quella sostanziale mancanza nel proprio arsenale si sarebbe fatta presto sentire.
    E lui proprio non era il tipo che avrebbe accettato di farsi lasciare indietro.
    Era dunque corso ai ripari mettendo in piedi un'indagine in piena regola, facendo approfondite ricerche nella biblioteca del Villaggio e chiedendo in giro a ogni collega gli capitasse a tiro, e anche ai superiori.
    Diamine, era così determinato che era arrivato a chiedere aiuto persino a Febh, il quale come al solito non aveva gradito di essere seccato per simili idiozie. L'aveva cacciato in malo modo, minacciando di far arrivare un Jonin apposta, un certo Tenma, e di fargli usare i suoi fili d'acciaio per cucirgli la bocca, le palpebre e appenderlo come un salame a testa in giù sulle mura, con le cornacchie a beccarlo come fosse una carogna e l'ex-Amministratore a divertirsi a lanciargli sassolini a potenze siderali.
    Il giovane se n'era andato con le pive nel sacco, ovviamente, eppure quel "colloquio" gli aveva, in qualche folle maniera, dato un po' di speranza. Durante le sue ricerche, infatti, il ragazzo era venuto a conoscenza dell'esistenza di un'arte magica che consentiva di creare e manipolare i metalli. Se considerata la spiccata propensione del rosso a trafficare con rottami e ingranaggi e la sua ambizione di sviluppare le sue competenze da fabbro fino ai massimi livelli mai visti, era palese che nessuna tecnica sarebbe stata più adatta a lui. Sembrava perfino troppo bello per essere vero, e infatti era arrivato a dubitare dell'esistenza di quell'arte segreta.
    Indagando in giro aveva scoperto davvero pochissimo, nessuno pareva saperne niente o conoscere qualche detentore. Si era capito solo che era una tecnica non appartenente ad alcun clan ma rivendicata dal Suono, dalle origini poco chiare e relativamente recente se paragonata a quelle di grandi clan quali Uchiha o Yakushi. Ma cosa più peculiare, in giro non si trovavano persone che la adoperassero. Si diceva addirittura che, anche nel suo periodo di massima popolarità, ai suoi albori, i detentori si potessero contare sulle dita di una mano. E poi c'era tutta una serie di voci e pettegolezzi, a volte anche contraddittori tra loro, ma il fatto è che a Munisai non fregava un tubo di scoprire vita, morte e miracoli di quel jutsu, o almeno non era la cosa più pressante.
    Gli occorreva trovare un mentore, qualcuno che la padroneggiasse e potesse insegnargliene almeno le basi. E proprio quando cominciava a disperare che non fosse rimasto più nessuno a poter ricoprire quel ruolo per lui, le parole dello Yakushi, per quanto normalmente inaffidabili, avevano aperto un piccolo spiraglio che valeva la pena esaminare.

    Si era dunque recato in Amministrazione e con la scusa di dover cercare delle informazioni su dei ricercati per una missione, si era intrufolato negli archivi dei ninja di Oto. Non ci volle molto a trovare tra i Jonin il nome Tenma.
    Kenzo Tenma, per la precisione, ninja medico e nientemeno che guardia personale del Daimyo del Riso. Il fascicolo non solo confermava che la sua specialità fosse manipolare il metallo, ma includeva anche una foto del ninja che permise a Munisai di riconoscerlo come uno dei pezzi grossi presenti all'elezione del Kokage.
    Lasciò l'edificio sfregandosi le mani. Era tutto quello che gli serviva sapere.

    Quando un messaggero fu incaricato di fare rapporto al Daimyo sugli ultimi accadimenti al Suono, il giovane fece carte false per farsi assegnare alla sua scorta e, una volta giunto al maestoso castello, chiese di conferire privatamente con Tenma. In realtà il rosso aveva già pensato a uno stratagemma per convincere il Jonin a prenderlo come allievo, laddove avesse mostrato riluttanza. Avrebbe detto che si trattava di una richiesta diretta del Mikawa e avrebbe prodotto persino delle prove a sostegno della sua affermazione, ovviamente contraffatte.
    Fortunatamente non ce ne fu bisogno. Il ninja medico gli concesse un'udienza fin troppo breve, essendo in procinto di partire per un incarico affidatogli dal Signore delle Risaie in persona, ma dopo che Munisai gli ebbe spiegato la sua situazione ed il suo desiderio, il superiore cedette alla richiesta senza troppe resistenze. Non appena avesse portato a termine il compito che aveva per le mani, si sarebbe fatto vivo lui con il futuro discepolo.

    L'uomo tenne fede alla parola data e, circa venti giorni più tardi, Munisai fu scelto per una missione molto specifica.

    [ ... ]


    Tra un boccone e l'altro, il ragazzone ascoltò la presentazione dei propri compagni di squadra.
    Erano tutti otesi tranne un ragazzo della Foglia dallo sguardo piuttosto tagliente e dai modi sbrigativi, un esponente del famigerato clan Senju. Poi toccò all'altro Genin del Suono.
    Non era la prima volta che si imbatteva in uno Shimasu ed era a conoscenza del funzionamento delle loro arti illusorie, nonostante non avesse ancora avuto modo di osservarle in azione. Ricordava ancora l'esperienza in missione con Ikku Shimasu, un simpatico cazzone mezzo schizzato che però invece di un flauto usava come medium un kazoo verde pisello. Risaliva a pochi giorni addietro la notizia che lo avessero accoppato dopo essere stato scoperto mentre cercava di infiltrarsi tra le file di Hayate.
    E vabbe', i rischi del mestiere.
    Ero presente quando è stato eletto annuì, confermando le parole del compaesano ma senza approfondire oltre.
    Mi chiamo Munisai Kanashige, anch'io sono un Genin di Oto.
    Ho uno stile abbastanza flessibile, me la cavo nello scontro ravvicinato ma posso anche intralciare e immobilizzare se serve.


    Tenma spiegò sommariamente in cosa consisteva la missione e Yato si sentì di dire la sua su come fosse meglio organizzare l'azione. Il rosso lo osservò con una sorta di pigro interesse, annuendo appena quando finì di parlare.
    Potrebbe funzionare.
    La cosa più importante è tagliare ogni via di fuga ai bersagli e attaccare quando sapremo che non hanno scampo.
    Con le informazioni a disposizione non credo si possa aggiungere molto altro, dovremo valutare sul momento in base alla situazione che ci troveremo davanti.

    Il suo era il tono tranquillo e posato di chi faceva delle osservazioni molto basilari, piuttosto che dettare una linea da seguire.
    Se il caposquadra gli avesse chiesto di elaborare il suo pensiero l'avrebbe fatto. In caso contrario se lo sarebbe tenuto per sé, per il momento.
    Non spettava a lui decidere piani d'attacco, e nemmeno al tizio della Foglia, se è per quello.



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